Catalogo Mostra - Fondazione Aria
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Catalogo Mostra - Fondazione Aria
Qui non si canta al mondo delle rane pino pascali Simone Berti Rossella Biscotti Pierpaolo Campanini Invernomuto Federico Tosi a cura di / edited by Andrea Bruciati Qui non si canta al mondo delle rane Main Sponsor Responsabile organizzativo Head of Organisational Elena Petruzzi Sponsor per / for Museo delle Genti d’Abruzzo Sandra Addimilio Francesco Perozzi PINO PASCALI Simone Berti Rossella Biscotti Pierpaolo Campanini Invernomuto Federico Tosi per / for Spazio Matta Bruno Marini Annamaria Talone Collaboratori / Collaborators Stefano Agresti Mariaconcetta D’Ercole Maria Elena D’Onofrio Mariangela Terrenzio Ufficio stampa / Press office Maddalena Bonicelli Santa Nastro Trasporti / Shipment Company Progettazione mostra Exhibition project Andrea Bruciati Museo delle Genti d’Abruzzo Spazio Matta Pescara 26 luglio - 6 settembre 2015 26 July - 6 September 2015 Allestimento mostra Exhibition set up Gabriele D’Angelantonio Costantino Di Marco Mostra organizzata da Exhibition organized by Responsabile servizi educativi Responsible for educational services Cooperativa Virate Marina De Carolis Lisa Falone Antonella Ferrante emiliodipeco srl soluzioni assicurative Mostra e catalogo a cura di Exhibition and catalogue curated by Andrea Bruciati Schede critiche a cura di Critical notes by Eva Comuzzi MARCHIO ISTITUZIONALE Traduzioni / Translation Jeff Abshear per / for Andrea Bruciati Tilde Arcelli Alessandra Corsi SENZA PAYOFF CON PAYOFF Crediti fotografici / Photo credits Nicolò Degiorgis, pp. 62-63, 65, 66-67, 69 Gino Di Paolo, pp. 40, 46 FILEDIGITALE Laversionedelmarchiosenza payoffvautilizzatasuimateriali istituzionali comelepubblicazionielamodulistica. Laversionecon payoffvautilizzataprevalentementenella comunicazionecommerciale. Il marchio a colori va utilizzato esclusivamente su fondo bianco (per maggiori dettagli consultare le pagine X). MANUALE DELMARCHIO stampa a 2 colori Pantone 301 U nero al 78% 5 Vigilanza / Surveillance DAGA Security Un sentito ringraziamento ai prestatori per il loro contributo We are especially grateful to the following lenders for their contribution Valentino Barbierato Galleria Civica, Modena Dionisio Gavagnin Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare Fondazione MUSEION. Museo d’arte moderna e contemporanea, Bolzano Frittelli Arte Contemporanea, Firenze Tullio Leggeri Luisa ed Emilio Marinoni Museo Comunale d'Arte Moderna, Avezzano kaufmann repetto, Milano Soprintendenza BAP di Siena e Grosseto Giorgio Vianello Vistamare, Pescara a tutti coloro che hanno dato la loro disponibilità a questo progetto we also thank all those who have greatly contribued to this project Flaminia Allvin, Antonia Rita Arconti, Bianca Attolico, Edith Ballabio, Paolo Batoni, Gino Battista, Antonella Berruti, Perla Bianco, Renata Bianconi, Geraldine Blais Zodo, Giovanni Bonelli, Valentina Bonomo, Rosalba Branà, Paola Capata, Meriadek Caraes, Davide Cariani, Luca Carolo, Marcello Carriero, Francesca Cattoi, Clarenza Catullo, Giulia Centonze, Paola Coltellacci, Raffaella Cortese, Paolo Cortesi, Marina Dacci, Anna Daneri, Emanuele De Donno, Daniele De Luigi, Gigiotto Del Vecchio, Roberta Facheris, Giorgio Fasol, Laura Feliciotti, Erica Fiorentini, Luca Francesconi, Simone Frittelli, kaufmann repetto, Caroline Fuchs, Manuela Galliano, Gianni Garrera, Bruna Girodengo, Roberta Giulieni, Emma-Charlotte Gobry-Laurencin, Serena Goldoni, Valentina Grandini, Corrado Gugliotta, Annamaria Guiducci, Andrea Kvas, Pasquale Leccese, Miranda MacPhail, Annamaria Maggi, Marcello Maloberti, Maria Mangiavacchi, Giò Marconi, Valerio Mariani, Helga Marsala, Anna Mattirolo, Gianluca Marziani, Emilio Mazzoli, Kamel Mennour, Cesare Misserotti, Augusta Monferini, Giannantonio Morghen, Matteo Mottin, Mauro Nicoletti, Giampaolo Paci, Davide Paludetto, Franz Paludetto, Riccardo Passoni, Francesca Pennone, Patrizio Peterlini, Ida Pisani, Claudio Poleschi, Daniela Porro, Paola Potena, Letizia Ragaglia, Annie Ratti, Aloisia Resch, Riccardo Rizziero Di Sabatino, Angelandreina Rorro, Gianni Ruffi, Cristiano Giulio Sangiuliano, Fabio Sargentini, Irene Sartorio, Greta Scarpa, Barbara Secci, Benedetta Spalletti, Antonella Spano, Gabriele Stocchi, Angela Tecce, Giulia Tiraboschi, Barbara Tomassi, Italo Tomassoni, Luca Tomio, Franco Toselli, Patrick Tuttofuoco, Milena Ugolini, Caterina Viganò, Matteo Viglietta, Elena Volpato, Uliana Zanetti e in particolare a / and especially to Lino Baldini Eva Comuzzi Valerio Dehò Giovanni Milesi Marco Tonelli Per il secondo anno la Fondazione Aria partecipa al circuito Arte in Centro, progetto che trova nella logica di cooperazione e di valorizzazione del territorio la sua motivazione principale. Poiché è indubbio che il vero fine strategico perseguito, dello sviluppo, per mezzo della cultura, di un territorio ricco di elementi artistici, storici e ambientali come quello delle regioni Abruzzo e Marche, si manifesterà nel tempo e dunque nella durata del progetto, riteniamo estremamente importante convogliare risorse della Fondazione nella realizzazione di questa iniziativa. L’obiettivo è quello di non proporre solo una mostra ma un progetto di crescita culturale per il territorio, creando degli strumenti di stimolo per la formazione di interessi che generino organicamente e lentamente un tessuto sociale e un percorso aggregativo. Per fare questo è stata attivata una serie di collaborazioni con operatori e strutture culturali interessati a promuovere il territorio regionale attraverso l’arte. Un insieme di azioni, allargate a protagonisti della cultura nelle sue espressioni più varie, renderà viva e pulsante la manifestazione per l’intera durata. Il tema che propone il curatore della mostra Qui non si canta al mondo delle rane è una messa in gioco dell’attività culturale al servizio del progresso civile e culturale dei cittadini, dando voce al genio creativo dell’artista, grazie al quale si auspica un rinnovamento di pensiero e un aggiornamento delle istanze internazionali legate al contemporaneo. Si parte così da tre maestri – Gina Pane, Gino De Dominicis, Pino Pascali – per rintracciarne le eredità nel lavoro di alcuni dei più interessanti artisti delle generazioni successive. Dal confronto emerge un gioco di corrispondenze e di sensibilità comuni che si offre anche come piattaforma di studio di una storia che, non ancora del tutto indagata, attraversa il Novecento per arrivare ai nostri giorni. In questo senso le mostre allestite a Pescara rispondono pienamente all’intento, con un artista come Pino Pascali, eversivo ed estroverso, che attua attraverso modalità ludiche la sua critica nei confronti della società massificata. In lui si combinano facilità e trasversatilità dei media impiegati, assemblaggio delle forme e un’attenzione all’aspetto comunicativo che evidenzia un’idea quasi pasoliniana di artista fattualmente integrato. Con lui si confrontano Simone Berti, Rossella Biscotti, Pierpaolo Campanini, Invernomuto e Federico Tosi, artisti presenti nella mostra allo Spazio Matta. Il progetto, sostenuto da aziende della regione, vede coinvolti protagonisti della vita economica locale, in un’ottica di responsabilità sociale d’impresa, ed è finalizzato nel lungo termine al miglioramento della qualità della vita, intesa come la possibilità dei cittadini di stimolare capacità intellettive e desiderio di conoscenza, e assicurare evoluzione nei rapporti sociali, maggiore senso di responsabilità e di appartenenza alla realtà locale. Fondazione Aria takes part in the project Arte in Centro, whose core value is cooperation and development of the territory, for the second time. It is extremely important to us to support the Foundation in order to make this project possible, as the real event’s goal, which will be manifest during the event, is to promote through culture Abruzzi and Marche, whose territory is artistically, historically and environmentally rich. The event is not only an exhibition, but also a project of cultural growth for our territory creating stimulating instruments, that generate interests to organically and slowly form a social web and an aggregation path. In order to do so, a series of collaborations with cultural operators and structures interested in promoting the regional territory though art has been enacted. An ensemble of actions playing a leading role in all different forms of culture will make the event dynamic and pulsating for its entire duration. The theme proposed by the curator of the exhibition Qui non si canta al mondo delle rane (lit. “here you do not sing to the world of frogs”) focuses on how cultural activities can influence civil and cultural progress of citizens by giving a voice to the artist’s creative genius, thus trying to renovate thinking and update the international contemporary art. Therefore the event is focused on three important artists, namely Gina Pane, Gino de Dominicis and Pino Pascali, and on their legacies to be found later on in many of the most important artists’ works. All of these artists have in common the same sensibility and other similarities and they represent a chance to study art history from the last century on. The exhibitions in Pescara have the same goal and pursue it by presenting the artworks of the extrovert and subversive artist Pascali, who criticized the standardized society in a playful way. Pascali combines facility and transversality of the instruments he used, form assemblages and attention to communication becoming a sort of factually integrated “Pasolinian” artist. Simone Berti, Rossella Biscotti, Pierpaolo Campanini, Invernomuto and Federico Tosi can be found in Spazio Matta along with Pascali. The project is supported by local industries, which are really important in the local economy, and their support contributes to create a social enterprising responsibility to improve the quality of life and to give the possibility to citizens to be intellectually stimulated to widen their knowledge and to improve social relationships, their sense of responsability and their sense of belonging to the local reality. Elena Petruzzi Chairwoman Fondazione Aria – Fondazione Industriale Adriatica Elena Petruzzi Presidente Fondazione Aria – Fondazione Industriale Adriatica Sommario / Contents Qui non si canta al mondo delle rane Here you don't sing to the world of frogs An d re a Bru c i a ti Pino Pascali: iconografie, eredità e genealogie Pino Pascali: iconographies, legacies and genealogies 8 9 14 15 Ma rc o To n e l l i Pino Pascali Opere / Works Scheda critica / Critical note 21 52 Simone Berti Opere e schede critiche / Works and critical notes 55 Rossella Biscotti Opere e schede critiche / Works and critical notes 61 Pierpaolo Campanini Opere e schede critiche / Works and critical notes 71 Invernomuto Opere e schede critiche / Works and critical notes 77 Federico Tosi Opere e schede critiche / Works and critical notes 83 Apparati / Appendix89 Tutte le schede critiche sono a cura di All the critical notes edited by Eva Comuzzi Qui non si canta al mondo delle rane Here you don’t sing to the world of frogs Andrea Bruciati Andrea Bruciati Il titolo è desunto liberamente dal celebre passo di Cecco d’Ascoli (12691327), riutilizzato dalla rivista avanguardistico-letteraria "Lacerba", quale suo incipit, nel 1913, per una incalzante e autentica messa in gioco dell’attività intellettuale, al servizio del progresso civile e culturale dei cittadini. Il clima è quello futurista e dà gran voce al genio creativo dell’artista, grazie al quale si auspica un rinnovamento di pensiero e un aggiornamento delle istanze internazionali legate al contemporaneo anche nella penisola. Qui non si canta al mondo delle rane è titolazione idonea al progetto perché oltre a essere insieme evocativa e di forte impatto immaginativo, crea già un ponte sostanziale fra radici territoriali e proiezione verso il futuro delle ricerche proposte. L’idea portante del progetto è infatti quella di costituire un network che funga da laboratorio condiviso per un pensiero laterale volto a impostare un vero e proprio cantiere in un dialogo quasi osmotico con il territorio. Laterale come periferico, periferico come differente: alterità intesa come qualità per una forte identità. Frutto di un progetto triennale, ogni edizione sarà dedicata a un intellettuale divergente, visione che sarà condivisa dagli autori coinvolti, secondo una prospettiva storica e critica inedita in Italia. L’obiettivo è quello di non proporre solo una mostra, ma un progetto di crescita culturale per il territorio, mettendo in essere degli strumenti di stimolo per la formazione di interessi che creino organicamente e lentamente un tessuto sociale e un percorso aggregativo. La mostra è l’elemento cardine, ma non ultimo, di un insieme di dati, elementi, azioni che rendono viva e pulsante la manifestazione per l’intera durata, al di là dell’evento e della giornata inaugurale tout-court. 