Città dei Ciclopi - Comune di Alatri

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Città dei Ciclopi - Comune di Alatri
ALATRI, Città dei Ciclopi
Storia, Arte, Cultura
Le origini protostoriche di Alatri si legano inscindibilmente alla popolazione degli Ernici, un
raggruppamento italico del ceppo più antico, a cui si attribuisce, intorno al VII secolo a.C., la
costruzione dell’Acropoli e delle possenti mura megalitiche che cingono l’abitato.
Con l’espansione romana e l’ingresso nel 484 a.C. nel Foedus Cassianum la città divenne
dapprima alleata di Roma e nel 90 a.C. fu elevata a Municipio.
Sede vescovile fin dall’età costantiniana, fu agli inizi del VI secolo centro di una delle più antiche
comunità cenobitiche d’Occidente, ancor prima della fondazione del monachesimo benedettino.
Nel periodo delle invasioni barbariche, dopo l’assedio ed il saccheggio inflitti nel 543 dal re
ostrogoto Totila, Alatri si vide costretta a rafforzare le proprie strutture difensive per far fronte alle
continue minacce dei Longobardi e successivamente dei Saraceni.
Libero comune dalla seconda metà del 1100 e da sempre fedele alla Chiesa, raggiunse nel XIII
secolo i vertici del proprio sviluppo politico e culturale, dotandosi di insigni monumenti civili e
religiosi.
Nel corso del XIV secolo, a seguito dell’esilio Avignonese del Papato, subì la baronia dei Conti di
Ceccano (1334), ed una notevole riduzione dell’autonomia comunale per mano del cardinale
Albornoz.
La successiva signoria durazzesca (1408-1414), quella viscontea (1434), nonché l’umiliante
dominio spagnolo nel 1556, ebbero profonde ripercussioni sulla comunità cittadina, tanto da indurre
il vescovo diocesano Ignazio Danti, tra il 1583 e il 1586, ad intraprendere un’importante opera di
riorganizzazione dell’intera vita religiosa, che s’impose a modello per le future iniziative sociali,
attuate dall’amministrazione civile nei due secoli che seguirono.
Trascorso il periodo rivoluzionario e quello napoleonico, durante i quali Alatri fu centro di vicende
spesso convulse e dolorose, la restaurazione, nel 1815, del governo pontificio sancì l’inizio di una
lunga parentesi di relativa tranquillità politica, destinata a sfociare, fin dai primi anni dell'unità
nazionale, in un miglioramento delle condizioni economiche.
Ben più decisivo si rivelò, infine, il vasto programma di risanamento politico e sociale intrapreso
dalla città alla fine del secondo conflitto mondiale, i cui effetti, attraverso un forte impulso allo
sviluppo delle molteplici realtà produttive e culturali, incisero in modo determinante sulla
formazione dell’odierna fisionomia cittadina.
L'ACROPOLI e le MURA CICLOPICHE o POLIGONALI
Costruzione ciclopica di epoca preromana, rappresenta, insieme alla cinta urbana, il monumento più
antico e celebrato della Città.
La sua ardita struttura di contenimento, caratterizzata da possenti muraglie in opera poligonale,
racchiude per intero una vasta area sopraelevata (19.000 mq) posta al centro dell’abitato cittadino.
Per la sua posizione dominante e per l’assoluta inaccessibilità del luogo, l’Acropoli ha svolto fin
dalle origini la duplice funzione di spazio sacro e di presidio difensivo, divenendo alternativamente
sede di antichi riti religiosi ed ultimo rifugio della popolazione sottostante.
Oltre al paramento murario, già di per sé sorprendente per la grandezza dei massi impiegati e per
l’elevazione raggiunta, degne di ammirazione sono le due porte di accesso: la Porta Maggiore
ubicata sul lato meridionale con architrave monolitico di straordinarie dimensioni, e la Porta
Minore, assai meno imponente ma di eguale suggestione per la presenza all’interno di un angusto
corridoio ascendente, perfettamente conservato.
Non lontano dalle due porte sono visibili, rispettivamente, tre antichissime nicchie e i resti del
Portico dell’Acropoli fatto costruire dal censore Lucio Betilieno Varo nel II secolo a.C.
LA CATTEDRALE DI SAN PAOLO
Sulla sommità dell’Acropoli, al di sopra di un antico ierone, sorge invece la Cattedrale di San
Paolo (11) con l’attiguo Vescovato.
Entrambi gli edifici, di origine altomedioevale, si presentano attualmente con le forme assunte nel
corso del XVIII secolo, in seguito a consistenti ristrutturazioni che culminarono con la costruzione
di una nuova fronte affidata al progetto dell’architetto Jacopo Subleyras.
