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STRUTTURE COPULARI NELL’ITALIANO PARLATO
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STRUTTURE COPULARI NELL’ITALIANO PARLATO
Studio corpus-driven
Alessandro Panunzi
Lo studio presenta l’analisi delle strutture copulari presenti all’interno di
un corpus di italiano parlato (C-Oral-Rom, Cresti & Moneglia 2005). A
partire dalla definizione su base semantica dei valori di copula all’interno
dell’ampia variazione d’uso del verbo essere, l’analisi focalizza: (a)
sull’individuazione dei tipi di strutture copulari, in base al valore dei
complementi predicativi presenti in esse; (b) sull’analisi quantitativa delle
configurazioni copula + aggettivo, che rappresentano il tipo a più alto valore
d’uso nel corpus (47,6% delle occorrenze totali della copula). Tale analisi è
stata condotta su criteri sintagmatici (riempimento della posizione di soggetto,
ordine dei costituenti), ma tenendo conto della strutturazione in unità tonali
dell’enunciato, al fine di ottenere un dato informato riguardo le unità di
riferimento naturali della lingua parlata (Cresti 2000). Dallo spoglio del
corpus emerge inoltre la presenza di un uso copulare specifico e consistente
nell’uso, in relazione all’impiego di aggettivi di giudizio e valutazione come
complemento predicativo. Le correlazioni tra questo tipo d’uso e i valori
dell’analisi sintagmatica introdotti vanno nella direzione dell’individuazione
di un costrutto con tratti lessicali e grammaticali definiti. A partire dal
confronto con i dati reali della lingua parlata, l’analisi corpus-driven permette
così l’individuazione di categorie descrittive, configurazioni sintagmatiche e
costrutti specifici non chiaramente focalizzabili al di fuori di una valutazione
sistematica dei valori linguistici effettivamente realizzati nell’uso.
1. Introduzione
L’analisi delle strutture copulari proposta in questa sede si inserisce nel
contesto più ampio di uno studio dei valori e delle funzioni del verbo essere
nella lingua italiana, nella prospettiva d’analisi della linguistica su corpora.
L’individuazione dei criteri per identificare e classificare gli usi copulari
all’interno della variazione del verbo essere si pone, in considerazione delle
differenti posizioni riscontrabili nella letteratura circa la natura della copula e
i costrutti ad essa correlati, come uno dei principali problemi euristici della
ricerca. Dopo aver introdotto il corpus su cui è stata condotta l’analisi e aver
fornito le prime misure sulla presenza del verbo essere nel parlato italiano,
sarà fornita una definizione “ristretta” degli usi copulari, su base preminen-
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ALESSANDRO PANUNZI
temente semantica: definiremo usi copulari quelli in cui la predicazione
avviene ad opera del complemento nominale, con valore attributivo. Verranno
poi analizzati le diverse strutture copulari riscontrate, che mostrano
un’inattesa varietà di valori e configurazioni sintattiche, in relazione ad usi
semanticamente tipizzabili. Più in dettaglio, saranno analizzate le occorrenze
di essere + aggettivo, che rappresenta la configurazione sintagmatica copulare
a più alta frequenza d’uso nel corpus.
1.1. Il corpus C-Oral-Rom e i livelli di annotazione
Il corpus su cui è stata condotta la ricerca corrisponde alla sezione
italiana del corpus multilingue di parlato spontaneo C-Oral-Rom (Cresti &
Moneglia 2005), che raccoglie quattro collezioni di testi per le principali
lingue romanze (italiano, francese, spagnolo e portoghese). Al fine di rendere
confrontabili i dati per le diverse lingue, ogni sotto-corpus è stato costituito
sulla base dello stesso design. I nodi principali che formano la variazione
sociolinguistica registrata in C-Oral-Rom sono riassunti nella Tabella 1.1.:
Tabella 1.1. - Macrostruttura del corpus design di C-Oral-Rom
Informale
(150.000 parole)
Conversazioni
Dialoghi
Monologhi
Media
Telefono
Formale
(150.000 parole)
Contesto naturale
I livelli di annotazione del corpus comprendono la scansione tonale
(definita a livello prosodico-percettivo), l’allineamento del testo al suono
(sulle unità di enunciato), l’etichettatura sulle parti del discorso e la
lemmatizzazione.
La trascrizione del dato della lingua parlata è direttamente annotato
tenendo conto dei break prosodici terminali (//) e non-terminali (/), che
corrispondono rispettivamente agli enunciati e alle unità tonali prodotte dai
parlanti. L’incrocio di tale livello con quello dell’etichettatura sulle parti del
discorso permette l’estrazione di dati lessicali in riferimento all’unità di
enunciato, metodologia assunta come base dell’analisi linguistica del dato
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della lingua parlata (Cresti 2000). Su questa premessa si fonda l’analisi dei
contesti di occorrenza del verbo essere nel corpus, i cui risultati sono mostrati
e commentati nei paragrafi seguenti.