8 Qui non se canta al modo de le rane; Qui non se canta al modo del poeta, Che finge, imaginando cose vane. Here we don’t sing as frogs do; Here we don’t sing like the poet, who pretends, imagining vain things. Cecco d’Ascoli, L’Acerba, libro IV, cap. XIII, pp. 146 Cecco d’Ascoli, L’Acerba, libro IV, cap. XIII, pp. 146 Qui non si canta al mondo delle rane è pertanto un progetto che fa della sua alterità la forza di espressione e l’identità di un territorio che costituisce come network. Mai sufficientemente indagato, se non come succedaneo a studi antropologici e sociali, il tema che intendo indagare è una riflessione differente della storia dell’arte italiana a partire da tre maestri e artisti dalle sensibilità affini che permeano la visione al tempo della società 2.0. Si prende idealmente spunto ideale da Acerba Etas, il capolavoro tomistico incompiuto di Cecco d’Ascoli (sia filosofo che poeta) per rintracciare dei percorsi mai evidenziati sufficientemente nel nostro passato recente. Quando infatti rifletto sul progetto, penso in maniera quasi visionaria a un ponte fra maestri sublimi e i germi che questi hanno rilasciato nella contemporaneità. Questa necessità di avere un approccio laterale, evidenziando un pensiero differente, in realtà ci consente di reinterpretare in maniera nuova la storia dell’arte italiana attraverso una prima piattaforma di studio di protagonisti non ancora sufficientemente indagati quali Pino Pascali, Gino De Dominicis e Gina Pane e le successive generazioni. In questo modo cerco di far affiorare frequenze, caratteristiche e intuitivamente le connessioni e le affinità per un gioco che coinvolge sia neofiti che studiosi. Libertà di espressione radicale per non identificarsi con un singolo corpo di opere o di tecniche, in quanto pericoloso per la propria integrità sia di artisti che di esseri umani. Pascali afferma a tal proposito: “Altrimenti diventa un fatto mitico, invece tutto deve essere aperto, non compromesso. Appena hai fatto una cosa, la cosa è finita. Anche quello che uno dice deve lasciare adito a molte possibilità, non chiudersi in una This was the title taken freely from the famous passage by Cecco d’Ascoli (1269-1327), re-used by the avant-garde literary magazine Lacerba as its opening words, in 1913, for an urgent and genuine commissioning of intellectual activity, to serve the civil and cultural progress of all citizens. The climate is again futuristic and there is a calling to the creative genius of the artist, through which it is hoped there will be a renewal of thought and a revitalization of international ideas related to contemporary art, and on the Italian peninsula. Qui non si canta al mondo delle rane is an appropriate title for the project because as well as being both evocative and imaginatively impactful, it already creates a substantial bridge between territorial roots and a projection into the future of the proposed research. The main idea of the project is to establish a network to serve as a laboratory for a shared lateral thinking that aims to create a real workshop in an almost osmotic dialogue with the territory. This is lateral as in peripheral, or peripheral as in different: its otherness is understood as a quality for a strong identity. The result of a three-year project, each edition will be dedicated to a divergent intellectual vision shared by the authors involved, from a historical and critical perspective unprecedented in Italy. The goal is not to propose only an exhibition but a project of cultural growth for the region, putting in place the tools to stimulate the formation of interests that organically and slowly create a social fabric and an aggregate path. The exhibition is the cornerstone, but not all; it is combined with appointments, elements, and actions that make it alive and pulsing for the entire duration, beyond the event and the opening day alone. Qui non si canta al mondo delle rane is therefore a project that makes its otherness a strength of expression and the identity of a territory constructed as a network. Never adequately investigated, except as a substitute for social and anthropological studies, the theme I intend to investigate is a different reflection of the history of Italian art from three master artists, from feelings that permeate the vision related to society. It takes ideal inspiration from Acerba Etas, the unfinished Thomistic masterpiece of Cecco d’Ascoli (both philosopher and poet) to track paths never sufficiently illuminated in our recent past. Indeed, when I reflect on the project, I think of it almost as a visionary bridge between sublime masters and the seeds they released into contemporary culture. The need to have a lateral approach, to show a different thought process, actually allows us to reinterpret Italian art history in a new way through an analysis of the work of several artists including Pino Pascali, Gino De Dominicis, Gina Pane, and their generation. In this way I attempt to develop, with character and intuition, the connections and affiliations for a project that involves both young artists and established masters. Here we find a radical freedom of expression that does not identify with a single body of work or technique, but is dangerous to integrity for artists and people in general. Pascali says in this regard, “Otherwise it becomes a mythical fact, instead everything must be open, with no compromise. As soon as you have done something, it is finished. Even what one says must be left open to many possibilities, and not locked in a statement.” The artist refuses to seek refuge either in tradition or in the idea of art, just as he rejects the legitimacy 9 affermazione.” L’artista rifiuta di cercare rifugio sia nella tradizione che nell’idea dell’arte, così come respinge anche la legittimità offerta dal conformismo politico e ideologico. Alla Biennale di Venezia del 1968, poco prima della sua morte, Pascali, ad esempio, discusse apertamente con gli studenti dimostranti e volle esporre il suo lavoro quando la maggioranza degli altri artisti avevano ritirato il proprio. In una dichiarazione scrisse: “L’artista deve essere isolato poiché solo così può responsabilizzare al massimo il proprio gesto, senza andarsi a cercare un appoggio collettivo.” Una proposta eversiva alla gabbia pregiudiziale del nostro immaginario, che lo accomuna strettamente sia a Gino De Dominicis, basti pensare alla denuncia penale del 1972, che a Gina Pane, con le sue performance che venivano spesso interpretate come profanatrici di uno status quo religioso. “Se la repressione fosse vinta e l’uomo potesse godere della vita adatta alla sua specie, sparirebbe la regressiva fissazione sul passato; l’inquieta ricerca di novità sarebbe riassorbita dal desiderio di una piacevole ripetizione, e il desiderio di Divenire dal desiderio di Essere”, intimava De Dominicis. Dal canto suo, Pane stabiliva nel 1971 un parallelo tra la situazione politica in Vietnam e quella dell’artista: “L’escalation americana in Vietnam/Artista – anche gli artisti si arrampicano/Dolore – dolore fisico in uno o più punti del corpo/Dolore interno, profondo, sofferenza. Dolore (morale). Il contrario di una scalata anestetizzata”1. Tre protagonisti diretti, spregiudicati, offensivi, in fondo quello che dovrebbe essere un artista per essere definito tale... Per quanto riguarda le due sedi metropolitane e urbane di Pescara ho pensato a Pino Pascali (Bari 1935 - Roma 1968), un artista eversivo ed estroverso, ancora misconosciuto, che 1 Per le testimonianze dei tre autori attua attraverso modalità ludiche la sua rimando a: Anna D’Elia (a cura di), Pino critica nei confronti della società massiPascali, Electa, Milano 2010; Gabriele Guercio (a cura di), De Dominicis. ficata. Ritenuto il più importante espoRaccolta di scritti sull’opera e l’arnente dell’arte pop italiana a livello intertista, Umberto Allemandi, Torino 2001; Sophie Duplaix (a cura di), Gina Pane nazionale (fra le mostre, International (1939-1990). “È per amore vostro: Pop, Walker Art Center, 2015), se ne l’altro”, Mart / Actes sud, Arles 2012. 10 discosta per dare un'accezione rivoluzionaria delle ricerche poveriste a lui coeve. Caratterizzato da un'artificialità ludica e da una tensione iperrealista verso la simulazione, impiega la materia primigenia quale dato significante per una rivalutazione dell’aspetto antropologico dell’operato dell’artista. In lui si combinano facilità e trasversatilità dei media impiegati, assemblaggio delle forme e un’attenzione all’aspetto comunicativo che evidenzia un’idea quasi pasoliniana di artista fattualmente integrato. È evidente che ciò che lo affascina è la reinvenzione concettuale, la trasfigurazione fantastica del mondo, così da mostrare che l’arte non è più speculare rispetto al reale e all'artificialità, ma se mai si pone quale zona intermedia, come una terza ipotesi. In questa scia le opere pittoriche di grande qualità di Pierpaolo Campanini, che intende la pittura come assemblaggio, per un’idea di oggetto simulacro, sembrano dicotomiche rispetto agli espedienti di Federico Tosi, che ricorre alla radicalità della materia per un recupero antropologico della scultura. Di contro, Invernomuto che conduce una libera interpretazione del reale per una critica dissacrante e affilata risulta sulla stessa frequenza di Simone Berti, che parte dall’azione performativa come atto condiviso per una ricerca del meraviglioso anche nel quotidiano, differenziandosi in questo dalla responsabilità della Storia, presente invece in Rossella Biscotti. Differente e complementare per il suo isolamento e ideale luogo per un’attitudine contemplativa grazie alla sua posizione è Castelbasso con le sue due sedi, dove è Gino De Dominicis (Ancona 1947 - Roma 1998) il grande affabulatore. Un artista fuori da ogni categorizzazione e in controtendenza da sempre, connotato da un’ironia dissacrante, che si struttura mediante il gusto per il paradosso. Una figura laterale ed eccentrica che ha segnato una traiettoria distonica fin dalla fine degli anni sessanta (fra le esposizioni, Arte Povera International, Rivoli 2011; MAXXI, Roma 2010). Grandi temi come l’atemporalità e la tensione di fronte ai fenomeni naturali sono le proiezioni cui si avvicina al fine di forzarne i limiti, quasi che il dato mistico tanto ricorrente nella sua produzione pittorica non bastasse a suffragare neanche attraverso la Q u i n o n s i c a n ta a l m o n d o d e l l e ra n e offered by political and ideological conformism. At the Venice Biennale in 1968, shortly before his death, Pascali for example discussed openly with the student demonstrators and wanted to exhibit his work even when most of the other artists had withdrawn theirs. In a statement he wrote: “The artist must be isolated, for only then can he respond with the most appropriate gesture, without going in search of collective support.” This subversive claim for the prejudicial cage of our imagination also unites the work of Gino De Dominicis (think of the criminal complaint of 1972,) with Gina Pane, whose performances were often interpreted as profanity of the religious status quo. De Dominicis said, “If this repression could be overthrown and man could enjoy life as it is adapted to his species, this regressive fixation on the past would disappear; the restless search for novelty would be reabsorbed by the desire for pleasurable repetition, and the desire to become would be replaced by the desire to be.” In her own way, in 1971, Pane established a parallel between the political situation in Vietnam and that of the artist: “The American escalation in Vietnam / Artist – also the artists build up / Pain – physical pain in one or more parts of the body / Interior Pain, deep suffering. Pain (moral). The opposite of an anesthetized climb.”1 These three players – direct, ruthless, offensive, are basically what an artist needs to be defined as such… As for the two metropolitan and urban sites of Pescara I thought of Pino Pascali (Bari 1935 - Rome 1968), a subversive and outgoing artist, still misunderstood, who implements through mode of play a critique of mass society. While considered the most important exponent of Italian Pop internationally (among the exhibitions: International Pop, Walker Art Center, 2015), he differs in focusing on the revolutionary research of Arte Povera, which he cofounded. 1 For the testimony of three authors refer to: Anna D’Elia (ed.), Pino Pascali, Electa, Characterized by a playful artificiality Milan 2010; Gabriele Guercio (ed.), De and a hyper-realistic tension toward simDominicis. Raccolta di scritti sull’opera e l’artista, Turin, Umberto Allemandi 2001; ulation, he uses primal material to give Sophie Duplaix (ed.), Gina Pane (1939meaning to an anthropological revalua1990). “È per amore vostro: l’altro”, Mart / Actes sud, Arles 2012. tion revealed in the work of the artist. In H e r e y o u d o n ’ t s i n g t o th e w o r l d o f fr o gs him facility and versatility are combined in the use of media, and he assembles form and highlights communication in an almost Pasolinilike way for a factually integrated artist. It is evident that what fascinates him is conceptual reinvention and the fantastic transfiguration of the world, thus to show that art is no longer a mirror of the real and the artificial, but instead appears from an intermediate zone, as a third option. In this regard we consider the great painterly work of Pierpaolo Campanini, who turns painting into assemblage, raising the object as a simulacrum. This seems dichotomous with the intention of Federico Tosi, who makes radical use of materials for an anthropological recovery of sculpture. Conversely there is Invernomuto, who conducts a free interpretation of reality to create irreverent and sharp criticism. This work has the same frequency as Simone Berti, who departs from the performative act in a shared exploration of the wonderful things in everyday life. And in assuming the responsibility of history, we find the work of Rossella Biscotti. Gino De Dominicis (Ancona, 1947 – Rome, 1998), the great storyteller, was different and complementary, being isolated in the ideal, contemplative location of Castelbasso. As an artist who bucked the system and was outside any categorization, he was characterized by an irreverent irony that developed his taste for paradox. He was a lateral and eccentric figure who pursued a dystonic trajectory since the end of the sixties (among his exhibits: Arte Povera International, Rivoli 2011; MAXXI, Rome 2010.) He deals with big issues like timelessness and tension in the face of natural phenomena, the projections we approach at the end to enforce limits. It is as if the mystical figures so recurrent in his pictorial production were not enough to substantiate, through the depiction of archetypal and hieratic figures, his iconographic leitmotif. This line of thought also inspires Thomas Braida, whose visionary paintings give soul to a screenplay teeming with the grotesque and driven by a profound sense of mystery, and drives the work of Luigi Presicce, who denotes his poetry as a matrix for the mystic, according to an almost ahistorical