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VIMAX MAGAZINE APRILE 68 norme sotto la lente di Manlio Dozzo avvocato civilista e fiscalista patrocinante in Cassazione [email protected] OLIVER IL RANDAGIO Il randagismo è, purtroppo, un fenomeno molto diffuso non solo in Italia. Le cause di questo triste fenomeno sono molteplici e gli effetti che ne derivano sono deleteri e pericolosi non soltanto per l’ecosistema, ma anche per l’uomo, perché, purtroppo, il randagismo è causa di diffusione di malattie temibili come, per esempio, la rabbia e la leptospirosi. Tra i principali motivi che conducono all’espandersi del randagismo si possono annoverare gli abbandoni volontari: spesso i cuccioli vengono regalati, ma non sempre chi li riceve può, o vuole, tenerli, così finisce per abbandonarli… “Tanto qualcuno ci penserà!”, dicono. Ma non è così: un animale domestico, soprattutto se è cucciolo, non è in grado di procurarsi cibo da solo: nella maggior parte dei casi muore di fame o viene travolto da un veicolo, non essendo in grado di valutare il pericolo di attraversare una strada trafficata. Ma le cause della mortalità dei cuccioli dopo l’abbandono sono tantissime. Questo necessario prologo ci introduce alla storia di Oliver, un cucciolo di tre mesi donato a Manuela per il suo decimo compleanno da un gruppo di amichetti che, condizionati dal fatto che la loro amica desiderava fortemente un cane, non si erano consultati con i suoi genitori prima di acquistarlo. Oliver era arrivato a casa della sua padroncina con un bel fiocco azzurro al collo al quale era attaccato un biglietto di auguri e tante belle frasi spiritose. Manuela ne era felicissima: i suoi genitori no, anche se, per il momento, facevano buon viso a cattivo gioco. Oliver era un cagnolino affettuosissimo ma, come tutti i cuccioli, ne combinava di cotte e di crude: un giorno rosicchiava le gambe del tavolo, un altro rovinava una tovaglia e spesso, di notte, abbaiava al minimo cigolio. I vicini di casa si lamentavano e l’amministratore del condominio scriveva lettere di fuoco circa l’opportunità di tenere un cane così rumoroso in un appartamento. Il padre di Manuela era combattuto sul da farsi: da un lato comprendeva che la figlia si era affezionata a Oliver, dall’altro non voleva inimicarsi tutto il vicinato. La sciagurata soluzione la trovò quando prenotò un albergo per le vacanze estive dove non erano ammessi animali domestici. Non volendo rinunciare all’hotel che aveva scelto e, tacendo la circostanza alla figlia, pensò bene di sbarazzarsi del povero Oliver caricandolo in automobile e abbandonandolo a molti chilometri da casa, in una discarica. In quel momento non si rendeva minimamente conto di aver commesso il reato definito dall’art. 727 del Codice Penale, “Abbandono di animali” e, contemporaneamente, si autoassolveva pensando: “Tanto nessuno se ne accorgerà mai”. Manuela pianse molto quando, tornando da scuola, apprese che Oliver si era “smarrito” e che, ormai, non c’era più nulla da fare. DALLA DISCARICA AL CANILE. Nel frattempo, il povero Oliver si trovava solo, affamato e impaurito in mezzo a ogni genere di rifiuti. 2012 Per sua fortuna, si fa per dire, in quella zona la raccolta differenziata non era molto in auge per cui, rovistando tra sacchetti e cartacce, qualche avanzo di cucina riusciva a trovarlo e così tirava avanti. La discarica era un luogo di raccolta di altri randagi che la visitavano spesso, sapendo che vi avrebbero trovato del cibo, per cui Oliver si trovò involontariamente a far parte del “branco della pattumiera”. Oliver non era un cane mordace, anzi: il contrario, mentre altri membri del branco erano aggressivi e, in alcuni casi, avevano già attaccato anche l’uomo. Le lamentele di alcuni cittadini che abitavano nei pressi della discarica avevano indotto il sindaco a prendere dei provvedimenti che si limitarono alla cattura dei randagi e al loro ricovero nel canile municipale, una struttura fatiscente e inadeguata per l’elevato numero di animali che ospitava: i poveri randagi, a causa delle pessime condizioni igieniche, finivano per ammalarsi e, spesso, morire. La situazione non sfuggì a un’associazione animalista, che si rivolse di nuovo al sindaco chiedendo di ricoverare gli animali in un luogo le cui condizioni igieniche fossero accettabili e dove venisse assicurata un’adeguata assistenza medicoveterinaria. Il sindaco fece orecchie da mercante per cui l’associazione si rivolse al Tribunale Amministrativo Regionale il quale, effettuate le opportune verifiche, stabilì che: “In base alle disposizioni della L. quadro 14 agosto 1991, n. 281 (art. 2 comma 11, in coordinamento con l’art 4 comma 1) nonché, per la Regione Puglia , a quelle della L. reg. 3 aprile \995 n 12 (art. 6 comma 2; art. 9 comma 4;art 14 comma 1 lett. A e lett. b) gli enti e le associazioni di protezione riconosciuti rivestono una posizione differenziata e giuridicamente rilevante quali portatori di un interesse qualificato alla raccolta e mantenimento degli animali di affezione vaganti, e in particolare dei cani, cui l’ordinamento statale e regionale riconosce un ruolo attivo in un quadro riconducibile all’odierno principio di sussidiarietà orizzontale, pertanto agli stessi va riconosciuta la piena legittimazione a dolersi dell’inerzia delle amministrazioni comunali in ordine all’adozione dei provvedimenti relativi alla realizzazione dei canili sanitari e dei rifugi per cani, e cioè delle strutture di accoglienza degli animali vaganti (abbandonati e/o randagi), nonché, e più in generale, a gravarsi avverso gli atti amministrativi relativi alla realizzazione delle predette strutture o all’affidamento in convenzione a terzi dell’ospitalit‡ e del ricovero degli animali vaganti” (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 9 Gennaio 2003, n. 21). Perciò il sindaco, in base a questa sentenza, si vide costretto a realizzare un struttura di accoglienza per cani efficiente e moderna, dotata di tutto ciò che era adatto a rendere, quanto meno, accettabile la vita degli ospiti a quattro zampe. DI NUOVO CON MANUELA. Questo canile modello destò l’interesse della stampa e, oltre a qualche articolo apparso su giornali e riviste, indusse il direttore di una televisione locale a realizzare un servizio sul “rifugio del cane a cinque stelle”. In molti visitarono la struttura e qualcuno decise di adottare un trovatello, versando anche un piccolo contributo per il mantenimento degli animali che non avevano trovato un padrone. Il servizio televisivo non era sfuggito a Manuela che aveva convinto il padre (il quale, anche se in ritardo, si era reso conto di aver commesso un’azione ignobile) a visitare quel canile per l’eventuale adozione di un cane che rimpiazzasse Oliver. Fu Oliver, che nel frattempo era cresciuto, ad accorgersi di Manuela: incominciò ad abbaiare e ad agitarsi per attirare la sua attenzione. L’incontro tra i due fu un’esplosione di gioia e di affetto reciproco in quanto cane e padroncina erano tornati finalmente insieme. Questa storia è quasi tutta vera: solo il lieto fine, purtroppo, è frutto di fantasia. Ma ha ben due morali legali: la legge vieta l’abbandono di animali e la società, per mezzo delle amministrazioni locali, ha il dovere di assistere e proteggere gli animali abbandonati. Due cose su cui meditare…