Scheda del film

Transcript

Scheda del film
PROGETTO
QUALE EUROPA PER I GIOVANI?
IL DISCORSO DEL RE – (KING’S SPEECH)
REGIA: Tom Hooper
PRODUZIONE: Gran Bretagna/Australia - 2010 - Drammatico/Storico
INTERPRETI: Colin Firth, Geoffrey Rush, Helena Bonham Carter, Guy Pearce, Michael Gambon, Timothy Spall,
Derek Jacobi
Non ci fu scampo per “Bertie”. Dopo la morte del padre, re Giorgio V, il timido e complessato duca di York non sarebbe dovuto salire al trono d’Inghilterra. Il primogenito era,
infatti, Edoardo, che divenne sì re ma che, per amore di Wallis Simpson, abdicò neppure un anno dopo. A Bertie, o meglio ad Albert Frederick Arthur George Windsor, toccò il
peso della corona, diventando sovrano con il nome di Giorgio VI. Un uomo atipico, che fu re molto amato, legato da vero amore alla moglie, la volitiva Elisabetta Bowes-Lyon,
ma che si portava appresso un fardello di costrizioni infantili e un bisogno di affetto difficili da trovare nell’anaffettiva coppia di genitori regali. Un’insicurezza che si esprimeva
attraverso una balbuzie invalidante e impossibile da gestire nei numerosi e imbarazzanti discorsi pubblici cui era tenuto. In più, Giorgio VI si trovava a essere la voce del e per il
popolo britannico in un momento difficile della storia, alla vigilia del secondo conflitto mondiale: ma che voce poteva essere, e che guida, se non aveva ancora trovato la sua? Per
lui ci fu Lionel Logue, un australiano logopedista, ex attore, dai metodi anticonformisti, capace di sondare le anime e di medicarle. (da http://filmup.leonardo.it di Donata Ferrario)
per riflettere
Si evoca l’empatia in questo film, da ogni angolazione possibile. Proprio mentre l’empatia tra le nazioni sembra essersi perduta per sempre, mentre
Hitler e gli interessi nazionali avranno il sopravvento nel far esplodere il conflitto mondiale e fuori esplode la ‘disempatia’ tra i paesi, ecco che sboccia,
come spesso in casi simili accade, l’empatia fra i singoli.
Lo sguardo oscillante, tra il macrocosmo moralmente devastato dell’Europa e il microcosmo dei rapporti personali, suggerisce che le leggi che regolano
il grande siano in fondo le stesse del piccolo, che i rapporti interpersonali e in seno alle famiglie siano alla base di una nazione. Se queste relazioni non
sono modulate dalla comprensione reciproca c’è il rischio che nel tempo generino squilibri, ingiustizie, mostruosità e guerre.
Il futuro re, parlando al suo logopedista: “Siete il primo inglese comune con cui ho VERAMENTE parlato, VENGO COLPITO DALL’UOMO COMUNE,
QUANTO POCO SO DELLA SUA VITA E LUI DELLA MIA”
Questa è una frase rivelatrice del fondamento dell’empatia. Empatizzare è interessarsi all’altro, comprendere l’altro senza essere l’altro.
Sorprendente come il messaggio drammatico di una dichiarazione di guerra passi in secondo piano rispetto all’attesa del modo in cui il re, del quale
sono tutti tifosi, la farà. Parafrasando il linguaggio calcistico, è come se tutti fossero in attesa del “colpo di reni” del Re-Portiere di fronte al calcio di
rigore. In effetti, il tifo o la partecipazione alla riuscita di qualcuno sono ottime manifestazioni empatiche (si rimane se stessi, pur schierandosi con una
persona o con una squadra) e inoltre sono un grande antidoto all’egoismo e a quanto ne deriva.
“Mi è stato detto di non sedere troppo vicino” dice il logopedista al re. La vicinanza, la parità sono alla base dell’empatia in cui si è prossimi all’altro, ci si
sente simili a lui nel diritto di essere considerati umani, rimanendo pur sempre individualità distinte.
Il “discorso” venne anticipato dal sostegno pubblico con il manifesto: STAND BY THE KING. Fa riflettere. In tutti i nostri ambiti c’è bisogno di sostegno
ed empatia: tra coniugi, figli, amici, nello studio e nel lavoro. Se noi tutti facessimo una piccola parte, non di quello che ha fatto il logopedista, ma di
ciò che fecero il microfonista, la moglie, ogni singolo cittadino per il proprio re, e non seguissimo, come purtroppo spesso avviene, l’esempio del padre
Giorgio V o quello del fratello che, conoscendone la sua debolezza, lo ha schernito fino alla fine...
In un crescendo di empatia ci vengono mostrate la fatica e la paura di un uomo costretto dalle circostanze a diventare ciò che non sentiva e che riesce
a essere generosamente vicino al suo popolo, come il brillante fratello non aveva saputo o voluto fare. Prima dell’incoronazione le piccole figlie del Re si
inchinano chiamandolo “Vostra Maestà”. Quando poi egli piangendo dice a sua moglie di non essere un re bensì un ufficiale navale, Elisabetta gli spiega
le ragioni del suo iniziale rifiuto alla richiesta di matrimonio: “Non perché non ti amassi, ma perché non sopportavo l’idea di una vita regale, ... di doveri
pubblici” in cui l’etichetta prevale sull’intimità. Ma aggiunge: “poi ho pensato ‘balbetta così meravigliosamente: ci lasceranno in pace’!”.
Che modo delicato di accettare le fragilità dell’altro sino al punto di trovarvi aspetti positivi.
domande sul film “Il discorso del Re”
“Io posso curare vostro marito, ma per il mio metodo mi occorrono fiducia e totale uguaglianza”. L’empatia
richiede sincerità? Parità, fiducia, ascolto? Deve essere reciproca? Quali ingredienti etici sono fondamentali
per avere una buona empatia con l’altro (amico, paziente, famigliare...)?
Perché il sostegno o l’appoggio di una persona verso la soluzione di un problema possono essere molto importanti?
E’ utile incoraggiare anche i tentativi in apparenza poco riusciti?
Perché una debolezza può creare ira e rancore, intolleranza? E’ comprensibile per il re verso un figlio, ma
comunque ciò genera distanza e incomunicabilità. Perché c’è l’intolleranza verso la debolezza?
L’empatia che proviamo nella visione del film è comprendere la fatica dell’uomo a essere un Re e l’apprensiva attesa delle sue parole.
Hai mai provato disagio per la situazione in cui si trova qualcun altro?
La sofferenza, le difficoltà della vita ci aiutano a capire ed empatizzare con gli altri? Perché? Citate degli
esempi. Bisogna necessariamente aver vissuto il medesimo evento che capita agli altri per essere empatici nei
loro confronti?
Secondo lo psicologo Carl Roger l’empatia è “la capacità di vedere il mondo attraverso gli
occhi degli altri come se fosse il nostro, ma senza perdere la caratteristica del ‘come se’.”
Chi non empatizza è solo. Sarà uno spettro tra gli spettri... non rischiare!