religious vision. We can also place the work of Luca Vitone 11 raffigurazione delle figure archetipiche e ieratiche, suo leitmotiv iconografico. Secondo quest'accezione si muove Thomas Braida, che grazie alla sua pittura visionaria anima una sceneggiatura brulicante e grottesca, mossa da un profondo senso del mistero, e Luigi Presicce che denota la sua poetica come matrice per il mistico, secondo una visione del religioso quasi astorica. Parimenti si possono accostare sulle medesime frequenze di sfida le formulazioni di Luca Vitone che verte verso un neoconcettualismo crepuscolare, iconico e sintetico nel contempo, o Rosa Barba e Agne Raceviciute che sembrano riflettere sulla nostra dimensione, sfidando le leggi della temporalità. Ultima, ma non meno importante colonna del progetto, è Gina Pane (Biarritz 1939 - Parigi 1990) per cui si è pensato alla città turrita di Ascoli Piceno e alla sensibilità lirica che permea la collezione di Osvaldo Licini. Voce fra le più autorevoli e incisive delle istanze femministe degli anni settanta (fra le rassegne recenti che ne hanno decretato la grandezza internazionale, Artevida, MAM, Rio De Janiero 2014; Mart, Rovereto 2012) la sua è una poesia che prende corpo dalla fisicità ed è sempre concepita attraverso un cerimoniale di straordinaria compostezza e concentrazione, perfettamente studiata in ogni dettaglio e testimoniata per ricostruire, selezionare, scegliere, trasformare, in una parola “fare storia” e aprirsi alla continuità del futuro. Il valore dell’emotività e della fragilità quale forza e dimensione per poter verificare l’essenza dell’individuo, partendo dalla propria testimonianza per inverare ogni azione 12 sociale. Sulle medesime frequenze un videomaker come Yuri Ancarani, dove una sensorialità materica accarezza l’immagine spesso rappresentata nella sua crudezza sociale, o Francesca Grilli che mutua una sorta di ricerca archivistica del sensibile mediante l’innesto di materiali incongrui. Simile è il discorso improntato da Diego Marcon e Moira Ricci, che associano delicatezza a forza nel descrivere le emozioni più intime, e Luca Trevisani, dove la materia si comporta come superficie osmotica e sensuale, mai priva di una certa organicità e leggerezza. L’allestimento segue questa sorta di organismo trifasico ed è diverso per ogni sede, mutando parallelamente alle intenzionalità di poetica dell’artista magister (Pino Pascali, Gino De Dominicis, Gina Pane) che connota lo spazio e si struttura in maniera funzionale all’intero ambiente. La messa in scena teatrale e la chiara impronta scenografica accompagnano le sedi urbane pescaresi di Pascali dove si evidenzia il senso della posa in opera e la fruizione ‘spettacolare’ dell’evento. Diverso e coerente al contesto storico e medioevale di Castelbasso è l’ambiente in cui si cala il velo intriso di attesa e mistero di Gino De Dominicis, che ben si presta a opere evocate, umbratili, elegantemente immobili. Quasi un racconto è invece la sede ascolana dedicata a Osvaldo Licini di Gina Pane. Qui la forza epiteliale dell’autrice trascolora senza soluzione di continuità con la leggerezza incisiva del maestro marchigiano per un dialogo sussurrato, dove l’individuo viene indagato sensorialmente come un involucro in fibrillazione. Q u i n o n s i c a n ta a l m o n d o d e l l e ra n e within this category, as it relates to waning, iconic, and synthetic NeoConceptualism, but also the work of Rosa Barba and Agne Raceviciute that seems to reflect our present time, while defying the laws of temporality. No less important is Gina Pane (Biarritz, 1939 – Paris, 1990) for whom we thought of the towered city of Ascoli Piceno and the lyrical sensibility that permeates the collection of Osvaldo Licini. As one of the most authoritative and incisive feminists voices of the 1070s (among other recent surveys of international importance, her work has been included in: Artevida, MAM, Rio De Janiero, 2014; Mart, Rovereto, 2012). Hers is a poetry that makes use of the physicality of the body and is always conceived through an extraordinary ceremony of composure and concentration. It is perfectly designed in every detail and organized to rebuild, select, transform, and in a word “make history” that is open to the continuity of the future. There is an emotive and fragile value that acts as a force to verify the essence of the individual, starting from the testimony to verify all social action. Then there is the work of videomaker Yuri Ancarani, whose sensory materiality caresses images often represented in their social crudeness, or Francesca Grilli, who borrows a kind of archival research of sensation, by grafting H e r e y o u d o n ’ t s i n g t o th e w o r l d o f fr o gs incongruous materials. There is a similarity in the works of Diego Marcon and Moira Ricci, in that they combine delicacy with strength in describing the most intimate emotions, and Luca Trevisani, whose materials behave like osmotic and sensual surfaces, never without a certain organic lightness. The exhibition follows this kind of organic three-phase flow and is different for each location, changing parallel to the poetic intention of each major artist (Pino Pascali, Gino De Dominicis, Gina Pane,) each characterizing part of the space and overall structure in the functional environment. There is theatrical staging and clear evidence of scenic locations of urban Pescara that infuse the work of Pascali, who focuses on the methodology of installation and the use of ‘spectacular’ events. Castelbasso is the setting to unveil Gino De Dominicis, whose mysterious works are both different and consistent in the medieval historical context, which lends itself well to evocative works with shadowy, elegant properties. And at the site in Ascoli dedicated to Osvaldo Licini is the work of Gina Pane. Here the epithelial strength of the artist blends seamlessly with the lightness of the incisive Marche master, to engage in a whispered dialogue in which the individual is under sensory investigation as a core of fibrillation. 13 Pino Pascali: iconografie, eredità e genealogie Pino Pascali: iconographies, legacies and genealogies Marco Tonelli Marco Tonelli Sebbene Pino Pascali sia stato una meteora nella storia dell’arte italiana (vissuto solo trentatré anni e attivo a tempo pieno come scultore dal 1964 al 1968), forse proprio per questa velocità d’esistenza, la sua opera è rimasta a tutt’oggi di grande attualità e vitalismo. Anzi, potremmo dire sempre di più grande attualità, come se le sue sculture fossero fatte per il nostro tempo e nel nostro tempo. Ne sarebbe un esempio il fatto che, proprio nell’ultima edizione della Biennale Arte di Venezia, All the World’s Futures inaugurata nel maggio del 2015, una sua opera del 1965 (Contraerea) sia stata scelta dal curatore a far parte della mostra e posizionata al centro del percorso espositivo in un progetto che vuole parlare del mondo globalizzato di oggi, affacciato già su scenari futuri. Che la presenza di Pascali all’interno di questa Biennale sia legittima o meno (cioè per ragioni fondate o strumentali) non importa: evidentemente è contemporanea la percezione della sua opera che se ne ricava a livello internazionale. Eppure tanto ancora deve essere detto e capito sul Pascali “postmoderno” già nel 1964 (quando il termine fu usato per la prima volta da Steve Marcus in ambito letterario e poi, nel 1968, da Leo Steinberg a proposito delle opere di Rauschenberg). Proprio quell’anno Pascali “nasce” infatti ufficialmente come scultore e tiene la sua prima mostra personale presso la Galleria La Tartaruga di Roma. E ancora tanto deve essere scritto sulla consanguineità delle sue opere con le ricerche minimaliste a lui coeve, oltre che naturalmente sugli influssi che hanno avuto su di lui l’opera di Brancusi, la Metafisica di de Chirico e Savinio o il Surrealismo di Magritte. 14 Il Pascali rinchiuso nelle categorie della Pop Art o dell’Arte Povera (che pure ha partecipato o anticipato) oggi non può più funzionare o comunque non basta più a definire i contorni della sua poetica. Senza contare il suo lascito per gli artisti italiani di oggi e le aperture internazionali della sua scultura su coordinate ambientali e teatrali che aveva sperimentato già con le mostre alla Galleria L’Attico di Fabio Sargentini a partire dal 1966 (e proprio all’Attico inizierà subito dopo la sua morte una straordinaria stagione di performance, installazioni, body art, musica elettronica), possiamo affermare che Pascali è l’artista che più di tutti ha codificato la propria pratica rispetto al concetto di finta scultura o di pelle della scultura, giocando sulla metamorfosi della forma e della materia in materiali o dei materiali in forma e materia. Antenati Della genetica metafisica e surreale di Pascali parlano opere specifiche, che dicono molto più di qualsiasi elaborazione teorica o storiografica. Colonne e foresta nella stanza del 1928 di de Chirico, come altre opere metafisiche di quel periodo, sono dirette progenitrici di Ruderi su prato realizzata nel 1964 da Pascali. Per non dire del dipinto Sulla soglia della libertà di Magritte del 1930, anticipatore onirico del Cannone Bella Ciao (fig. 1) di Pascali del 1965. Se a queste iconografie di irrealtà, teatrini domestici di finta natura e finta architettura, scenografie di interni, aggiungiamo la fascinazione di Pascali per le sculture di marmo e pietra, bianche, animalistiche, di Brancusi degli anni venti, riprese esplicitamente nella serie delle finte Even though Pino Pascali had only a brief career in the Italian art history, as he died at the age of thirty-three years and was a full-time sculptor only from 1964 to 1968, his fast and brief life probably made his works so contemporary and dynamic, as if his sculptures were realized for our time and in our time. In the latest edition of Biennale in Venice entitled All the World’s Futures inaugurated in May 2015, a work of his, Contraerea (1965) was placed in the centre of the exhibition’s space in a project focusing on globalization and future scenarios. It does not matter whether Pascali’s work was chosen for legitimate or specious reasons. What matters is that his artworks are still perceived as contemporary worldwide. Pascali’s work, which is still to be fully understood, was already “postmodern” in 1964, when the term “postmodern” was used for the first time by Steve Marcus in literature. In 1968 “postmodern” was used by Leo Steinberg to describe Rauschenberg’s artworks. In 1964 Pascali started making sculptures and had his first solo exhibition at Galleria La Tartaruga in Rome. The influence minimalism, Brancusi’s works, De Chirico’s metaphysics and Savino and Magritte’s surrealism had on his work has to be highlighted more, since defining Pascali’s works as Pop Art or Arte Povera (literally “poor art”), which he anticipated or contributed to, would be reductive to describe his poetics. It is necessary to take into account Pascali’s legacies for contemporary Italian artists and his work’s recognition abroad on environmental and theatrical coordinates, which from 1966 on he was experimenting through his exhibitions in Galleria dell’Attico of Fabio Sergentini – that, as he died, hosted an extraordinary season of performances, installations, body art and electronic music. Pascali was the artist who followed the concept of fake sculpture and sculpture’s surface playing on the metamorphosis of form and matter into materials and vice versa more than any other artist. Ancestors Specific Pascali’s artworks explain better than any theoretical and historiographic elaborations his metaphysical and surreal genetics. Metaphysical works, such as Colonne e foresta nella stanza, realized by De Chirico in 1928, directly inspired Ruderi su prato, realized by Pascali in 1964. Sulla soglia della libertà, realized by Magritte in 1930, anticipated Cannone Bella Ciao (fig. 1), realized by Pascali in 1965. Iconographies of unreality, domestic scenes of fake nature and architecture, internal sets, Pascali’s interest in Brancusi’s white and animalistic sculptures made of marble or stone realized in the 1920s and used as inspiration by Pascali in 1966, explain better than any terminology related to Pop and Arte Povera the historical genealogy of Pascali’s folkloristic poetics, his linguistic humour, his ironic and playful mixtures and his assembling operations. Contemporary artists The artists belonging to Pascali’s time and associated with him were inadequately and artificially defined as Scuola di Piazza del Popolo 15 sculture del 1966, avremmo ricostruito in sintesi una genealogia storica che spiega meglio dei termini Pop o Poveristi la poetica favolistica, il calembour linguistico, la combinazione ludica e ironica, la pratica assemblativa tipici di Pascali. Contemporanei Tra gli artisti suoi coetanei, quelli soprattutto riconducibili alle artificiose e ormai inadeguate etichette della romana Scuola di Piazza del Popolo o di un’Arte Povera nata sul finire del 1967 in cui Pascali è stato comunque inserito come ideale anticipatore, meglio si addicono semmai confronti stringenti con gli ingrandimenti oggettuali di Domenico Gnoli suo coetaneo o con le ricerche sulla tela estroflessa di Castellani e Bonalumi verso la metà degli anni sessanta. Uscendo dal panorama italiano troveremmo in Pascali somiglianze simultanee e rielaborazioni di invenzione con le più estreme e significative ricerche estetiche degli anni sessanta confluite nel Minimalismo o addirittura nella Land Art. Possiamo dire che Pascali ha dato una versione umana, non spersonalizzata né squisitamente concettuale di quelle esperienze, dando alla forma delle strutture primarie statunitense un riferimento arcaico, primitivo, primordiale, riconducendole sempre a referenti oggettuali, naturali e ludici. Una sorta di minimalismo dolce e non ideologico. Walter De Maria nel 1968 riempì una stanza di 50 metri cubi di terra (questo il titolo dell’opera), mentre Pascali racchiuse nel 1967 dei metri cubi di terra in veri cubi e parallelepipedi fatti di quella materia (almeno