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Prospettive in Pediatria
Aprile-Giugno 2015 • Vol. 45 • N. 178 • Pp. 87-94
Dermatologia pediatrica
Carlo Gelmetti
Lucia Restano
Stefano Cambiaghi
Dermatologia pediatrica:
alcune novità rilevanti
Clinica Dermatologica, IRCCS
Ca’ Granda, “Ospedale Maggiore
Policlinico”, Milano,
Dipartimento di Fisiopatologia
Medico-Chirurgica e dei Trapianti
della Università degli Studi
di Milano
In aggiunta all’approvazione del propranololo per la cura degli emangiomi infantili (a cui,
in parte, è dedicato un articolo apposito in questo numero) si illustrano alcune importanti
novità tra le quali il ruolo degli adipociti cutanei nel mantenimento della funzione barriera
dell’epidermide e quello del DNA batterico nei pazienti con psoriasi in placca attiva. Nella
dermatite atopica si smentisce l’efficacia della dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento, come pure l’utilità dei supplementi alimentari, mentre non sono univoci i dati
sulla vitamina D, probiotici e prebiotici. Un dato confortante viene dai lavori sulla sicurezza
del pimecrolimus, confermata a livello mondiale. Viene enfatizzata l’epidemia di malattia
“mani-piedi-bocca” atipica da Coxsackie A6 che è stata osservata anche nel nostro paese.
Si segnala infine il trattamento delle verruche con sinecatechine per uso topico, l’uso della
dermoscopia per la diagnosi di tinea capitis e la recentissima approvazione del vaccino
nonavalente per l’infezione da HPV.
Riassunto
Beyond the approval of propranolol in the treatment of infantile hemangiomas (a special
article is partially dedicated to this theme in this issue) some relevant news are illustrated:
e.g., the role of cutaneous adipocytes in the integrity of the barrier function of the skin and
the role of bacterial DNA in active plaque psoriasis. In atopic dermatitis, the efficacy of
maternal diet during pregnancy and breastfeeding as well as the utility of food supplementations has been discarded, while the findings on probiotics, prebiotics and vitamin D
are ambiguous. Reassuring data are coming from the use of pimecrolimus that has been
widely judged as safe. The epidemics of “hand-foot-mouth” disease from Coxsackie A6,
seen also in our country, has been highlighted. Finally, the topical treatment for warts with
sinecathechines, the use of dermoscopy for the diagnosis of tinea capitis and the very
recent approval of nonavalent vaccine for HPV infection, are quoted.
Summary
Ruolo degli adipociti cutanei
nel mantenimento della funzione
barriera dell’epidermide
Una delle funzioni principali della cute è quella di
fare da barriera all’entrata di patogeni nell’organismo.
Cellule epiteliali, mastociti e leucociti residenti rappresentano la prima risposta infiammatoria all’ingresso di
un patogeno nella cute, seguita dall’arrivo di neutrofili
e monociti. La produzione di peptidi antimicrobici da
parte delle cellule residenti nella cute svolge un ruolo
fondamentale. Un articolo pubblicato da un’autorevole
rivista, evidenzia che un ruolo importante nella difesa
dell’ospite dall’infezione microbica sarebbe svolto anche dagli adipociti cutanei (Zhang et al., 2015). Studi
precedenti avevano evidenziato che, in presenza di
patogeni, gli adipociti producono IL-6, una citochina
che stimola la produzione di epcidina, un batteriostatico. Gli autori hanno usato iniezioni sottocutanee di
MRSA (Staphylococcus aureus meticillino resistente)
in topi osservando una veloce e inaspettata espansione, sia numerica che dimensionale, della popolazione di adipociti nello strato adiposo sottocutaneo.
