Allora vedranno il Figlio dell`Uomo

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Allora vedranno il Figlio dell`Uomo
Allora vedranno il Figlio dell’Uomo
Indicazioni Pastorali per il tempo di Avvento 2012
L’anno liturgico è maestro nel cammino di fede della Chiesa e di ogni singolo cristiano nel senso che permette di comprendere la realtà in uno
sguardo che è illuminato dall’azione di Dio nella storia attuale. L’annuncio
dell’avvento del Signore che tornerà a dare compimento alla Storia unisce
passato e futuro fonda la speranza della salvezza perché Colui che tornerà
è già venuto a renderci partecipi della sua condizione e sostiene il nostro
cammino.
La nostra Chiesa è sollecitata a vivere questi giorni nell’intensità dell’atteggiamento di ascolto e a percorrere il suo itinerario di fede guidata dalla
Parola di Dio e sostenuta dallo Spirito. Ma l’ascolto di Dio si fa ascolto
dell’uomo perché è lì che egli si è incarnato.
In questa duplice attenzione si collocano le indicazioni di questo sussidio
perché con intelligenza pastorale ogni gruppo liturgico (o altro) possa
ispirarvisi per proporre il cammino alla propria comunità.
Come figure dell’itinerario di fede sono indicati i Magi: il loro cammino
– dall’ispirazione che li mette in movimento, all’incontro con la città di
Gerusalemme e con le Scritture fino al riconoscimento del Re nel Bambino – legge ed esprime anche la nostra esperienza di fede.
Il sussidio si compone delle seguenti parti:
• introduzione biblica sul viaggio della fede nel tempo dell’attesa e
introduzione tematica alle letture domenicali;
• introduzione alle schede per le famiglie;
• scheda per le famiglie con indicazioni per una semplice preghiera
condivisa a partire dalla Parola della Domenica e una breve rifles1
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sione riguardo ad atteggiamenti che scaturiscono dalla lettura del
contesto diocesano alla luce di “Farsi prossimi; rapporto sulle povertà e le risorse della Diocesi di Lucca – 2011”. La scheda contiene
anche un piccolo spazio di attenzione al punto di vista dei bambini,
perché l’Avvento possa essere anche da loro colto in tutta la ricchezza che rappresenta. Le schede possono essere fotocopiate e
distribuite nelle celebrazioni domenicali, come agile strumento.
Figure dei Magi da ritagliare e colorare.
È possibile raccogliere il suggerimento di utilizzare il gesto che la
tradizione ci consegna e che consiste nel far avvicinare giorno dopo
giorno le figure dei Magi alla mangiatoia del Cristo, proprio per
scandire anche con un piccolo “rituale” un’occasione condivisa di
riflessione sul’avvento come tempo di attesa e di cammino incontro
al Signore che viene. A questo scopo, il sussidio fornisce anche tre
piccole figure di Magi che possono essere colorate e ritagliate insieme ai bambini e poste vicine al Presepio;
suggerimenti per uno o due incontri con la Comunità (o almeno
con il consiglio parrocchiale o gli operatori, genitori…) in ascolto
della vita reale delle famiglie e del contesto sociale del territorio;
indicazioni della Caritas diocesana a sostegno di un progetto. In
particolare, data la particolare situazione di difficoltà connessa alla
crisi economica, la Caritas diocesana quest’anno suggerisce di raccogliere i fondi in favore di famiglie in difficoltà soprattutto a causa
della perdita di lavoro, attraverso l’azione dei Centri di Ascolto;
lettera del vescovo ai ragazzi sul progetto Dai bimbi di Lucca una
mucca ai bimbi del Rwanda. Su questo sono date anche indicazioni ai catechisti;
giornata della pace 2013.
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Il viaggio della fede
nel tempo dell’attesa
Il tempo dell’Avvento risveglia l’attesa, riapre l’orizzonte del viaggio
della fede. Faticoso è il cammino e stanco si fa il passo, provata è la
fede che indusse Abramo al viaggio, confidente nella promessa di Dio.
Provata e incerta è la fede dei Magi, scomparsa la stella che dall’Oriente li guida. L’orizzonte si oscura, la fiducia si smorza, la speranza
non sorregge: perché mai ci si è fidati di Lui? Quale parola di speranza
accese il cuore da principio? Che cosa Egli promise all’inizio del viaggio? Un’intera esistenza da trascorrere in viaggio, percorsa nella fede
che apre all’attesa, per ottenere risposta all’inquieto domandare.
La dinamica della fede tra cammino e attesa
La luce che in principio brillò nel cuore, riscaldato dall’amore, solo
il primo passo poteva illuminare. Sembrava in quella luce di intraveder
la meta, di avere tra le mani il possesso della terra, promessa da Dio
a chi risponde con fiducia all’invito dell’amore. In quella luce che brillava nell’Oriente del principio, Abramo credeva, nel suo cuore rischiarato, di vedere già sicuro il suo traguardo, di comprendere all’inizio il
mistero della fine, con la bussola di un desiderio ancora troppo angusto, secondo le misure sempre povere e meschine delle umane attese,
incapaci di levare lo sguardo verso l’alto, all’orizzonte dilatato del
dono promesso da Dio (Gen 12). La luce iniziale solo il primo passo
poteva rischiarare, lasciando alla fiducia del cammino, di passo in
passo, di fede in fede, di cogliere la verità della promessa, nella sua
autentica portata, col progressivo stupore di uno sguardo levato su
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ciò che occhio mai non vide né orecchio poté udire, ma Dio ha preparato per coloro che lo amano (1Cor 2,9). Solo nella pazienza fiduciosa
del cammino si svela ad Abramo la verità della promessa, si apre ai
suoi occhi stupiti, ancora fissati sul ristretto orizzonte di un’umana
attesa, l’ampiezza e la lunghezza, l’altezza e la profondità della pienezza di Dio che sorpassa ogni conoscenza e che l’uomo può solo attendere, nella povera e grata apertura al dono divino, lasciandosi
introdurre nella sola vera eredità da lui preparata per quei servi fedeli
che Egli riconosce come figli. Dal miraggio iniziale di una terra da ottenere, al povero terreno della grotta di Macpela (Gen 23), pegno di
fiducia totale nel dono radicale dell’eredità che solo Dio può dare:
ecco il tragitto di Abramo, il cammino compiuto dal padre dei credenti,
che solo alla fine conobbe la piena verità di ciò che già si racchiudeva
in quella luce iniziale.
Dalla luce degli inizi alla verità del compimento, nel progressivo
trasformarsi di un’esistenza convertita, capace finalmente di vedere il
tutto del tragitto e della meta già racchiuso nel brillare del principio,
capace di comprendere l’amore del principio non quale evento strumentale all’oggetto promesso da ottenere, ma esso stesso pegno fedele
di promessa mantenuta, nella speranza che non delude. Solo come
viaggio vive in noi la fede, piccola misura di ogni passo, povera energia di progresso, divenire convertito che trasforma ogni attendere e
volere, osare e sperare, comprendere e desiderare del cuore dilatato e
conformato alla sovrabbondante e sorprendente misura di Dio. La
scuola del cammino trasforma la fede di Abramo nella promessa di Dio,
dalla volontà di possedere secondo la misura dell’umano desiderio, all’attesa del dono, conforme alla divina generosità, che solo se stessa
sa offrire, nel farsi povera del proprio tutto donato. Nella fatica del
cammino il cuore si dilata alla gioia della piccolezza, si fa bambino
nello stupore della sorpresa, passa dalla pretesa del possesso al gaudio
dell’attesa. Il cammino di una vita fu chiesto ad Abramo per imparare
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l’evento già vissuto nel principio, per apprendere l’umile logica del
dono, che apre l’esistenza tutta intera alla gioia dell’attesa, che trova
il senso di ogni umana impresa nel trepido incontro col Veniente, nel
semplice mistero del suo Avvento. Ecco tracciato il solco del cammino,
anche per chi viene da lontano, a diventare autentico figlio di Abramo.
Le tappe del viaggio di fede dei Magi
Veri figli del padre dei credenti, anche i lontani Magi intraprendono
il viaggio dalla terra di Abramo, il paziente cammino della fede, al
brillare della stella nell’Oriente, cammino incerto, la cui meta è oscura,
ma al cui principio splende la luce, si accende il fuoco dell’amore.
