Università degli Studi di Udine Facoltà di Agraria
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Università degli Studi di Udine Facoltà di Agraria Master Universitario di I° Livello in Scienze della Grappa APPLICAZIONE DELLE ACCISE NEL SETTORE GRAPPE E DISTILLATI: CONSEGUENZE SULLA PRODUZIONE E I CONSUMI E ASPETTI TECNICO FISCALI Relatore: Chiar.mo Prof. Roberto Zironi Tesista: Dott. Luigi Gennari Correlatore/i: Armando Colliva Marsigli Anno Accademico 2003/2004 INTRODUZIONE L’attività di distillazione ha, nel territorio italiano, origini e tradizioni plurisecolari. Così come per ogni produzione enogastronomica, l’Italia può vantare un grande patrimonio di distillati, che trova nella grappa il prodotto maggiormente caratterizzante. Ciò è vero sia nelle zone vocate alla miglior trasformazione vitivinicola, laddove è possibile selezionare le vinacce da destinare alla distillazione, sia nelle aree più marginali, per le quali tale attività è un tradizionale complemento alla produzione di vino (Centro documentazione Grappa Luigi Bonollo, 2005). Sin dai tempi più antichi, infatti, a causa delle precarie condizioni igienico sanitarie, si riteneva che l’acqua come tale, fosse inadatta al consumo in quanto poteva spesso essere veicolo di gravi malattie. Il consumo era quindi maggiormente orientato verso bevande ottenute per fermentazione che, grazie alle loro caratteristiche di acidità e grado alcolico, non presentavano questi problemi. Nel medioevo la scoperta della distillazione provocò la prima importante trasformazione qualitativa e quantitativa nel consumo dell’alcol: grazie a questa tecnica si poteva concentrare ed isolare l’etanolo, preparando bevande di cui era nota la potenza alcolica. L’alcol era apprezzato come base ideale per la preparazione di medicinali ed era considerato un’autentica panacea; la sua diffusione sembra aver seguito molto da vicino la grande peste del 1348. Solo nel XVI secolo si cominciò a parlare di distillazione della vinaccia, ed il termine alcol entrò in uso col significato di “finezza eccellente”, ma andò presto in disuso finché Lavoisier lo ripropose nel 1787 nella nuova nomenclatura chimica. Infatti risale a questo periodo l’indagine condotta da diversi studiosi, sulla sua natura chimica, la sua formazione ed il suo controllo analitico: si riuscì ad ottenere l’alcol etilico anidro e si mise a punto un metodo per la produzione di etanolo a partire dall’amido. Sarà in seguito Pasteur che spiegherà in maniera esauriente la fermentazione delle sostanze glucidiche. Contemporaneamente si scoprono gli altri alcoli e, intorno al 1850, si rilevò l’esistenza del metanolo e degli alcoli amilici. Nel frattempo furono approfondite le conoscenze inerenti gli enzimi che partecipano alla biosintesi degli alcoli superiori, giungendo così alla produzione di alcol anche mediante muffe, soprattutto del genere Mucor. Si arriva pertanto ai nostri giorni in cui l’alcol, inteso come bevanda, risulta essere ben poca cosa rispetto ai suoi impieghi industriali (G. Meloni, 1953). L’evoluzione che ha contraddistinto il mercato delle bevande alcoliche in questo ultimo decennio, ha portato a considerare tali prodotti sotto un aspetto prettamente edonistico, in conseguenza dei mutati stili di vita. Si è quindi verificato un cambiamento di tendenza, tuttora in atto, rivolto alla ricerca di prodotti di alto pregio e legati a tradizione e territorio. In particolare, negli ultimi anni il mercato della grappa e dei distillati ha visto l’affermarsi di una notevole segmentazione dell’offerta, grazie alla crescita di diverse realtà d’impresa, che pure senza mai raggiungere dimensioni multinazionali ha comunque significato una presa di coscienza “industriale”, e alla parallela e continua ricerca di nuove soluzioni produttive, che andassero incontro ad un consumatore sempre più esigente, preparato e curioso, un consumatore che ha cominciato a vedere nel “bicchierino di grappa” un fine piuttosto che un mezzo (Centro documentazione Grappa Luigi Bonollo, 2005). Se fino a non molti anni fa, ogni produttore offriva una gamma abbastanza ristretta di grappe, oggi si assiste ad assortimenti complessi che alle tradizionali grappe plurivitigno hanno visto sommarsi non solo le grappe monovitigno, ma anche prodotti a differenti età d’invecchiamento, aromatizzati, a differente packaging e formato. In Italia quindi, a dispetto della crisi che ha colpito l’economia nazionale, negli ultimi anni il mondo della Grappa ha vissuto una fase di notevole vivacità. PRODUZIONE E CONSUMI DI GRAPPA E DISTILLATI Dai dati del censimento dell’industria e dei servizi, effettuato per l’ultima volta nel 2001, non è possibile isolare le sole imprese che producono grappa. L’analisi deve essere necessariamente compiuta su un insieme più vasto, costituito dalle imprese di produzione di bevande alcoliche distillate, le quali risultano essere 635 per un totale di unità locali pari a 708 (tabella 1); di queste circa il 32,6% è situato nel nord-ovest, il 26,7% nel sud e il 24% nel nord-est. Nord-ovest Nord-est Centro Sud Isole Totale Produttori di bevande alcoliche distillate Addetti/u Unità locali Addetti nità locali Numero % numero % numero 231 32,6 2134 40,1 9,2 170 24 1523 28,6 9 75 10,6 478 9 6,4 189 26,7 900 16,9 4,8 43 61 284 5,3 6,6 708 100 5319 100 7,5 Tabella 1- Produttori e addetti nel comparto delle bevande alcoliche distillate per area geografica Relativamente al codice di rilevazione dell’Istat, è necessario precisare, inoltre, come per “produttori di bevande alcoliche distillate” s’intendano non solo le distillerie, ma anche gli stabilimenti di imbottigliamento. Esistono, infatti, imprese che compiono entrambe le operazioni ed altre che al contrario ne realizzano solamente una delle due. Una valutazione approssimativa del peso relativo della distillazione all’interno di tale insieme più vasto si può desumere dal numero di distillerie, che è noto e pari a 135; l’incidenza di esse sul totale si può stimare, di conseguenza, intorno al 19%, considerando nel restante 81% tutti quegli stabilimenti che si occupano solamente di imbottigliamento. Per quanto concerne le dimensioni medie degli stabilimenti si ravvisa in ambito nazionale un valore di 7,5 addetti per unità locale; se si analizzano gli ambiti locali considerati si riscontrano valori più elevati nelle aree settentrionali (rispettivamente 9,2 addetti per unità locale nel nord-ovest e 9 addetti nel nord-est), e inferiori nelle aree centro-meridionali, dove le dimensioni medie vanno dai 4,8 addetti del sud ai 6,4 del centro e ai 6,6 delle isole. Dall’osservazione di tale indice dimensionale si evidenzia come il comparto mantenga ancora in molte aree un carattere artigianale. Infatti, il nord-ovest dimostra di avere, rispetto alle altre aree, una vocazione maggiormente industriale: ben il 52,6% degli addetti è occupato in stabilimenti con più di 50 risorse umane, seguono poi, l’Italia insulare con circa il 37,7%, il nord-est con il 21% e le regioni meridionali con la totale assenza di unità locali con più di 50 addetti. Nel corso del decennio 1991-2001, comunque, la dinamica delle unità locali di produzione ha visto un incremento complessivo pari al 24,6% dovuto prevalentemente alla crescita molto sostenuta verificatasi al sud dove il numero di unità locali è quasi triplicato nel periodo in considerazione. Tale tessuto produttivo, comprendente come si è precisato produttori non solo di grappa ma anche di altri distillati, ha dato origine nell’annata 2004 a 128.000 ettanidri di grappa e a 155.000 ettanidri di altre acquaviti (di cui 140.0000 di vino, 6000 d’uva e 9000 di frutta). Per quanto concerne la grappa, si tratta di valori che testimoniano una forte crescita rispetto agli anni precedenti: la produzione del distillato di vinacce, infatti, ammontante a 103.000 ettanidri nel 2000, è cresciuta in 4 anni del 24% (figura 1). Decisa è anche la cresita delle altre acquaviti, se si prende come anno di riferimento il 2000 (+ 36%); tuttavia, se si considera il 2001, si registra addirittura un calo del 6%. 