Tale effetto sarebbe dovuto alla presenza del fattore
di trascrizione ZFP 423, che a sua volta controlla un
altro fattore di trascrizione detto PPAR-g. Utilizzando
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C. Gelmetti et al.
topi con una mutazione in ZFP423 o inibendo PPAR-g
è stata evidenziata la necessità dei due fattori nell’espansione degli adipociti cutanei in risposta ad infezione da MRSA. Si è visto inoltre che animali con
adipogenesi non funzionante, non erano in grado di
produrre catelicidina, uno specifico peptide antimicrobico attivo contro lo Staphylococcus aureus. Sarebbe
quindi questa molecola la principale sostanza antistafilococco controllata dall’adipogenesi. Un altro studio ha poi valutato gli effetti di una dieta ricca di grassi
sulla produzione di catelicidina, osservando un suo
aumento ad opera degli adipociti proliferanti (Coimbra
et al., 2013). Questo sembra in contrasto con l’associazione vista nell’uomo tra obesità e aumentato rischio di infezioni della pelle e dei tessuti molli, ma
potrebbe essere spiegato da una difettosa produzione
di AMP (Anti Microbial Peptides) da parte degli adipociti maturi. Inoltre la catelicidina, che ha anche una
attività proinfiammatoria negli adipociti, potrebbe partecipare all’infiammazione cronica osservata nei soggetti obesi. La scoperta del ruolo degli adipociti nella
produzione di catelicidina potrebbe fornire nuovi bersagli terapeutici specifici per incrementare la resistenza alle infezioni cutanee da Staphylococcus aureus.
Possibile ruolo del DNA batterico
nei pazienti con psoriasi in placca
attiva
La psoriasi è una malattia infiammatoria sistemica autoimmune, che ha alcuni aspetti in comune con altre
patologie infiammatorie come il morbo di Crohn. La
capacità di frammenti di DNA batterico di provocare
una risposta immunologica sistemica nella malattia di
Crohn e in altre condizioni è ben nota. Basandosi su
questi presupposti, uno studio ha valutato la capacità di frammenti di DNA batterico (bactDNA) di agire
da fattore scatenante nelle riaccensioni della malattia,
nonostante che le emocolture siano per lo più negative nei pazienti con psoriasi. Lo studio ha preso in considerazione 54 pazienti psoriasici nei quali la malattia
in precedenza era in remissione o controllata solo con
terapia topica e che avevano avuto una riaccensione
della malattia, e 27 controlli sani omogenei per età e
razza. Sono stati analizzati i livelli di interleukina (IL)
1B, IL-6, IL-12, Tumor Necrosis Factor (TNF) e interferone g. È stata contemporaneamente effettuata una
emocoltura. Frammenti di DNA batterico sono stati
trovati nei campioni ematici di 16 pazienti con psoriasi
in riaccensione (tutti con psoriasi in placca); mentre 6
pazienti con psoriasi guttata, 3 con psoriasi invertita e
tutti i 27 controlli erano negativi per tale reperto (Ramirez-Boscá et al., 2015). L’identificazione della specie
batterica del DNA corrispondeva a Escherichia coli
(n = 9), Klebsiella pneumoniae (n = 2), Enterococcus faecalis (n = 2), Proteus mirabilis (n = 1), Streptococcus pyogenes (n = 1) e Shigella fresneli (n = 1),
microbi corrispondenti alla flora che comunemente si
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ritrova nel lume intestinale. Nel gruppo di pazienti con
bactDNA si aveva un significativo incremento di IL 1b,
IL-6, IL-12, TNF e interferone g; inoltre, i pazienti con
presenza di bactDNA erano caratterizzati da maggior
durata e insorgenza in età più precoce della malattia.
Gli autori ipotizzano che il bactDNA trovato nei pazienti dello studio avesse origine dal lume intestinale,
e che sia legato alla maggior permeabilità intestinale, che è stata riportata essere presente nei pazienti
psoriasici. Lo studio suggerisce che vi sia un ruolo
della traslocazione del DNA batterico nella psoriasi in
placca in fase di riaccensione.