1.2. Misure quantitative sul verbo essere. Rapporti con gli enunciati
verbali
L’analisi degli enunciati in cui è presente il verbo essere all’interno della
sezione italiana del corpus C-Oral-Rom Italian (300.000 parole grafiche
totali) evidenzia che il verbo ha complessivamente 13.995 occorrenze,
distribuite in 10.891 enunciati.
La Tabella 1.2. riassume i dati macroscopici provenienti dal corpus:
Tabella 1.2. - Occorrenze del verbo essere nel corpus
enunciatit
otali
40791
con verbo
"essere"
10891
% totale
enunciati
26,70%
enunciati
verbali
24825
% enunc.
verbali
43,87%
Il verbo essere è presente in oltre 1/4 degli enunciati totali del corpus.
Per meglio apprezzare la rilevanza quantitativa di tale misura, essa deve
essere confrontata con il numero di enunciati del corpus in cui sia presente
almeno un verbo (di forma finita). Difatti, nel corpus C-Oral-Rom italiano si
registra una grande percentuale di enunciati verbless (Cresti & Moneglia
2005: 233 segg.), in cui non compare nessun elemento lessicale verbale a
fornire una struttura sintattica frasale di base ai costituenti sintagmatici che
prendono parte all’enunciato stesso. Con l’esclusione di tali casi, che
corrispondono al 38% del totale 1 , emerge il fatto che il verbo essere è
presente in quasi il 44% degli enunciati verbali. Siamo quindi davanti ad una
quantità d’uso assolutamente rilevante, che coinvolge quasi la metà degli
enunciati in cui compare un livello di strutturazione sintattica intorno ad un
sintagma verbale.
Alla luce di tali risultati, e nell’ottica di una valutazione globale del peso
degli enunciati in cui la predicazione verbale risulta assente, appare quindi
1
Tale risultato è stato confermato nella sostanza sia dai corpora di parlato delle altre lingue
romanze presenti in C-Oral-Rom, sia dall’analisi condotta in Biber et alii (1999) sull’inglese
(dove l’unità di riferimento presa in considerazione è però la C-unit, definita su un criterio di
autonomia sintattica). La relativa assenza di strutturazione verbale nel parlato assume quindi
proporzioni di grande rilevanza, e sembra profilarsi come uno dei principali fenomeni che
maggiormente lo oppongono alla lingua scritta. Cfr. anche Scarano (2004).
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ALESSANDRO PANUNZI
particolarmente rilevante la misurazione di quale e quanta predicazione nonverbale, in corrispondenza degli usi copulari, si trovi all’interno degli usi del
verbo essere. Dai dati pubblicati in Panunzi (2005), la percentuale di tali usi
corrisponde al 37% del totale. A partire da tali considerazioni e risultati
preliminari, delineeremo, nei paragrafi successivi, la variazione di usi
ascrivibili alla funzione copulare del verbo essere.
2. Gli usi copulari
2.1. Il verbo essere e la copula
Il concetto di copula e lo studio linguistico del verbo essere sono legati
da una tradizione secolare, che muove dalle osservazioni di Aristotele,
all’interno del De Interpretazione, sulle preposizioni dichiarative in cui fosse
presente la forma verbale greca estin. Dalla riflessione aristotelica scaturisce
un concetto molto importante nella definizione della copula, che potremmo
riformulare, in termini più moderni, come segue: mentre un predicato verbale
contiene in sé sia il valore logico-semantico di predicazione che il valore
morfo-sintattico dei tratti di accordo, in presenza della copula tali valori sono
distinti. Al verbo è affidata la sola funzione di “segnatempo”, mentre la
predicazione è realizzata da un elemento nominale congiunto.
Gli usi del verbo essere, tuttavia, non si limitano alla funzione di copula:
la tradizione grammaticale ha riconosciuto un diverso valore del verbo, in
relazione a usi propriamente predicativi. In un importante articolo sulle
funzioni linguistiche dei verbi essere ed avere, Benveniste (1960) riassume
tale posizione dal punto di vista della linguistica storica, distinguendo una
nozione “grammaticale” del verbo essere da una nozione pienamente
“lessicale”, la cui natura predicativa è tanto autentica quanto quella di
qualsiasi altro verbo 2 . Alla base della nozione lessicale di essere c’è, secondo
Benveniste, un valore di predicazione “esistenziale” (e, solo secondariamente,
“locativa”); al contrario, la copula viene analizzata come una marca
strettamente morfologica 3 , espressione della “identità” tra due termini
2
“Alla base dell’analisi, sia storica che descrittiva, bisogna porre due termini distinti che
vengono confusi quando si parla di «essere»: uno è la «copula», demarcatore grammaticale
dell’identità; l’altro è un verbo in tutto e per tutto”, Benveniste 1960 [trad. It. «Essere» e
«avere» nelle loro funzioni linguistiche, in Problemi di linguistica generale, Milano, Il
Saggiatore 1971].