300000 250000 54,8 % 200000 62,3 % 150000 52,5 % 52,5 % 43,1 % 100000 50000 47,5 % 37,7 % 47,5 % 103000 113800 2000 100000 165000 2001 105000 116000 2002 56,9 % 45,2 % 120000 91000 2003 128000 155000 2004 0 Fonte : elaborazioni Nomisma su dati Assodistil Figura 1- Andamento produzione di grappa e altre acquaviti in ettanidri (2000- 2004) altre acqueviti grappe Tali oscillazioni sono provocate dalla stretta connessione delle acquaviti di vino, che costituiscono la netta maggioranza all’interno del gruppo, con l’andamento della produzione vitivinicola (in misura decisamente maggiore rispetto alla grappa). Il complessivo andamento positivo della produzione di grappe e distillati viene confermato dai dati relativi alla distribuzione e consumo. Nel periodo 2001-2004 si è infatti registrato un incremento del volume di vendite pari all’8,8%, frutto di una crescita pressoché uniforme nei due principali segmenti distributivi: +8,4% nel RETAIL (vendite al dettaglio) e +9,3% nell’HORECA (ristoranti, bar e alberghi). Rispetto al 2003 le vendite in volume della grappa sono aumentate del 5%, valore che in una fase di crisi dei consumi, quale quella che sta attraversando l’economia nazionale, conosce pochi eguali. Dunque, il consumo di grappa ha rappresentato nel 2004 il 12,2% del consumo totale in volume di superalcolici, quota che nel segmento domestico raggiunge quasi il 15%, mentre nel segmento extradomestico si ferma appena sopra il 10%. È possibile, inoltre, stimare sulla base dei dati Istat un valore di consumo RETAIL della grappa pari a poco meno di 200 milioni di euro, ammontare che incide per circa il 21% sul totale dei consumi indoor di superalcolici (figura 2). Tale dato induce a una riflessione importante. La grappa ha un prezzo medio sugli scaffali dei supermercati e nei negozi superiore rispetto agli altri superalcolici, prova ne è la maggior incidenza in termini di valore (21%) rispetto all’incidenza in termini di volume (15%, solo RETAIL). Grappa Altri superalcolici 21,20% RETAIL totale superalcolici : 0,9 miliardi di euro 78,80% Fonte : elaborazioni Nomisma su dati Istat Figura 2- Stima incidenza della grappa sui consumi domestici (RETAIL) di superalcolici in valore (2004) Si tratta certamente di un attestato di qualità e di apprezzamento per un prodotto che nel corso degli ultimi decenni ha fatto segnare un incessante miglioramento nelle sue caratteristiche organolettiche, nella differenziazione, nel packaging e nella comunicazione. Nel periodo che va da maggio 2004 ad aprile 2005, tutte le tipologie di grappa hanno avuto notevoli incrementi nel valore di vendita nella GDO; in particolare spiccano le performance dei segmenti di minori dimensioni, anche se, proprio a causa dei loro volumi più ridotti, possono realizzare più facilmente crescite percentuali elevate: la grappa aromatizzata è cresciuta del 17%, mentre il liquore a base grappa è aumentato in valore di poco meno dell’11%. Ma anche i segmenti più tradizionali sono cresciuti, con la plurivitigno al +6,6% e la monovitigno al +5,3%. Minor interesse e minor risalto rispetto al vitigno vengono attribuiti, invece, alla denominazione geografica da parte dei produttori. Il Reg. (CEE) n. 1576/89 relativo alle bevande spiritose, infatti, oltre a tutelare in ambito nazionale l’utilizzo del nome “Grappa”, tutela sette denominazioni geografiche specifiche (Grappa di Barolo, Grappa Piemontese, Grappa Lombarda, Grappa Trentina, Grappa Friulana, Grappa Veneta, Grappa dell’Alto Adige). Di fatto, il rimando al territorio nel caso della grappa sembra esplicitarsi meglio attraverso il legame al vitigno che dà origine ai vini tipici di quel luogo (es. Grappa di Prosecco per il Veneto). Per quanto riguarda i prezzi, si evidenzia che, tra i vari segmenti individuati, le fasce sotto i 16 euro/l coprono la maggior parte del valore (circa l’86%), con una preponderanza della fascia tra 9 e 13 euro/l, che da sola ammonta al 30,7% (tabella 2). Verso quest’ultima, nel corso del quadriennio 2001-2004, si è verificato peraltro uno spostamento di quota dalla fascia inferiore, quella minore di 9 euro/l. Per quanto concerne le fasce di prezzo più elevato, si ravvisa un incremento della quota superiore ai 20 euro/l, passata dal 5,9% nel 2001 al 9% nel 2004, incremento avvenuto a scapito dell fasce tra 13 e 20 euro/l. Fonte : elaborazioni Nomisma su dati IRI Infoscan/Assodistil Prezzo Minore di 9 euro/l Tra 9 e 13 euro/l Tra 13 e 16 euro/l Tra 16 e 20 euro/l Maggiore di 20 euro/l 2001 % 30,2% 27,4% 30,5% 6,0% 5,9% Valore 2002 2003 % % 28,6% 27,3% 28,2% 30,1% 30,1% 29,0% 5,6% 5,2% 7,5% 8,4% 2004 % 26,7% 30,7% 28,6% 5,0% 9,0% Tabella 2- Andamento della ripartizione per prezzo nella GDO (2001-2004) In sostanza, se appare incontrovertibile che tali andamenti siano da imputare in buona parte all’aumento dei prezzi al consumo delle accise, si può comunque rinvenire una crescente tendenza dei consumatori a privilegiare, secondo le proprie possibilità economiche, le grappe di fascia più alta (Centro documentazione Grappa Luigi Bonollo, 2005). INFLUENZA DELLE ACCISE SULLA PRODUZIONE DI GRAPPA E DISTILLATI Dai dati sulle accise incassate per la produzione e per la successiva messa in commercio della grappa, si può risalire alle quantità mandate al consumo per le ultime 4 annualità produttive, quantità che possono essere ragionevolmente approssimate alle vendite totali in territorio nazionale (tabella 3). L’accisa viene corrisposta, infatti, solamente sulla grappa immessa al consumo, mentre la grappa prodotta che rimane in deposito o che viene esportata non è oggetto d’accisa. L’ammontare totale delle entrate relative all’accisa sulla grappa ha avuto un andamento crescente negli ultimi anni, dai 61,1 milioni del 2000 ai 74,1 del 2004, anche se in quest’ultima annualità la crescita è da imputare semplicemente al rialzo dell’aliquota unitaria passata da 645,37 a 730,87 euro/ettanidro. Gli ettanidri per cui è stata pagata l’accisa hanno assunto, di conseguenza, un andamento parimenti crescente per il periodo 2000-2003, passando da 94.686 a 106.559; nel 2004, a causa dell’aumento dell’accisa unitaria, si assiste, invece, ad un’inversione del trend, con una quantità di grappa immessa al consumo interno pari a 101.400 ettanidri. Si tratta di una quantità che differisce in misura sostanziale dai dati di produzione analizzati in precedenza, i quali evidenziano volumi intorno ai 128000 ettanidri. Fonte : elaborazioni Nomisma su dati Agenzia delle Dogane Anno 2000 2001 2002 2003 2004 Tot. accise sulla grappa immessa al Accisa unitaria consumo euro euro 61.106.843 645,37 62.832.501 645,37 63.455.175 645,37 68.769.514 645,37 74.110.044 730,87 Grappa immessa al consumo Ettanidri 94.686 97.360 98.324 106.559 101.400 Tabella 3- Ettanidri di grappa immessa al consumo (2000-2004) in funzione delle accise incassate Risulta quindi evidente che l’applicazione delle accise, concorre a ridurre la competitività