Dermatite atopica (DA)
Dieta materna durante la gravidanza
e l’allattamento
Alcuni antigeni alimentari passano la barriera placentare e la pratica di evitare alcuni cibi in gravidanza e
in allattamento e/o di imputare alla qualità del latte
materno i disturbi del bambino è ancora molto sentita;
le sue origini si perdono nella notte dei tempi. Una
revisione Cochrane ha preso in considerazione l’effetto della dieta materna di allontanamento di antigeni
durante la gravidanza o l’allattamento sull’insorgenza
di DA. In 5 studi su 952 donne in gravidanza, non è
stato evidenziato effetto protettivo di tale dieta sull’insorgenza di DA nel bambini nei primi 18 mesi di vita;
la dieta era associata a un lieve ma significativa riduzione dell’aumento di peso gestazionale (Kramer
et al., 2014). L’effetto della dieta materna di allontanamento antigenico durante l’allattamento è invece
stato valutato in 2 studi su 523 partecipanti: anche
in questo caso non è stato evidenziato un effetto protettivo significativo sull’incidenza di eczema nei bambini durante i primi 18 mesi di vita, né sulla positività
dei test epicutanei per uova, latte e arachidi a 1, 2,
e 7 anni. Per contro, un piccolo studio crossover su
17 bambini allattati al seno con DA ha mostrato un
riduzione non significativa della severità dell’eczema
con la dieta materna di allontanamento antigenico. Gli
autori della revisione concludono che la prescrizione
di una tale dieta a donne in gravidanza o allattamento
verisimilmente non influenza il decorso della DA.
Integratori alimentari
Il tentativo di influenzare l’andamento della DA con
l’impiego di integratori alimentari continua ad essere
in auge, spesso associato all’idea che a questi bambini “manchi qualcosa” e al timore degli effetti collaterali di steroidi e di inibitori della calcineurina. Una
recente revisione Cochrane, che ha analizzato 11
studi riguardanti gli integratori alimentari per un totale
di 596 partecipanti, non ha trovato evidenza convincente di beneficio sulla DA con la supplementazione
di selenio, vitamina E, vitamina D, vitamina D + E, pi-
Dermatologia pediatrica: alcune novità rilevanti
ridossina, zinco solfato, olio di olivello spinoso, olio di
semi di canapa, olio di girasole, olio di pesce, acido
docosaesanoico (DHA). Due piccoli studi con olio di
pesce hanno suggerito un modesto beneficio, ma il
disegno di tali studi era giudicato criticabile. Gli autori
concludono che prima di cambiare la pratica clinica
occorrono risultati positivi più convincenti derivanti da
studi più ampi con protocolli meglio controllati, e al
momento non vi è evidenza convincente del beneficio
degli integratori alimentari in oggetto sull’andamento
della DA (Bath-Hextall et al., 2012). Un analogo studio Cochrane ha analizzato 27 articoli per un totale di
1592 adulti e bambini con eczema che hanno assunto
olio di borragine o di enotera vs placebo, concludendo che non è stato osservato alcun effetto sull’andamento della malattia e sulla qualità di vita (Bamford
et al., 2013). Gli studi che hanno trovato una associazione tra deficit di vitamina D e malattie infiammatorie
della cute, tra cui la DA sono tuttavia in aumento. Tale
dato, seppure interessante, non è univoco, in quanto
vi sono stati anche lavori che riferiscono di alti livelli di
vitamina D associati a DA (Benson et al., 2012). Uno
studio in doppio cieco contro placebo in 60 pazienti
adolescenti e adulti con DA lieve ha mostrato che la
supplementazione con 1600 IU al giorno di vitamina
D ha migliorato la malattia (Amestejani et al., 2012).
Probiotici e prebiotici nella terapia e nella
prevenzione primaria della DA
Il rapido aumento nell’uso dei probiotici e prebiotici
in diversi campi della medicina negli ultimi anni ha
confermato il loro profilo di sicurezza. Essi sono stati
impiegati come modulatori della risposta immune in
molte malattie infiammatorie, tra cui la DA. Gli studi
che sembrano mostrare un ruolo promettente di alcuni probiotici nella terapia della DA sono numerosi,
e prendono in considerazione diversi microorganismi,
tra i quali Lactobacillus paracasei, L. plantarium,
L. salivarius, L. brevis, Bifidobacterium lactis. La limitatezza numerica e l’eterogeneità dei trial, l’esistenza di ceppi diversi di probiotici, problemi di metodo
di alcuni studi e la presenza di studi che non hanno
confermato l’efficacia di tale terapia, rendono tuttavia
i dati raccolti finora insufficienti per raggiungere l’evidenza. Uno studio in doppio cieco contro placebo con
L. plantarium per 12 settimane in 83 bambini con DA,
ha mostrato una riduzione dello SCORAD statisticamente significativa anche se modesta (Han et al.,
2012). Tale dato non è stato confermato un uno studio
successivo su 100 bambini con DA lieve e moderata;
una miscela di probiotici tra cui L. plantarium somministrata per 6 settimane ha colonizzato con successo
la mucosa intestinale nel gruppo dei pazienti trattati,
ma non ha dimostrato, rispetto al placebo, un effetto
terapeutico sullo score clinico della DA ed un effetto immunomodulatorio sulle cellule intestinali (Yang
et al., 2014). Più omogenei sembrano essere gli studi
su L. salivarius, da solo o associato a L. brevis (per
ora solo su adulti). In uno studio controllato contro
placebo, il L. salivarius è stato impiegato vs maltodestrina in 38 pazienti adulti con AD per 16 settimane.