3
La frase copulare rispecchierebbe, secondo la prospettiva delineata, la struttura della frase
nominale indoeuropea, in cui il morfema espresso dalla copula sarebbe ridotto a un grado zero.
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nominali. Le “modalità” di questa relazione sono, secondo Benveniste, quelle
di:
a) un’equazione formale (Roma è la capitale d’Italia);
b) l’inclusione in una classe (il cane è un mammifero);
c) la partecipazione ad un insieme (Pierre è francese).
Un punto di vista diverso sulla definizione degli usi copulari è stato
introdotto dall’analisi del linguaggio sviluppata all’interno della logica
formale, a cavallo tra XIX e XX secolo. Nell’analisi della struttura logica
della predicazione, Russell (1919) propone di fare a meno dell’idea che la
“copula” esprima in ogni caso una marca grammaticale, priva di valore
predicativo. La distinzione tra le frasi Socrates is human e Socrates is a man
viene risolta in questo senso: nel primo caso il verbo to be rappresenta un
legame tra il soggetto e il predicato espresso; nel secondo, al contrario, il
verbo contiene in sé una predicazione che esprime l’identità tra le due parti
nominali in causa.
Tale linea di pensiero era stata già tracciata dalle osservazioni di Frege
(1892) circa la natura dei referenti all’interno delle strutture in cui compare il
verbo essere, e la distinzione tra le relazioni definite come:
(a) “equazione tra due oggetti”, (equazione formale, in Benveniste),
corrispondente alla predicazione di identità, i cui costituenti sono reversibili:
La stella del mattino è Venere;
(b) “il cadere di un oggetto sotto un concetto”, (partecipazione ad un
insieme in Benveniste), che stabilisce una relazione di tipo copulare, i cui
costituenti non sono reversibili 4 : la stella del mattino è un pianeta.
Secondo la posizione di Frege, la determinatezza del sintagma nominale
postcopulare permette la distinzione tra usi copulari e predicativi; la posizione
espressa da Russell, al contrario, non tiene conto della determinatezza del
costituente nominale, ma della sua natura categoriale: i predicati aggettivali
sarebbero quindi legati all’uso copulare, mentre i sintagmi nominali restano
legati alla predicazione di identità. Nonostante le differenze tra le
formulazioni fregeana e russeliana, il punto di vista da loro sostenuto ha
complessivamente influenzato una grande parte della successiva riflessione
linguistica, dando luogo ad una linea d’analisi delle strutture “copulari”
4
Frege postula un terzo tipo possibile di relazione instaurata dalla presenza del verbo
essere, quella del “cadere di un concetto sotto un concetto”, (inclusione in una classe, secondo
Benveniste) che stabilisce un diverso tipo di relazione copulare: un pianeta è un astro celeste.
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imperniata intorno all’individuazione della portata referenziale dei termini
nominali coinvolti nella costruzione. In Akmajan (1970) compare la
formulazione linguistica dell’idea che le “frasi copulari” si distinguano sulla
base della referenzialità dell’elemento post-copulare; i tipi individuati sono:
a) le frasi predicazionali, in cui il sintagma post-copulare non è
referenziale, e costituisce un predicato (Carlo è calvo);
b) le frasi specificazionali, in cui il sintagma post-copulare è
propriamente referenziale, e specifica un individuo (il mio migliore
amico è Carlo).
Higgins (1973) ha arricchito tale tassonomia, raffinando la scala di
referenzialità ed estendendola ad entrambi i sintagmi che prendono parte alla
struttura copulare; nel suo studio, vengono introdotti due ulteriori tipi di frase:
c) le frasi identificazionali, in cui il SN post-copulare identifica il
referente di un elemento deittico in posizione di soggetto (quello è il
fratello di Carlo);
d) le dichiarazioni di identità, che mettono in relazione due elementi che
hanno entrambi un riferimento individuale (Dr. Jekyll è Mr. Hide).
Secondo tale prospettiva, i casi in cui il verbo essere svolge la funzione
di predicato di identità costituirebbero un caso specifico delle strutture
copulare. I differenti tipi sarebbero quindi determinati unicamente dai rapporti
di referenzialità tra i membri nominali della struttura, e non dal ruolo svolto
dal verbo. Per effetto di una simile interpretazione, si arriva a comprimere le
differenze dei rapporti semantico-categoriali (già individuati dagli studi
logici) nella sola classe “predicazionale”, che arriva per includere una serie di
usi grossomodo corrispondente all’intera variazione complessiva del verbo
essere legato ad un soggetto pienamente referenziale.