esternamente). A partire dal 1963, inoltre, la poetica della scultura cubica come pura presenza primaria la stavano affrontando sia Larry Bell che Tony Smith, per arrivare al 2006 ad Ai Weiwei che comprime in un metro cubo una tonnellata di terra. Robert Smithson nel 1966 realizza l’opera Tar Pool and Gravel Pit che, seppure avesse nelle intenzioni dell’autore uno spessore filosofico, geologico e psichico molto diverso, possiede però la stessa dimensione visiva e materica di Botole ovvero lavori in corso (fig. 2) che Pascali realizza nel 1967, con più leggerezza e senso assemblativo. Cuts del 1967 oppure Copper Steel Alloy Square del 1969, entrambe realizzate da Carl Andre, poeta assoluto del minimalismo, diventano in questa ottica una versione quasi castigata, marxista dei 32 metri quadrati di mare circa o dei 9 metri quadrati di pozzanghere (fig. 3) che Pascali inventa nel 1967 introducendo nelle due opere vera acqua. La perfetta e simultanea tangenza formale con la dimensione spaziale, 16 fig. 1 Pino Pascali, Cannone Bella Ciao, 1965 fig. 2 Pino Pascali, Botoli ovvero lavori in corso, 1967 fig. 3 Pino Pascali, 9 metri quadrati di pozzanghere, 1967 P i n o Pas c a l i : i c o n o graf i e , e r e d i t à e g e n e a l o g i e in Rome or as Arte Povera, which spread at the end of 1967. Pascali was defined as its ideal precursor. Among these artists, Pascali can be compared to Domenico Gnoli, for his object’s enlargement, or to Castellani and Bonalumi, for their interest in extroverted canvases in the mid-1960s. Beside Italian art, sudden similarities and re-elaborations of invention can be found in Pascali’s works, once the most extreme and meaningful aesthetic researches in the 1960s belonging to Minimalism and Land Art are taken into consideration. Pascali made them more human, gave them personality without making them completely conceptual, by giving to the primary American structures an archaic, primitive, and primordial reference and connecting them to natural and playful objects. Therefore his Minimalism can be perceived as sweet and non-ideological. In 1968 Walter De Maria filled a room with 50 square metres of soil, which is also the artwork’s title, while in 1967 Pascali filled real cubes and parallelepipeds, whose surfaces were made of soil, with square metres of soil. Moreover from 1963 on Larry Bell and Tony Smith, too, experimented the poetics of cubic sculpture as pure primary presence. Also Ai Weiwei did so by compressing a tonne of soil in a square metre. In 1966 Robert Smithson realized the artwork Tar Pool and Gravel Pit, which was supposed to have a different philosophical, geological and psychic value, but was very similar to Botole ovvero Lavori in corso (fig. 2) instead, which Pascali realized in 1967 with more lightness and sense of assemblage. Cuts or Copper Steel Alloy Square, realized respectively in 1967 and in 1969 by Carl Andre, who is considered the absolute poet of Minimalist, are almost a castigated and Marxist version of 32 metri quadrati di mare circa or of 9 metri quadrati di pozzanghere (fig. 3), both realized by Pascali in 1967, who introduced real water in his artworks. The fact that Pascali’s artworks perfectly fit the special, environmental and dimensional features of Minimalism shows Pascali was in line with the most advanced experimentation of his time, to which he contributed through suggestions and iconographies belonging to his personal history, to his place of origin and to a more real and ordinary geography. Descendants In 1967 Pascali used bales of hay in Cornice di fieno (fig. 4) and so did Mario Merz in Fulmine colpisce il campo, while in 1975 Alessandro Mendini realized Poltrona di paglia and in 2011 the Cuban artist Wilfredo Prieto amassed tens of bales of hay in the P i n o Pas c a l i : i c o n o gra p h i e s , l e ga c i e s a n d g e n e a l o g i e s fig. 4 Pino Pascali, Cornice di fieno, 1967 fig. 5 Pino Pascali, Colomba della Pace, 1965 fig. 6 Pino Pascali, Vedova Blu, 1967 17 ambientale e dimensionale del Minimalismo, dimostra quanto Pascali fosse in linea con la sperimentazione più avanzata del suo tempo, in cui aveva saputo immettere suggestioni e iconografie appartenenti alla propria storia personale, al proprio paesaggio d’esistenza, a una geografia dell’immaginario più reale e quotidiana. Discendenti L’uso di balle di fieno, a partire da Cornice di fieno di Pascali del 1967 (fig. 4), lo si ritrova nello stesso anno in Fulmine colpisce il campo di Mario Merz, mentre nel 1975 Alessandro Mendini realizza la Poltrona di paglia: un cerchio che si chiude con l’uso crudo, oggettuale, non poetico e tautologico fatto dal cubano Wilfredo Prieto che nel 2011 ha ammucchiato decine e decine di balle di fieno (Izquierda/derecha) nello spazio espositivo. E se Pascali è stato un punto di riferimento importante per la scultura di Nunzio (esponente di punta della Scuola di San Lorenzo negli anni ottanta), in particolare con le sue opere in gesso dipinto, per il videoscultore Fabrizio Plessi Pascali è stato l’artista che gli ha dato piena consapevolezza nel trattare l’acqua come materia, come forma divisibile e fisicamente manipolabile con azioni e performance fin dagli anni settanta, fino a farla diventare flusso elettronico racchiuso nelle geometrie modulari dei monitor. Sylvie Fleury nel 1996 realizza dei missili spaziali pronti al lancio ricoperti di pelouche che intitola Space Ship on Venus, fondendo evidentemente l’iconografia del missile di Colomba della Pace di Pascali del 1965 (fig. 5) con i suoi oggetti giganti di pelouche come Vedova blu del 1967 (fig. 6). Per l’arte italiana contemporanea il lascito di Pascali sta nella sua pratica 18 di liberazione dall’obbligo dello stile e della forma riconoscibile, una libertà che nessun artista contemporaneo è però riuscito a sviluppare con la stessa imprevedibilità e anarchia dei materiali. Ma le invenzioni di Pascali, l’uso di sintesi formali che nelle sue mani di bricoleur diventavano insolite e stranianti avventure, hanno comunque aperto la strada negli anni novanta ad artisti come Paolo Canevari (pavimenti e carri armati di copertoni o missili riflettenti), a giovani scultori degli anni duemila come Perino e Vele, Giuseppe Capitano, Lucio e Giuseppe Perone, i quali (tutti nati e cresciuti tra Napoli, Benevento e Campobasso) hanno dalla loro una diretta filiazione con lo spirito ironico, di ingrandimento oggettuale, di ricostruzione della natura, ancestrale, mediterraneo e tipico forse del Sud (Pascali era del resto nato a Bari, aveva frequentato il liceo artistico di Napoli e si era diplomato all’Accademia di Belle Arti a Roma), spirito che lo stesso Pascali aveva conservato vitale nonostante la sua estrema modernità e internazionalità di linguaggio. Sull’importanza di Pascali per l’arte contemporanea, infine, e la sua attualità basterebbe citare l’intervista fittizia “Doctor Stangelov” che Maurizio Cattelan (uno dei più “contemporanei” artisti negli ultimi venti anni della scena internazionale) fece a Pascali nel 2006 in occasione della pubblicazione del catalogo della mostra di Pascali tenuta da Gagosian a New York. Cattelan parlò in quell’intervista della leggerezza (“levity”) dell’opera di Pascali, della sua assoluta contemporaneità e atemporalità (“timeless”), dichiarando che assieme a Boetti era l’artista che più lo aveva ispirato. A futura memoria… P i n o Pas c a l i : i c o n o graf i e , e r e d i t à e g e n e a l o g i e exhibition’s space (Izquierda/derecha) in a rough, objective, non-poetic and tautological way. Pascali’s works made of painted plaster had an important influence on the realization of the sculptures by Nunzio, who belonged to Scuola di San Lorenzo in the 1980s , while the video-sculptor Fabrizio Plessi learnt from Pascali to handle water as a divisible and manipulable element during actions and performances from the 1970s on, making it even electronic flow in the monitor’s modular geometries in the end. In 1996 Sylvie Fleury realized spatial missiles ready to be launched covered by fur and entitled them Space Ship on Venus melding the missile’s iconography in Pascali’s Colomba di Pace (1965, fig. 5) and Pascali’s giant objects in fur such as Vedova Blu (1967, fig. 6). Pascali’s legacy for Italian contemporary art is the freedom from style’s rules and recognizable forms no artists has been able to develop with the unpredictability and the anarchy of materials Pascali succeeded to. His inventions, his use of formal synthesis turning in unusual and strange adventures in his handyman-like hands in the Nineties inspired artists such as Paolo Canevari, who created floors and tanks made of tire or reflecting missiles, young sculptors in the 21st century P i n o Pas c a l i : i c o n o gra p h i e s , l e ga c i e s a n d g e n e a l o g i e s such as Perino and Vele and Giuseppe Capitano, Lucio and Giuseppe Perone. All of these artists were born and bred in Naples, Benevento or Campobasso and have ironic, ancestral and Mediterranean spirit characterized by objective enlargement and nature’s reconstruction, that is typical of Southern Italy. Pascali was from Southern Italy, too: he was born in Bari, he attended an artistic lyceum in Naples and graduated at the Academy of Fine Arts in Rome and therefore had the same spirit, which he withheld in spite of his extreme modernity and international language. The fake interview “Doctor Stangelov” Maurizio Cattelan, who has been one of the most important contemporary artists in the last twenty years worldwide, made to Pascali in 2006 in occasion of the publication of the catalogue of Pascali’s exhibition at Gagosian in New York proves the important influence Pascali had on contemporary art and his modernity. In the interview Cattelan talked of the “levity” characterizing Pascali’s work, of Pascali’s absolute contemporaneity and timelessness, saying that Pascali and Boetti were the artists who inspired him the most. To future memory… 19 pino pascali (Bari, 1935 - Roma, 1968) Pino Pascali, Interno, 1960, tempera, collage e tecnica mista su cartoncino / collage and mixed media on cardboard, 25,2 x 35,2 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze Pino Pascali Albero con foglie, 1960, tempera e catrame su cartoncino mixed media on cardboard, 24,6 x 34,5 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 22 Pino Pascali Pan Argo, 1961, tecnica mista su cartoncino mixed media on cardboard, 35 x 90 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 23 Pino Pascali Al Cafone, 1961, tecnica mista su carta fotografica mixed media on photographic paper, 24,7 x 31 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 24 Pino Pascali Al Cafone e il bottino, 1961, matite a cera su carta / wax pencils on paper, 26,5 x 22 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 25 Pino Pascali Studio per I Killers, 1961, tecnica mista su carta mixed media on paper, 22 x 28 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze Pino Pascali Studio per I Killers, 1961, tecnica mista su carta mixed media on paper, 28 x 22 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 26 27 Pino Pascali Al Cafone, 1963, tecnica mista su acetato mixed media on acetate, 22 x 28 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze Pino Pascali Il Tenente O’Clock, 1964, tempera e china su acetato e carta sovrapposti / tempera and china ink on overlapping acetate and paper, 25 x 30 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 28 Pino Pascali Storyboard, I Killers, 1966, tecnica mista su cartoncino mixed media on cardboard, 28 x 22 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 29 Pino Pascali Policeman in moto, s.d. / n.d., grafite, matite a cera e biro su carta graphite, wax pencils and biro on paper, 28 x 22 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze Pino Pascali I Killers, s.d. / n.d., grafite,matite a cera e pennarelli su carta / graphite, wax pencils and felp-tip pens on paper, 22 x 28 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 30 Pino Pascali I Killers, s.d. / n.d., carboncino e inchiostri su cartoncino charcoal and ink on cardboard, 22 x 28 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 31 Pino Pascali I Killers, 1961-1962, matite su carta / pencils on paper, 25 x 35 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze Pino Pascali Poliziotto e detenuti, 1963, grafite su carta / graphite on paper, 28 x 22 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 32 Pino Pascali Il Tenente O’Clock e Al Cafone, 1967, tecnica mista su acetato e carta fotografica / mixed media on acetate and photographic paper, 24 x 30 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze Pino Pascali Al Cafone, Scicchettoso e Ragno, 1965, tecnica mista su carta fotografica mixed media on photographic paper, 50 x 65,7 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 33 Pino Pascali Tralicci, 1961, tecnica mista su cartoncino mixed media on cardboard, 35 x 50 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze Pino Pascali New York, 1963, timbri, matite e china su carta stamps, pencils and china ink on paper, 25 x 35,4 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 34 Pino Pascali Nave P3, 1961, tecnica mista su cartoncino mixed media on cardboard, 35,1 x 25 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 35 Pino Pascali Muffa, 1961, tecnica mista su carta velina e cartoncino / mixed media on tissue paper and cardboard, 25,5 x 32,5 cm collezione privata / private collection, Treviso 36 Pino Pascali Fondo Marino, s.d. / n.d., tecnica mista su cartoncino mixed media on cardboard, 24,9 x 34,9 cm collezione privata / private collection courtesy Frittelli Arte Contemporanea, Firenze 37 Pino Pascali SPOT “AFRICA” RADIOTELEFORTUNA RAI, 1965, 2” courtesy Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare 38 39 Pino Pascali Bucranio, 1966, tela bianca grezza dipinta di bianco e Vinavil su centine di legno, tre elementi / raw white canvas painted white and Vinavil on ribs of wood, three elements, 60 x 90 x 180 cm, veduta dell’istallazione a / Installation