Il brillare della stella nell’Oriente del principio
Studiosi della sapienza dei popoli, attratti dalle Scritture di Israele,
brilla nel loro cuore la stella, la luce dell’amore accesa dalle profezie:
il tempo è compiuto, la promessa si adempie; settanta settimane, settimane di anni, dal tempo in cui Daniele ebbe la visione: nasce il re
in Israele, colui che risponde ad ogni umano domandare, ad ogni inquieto cercare, il messia della gioia, il principe della pace, che i popoli
attira all’unità del suo regno di amore. La luce delle profezie brilla nel
loro cuore, come fuoco di amore che accende il desiderio, riscalda le
torpide membra, riplasma e motiva il volere e dilata gli angusti pensieri.
Nella luce accesa nel loro cuore dal Signore alle parole della Scrittura i sapienti si mettono in cammino. Una prima conversione attraversa il loro cuore, conversione del desiderio, acceso dall’amore, che
distoglie da false attrattive; svanisce la vanità del mondo nella luce
della carità di Dio: solo le Scritture ormai hanno valore; in Israele la
Sapienza ha posto la sua tenda. La ricerca comincia a farsi viaggio,
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ma non ne conosce esattamente la meta: sarà il cammino ad istruire
chi cerca; la parola del signore ancora brillerà, stella che presidia l’orizzonte e sicura conduce il viandante.
La luce della stella sul cammino
L’amore iniziale si fa cammino; l’uomo esce, cercatore, da se stesso,
sicurezze di una terra abbandonate, certezze di cultura tralasciate. La
fede si fa azione, nel rischio del lasciare senza ancora la certezza del
trovare. L’intera condotta si trasforma, si anima di un flusso sconosciuto che la spinge al bene oltre se stessa, mendicante di una luce
che solo negli effetti è conosciuta, nascondendo ancora la sua vera
fonte.
Sollecitato dalla profezia il viaggio procede sino alla sua meta: Gerusalemme, la città del re dei Giudei, del Signore universale, del Sapiente sopra ogni sapienza. Perché recarsi altrove? Si approssima il
palazzo dell’Erode sovrano e signore, re di quei Giudei sulla terra dominati. Perché non entrarvi per cercare il vero re, per trovare lì compiute tutte le attese e veder così le profezie ancora accese?
Il viaggio sembra giunto alla sua vera meta, ma la stella più non
brilla all’orizzonte; vuoto interiore e smarrimento: dov’è il re dei Giudei
che è nato? Nulla parla di lui nei luoghi del potere, della mondana
gloria e delle umane attese. La Scrittura santa e solo essa può riaccendere il fuoco e riaprire il cammino, per la mediazione di chi da Dio
la possiede: Gli scribi annunciano: non a Gerusalemme, capitale del
potere umano, ma a Betlemme, piccolo villaggio di Davide, il re messia
atteso nascerà. Essi annunciano, ma non si muovono, conoscono senza
convertirsi e il viaggio non fanno incontro al re Signore. I Magi ascoltano, accolgono, ritrovano la luce. Riprendono il viaggio fuori del palazzo: ecco la stella di nuovo all’orizzonte, grandissima la gioia nei
loro cuori, gioia luminosa e povera che li guida al bambino.
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La stella che riposa sul bambino
Piccolo è il Re divino eppur così adorabile, degno dell’offerta dell’oro
e dell’incenso. Re atteso e Dio riconosciuto, simboleggia il dono, ma
anche, nella mirra, il suo sofferto amore, che povero lo ha fatto, sino
a dar la vita, che in croce lo ha condotto, nel dono di se stesso all’uomo
peccatore. Al proprio luogo si può far ritorno senza più passare per la
medesima via: altro è ormai il cammino di chi ha incontrato il Dio bambino, viaggio gioioso e dimesso di chi porta in cuore il suo tesoro, e
saluta da lontano le attrattive del re mondano; viaggio di chi ormai,
cambiato anche nei pensieri alla sua casa per altra via ritorna, disposto
a condividere e testimoniare Colui che ha accolto e conosciuto nella
sua vera forma, per una gioia moltiplicata, donata a tutti coloro che
l’amore ha reso poveri cercatori del suo Volto.
Il cammino dall’Oriente si è compiuto, di tappa in tappa, sino al
vero incontro. Prima la stella, che accende il cuore, lo converte nella
luce della profezia e ne sveglia il desiderio più vero. Poi l’azione che
dà corso al desiderio, sacrificio che tende al bene da ottenere, rischio
del partire e del lasciare, senza sapere precisamente dove andare, guidati dalla stella del Parola accolta, accesa della luce e del calore del
vivido fuoco dell’amore. Infine il passaggio attraverso il vuoto oscuro,
perdita della luce e della via. Giudizio errato di chi cerca Dio ancora
ragionando come il mondo, secondo logiche di forza e di grandezza,
nella luce accecante del potere. Piegarsi a entrare nella porta stretta
di quella mediazione che Dio ha posto, squallida in sé eppure veritiera,
che la Parola porge esattamente, frutto di luce in chi l’accoglie umilmente. Luce ritrovata di pensieri convertiti a pensar grande ciò che
non appare, ciò che ultimo si presenta all’occhio umano, ciò che povero
si rivela a ogni carnale sentire. Ecco il brillare ancora della stella, luce
più mite eppure assai gioiosa, posta sul bambino salvatore, che svela
beato chiunque, come lui, accetta quale grazia la propria piccolezza.
Beato chi povero diviene, offrendo in dono oro, mirra e incenso, e ri7
conosce re colui che soffre e ancora soffrirà per nostro amore, svelando
il volto vero del divino.
Viaggio della fede che, all’approssimarsi della meta, povero si fa,
tutto vivendo come attesa. Viaggio di chi impara a riconoscere la forza
decisiva non delle proprie forze, ma dell’umile confidenza dell’attesa.
Viaggio di chi cammina incontro al Signore, fiducioso nella sua venuta,
carico di speranza in colui che non soltanto attende, ma corre incontro
a chi confida in Lui.
La Chiesa santa insegna con sapienza che il tempo della fede e del
viaggiare è sempre tempo di speranza e attesa, sorretto dall’amore di
colui che viene incontro a quanti con pazienza attendono l’incontro.
Le tappe del viaggio della fede, da Abramo ai suoi figli venuti da
lontano, scandiscono di settimana in settimana il tempo dell’Avvento,
kairós di salvezza che irrompe nella storia e tutto il suo senso in avvento trasforma, orientando all’incontro col veniente l’intero fluire del
tempo.
Le tappe dell’Avvento, tempo dell’attesa
Le tappe domenicali dell’Avvento mantengono una medesima struttura di percorso in ciascuno dei cicli liturgici A, B, C. Dalla contemplazione delle realtà ultime, con l’annuncio della venuta finale del
Signore e l’indicazione degli eventi che caratterizzano questo nostro
tempo come il tempo ultimo della storia, ormai attratta dalla forza
del compimento escatologico, sino al memoriale della venuta del Signore nella nostra carne, contemplazione della sua povertà di amore,
alla quale le tappe intermedie tendono, indicando la via della preparazione.
Nella prima domenica di Avvento lo sguardo dalle realtà ultime discende sulla storia, a illuminarne l’intero corso; tutto il fluire della vi8
cenda umana è sotto il segno dell’amore di Dio e del suo giudizio: egli
attende di essere finalmente riconosciuto come Colui che era, che è e
che viene. La storia ha un appuntamento finale con il Signore Gesù,
che compie ogni attesa, risvegliata dagli appuntamenti intermedi con
il suo amore.
La seconda e la terza domenica pongono l’attenzione sul cammino
per l’incontro con il Signore, via da preparare mediante la rettitudine
dell’intenzione l’onestà della condotta e la verità del cuore. La quarta
e ultima domenica, risale alla prima venuta del Signore nella nostra
carne, mettendo al centro Colei che ha saputo accoglierlo con la sua
fede, ad indicare le disposizioni di ogni autentica attesa e di ogni
vera accoglienza.
