LA CORDA LUMINOSA PARLANTE

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LA CORDA LUMINOSA PARLANTE
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LA CORDA LUMINOSA PARLANTE
C’era una volta una bambina di nome Beatrice che faceva la quarta elementare. Era
una bambina simpatica e generosa anche se, naturalmente, era un po’ pigra come tutti
i bambini di oggi.
Lei andava volentieri a scuola e giocava volentieri con i suoi compagni
maaaaaaaaaaaaa,
quando vedeva i compagni litigare per delle sciocchezze o i più grandi fare i bulli,
andava su tutte le furie e gridava:
-Come si fa a comportarsi così quando nel mondo ci sono bambini che muoiono di
fame ed a noi non manca niente; anzi, facciamo pure i capricci per avere cose che non
servono proprio a niente.Avrebbe voluto fare qualcosa perché i suoi compagni non si comportassero più così
e, magari, tutti insieme, avrebbero potuto fare qualcosa per i bambini che muoiono di
fame, ma cosa poteva fare?
Un giorno, mentre guardava in televisione uno di quei programmi che parlano degli
antichi popoli, che a lei piacevano tanto, fu colpita da una leggenda di uno di questi
popoli che parlava di una corda luminosa parlante: quando parlava raccontava
filastrocche, ma non erano una di quelle filastrocche moderne senza senso, ma
filastrocche misteriose che, chi le ascolta, trovano la via per fare sempre la cosa
giusta; questa corda luminosa si trova in un bosco buio e pauroso ai confini del
mondo. Fu colpita da questa leggenda perché si ricordò che, la maestra, aveva
raccontata una fiaba simile alla classe.
Lei era stata sempre molto affascinata dalle fiabe perché pensava che, anche se
sembravano cose fantastiche, dovevano raccontare come si possono affrontare le
difficoltà della vita, altrimenti perché i popoli di tutto il mondo le hanno raccontate
per secoli ai loro bambini?
Nelle fiabe il protagonista affronta ostacoli che un personaggio cattivo mette sulla
strada di chi vuol lottare contro l’ingiustizia; allora pensò:
-Se non ho nessuna possibilità di lottare contro l’ingiustizia per cui tanti bambini
muoiono di fame mentre altri, che hanno tutto, fanno i capricci per avere cose che
non servono a niente, non mi resta che provare a seguire quello che dice la leggenda.Il giorno seguente, a scuola, piena di entusiasmo fece la proposta ai suoi compagni,
maaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
il bidello, che aveva sentito tutto, disse loro: - Ma chi ve lo fa fare? Le fiabe sono
solo stupidaggini; dovrete fare un lunghissimo viaggio, patire il freddo, la stanchezza
e la fame, per non dire delle paure; per che cosa poi? Per niente? Ma statevene nelle
vostre comode case, avete la play station, il nintendo e la Wi per vivere le vostre
avventure.Molti dei compagni diedero ragione al bidello ma alcuni vollero seguire Beatrice.
Appena usciti da scuola, a mezzogiorno, partirono verso l’estremo occidente, come
diceva la fiaba; camminarono per un tempo lunghissimo fino all’arrivo della notte
finché non si trovarono davanti un mare buio; un vecchio signore che si trovava lì
disse loro che in fondo a quel mare c’era l’antica Atlantide; la civiltà sommersa di cui
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parlavano le vecchie leggende; proprio come diceva la fiaba; avrebbero trovato una
grotta in cui c’era la porta per il palazzo santo.
Erano stanchi ed affamati, e faceva anche freddo, ma, spinti dall’entusiasmo di
Beatrice, si tuffarono nelle acque buie nuotando verso il fondo.
Videro un pesce lampadina, ne avevano letto sul libro di scienze; anche se la sua luce
era fioca li guidò sul fondo;
venne un delfino giocherellone che li invitò ad attaccarsi alla sua coda, così fecero e
li portò giù fino all’entrata della grotta, molto stretta; riuscirono ad entrare e si
trovarono all’asciutto. C’era una luce fioca, si trovarono in un bosco, probabilmente
quello di cui parlava la fiaba sembrava quasi buio, ma riuscirono a vedere una porta
di ferro con una serratura quasi invisibile; sulla porta c’erano degli strani disegni ed
una spada che aveva ucciso i mostri; come diceva la leggenda.
Incoraggiati da Beatrice, che non perdeva mai il suo entusiasmo, presero la spada, la
infilarono nella serratura quasi invisibile, e la porta di ferro si aprì..
Nella penombra videro davanti a loro tre scalini ed in cima a questi la corda luminosa
come sospesa nell’aria, la loro gioia nel vedere che la fiaba diceva il vero fu subito
interrotta quando comparve davanti agli scalini un cane a dir poco mostruoso: aveva
tre teste, con un occhio per ogni testa, dieci zampe e due code; il cane era magrissimo
come se patisse la fame, infatti la sua bocca colava bava, con quelle dieci zampe
poteva muovere il suo corpo contemporaneamente in tutte le direzioni e le tre teste
pronte a divorare tutto quello che aveva davanti o tentava di passare a destra o a
sinistra.
Erano paralizzati dalla paura.
Beatrice disse ai maschi che avevano la spada e potevano uccidere il mostro;
richiamando tutto il loro coraggio, mentre le bambine, guidate da Beatrice,
distraevano il mostro a destra e a sinistra, tirandogli le due code, in un attimo di
distrazione del mostro, che era preso dalle bambine, i maschi riuscirono a colpire il
cuore del mostro che, cadde di schianto a terra morto.
Dopo qualche minuto, necessario per riprendersi dalla brutta avventura, salirono i tre
scalini verso la corda luminosa.
Mentre salirono quegli scalini successe qualcosa di….. indescrivibile: ad ogni scalino
vedevano fatti della loro vita passata, quando erano stati pigri nel fare i compiti
o aiutare la mamma; quando litigavano con i compagni gelosi delle loro cose mentre
volevano avere sempre in prestito le cose degli altri; quando erano stati cattivi con i
compagni e tante altre cose brutte che avevano fatto.
Saliti gli scalini afferrarono con la mano destra la corda che, miracolosamente
li trascinò in alto nella stanza del trono del palazzo santo; la corda luminosa si posò
poi, sospesa verso l’alto, su quel trono e cominciò a parlare, raccontando storie e
storie meravigliose che, chissà come, entravano nella loro mente e, da questa, nel loro
cuore dando loro una gioia che non avevano mai provato.
Ora avevano una missione. Raccontare quelle storie ai loro compagni che erano rimasti a scuola e
renderli partecipi della loro gioia e pronti ad aiutare chiunque fosse in difficoltà.