5 tga 2 La crisi del 29

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5 tga 2 La crisi del 29
La crisi del ‘29
Negli anni Venti del Novecento gli USA, divenuti la prima potenza mondiale, conobbero una
crescita senza precedenti nella loro storia: tra il 1922 e il 1928 la produzione industriale crebbe del
64% (contro il 12% del decennio precedente).
Per assorbire questa produzione di massa bisognava creare dei consumatori di massa, cioè
cittadini che acquistassero.
Per incentivare uno stile di vita consumistico furono importanti tre fattori:
- la diffusione delle tecniche pubblicitarie
- nuove forme di distribuzione, come i grandi magazzini (antenati degli ipermercati)
- la possibilità di pagamenti rateali che permettevano l’acquisto anche alle famiglie meno
abbienti
Gli USA furono il primo Paese n cui si diffuse l’uso massiccio dell’automobile (1 ogni 5 abitanti
contro l’1 a 83 dell’Europa negli anni Venti) e degli elettrodomestici (lavatrice, ferro da stiro,
radio…).
Sul mercato americano appaiono per la prima volta prodotti rivoluzionari quali il cellophane e la
gommapiuma.
L’impressione dei consumi accessibili a tutti e di una diffusione del benessere apparentemente
senza fine entusiasmava gli americani, desiderosi di distrazioni e divertimenti: sono gli anni della
diffusione del jazz e dei night club, sono i “ruggenti anni Venti”.
La xenofobia
La volontà di difendere il benessere raggiunto fece crescere tra gli americani un sentimento di
ostilità verso il “diverso”, gli stranieri in prima fila.
Molti americani cominciarono a considerare gli immigrati europei come sovversivi, portatori di idee
rivoluzionarie, dannose per l’ordine pubblico.
Nel 1924 una legge stabilì che sarebbero entrati negli USA solo 3.800 italiani contro gli 42.000
dell’anno precedente.
Emblematico di uesto clima di ostilità fu il caso Sacco e Vanzetti. I due anarchici italiani vennero
condannati a morte (1921) per una rapina conclusasi con un omicidio. Nonostante le prove
dimostrassero ampiamente la loro innocenza e una parte dell’opinione pubblica si schierasse a loro
favore i due vennero giustiziati nel 1927.
Fu significativa anche la crescita di consensi del famigerato Ku Klux Klan, una società segreta
razzista di stampo terroristico.
(Questa nostra America è stata fondata dalla razza bianca e per la razza bianca, e ogni tentativo di trasferire
questo controllo sulla nazione a favore di razze inferiori come la negra, va palesemente contro il volere
divino e costituisce una violazione della Costituzione... L'uguaglianza sociale dovrà dunque essere bandita
per sempre, perché essa rappresenta un passo pericoloso verso l'uguaglianza politica o, peggio, verso i
matrimoni misti e la produzione di una sottospecie di bastardi e di degenerati... - I documenti terribili,
Mondadori 1973)
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Il “BIG CRASH”
Il decennio repubblicano
Durante gli anni Venti la presidenza degli USA fu tenuta dal partito repubblicano che improntò la
sua politica economica su un indirizzo nettamente liberista:
- vennero ridotte le imposte dirette (che colpivano i redditi in maniera progressiva) e
aumentate quelle indirette (che gravavano sui consumi, toccando tutti gli acquirenti, ricchi
o poveri, ala stessa maniera);
- fu ridotta la spesa pubblica rinunciando ad attivare programmi di assistenza per le classi
più povere
- venne mantenuto basso il tasso di interesse - favorendo l’acceso al credito, aumentando la
circolazione monetaria, ma alimentando anche la speranza di una crescita economica
infinita;
- si rinunciò a qualsiasi forma di controllo dello Stato sull’economia
La speculazione in Borsa
Il prezzo delle azioni quotate in Borsa cresce quanto più sono ottimistiche le previsioni di profitto e
quanto più è basso il tasso d’interesse.
Negli anni Venti il numero e il prezzo dei titoli quotati crebbe in maniera impressionante.
Il miraggio dei guadagni facili e rapidi fece diventare l’investimento in Borsa un fenomeno di
massa.
I piccoli risparmiatori agivano ormai secondo una logica puramente speculativa:acquistavano le
azioni per rivenderle poco dopo incassando la differenza, senza interessarsi ad investimenti su tempi
più lunghi.