Nel gruppo dei pazienti trattati si è avuta una riduzione dello SCORAD e del DLQI (Dermatology Life
Quality Index). Inoltre, 4 mesi dopo il trattamento, si
è avuto un miglioramento del profilo Th1/Th2 e una
riduzione dei ceppi di stafilococchi fecali (Drago et al.,
2011). In uno studio su 48 pazienti adulti con DA trattati con L. salivarius + Bifidobacterium brevis per 12
settimane, si è avuto miglioramento clinico della DA,
riduzione del rapporto Thelper/Treg senza riduzione
del rapporto Th1/Th2 e riduzione della traslocazione
microbica a livello della flora intestinale (Iemoli et al.,
2012). Le ultime linee guida per il trattamento della
DA dell’American Academy of Dermatology non raccomandano l’impiego di integratori alimentari, probiotici e prebiotici, assegnando a questo presidi un
livello di evidenza III (Sidbury et al., 2014). Sembra
invece ormai consolidato il ruolo dei probiotici nella
prevenzione primaria della DA. Il primo studio randomizzato in doppio cieco che ha dimostrato l’efficacia
dei probiotici sulla prevenzione primaria della DA risale al 2001; numerosi altri studi simili sono seguiti e
diversi ceppi sono stati esaminati nel tempo. Una recente meta-analisi ha preso in considerazione 16 studi su diversi di ceppi di probiotici (sia lattobacilli che
lattobacilli+bifidobatteri); gli autori concludono che i
probiotici sembrano avere un ruolo nella prevenzione
primaria della DA, con una riduzione dell’incidenza di
circa il 20% quando somministrati sia nel periodo prenatale (alla mamma) che nel periodo postnatale, sia
nella popolazione generale che nella popolazione a
rischio; la somministrazione in età postnatale tuttavia
non si è dimostrata protettiva (Panduru et al., 2015).
Sicurezza d’uso di pimecrolimus
Gli inibitori della calcineurina hanno ormai un ruolo
ben stabilito per il controllo dell’infiammazione nei
pazienti con dermatite atopica, in special modo per
l’area del viso e del collo, zone dove il timore degli effetti collaterali degli steroidi è maggiore. Tuttavia, nelle
avvertenze per l’impiego di tali molecole è presente,
negli Stati Uniti, una “black box warning” (una avvertenza di speciale rilevanza) che riporta il potenziale
rischio di linfomi o tumori cutanei associato all’uso
locale di questi farmaci. Tale avvertenza deriva dall’analogia con gli inibitori della calcineurina usati per os
nei trapianti d’organo e dalla presenza di segnalazioni dell’occorrenza di questi tumori in bambini che ne
facevano uso. Un ampio studio longitudinale ha analizzato i casi di tumore in una coorte di 7457 bambini
arruolati nel Pediatric Eczema Elective Registry (per
un totale di 26.792 persone-anno) con storia di DA e
uso di pimecrolimus (in media 793 g di pimecrolimus
usato a paziente) confrontandoli con una popolazione
omogenea. Non sono state trovate differenze statisticamente significative tra l’insorgenza di tumori nella
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C. Gelmetti et al.