Prima domenica: La vigilante attesa del Figlio dell’uomo che viene
(Ger 33,14-16; Sal 24; 1Ts 3,12-4,2; Lc 25-28.34-36)
L’inizio del cammino guarda anzitutto alla fine. Chi inizia il viaggio
ha già l’intenzione della meta e si dirige verso di essa. Se agli occhi
di Abramo e dei Magi non può ancora brillare la verità della loro autentica meta, ed essi si dispongono alla paziente via della conversione
in ordine alla sua scoperta e al suo perseguimento, non così agli occhi
del credente che si lascia istruire dalla Chiesa santa e dal Vangelo in
essa proclamato: la meta unica di ogni umano faticare, di ogni autentico amare, credere e sperare è l’incontro con il Signore Gesù, con il
Figlio dell’uomo che viene sulle nubi del cielo.
Tre i passaggi del discorso escatologico che ricapitolano tutte le
tappe del corso della storia e dello sviluppo della fede provata, in sintonia col viaggio di Abramo e dei Magi. Al credente che ha conosciuto
l’amore del Cristo risorto, incontrato, sottratto e atteso, si prospetta
anzitutto lo sconvolgimento della terra: terremoti e carestie, guerre e
calamità sconvolgono il mondo posto in basso e provano la fede dei
semplici. Questi possono tuttavia continuare a sperare nell’amore ri9
cevuto e nei segni che continuano a manifestarlo in quella Gerusalemme ecclesiale di cui fanno parte, ancora luogo della presenza divina
e mediazione dell’incontro con Lui.
Un secondo sconvolgimento tocca tuttavia la città santa e il luogo
della presenza. L’istituzione religiosa è occupata dall’idolo e distrutta
dagli eserciti: non c’è più posto in essa per l’abitare di Dio. Il credente
è invitato a continuare a credere, oltre ogni sbandamento dei credenti
stessi nell’oscurarsi della mediazione religiosa, che più non sorregge la
fede dei semplici. Solo una conversione morale solida mantiene la fede
come impegno al bene e al valore che ha le sue radici più in alto, nel
cielo stesso, verso il quale la perseveranza invita ad alzare lo sguardo.
Anche il cielo è tuttavia sconvolto, ultimo passaggio, che prepara
la fine. Le stelle si oscurano, gli astri precipitano. Ogni riferimento
celeste viene meno. Vanità degli ideali e dei valori che sembrano svanire agli occhi del credente, lasciato solo con la sua sola fede, che
continua a sperare contro ogni speranza. Buio che affina il vedere,
oltre ogni umano apparire; notte in cui l’occhio impara a distinguere
più netti i confini del vero, sagome scure e senza colore, ma dai precisi
contorni, bagnati di luce lunare. Si offre al credente l’ultima decisiva
conversione, che trasforma i suoi pensieri a riconoscere il divino nella
povertà del suo apparire, visibile solo al tramontar di ogni stella, al
venir meno di ogni altra luce di solo apparente certezza.
«Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi del cielo…»
(Lc 21,27). Così il testo evangelico che ritocca l’antica profezia. Quella
dichiarava semplicemente il venire collocato al futuro («Allora verrà il
Figlio dell’uomo sulle nubi del cielo con potenza e gloria grande» in
Dn 7,14); questo annuncia la piena futura visibilità di ciò che è già
in atto, oltre ogni oscurarsi di stelle, povera luce del veniente, mite
e non trionfante, al calar di ogni altra umana certezza.
Un invito alla vigilanza in questo inizio di Avvento. La meta è posta
innanzi; l’atteso verrà. Sguardo fiducioso e perseverante, che scruta
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la storia nella luce delle profezie, per andar oltre il vacillar della terra.
Sguardo disincantato e sereno, per non scandalizzarsi al venir meno
di ogni istituzione e garanzia. Sguardo attento e pervaso di mite abbandono, per non perdere la via all’oscurarsi di ogni stella di verità,
valore e idealità; occhio che scruta l’orizzonte, pervaso della tenue
luce della profezia, a riconoscere chi dalle nubi del cielo e già in atto
di venire, povera luce, al morir di ogni luce abbagliante di falsa certezza.
La porta d’ingresso nel tempo dell’attesa contiene in breve tutto il
cammino. Nella cifra della fine si legge l’evento del principio: l’amore
già sperimentato, forza di conversione che accende l’esistenza oggi
ancora tribolata, sarà alla fine promessa compiuta e pienamente posseduta (Ger 33,14-16). L’amore, già accolto nel principio, fa saldo il
cuore nel presente (1Ts 3,12-4,2) e in sé porta scritto il compimento,
pegno sicuro di pienezza attesa, sostegno al cammino affaticato di
chi nella pazienza salva la sua anima, levando al cielo lo sguardo dell’attesa. Al cammino perseverante di chi ha incontrato, e tuttavia attende, guardano le due domeniche intermedie, che sollecitano la
disposizione fiduciosa e paziente, nella verità e nel bene, di un’autentica conversione morale.
Seconda domenica: La verità del cuore e la preparazione della via
(Bar 5,1-9; Sal 125; Fil 1,4-6.8-11; Lc 3,1-6)
Il cammino attraversa il deserto, regione inospitale, terra senza
vie, luogo di smarrimento in cui si rischia la morte. Solo Dio ne conosce i sentieri, solo lui può condurre nel difficile viaggio della prova,
che si apre a chi ha risposto al suo amore. Nel principio l’evento dell’amore, accolto nell’atto della fede, pegno del compimento in esso
anticipato, segreto possesso della meta. In mezzo il cammino, il viaggio nel deserto, pedagogia divina che muove dal cuore convertito a
trasformare le azioni e, in ultimo i pensieri, per imparare infine la lo11
gica di Dio, per condividere da amici la sua sapienza. Luogo decisivo
il deserto, che segna il duplice esito del viaggio: crescere di fiducia in
fiducia, dalla condotta trasformata al pensiero rinnovato, che genera
i poveri di Dio, beati per la loro piccolezza; oppure ripiegarsi su di sé
delusi e amareggiati, contrariati del cammino e affrancati da chi lo
conduce, cuori induriti e cervici ostinate, col rischio di morire senza
giungere alla terra, senza conseguire la meta, senza ereditare la promessa.
Al popolo che rischia l’estinzione, morendo ripiegato su di sé
giunge chiara la parola del profeta, portata dall’umile eco della “Voce”
dell’austero testimone veritiero: «Voce di chi grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzando i suoi sentieri…» (Is 40,3; Lc
3,4). Invito dell’amore che ancora bussa al cuore e chiede di evitare
ogni durezza, rispondendo prontamente all’appello del Signore. Il testo
della profezia nel Vangelo è citato, in modo lievemente modificato.
Recita il profeta: «Nel deserto preparate la via al Signore; la strada
del nostro Dio nella steppa appianate. Ogni valle sia colmata, ogni
monte e colle abbassato; il terreno aspro si pareggi, quello scosceso
si ripiani. Allora la gloria del Signore si manifesterà e ogni uomo la
vedrà» (Is 40,3-5). Così riprende nella lettera il Vangelo: «Preparate
la via del Signore raddrizzando i suoi sentieri! Ogni burrone sarà colmato, ogni monte e ogni colle sarà abbassato; le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie spianate. Ogni uomo (carne) vedrà la
salvezza di Dio» (Lc 3,4-6).
Due imperativi e due futuri passivi, per concludere con i due futuri
finali. I due imperativi iniziali hanno forse valore di endiadi, indicando
il secondo la modalità del primo, che ha valore di azione da iniziare:
«Cominciate a preparare la via, raddrizzando i sentieri…». Non si
chiede a chi è nel deserto smarrito di far di suo qualcosa per uscirne.
Solo rettitudine di intenzione e verità del cuore è chiesta all’uomo, il
cui intimo ha vie tortuose, che lo nascondono agli occhi di Dio, come
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Adamo che pensa di sottrarsi allo sguardo di colui che tutto vede. La
voce nel deserto chiede verità, supplica dall’uomo l’onestà. Riconosci
la distanza dal tuo Dio, bela come pecora smarrita, che risponde alla
supplica di Lui che, umile, prega il peccatore di far ritorno all’abbraccio
del suo cuore.