del settore grappe e distillati soprattutto nell’ambito del mercato nazionale (Centro documentazione Grappa Luigi Bonollo, 2005). SCOPO DELLA TESI L’evoluzione del mercato dei super alcolici, in questi ultimi anni, evidenzia una tendenza crescente, da parte dei consumatori, a ricercare prodotti tipici legati alla tradizione e al territorio e di alta qualità, trovando, soprattutto nel settore dei distillati di vinaccia e di uva, la loro massima espressione. L’indubbio affinamento qualitativo e la continua ricerca di soluzioni innovative, unitamente ad una strategia di rafforzamento delle posizioni commerciali, sia sui mercati nazionali che internazionali, testimoniano senza dubbio di un comparto in buono stato di salute. E tuttavia tale processo di crescita sta avvenendo in un contesto non privo di difficoltà e di ostacoli quali: la mancanza di tutela della denominazione nei mercati extracomunitari, le ridotte dimensioni strutturali, poco adatte al commercio internazionale e la recente crescita delle accise (Centro documentazione Grappa Luigi Bonollo, 2005). Quest’ultima, in particolare, rappresenta una problematica di rilevante importanza soprattutto in ambito nazionale, poiché l’aumento ulteriore del valore dell’imposta, già previsto dal “Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale” per il 2005 e il 2006, unitamente ai complessi aspetti burocratici e fiscali della sua applicazione, potrebbe minare la competitività dei prodotti alcolici, con un effetto complessivo di riduzione delle vendite. Si tratta certamente di un rischio in più a carico del comparto dei produttori di superalcolici, rispetto al comune rischio d’impresa. La presente indagine analizza quindi gli aspetti tecnico fiscali dell’applicazione delle accise alla produzione delle grappe e dei distillati, focalizzando in particolare l’attenzione sugli ostacoli di carattere burocratico ed attuativo, con lo scopo di evidenziare l’effettiva necessità di adeguare la normativa alle esigenze di un settore in continua crescita. DEFINIZIONE E APPLICAZIONE DELLE ACCISE: IL TESTO UNICO In base a quanto stabilito nel Decreto Legislativo 26/10/1995 n. 504 meglio conosciuto come “testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali”, si definisce accisa, l’imposta indiretta sulla produzione e sui consumi, è un tributo di portata UE che colpisce alcune merci al momento della loro produzione o scambio ed è un’imposta indiretta a carattere specifico poiché colpisce solo la fabbricazione o il consumo di determinati beni. Il soggetto passivo dell’accisa è il produttore, o venditore, che si rivale sul consumatore aumentando il prezzo di vendita del prodotto colpito. L’imposta sorge in una fase che precede il consumo ed è applicata alla produzione, circolazione e commercializzazione del prodotto, sicché il tributo costituisce un costo che concorre a formare il prezzo di vendita e, pertanto, incide, per un fenomeno di traslazione, sull’utente del bene. Le accise più note sono quelle relative alla fabbricazione degli oli minerali, degli alcoli e sul consumo dei tabacchi. L’applicazione delle accise nel settore delle bevande alcoliche, è definita nel Capo III del testo unico che, a sua volta, raggruppa tutti gli articoli del Decreto Legge n. 331/1993. L’articolo 27 della sezione I del Capo III, definisce l’ambito applicativo delle accise e le relative esenzioni, in particolare il comma 1 recita testualmente: “sono sottoposti ad accisa la birra, il vino, le bevande fermentate diverse dalla birra e dal vino, i prodotti alcolici intermedi e l’alcole etilico”; il settore delle grappe e dei distillati rientra in quest’ultima categoria di prodotti, infatti facendo riferimento al comma 2 dell’art. 32, “per alcole etilico si intendono: a) tutti i prodotti che hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore all’1,2 per cento in volume e che rientrano nei codici NC 2207 e 2208, anche quando essi sono parte, di un prodotto di un altro capitolo della nomenclatura combinata; b) i prodotti che hanno un titolo alcolometrico effettivo superiore al 22 per cento in volume e che rientrano nei codici NC 2204, 2205 e 2206”. Nel testo dell’articolo si fa riferimento ai codici, della nomenclatura combinata Taric, che distinguono le varie categorie merceologiche di prodotti, in particolare il codice 2208 si riferisce all’ alcole etilico non denaturato con titolo alcolometrico volumico inferiore a 80 % vol, quindi: acquaviti (di vino e di vinaccia), liquori ed altre bevande contenenti alcole di distillazione (Agenzia delle Dogane). Nel comma 2 dell’art. 27 si precisa che, i prodotti di cui al comma 1, sono ottenuti in impianti gestiti in regime di deposito fiscale, inteso come luogo/impianto in cui è possibile fabbricare, trasformare, custodire e movimentare prodotti sottoposti ad accisa in regime sospensivo, cioè prima che si verifichi l’esigibilità dell’imposta che normalmente avviene con l’immissione al consumo. Il regime di deposito fiscale si applica quindi a tutti gli impianti di lavorazione dove si ottengono e si trasformano i prodotti sottoposti ad accisa, poiché in tali stabilimenti nasce l’obbligazione tributaria; per cui, le distillerie sono depositi fiscali a tutti gli effetti (figura 3). In pratica, la fabbricazione (anche irregolare) delle merci sottoposte ad accisa o la loro importazione nel territorio doganale europeo implica il sorgere dell’obbligazione tributaria (fatto generatore dell’accisa) e l’istituzione del regime di deposito fiscale mediante richiesta di autorizzazione all’amministrazione finanziaria (commi 1 e 2 dell’art. 5 del Capo I del T.U.), alla quale spetta il rilascio del codice di accisa che identifica il deposito fiscale stesso e la restituzione, al richiedente, di un esemplare del verbale di concessione della licenza (Art. 4 del D.M. 27.03.2001, n. 153). Ai sensi dell’articolo 18 del T.U., l’amministrazione finanziaria deve “assicurare la gestione dei tributi relativi all’imposizione indiretta sulla produzione e sui consumi; può applicare agli apparecchi ed ai meccanismi bolli e suggelli ed ordinare, a spese del depositario autorizzato, l’attuazione delle opere e delle misure necessarie per la tutela degli interessi fiscali, ivi compresa l’installazione di strumenti di misura; effettua indagini e controlli necessari ai fini dell’accertamento delle violazioni alla disciplina delle accise. L’adempimento di queste mansioni viene generalmente delegato agli uffici tecnici di finanza (U.T.F.) competenti per territorio i cui funzionari possono, in riferimento al comma 2 del citato articolo, “accedere liberamente, in qualsiasi momento, nei depositi, negli impianti e nei luoghi nei quali sono fabbricati, trasformati, detenuti od utilizzati prodotti sottoposti ad accisa o dove è custodita documentazione contabile attinente ai suddetti prodotti per eseguirvi verificazioni, riscontri, inventari, ispezioni e ricerche e per esaminare registri e documenti” Presso i suddetti impianti possono essere istituiti uffici finanziari di fabbrica che, per l’effettuazione della vigilanza, si avvalgono, se necessario, della collaborazione dei militari della Guardia di finanza, e sono eseguiti inventari periodici”. Il soggetto che richiede ed ottiene l’autorizzazione, diventa depositario autorizzato ed è obbligato a: corrispondere l’imposta dovuta entro il 16 del mese successivo, per i prodotti immessi in consumo in ciascun mese, entro il 27 dello stesso mese per le immissioni al consumo avvenute dal 1 al 