Pur dando luogo ad una riflessione complessa ed originale, l’idea di
trattare gli usi verbo essere attraverso il riconoscimento di due valori
indipendenti non ha riscosso un ampio consenso nelle trattazioni
grammaticali, basate sull’osservazione di una certa omogeneità di
strutturazione sintattica delle “frasi copulari”: la presenza di un soggetto
espresso da un sintagma nominale, della copula, e di un terzo elemento
costituito da un sintagma aggettivale, nominale o preposizionale (cfr. ad
esempio, Riegel 1985). In conseguenza di tale prospettiva “sintatticista”,
molte trattazioni grammaticali moderne sono giunte alla conclusione di
includere nelle frasi copulari anche gli usi locativi, in cui il sintagma
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preposizionale che individua lo spazio/tempo di riferimento viene considerato
come elemento predicativo (come in Biber et alii 1999).
Nel presente lavoro non verrà adottata una prospettiva simile, e ci si
distaccherà completamente dalla prospettiva di una definizione dei diversi tipi
di “frase copulare” attraverso la sola valutazione della referenzialità degli
elementi messi in relazione dal verbo. Le scelte operate nella selezione e nella
classificazione degli usi copulari sono state principalmente basate, come
descritto nei paragrafi seguenti:
(a) sul ruolo che il verbo essere ha nella strutturazione linguistica (ai
livelli sia sintattici che semantici) delle configurazioni in cui prende
parte;
(b) sulla natura predicativa o referenziale dell’elemento post-copulare.
2.2. Variazione d’uso di essere e definizione degli usi copulari
Dalle riflessioni discusse nel precedente paragrafo, emerge una
variazione d’usi del verbo essere cui il concetto di copula viene applicato in
modo difforme dalle diverse tradizioni di studio.
Cercheremo quindi, in prima istanza, di delineare brevemente la
variazione complessiva del verbo essere, e di definire al suo interno gli usi in
cui il verbo assume il valore di copula. Escludendo quindi gli usi ausiliari, in
cui essere svolge il ruolo di morfema libero, e gli usi di esserci, considerato
un lemma verbale procomplementare autonomo, gli usi verbali possono essere
distinti riferendosi al tipo di relazione instaurata dalla presenza del verbo:
1. relazione di attribuzione di una proprietà/classe a un oggetto;
2. relazione di identità tra due oggetti;
3. relazione di localizzazione di un oggetto rispetto a un luogo di
riferimento.
Assumendo la definizione sintagmatica del costrutto copulare secondo lo
schema generale:
(1) soggetto - [copula - complemento predicativo]
definiamo il “complemento” all’interno del gruppo predicativo come
l’espessione di una proprietà, o di una classe, che viene attribuita al soggetto,
specificato dal primo elemento nominale.
Sono quindi esclusi dalla definizione di “complementi predicativi” i
sintagmi nominali o preposizionali con valore referenziale, sia in relazione a
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ALESSANDRO PANUNZI
un’entità oggettuale che a un riferimento locativo/temporale. Tali strutture
danno luogo, nel quadro adottato, ad usi non copulari del verbo essere, che
costituiscono una porzione indipendente della variazione d’uso del verbo.
Nella Tabella 2.1. viene sintetizzato ed esemplificato lo schema della
tassonomia proposta degli usi verbali di essere:
Tabella 2.1. - Schema degli usi verbali di essere
relazione di attribuzione
di una proprietà/classe
(predicato) a un oggetto
era vecchissimo /
però andava bene //
B.1. Predicato
di identità
relazione di identità tra
due oggetti
Attilio / sono io il
fiorentino //
B.2. Predicato
locativo
relazione di
localizzazione di un
oggetto rispetto a un
luogo di riferimento
è dietro il cartello
deviazione //
A. Copula
B. Predicato
2.3. I dati del corpus
L’analisi dettagliata dei contesti di occorrenza di essere è stata condotta
su una selezione del corpus, comprendente due sottoparti del corpus design,
già descritto nella Tabella 1.1.:
1. la sezione informale-conversazionale, che comprende 46.119 parole
distribuite in 9.381 enunciati;
2. la sezione formale-media, che comprende 61.759 parole distribuite in
6.168 enunciati.
Il totale della selezione del corpus comprende quindi oltre 100.000
parole e 15.000 enunciati. Nonostante la base di dati sia parziale, l’ampiezza
quantitativa appare sufficiente ad analizzare le occorrenze copulari del verbo
essere. La presenza di entrambe le tipologie informale e formale ci assicura
inoltre una variazione sufficiente per esaminare alcune differenze di uso tra i
due registri linguistici.