popolazione trattata e il numero di tumori atteso nella
popolazione confrontata. Gli autori, basandosi su più
di 25.000 persone-anno al follow-up, concludono che
è improbabile che il pimecrolimus, usato per via topica nel modo corretto per trattare la DA, sia associato
ad un aumentato rischio di tumore (Margolis et al.,
2015). Uno studio in aperto su 2.418 bambini durato 5
anni ha comparato efficacia e sicurezza di pimecrolimus e steroidi topici per il trattamento a lungo termine
della DA lieve-moderata. Dopo 5 anni rispettivamente
> 85% e il 95% dei pazienti trattati con pimecrolimus
e steroidi hanno riportato un successo terapeutico. Il
gruppo trattato con pimecrolimus ha richiesto un numero sostanzialmente inferiore di giorni di steroide (7
vs. 178). Il profilo e la frequenza degli effetti collaterali
sono stati simili nei 2 gruppi, e non vi è stata evidenza
di alterazione dell’immunità umorale o cellulo-mediata. Gli autori concludono che il trattamento a lungo
termine della DA lieve-moderata può essere condotto
con sicurezza sia con pimecrolimus che con steroide topico, senza rischi sull’immunità (Sigurgeirsson
et al., 2015).
Epidemia di malattia mani-piedibocca atipica da Coxsackie A6
La malattia “mani-piedi-bocca” è un comune esantema infantile sostenuto da Enterovirus e Coxsackie,
il cui quadro clinico classico è ben noto, con l’insorgenza di lesioni ulcerative tipicamente dolenti al cavo
orale, seguita dall’eruzione di lesioni vescicolari dalla
caratteristica forma ovalare e dal bordo lillaceo con
localizzazione limitata a mani e piedi non “a grappolo”. L’eruzione è spesso preceduta da prodromi modesti (febbricola, irritabilità, malessere con possibili
sintomi gastrointestinali o respiratori). L’evoluzione
vescico-crostosa delle lesioni cutanee si osserva raramente, e il decorso è verso la risoluzione completa
in una settimana o poco più. La popolazione preferenzialmente colpita è rappresentata dai i bambini al
di sotto dei 5 anni. Negli ultimi decenni sono state
descritte epidemie a fine autunno ogni 3 anni circa;
i virus più comunemente implicati erano Coxsackie
A16 e Enterovirus 71, anche se sono state registrate
in passato epidemie da Coxsackie A 4-7, A9 e B5. Recentemente è stata descritta una forma atipica della
malattia, sostenuta da Coxsackie A6, con lesioni più
estese e severe e durata più prolungata. I primi report
di tale forma si sono avuti a Taiwan nel 2008, seguiti da casi in Finlandia nel 2010 e in Giappone nel
2011; negli Stati Uniti, nell’inverno 2011-2012 è stato
emesso un report del CDC (Center for Disease Control) che segnalava 63 pazienti con malattia “atipica”
o “severa” sostenuta da Coxsackie A6, allertando i
sanitari sulla presenza di questa nuova forma clinica,
che nonostante la presentazione inconsueta tende
alla guarigione spontanea senza complicanze come
la forma classica della malattia (CDC, 2012). La nuo90
va forma è stata successivamente osservata in molti
altri paesi, e numerose segnalazioni sono apparse
in letteratura (Lott et al., 2013; Feder et al., 2014). Un
recente articolo descrive la tendenza di tale eruzione a presentarsi in modo particolarmente severo in
soggetti affetti da dermatite atopica. Il lavoro descrive
80 casi di bambini da 4 mesi a 16 anni (età media:
un anno e mezzo) nei quali l’eruzione ha interessato
più del 10% della superficie cutanea, con tendenza
delle lesioni a disseminarsi nelle zone di preesistente
dermatite atopica. Gli autori hanno denominato questa forma particolare della malattia: “eczema coxsackium” (Mathes et al., 2013). La forma atipica della
“mani-piedi-bocca” è diventata frequente anche nel
nostro paese. A Milano abbiamo iniziato a registrare casi sporadici di coxackiosi atipica nell’autunno
2011, casi che sono divenuti via via più numerosi negli anni seguenti. Le caratteristiche dei pazienti che
abbiamo osservato, analogamente quanto descritto
in letteratura, sono così sintetizzabili: 1) interessamento della zona periorale e delle coane nasali con
aspetto impetiginoide, soprattutto nei bambini di età
< 3 anni (Fig. 1); 2) minore impegno del cavo orale e
delle zone palmo-plantari e possibile interessamento faringeo con lesioni aftoidi; 3) presenza di lesioni
papulovescicolari cutanee estese anche al di fuori
delle sedi classiche, con più frequente evoluzione
vescicocrostosa (Fig. 2); 4) decorso più impegnativo
e prolungato; diversi casi anche tra gli adulti, possibile recidiva della malattia, verisimilmente legata a
infezione con ceppi diversi. Tale quadro clinico può
essere inizialmente di difficile interpretazione. In particolare, l’interessamento faringeo con lesioni aftoidi
che interessano solo in minima parte il cavo orale
entra in diagnosi differenziale con una faringite batterica; l’interessamento della zona periorale e delle
coane nasali può venire facilmente interpretato come
una impetigine o con lesioni erpetiche, l’eruzione
cutanea può essere particolarmente estesa e poco
riconoscibile, entrando in diagnosi differenziale con
Figura 1. Un lattante affetto da “mani-piedi-bocca” atipica
con interessamento della zona periorale e delle coane nasali con aspetto impetiginoide.