I verbi successivi, al futuro passivo, indicano ciò che solo Dio può
fare, sollecito e pronto ad eseguire: «Ogni burrone sarà colmato ogni
monte e colle sarà abbassato…». Non chiede il Signore all’uomo smarrito di colmare da se stesso le valli e spianar monti e colli. Come può
colui che si è perduto ed in se stesso ripiegato, nel labirinto del suo
cuore ormai disorientato, trovar da sé la via a colmare depressione e
sfiducia e ripianare orgoglio e sufficienza? A chi con verità la sua distanza riconosce e retto fa il suo cuore, nel giudizio onesto sulla propria perduta condizione, il Signore corre incontro. Egli, mite e festoso,
apre il manto della sua giustizia a chi con verità si rifugia nella sua
bontà (Bar 5,1-9); ogni ostacolo Egli toglie, al fiorire nell’intimo del
vero e all’esprimersi dell’umile abbandono, di chi confida in lui e
chiede il suo perdono.
«Preparate la via», grida il profeta. «Fate solo dritte le vie del vostro cuore», fa eco del Battista la voce. Allora il miracolo verrà: il Signore per la via da lui stesso spianata tornerà; all’uomo, povero nella
sua verità, Egli pronto la sua mano tenderà; il deserto così ancora fiorirà, a mostrare a ciascuno la salvezza di Dio. Solo la carità accolta e
custodita cresce in conoscenza e in sapienza di vita (Fil 1,4-11). Si
prepara la tappa gioiosa della terza domenica, che puntualizza le esigenze minime di quell’autentica conversione morale, che prepara il
cuore all’epifania del vero volto di Dio.
Terza domenica: I passi concreti di una condotta trasformata
(Sof 3,14-17; cant. Is 12,2-6; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18)
Nel cuore disposto a verità e di nuovo toccato dall’amore una do13
manda sorge a chieder luce, per trovare la nuova direzione: «Che cosa
dobbiamo fare?». Tre volte si ripete la domanda. Le folle anonime e
assetate, i pubblicani prima scaltri e indifferenti ed i soldati forse alquanto prepotenti, uno dopo l’altro a domandare chiaro lume sulla via,
sicura guida al loro agire e andare.
Risponde la parola del sapiente, l’austera voce sempre veritiera:
l’onesto e il giusto perseguite con modestia di una condotta senza inganno e prepotenza. Mitezza e non violenza, condivisione senza prepotenza, sobrietà disposta a regalare, misura che possiede il
necessario soltanto, pronta sempre a donare. Ad ogni uomo si rivolge
l’invito: umile folla o gente d’alto rango, persona in vista oppure uomo
d’armi, tutti il Signore chiama ad accogliere il suo invito, a tutti chiede
la verità del cuore, etica minimale alla portata di ciascuno.
Non son le grandi imprese o gli eroismi vani a trarre l’uomo fuori
dal deserto, a preparar l’incontro col suo Dio e Signore; solo la verità
del cuore onesto e aperto, disposto all’accoglienza e alla condivisione,
che prepara la gioia di un rinnovato amore. Povera cosa in sé l’uomo
può fare. Raddrizzare i sentieri del cuore è tendere al vero al buono e
all’onesto, in ogni tempo, decisione e attività, in ogni occasione, contesto e relazione. Preparazione piccola all’aprirsi della via: scendere
nell’abisso delle proprie miserie e confessare nell’acqua la propria condizione, alzando gli occhi al dono del Signore, fuoco dall’alto a riscaldare i cuori. Energia pura di trasformazione dei desideri, sentimenti ed
intenzioni, della condotta a ricercare il bene non solo quando appaga
e dà soddisfazione, ma anche quando umilia ed ottiene negazione.
Preparare la via raddrizzando i sentieri, chiedeva il Battista nella
seconda tappa dell’Avvento. La terza domenica entra nel concreto di
una condotta rinnovata, secondo un minimo di condizioni etiche, nel
segno di quella verità e onestà che accettano di scendere nel riconoscimento della propria povertà, mentre levano lo sguardo al dono dall’alto, fuoco di amore che prepara lo svelarsi del vero volto del Signore.
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Gioite ormai perché il Signore viene: revocata è la condanna, bandita
la sventura (Sof 3,14-17). Non angustiatevi per nulla, ma in ogni situazione a Dio fate salire le vostre invocazioni (Fil 4-4-7). Alla povertà
riconosciuta e alla buona volontà ristabilita risponderà dall’alto il dono
del Signore, nel battesimo del fuoco e dell’amore, trasformazione del
cuore e dei pensieri per riconoscere il povero che viene.
Quarta domenica: Riconoscere colui che viene nella conversione dei
propri pensieri
(Mi 5,1-4a; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45)
Il cammino si compie, il Signore è venuto, ma non è riconosciuto
che da un pensiero convertito. Solo chi si fa piccolo riconosce il piccolo; solo il bambino accoglie in esultanza il Dio fatto bambino. La
voce del profeta, che gridava nel deserto, ora esulta nel grembo materno. Prima invitava a preparare la via da percorrere al compimento
della meta, ora gioisce per la meta stessa giunta a sorpresa, in modo
anticipato, incontro al peccatore ad essa appena orientato.
Giunge Maria presso Elisabetta, umile, gioiosa per l’amore accolto,
ma ignara ancora del frutto in lei prodotto. Elisabetta la vede e con
gioia la saluta, ma il bambino esulta, in lei racchiuso, nel riconoscere,
piccolo e nascosto, il Dio che entra nella storia, a porre nell’uomo la
sua povera dimora. «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto
del tuo grembo!». Insolito parlare che indica il mistero del Dio presente nella donna credente. La benedizione che prima va al soggetto,
lì mai trova quiete, ma a Dio sempre risale autore d’ogni bene: «Benedetta sei tu, figlia, davanti al Dio altissimo, più di tutte le donne
che vivono sulla terra e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo
e la testa e ti ha guidato…» (Gdt 13,18). Qui la benedizione destinata
a Maria non sale ma scende e nel suo grembo trova la sua quiete, riposo di chi è giunto alla sua vera meta e ha trovato in Dio la fonte
d’ogni bene. Solo un pensiero del tutto convertito trova il suo riposo
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nel Dio diminuito. Il vero volto del Signore ha conosciuto, epifania di
chi ormai si è rivelato piccolo e povero, dall’amore svuotato. Così diminuito egli vuole incontrare coloro che hanno creduto e iniziato a
camminare. Coloro che l’amore ha acceso ed inviato al difficile cammino, che il deserto ha attraversato. Coloro che nel luogo dello smarrimento hanno gridato al Signore la verità del loro cuore. Coloro che
con fatica hanno perseverato nella fede e nel bene comunque operato.
Coloro che da poveri, all’oscurarsi della luce, la stella dell’amore han
continuato a seguire. Coloro il cui sguardo ormai illuminato, il Dio nascosto può vedere, epifania del mistero.
È in Betlemme, la più piccola di Giuda, che il Signore verrà, nella
sorpresa più pura (Mi 5,1-4). Egli che dal cielo sulla terra si è chinato,
accettando il obbedienza il corpo a lui preparato (Eb 10,5-10). Egli si
dona col suo diminuire che solo i poveri accoglienti sono in grado di
capire.
Il viaggio tra fiducia e attesa
Ecco compiuto il viaggio della fede, dall’amore ricevuto nel principio alla promessa conseguita nella meta. In mezzo il cammino della
pazienza, della perseveranza che salva le nostre anime. Solo confidando nella Parola di amore udita dal principio si può attraversare il
deserto della tribolazione e la notte della prova. Se alla conversione
del desiderio operata dall’amore segue quella della condotta perseverante, che accetta di rinnovare il proprio atto di fiducia non stancandosi di fare il bene, di cercare la verità e di venire alla luce, lasciando
riverberare il raggio della Parola sulle proprie meschinità, è possibile
giungere a quella conversione dei pensieri che riconosce il Dio fatto
bambino.
Il viaggio della fede va da Oriente ad Occidente, accetta di lasciare
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in attesa di trovare. Il viaggio alternativo si muove verso Oriente, regressione al principio, infantile risucchio verso il grembo materno:
viaggio del lutto o del rimorso compiuto da Caino. Dal viaggio verso
Oriente nacque il luogo del rifugio, città di Erode raggiunta dai Magi,
città degli uomini inventata da Caino; contesto che nasconde agli
occhi del Signore l’uomo che non vuole svelato a Dio il suo cuore.