Un primo dato qualitativo che emerge dal riscontro nel corpus analizzato
è la presenza di una serie piuttosto ampia di realizzazioni di usi copulari, in
cui variano le funzioni del complemento predicativo presente. La Tabella 2.2.
elenca i tipi di funzioni copulari più diffusi nel corpus analizzato, riportando
degli esempi che occorrono nel corpus:
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Tabella 2.2. - Tipi di complemento delle strutture copulari
A. Attributivo (qualità/classe)
B. Partitivo
era vecchissimo / però andava bene //
Bruna è una bella donna //
Ariel / è medico / francese / di Digione //
è una delle poche ragioni della guerra //
C. Comparativo
nel mezzo / mio cugino / che è come un fratello /
D. Quantificativo
le ciliegie sono poche //
sono sei / in tutto //
E. Possesso e appartenenza
la colpa è degli allevatori //
Berisha è Ghego / ed è del nord //
F. Perifrasi con valore modale
non è in grado di prestare i soccorsi //
io credevo che non fosse da studiare //
Queste tipologie d’uso, insieme ad altre più marginali, sono state
considerate nel computo delle occorrenze di essere con valore copulare. Nella
Tabella 2.3. sono riportati i dati percentuali riscontrati nella selezione del
corpus:
Tabella 2.3. - Percentuale degli usi copulari del verbo essere
occorrenze di
“essere”
5081
usi
copulari
1838
%
36,17%
Il dato replica sostanzialmente quello pubblicato in Panunzi (2005),
fornendo la valutazione del peso complessivo di questo settore della
variazione d’uso del verbo essere. Da tale calcolo sono stati esclusi i casi in
cui i complementi fossero costituiti da sintagmi nominali definiti con valore
attributivo, come nell’esempio:
(2) Maradona è il calciatore più forte del mondo
Tale esclusione si deve alla natura potenzialmente ambigua del sintagma
nominale, che ha una lettura attributiva (la qualità di essere il calciatore più
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ALESSANDRO PANUNZI
forte del mondo) e una lettura potenzialmente referenziale 5 (l’individuo
indipendentemente definito come “il giocatore più forte del mondo”). Data la
complessità del giudizio nell’identificazione di un valore attributivo o
referenziale del “complemento” del verbo essere (assunto come criterio
principale della distinzione tra usi copulari e predicativi), a questo livello della
descrizione si è preferito tralasciare l’analisi di questi casi, che sarà
approfondita negli ulteriori sviluppi della ricerca.
Dal punto di vista dei costituenti sintattici, quindi, il complemento
predicativo della struttura copulare può essere costituito da un sintagma
aggettivale o da un sintagma nominale non definito, o eventualmente da un
sintagma preposizionale con valore attributivo (come ad esempio i casi della
tipologia “E” riportati nella Tabella 2.2.). Nel paragrafo successivo verranno
analizzati gli usi corrispondenti alla tipologia più frequente, determinata dalla
presenza di un complemento predicativo aggettivale.
3. Costruzioni “copula + aggettivo”
All’interno degli usi copulari presenti nel corpus, le sequenze copula +
aggettivo rappresentano circa la metà delle occorrenze. La Tabella 3.1. riporta
i valori percentuali delle occorrenze copulari in cui il complemento
predicativo è costituito da un sintagma aggettivale, in relazione a quelle totali:
Tabella 3.1. - Percentuali degli usi copula + aggettivo sugli usi copulari
usi
copulari
1838
copula +
aggettivo
875
%
47,61%
% sul
totale
17,22%
La percentuale degli usi di copula + aggettivo corrisponde inoltre al 17%
del totale degli usi di essere, e costituisce pertanto una porzione significativa
in relazione al totale enunciati verbali presenti nel corpus (stimabile tra il 7 e
l’8%). L’analisi focalizza su questa costruzione copulare, alla base delle
strategie di predicazione nominale. In particolare, le occorrenze saranno
esaminate in relazione a dei criteri sintagmatici riguardanti i costituenti del
costrutto.
In riferimento allo schema generale proposto in (1), saranno valutati in
primo luogo la presenza e il riempimento del soggetto logico-grammaticale
5
Cfr. Strawson 1950.
STRUTTURE COPULARI NELL’ITALIANO PARLATO
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della struttura copulare. Assunto come costante il riempimento aggettivale del
complemento predicativo, sarà quindi valutato l’ordine lineare in cui appaiono
i costituenti soggetto - copula - complemento predicativo.