view at Palazzo De Sanctis, Castelbasso collezione / collection Galleria Civica d’Arte Moderna, Avezzano 40 Pino Pascali Studio per balena, 1967, cianografia su carta, esempl. blueprint on paper, exemplary, 4/20 Galleria civica di Modena, collezione / collection Don Casimiro Bettelli, in comodato dalla / on loan to Curia arcivescovile di Modena-Nonantola 41 Pino Pascali Pino Pascali o le trasformazioni del Serpente di Marco Giusti, 2003, 45” tratto da / from SKMP2 di / by Luca Maria Patella e prodotto da / and produced by L’Attico di Sargentini courtesy Fondazione Pino Pascali, Polignano a Mare 42 43 Pino Pascali Scogliera, 1966 60 x 140 x 50, 20 x 50 x 40, 45 x 110 x 40, 20 x 60 x 30 cm ca. (immagine con un pezzo mancante picture with a missing piece) tela bianca grezza dipinta di bianco e Vinavil su centine di legno, tre elementi raw white canvas painted white and Vinavil on ribs of wood, three elements collezione / collection Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Siena, Grosseto e Arezzo (all. Brandi a Vignano) 44 45 Pino Pascali / Franco Angeli US Army (opera a due mani), disegno su carta incollato su tela drawing on paper pasted on canvas, 410 x 70 cm, ed. 10/10 collezione privata / private collection 46 Pino Pascali Baco da setola, 1968, scoli acrilici su supporto metallico acrylic bristle brushes on metal support, 147 x 28 x 34 cm courtesy collezione / collection Tullio Leggeri, Bergamo 47 Pino Pascali Baco da setola, 1968, scovoli di setola acrilica colore verde su supporto metallico / green acrylic bristle brushes on metallic support, 35 x 20 x 100 cm collezione / collection Emilio e / and Luisa Marinoni, Lurago Marinone Pino Pascali Baco da setola, 1968, scovoli di setola acrilica colore verde su supporto metallico / green acrylic bristle brushes on metallic support, 35 x 20 x 80 cm collezione / collection Emilio e / and Luisa Marinoni, Lurago Marinone 48 Pino Pascali Baco da setola, 1968, scovoli di setola acrilica colore blu su supporto metallico / blue acrylic bristle brushes on metallic support, 35 x 20 x 160 cm collezione / collection Emilio e / and Luisa Marinoni, Lurago Marinone 49 Pino Pascali Baco da setola, 1968, scovoli di setola acrilica colore rosa su supporto metallico / pink acrylic bristle brushes on metallic support, 35 x 20 x 120 cm collezione / collection Emilio e / and Luisa Marinoni, Lurago Marinone 50 51 scheda critica Spesso inserito nella corrente dell’Arte Povera, Pino Pascali (1935-1968) è in realtà artista poliedrico di difficile inquadratura. Pugliese, studia prima a Bari e poi a Napoli dove consegue la maturità artistica per giungere infine a Roma, dove frequenta l’Accademia con il maestro Toti Scialoja. In questi anni (19561960) inizia una serie di pannelli dedicati alle armi, una passione probabilmente trasmessa dal padre, funzionario di polizia. Sono opere materiche che in qualche modo anticipano la serie di sculture del 1965 dedicate ai missili, ai cannoni, alle mitragliatrici e ai proiettili. Oggetti totalmente svuotati dalla valenza distruttrice e aggressiva che li caratterizza nella realtà, quasi spaesati dalla loro stessa incapacità di riuscire a commettere qualunque cosa. Il gioco e l’inganno sono infatti due componenti essenziali del suo procedere. “Il gioco non è solamente appannaggio dei bambini”, affermava nel lungo dialogo con la storica dell’arte Carla Lonzi, “tutto è gioco”. “E il gioco, anche per i bambini, è una cosa seria, è un modo per conoscere. I giochi dei bambini sono veramente fatti per permettere loro di sperimentare e scoprire le cose, per conoscere e nello stesso tempo superarle”. È il 1967 quando Pascali scrive queste frasi e ha già sperimentato, smontato e rimontato molti giochi. Primi fra tutti quelli dell’infanzia. In questi lavori, come pure in tutta la serie sulle ‘finte sculture’ dedicate agli animali, dagli scoponi che danno vita ai Bachi da Setola, alla tenera e innocua Vedova blu; dai cetacei 52 critical note agli animali preistorici, increspati e bianchi come gli scogli e le architetture del suo litorale, l’artista riflette sulla natura e vi ricostruisce una nuova civiltà. Nel farlo, sa trasferire non solo l’ingegno manuale, la sua grande capacità di modellare, ma soprattutto l’immediatezza e la libertà di fantasticare. Quello che caratterizza il suo lavoro è l’idea del set, della preparazione di una scena che a sua volta muterà uno spazio e si animerà solo grazie alla presenza dello spettatore. Un frammento di mondo, la cui potenza sta proprio nell’essere sempre qualcosa in potenza, nel riuscire sempre a contenere, anche nella staticità, il movimento. Emerge, in particolare in questi lavori, l’esperienza che Pascali fa in televisione prima con la INCOM e la Rai e poi con la Saraceni Cinematografica Pubblicitaria, dove conosce Sandro Lodolo, con cui instaurerà un decennale rapporto di amicizia e collaborazione all’interno della Lodolofilm. Qui Pascali è ancora una volta libero ideatore di personaggi e disegnatore. Vulcanico, versatile, incosciente, sa intelligentemente attivare, rimanendo sempre fedele a se stesso, forme di desiderio e seduzione – di cui l’ambito pubblicitario si serve –, attraverso il semplice e il primitivo. Accanto alle visionarie scenografie di cartapesta, un corpus vastissimo di bozzetti e disegni evidenzia ancora una volta la delicatezza e la leggerezza con cui Pascali sapeva scoprire la vita. Un approccio che necessitava sempre del tatto e del contatto. The art of Pino Pascali (1935-1968) was often defined as Arte Povera (lit. “poor art”), but actually it is hard to define his polyhedric art. He was born in Apulia, he studied in Bari and then in Naples, where he attended an artistic lyceum. He then moved to Rome, where he attended the Academy of Fine Arts with his teacher Toti Scialoja. In this period (1956-1960) he started realising a series of panels on war, which he was passionate about like his father, who worked in the police. The panels anticipated the series of sculptures realized in 1965 and dedicated to missiles, cannons, choppers and bullets. In Pascali’s works these objects lost the destructing and aggressive function they have in real life and they seem almost confused by their powerlessness. Pascali’s works were indeed characterized by plays and tricks and in the long correspondence he had with the art historian Carla Lonzi, he said: “Games and tricks are not only for children. Everything is a game”. “Children take games seriously as they are a means of knowing, experiencing and overcoming new things.” Pascali wrote this in 1967 as he had already experimented, dismounted and re-built many games, first of which his childhood ones. The artist reflected on nature and built a new culture in all these works, in the series of “fake sculpture” on animals, such as Bachi da Setola realized with brooms and the innocent and harmless Vedova Blu. He realised works on cetaceans, prehistoric animals represented as rippling and white as Apulia’s cliffs and architectural structures. In doing so, he used not only his ingenious manual skills, but also his capacity of freely fantasying. What characterizes his work is the idea of the set and of the scene’s preparation changing the space around it and coming to life through the presence of an audience. His works could be described as world’s fragments, whose power is represented by being in power and by containing movement even when they are static. Pascali’s experiences on TV with INCOM, Rai and then with Saraceni Cinematografica Pubblicitaria, where he met Sandro Lodolo, who became a very close friend of his and partner in Lodolofilm, influenced his works. In this period Pascali was free to create characters and draw. Pascali was volcanic, versatile, light-hearted, able to enact forms of desire and seduction typical of publicity using simple and primitive elements, but always sticking to his thinking. Pascali’s delicacy and lightness can still be found in the visionary sets made of papier-mâché and in his rich corpus of drawings. His way of proceeding always needed touch and contact. 53 simone berti (Adria, 1966) simone berti La comodità, pare non essere certo prerogativa del lavoro di Simone Berti (Adria, 1966), tanto che i protagonisti dei suoi lavori, siano essi oggetti o soggetti, si ritrovano a essere equilibristi improvvisati, attratti o dominati da strane forze e zone d’ombra gravitazionali. Li abbiamo visti ergersi su trampoli in terreni argillosi, incorniciati in rigide strutture di metallo o scolpiti su piedistalli in attesa dello scatto. Abbiamo assistito alla costruzione di orti/giardini pensili in balia delle molle, a bar pesanti ma ruotanti e al poetico sbocciare di fiori nei posti più impensati, come ad esempio sul cemento. Creature temerarie, a metà fra il terrestre e l’alieno, pronte a sfidare e a mettere in dubbio il visibile e l’ordinario e ad aprire, al contempo, delle riflessioni sulla posa e la postura; sul concetto di accademico e celebrativo. Sul classico e su tutte le sue derivazioni, sinonime o contrarie che siano: antico, desueto, colto, tipico, tradizionale, sobrio, leggero, popolare, primitivo... Greco-Romano. Nella sua ultima mostra I’ll Be There Forever/The Sense Of Classic, nel seicentesco Palazzo Cusani di via Brera o nella personale per il progetto Private, presso lo Studio Geddes-Franchetti a Roma, la rivisitazione dei lavori di amici artisti o solo conosciuti, diviene, come già accaduto in passato, riflessione ironica sul ritratto, talvolta parodia, richiamando al contempo l’evoluzione che la scultura e il monumento, intesi sia come qualcosa di pesante-commemorativo, che di astratto-materiale (una qualità che si concretizza nella forma), hanno avuto nel corso dei secoli. Artisti che si ripetono è il titolo dato alla serie di disegni incorniciati alle pareti e proiettati su statue classiche femminili, dove il sedere di Paola richiama la solidità degli antichi busti marmorei, mentre il piccolo Buddha Rudolf, rimanda alla spiritualità e alla leggerezza orientali. Elementi contrapposti che Berti inserisce costantemente nel suo lavoro, rafforzando maggiormente il senso di spaesamento e interferenza, già insiti nei singoli elementi che compongono la scena. Un esempio di questa ambiguità e disagio ha caratterizzato anche i dipinti esposti nel 2009 alla Biennale di Venezia, Fare mondi. Edifici assurdi che ricordano quelli in mostra, rappresentati in parte in prospettiva e in parte usando l’assonometria. Due sistemi ‘di costruzione’ totalmente diversi fra loro, che l’artista ha deciso di coniugare “per mostrare un’architettura assemblata fatta da differenti tipi di rappresentazione: l’assonometria, spesso utilizzata per il disegno tecnico di pezzi meccanici, e la prospettiva, scelta invece per rappresentazioni paesaggistiche o naturali”. Simone Berti Senza titolo, 2008, calcestruzzo, alluminio concrete, aluminum, 280 x 80 x 120 cm courtesy Galleria Vistamare, Pescara e l’artista / and the artist 56 57 simone berti Comfort does not apply to the artworks of Simone Berti (born in Adria in 1966). The elements componing Berti’s works, be they subjects or objects, are sort of improvised acrobats attracted or dominated by strange forces and gravitational shaded areas. Berti puts his subjects/objects on stilts on clay soils, in rigid metal structures and sculpted on pedestals as if they were about to move. In his artworks hanging gardens on springs, heavy and rotating bars and poetic flowers in unexpected places such as concrete can be found. His subjects are temerarious creatures combining terrestrial and alien elements ready to challenge and doubt what is visible and ordinary. His artworks make us think about pose and posture, about what is academic and celebrative, about what is classical and its derivations, be they alike or different, such as what is old, rare, cultured, typical, traditional, sober, light, popular, primitive... Greek-Roman. In his latest exhibition I’ll be there forever/The Sense of Classic in the 17th-century Palazzo Cusani in via Brera and in his solo exhibition for the project Private in Studio Geddes-Franchetti in Rome, by revising his artists friends or acquaintances, he reflected ironically on portrait sometimes turning it into parody, as he had already done in the past, thinking also of the evolution in sculpture and monument, meant either as something heavy and commemorative and abstract-material (a quality materializing in the form). Artisti che si ripetono is the title of a series of images framed on walls and projected on classical women statues, where Paola’s back reminds of the solidity and of ancient marble busts and the small Buddha Rudolf reminds of Eastern spirituality and lightness. These are opposed elements Berti always puts in his works to enforce the feeling of disorientation and interference already intrinsic to in each element composing the scene. An example of this ambiguity and discomfort are the paintings exposed in Biennale in Venice in 2009 entitled Fare Mondi. Absurd structures remind of Biennale’s exhibition space represented in perspective or using axonometry. Two systems of construction totally different from one another the artist decided to combine to show an assembled architecture made of different types of representation: axonometry for technically drawing mechanical pieces and perspective for natural and landscape representation. Simone Berti Senza titolo, 2009, grafite, carboncino e sanguigna su carta / graphite, charcoal and sanguigna on paper, 60 x 42 cm courtesy Galleria Vistamare, Pescara e l’artista / and the artist 58 59 rossella biscotti (Molfetta, 1978) Rossella Biscotti Le teste in oggetto (The Heads in Question), 2015 Silicone RTV-2/118, resina acrilica simil ceramica / Silicon RTV-2/118, acrylic resin ceramic-like misure varie / various dimensions in collaborazione con / in collaboration with Consorzio Aureo, Roma Courtesy the Artist and Museion, Bozen /Bolzano © Museion Bozen / Bolzano foto / photo Nicolò Degiorgis 62 63 rossella biscotti Rossella Biscotti (Molfetta, 1978) è stata più volte