Dermatologia pediatrica: alcune novità rilevanti
Trattamento delle verruche
con sinecatechine per uso topico
Figura 2. Un altro lattante affetto da “mani-piedi-bocca”
atipica con lesioni crostose ematiche che si estendono agli
arti inferiori sino ai glutei.
l’impetiginizzazione di una dermatite preesistente, la
varicella, le eruzioni da farmaco, l’eczema erpeticato.
Infine, si ricorda che è stata segnalata ormai da tempo una onicomadesi postinfettiva “epidemica” associata alla coxsackiosi; tale fenomeno, osservato ampiamente anche nel nostro paese, è divenuto molto
più frequente dopo l’emergenza del nuovo sierotipo
della malattia. L’onicomadesi diviene visibile 30-40
giorni dopo la guarigione dalla fase acuta (prima alle
mani e poi ai piedi a causa della differente rapidità di
crescita della lamina ungueale), non appare correlata alla gravità dell’eruzione cutanea, ed è osservabile
anche negli individui venuti a contatto coi pazienti affetti, ma che non avevano sviluppato sintomatologia
cutaneo-mucosa, per verosimile decorso subclinico
dell’infezione (Apalla et al., 2015). Il quadro clinico
(Fig. 3) è caratterizzato da un solcatura trasversale
della lamina ungueale (linea di Beau) che in molti
casi porta all’interruzione completa della stessa (onicomadesi). Tale condizione non richiede trattamento
e risolve spontaneamente con la progressiva sostituzione da parte della lamina nuova che cresce indenne sotto la lamina “vecchia” che viene man mano
spostata in senso distale e alla fine cade spontaneamente. In questi casi la diagnosi differenziale, più
che con un’onicomicosi, si pone con un’onicopatia
traumatica, psoriasica o eczematosa.
Le verruche virali sono proliferazioni benigne della
cute e delle mucose causate dall’infezione da papillomavirus umani. Le verruche extragenitali, che
interessano più comunemente mani e piedi ma che
possono localizzarsi ovunque sulla cute, sono in genere asintomatiche, ma occasionalmente possono
causare dolore o fastidiose alterazioni estetiche. Nonostante la risoluzione spontanea sia frequente, le
verruche possono persistere per mesi e anni e rappresentare un problema terapeutico. I trattamenti più
comuni comprendono la crioterapia e prodotti topici
contenenti acido salicilico o miscele di acidi vari. I casi
refrattari sono trattati con laser CO2, bleomicina intralesionale, 5-fluorouracile topico, imiquimod, terapia
fotodinamica, elettrocoagulazione e cimetidina per via
orale. Poiché le terapie proposte per trattare le verruche sono molto numerose e eterogenee, ma nessuna
di esse raggiunge l’efficacia del 100%, l’aggiunta di
un nuovo presidio terapeutico con una buon profilo
di tollerabilità e sicurezza è senz’altro interessante.
