Tra Regno d`Italia e Regno delle due Sicilie
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Tra Regno d`Italia e Regno delle due Sicilie
Tra Regno d’Italia e Regno delle due Sicilie PRIMO CENSIMENTO GENERALE del neonato Regno d’Italia nel 1861 dal testo: “Scienza delle Finanze” di Francesco Saverio Nitti, economista e statista, Presidente del Consiglio dei Ministri del Regno d’Italia, dal 23 giugno 1919 al 15 giugno 1920. edito da PIERRO nel 1903, pag. 292. Il debito pubblico di tutti gli stati annessi viene assunto dal nuovo regno (accertato in 2.374 milioni). Materiali realizzati da Gianni Migliaccio Editing a cura della redazione dei sito WEB PavoneRisorse Le banche d’emissione dei principali stati italiani vengono trasformate in istituti d’emissione del nuovo regno e la Banca nazionale del Regno di Sardegna diviene la Banca nazionale del Regno d’Italia. Materiali realizzati da Gianni Migliaccio Editing a cura della redazione dei sito WEB PavoneRisorse Il sistema tributario Nel Regno delle due Sicilie era strutturato principalmente sul connubio tra Imposte Dirette e Imposte Indirette sui consumi; queste ultime fondate quasi esclusivamente sui Dazi. Minore importanza avevano le imposte indirette sui trasferimenti di ricchezze, quali l’imposta di registro e di bollo. Vi era una sola banca, il “Banco delle due Sicilie”, con una sola succursale a Bari, diviso poi in “Banco di Napoli” nella parte continentale e Banco di Sicilia nell’isola. In questi istituti si aprivano conti correnti e si concedevano prestiti a mutuo o su pegni come negli antichi banchi” M.Vocino). “[……]la giornata di lavoro di un contadino era pagata il corrispondente odierno di 3 euro (15-20 Grana di allora), quella degli operai generici valeva in media 5 euro che salivano a 6,50 euro per quelli specializzati (dai 20 ai 40 grana); 13 euro spettavano ai maestri d’opera (80 grana). A tali retribuzioni veniva aggiunto un soprassoldo giornaliero di 10-15 grana per il vitto. Un impiegato percepiva 15 ducati al mese, la paga di un colonnello di fanteria era di 105 ducati (1680 euro). Sul versante dei costi riportiamo che un rotolo (l’unità di peso era il cantaro o cantaio=89,10 chili, il rotolo era la centesima parte del cantaro) di pane (800 grammi) costava 6 grana (1 euro), un equivalente di maccheroni 8 grana (1,30 euro), di carne bovina 16 grana (2,5 euro), un litro di vino 3 grana (0,50 euro), tre pizze 2 grana (0,32 euro)” Nel 2007 gli economisti: Paolo Malanima (ISSM-CNR) e Vittorio Daniele (Università “Magna Græcia”) a conclusione di uno studio approfondito, hanno pubblicato nella RIVISTA DI POLITICA ECONOMICA MARZO-APRILE 2007: “Il prodotto delle regioni e il divario Nord-Sud in Italia (1861-2004)” Vediamone le conclusioni: Materiali realizzati da Gianni Migliaccio Editing a cura della redazione dei sito WEB PavoneRisorse Materiali realizzati da Gianni Migliaccio Editing a cura della redazione dei sito WEB PavoneRisorse I PRIMATI DEL REGNO DELLE DUE SICILIE ? Materiali realizzati da Gianni Migliaccio Editing a cura della redazione dei sito WEB PavoneRisorse ERANO DAVVERO FLORIDE LE CONDIZIONI ECONOMICHE E SOCIALI? Dati relativi alle società commerciali e industriali tratti dall'Annnario statistico italiano del 1864. Le 377 società anonime ed in accomandita censite in quegli anni per un capitale di 1 miliardo e 353 milioni erano così ripartite per numero e per capitale tra i vari Stati italiani: Antiche province - Numero - Capitale (Stati sardi)----------------- 157---------- 755.776 Toscana--------------------- 75 ----------- 425.047 Regno delle Due Sicilie -- 52 ----------- 225.052 Emilia----------------------- 39 ------------ 117.846 Lombardia ----------------- 56 ------------- 59.435 “[……]Bisogna considerare, come avverte il Demarco, che il Regno delle Due Sicilie "non solo per la superficie, ma anche per la popolazione costituiva quasi i due quinti della penisola". Tuttavia questi dati, se per un verso mostrano con chiarezza i grandi progressi realizzati dal Regno sardo anche nell'apprestamento degli strumenti più idonei alle nuove