La facilità del credito innescò inoltre un meccanismo assai pericoloso: il compratore comprava
solo una parte dei titoli e prendeva il resto a prestito, dando in garanzia le azioni stesse. Con il
guadagno realizzato in breve tempo contava di rendere il denaro e di intascare comunque un
discreto profitto. Si trattava evidentemente di una scommessa, di un azzardo basato sulla
convinzione di una crescita infinita.
Ma si trattava di un’illusione.
E’ vero che un gran numero di consumatori aveva accesso a beni fino a poco prima considerati di
lusso, ma è vero anche che ampie fasce della popolazione avevano visto ridursi il proprio potere
d’acquisto.
La classe operaia, innanzi tutto. Il potere dei sindacati era crollato in quanto, per difendere con
intransigenza l’ordine, il governo represse duramente ogni forma di agitazione. Venendo meno la
possibilità ottenere, attraverso lotte sindacali, dei miglioramenti salariali, il potere d’acquisto di
una larga fascia della popolazione si ridusse drasticamente determinando l’impossibilità di
assorbire la crescente produzione industriale.
Inoltre i beni di consumo durevoli (come le automobili e gli elettrodomestici) si prestano poco ad
un ricambio frequente.
Questi fattori portarono in breve ad una SATURAZIONE DEL MERCATO, spia di
un’imminente CRISI DI SOVRAPPRODUZIONE.
The “Black Thursday” – il “giovedì nero”
Mentre la produzione industriale, per I fattori sopra descritti aveva subito, in diversi settori, una
battuta d’arresto, le quotazioni in Borsa continuavano a salire. Il loro valore non rispecchiava più
l’economia reale.
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Ma il timore che le quotazioni azionistiche gonfiate irrealisticamente fossero destinate a un calo
improvviso, spinse molti operatori, nell’autunno del 1929, a liquidare i loro titoli. Nella sola
giornata del 24 ottobre (il “giovedì nero”) vennero venduti 13 milioni di azioni.
Il valore delle azioni, di cui ormai tutti volevano liberarsi, crollò in breve tempo.
Fatto 100 il valore del mercato azionario nel 1929, esso sprofondò a 15 nel 1932.
Molte fortune vennero disintegrate nell’arco di pochi giorni..
Il crollo dell’economia
La crisi borsistica produsse una serie di catastrofici effetti a catena:
- i risparmiatori che avevano acquistato a credito i propri pacchetti azionari non poterono più
saldare i loro debiti..
- molte banche dovettero chiudere, scatenando il panico tra i risparmiatori: i correntisti,
temendo di perdere i propri risparmi, ritirarono i loro depositi, riducendo così la liquidità a
disposizione degli istituti di credito.
Il risultato fu un’enorme diminuzione di liquidità con gravi conseguenze sull’economia: le
aziende, non potendo più accedere al credito, riducevano la produzione, tagliavano i salari e
licenziavano.
Il numero di disoccupati salì alla cifra drammatica di 14 milioni.
Disoccupazione, impossibilità di accedere ai mutui e all’acquisto a rate, aggravarono il crollo della
domanda determinando un’ulteriore contrazione della produzione industriale.
ROOSEVELT E IL “NEW DEAL”
La fallimentare gestione repubblicana della crisi portò nel 1932 all’elezione del presidente
democratico Franklin Delano Roosvelt.
La sua prima azione fu quella di costituire un brain trust, un gruppo di specialisti incaricato di
approntare un programma di uscita dalla crisi.
I termini della questione erano chiari: le banche, in crisi di liquidità, non concedevano più prestiti
alle imprese. Le imprese non potevano investire e licenziavano. La popolazione, privata del lavoro e
dell’accesso al credito, riduceva i consumi e spingeva le aziende diminuire ulteriormente il
personale. Un cane che si mordeva la coda.
Per spezzare questo circolo vizioso era necessario rilanciare gli investimenti della aziende e i
consumi dei cittadini.
Abbandonando il dogma liberista (il mercato si autoregola senza bisogno di alcun intervento
esterno) Roosevelt si indirizzò verso un deciso intervento dello Stato nell’economia che prese il
nome di New Deal (Nuovo corso):
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si favorì la svalutazione del dollaro, cosa che favorì le esportazioni estere dando sfogo alla
sovrapproduzione americana
si concedevano premi in denaro ai coltivatori che avessero limitato i propri raccolti. In
questo modo si contrastava la sovrapproduzione che aveva favorito il crollo dei prezzi
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