3.1. Riempimento del soggetto
3.1.1. Tipi di soggetto: criteri e risultati dell’analisi
La Tabella 3.2. mostra la distribuzione del soggetto delle strutture
copulari con elemento predicativo aggettivale. Le classi in base alle quali sono
stati classificati i soggetti sono:
•
•
•
•
ZERO: mancanza di soggetto esplicito
SN: sintagmi nominali definiti o indefiniti
DEITTICI: pronomi personali e pronomi deittici
FRASALI: subordinate soggettive, implicite ed esplicite
Tabella 3.2. - Percentuali delle tipologie di riempimento del soggetto
ZERO
- era vecchissimo / però andava bene //
SN
- la faccia è giovanile / vedi?
DEITTICI
- queste son cinesi?
FRASALI
- è vero / che siete dei pirati?
ALTRO
48,91%
27,50%
9,78%
7,36%
6,44%
3.1.2. Tipi di soggetto: differenze tra Informale e Formale
Tenendo conto della distinzione tra testi informali e testi formali, si nota
come le percentuali di occorrenza delle tipologie di soggetto varino
consistentemente alla tipologia testuale, che struttura il nodo più alto del
corpus design. Nella varietà informale di parlato, l’assenza di un soggetto
esplicito raggiunge quasi i due terzi del totale, e la percentuale d’uso di
deittici equivale quella dei sintagmi nominali (circa il 15%).
Nella parte formale, al contrario, aumenta la rilevanza dei costituenti più
“pesanti” dal punto di vista della strutturazione sintattica dell’enunciato. La
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ALESSANDRO PANUNZI
percentuale d’uso dei sintagmi nominali come soggetto esplicito della
struttura copulare raggiunge quella dei soggetti zero, e le subordinate
soggettive sono addirittura tre volte più presenti che nella varietà informale:
Tabella 3.3. - Percentuali delle tipologie di riempimento del soggetto: differenze tra le
sezioni informale-conversazionale e formale-media
Zero
SN
deittici
frasali
Altro
INFORMALE
(conversazioni)
61,96%
15,11%
14,36%
3,53%
5,04%
FORMALE
(media)
37,92%
37,92%
5,93%
10,59%
7,63%
3.2. Ordine dei costituenti
3.2.1. I criteri dell’analisi: relazioni con la scansione prosodica
dell’enunciato
Il secondo criterio d’analisi adottato è quello relativo all’ordine
sintagmatico dei costituenti della struttura copulare, in relazione con la
scansione prosodica segnalata nel corpus. In particolare, oltre al semplice
ordine, è stato tenuto conto della linearizzazione o meno dei costituenti della
struttura copulare all’interno di un’unica unità tonale.
La suddivisione del flusso continuo della lingua orale in unità discrete di
enunciato, e la possibilità di un enunciato di essere a sua volta strutturato in
più unità tonali, forniscono, nel quadro della teoria della lingua in atto (Cresti
2000), in cui si profila lo studio qui presentato, il dominio di spiegazione
naturale dei fenomeni che si verificano nella lingua parlata. A partire dal
piano prosodico sono infatti definite le unità informative strutturanti
l’enunciato (e il valore illocutivo dell’enunciato stesso). I fenomeni sintattici
hanno luogo propriamente all’interno di tali domini naturali, mentre tra i
costituenti sintagmatici realizzati in unità tonali diverse intercorrono legami
informativi che si strutturano a un livello superiore a quello sintatticolocutivo.
STRUTTURE COPULARI NELL’ITALIANO PARLATO
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Tali considerazioni permettono di distinguere, ad esempio, le strutture
con soggetto logico-grammaticale linearizzato da quelle con soggetto in posto
in un’unità tonale (e informativa) precedente:
(3) Mario è un vero amico //COM
(4) Mario /TOP è un vero amico//COM
La distinzione tra i due enunciati esemplificati muove dal
riconoscimento del diverso valore della loro strutturazione. La relazione che
intercorre tra il costituente Mario e la predicazione nominale cambia nei due
diversi casi: nell’esempio (3) si ha una struttura di frase linearizzata in
un’unica unità tonale (all’interno del comment); nell’esempio (4), invece, la
struttura dell’enunciato presenta una complessità sul piano informativo, e il
costituente Mario viene realizzato in un’unità differente dalla struttura
predicativa copulare (in particolare, è realizzato come topic, cui va applicata
la forza illocutiva espressa dal comment 6 ). Il legame tra i costituenti sarebbe
quindi strettamente sintattico nell’enunciato (3), mentre implica una relazione
propriamente informativa nell’enunciato (4).