Senza il viaggio che trasforma il cuore, la vita e i pensieri, di Dio
si conosce solo la potenza, ierofania di ciò che irrompe e meraviglia,
di ciò che schiaccia e ammutolisce, dell’ineffabile sovrumana azione
che a Lui si attribuisce, venerando con timore. Senza il cammino che
passa nel deserto della prova s’immagina di Dio soltanto fedeltà,
pronta su richiesta ad ogni soluzione, sempre atta a dar rimedio a qualunque situazione, teofania del Dio tascabile ad uso anche mondano,
che idolo diviene piegato ad uso e scopo deciso dall’umano. Solo camminando sull’impulso dell’amore si accetta di cambiare nelle opere e
nel cuore. Provati dalla via che spoglia di se stessi si cambia nel pensare e nei giudizi espressi. Si è pronti a riconoscere l’epifania del Signore: Egli, che è insieme libero e fedele, sempre assiste nel cammino
e apre il proprio cuore nel Dio fatto bambino.
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Inciampare in una stella:
schede per la riflessione in famiglia
Perché queste schede e a che cosa servono?
“Udite le parole del re, essi partirono.
Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva,
finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia
(Matteo, 2. 1-12)
Queste schede sono uno strumento molto semplice.
Sono state pensate così perché sono il passo più piccolo, quello che può essere
alla misura di tutti.
Il primo dei passi che possono aiutarci a recuperare un po’ dello spazio nel
cuore e del silenzio necessario per cogliere la voce di Dio che chiama all’incontro
con il Figlio.
Sono una piccolissima Scuola di Contemplazione dove far crescere lo stupore
dell’incontro e tornare a far incontrare la Parola che ascoltiamo e quelle che diciamo con il tempo della nostra vita, le piccole abitudini, le ansie e le cose belle
che la popolano.
Il Natale ci riguarda, ma siamo solo noi che possiamo scegliere di celebrarlo,
renderlo di nuovo presente nella nostra esistenza, non sprecare questo luogo e
questo tempo di incontro.
Diceva il monaco Giovanni Vannucci:
“Quando voi respirate, con che polmoni respirate? Con i vostri. Se io vi dicessi:
sentite, sono cinquantadue anni che respiro e i miei mantici si aprono e si chiudono da troppo tempo e voglio un po’ risparmiare, respirate voi per me. Cosa
direste? Padre Giovanni sta vaneggiando, comincia ad andare di fuori, l’arteriosclerosi rende dure le arterie cerebrali e non ragiona più. Ed è vero. Come se vi
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dicessi, quando siete a tavola: «Io oggi non voglio mangiare; mangia tu per me».
Dovete respirare voi e mangiare voi. Se volete raggiungere un dato posto, bisogna che andiate con le vostre gambe. Non potete mandarci un altro per voi; e
così anche nella preghiera dobbiamo giungere a Dio con la nostra persona. Questa è la nostra grandezza di uomini. Sono io che devo entrare nella terra pura di
Dio. Siete voi, con la vostra personalità, che dovete varcare il Santo dei Santi e
offrire a Dio il dono di tutti voi stessi, affinché Dio vi benedica e vi renda creature
luminose”.
Potrebbe essere una bella idea trovare un angolo della casa nella quale accendere
per ognuna delle quattro domeniche che al Natale avvicinano una Candela di
Avvento, davanti alla quale incontrarsi e insieme far risuonare la Parola e pregarla insieme. È un segno semplice, ma aiuta a seminare lo spazio e il tempo di
luoghi per l’incontro con Dio.
Che cosa troverete quindi in queste schede?
Ci troverete la Parola del Vangelo che nelle domeniche di Avvento viene proclamata.
Accanto a questa c’è una breve preghiera che dalla Parola scaturisce e può essere
uno spunto di condivisione.
In ogni scheda c’è anche uno spazio che può declinare l’attenzione del cammino
di Avvento al passo dei più piccoli. “Le stelle sono tutte bambine” sono piccole
stelle che possono essere ritagliate e appese all’albero di Natale come segno visibile del percorso dei più piccoli alla scoperta del nostro sguardo di attesa e
quale memoria del piccolo cammino di ricerca e di attenzione anche da loro vissuto in famiglia.
Il sussidio contiene anche tre figure di Magi che possono essere ritagliate e
colorate con i bambini.
In particolare, è possibile raccogliere il suggerimento di utilizzare il gesto che la
tradizione ci consegna e che consiste nel far avvicinare giorno dopo giorno le figure dei Magi alla mangiatoia del Cristo, proprio per scandire anche con un pic19
colo “rituale” un’occasione condivisa di riflessione sul’avvento come tempo di
attesa e di cammino incontro al Signore che viene.
Per ultimo, le schede contengono un box “inciampare in una stella” nel quale
ogni settimana viene sottolineato un atteggiamento di attesa e di cammino che
discende dall’esperienza dei Magi e che richiama all’attenzione verso le povertà
e le marginalità che vivono sul nostro territorio.
Questa indicazione scaturisce dalla lettura dei dati contenuti in Farsi prossimi,
il rapporto sulle Povertà e le Risorse della Diocesi di Lucca 2011.
Il rapporto contiene le informazioni raccolte attraverso la rete dei circa 20 Centri
di Ascolto parrocchiali presenti nella Diocesi.
I Centri di Ascolto Caritas sono luoghi nei quali quanti sono in difficoltà possono
recarsi per trovare un supporto e un accompagnamento sia materiale che umano
e spirituale. Operano attraverso l’impegno di volontari e si collegano ai centri
di distribuzione alimentare e di vestiario e agli altri molti servizi e progetti che
nella Diocesi la Caritas e le altre associazioni animano in contrasto alla povertà.
Riportare alcune delle informazioni tratte dal dossier è un modo per farle diventare patrimonio di tutti e riproporre l’attenzione al povero come centrale
nella nostra vita di discepoli e di comunità.
Non c’è Chiesa senza comunione con i più offesi. E non c’è ricerca se ci si
schiude nel piccolo cerchio del proprio vivere. Noi siamo fatti per camminare
insieme, come popolo, al passo del più debole e del più ferito.
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1ª domenica di Avvento - 2 dicembre 2012
In ascolto della Parola
Dal Vangelo di Luca, (21,25-28,34-36)
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella
luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del
mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di
ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte. Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria. Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi
e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni,
ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano
sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti
al Figlio dell’uomo».
Preghiamo
Signore, quando si presenta una difficoltà, quando cadono le nostre certezze
siamo presi dalla paura e perdiamo la speranza, allora anche fidarci di Te diventa difficile; ma Tu sei con noi e la tua promessa non viene mai meno. Ti
preghiamo, guidaci con il tuo Spirito e rendici vigilanti nella speranza, certi
che Tu verrai e sarà la festa senza fine del tuo Regno. Ti preghiamo di sostenere le persone che non aspettano più nulla e vivono senza speranza Tu che
sei il Salvatore di tutti e vivi nei secoli dei secoli. Amen
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Inciampare in una stella
I Magi si muovono con gli occhi fissi ad un segno piccolo e incerto come la
luce di una stella per incontrare il Dio che è venuto e che gli si manifesterà
come un Dio senza grandezza, in un luogo povero come una stalla e vulnerabile come solo i bambini possono esserlo.
Bisogna avere cuori grandi e occhi liberi per riconoscere Dio nei segni di cui
popola il nostro cammino. Per trovarlo nei poveri, che lui si è scelto.
Lo sai che durante il 2011 circa 1300 persone si sono rivolte ai Centri di Acolto
Caritas?
Sono storie di uomini e donne come tanti, molti dei quali fino a questo momento non avevano avuto particolari problemi o difficoltà economiche.
A volte poi basta una malattia, la perdita anche temporanea del lavoro per
non riuscire più a far fronte all’affitto o al mutuo e tutto cambia.
Bisogna chiedere aiuto. Ci si trova spiazzati e umiliati. Soprattutto ci si sente
soli, completamente isolati dalla vita degli altri.
Eppure situazioni di difficoltà possono essere risolte anche con aiuti piccoli.
L’esperienza Caritas insegna che semplicemente rimanendo al fianco di quanti
si trovano in affanno, aiutandoli non tanto materialmente, ma con briciole
del proprio tempo o con altri piccoli gesti di solidarietà, si possono concretamente far uscire dalla spirale dell’impoverimento.