Un articolo assai recente presenta 2 casi di verruche
cutanee refrattarie alla terapia, trattate con successo
con una pomata contenente sinecatechine (Alcántara
González et al., 2015). Le sinecatechine sono estratti di foglie di tè verde di Camelia sinensis. Impiegate
nella terapia delle verruche genitali e perianali con
una percentuale di successo tra il 45 e il 65%, sono in
genere ben tollerate; il loro effetto collaterale più importante è la possibile irritazione locale. Il componente principale delle sinecatechine è rappresentato dai
Figura 3. Due casi di onicomadesi e di linee di Beau ben
evidenti su alcune unghie in due bambini dopo 1-2 mesi
dalla “mani-piedi-bocca” atipica.
91
C. Gelmetti et al.
polifenoli del tè, e in particolare dai flavonoidi, l’85%
dei quali sono catechine. Le catechine si legano agli
enzimi coinvolti nella produzione di mediatori dell’infiammazione, alle proteasi che promuovono l’invasione tumorale e alle chinasi coinvolte nel signaling delle
cellule tumorali, nella modificazione del ciclo cellulare
e nell’induzione della apoptosi. L’effetto terapeutico
delle sinecatechine è stato attribuito alla loro attività
immunomodulatoria, antiossidante e antitumorale. Il
gallato di epigallocatechina è la principale sostanza
contenuta nei prodotti commerciali, ed è la molecola
con la maggiore attività di questo gruppo.
Uso della dermatoscopia
per la diagnosi di tinea capitis
La diagnosi di tinea capitis tricofitica può non essere
agevole, soprattutto in presenza di aree alopeciche
modeste con desquamazione del cuoio capelluto. Il
“gold standard” per la diagnosi consiste nell’effettuazione dell’esame micologico, diretto e colturale; tale
esame tuttavia non è in genere facilmente e rapidamente disponibile. L’utilità dell’esame dermatoscopico nella diagnosi di tinea capitis è confermata in uno
studio su 15 bambini con tinea capitis confermata e
su 10 bambini con alopecia in chiazza di altra natura
(Ekiz et al., 2014). Nel gruppo di pazienti con tigna, la
dermatoscopia ha evidenziato la presenza di capelli
distrofici nel 100% dei casi, di capelli a cavaturacciolo
nel 80% dei casi e di capelli a virgola nel 100% dei
casi (Fig. 4). Queste anomalie erano assenti nei pazienti con alopecia da altre cause. Questa serie sottolinea il ruolo della dermatoscopia, un esame non invasivo di facile accessibilità e con risultato immediato,
nel depistaggio della tinea capitis quando il quadro
clinico è dubbio, condizione molto frequente e di più
facile riscontro nei pazienti con cute e capelli molto
scuri o con particolari acconciature dei capelli.
Approvazione del vaccino
nonavalente per HPV e nuove
raccomandazioni vaccinali
Il 10 dicembre 2014 è stato approvato dalla Food and
Drug Administration, l’uso del vaccino nonavalente
per l’HPV (Gardasil 9, Merck and Co., Inc.). Nell’incontro del febbraio 2015, la commissione statunitense per le buone pratiche di immunizzazione (Advisory
92
Figura 4. Dermatoscopia di un caso di tigna in cui si vedono facilmente i capelli distrofici: sia quelli a cavaturacciolo, sia quelli a virgola.
Committee on Immunization Practices) ha introdotto
l’uso di tale vaccino nonavalente, insieme al vaccino
tetravalente e a quello bivalente, come uno dei 3 tipi
di vaccini che possono essere usati nella vaccinazione della popolazione, che è raccomandata all’età di
11 o 12 anni. Tale commissione ha aggiornato le indicazioni vaccinali, aggiungendo la raccomandazione
anche per le femmine tra i 13 e i 21 anni se non sono
state vaccinate in precedenza, per i maschi fino ai 26
anni che hanno rapporti sessuali con altri maschi e
per i pazienti immunodepressi (inclusi i pazienti con
HIV) che non sono stati vaccinati in precedenza (Petrosky et al., 2015). Il vaccino nonavalente per HPV è
costituito da frammenti non infettivi similvirali, (viruslike particle = VLP) che includono gli HPV 6, 11, 16,
and 18 come il vaccino quadrivalente, al quale sono
stati aggiunti gli HPV 31, 33, 45, 52 e 58. Ricordiamo che il vaccino bivalente contiene solo VLP per gli
HPV 16 e 18.