3.2.2. I risultati dell’analisi
Date le premesse introdotte nel paragrafo precedente, e tenuto conto dei
domini informativi all’interno della strutture d’enunciato, i tipi di
configurazione sintagmatica della struttura copulare più comuni nel riscontro
dei dati sono stati:
a) l’ordine semplice copula-aggettivo, corrispondente alla quasi totalità
degli esempi in cui non compare il soggetto grammaticale (confronta
la Tabella 3.2.);
b) l’ordine soggetto-copula-aggettivo, che pienamente realizza il profilo
sintattico della costruzione copulare schematizzato in (1), linearizzato
all’interno dello stessa unità informativa, e pertanto in un dominio
strettamente sintattico (al di fuori della presenza di relazioni sul piano
della struttura dell’informazione);
c) l’ordine soggetto/copula-aggettivo, in cui l’elemento che svolge il
ruolo di soggetto logico si trova in un’unità tonale che precede quella
del gruppo copula + aggettivo (verosimilmente, un’unità di topic);
d) l’ordine copula-aggettivo-soggetto, con la posposizione del soggetto
logico all’aggettivo, linearizzato;
6
Per le definizioni di topic e comment, della loro portata informativa e delle conseguenze
sul piano allocutivo dell’enunciato, si rimanda a Cresti (2000).
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ALESSANDRO PANUNZI
e) l’ordine copula-aggettivo/soggetto, in cui il soggetto logico si trova
in un’unità tonale che segue quella del gruppo copula + aggettivo (in
gran parte, unità di appendice).
I risultati dell’analisi sono riportati nella tabella sottostante:
Tabella 3.4. - Percentuali delle tipologie d’ordine dei costituenti, in relazione alla
scansione prosodica
cop-agg
- era vecchissimo / però andava bene
sogg-cop-agg
- la faccia è giovanile / vedi?
sogg / cop-agg
- la fine dell’anno / sarà dura magari //
cop-agg-sogg
- e allora è inutile murarla //
cop-agg / sogg
- è vero / che siete dei pirati?
Altro
46,25%
20,18%
15,69%
6,46%
6,34%
5,07%
La porzione di occorrenze che realizza la struttura lineare soggettocopula-aggettivo corrisponde al 20% del totale. Questo dato ci informa sul
fatto che solo 1/5 degli usi del gruppo copula + aggettivo rispondono alla
struttura copulare sintatticamente realizzata in un’unica unità informativa.
In accordo con il dato della mancanza di soggetto grammaticale, si nota
che la configurazione copula-aggettivo corrisponde a quasi il 50% delle
occorrenze. In oltre il 6% dei casi il soggetto è posposto al gruppo
predicativo, all’interno della stessa unità tonale.
In oltre il 20% dei casi, invece, il soggetto logico è collocato in un’unità
tonale diversa da quella del gruppo copula + aggettivo. Due sono le
configurazioni in cui si verifica tale fenomeno: soggetto/copula-aggettivo, che
corrisponde in larga parte alla struttura informativa topic-comment; copulaaggettivo/soggetto, che corrisponde nella maggioranza dei casi alla struttura
informativa comment-appendice. Questo rilievo ci permette di apprezzare
come, nel parlato italiano, una buona parte degli usi copulari si configura
all’interno di enunciati complessi in cui alla base delle relazioni tra i
costituenti delle strutture predicative (in questo caso, nominali) si stabiliscono
rapporti definibili sull’asse pragmatico-informativo.
STRUTTURE COPULARI NELL’ITALIANO PARLATO
659
3.2. Predicati aggettivali di giudizio e valutazione
A partire dai criteri d’analisi adottati, lo spoglio del corpus ha
evidenziato un uso specifico della struttura copulare, non prevedibile
indipendentemente dal riscontro con i dati reali della lingua d’uso, in
relazione ad aggettivi che esprimono un contenuto semantico di giudizio o
valutazione. Tali usi si restringono a un gruppo limitato di aggettivi, che
corrispondono a:
a) valori di verità (vero, falso)
b) valutazioni modali-aletiche (possibile, impossibile…)
c) giudizi di valore-epistemici (giusto, logico, probabile, corretto,
inutile…)
In questi casi, la costruzione copulare non esprime una proprietà (o
classe) che qualifica un oggetto, quanto piuttosto un giudizio in riferimento ad
un evento o a uno stato di cose, come negli esempi:
(5)
(6)
(7)
(8)
(9)
questo è vero //
infatti / è giusto //
è giusto e corretto / che parli l’Istituto Superiore di Sanità /
vabbè / è logico //
è possibile formulare una diagnosi //
Simili usi sono attestati in misura piuttosto ampia nella selezione del
corpus analizzata, realizzando 148 occorrenze, che corrispondono al 17%
delle configurazioni copula + aggettivo, e all’8% del totale degli usi copulari.