definita “archeologa della memoria e del contemporaneo”. I suoi lavori, siano essi video, fotografie, sculture o installazioni, sono infatti per la maggior parte dei casi, il risultato di accurate ricerche d’archivio e si inseriscono in una modalità operativa che dal razionale sa sempre confluire nell’onirico-emozionale. Intento dell’artista non è pertanto quello di colmare i buchi della storia alla ricerca della verità, che peraltro per l’artista non esiste, quanto quello di assorbirne le energie, le tracce (questo spesso avviene con la tecnica del calco), che daranno poi vita all’opera finale. Fondamentale risulta inoltre il concetto della testimonianza e collaborazione, che instaura ad esempio sia con psicanalisti o detenuti. I dreamt that you changed into a cat… gatto… ha ha ha, presente alla Biennale di Venezia del 2013 di Massimilano Gioni, è ad esempio il risultato di un workshop, svolto con le detenute della Giudecca e intitolato Laboratorio Onirico, caratterizzato da un’installazione a pavimento, simile a un labirinto spezzato, realizzata con il compost organico raccolto dalle prigioniere. Ad accompagnare il lavoro, un sonoro che ogni giorno, alle quattro, diffondeva i sogni delle stesse. Un progetto, questo, che si inserisce ancora una volta in quella continuità che caratterizza il suo fare e che commistiona il politico al marginale. Che investiga il tema della costrizione, del 64 controllo, della prigione e di come questa struttura vada lentamente a minare anche quella fisica e mentale. La testa, e tutto ciò che essa racchiude, sembra infatti essere spesso il vero archivio che Biscotti preferisce investigare. La relazione fra inconscio collettivo e personale. Le teste in oggetto, presenti in mostra, sono quelle di re Vittorio Emanuele II e di Benito Mussolini, costruite prima con il calco (2009) e poi con la proposizione artistica del loro negativo (2015). La forma è stata ripresa da quelle originarie e inedite, create da Prini e Rampini per l’Expo romana del ‘42. Edizione mai svolta causa la guerra, eppure così pesante e incisiva pur nella sua fantasmaticità. Le teste in oggetto sono teste che ci appaiono prima celebrative, integre nella loro monumentalità, e poi smebrate, svelate della loro essenza. Separate negli emisferi destro e sinistro, ricostruite come nelle lunghe sedute psicanaliche della pellicola Yellow Movie del 2010 o sezionate come in 168 Sections of a Human Brain (2009-2014), una serie di fotografie del primo taglio trasversale del cervello, collezionate dallo psichiatra freudiano Gerbrandus Jelgersma. Rossella Biscotti cerca continuamente fra le pieghe. Recupera i residui di memoria e illumina, sempre in maniera caleidoscopica, i black out della Storia. Mette in dubbio, attraverso la testimonianza, il concetto di un’assoluta verità. NUOVA DA PASSARE 65 66 67 rossella biscotti Rossella Biscotti (born in Molfetta in 1978) has been defined as “archeologist of memory and comtemporary time” many times. Her works, be they videos, pictures, sculptures or installations, are indeed mostly the result of precise researches, part of a methodology starting from rationality and going to the dreamlike and emotional field. The aim of the artist is not finding the missing historical truths, whose existence she does not believe in, but absorbing their energies and traces, often though mold, which will give birth to the final work. The concept of testimony and collaboration, that she also has with psycanalists and imprisoned, is essential. I dreamt that you change into a cat… gatto… ha ha ha, presented at the Biennale of Massimilaino Gioni in Venice in 2013, is the result of a workshop, whose title is Laboratorio Onirico, made with women imprisoned in Giudecca. It consists of an installation on the floor similar to a broken labyrinth realized with the organic compost gathered by the imprisoned. Every day at the same time while they were working a sound reproducing their dreams accompanied their work. This project is part of the continuity characterizing Biscotti’s work and making politics merge with what is marginalized. This project focuses on the topic of constriction, control, prison and how these structures 68 influence people in physical and mental terms, too. The head and what is inside it seems to be what Biscotti prefers to investigate along with the relation between personal and collective unconscious. Le teste in oggetto, that were present at the Biennale, belong to Vittorio Emanuele II and Benito Mussolini, built with mold first (2009) and then with the artistic proposition of “loronegativo” (2015). The shape of their heads came from the original and unreleased ones created by Prini and Rampini for Expo in Rome in 1942, that never took place because of the war, but that is still burdensome and incisive for its phantasmagoria. The heads are celebrative and monumental first and then dismembered and revealed in their essence. The right and left hemispheres are divided and rebuilt like it was used to in the psychoanalytic sessions in the movie Yellow Movie (2010) or sectioned like in 168 Sections of a Human Brain (2009-2014), which consists of a series of pictures showing a brain transversally cut and collected by the Freudian psychoanalyst Gerbrandus Jelgersma. Rossella Biscotti investigated the brain looking in its folds. She recollected what remains of memory and highlighted the blackouts in history in a kaleidoscopic way. Thus she made the concept of absolute truth weak through testimony. 69 pierpaolo campanini (Cento, 1964) pierpaolo campanini Da sempre affascinato dalla dimensione oggettuale e architettonica, Pierpaolo Campanini (Cento, 1964), dà vita a delle tele seduttive dall’aspetto emblematico. Composizioni misteriose, frutto di precedenti assemblages che consistono nel mettere insieme tutto ciò che di residuo incontra nel suo cammino, legarlo, fotografarlo e infine dipingerlo. Il risultato di questo ammasso, alieno e precario, dà così vita a delle forme artificiali e algide. Algide, eppure incredibilmente ammalianti. Strutture che lui ha saputo sapientemente ricomporre e ripulire sulla tela, attuando una sorta di maquillage, ovvero una rappresentazione del più falso del falso e che proprio grazie a ciò raggiunge una sorta di innocenza e trasparenza superiore, priva di ogni traccia di sangue e di ogni traccia di senso. Una costruzione metafisica e surreale che oscilla al contempo fra l’immagine di un’imponenza storica ormai perduta, il totem primigenio e il contemporaneo dilagare di strutture simil-gonfiabili gardalaniane. Se i due lavori presenti in mostra fanno parte di un periodo precedente, incentrato maggiormente sulla ricerca della perfezione formale, degli equilibri compositivi, dei giochi di chiaroscuro e sull’effetto patinato che deriva da questa pulizia, a partire dal 2009 l’artista inizia a ricercare nuove dimensioni. Dimensioni che creino un equilibrio fra la precedente idea di forma e il disordine delle forme naturali che si stava lentamente insinuando. A dare una svolta decisiva a questa esigenza sempre più urgente, sono state letture della Terra desolata di Eliot e Il ramo d’oro di Frazer. Letture che oltretutto gli riportano alla luce antiche memorie legate alle piante che coltivava la madre, in particolare quei geranei ai quali non veniva cambiato mai il vaso e che per ribellarsi si trasformavano così in rampicanti. Oppure quella pianta d’Acanto mai bagnata dall’artista e che così una volta bruciata dal sole si era fatta scultura. Untitled, un olio su tela, del 2010 di 50 x 40 cm è il primo risultato di queste riflessioni. Su un terreno selvatico e acquoso dalle gradazioni fredde e solari, dove tutto improvvisamente sembra essersi sciolto. Come rovesciato sulla tela, finalmente ribellato da quei lacci che da troppo tempo trattenevano. Svelando, finalmente, gli abissi della superficie. A essere coinvolti e mutati in questo cambiamento non sono stati solo le forme e i colori che si sono fatti più chiari e luminosi, quanto il concetto stesso di scultura, elemento fondante delle sue composizioni. Ora le strutture non appaiono più solenni e monumentali, bensì vicine e fluide. La costruzione di modellini si è mano a mano rarefatta, aprendo le porte all’osservazione del naturale. Pierpaolo Campanini Untitled, 2001, olio su tela / oil on canvas, 141 x 191 cm courtesy l’artista / the artists e / and kaufmann repetto Milano/New York 72 73 pierpaolo campanini Pierpaolo Campanini (born in Cento in 1964) has always been fascinated by the object-centred and architectonic dimension and created seductive and emblematic paintings. His mysterious compositions are the result of previously made assemblages consisting in putting together, connecting, photographing and painting everything residual he randomly found. The result of this alien and precarious mass brings to life artificial and algid works, but still extremely fascinating ones. He managed to re-compose and make clear on canvas the structures he created by realizing a maquillage, which is a fake representation of something fake and only thanks to its falseness can be highly innocent and transparent without having any trace of blood nor meaning. These metaphysical and surreal constructions recall the image of a lost historical powerlessness, the original totems and the contemporary increasing numbers of inflatable funfair-like structures. The two works in the exhibition belong to the period, during which Campanini focused mostly on the search for formal perfection, composition balance, chiaroscuro and on the glossy effect given by this perfectionism. From 2009 on, Campanini started exploring different dimensions, characterized by a balance between the formal rigour and the chaos of natural shapes, which he was getting more and more fascinated by. The Waste Land by Eliot and The Golden Bough by Frazer represented a turning point. The two books reminded him of old memories about the plants cultivated by his mother, in particular geraniums, whose vase had been never changed and which rebelled turning into rampant, and the Achantus, which had been never watered by the artist and thus once burnt by the sun turned into a sculpture. Untitled (2010, 50 x 40 cm), which was painted with oil on canvas, is the first result of these thoughts. In the painting a wild and watery terrain, whose colour gradations are cold and radiant, is represented. Everything on this terrain seem to have melted and, once painted on canvas, also freed from laces it was withheld for too long by, making the surface visible. Not only shapes and colours, which became lighter and luminous, changed, but also the concept of sculpture itself, which is an essential element of his works. Structures were not monumental and solemn anymore, but close to one another and fluid. Campanini started leaving aside the construction of structures and observing and studying the nature instead. Pierpaolo Campanini Untitled, 2008, tempera su tela / tempera on canvas, 135 x 125 cm courtesy gli artisti e / the artists and kaufmann repetto Milano/New York 74 75 invernomuto (Simone Bertuzzi, 1983; Simone Trabucchi, 1982) invernomuto Gli Invernomuto (Simone Bertuzzi, 1983; Simone Trabucchi, 1982) sono un collettivo formatosi nel 2003, la cui attenzione viene rivolta soprattutto al contesto audiovisivo e alla commistione fra diverse discipline. A ciò si unisce la realizzazione di fanzine (la loro ricerca è iniziata infatti con un video e con ffwd_mag, che in origine era un magazine) e il coinvolgimento di frontmen appartenenti all’ambito musicale, come Charlemagne Palestine o, più recentemente, Lee ‘Scratch’ Perry, uno dei più importanti protagonisti della scena raggae mondiale. Questa sorta di subcultura appartenente ad ambiti underground si è poi mano a mano commistionata a racconti e testimonianze appartenenti alla provincia, alla storia del colonialismo – soprattutto quello italiano in Africa – e, di conseguenza a tutto il contesto di miti e riti legati alla terra e alle sue energie, colti da noi occidentali come mero trofeo da esibire. Fra i loro lavori più articolati si ricorda Negus, progetto in progress costituito da più tappe, che è viaggio geografico e storico-etnografico che connette Vernasca, paese d’origine dei due autori, a culture africane e giamaicane con nessi affini. Il lavoro, allestito recentemente nella loro ultima personale a Milano presso Marsèlleria, consiste in una articolata installazione suddivisa in tre ambienti – una sorta di simbologia trinitaria, di suddivisione dantesca o temporale – nei quali si procede in modo ascensionale. Wondo Genet, Ruatoria e Black Ark, sono i nomi di tre luoghi realmente esistenti che costituiscono un itinerario popolato da frammenti: una scala a chiocciola che non porta da nessuna parte, delle piante, la statua di un leone, tele riflettenti, specchi e sculture alle pareti, che rimandano nuovamente al numero tre e alle sue simbologie. Elementi semplici, familiari, che così disposti e affiancati suscitano, al contrario, un senso dello spaesamento e dell’assurdo, dove a dominare vi è la forte presenza dell’artificio, del ‘turistico’, del posticcio. Ne è un esempio la seducente scultura in cera intitolata Wax, Relax e destinata a sciogliersi nell’arco della mostra. La struttura, copia della copia della grotta di Lourdes che si trova nella chiesa della città dei due artisti, è accompagnata da una traccia musicale e illuminata da fasci di luce colorati. Questa ricerca sull’africanismo, sulla devozione e su come l’esotico sia stato e venga ancora oggi recepito e travisato dagli occidentali, procede anche nei due lavori in mostra Malù. Lo stereotipo della Venere Nera in Italia e Venere Nera. Invernomuto Venere Nera, 2014; installazione presentata a installation view at ‘Anabasis Articulata’, Triennale di Milano courtesy l’artista / the artists foto / photo Giulio Boem 78 79 invernomuto Invernomuto (Simone Bertuzzi born in 1983 and Simone Trabucchi born in 1982) is an organization founded in 2003, active in the audiovisual context and interested in the merger of different disciplines. The