15 dicembre, ai sensi dell’articolo 3, comma 4 del T.U.; conformarsi alle prescrizioni stabilite per l’esercizio della vigilanza sul deposito fiscale; tenere una contabilità dei prodotti detenuti e movimentati nel deposito fiscale (registro di carico e scarico); presentare i prodotti ad ogni richiesta ed a sottoporsi a controlli ed accertamenti (comma 3 dell’art. 5 del T.U.). Deve inoltre presentare una cauzione (comma 2 dell’art. 28 del T.U.) calcolata in relazione alla capacità di stoccaggio dei serbatoi utilizzati e alle quantità massime detenibili per ciascun tipo di prodotto, con percentuale diversamente stabilita nei seguenti casi: 2% per gli impianti di produzione e trasformazione, esclusa la birra; 5% per i magazzini di invecchiamento; 10% per tutti gli altri impianti; 100%, indipendentemente dal tipo di impianto, per i prodotti condizionati e muniti di contrassegno di stato. La stessa cauzione deve poter coprire l’intero importo (100%) di accisa dovuto, eventualmente e mediamente alle previste scadenze, per i prodotti immessi in consumo. Le uniche eccezioni all’applicazione del regime di deposito fiscale sono rappresentate, ai sensi dell’art. 5 del testo unico, dalle fabbriche tassate su base forfetaria e, ai sensi dell’art. 37, dagli stabilimenti di produzione del vino con produttività annua media non superiore a 1000 ettolitri (piccoli produttori). Inoltre, in relazione a quanto disposto dal testo unico per i singoli prodotti, deve essere applicato obbligatoriamente ai seguenti impianti: depositi doganali di proprietà privata autorizzati a custodire prodotti soggetti ad acisa, magazzini di invecchiamento, opifici di condizionamento della birra e agli impianti di condizionamento e di deposito di vino e di altre bevande fermentate, interessati ai trasferimenti intracomunitari; infine, si applica facoltativamente, solo in caso di gestione dei prodotti alcolici in regime sospensivo, a: opifici di condizionamento dei prodotti alcolici (esclusa la birra), depositi degli stabilimenti di produzione posti al di fuori di essi, magazzini commercianti all’ingrosso e opifici di trasformazione dei prodotti purché il carico tributario non venga modificato, altrimenti tale regime è obbligatorio. ATTUAZIONE DEL TESTO UNICO: ISTITUZIONE ED ESERCIZIO DEL DEPOSITO FISCALE L’insieme delle norme che costituiscono il T.U., tracciano un quadro generale dell’applicazione dei principi base della disciplina delle accise ai vari settori produttivi. Esistono regolamenti, specifici per ogni settore, che definiscono le norme, pratiche e comportamentali, per una corretta gestione di ogni comparto. Il comma 1 dell’articolo 67 dello stesso T.U precisa infatti che: “le norme regolamentari per l’applicazione (attuazione) del testo unico sono emanate con decreto del Ministero delle Finanze, ai sensi dell’articolo 17 comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400”. In particolare, il decreto ministeriale 27 marzo 2001, n. 153, reca le disposizioni per il controllo della fabbricazione, trasformazione, circolazione e deposito dell’alcol etilico e delle bevande alcoliche, sottoposti al regime delle accise, nonché per l’effettuazione della vigilanza fiscale sugli alcoli metilico, propilico ed isopropilico e sulle materie prime alcoligene. Nasce dalla necessità di “regolamentare, in particolare, l'applicazione degli articoli 5, 6, 13, 27, comma 2, 28, 29, 30, 33, 35, 36, comma 4, 37, 38, comma 4, 39, comma 3, 41, comma 5, 47, comma 2, 66 e 67, comma 6, del citato testo unico”, facendo comunque riferimento alla vecchia normativa, modificandone solo in parte il contenuto. Il capo I del D.M. raggruppa tutte le norme riguardanti i controlli sulla fabbricazione, trasformazione e detenzione dell’alcol etilico e delle bevande alcoliche in regime sospensivo, ed è a sua volta suddiviso in 4 sezioni di cui, la prima, regolamenta l’istituzione del deposito fiscale. L’articolo 1, in particolare, definisce la procedura per la richiesta di autorizzazione e prevede, citando testualmente, che “la richiesta deve essere presentata all'ufficio tecnico di finanza (UTF) competente per territorio, almeno novanta giorni prima dell'inizio dell'attività se trattasi di fabbrica o di opificio di trasformazione e almeno sessanta giorni prima se trattasi di solo deposito, in doppio esemplare, contenente le seguenti indicazioni: la denominazione della ditta, la sua sede, la partita I.V.A., il codice fiscale e le generalità di chi la rappresenta legalmente nonché dell'eventuale rappresentante negoziale; il comune, la via ed il numero civico o la località in cui si trova l'istituendo deposito fiscale, nonché i relativi numeri di telefono e di fax; la descrizione delle apparecchiature e dei processi di lavorazione nonché la potenzialità degli impianti; la descrizione e le caratteristiche degli impianti e delle apparecchiature per la produzione e l'acquisizione di energia; la qualità delle materie prime e dei prodotti finiti; il numero e la capacità dei serbatoi destinati al contenimento dei prodotti soggetti ad accisa ed il quantitativo massimo dei suddetti prodotti che si intende detenere in confezioni o in altri contenitori; il numero e la capacità dei serbatoi, delle vasche o dei silos destinati al contenimento di materie prime, prodotti semilavorati e prodotti finiti, non sottoposti ad accisa; la descrizione degli strumenti installati per la misurazione delle materie prime, dei semilavorati e dei prodotti finiti; le procedure operative di carattere tecnico contabile che si intendono attivare per la gestione del deposito fiscale (comma 1). All'istanza sono allegati la planimetria del deposito fiscale, evidenziante, in particolare, la recinzione fiscale di cui all'articolo 3, comma 1, lo schema degli impianti, le tabelle di taratura dei serbatoi, la documentazione tecnica inerente agli strumenti di misura di cui al comma 1, un diagramma quantificato del flusso di materia nonché una relazione intesa a descrivere i processi di generazione, di trasformazione e di utilizzazione dell'energia con l'indicazione dei parametri di consumo relativi alle attività fiscalmente rilevanti (comma 2)”. Il soggetto richiedente è quindi obbligato a presentare un progetto definitivo, sia dello stabilimento che degli impianti di lavorazione e di stoccaggio, che l’U.T.F. sottoporrà a verifica tecnica, ai sensi dell’articolo 2, con il fine di: identificare gli impianti, i serbatoi, le apparecchiature e gli strumenti installati da sottoporre a vigilanza da parte del personale finanziario; controllare la taratura dei serbatoi dei prodotti soggetti ad accisa ed effettuare il riscontro di massima della taratura degli altri serbatoi; constatare il regolare funzionamento degli strumenti da utilizzare per la determinazione quantitativa delle materie prime trattate e dei prodotti ottenuti; esaminare il diagramma dei flussi di materia e controllare le modalità di produzione, di prelievo, di trasformazione e di impiego di ogni tipo di energia; individuare i locali e le attrezzature necessari per l'espletamento della vigilanza; prescrivere, secondo le disposizioni impartite dall'Agenzia delle dogane, le misure necessarie e l'adozione di mezzi tecnici, ivi compresi gli strumenti di misura, idonei a garantire la tutela degli interessi erariali, verificandone la successiva installazione; controllare il regolare funzionamento degli eventuali sistemi di gestione informatizzata e di elaborazione dei dati, rilevanti ai fini fiscali (coma 2 dell’articolo 