esigenze della vita economica, sembrano giustificare le perplessità dalle quali muoveva, ad esempio, il Milone quando accennava al non grande divario esistente intorno al '60 fra le condizioni industriali della Lombardia e della Campania. Pur tenendo conto del territorio e della popolazione, il Regno di Napoli non sembrerebbe scapitare troppo in confronto con la Lombardia, con quella regione che diverrà ben presto uno dei centri più importanti dell'industria e dell'attività economica italiana. Proprio questa considerazione induce però a riflettere che non si possono esaminare separatamente gli aspetti dello sviluppo economico-sociale senza gravi pericoli di fraintendimento: ché la vera debolezza del Mezzogiorno era nella arretratezza delle campagne, proprio in quel settore dove era invece la riserva di forze che avrebbe assicurata - col concorso di altre favorevoli circostanze - la rapida evoluzione della Lombardia. Materiali realizzati da Gianni Migliaccio Editing a cura della redazione dei sito WEB PavoneRisorse La situazione dell’agricoltura è critica, quindi, soprattutto nel Meridione, dove prevale il latifondo feudale, e l'analfabetismo raggiunge percentuali altissime, libri e giornali sono rari, la circolazione postale è meno della metà che nel settentrione, la proprietà è assenteista. Nel 1861, la percentuale degli analfabeti in tutto il regno era altissima: su 100 abitanti, solo 21,8 sapevano leggere e scrivere o leggere soltanto; su una popolazione totale di 21777334 abitanti cioè, solo 4774633. Escludendo i bambini al di sotto dei cinque anni; restano, su 9402677 maschi, 6402325 analfabeti (il 68,1%), e su 9414971 donne, 7651177 analfabete (l'81,3%). Questa percentuale si abbassa nelle regioni dell'Italia centrale e settentrionale, raggiunge un livello altissimo nel Mezzogiorno; in Sicilia, sempre nel 1861, l'86% dei maschi e il 95% delle femmine era analfabeta. Il numero delle scuole era assolutamente inadeguato; nel 1861, tra pubbliche e private, le scuole elementari sommavano a 28524; 11 per ogni 100 kmq; 13 per ogni 10000 abitanti. Gli allievi delle scuole elementari erano 1008672. La distribuzione geografica delle scuole elementari; il solo Piemonte ne possedeva rispetto al totale generale (8467) circa un terzo e gli scolari piemontesi costituivano, naturalmente, un terzo del totale degli scolari italiani (361 970). La Sicilia, con una superficie maggiore della Lombardia e una popolazione di poco inferiore, possedeva sette volte meno scuole della Lombardia (946 contro 7069) e quasi dodici volte meno scolari (25033 contro 302372). Materiali realizzati da Gianni Migliaccio Editing a cura della redazione dei sito WEB PavoneRisorse A proposito del latifondo, nel XIX secolo, con l’applicazione in Italia del codice napoleonico, erano state assegnati ai contadini poveri terre demaniali per uso semina, pascolo o legna, ma le quote furono così piccole che i contadini si videro costretti a venderle per poter sopravvivere. La borghesia rurale continuò ad essere, nel meridione, dominante facendo perdurare il latifondo che nel resto d’Italia si era ormai da tempo disgregato. Decollarono anche con la coltura dell’ulivo e della vite, le "masserie di campagna" che diedero lavoro ad un alto numero di salariati: massari di campo, gualani, bovari, massari di vacche e di pecore. I latifondi erano, perciò, particolarmente diffusi nel Mezzogiorno dove i vari latifondisti vivevano lontani dalle loro terre e risiedevano nelle città del Meridione (soprattutto a Napoli e Palermo) Molti proprietari non visitavano mai, spesso neanche le conoscevano, le loro terre e conducevano una vita sfarzosa in città, soprattutto nelle capitali; uno di loro così spiegava ad un viaggiatore tedesco la ragione della cessione in affitto dei suoi latifondi: ”….cedo alli gabellotti o siano affittatori li miei propri vantaggi per non volermi incaricare della vendita dè grani, e per aver sicura e comoda senza nessuna fatiga la rendita annuale”. Materiali realizzati da Gianni Migliaccio Editing a cura della redazione dei sito WEB PavoneRisorse