organization also realizes fanzines, such as ffwd_mag, which first was a magazine and that along with a video was Invernomuto’s starting point. Invernomuto collaborates with music bands’ frontmen, too, such as Charlemagne Palestine and, more recently, Lee “Scratch” Perry, who is one of the most important personality in the reggae scene worldwide. This sort of subculture belonging to the underground fields gradually merged with local stories and tales, with the colonialism’s history – in particular the Italian one in Africa – and therefore with myths and rites tied to the earth and its energies, which for Western people are merely a trophy to display. Among their most elaborated works there is Negus, which is a project in progress consisting in a sort of geographical, historical and ethnographical experience connecting the two artists’ hometown, Vernasca, to African and Jamaican cultures by virtue of their similarities. This work – recently set up in their solo exhibition at Marsèlleria in Milan – consists in an articulated installation metaphorically ascending within three spaces, according to a sort of Trinitarian symbolism recalling Dante’s one and the one tied to time. The three spaces borrow their names from real places, namely Wondo Genet, Ruatoria and Black Ark and create an itinerary full of fragments: a winding staircase bringing nowhere, some plants, a lion statue, reflecting canvases, mirrors and sculptures on walls recalling the number three and its symbolism once again. These simple and familiar elements disposed in this way and close to one another create an absurd and confusing feeling in an artificial, “touristic” and fake atmosphere. An example is the seductive wax sculpture entitled Wax, Relax and destined to melt within the exhibition’s duration. The structure, which is a copy’s copy of Lourdes cave in Vernasca’s church, is accompanied by music and lighted up by colourful lights. Their research about African culture, about devotion and about the way exotic cultures were and are still conceived and misinterpreted from Western people are the topic of their works Malù. Lo stereotipo della Venere Nera in Italia and Venere Nera, too. Invernomuto Malù - Lo stereotipo della Venere Nera in Italia, 2015, video still courtesy l’artista / the artists e / and American Academy, Roma 80 81 federico tosi (Milano, 1988) federico tosi Attraverso l’uso dei materiali più disparati, che vanno dal consueto legno, vetro, terracotta o resine, fino a sperimentare la malleabile plastilina o la sfuggente gelatina, Federico Tosi (Milano, 1988) crea dei feticci-totem in cui spesso è insita una brutalità tipicamente tribale. Nella serie Rotten Bullshit realizza, ad esempio, una serie di animali – la cui specie richiama in noi umani scenari di grazia e di dolcezza – orrendamente squartati. Un delfino viene divorato da dei topi, mentre un elegante cigno/corvo e un pappagallo appaiono totalmente smembrati. Per quanto il concetto e l’immagine reale possano sembrare alquanto disgustosi, quello che traspare, da queste variopinte composizioni è, al contrario, un senso del prezioso, finanche del divertente. Come se l’artista volesse aiutarci a guardare, con stupore e leggerezza, alla nuova vita che si irradia dalla morte, agli inaspettati e vitali paesaggi generati da queste forme pulsanti. Al senso della composizione e della geometria, come pure ai diversi livelli della percezione e del senso della bellezza. In Old Digger, una coppia di dinosauri ricoperti in foglia oro, si ripara, intimidita, nell’angolo della galleria. Di fronte a loro, un gruppo di dodici avvenenti ragazze ne esalta la bellezza – esclusivamente la bellezza – come tiene lui stesso a sottolineare, della scultura in mostra. Attraverso questo gesto, che accresce l’imbarazzo dei dinosauri e ipotizza l’idea che un oggetto possa avere attributi sensibili, l’artista si appresta a divenire una sorta di tester emotivo. Quali sensazioni possono aver provato le persone per strada, vedendolo vestirsi male, performance di 45 giorni così intitolata, o aggirarsi con dei denti colorati? E chi lo ha visto così combinato che percezione ha avuto? La vergona è un altro tema che si scorge nei lavori dell’artista. Vergogna come un sentimento misto a disagio e divertimento, quello che scaturisce, ad esempio, alla vista dei dieci cubetti della Diciottesima guerra mondiale, intenti a masturbarsi e a rivolgere gesti più o meno educati allo spettatore o a flirtare spudoratamente davanti a lui. Non solo il totem dunque, ma spesso anche il tabù, ovvero i nostri istinti e le nostre paure più ancestrali. La violenza, la paura, la vergogna, la sessualità, la morte. Il sacro, inteso, come lui stesso ha affermato, “come specchio della nostra incomprensione, del nostro disagio e delle nostre domande senza risposte”. Federico Tosi Live strong, meows hard, 2015, resina termoindurente, legno, candele, cristalli di rocca, azzurrite, incensi, monete, acqua, cannella, biscotti, sigarette, acqua santa, rame, carta bruciata, acciaio, argento, colla thermosetting resin, wood, candles, rock crystal, azurite, incense, coins, water, cinnamon, cookies, cigarettes, holy water, copper, burnt paper, steel, silver, glue, 40 x 210 x 40 cm collezione privata / private collection 84 federico tosi Federico Tosi (born in Milan in 1988) creates fake totems, which are often characterized by a typically tribal brutality, through the use of different materials, among which ordinary ones such as wood, glass, resins and terracotta, but also modeling clay and fleeing gelatin. In the series Rotten Bullshit he realized, for example, a series of animals, that normally make humans recall kind and gracious scenarios, horribly dismembered. A dolphin is devoured by mice while an elegant swan/raven and a parrot appear dismembered. As much as the concept and the image could seem disgusting, to the contrary what this colourful compositions creates is a sense of preciousness and sometimes also fun. It is as if the artist wanted to help us look with surprise and lightness to the new life coming from death and to the unexpected and lively passages generated by these living entities, to the sense of composition and geometry, the different levels of perception and sense of beauty. In Old Digger a couple of dinosaurs covered by gold hide frightened in a corner of the gallery. In 86 front of them a group of twelve gorgeous girls admires the sculpture’s beauty – and only the beauty – as underlined by him. Through this gesture, which embarrassed the dinosaurs even more and suggested that the objects could also have feelings, the artist becomes a sort of emotive tester. How did people on the streets think seeing him in Vestirsi male (dressing bad), a performance lasting 45 days, or seeing him walking around with colourful teeth? And what perception could have had who saw him like this? Shame, meant as mixed feeling between embarassement and fun, is another topic present in his works. Shame can be felt by seeing, for example, ten cubes of Diciottesima Guerra Mondiale masturbating and making offensive gestures to the audience or flirting openly in front of it. In his works there are not only totems, but also taboos, which consist in our ancestral instincts and fears such, as fear, shame, sexuality and death and what is sacred, meant as “mirror of our incomprehension, of our discomfort and our answerless questions”, as he described them. 87 apparati / appendix Gli apparati si avvalgono di una scheda curriculare esaustiva e di una selezionata sezione bibliografica, comprendente anche i più significativi rimandi in rete. I criteri cronologici (il 2010 quale terminus ante quem) che presiedono la compilazione della scheda vogliono inoltre formulare una ideale piattaforma sincronica, ipotizzando rimandi espositivi puntuali fra i diversi e differenti percorsi degli artisti. Each apparatus is provided by a comprehensive curricular datasheet and by a selected bibliographical section including the most important websites. The chronological criteria of datasheets – based on 2010 as terminus ante quem – offer an ideal syncronic platform, where references to precise exhibition points within the artists' exhibition itineraries can be found. PINO PASCALI (Bari, 1935 - Roma / Rome, 1968) PERSONALI / SOLO SHOWS 2015 Pino Pascali, Stilizzazioni? Non solo, Art-House, Bagno Vignoni Pino Pascali, L’africano, Museo Civico Castelbuono, Castelbuono 2014 Pino Pascali. Avanguardia del 900, Palazzo Cavour, Torino Pino Pascali. BOOOM! Pino Pascali e il gioco delle armi, Museo d’Arte Contemporanea Villa Croce, Genova 2013 Pino Pascali. Cinque bachi da setola e un bozzolo, Galleria L’Attico, Roma 2012 L’altro Pascali, Centro Arti Visive Pescheria, Pesaro 2011 Pino Pascali, Mediterraneo Metropolitano, Galleria Colossi Arte Contemporanea, Brescia (itinerante) Pascali Pino, Galleria Granelli, Livorno Giungla, Galleria Bluorg, Bari ...a multitude of soap bubbles which explode from time to time..., Camden Arts Centre, London 2010 Pino Pascali, Ag arte contemporanea, Roma COLLETTIVE / GROUP SHOWS 2015 Qui non si canta al mondo delle rane, Palazzo delle Genti d’Abruzzo, Pescara Trittico, Fondazione Prada, Milano 90 In Part, Fondazione Prada, Milano Biennale di Venezia, 56th International Art Exhibition, La Biennale di Venezia Settore Arte, Venezia Un museo ideale. Ospiti d’eccezioni nelle Collezioni del Novecento, Museo del Novecento, Milano International Pop, Walker Art Center, Minneapolis Nice to See You! 160 Works from the Collection, Kunstmuseum Liechtenstein, Vaduz 2014 On Another Scale, Galleria Continua, San Gimignano The Shaped Canvas, Revisited, Luxembourg & Dayan, New York Pino Pascali / Luigi Ghirri, Fondazione Museo Pino Pascali, Polignano a Mare Opere su carta dal 900 italiano, Bibo’s Place, Todi Sign and Writing: a path through italian art, Galerie Tornabuoni Art, Paris 2013 Compagni di strada, Fondazione Museo Pino Pascali, Polignano a Mare Carta canta nel tempo, Galleria Lombardi, Roma Quarantanni d'arte contemporanea. Massimo Minini 1973-2013, La Triennale di Milano. Design Museum, Milano Artisti nello spazio. Da Lucio Fontana a oggi: gli ambienti nell’arte italiana, Fondazione Rocco Guglielmo, Catanzaro The Mediterranean Experience: The Mediterranean as a spatial paradigm for the circulation of ideas and meaning, MMCA Macedonian Museum of Contemporary Art, Thessalonica Within A Common Horizon: Pino Pascali & Jannis Kounellis, Luxembourg & Dayan London, London 2012 Arte Povera, Neues Museum Weimar, Weimar Arte povera. Der grosse Aufbruch, Kunstmuseum Basel, Basel Novecento. Ettore e Claudia Gian Ferrari, Museo del Novecento - Civici Musei di Milano, Milano Artenatura, Antico Palazzo della Pretura, Castell’Arquato We Love You, Limoncello, London Arte Povera in città, GAMeC - Galleria d‘Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo Forme et informe, Musée des Beaux Arts de Dôle, Dôle 2011 Arte Povera 1967-2011, La Triennale di Milano. Design Museum, Milano Arte Povera 1968, MAMbo - Galleria d’Arte Moderna di Bologna, Bologna Pino Pascali. Ritorno a Venezia / Puglia Arte Contemporanea, Palazzo Michiel dal Brusà, Venezia Attraverso le collezioni della grandi nuclei Arte Moderna II, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, Roma Mirabilis, Spazio 88, Roma Il giardino segreto, Complesso Monumentale di Santa Scolastica, Bari Passato-Presente. Dialoghi d’Abruzzo, CIAC – Centro Internazionale per l’Arte Contemporanea, Genazzano 1961-2011. Cinquant’anni d’arte in Italia dalle collezioni GNAM e Terrae Motus, Reggia di Caserta, Caserta Arte Povera più Azioni Povere, MADRE – Museo d’Arte Donna Regina, Napoli Che Fare? Arte Povera. Die historischen Jahre, Lentos Kunstmuseum Linz, Linz 2010 Energie, Materiali Poveri, Concetti, Galleria Biasutti & Biasutti Arte Moderna e Contemporanea, Torino Heavenly Creatures, Aubin Gallery, London Arte Povera 2, Galerie Di Meo, Paris MACROradici del contemporaneo. L’Attico di Fabio Sargentini 1966-1978, MACRO, Roma Il museo privato. La passione per l’arte contemporanea nelle collezioni bergamasche, GAMeC - Galleria d´Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo Libro/Oggetto: Italian Artists’ Books, 1960s-Now, Santa Monica Museum of Art, Santa Monica Painting, Process and Expansion, Museum Moderner Kunst Stiftung Ludwig - MUMOK, Wien Linee 1960-1970, Galleria Maria Grazia Del Prete, Roma Africa immateriale. Liquidità della visione, Centro per l’Arte Contemporanea, Catanzaro Pagine da un bestiario fantastico, Galleria Civica di Modena, Modena Roma Sessanta, Museo dei Campionissimi, Novi Ligure Tracks and Traces, Galleria In Arco, Torino Di-Segni, Galleria Traghetto Roma, Roma bibliografia / bibliography Achille Bonito Oliva, Il territorio magico, Edizioni centro DI, Firenze 1971. Achille Bonito Oliva, Pino Pascali. Il disegno del mondo, Skira, Milano 2008. Anna D’Elia (a cura di / edited by), Pino Pascali, Polignano a Mare, Museo Pino Pascali, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Electa, Milano 2010. 