Ma è necessario tornare a farsi toccare dalle vite altrui. Sorridere, dare il buongiorno, camminare fino alla porta del vicino di casa può essere un modo per
far capire che nel camminare non siamo mai da soli. Imparare a costruire un
ascolto quotidiano, piccolo, semplice, che però tesse reti di relazioni, perché
nessuno possa dire: “Nel mio quartiere non conosco nessuno”.
“I cercatori trovano un bambino avvolto da un abbraccio. La madre è l’abbraccio
che fa vivere. Il piccolo vivrà soltanto se è amato, soltanto se è preso in cura.
Gesù vive per l’amore di sua madre. Da questo abbraccio gli verrà, per sempre,
insieme alla fede, una tale forza per vivere. Ogni piccolo d’uomo ha tanta forza
quanta ne ha l’abbraccio che lo stringe e lo porta nell’esistenza. Non temere,
Maria, il bambino vivrà per il tuo amore!
E ancora adesso Dio vive per il nostro amore, sta a noi aiutarlo a incarnarsi in
queste case, in questi incontri. Valorizzando il feriale, il carnale, l’umiltà di Dio,
la vicinanza della carne allo spirito, la compenetrazione di cielo e terra, uomo
e Dio abbracciati, che insieme operano, nella concretezza.
(ERMES RONChI)
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2ª domenica di Avvento - 9 dicembre 2012
In ascolto della Parola
Dal Vangelo secondo Luca (3, 1-6)
Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato
era governatore della Giudea, Erode tetràrca della Galilea, e Filippo, suo fratello, tetràrca dell’Iturèa e della Traconìtide, e Lisània tetràrca dell’Abilène,
sotto i sommi sacerdoti Anna e Càifa, la parola di Dio venne su Giovanni, figlio di Zaccarìa, nel deserto.
Egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati, com’è scritto nel libro degli oracoli del
profeta Isaìa:
«Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate
i suoi sentieri!
Ogni burrone sarà riempito, ogni monte e ogni colle sarà abbassato;
le vie tortuose diverranno diritte e quelle impervie, spianate.
Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!».
Preghiamo
O Dio grande nell’amore rendici capaci di seguire le parole di Giovanni Battista perché, come lui ci chiede, possiamo abbattere ogni monte di superbia,
sappiamo colmare le valli delle nostre paure e raddrizziamo i cammini tortuosi della menzogna affinché sappiamo accogliere con gioia il Signore Gesù,
nostro Salvatore. Egli vive con Te e lo Spirito Santo per sempre e nei secoli
dei secoli. Amen
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Inciampare in una stella
Il cammino è il luogo della relazione. Camminare nel deserto può condurre
alla morte, se non si ha una carovana sulla quale poter contare, un gruppo
che si prende cura di noi e che a sua volta vive del nostro contributo.
La reciprocità nel cammino diventa una condizione necessaria alla sopravvivenza.
Tra coloro che sono arrivati nel 2011 ai Centri di Ascolto Caritas, la maggior
parte segnala tra i problemi che l’hanno condotto alla situazione di povertà
la solitudine, perché non hanno più una famiglia vicino a sé o perché con la
perdita dell’alloggio sono stati costretti a spostarsi in un altro quartiere o
città.
Chi è solo soffre una vulnerabilità maggiore.
Accettare di entrare a far parte di un tessuto di relazioni è già una forma di
contrasto alla povertà.
“Il compito supremo nel mondo
è custodire delle vite
con la propria vita.”
(ELIAS CANETTI)
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3ª domenica di Avvento - 16 dicembre 2012
In ascolto della Parola
Dal Vangelo di Luca (3,10-18)
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo
fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha
da mangiare, faccia altrettanto».
Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che
cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto
vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno;
accontentatevi delle vostre paghe».
Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in
cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi
battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono
degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco.
Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel
suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile».
Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
Preghiamo
Ti aspettiamo, Signore Gesù! Attendiamo con pazienza la tua venuta, la tua luce,
il tuo messaggio, il tuo amore! Aiutaci a preparare il nostro cuore, a riconoscere
la luce che vieni a portare nei nostri angoli bui.
Signore Gesù, vogliamo accoglierti nelle nostre giornate e con il tuo aiuto saremo anche noi tuoi messaggeri perché i nostri amici e quanti stanno attorno
a noi possano riconoscere che Tu sei il germoglio di Dio che porta al mondo
la speranza. Amen.
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Inciampare in una stella
Al termine del cammino che ci porta verso l’altro spesso, come è successo ai
Magi, troviamo qualcosa che non ci aspettavamo. Loro cercavano un re e trovano un bambino. Noi spesso vorremmo che chi abbiamo di fronte (il nostro
compagno di una vita, il figlio, il “povero”...) corrisponda perfettamente a
come ce lo siamo immaginato. Il mistero che ogni persona si porta dentro
fa sì che ogni incontro, se restiamo aperti alla novità, sia un incontro con
l’inaspettato.
Riconoscere la sacralità di ogni persona, a partire dai nostri familiari fino ad
ogni “estraneo” che incrociamo, è un punto di partenza importante per costruire una società più fraterna.
Continuano ad essere molti i migranti che si rivolgono ai Centri di Ascolto
della Caritas. Lo fanno spesso perché le nostre comunità agiscono con diffidenza nei loro confronti. I migranti hanno più difficoltà a trovare una casa
in affitto o a ottenere un lavoro. Spesso si sentono ancora vittime di uno
stigma sociale molto forte e anche i bambini lo percepiscono. In momenti
difficili per la crisi economica come questi, inoltre, i migranti diventano ancora più fragili e spesso si rischia una vera e propria guerra dei poveri contro
i poveri.
“Non sono le idee, ma gli incontri che cambiano la vita. Non le teorie, ma le
persone. E se noi facciamo così fatica a cambiare, forse ciò accade perché
non siamo più capaci di incontrare, di vivere l’incontro con stupore e di conservarlo nel cuore.
Cercatore verace di Dio,
è solo chi inciampa
su di una stella,
scambia incenso e oro
con un ridente cuore
di bimbo
e, tentando strade nuove,
si smarrisce nel pulviscolo
magico del deserto
(D.M. MONTAGNA)
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4ª domenica di Avvento - 23 dicembre 2012
In ascolto della Parola
Dal Vangelo di Luca (1,39-45)
In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in
una città di Giuda.
Entrata nella casa di Zaccarìa, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito
il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata
di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore
venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino
ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Preghiamo
Signore donaci un cuore capace di ascoltare e di entrare in sintonia, di sanguinare e di gioire.
Rendici disponibili, come Maria, a metterci subito in cammino per andare all’incontro con l’altro e con il mistero che si porta dentro.
Facci la grazia di saperti accogliere nella nostra vita feriale, quotidiana.
Donaci, come ad Elisabetta, di saper riconoscere i segni di ciò che lo Spirito
sta agendo intorno a noi ed in noi. Di saper gioire dei doni che Tu fai alle nostre
sorelle e ai nostri fratelli.
Possano le nostre comunità sostenere la fede di ognuno, aiutando a riconoscere
come le Tue parole continuamente si realizzano per l’azione del tTuo Spirito.
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Inciampare in una stella
Al termine del loro cammino i Magi ricevono un dono, un incontro inaspettato, e lasciano doni. Sotto Natale parlare di doni sembra scontato, più difficile parlare del vero dono, che è il dono di sé e del proprio tempo.
Il rapporto sulle povertà della Diocesi di Lucca ci racconta che esistono oggi
dei poveri nuovi, che possiamo chiamare “poveri da consumo”. Sono persone, famiglie, che sono entrate nella spirale dell’indebitamento. Dopo il
passaggio all’euro, infatti, le famiglie si sono trovate a fronteggiare un forte
aumento dei prezzi e delle tariffe. Per colmare la perdita del potere di acquisto derivante da tali aumenti e nel tentativo di conservare gli stessi standard di vita, le famiglie hanno iniziato da allora a ricorrere sempre di più
all’indebitamento, richiedendo prestiti sia personali, che per acquisti rateali
e persino per andare in vacanza.
Recuperare la percezione dell’essenzialità, sia a livello personale, che nella
relazione con gli altri, ci conduce su una strada di libertà.