2). Il comma 3 precisa inoltre che durante la verifica tecnica possono essere eseguiti esperimenti di lavorazione e prove di collaudo degli apparecchi e dei sistemi, anche per accertare la potenzialità degli impianti; viene, inoltre, effettuato, nei casi previsti dall'Agenzia delle dogane, il suggellamento degli impianti. In base ai risultati delle verifiche effettuate, l’U.T.F. valuta l’idoneità dell’impianto ad operare in regime di deposito fiscale per rilasciare l’autorizzazione e, successivamente, notifica l'ammontare della cauzione prevista dall'articolo 5, comma 3 del testo unico, calcolandola in funzione della quantità massima dei prodotti soggetti ad accisa che può essere detenuta in deposito che, a sua volta, è correlata alla capacità dei serbatoi ed ai quantitativi detenuti in confezioni od in altri contenitori, denunciati. L’articolo 3 definisce l’assetto dei depositi fiscali fornendo i criteri guida e i vincoli progettuali, per la realizzazione e l’allestimento dei locali in base alla tipologia di prodotto. Citando testualmente il comma 2 e 3: “nelle fabbriche di alcole gli apparecchi di distillazione e le attrezzature per la denaturazione sono installati su aree distinte fra loro, in locali o all'aperto, secondo modalità stabilite dall'Agenzia delle dogane. Analogamente, sono distinte le aree dove si custodiscono le materie prime, gli alcoli già accertati da rettificare, i prodotti finiti accertati e quelli denaturati. Gli apparecchi di distillazione ed i loro accessori, i serbatoi di stoccaggio e le attrezzature per la denaturazione sono accessibili e verificabili in tutte le loro parti e predisposti per il suggellamento, se prescritto ai sensi dell'articolo 2, comma 3; le relative tubazioni sono sempre visibili o, comunque, ispezionabili. I recipienti collettori di cui all'articolo 33, comma 4, del testo unico sono situati in magazzini, cosiddetti di accertamento, costruiti in modo che non vi si possa accedere senza lasciare traccia, suggellati dall'UTF. I suddetti magazzini, qualora lo stoccaggio non debba essere effettuato in recipienti di legno, possono essere costituiti da serbatoi all'aperto, secondo le disposizioni di cui al decreto del Ministro delle finanze 30 aprile 1981. I suggelli sono realizzati in modo tale per cui, non è possibile agire sul punto suggellato senza violarli, recano la stampa del timbro di stato e un numero identificativo del funzionario che li ha applicati, della distilleria e del punto dell’impianto in cui sono applicati; sono di due tipi: a) laminette, applicate ai punti dell’impianto dai quali non si effettua prelievo di prodotto (flangie, raccordi e specule), costituite da una piastrina prestampata coniata dalla Zecca di Stato per l’Agenzia delle dogane; b) rametti costituiti da spezzoni di sottile tondino di rame e preparati al momento dell’uso dal funzionario dell’U.T.F. mediante un’apposita pinza, munita di codice identificativo del funzionario stesso, che schiaccia il tondino ad un’estremità ed imprime il timbro; vengono applicati ai punti di prelievo del prodotto sogetti a frequenti desuggellamenti. In applicazione dell'articolo 33, commi 6 e 7, del testo unico, l'Agenzia delle dogane può individuare i casi in cui possa omettersi l'installazione del misuratore dell'alcole etilico o debba essere prescritta l'installazione di misuratori per il controllo delle materie prime alcoliche o alcoligene nonché dei semilavorati avviati alla distillazione”. La sezione II prende in considerazione l’esercizio del deposito fiscale e regolamenta tutte le operazioni che si possono effettuare al suo interno. Il comma 1 dell’articolo 5 precisa infatti: “le materie prime, i prodotti semilavorati e finiti sono introdotti ed estratti sotto la responsabilità esclusiva del depositario autorizzato, a meno che non si tratti di prodotti movimentati dai magazzini di cui al comma 5”. Ciò implica che la gestione del deposito fiscale, ad eccezione dei magazzini per l’ivecchiamento, per i quali sussiste ancora il controllo diretto dell’U.T.F., ricade sotto l’esclusiva responsabilità del depositario autorizzato, determinando così, una sostanziale modifica dell’assetto tecnico fiscale delle fabbriche di alcol, rispetto alla vecchia normativa che prevedeva invece una gestione in regime di magazzino fiduciario inteso come “stabilimento che produce fermentati alcolici e liquidi fermentescibili destinati a successiva fermentazione e distillazione, per il quale sussiste una vigilanza rigorosa e permanente (G. Meloni, 1953)”. L’articolo 4 del Decreto Legge 30 ottobre 1952, n. 1322, stabiliva infatti che: “i prodotti custoditi nei magazzini fiduciari delle distillerie, i quali debbono essere passati alla distillazione, vengono estratti e consegnati al distillatore nelle quantità man mano occorrenti per la lavorazione, previa presentazione di richiesta scritta all’U.T.F. competente e previa annotazione di scarico sul registro.” Il depositario autorizzato, deve comunque presentare all’U.T.F., o all’ufficio finanziario annesso, un’apposita comunicazione di lavoro con valenza temporale mensile, recante le indicazioni di massima in ordine alla tipologia ed agli orari di effettuazione delle lavorazioni, alle materie prime lavorate, nonché ai prodotti semilavorati o finiti che saranno ottenuti. Tenere precise registrazioni contabili, che devono essere fatte pervenire agli U.T.F. nei termini stabiliti, il cui controllo è diretto all'accertamento ed alla liquidazione del tributo secondo le modalità di cui all'articolo 7. Più precisamente, citando il comma 1, 2 e 4: “il depositario autorizzato esercente impianto di fabbricazione di prodotti da sottoporre ad accisa tiene, conformemente alle istruzioni impartite dall'Agenzia delle dogane: a) un registro di carico e scarico delle materie prime e dei prodotti semilavoratiintrodottiodestrattidaldeposito; b) un registro di carico e scarico dei singoli prodotti finiti sottoposti ad accisa, distintamente per prodotti denaturati e prodotti non denaturati, riportando anche le rimanenze contabili giornaliere, quando necessarie per il conteggio dei cali ammissibili. Sullo stesso registro sono riportati anche i cali e le eccedenze che l'operatore abbia riscontrato e comunicato all'UTF a mezzo raccomandata a.r., telefax o per via informatica, contestualmente all'effettuazione della registrazione. Entro il primo giorno feriale, escluso il sabato successivo alla scadenza del termine per il pagamento dell'accisa, che è provato, a norma dell'articolo 1 del decreto del Ministro del tesoro 4 aprile 1995, n. 334, anche mediante ricevuta di conto corrente postale, viene effettuata la registrazione degli estremi del versamento, la cui ricevuta a quietanza è custodita assieme al registro; c) un registro delle singole partite ricevute e spedite in sospensione d'accisa nel quale sono riportati anche i dati relativi all'appuramento delle partite spedite nonché, giornalmente, l'ammontare della cauzione dovuta sulle spedizioni non ancora appurate. Fa pervenire o comunque trasmette con raccomandata a.r. all'UTF entro il quinto giorno successivo al termine di ciascuna quindicina, considerando la seconda quindicina di ciascun mese terminante con la fine del mese, un prospetto riepilogativo della produzione e della movimentazione dei prodotti sottoposti ad accisa, distintamente per posizione fiscale, nonché del movimento d'imposta e delle relative garanzie; al prospetto è allegata la distinta delle partite introdotte ed estratte in