Questi tipi d’uso non sono quindi sporadici; se si prende in
considerazione il livello della realizzazione sintattica, al contrario, è possibile
notare dei tratti di coesione interna a tale tipologia. Incrociando le
classificazioni condotte secondo i criteri enunciati nei paragrafi precedenti,
infatti, si notano correlazioni significative tra questo tipo di usi, i tipi di
soggetto implicati e le configurazioni sintagmatiche in cui si realizzano. Dalla
Tabella 3.5. si nota l’emergenza di due tipi di costruzione, tra tutte le
possibilità teoriche di combinazione tra tipo di soggetto e ordine dei
costituenti:
660
ALESSANDRO PANUNZI
Tabella 3.5. - Correlazioni tra l’uso di aggettivi di giudizio, tipo di soggetto, ordine
dei costituenti
SOGGETTO
ORDINE
zero
cop-agg
è vero //
Infatti / è giusto //
frasale
cop-agg(/)sogg
è possibile formulare una
diagnosi //
è giusto e corretto / che parli
%
53,74%
25,85%
79,59%
Circa l’80% delle realizzazioni copulari con valore di giudizio sono
quindi espresse attraverso:
a) una sequenza copula-aggettivo, senza espressione del soggetto, per lo
più in riferimento ad un evento o a una situazione contestualmente
definita;
b) una sequenza copula-aggettivo-soggetto, in cui il soggetto è espresso
da una struttura frasale che si riferisce all’evento-stato su cui viene
espresso il giudizio.
Le correlazioni rilevate individuano quindi una struttura di predicazione
specifica e consistente nell’italiano parlato, produttiva nell’uso e fortemente
tipizzata.
4. Conclusioni
Dai dati raccolti tramite l’analisi del corpus, si possono osservare alcuni
caratteri della distribuzione sintagmatica dei costrutti, che descrivono il reale
uso delle costruzioni copulari nella lingua parlata.
Attraverso lo spoglio sistematico delle occorrenze nel corpus, emerge il
dato che la struttura teorica rappresentata dallo schema
(1) soggetto - [copula - complemento predicativo]
STRUTTURE COPULARI NELL’ITALIANO PARLATO
661
corrisponde nella realtà della produzione linguistica ad una pluralità di valori
(Tabella 2.2.), che presentano una strutturazione in classi di variazione coese,
produttive e tipizzabili.
L’analisi della configurazione sintattico-categoriale più frequente tra usi
copulari testimoniati nel corpus, ovvero il gruppo predicativo copula +
aggettivo, mostra tratti e valori d’uso non chiaramente prevedibili al di fuori
dell’analisi su corpus. L’alta percentuale di strutture copula-aggettivo senza
soggetto espresso (62% nell’informale) e la percentuale relativamente bassa
(20%) delle occorrenze linearizzate all’interno della configurazione
informativa dell’enunciato testimoniano, ad esempio, l’ampia presenza di
strutture predicative aggettivali che non si conformano alla struttura copulare
definita su un piano puramente sintattico.
Dallo studio corpus-driven emerge inoltre la presenza di un costrutto
lessico-grammaticale con alti valori d’uso: si tratta di strutture copulari in cui
l’aggettivo esprime un giudizio o valutazione a un evento/stato di riferimento
(esplicitamente espresso o contestualmente ricavabile), corrispondente al 17%
degli occorrenze del gruppo copula + aggettivo. In particolare, la valutazione
incrociata dei tratti sintagmatici permette l’emergenza di due pattern, o
costrutti, direttamente dall’analisi del corpus:
• pattern a:
• pattern b:
soggetto zero, ordine copula-aggettivo;
soggetto frasale, ordine copula-aggettivo-soggetto.
Il dato positivo che si ricava è che la consistenza della frequenza relativa
dell’uso del gruppo copula + aggettivo di giudizio correla con gli
addensamenti d’uso in particolari pattern sintagmatici.
La metodologia corpus-driven, in associazione con una strategia
descrittiva che parte dal dato generale ed entra negli usi specifici attraverso la
definizione dei tratti di analisi pertinenti, permette quindi una descrizione
esplicativa degli usi reali della lingua d’uso. A partire da:
a) l’identificazione del dominio proprio d’analisi e delle unità di
riferimento (che nel parlato spontaneo corrispondono ai confini di
enunciato e di unità tonale);
b) la definizione dell’oggetto e del metodo di classificazione delle
occorrenze (es. le proprietà superficiali di distribuzione sintattica e di
riempimento categoriale dei costituenti);
662
ALESSANDRO PANUNZI
i tratti d’analisi, indipendente considerati, vanno nella direzione comune di
identificare negli usi creativi del linguaggio delle strutture tipiche, che
rendono conto di strutture, configurazioni e costrutti centrali e produttivi.
L’approccio della linguistica su corpus, e in particolare della
metodologia corpus-driven 7 , acquista quindi valore sia descrittivo che
esplicativo dei dati, una volta assunte le unità di riferimento pertinenti e
stabiliti i criteri d’analisi più adeguati.
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Informazioni sugli autori
Alessandro Panunzi
Università di Firenze – Università di Torino.
Email:
[email protected]