Dermatologia pediatrica: alcune novità rilevanti
Box di orientamento
• Cosa si sapeva prima
Gli adipociti cutanei erano conosciuti per il loro ruolo meccanico e di riserva energetica mentre il ruolo
delle infezioni nella psoriasi veniva imputato ad una somiglianza di alcuni epitopi tra capside dello streptococco e proteine cheratinocitarie. Nella dermatite atopica, da alcuni, si invocava la necessità di una
dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento come pure l’utilità degli integratori alimentari e, più di
recente della somministrazione di vitamina D, probiotici e prebiotici. Nonostante la mancanza di dati solidi, vi erano remore per l’uso degli inibitori topici della calcineurina. La malattia “mani-piedi-bocca” è stata
sempre ritenuta un esantema molto modesto. Nel trattamento delle verruche prevalevano terapie fisiche
e la dermatoscopia per la diagnosi di tinea capitis non era ipotizzata. Per l’infezione da HPV esisteva il
vaccino bivalente e quadrivalente.
• Cosa sappiamo adesso
Gli adipociti cutanei sono utili anche nel mantenimento della funzione barriera dell’epidermide tramite il
contrasto alle infezioni; nella psoriasi in placca attiva, i batteri potrebbero avere un ruolo diverso da quello
infettivo. Nella dermatite atopica si smentisce l’utilità della dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento come pure l’uso degli integratori alimentari, mentre i dati sulla vitamina D, probiotici e prebiotici
sono promettenti. Dati molto confortanti confermano la sicurezza del pimecrolimus. La malattia “manipiedi-bocca”, se causata da Coxsackie A6, può essere atipica e più aggressiva. Le sinecatechine per uso
topico appaiono un trattamento non aggressivo delle verruche; la dermatoscopia può essere impiegata
per la diagnosi di tinea capitis e la disponibilità del vaccino nonavalente per l’infezione da HPV amplia la
prevenzione del tumori genitali.
• Per la pratica clinica
Nella dermatite atopica non appare utile né la dieta materna durante la gravidanza e l’allattamento né
l’impiego degli integratori alimentari mentre il beneficio dell’impiego della vitamina D, probiotici e prebiotici attende conferme. Una conferma importante è invece quella sulla sicurezza d’uso del pimecrolimus di
cui si preconizza l’uso anche prima dei due anni di vita. Utile è sapere che la malattia “mani-piedi-bocca”
può avere un decorso più severo e che si può tentare un trattamento non aggressivo delle verruche. La
praticità della dermatoscopia nella diagnosi di tinea capitis e la disponibilità del vaccino nonavalente per
l’infezione da HPV sono un chiaro vantaggio per la popolazione.
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Il primo degli studi italiani su L. salivarius, uno dei ceppi nuovi proposti per il
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*** Casistica ampia, con un’ottima descrizione clinica della nuova forma, e focus
sulla sua particolare severità nei bambini
con dermatite atopica.
*** La quarta sezione di una esaustiva
trattazione sugli aspetti terapeutici della
dermatite atopica condotta dai maggiori
esperti internazionali.
Panduru M, Panduru NM, Sălăvăstru
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Il punto di vista della medicina basata sulle evidenze sull’argomento, ancora
attuale, della dieta nella dermatite atopica.
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Sidbury R, Tom WL, Bergman JN, et al.
Guidelines of care for the management of
atopic dermatitis: Section 4. Prevention of
disease flares and use of adjunctive thera-
*** Lo studio che è durato più tempo e
col maggior numero di pazienti affetti da
dermatite atopica e trattati con un inibitore
topico della calcineurina.
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** Uno studio ben condotto che non evidenzia efficacia dei probiotici nella dermatite atopica.
Zhang LJ, Guerrero-Juarez CF, Hata T, et al.
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Corrispondenza
Carlo Gelmetti
Dipartimento di Fisiopatologia Medico-Chirurgica e dei Trapianti della Università di Milano, IRCCS “Ca’ Granda, Ospedale
Maggiore Policlinico”, via Pace 9, 20122 Milano - E-mail: [email protected]
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