Pensare che esistono prospettive diverse da quelle dell’acquisto, che ci insegnano un altro rapporto con le cose. Entrare in una prospettiva di dono, di
reciproco interesse, di cura, di gratuità, restituisce dignità al nostro vivere e
ci rende ricchi.
“In verità impariamo dalla Parola di Dio che siamo tutto un dono. (…) Il “gratis” ci fascia e ci affascina come l’invenzione di un amore vero perché gratuito.
La sorpresa di essere continuamente cercati e “donati” da un tale Amore ci
rende stupefatti come chi, per ventura, ha trovato l’inaspettato e l’insperato.”
(MONS. GIuLIANO AGRESTI)
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Fermarsi ed ascoltare
suggerimenti per assemblee o incontri in parrocchia
Secondo le indicazioni del Vescovo nel tempo che precede il Natale, le comunità
sono invitate ad un tempo di ascolto. Non è una cosa semplice, perché le parrocchie sono piuttosto abituate a fare, ma l’ascolto è il primo atto di una comunità che vuole restare nella fedeltà al suo Signore. Scrive Dietrich Bonhoeffer,
pastore tedesco ucciso in campo di concentramento:
“Come l’amore di Dio incomincia con l’ascoltare la sua Parola, così l’inizio
dell’amore per il fratello sta nell’imparare ad ascoltarlo. È per amore che Dio
non solo ci dà la sua Parola, ma ci porge pure il suo orecchio. Altrettanto è
opera di Dio se siamo capaci di ascoltare il fratello. I cristiani, e specialmente
i predicatori, credono spesso di dover sempre `offrire’ qualcosa all’altro,
quando si trovano con lui; e lo ritengono come loro unico compito. Dimenticano che ascoltare può essere un servizio ben più grande che parlare. Chi
non sa ascoltare il fratello ben presto non saprà neppure più ascoltare Dio;
anche di fronte a Dio sarà sempre lui a parlare”.
Nella lettera alla diocesi, l’Arcivescovo scrive:
“Al Concilio la Chiesa è stata in ascolto del Signore e su questa scelta cammina
anche la nostra Diocesi “in ascolto di Dio e dell’uomo”: è scelta senza ritorno, sempre più responsabilizzante, come attitudine permanente della vita
cristiana e come fondamento essenziale dell’agire pastorale.
- Scelta di valore: non una ‘cosa in più da fare’, ma un atteggiamento, in
continuo movimento dell’intelligenza, volontà e cuore di un popolo che
non può fare a meno di ascoltare il Suo Dio per dare risposta di vita alle
sue molteplici domande e bisogni dell’uomo oggi.
- Scelta provvidenziale: per continuare ad ascoltare quanto lo Spirito quotidianamente suggerisce alla Sua Chiesa – in particolare quanto ha detto
e continua a dire alla nostra Chiesa, a partire dal Concilio Vaticano II.
- Scelta sapiente: per poter riconoscere i “Semi del Verbo”, che lo Spirito
continua a spargere a piene mani sui solchi della storia umana dei nostri
giorni e discernere i “segni di speranza”, “le primule” che stanno sbocciando
in questo inverno culturale, etico, economico che stiamo attraversando”.
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Ed esorta: “Chiesa di Lucca … ritrova il gusto di un religioso ascolto dei
“segni dei tempi” (Mt 16,3) nell’oggi della storia”.
Per questo, una forma opportuna di preparazione al Natale consiste proprio nel
dare ascolto alla situazione reale dell’umanità condividendo l’accondiscendenza
di Dio. Possono essere promossi alcuni incontri, un ritiro; si può coinvolgere il
Consiglio Pastorale, o tutti gli operatori parrocchiali, i genitori… e la comunità
intera. Come semplice esempio si propongono due griglie di lavoro:
In un incontro si può analizzare la vita delle famiglie:
• individuare le criticità delle relazioni all’interno delle famiglie, le novità
del rapporto tra generazioni, le difficoltà educative;
• cercare le motivazioni di tali questioni, soprattutto cercandone le cause
culturali profonde;
• analizzare le principali richieste che dalla famiglia vengono rivolte alla
chiesa e cercare di individuare anche nelle semplici richieste di sacramenti il senso di una domanda religiosa più profonda da coscientizzare;
• cercare situazioni concrete positive che accendono la speranza;
• davanti a questa situazione la comunità come si sente interpellata? Come
viene tenuta presente nelle proposte pastorali (es catechesi, itinerari prematrimoniali, gruppi di preghiera…?
• un altro incontro può essere incentrato sul contesto territoriale e cul•
•
•
•
•
•
turale:
individuare i cambiamenti avvenuti nel territorio negli ultimi anni (nuove
abitazioni e presenze…);
evidenziare le emergenze economiche e sociali delle persone che abitano
nel territorio;
percepire i punti di riferimento della cultura di oggi
cercare di capire come la situazione ha modificato il vissuto umano delle
persone e quali domande pone al credente
davanti a questa situazione la comunità come si sente interpellata? Come
entra nelle attività e proposte pastorali?
Dunque….
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Un’attenzione al vicino
Diamoci del tu:
i Centri di Ascolto Parrocchiali e il sostegno al lavoro
L’indicazione che la Caritas diocesana propone per la destinazione delle offerte di questo Avvento riporta l’attenzione sulle povertà emergenti nel
territorio della Diocesi. In particolare, quanto raccolto sarà utilizzato in
favore dei Centri di Ascolto Caritas attivi nella Diocesi e per facilitare
percorsi di inserimenti lavorativi.
Il continuo aumento di quanti chiedono aiuto ai Centri di Ascolto delle Parrocchie segnala quanto la crisi economica continui ad incidere nelle nostre
comunità. I poveri che arrivano alla Caritas sono sempre più spesso giovani
famiglie che hanno perso il lavoro o si trovano in percorsi di cassa integrazione e mobilità. I centri di ascolto faticano a rispondere ai bisogni che
vengono loro esposti, soprattutto perché questi si approfondiscono e si prolungano nel tempo. Molti di coloro che hanno perso il lavoro hanno figli
piccoli e i risparmi si esauriscono velocemente.
I Centri di Ascolto sostengono le famiglie che vi si rivolgono attraverso un
sostegno alimentare e nel pagamento delle utenze. Di volta in volta vengono poi individuati insieme alla persona in difficoltà i percorsi che possono
essere intrapresi per dare un sollievo alle situazioni di indigenza.
L’ottica con la quale i Centri si rivolgono a quanti chiedono aiuto va nella
direzione di incoraggiare l’autonomia e l’uscita dal momento di crisi e di
trovare insieme modalità di aiuto che affranchino dalle situazioni di povertà
e incoraggino a camminare con le proprie gambe, senza indulgere nell’assistenzialismo. In questo quadro, l’attenzione al lavoro diventa essenziale.
Oggi è difficile immaginare percorsi che possano produrre occupazione.
Faticosamente la Caritas prova a percorrere tutte le strade che si intravedono in questo senso, anche aiutando nella formazione dei lavoratori che
devono ricollocarsi (se necessario) o in tutti gli altri modi che di volta in
volta si individuano.
Una delle lezioni di questa crisi è che non esistono soluzioni preconfezionate al problema “povertà”, ma esiste un’attenzione diffusa e particolare, che ascolta le storie singole e le trasforma in soluzioni in grado
di incontrare Quel povero e Quella situazione di emergenza.
I Centri di Ascolto, grazie al loro lavoro capillare, continuato e di dettaglio
sul territorio, possono proprio agire in questa direzione e incontrare con
dinamiche molto agili le povertà nel particolare delle storie di ognuno di
coloro che si accosta chiedendo aiuto.
Possono “dare del tu” ai bisogni e cercare risposte che raggiungano in modo
più efficace.
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Un’attenzione ai più lontani
AI BIMBI E RAGAZZI DI LUCCA
Amica e Amico carissimo,
forse ci siamo già incontrati, magari nella tua parrocchia, e conosciuti.
ho deciso di scriverti per farti personalmente una proposta che, ne sono
certo, conoscendo la tua generosità ti piacerà.
Nei mesi scorsi sono stato in un paese dell’Africa – il Rwanda, nel villaggio
di Nyarurema – dove venticinque anni fa il Vescovo inviò quattro giovani preti
lucchesi per portarvi Gesù e il suo Vangelo.