sospensione di accisa, con l'indicazione del mittente o del destinatario e con gli estremi dei relativi documenti di accompagnamento; fa pervenire o comunque trasmette con raccomandata a.r. all'UTF, entro il quinto giorno successivo alla scadenza del termine per la corresponsione dell'accisa, fotocopia della ricevuta di versamento dell'imposta. Redige almeno una volta l'anno: a) l'inventario fisico delle materie prime, dei prodotti semilavorati e dei prodotti finiti; b) il bilancio di materia distintamente per sezione di impianto, con l'indicazione delle rese di lavorazione; c) il bilancio energetico, con l'indicazione dei consumi di energia elettrica e dei combustibili attribuibili alle diverse sezioni dell'impianto”. La veifica, ai sensi dell’articolo 10, di questa documentazione è di competenza esclusiva dell’U.T.F. che, mediante riscontro contabile eseguito secondo modalità stabilite dall’Agenzia delle dogane, effettua conteggi dai quali devono risultare, per ogni deposito fiscale, il carico e lo scarico dei prodotti finiti sottoposti ad accisa ed i relativi movimenti di imposta e di garanzie nonché gli estremi dei versamenti effettuati e dei provvedimenti che danno luogo a rimborsi di imposta. Il comma 2 dell’articolo 5 precisa che il funzionario dell’U.T.F. ha facoltà di presenziare alle operazioni, d’introduzione ed estrazione delle materie prime, dei prodotti semilavorati e finiti, di eseguire i riscontri ritenuti necessari e di prelevare campioni delle merci. In base all’articolo 24, tutta la documentazione e i registri devono essere vidimati dall’U.T.F. o dalla Dogana, prima dell’uso; la registrazione delle operazioni d'introduzione, estrazione e accertamento fiscale, si effettua entro le ore 10 del giorno successivo a quello in cui sono state effettuate, fatta salva l'applicazione di eventuali termini più ampi previsti dalle norme in materia di tutela agricola, per quanto concerne i prodotti vitivinicoli, oppure da decreti del direttore dell'Agenzia delle dogane. Alla fine dell'esercizio finanziario i registri sono chiusi e le giacenze finali sono riportate sui registri dell'anno successivo. ACCERTAMENTO FISCALE DELL’ALCOL E CONTROLLI SUL PROCESSO DI PRODUZIONE L’accertamento fiscale dell’alcol, inteso come complesso di operazioni che consentono di valutare, per qualità e quantità, il prodotto da sottoporre ad imposta, rappresenta il punto critico della disciplina delle accise. Consiste nel riscontro ponderale/volumetrico della quantità, in volume anidro, di alcol, inteso come distillato a pieno grado, prodotto in un periodo di tempo che varia in funzione della tipologia e della potenzialità dell’impianto utilizzato e nella determinazione, mediante specifiche analisi effettuate dal laboratorio della Dogana, della qualità del distillato e della conformità ai parametri stabiliti dalla normativa (Reg. CEE n. 1576/89). L’articolo 33 del T.U. stabilisce che “la produzione di alcol è determinata, mediante l’impiego di appositi misuratori che devono essere installati dall’esercente secondo le modalità stabilite dall’amministrazione finanziaria.” Ai sensi dell’articolo 12 del D.M. n. 153 del 2001, si utilizzano misuratori volumetrici detti saggiatori, perché effettuano anche il prelievo in automatico di un campione di distillato, proporzionale alla quantità misurata, detto saggio, per la determinazione del titolo alcolometrico volumico. Sono costituiti da un tamburo rotante suddiviso in tre scompartimenti calibrati, muniti di feritoie per la raccolta del saggio, che si riempiono in successione con il passaggio del distillato, facendo così ruotare il tamburo che a sua volta, mette in funzione il conta litri: ad ogni rotazione corrispondono 10 litri di distillato (P. Mangiaracina). I modelli di misuratori impiegati differiscono tra loro in funzione della potenzialità produttiva degli impianti in cui vengono installati e, in base al comma 2 dell’articolo 12, possono non essere dotati di saggiatore “nel caso di produzione delle cosiddette «teste e code» o di impianti di portata massima non superiore a 300 litri/ora”. In tali evenienze, il predetto articolo, stabilisce che gli impianti devono essere dotati di un recipiente collettore di cui al comma 4 del predetto articolo 33, installato a valle del misuratore e montato su bilico o tarato, con capacità minima tale da consentire lo stoccaggio della produzione di almeno tre giorni e massima fino ad un limite stabilito dall'UTF tenendo presenti le esigenze della sicurezza fiscale. Il titolo alcolometrico volumico viene determinato direttamente su di un’aliquota di distillato prelevata dal recipiente collettore, riportando la misura a 20 °C. La determinazione diretta si effettua anche nel caso in cui il misuratore saggiatore viene disinstallato per manutenzione, riparazione o sostituzione, ma solo per il tempo necessario all’intervento e comunque per non più di due mesi, trascorsi i quali la produzione viene sospesa. Qualora si siano verificate perdite di alcole, a monte del misuratore, la determinazione è effettuata in base alla potenzialità dell'impianto e ad ogni altro elemento utile per la valutazione della produzione. Per i piccoli impianti di cui al comma 2 dell’articolo 33, dotati di un solo apparecchio a fuoco diretto, costituito da un alambicco semplice, murato o altrimenti fissato stabilmente nel fornello e di capacità non superiore a 2 ettolitri e che non producano più di 3 ettolitri di alcole anidro in un anno, la determinazione dell’alcol si può effettuare giornalmente in base in base alla produttività per ogni cotta, applicando all’apparecchio di distillazione uno speciale strumento contatore del numero delle cotte fatte. La determinazione a mezzo misuratore volumetrico e quella a mezzo recipiente collettore, sono effettuate direttamente dall’U.T.F. previa comunicazione di lavorazione inviata dal depositario autorizzato. L’esempio di seguito riporta, un caso reale di applicazione della procedura di accertamento fiscale ad un piccolo impianto con una produttività inferiore ai 300 litri/ora, la lavorazione consisteva nello svuotamento di un recipiente collettore contenete acquavite d’uva a pieno grado, in sospensione d’accisa: 1) come prima cosa, il funzionario dell’U.T.F. legge il volume di distillato prodotto riportato sul misuratore fiscale annotando, sull’apposito verbale, il modello il costruttore, il numero di serie e la lettura in litri pari a 438 litri idrati 2) asporta i suggelli dal recipiente collettore e preleva un’aliquota di distillato; nel frattempo, il tecnico dell’impianto, travasa il contenuto del recipiente collettore all’interno di un serbatoio tarato posto su di una bilancia; 3) suddivide una parte dell’aliquota prelevata in 5 campioni, di cui 1 va al laboratorio della Dogana, 3 rimangono in custodia presso la distilleria per eventuali contenziosi e 1 va al titolare dell’azienda per analisi private; li piomba con l’apposita pinza piombatrice personalizzata, li etichetta e compila l’apposito verbale di campionamento in triplice copia; 4) determina il titolo alcolometrico, sull’aliquota prelevata, mediante un densimetro tarato e annota la lettura del grado alcolico e della temperatura sull’apposito verbale: 74,9 %vol a 13,5 °C 5) riporta il titolo alcolometrico alla tempera di 20 °C mediante le tabelle di conversione fornite dall’Agenzia delle dogane e annota il valore sul verbale: 76,9 %vol a 20 °C; 6) rileva la quantità di distillato pesata nel serbatoio tarato e annota la misura sul