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COLLETTIVE / GROUP SHOWS 2015 Qui non si canta al mondo delle rane, Spazio Matta, Pescara I’ll Be There Forever – The Sense of Classic, Palazzo Cusani, Milano 2014 Simone Berti / Sergio Breviario / David Casini / Enza Galantini, MK Search Art, San Giovanni Valdarno There is No Place Like Home, via Aurelia Antica 425, Roma Equilibri, Erica Fiorentini Arte Contemporanea, Roma Visioni per un inventario una mappa del navegar pitoresco, Fondazione Bevilacqua La Masa – San Marco, Venezia Se di-segno, Padiglione Esprit Nouveau, Bologna 2013 Le lacrime degli eroi. Arte in movimento per una nuova idea di scultura, Biblioteca Civica, Verona (itinerante) Fuoriclasse, Galleria d’Arte Moderna, Milano Sulcis Oddity, Civico Museo d’Arte Contemporanea di Calasetta, Calasetta Visioni. La fortezza internazionale dell’Arte, Fortezza e Museo delle Armi, Civitella Le ragioni della pittura. Esiti e prospettive di un medium, Palazzo Clemente, Castelbasso XXIV Biennale del muro dipinto, sedi diverse / different venues, Dozza 2012 Up/Market, Ex autofficina Porta Vercellina, Milano 2011 Scultura Lingua, Marsèlleria, Milano Simone Berti, Margherita Morgantin, Elena Nemkova, Italo Zuffi, Casabianca, Zola Pedrosa Finzioni festival di videoracconti contemporanei, Museo Internazionale delle Marionette Antonio Pasqualino, Palermo Espiritu y Espacio, Banco Santander Foundation, Madrid Matter of Action, O’, Milano 2010 Temporaneo. Arte contemporanea nella città in evoluzione, Nomas Foundation, Roma Cambiare il mondo con un vaso di fiori (Changing the world with a vase of flowers), Fondazione Pierluigi e Natalina Remotti, Camogli (itinerante) Broken Fall (Geometric), Galleria Enrico Astuni, Bologna 4th Biennial of Ceramics in Contemporary Art, Biennale of Ceramics in Contemporary Art, Vado Ligure ITaliens, Ambasciata d’Italia in Germania, Berlin Happy Birthday. Peep-Hole Annual Benefit, Peep-Hole, Milano bibliografia / bibliography Chiara Bertola, Giacinto Di Pietrantonio, Angela Vettese (a cura di / edited by), talent/um, tolerāre, Fondazione Querini Stampalia, Venezia, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Charta, Milano 2000. Daniel Birnbaum (a cura di / edited by), Fare mondi/ Making Words, 53a Biennale Internazionale d’Arti Visive di Venezia, Venezia, La Biennale, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Marsilio, Venezia 2009. Francesco Bonami (a cura di / edited by), Italics. Arte Italiana fra tradizione e rivoluzione 1968-2008, Palkazzo Grassi, Venezia, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Mondadori, Milano, 2008 (itinerant). Francesco Bonami, Sarah Cosulich Canarutto (a cura di / edited by), Vernice. Sentieri della giovane pittura italiana, Villa Manin di Passariano, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Passariano 2004. 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L’isola, De Vleeshal, Middelburg Title One: The tasks of the Community, Fluxus room, Vilnius 2010 the sun shines in kiev, Lion Arts Centre, Adelaide A short story about memory, pentothal and dreams, Wilfried Lentz, Rotterdam COLLETTIVE / GROUP SHOWS 2015 Qui non si canta al mondo delle rane, Spazio Matta, Pescara Riddle Of The Burial Grounds, Project Dublin, Dublin À fendre le cœur le plus dur, FRAC - Alsace, Sélestat Invisible Violence, Salzburger Kunstverein, Salzburg Unendliche Bibliothek, Alte Fabrik - Gebert Stiftung für Kultur, Rapperswil 92 2014 21 Artists Shortlisted for the Future Generation Art Prize 2014, Office 510, Kiev Glitch. Interferenze tra arte e cinema, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano The Yellow Side Of Sociality. Italian Artists In Europe, BOZAR - Palais des Beaux-Arts / Paleis voor Schone Kunsten, Bruxelles Invisible Violence, ARTIUM - Basque Museum Center of Contemporary Art, Vitoria-Gasteiz Journal, Institute of Contemporary Arts, London The Act of Seeing with One’s Own Eyes, CAG - Vancouver Contemporary Art Gallery, Vancouver Ritratto dell’artista da giovane, Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Torino IK 00 The spaces of confinement, Casa dei Tre Oci, Venezia Invisible Violence, Museum of Contemporary Art Belgrade, Belgrade Italy in SongEun: We Have Never Been Modern, SongEun ArtSpace, Seul To continue. Notes towards a Sculpture Cycle | Materia, Nomas Foundation, Roma Don’t Embarrass the Bureau, Lunds konsthall, Lund 2013 Women Commentators, Centre for Contemporary Art Ujazdowski Castle, Warszawa 5X5Castelló2013 - Premi Internacional D’Art Contemporani Diputació De Castelló, EACC - Espai d´Art Contemporani de Castelló, Castellon de la Plana An Opal World, Kunstraum, London Nero Luce, Prometeogallery, Milano 13th Istanbul Biennial - International Istanbul Biennial, sedi diverse / different venues, Istanbul Biennale di Venezia - 55th International Art Exhibition, La Biennale di Venezia, Venezia Sail Away, We Must!, Galeri Zilberman, Istanbul 2012 The Traveller. A Visual Journey by Alexander Ramselaar, Tent - Centrum Beeldende Kunst, Rotterdam mostra collettiva / group exhibition, Moderna galerija Ljubljana, Ljubljana Beyond Imagination, Stedelijk Museum CS, Amsterdam La storia che non ho vissuto (testimone indiretto), Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, Torino The New Public, Museion, Bolzano Soundworks, Institute of Contemporary Arts, London Documenta (13), sedi diverse / different venues, Kassel Manifesta 9, Koolmijn van Waterschei-Genk, Genk Alternativa 2012, Materiality, Wyspa Institute of Art, Gdansk Towards A Warm Math, On Stellar Rays, New York Silences where things abandon themselves, MSU Museum of Contemporary Art Zagreb, Zagreb 2011 Part 3 - Rossella Biscotti, Nicoline van Harskamp - Hilary Crisp Gallery, London Italia Ora, Museo Hendrik Christian Andersen, Roma Il Belpaese dell’Arte. Etiche ed Estetiche della Nazione, GAMeC - Galleria d´Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo Nachtauslage No 9, Galerie Lena Brüning, Berlin Posso errare, ma non di core, GC.AC Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, Monfalcone Nachtauslage No 5, Galerie Lena Brüning, Berlin 2010 Premio Italia Arte Contemporanea 2010, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma To the Arts, Citizens!, Museu Serralves - Museu de Arte Contemporânea, Porto FotoTageTrier, FotoTageTrier, Trier SI - Sindrome Italiana, MAGASIN-Centre National d’art Contemporain de Grenoble, Grenoble Überblendungen, Rote Fabrik, Zurigo Psychosculptures, De Vleeshal, Middelburg XIV Biennale Internazionale di Scultura di Carrara, sedi diverse / differente venues, Carrara Practicing Memory, Cittadellarte - Fondazione Pistoletto, Biella The Documentary, Prometeogallery, Milano duetto, Lion Arts Centre, Adelaide This Story is Not Ready for its Footnotes, Ex Elettrofonica, Roma In full bloom, Galleria Raffaella Cortese, Milano HaVE A LoOk! HAve a Look!, FormContent project space, London Not Necessarily In That Order, Presentation House Gallery - PHG, North Vancouver 21x21. 21 artisti per il 21° secolo, Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino Tutta la memoria del mondo, GAM - Galleria Civica d´Arte Moderna e Contemporanea, Torino Tales of the Unexpected, DEK22, Rotterdam Morality Act III: And the moral of the story is..., Witte de With Center for Contemporary Art, Rotterdam 2012 Pierpaolo Campanini, Corvi-Mora, London l’Arte Contemporanea, Genazzano This and That, Corvi-Mora, London COLLETTIVE / GROUP SHOWS bibliografia / bibliography bibliografia / bibliography 2015 Qui non si canta al mondo delle rane, Spazio Matta, Pescara Oggetti sul piano, Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, Bologna Dede Auregli, (a cura di / edited by), Pierpaolo Campanini, Galleria d’Arte Moderna, Bologna, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Pendragon, Bologna 2004. Marco Bazzini, Davide Ferri (a cura di / edited by), La figurazione inevitable: una scena della pittura oggi, Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Silvana editoriale, Cinisello Balsamo 2013. Chiara Bertola (a cura di / edited by), FAME, Leggi in Inglese, read in Italian, Fondazione Querini Stampalia, Venezia, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Postmedia Books, Milano 2003. Francesco Bonami, Sarah Cosulich Canarutto (a cura di / edited by), Vernice. Sentieri della giovane pittura italiana, Villa Manin di Passariano, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Passariano 2004. Andrea Bruciati (edited by), Visioni per un inventario: una mappa del navegar pitoresco, Bevilacqua LaMasa – San Marco, Venezia, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Quodlibet, Macerata 2014. 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Lorenzo, Cremona 2013 kaufmann repetto at Andrew Kreps: Pierpaolo Campanini, Andrew Kreps Gallery, New York 2014 In forma di ceramica, Fondazione Bevilacqua La Masa - Palazzetto Tito, Venezia Visioni per un inventario una mappa del navegar pitoresco, Fondazione Bevilacqua La Masa San Marco, Venezia Se di-segno, Padiglione Esprit Nouveau, Bologna 2013 Gen X, Galleria D’Arte Moderna e Contemporanea San Marino, Rep. San Marino Grandi Grigi. Scuola Di Pittura Bolognese, CAR drde, Bologna La Figurazione Inevitabile, Centro per l´Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato 2012 Faces, Onassis Cultural Center, Athens Poezia spaţiului, Bulevardul Expoziţiei 1F Project Space, Bucarest Silences where things abandon themselves, MSU - Museum of Contemporary Art Zagreb, Zagreb Take The Leap. Peep-Hole Annual Benefit, Peep-Hole, Milano 2011 A Rock and a Hard Place. 3rd Thessaloniki Biennale of Contemporary Art - Old IntersectionsMake it New, State Museum of Contemporary Art, Tessalonica Posso errare, ma non di core, GC.AC - Galleria Comunale d’Arte Contemporanea di Monfalcone, Monfalcone Things are Queer. Highlights der Sammlung UniCredit, MARTa Herford, Herford Difetto come indizio del desiderio, neon>campobase, Bologna 2010 Impresa Pittura, CIAC - Centro Internazionale per INVERNOMUTO Simone Bertuzzi (1982) e / and Simone Trabucchi (1983) nascono come gruppo nel / born as group in 2003. Vivono e lavorano a Milano e Vernasca / They live and work in Milan and Vernasca PERSONALI / SOLO SHOWS 2015 Wondo Genet, Auditorium della musica, Roma Invernomuto, Artspeak, Vancouver 2014 Invernomuto, Marsèlleria, Milano 93 Anabasis Articulata, La Triennale di Milano. Design Museum, Milano Invernomuto, I-Ration, AR/GE KUNST Galerie Museum, Bolzano 2013 The Celestial Path, GAMeC - Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Bergamo Invernomuto, Istituto Italiano di Cultura, Addis Abeba 2011 Simone, PAC, Ferrara 2010 B.O.B., Galleria Patricia Armocida, Milano Catch Me When I Fall. Parade, CRAC, Cremona Dungeons and Dregs, Grimm Museum, Kreuzberg COLLETTIVE / GROUP SHOWS 2015 Qui non si canta al mondo delle rane, Spazio Matta, Pescara Nero su Bianco, American Academy in Rome, Roma Live Art Week IV, sedi diverse/ different venues, Bologna 2014 Glitch. Interferenze tra arte e cinema, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Milano Diamanti, Careof / DOCVA, Milano Helicotrema, Careof / DOCVA, Milano The Remains of the Day, Casa Masaccio / Centro per l’arte contemporanea, San Giovanni Valdarno Così Accade (As it Happens), Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino Non potendomi arrampicare sulle nuvole presi per le colline, Galleria Civica Villa Valle, Valdagno 2013 Once upon a time there were two knights, 25b Vyner Street, London Premio Furla 2013, Ex Ospedale degli Innocenti, Bologna Talenti Emergenti 2011, La Strozzina, Firenze Beyond the Dust - Artists’ Documents Today, Fondation d‘entreprise Ricard, Paris Roma Art 2Nights, sedi diverse / different venues, Roma Matter of Action, O’, Milano 2010 Terre Vulnerabili – a growing exhibition, Hangar Bicocca, Milano Beyond the Dust. Artists’ Documents Today, De Vleeshal, Middelburg ARS. Artists in Residence Show, Fondazione Arnaldo Pomodoro, Milano Le ville matte, Villasor, Cagliari bibliografia / bibliography Chiara Bertola (a cura di / edited by), Add Fire, Ex Ospedale degli Innocenti, Bologna, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Mousse publishing, Milano 2013. Invernomuto, Simone, Mousse publishing, Milano 2011. Andrea Lissoni (a cura di / edited by), Terre Vulnerabili, Hangar Bicocca, Milano, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Corraini Edizioni, Mantova 2010. 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Design Museum, Milano 94 FEDERICO TOSI Nasce a / born in Milano / Milan (1988) dove vive e lavora / where he lives and works. PERSONALI / SOLO SHOWS 2014 La diciottesima guerra mondiale, Tjel Project Space, Milano 2012 Old Digger. Federico Tosi, Room Arte Contemporanea, Milano COLLETTIVE / GROUP SHOWS 2015 Qui non si canta al mondo delle rane, Spazio Matta, Pescara 2014 Progetto Pizza Magazine, Expogate, Milano 2013 Ragazze, Open studio VIR, Milano Animale domestico, Galleria d’arte Eustachi, Milano Riss(e), Ermanno Cristini Studio, Varese L’arte del rugby, Galleria Colossi Arte Contemporanea, Brescia 2012 World Nomination, GUM Studio, Torino Fuoriclasse, Galleria d’Arte Moderna, Milano Coordinate ellittiche, Careof / DOCVA, Milano Storytellers, Superfluo Project, Padova 2010 Statements, Spazioinmostra, Milano Crola, Motel Lucie, Milano bibliografia / bibliography Animali domestici in Via Eustachi, in: http://atpdiary. com/exhibit/animali-domestici-in-via-eustachi Ragazzi(e) al VIR Open Studio, in: http://atpdiary.com/ exhibit/8-ragazze-vir-open-studio Una coppia di dinosauri a Milano, in: http://atpdiary. com/una-coppia-di-dinosauri-a-milano-federico-tosi-room-gallery Elena Bordignon, Federico Tosi tra l’acuto e l’ottuso, in: http://atpdiary.com/exhibit/federico-tosi-tile project-space Luca Cerizza (a cura di / edited by), Fuoriclasse. 20 anni di arte italiana nei corsi di Alberto Garutti, Galleria d’Arte Moderna, Milano, catalogo della mostra / exhibition catalogue, Milano, Kaleidoscope Press 2012. Federica Tattoli, Intervista a Federico Tosi, in: http:// www.pizzadigitale.it/main/federico-tosi-intervista/ Silvana Editoriale Direzione editoriale / Direction Dario Cimorelli Art Director Giacomo Merli Impaginazione / Layout Donatella Ascorti Redazione / Copy Editor Lara Mikula Clelia Valentina Palmese Coordinamento organizzativo / Production Coordinator Michela Bramati Segreteria di redazione / Editorial Assistant Ondina Granato Ufficio iconografico / Photo Editor Alessandra Olivari, Silvia Sala Ufficio stampa / Press Office Lidia Masolini, [email protected] Diritti di riproduzione e traduzione riservati per tutti i paesi All reproduction and translation rights reserved for all countries © 2015 Silvana Editoriale S.p.A., Cinisello Balsamo, Milano A norma della legge sul diritto d’autore e del codice civile, è vietata la riproduzione, totale o parziale, di questo volume in qualsiasi forma, originale o derivata, e con qualsiasi mezzo a stampa, elettronico, digitale, meccanico per mezzo di fotocopie, microfilm, film o altro, senza il permesso scritto dell’editore. 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