Da allora in poi i cristiani di Lucca, come in una gara di generosità, hanno
fatto arrivare a quella comunità molto povera tanti doni per poter vivere dignitosamente.
In quel villaggio, oltre la chiesa, in questi anni è stato costruito un centro
medico, una scuola e, ultimamente, la ‘Casa della Misericordia’ che ospita bimbi
e ragazzi della tua età gravemente ammalati.
Malgrado questo generoso impegno dei Lucchesi, a cui forse hanno partecipato anche i tuoi genitori e sicuramente la tua parrocchia, quella gente – moltissimi bimbi della tua età – manca spesso il necessario per vivere: cibo, vestiti,
medicine, quaderni e libri... Non hanno certamente la play-station, i giocattoli...
Sai cosa mangiano ogni giorno i bimbi più fortunati del Rwanda? un po’ di
riso, fagioli, patate...e niente più!
Ti voglio raccontare una cosa che mi ha davvero colpito e desidero condividere con te e i tuoi amici.
Qui da noi, quando un bimbo piccolo smette di prendere il latte dalla
mamma, gli vengono preparate delle pappine e poi gradualmente il cibo che
mangiano gli adulti.
Lì, nello svezzamento, le pappine non esistono: dalle pappe si passa ai fagioli!... Ma il loro stomachino è piccolino, quindi i bimbi neonati si ammalano
e possono anche morire.
Osservando quella situazione ho sentito una stretta al cuore, pensando tra
l’altro a quanto cibo qui da noi ancora si spreca e come i bimbi piccolini son curati bene, e mi è tornato in mente l’invito che Dio nella Bibbia rivolge al popolo
d’Israele: “Ho osservato la miseria del mio popolo...Ascolta!” (Es. 3,7). Cioè:
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apri il cuore alla mia Parola e dammi una mano a risolvere la miseria, le povertà
dell’umanità.
È l’invito che in questi anni, “Ascolta” - ”Rispondi”, sto rivolgendo a nome
di Dio alle nostre comunità cristiane di Lucca: bambini e adulti, giovani e anziani...
Che fare quindi per ‘rispondere’ ai bisogni dei bimbi neonati del Rwanda?
Rientrando a Lucca mi è venuta questa idea:
“Dai bimbi di Lucca una mucca ai bimbi del Rwanda”!
Sì, parlane con la tua catechista o con l’educatore del tuo gruppo: anche con
il babbo e la mamma.
Si tratta di acquistare delle mucche per le famiglie più povere: i bimbi piccoli,
quando smettono di prendere il latte dalla mamma potranno prendere il latte
dalla mucca e così non si ammaleranno.
Per acquistare una mucca ci vogliono 500 Euro!
Mettiti d’accordo con i tuoi amici. Sono certo che, da ora a Giugno, con i
vostri piccoli ma costanti risparmi riuscirete a fare la vostra piccola ma pur grande
parte!
Posso contare sulla tua personale generosità e dei tuoi amici?
Ne sono più che certo! Fammelo sapere. Fatti vivo al mio indirizzo che trovi
sotto.
Ti assicuro, nella mia preghiera quotidiana, il ricordo di te e dei tuoi genitori
a Gesù. Anch’io conto sulla tua preghiera.
Ti voglio bene e ti benedico!
un abbraccio dal tuo Vescovo
✠ Italo
Italo Castellani
Arcivescovo di Lucca
Piazzale Arrigoni,2 – 55100 Lucca
Tel. O583.494117 – Fax O583. 462882
[email protected]
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NOTE PER I CATECHISTI PER REALIZZARE IL PROGETTO
La lettera che il vescovo scrive ai ragazzi vuole coinvolgerli – a livello di
gruppo – nell’atteggiamento di ascolto e risposta con cui la nostra Chiesa
è chiamata a stare davanti alle situazioni che vive l’umanità. Il vescovo è
stato in Rwanda, ha ascoltato la situazione delle famiglie della parrocchia
di Njarurema e, al ritorno, con la lettera rivolta ai ragazzi chiede loro di farsi
anche’essi ascoltatori della situazione e di rispondere. Come accogliere questa richiesta in modo che non si tratti di una semplice iniziativa estemporanea ma rientri nel percorso di crescita nella fede che si esprime anche
attraverso l’atteggiamento di condivisione?
È importante che ogni catechista (o gruppo di catechisti) nell’elaborare la
proposta tenga conto di alcuni riferimenti:
• l’iniziativa non va presentata in modo isolato ma inserita nel cammino di fede che compie il gruppo;
• la vita di fede non è composta da un solo riferimento (es. catechismo)
ma è una esperienza globale che si fa in una comunità: ascolto della
parola di Dio, celebrazione della fede che ha il culmine nell’eucaristia
domenicale, e testimonianza dei doni ricevuti e della speranza; la
vita di fede si manifesta proprio in una vita secondo lo Spirito che si
esprime in uno stile segnato dall’amore che si fa condivisione: la proposta del vescovo ha senso solo se compresa in questa prospettiva;
• a livello educativo non si esprime in iniziative estemporanee – e magari piacevoli – ma tutte le componenti della fede devono essere
unite in modo che una rimandi all’altra;
• la proposta “della mucca” potrebbe nascere come frutto di aver vissuto il Natale e quindi avere una attuazione nei mesi successivi. In
ogni caso va sottratta al “fare una buona azione perché è Natale”;
• le festività del Natale rivelano Dio che si fa uomo per salvare i suoi
figli: anche noi, celebrando l’Incarnazione, in sintonia con il Cristo ci
facciamo attenti a condividere la condizione della comunità ruandese
che è legata alla nostra famiglia diocesana. In questo modo avviene
l’educazione alla condivisione che ha la sua motivazione e fondamento nella fede;
• è importante che i catechisti, e chi collabora con loro, elaborino il
progetto e riescano a motivarlo a partire dalla tappa educativa che
stanno vivendo.
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1 GENNAIO 2013
46ª Giornata della Pace
Per la celebrazione della 46° Giornata Mondiale della Pace del prossimo 1° gennaio 2013, Benedetto XVI ha scelto questo tema: “Beati gli operatori di pace”.
L’annuale Messaggio del Pontefice, nel complesso contesto attuale intende incoraggiare tutti a sentirsi responsabili riguardo alla costruzione della pace.
Il Messaggio abbraccerà, pertanto, la pienezza e molteplicità del concetto di
pace, a partire dall’essere umano: pace interiore e pace esteriore, per poi porre
in evidenza l’emergenza antropologica, la natura e incidenza del nichilismo e, a
un tempo, i diritti fondamentali, in primo luogo la libertà di coscienza, la libertà
di espressione, la libertà religiosa.
Il Messaggio, inoltre, offrirà una riflessione etica su alcune misure che nel mondo
si stanno adottando per contenere la crisi economica e finanziaria, l’emergenza
educativa, la crisi delle istituzioni e della politica, che è anche – in molti casi –
preoccupante crisi della democrazia.
Il Messaggio guarderà anche al 50° anniversario del Concilio Vaticano II e dell’enciclica di Papa Giovanni XXIII, Pacem in terris, secondo la quale il primato
spetta sempre alla dignità umana e alla sua libertà, per l’edificazione di una città
al servizio di ogni uomo, senza discriminazioni alcune, e volta al bene comune
sul quale si fonda la giustizia e la vera pace.
“Beati gli operatori di pace” sarà l’ottavo Messaggio di Papa Benedetto XVI
per la Celebrazione della Giornata Mondiale della Pace. Di seguito, i titoli dei
precedenti Messaggi: “Nella verità la pace” (2006); “Persona umana, cuore
della pace” (2007); “Famiglia umana, comunità di pace” (2008); “Combattere
la povertà, costruire la pace” (2009); “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il
creato” (2010); “Libertà religiosa, via per la pace” (2011); “Educare i giovani
alla giustizia e alla pace” (2012).
1 Gennaio 2013 a Lucca ore 16,00 Marcia della Pace con partenza
dalla Chiesa di S. Andrea; ore ore 17,00 Celebrazione della S. Messa
in Cattedrale di S. Martino presieduta dal Mons. Italo Castellani
a Viareggio Celebrazione della S. Messa per la Pace in S. Paolino
alle ore 19,00
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