L’interno a tre navate con presbiterio rialzato conserva, tra l’altro, preziosi reperti cosmateschi del
1222 e la celebre reliquia del Miracolo Eucarisitco dell’ "Ostia Incarnata": una particola
eucaristica divenuta miracolosamente carne umana tra la fine del 1227 e gli inizi dell’anno
successivo.
IL CENTRO STORICO
Attualmente il centro storico, raccolto entro il perimetro irregolare delle mura, ricalca nei suoi tratti
essenziali il primitivo insediamento della città preromana, su cui s’innesta in modo prevalente
l’articolazione urbanistica dell’impianto medioevale.
L’intero tessuto urbano è caratterizzato da una fitta trama di vie strette e tortuose, talora impostate
in forte pendenza, che si diramano, tra antiche costruzioni e caseggiati più moderni, tutt’ intorno
alla rocca dell’Acropoli. Quest’ultima costituisce l’epicentro visivo della città, una sorta di
autonomo nucleo sopraelevato (Civitas nova) attorno al quale l’abitato sottostante (Civitas vetere)
si sdoppia in due grandi aree contrapposte: la zona settentrionale, contraddistinta da uno sviluppo
planimetrico piuttosto regolare, e quella meridionale delle Piagge, aggrappata sull’opposto versante
con un sistema di terrazzamenti digradanti che risolve e in parte dissimula il naturale dislivello del
colle.
Tale disposizione, oltre a scomporre lo scenario urbano in un curioso contrasto topografico, ha
contribuito nel corso dei secoli a modellare nella prima zona uno spazio monumentale, destinato ad
accogliere gran parte delle funzioni civiche, commerciali e culturali, ed a consolidare nella seconda
un ambiente più compatto, appena sufficiente al passaggio pedonale e con prerogative quasi
esclusivamente residenziali.
Dal punto di vista toponomastico infine il centro cittadino, ad eccezione dell’Acropoli, risulta
ulteriormente suddiviso in nove rioni (Scurano, Valle, Colle, Fiorenza, Vineri, Spidini, S.Lucia,
S.Andrea, S.Simeone) contrassegnati ancora oggi da un proprio emblema araldico e da una loro
fisionomia individuale, conformemente all’antica ripartizione amministrativa delle carcìe
medioevali.
PIAZZA S.MARIA MAGGIORE
La piazza S. Maria Maggiore, anticamente detta del Campo, si presenta come un efficace nodo
urbanistico, che fissa, per mezzo delle molteplici aperture sulle vie circostanti, il punto di raccordo
della movimentata vita alatrina.
Essa occupa l’antica area del foro della città romana e figura come uno spazio raccolto, plasmato
nel tempo attraverso la progressiva aggregazione a quadrilatero delle varie costruzioni che ne
disegnano il perimetro.
La notevole importanza del luogo è accresciuta dalla presenza dei principali edifici civili e religiosi
della città: dallo scenografico Palazzo del Comune, progettato sul fianco occidentale dall’architetto
Raffaele Boretti nel 1863, alla duecentesca collegiata di S.Maria Maggiore, a cui si contrappone,
dal lato opposto, la chiesa degli Scolopi con l’attiguo Palazzo Conti Gentili.
Al centro della rettangolare piazza S. Maria Maggiore fu eretta nel 1870, su disegno dell’architetto
Giuseppe Olivieri, la monumentale Fontana Pia, dedicata a Pio IX in segno di gratitudine per la
cospicua somma di denaro elargita nei confronti della città, per la realizzazione di un nuovo
acquedotto. E’ una grande vasca quadrangolare, dalla classica architettura ottocentesca,
caratterizzata dalla struttura elicoidale dei delfini annodati intorno a due catini, sormontati da teste
leonine.
Allo stesso architetto appartengono la fontana Antonini, ubicata nella raccolta piazzetta di S. Anna
e la fontana di Porta S.Pietro, costruita nei pressi dell’omonima porta cittadina. A coronamento di
questa equilibrata commistione di architetture diverse, fu eretta nel 1870, su disegno dell’architetto.
CHIESA S.MARIA MAGGIORE
Sorta intorno al V secolo e ampliata in epoca romanica, deve l’attuale aspetto alle radicali
trasformazioni subite nel XIII secolo ad opera di maestranze borgognone. Ad esse si deve il nitido
disegno della facciata monocuspidata, con le tre porte di accesso e l’originalissimo traforo del
rosone, riccamente decorato attraverso il costante ricorso al motivo trilobo.
L’interno severo ed essenziale, tripartito da una doppia fila di massicci pilastri, su cui si alternano
colonne semicircolari, ospita pregevoli esemplari di arte medievale e rinascimentale.
Il gruppo ligneo della Madonna di Costantinopoli: capolavoro dell’arte romanica risalente al
XIII secolo, completato da figurazioni policrome della vita di Cristo e della Vergine, elaborate
secondo un itinerario figurativo tipicamente bizantino.