verbale: 380 Kg; 7) trasforma i kg in litri idrati di distillato moltiplicando la pesata per un fattore di conversione ricavato in funzione del grado alcolico a 20 °C e tabulato in altra tabella in dotazione e annota sul verbale: 380 x 1,154 = 438,5 litri idrati; 8) trasforma i litri idrati ricavati dalla pesata e letti dal misuratore, in litri anidri moltiplicando per il grado alcolico diviso per 100 e annota sul verbale: 438 (litri idrati letti dal misuratore) x 0,769 = 336,8 litri idrati; 438,5 (litri idrati ricavati dalla pesata) x 0,769 = 337,2 litri anidri; 9) verifica la conformità dell’accertamento fiscale tenendo conto che lo scarto massimo ammissibile tra le due misure e del 2 % in volume anidro sul quantitativo di distillato calcolato ai sensi dell’articolo 33 del T.U. e annota sul verbale: 337,2 x 0,02 = 6,74 litri anidri di scarto massimo ammissibile; 337,2 – 336,8 = 0,4 litri anidri di scarto rilevato 10) calcola l’ammontare dell’imposta che l’esercente dovrà versare sul quantitativo di distillato prelevato dal serbatoio collettore e annota sul verbale:337,2 x 730,7 (€/litro anidro) = 246392,04€; 11) riapplica i suggelli al serbatoio collettore. 12) Termina la compilazione dei registri e dei verbali e certifica la compilazione, da parte del titolare dell’azienda (depositario autorizzato) dell’apposito registro di carico e scarico Poiché i misuratori volumetrici non sono azzerabili, il volume rilevato in ogni accertamento fiscale, si ricava per differenza con il volume rilevato nell’accertamento precedente annotato negli appositi registri. IL funzionario dell’U.T.F. può, ai sensi dell’articolo 17 del D.M. n. 153 del 2001, controllare la regolarità dei processi di lavorazione, con riferimento alle risultanze della verifica tecnica degli impianti e della comunicazione preventiva relativa alle operazioni in atto (figura 3). Tali controlli, che devono risultare in apposito verbale, redatto in contraddittorio con l'operatore, sono intesi essenzialmente a verificare che: a) le quantità e le qualità dei prodotti ottenuti siano congrue con i parametri d'impiego e le rese di lavorazione, nonché con le indicazione degli strumenti di misura; b) siano regolarmente tenute le contabilità inerenti alle materie prime, ai semilavorati ed ai prodotti finiti ottenuti, pervenuti o estratti; c) i versamenti d'imposta siano stati regolarmente effettuati; d) la cauzione prestata sia congrua con l'attività effettivamente svolta; e) i cali scaricati dal depositario autorizzato, senza corresponsione dell'imposta, rientrino nei limiti ammissibili e comportano l’effettuazione di tutte o di talune delle seguenti operazioni: a) riscontro del regolare funzionamento degli strumenti e degli apparecchi di misura installati con riferimento alle tabelle di taratura dei serbatoi; b) riscontro del regolare suggellamento, se previsto, degli impianti e delle apparecchiature tecniche di accertamento; c) riscontro delle grandezze di stato concernenti le materie in circolo, rilevanti ai fini fiscali d) rilevazione, anche a scandaglio, delle giacenze di materie prime, semilavorati e prodotti finiti ed eventuale prelevamento di campioni; e) accertamento del regolare andamento del processo di lavorazione, con riferimento alle potenzialità degli impianti ed al bilancio quantitativo e qualitativo di una o più sezioni di trattamento; f) rilievo dei consumi energetici e loro confronto con le richieste energetiche dei processi di lavorazione in atto; g) determinazione di rese anche parziali di lavorazione e di eventuali parametri d'impiego; h) esami e riscontri di registri contabili e della relativa documentazione tenuti per fini. Un ulteriore riscontro fiscale può essere effettuato sui contrassegni di stato che, dovendo essere applicati alle confezioni del prodotto immesso in consumo, dopo l’estinzione del debito d’imposta ai sensi dell’articolo 13 del T.U., Vengono consegnati dall’U.T.F. a richiesta scritta del depositario autorizzato, previa esibizione della documentazione comprovante la corresponsione del prezzo dei contrassegni o dell'avvenuta prestazione della cauzione. di importo pari al 100 per cento dell'accisa gravante sui prodotti da contrassegnare (articolo 19 del D.M. n. 153 del 2001). In tal modo, in base al numero di contrassegni consegnati, l’U.T.F. è in grado di risalire al numero di confezioni immesse al consumo e di conseguenza alla quantità di prodotto utilizzata riscontrabile con la quantità accertata presso il deposito fiscale. MATERIE PRIME FERMENTATE MATERIE PRIME FERMENTESCIBILI RISCONTRI DIRETTI E INDIRETTI DELLA A.F. SULLA FABBRICAZIONE DELL’ALCOL FERMENTAZIONE DISTILLAZIONE NASCITA DELL’OBBLI GAZIONE TRIBUTARIA ACCERTAMENTO DIRETTO ACCERTAMENTO INDIRETTO DEPOSITO E TRASFORMAZIONE DEI PRODOTTI ALCOLICI ESIGIBILITÀ DELL’ACCISA CONTROLLO DIRETTO SUUL’ACCERTAMENTO DELLA PRODUZIONE ; VERIFICA PERIODICA DEL MAGAZZINO CON RISCONTRI SUI TRASFERIMENTI IN REGIME SOSPENSIVO E DELLE IMMISSIONI IN CONSUMO IMMISSIONE IN CONSUMO Figura 3 – Produzione di alcol in regime di deposito fiscale LA DISCIPLINA DEI CALI Ad ogni fase del processo produttivo di alcol e bevande alcoliche in regime di deposito fiscale, corrisponde una precisa scrittura contabile che tiene conto della quantità di prodotto prelevata e sottoposta a lavorazione, trasformazione, condizionamento, stoccaggio e confezionamento e dei relativi cali o perdite, dovuti a cause accidentali, tecniche o naturali, risultanti dalla differenza tra la quantità di prodotto misurata in ingresso e in uscita da un determinato processo. Il deposito fiscale può essere quindi suddiviso, in relazione alle scritture contabili, in tre settori specifici (figura 4): a) magazzino dei prodotti alcolici da impiegare (materie prime); b) opificio di trasformazione e lavorazione; c) magazzino dei prodotti finiti. L’articolo 4 del T.U. stabilisce che: “la perdita (o calo) accidentale di prodotto che si trova in regime sospensivo, implica la concessione dell’abbuono, inteso come provvedimento col quale si riconosce lo sgravio del debito d’imposta, a patto che il depositario autorizzato dimostri che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore”. Relativamente ai cali di lavorazione e trasformazione dell’alcol e dei prodotti alcolici, l’articolo 2 del D.M. 18/09/1997, n. 383, stabilisce che l'abbuono si applica: in misura massima dell'1,5% del quantitativo sottoposto alla rilavorazione sulle perdite riscontrate in caso di ridistillazione o di rettifica, in regime sospensivo; in misura forfetaria del 2,5% per le perdite connesse alle operazioni di trasformazione e preparazione di liquori, acquaviti, frutta allo spirito, ecc., al netto delle operazioni di condizionamento; in misura forfetaria del 7% per le perdite connesse alle operazioni di preparazione degli aromi alcolici; in misura superiore alle percentuali stabilite, solo nel caso in cui l’U.T.F., dietro richiesta del soggetto interessato, accerta, mediante prove ed analisi, la particolare natura del prodotto e/o del processo di lavorazione. Le perdite associate alle caratteristiche chimico fisiche dei prodotti e/o alle operazioni di prelievo, trasferimento e trasporto, definite “operazioni semplici”, vengono classificate, in base al D.M. 13/01/2000, n. 55, in: a) cali naturali di giacenza che si verificano nel tempo per effetto di fenomeni chimici, fisici e biologici, e sono ammessi in misura massima del 4% in volume anidro per lo stoccaggio in recipienti di legno (invecchiamento) con