Il trittico del Redentore: lavoro autografo di Antonio di Alatri raffigurante Cristo benedicente, la
Vergine col Bambino e S. Sebastiano, dipinto nella prima metà del XV secolo con accenti cari
all’arte tardogotica di Gentile da Fabriano.
Il fonte battesimale: frammento scultoreo raffigurante tre telamoni, modellato nel XIII secolo per
sorreggere una colonna candelabro e successivamente trasformato in fonte con l’aggiunta del catino
sovrastante.
LA CHIESA DEGLI SCOLOPI
L’edificio di puro impianto settecentesco fu costruito fra il 1734 e il 1745 su progetto dell’architetto
Benedetto Margariti da Manduria e dedicato allo Sposalizio della Vergine.
Il disegno della facciata, cosi come quello della pianta a croce greca, scaturisce da un’originale
semplificazione di temi tipicamente borrominiani.
La flessuosa aggraziata linearità della fabbrica è completata all’interno da dipinti del pittore veneto
Benedetto Mora e di Carmine Spinetti.
PALAZZO CONTI GENTILI
Antico stabile duecentesco di cui rimane visibile l’arco d’ingresso, ha subito nel corso degli anni
notevoli trasformazioni, dapprima con interventi voluti dal proprietario Giovanni Turco che nel
1532 vi costruì, tra l’altro, il bel portale all’interno del vestibolo, e successivamente per mano
dell’erede Francesco Conti e dell’Amministrazione Comunale che ampliarono a più riprese il
palazzo.
Sede dal 1729 al 1971 del Collegio delle Scuole Pie, ospita tuttora una ricca biblioteca con testi di
storia locale e antiche pergamene.
Meritevole di nota è anche il grande Orologio (Meridiana) Solare posto sulla facciata principale,
realizzato da p. Angelo Secchi intorno alla metà dell’Ottocento.
LA CHIESA DI SANTO STEFANO
Edificata intorno al Mille e ristrutturata completamente nel 1284 dal Cardinale Gottifredo di
Alatri, fu nel 1586 privata della navata di sinistra in seguito alla costruzione dell’attiguo
monastero dell’Annunziata.
Infine, rimaneggiamenti sei-settecenteschi alterarono irrimediabilmente la fabbrica, preservando
solamente il bellissimo portale trilobato e il leone crocigero della cuspide. All’interno particolare
interesse, riveste la settecentesca pala con la "Vocazione di Matteo" dipinta da Filippo Palazzetti.
LA CHIESA DI SAN FRANCESCO
Situata nei pressi dell’omonima porta cittadina, fu costruita, insieme all’attiguo convento, nella
seconda metà del XIII da una piccola comunità di frati, insediatisi ad Alatri nei primi decenni del
Duecento. L’edificio si presenta come una massa compatta dai tipici elementi gotici, con un sobrio
portale archiacuto, coronato in alto da un rosone a radiali, composto da sedici colonnine di diverso
intaglio, che racchiudono il medesimo traforo della vicina chiesa di Santa Maria Maggiore, unico
nota decorativa volta ad ingentilire il severo prospetto in pietra.
Di ben altro aspetto ci appare l’interno, formato da un’unica aula rettangolare, interamente
trasformato nel corso del XVII secolo dalla ricca decorazione barocca. Al corredo figurativo
medievale, appartengono invece, alcuni frammenti di affresco nella parete interna della facciata e
nel piccolo spazio attiguo all’ingresso, dove, si ammirano un San Giovanni Battista e una
Madonna col Bambino in trono, entrambi dipinti nella seconda metà del ‘400.
Nel presbiterio della chiesa è visibile,entro una lignea urna barocca, la sacra reliquia del
MANTELLO DI SAN FRANCESCO, che secondo la tradizione popolare fu donato
personalmente dal poverello d’Assisi alla cittadinanza nel 1222, durante il suo soggiorno ad Alatri
presso la chiesa di Sant’Arcangelo. Si tratta di un modesto tessuto di chiara origine medievale,
confezionato con grossa lana di colore grigio cenerino, dall’aspetto assai logoro.
L’Affresco del CRISTO NEL LABIRINTO (Chiostro di San Francesco)
Scoperto casualmente nel 1996, all’interno di un cunicolo nei locali annessi al Chiostro di San
Francesco, il CRISTO nel Labirinto è divenuto oggetto di un interesse crescente vista la sua
“unicità”, costituita dalla raffigurazione del tema figurativo del Cristo “Pantocrator” al centro del
simbolo arcaico del Labirinto.