maggiorazione dell’1% se trattasi di recipienti di capacità non superiore ai 4 ettolitri (uguale maggiorazione, eventualmente cumulabile con la precedente, viene applicata se i recipienti sono di legno di ciliegio) e dell’ 1% in volume anidro per lo stoccaggio in altri recipienti (Tabella A); b) cali tecnici associati a manipolazioni a cui le merci siano state sottoposte durante la permanenza in deposito, ovvero in dipendenza del loro trasporto e sono ammessi in misura massima dello 0,3% in volume anidro per le operazioni semplici cioè travaso, cernita, miscelazione, del 2% in volume anidro per il trasporto via mare e dello 0,5% in volume anidro per il trasporto stradale, su rotaia o per altre vie (Tabella B). Figura 4 – Impianto di lavorazione e trasformazione di alcol, acquaviti e liquori, gestito in regime di deposito fiscale In pratica, in una qualsiasi lavorazione, la quantità effettiva di prodotto lavorato, rimane legata al suo calo corrispondente e, reciprocamente, in una qualsiasi lavorazione, il calo afferente alla quantità effettiva di prodotto lavorato rimane legato alla quantità stessa di prodotto lavorato; inoltre, dopo una parziale estrazione, la quantità effettiva di prodotto giacente in magazzino resta legata al suo calo afferente e, reciprocamente, dopo una parziale estrazione, il calo afferente alla quantità effettiva di prodotto che rimane giacente in magazzino, resta legata alla stessa quantità di prodotto rimanente in magazzino (G. Meloni, 1953). Il calo si riferisce sempre al “calo complessivo o effettivo”, misurato direttamente sulla quantità in litri anidri o in ettolitri anidri, di prodotto lavorato e può essere maggiore, minore o uguale al “calo in abbuono totale”, che corrisponde alla quantità di prodotto lavorato moltiplicata per la percentuale di calo tecnicamente ammissibile stabilita dalla normativa; quando il calo complessivo risulta maggiore del calo in abbuono totale, la differenza tra i due determina il “calo in abbuono parziale” cioè la quantità in litri anidri o in ettolitri anidri eccedente il calo massimo ammissibile, considerata ai sensi dell’articolo 18 del D.M. n. 153 del 2001, come regolare immissione in consumo e soggetta al versamento dell’imposta nei termini prescritti. In sede d’inventario, la determinazione dei cali effettivi viene effettuata in riferimento all’intero periodo preso a base dell’inventario medesimo, senza tener conto dei cali eventualmente scaricati dall'esercente. CONSIDERAZIONI E CONCLUSINI L’applicazione pratica del complesso quadro normativo fiscale che regolamenta la produzione delle grappe e dei distillati, si può riassumere nelle seguenti fasi: 1) progettazione e realizzazione dello stabilimento rispettando i vincoli imposti dalla normativa 2) scelta dell’impianto più idoneo 3) assemblaggio e collaudo dell’impianto 4) richiesta dell’autorizzazione per l’istituzione del regime di deposito fiscale 5) verifica tecnica da parte dei funzionari dell’U.T.F. per la concessione dell’autorizzazione 6) istituzione ed esercizio del deposito fiscale 7) organizzazione del piano di lavoro nei termini di tempo stabiliti dalla normativa 8) avvio dell’impianto e gestione della lavorazione 9) gestione della contabilità La progettazione e realizzazione dello stabilimento è vincolata, oltre che dalla normativa fiscale, anche dalla normativa ambientale in riferimento alle leggi che regolamentano la costruzione degli immobili sui territori comunali e dalla normativa sulla sicurezza degli ambienti di lavoro. Il quadro normativo risulta quindi notevolmente complesso, obbligando spesso i produttori ad affidarsi a consulenti e progettisti con un conseguente aumento dei costi iniziali per la messa in opera del progetto. La normativa vigente non impone vincoli in merito al tipo ed alle caratteristiche dell’impianto da utilizzare, lasciando ai produttori, la libertà di scegliere tra impianti continui o discontinui, a bagnomaria o a corrente di vapore, in base alla tipologia di prodotto che si vuole ottenere, alle sue caratteristiche organolettiche alla produttività e al budget disponibile. Tuttavia, l’obbligo di installare strumenti di misura ed accertamento, atti a tutelare gli interessi erariali, può influenzare la scelta, in quanto, tali accessori, concorrono ad aumentare i costi di acquisto ed installazione degli impianti, gravando sull’ammortamento in funzione della produzione. Il collaudo consiste generalmente nella prova a caldo che si effettua distillando la sola acqua al fine di verificare la funzionalità dell’impianto e di tutti gli strumenti e le apparecchiature installate prima della verifica tecnica effettuata dall’U.T.F. (T. De Rosa, 1994). Non è previsto dalla normativa, ma è comunque una buona pratica di lavorazione, condotta sotto l’esclusiva supervisione del produttore e dei tecnici specializzati inviati dalla ditta costruttrice dell’impianto; si effettua normalmente anche dopo il riassemblaggio dell’impianto in seguito a manutenzione o riparazione e consente, in caso di mal funzionamento, di intervenire sulle parti danneggiate, senza dover richiedere l’asportazione dei suggelli che vengono applicati solo nel momento in cui l’impianto è in lavorazione e opera in regime sospensivo. Con la richiesta di autorizzazione, si valuta l’idoneità dell’impianto a lavorare in regime di deposito fiscale in conformità alla normativa, in base ai risultati della verifica tecnica condotta di funzionari dell’U.T.F.. L’impianto, ritenuto idoneo non può più essere modificato se non previa ulteriore richiesta di autorizzazione e avvio di una nuova procedura di verifica tecnica; ciò impedisce il rapido adeguamento della potenzialità produttiva degli impianti ai cambiamenti delle richieste di mercato. L’istituzione del deposito fiscale, in base alle recenti normative (D.L. n. 504 del 1995, meglio noto come testo unico e D.M. n. 153 del 2001), ha semplificato notevolmente la gestione tecnico fiscale delle fabbriche di alcol, con la soppressione dei magazzini fiduciari (ad eccezione di quello per l’invecchiamento che è rimasto tuttora invariato) che erano soggetti al controllo permanente da parte dei funzionari dell’U.T.F. Tuttavia, se da un lato questo rinnovato assetto tecnico fiscale svincola i produttori dal regime di sorveglianza permanente, dall’altro, li obbliga ad un complesso lavoro di autocertificazione e di autocontrollo per il quale non sono ammessi errori, pena pesanti sanzioni; ciò si ripercuote sulla produzione e sui costi, sopratutto a danno delle piccole imprese che, disponendo di budget limitati, non possono assumere personale specializzato da destinare esclusivamente alla gestione contabile del deposito fiscale. In conclusione, è evidente come la normativa vigente, sia troppo orientata a tutelare esclusivamente gli interessi erariali a scapito della competitività dei prodotti sopratutto sui mercati internazionali, risultando inoltre poco adattabile ai cambiamenti di un settore in continua evoluzione, per il quale necessita invece più che mai una maggior tutela della denominazione. INDICE Pag. INTRODUZIONE 1 PRODUZIONE E CONSUMI DI GRAPPA E DISTILLATI 4 INFLUENZA DELLE ACCISE SULLA PRODUZIONE DI GRAPPA 11 E DISTILLATI SCOPO DELLA TESI 13 DEFINIZIONE E APPLICAZIONE DELLE ACCISE: IL TESTO 15 UNICO ATTUAZIONE DEL TESTO UNICO: ISTITUZIONE ED ESERCIZIO DEL DEPOSITO FISCALE 20 ACCERTAMENTO FISCALE DELL’ALCOL E CONTROLLI SUL 29 PROCESSO DI PRODUZIONE LA DISCIPLINA DEI CALI 36 CONSIDERAZIONI E CONCLUSIONI 40 BIBLIOGRAFA 41