Il Labirinto è unicursale, vale a dire che entrata ed uscita del percorso coincidono; si compone di
dodici cerchi neri, che delimitano i corridoi bianchi; al centro è la figura del Cristo barbuto con
l’aureola, la tunica e il mantello dorato, che con la mano sinistra sostiene il libro delle Sacre
Scritture, e con la destra, in atteggiamento benedicente, indica l’ingresso e l’uscita del labirinto.
Risultano misteriose le origini dell’affresco, databile tra la fine del XIII e l’inizio del XIV sec.; tra
le varie ipotesi suggestiva è quella che lo collega alla storia dei Templari; tra le più probabili quella
che vede autore dell’opera un frate del convento o un artista locale.
Una decorazione, realizzata con la tecnica ad affresco e, in alcune zone, a secco, si dipana sulle
pareti di due locali separati da un arco: nel primo ambiente c’è la raffigurazione del Labirinto; nel
secondo un velario, “svelato” dal descialbo delle pareti, e una serie di simboli geometrici e floreali,
quali spirali, stelle, sfere, fiori della vita.
PALAZZO GOTTIFREDO (Sede del Museo Civico)
La massiccia costruzione, solenne e grave nella sua impostazione spaziale, fu realizzata nel corso
del XIII secolo per volere del nobile Gottifredo Raynaldi, cardinale protodiacono e ricco
feudatario alatrino.
L’intero complesso, frutto della felice commistione tra due edifici contigui, diversi per stile ed
epoca di costruzione accoglie, nel proprio interno, il Museo Civico.
IL MUSEO CIVICO accoglie nelle sue sale diverse sezioni:
Sezione Archeologica locale, composta da una presentazione grafica e multimediale sui cosiddetti
“Viaggiatori di scoperta” (Piano Terra), da una rappresentazione dell’Antica Aletrium, attraverso i
suoi Reperti Archeologici e le sue Epigrafi (Piano Primo);
Sezione Archeologica Guardia di Finanza – Gruppo Tutela Patrimonio Archeologico – dedicata agli
riti funerari, dove sono esposti vasi corinzi, attici, etrusco-laziali (Piano Primo);
Sezione Demo-EtnoAntropologica (Fondo Gambardella) in cui è esposta una collezione di
strumenti ed attrezzature della tradizione agricole ed artigianale locale.
LA CINTA URBANA
Innalzata sulla viva roccia del colle, assecondando l’orografia del terreno, ostenta ancor oggi, a
distanza di molti secoli, tutta l’imponenza e la solidità costruttiva tipiche dell’antica architettura
ciclopica.
Nel Medioevo, la sua struttura fu ulteriormente irrobustita con la costruzione di alti torrioni, posti a
controllo e a difesa della zona circostante. Ma il carattere dichiaratamente difensivo di questa
costruzione si avverte con più vigore nelle cinque porte di accesso, disposte strategicamente lungo
il circuito murario: ad Ovest P.ta S. Francesco e P.ta S. Benedetto ad Est P.ta S. Nicola a Nord
P.ta Portati e P.ta S. Pietro.
Al di Fuori delle Mura
LA CHIESA DELLA MADDALENA
Situata nei pressi di un antico lebbrosario, al di fuori delle mura cittadine, questa raccolta pieve
medioevale appare già dal 1196 dedicata alla Maddalena penitente.
L’edificio, preceduto da un pronao di epoca più tarda, è scandito all’interno da tre arcate ogivali in
pietra concia disposte trasversalmente per sorreggere l’assito in cotto della copertura.
Particolare interesse riveste, infine, la sobria decorazione pittorica delle pareti impreziosita dalla
presenza di alcuni affreschi attribuiti ad Antonio di Alatri.
LA BADIA DI S.SEBASTIANO
Incastonato su un piccolo colle ad Oriente del centro cittadino, il complesso monastico, fondato agli
inizi del VI secolo dall'abate Servando, ospitò nel 528 Benedetto da Norcia durante il suo viaggio
da Subiaco a Montecassino.
Ristrutturato completamente ed ampliato nella prima metà del XIII secolo, per accogliere l’ordine
delle Damianite di Santa Chiara, presenta ancora oggi la suggestiva articolazione architettonica
medioevale, arricchita dalla duecentesca decorazione pittorica della chiesa con figurazioni della vita
di Cristo e della Madonna.
LA GRANGIA DI TECCHIENA
La vasta costruzione rurale, dalle eleganti e ariose linee settecentesche immerse nel verde
circostante, fu edificata nella seconda metà del XVIII secolo dai PP. Certosini, sul luogo di un
antico tenimentum ai margini occidentali della fertile piana di Tecchiena.
Utilizzata fino agli inizi del ‘900 come granaio dagli stessi monaci della vicina Certosa di Trisulti
accoglie nel proprio interno, oltre a numerosi ambienti di carattere residenziale anche una piccola
chiesa dedicata a San Bartolomeo apostolo.