016 - Golf una passione

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016 - Golf una passione
3 Esperienze di vita – Lo sport
Dino Buzzati
Golf: una passione irresistibile!
Il golf? Un ridicolo gioco da vecchietti. Almeno così lo ritiene Dino Buzzati, l’autore di questo brano, fino al giorno in cui, quasi
per scherzo, si fa prestare una mazza.
Un colpo bene assestato sprigiona in lui una gioia inesprimibile e
selvaggia che si trasforma ben presto in una irresistibile passione nei confronti di questo sport.
1. snobismo: atteggia-
mento di chi ammira e
imita tutto ciò che è, o
che crede sia, caratteristico dei ceti sociali più
elevati.
2. legno: mazza da
golf.
3. galateo: regole di
comportamento.
4. novizio: principian-
te.
Il golf? Un ridicolo gioco da vecchietti, il pretesto per fare una passeggiata spendendo un mucchio di quattrini, snobismo1 e basta. Anch’io ne ero convinto. Poi mi capitò, per caso, di accompagnare un
amico che da qualche tempo gli aveva preso la mania. Volevo proprio vedere che figura da cretino avrebbe fatto a inseguire per chilometri, sul prato, la pallina. Ne avrei fatte, di risate.
Alla piazzuola di partenza della prima buca (si chiamano buche le 9
o 18 piste erbose in cui il percorso è suddiviso) l’amico, come è regola, infilò nel terreno un affarino di legno che assomigliava a un
chiodo – lo chiamano tee (pron.: ti) – e ci mise sopra la pallina. Poi
impugnò il legno2 numero uno, si mise in posizione, roteò lentamente la mazza sopra la testa, prese lo slancio, poi sembrò pentirsi,
riabbassò il legno, stette qualche secondo immerso in una specie di
meditazione, si molleggiò sulle gambe, di nuovo alzò l’arnese, lo
riabbassò una seconda volta, sembrava stesse celebrando un rito. Si
vergognava forse di me?
Infine, quando già mi ero rassegnato a starmene là fino al tramonto,
lo vidi contorcersi come un cavaturaccioli e sferrare il colpo con impeto tremendo.
Si udì un flaccido «cioc». Una zolla di terriccio del peso di mezzo
chilo descrisse una parabola ricadendo un paio di metri più in là. E
la pallina, toccata appena, e di traverso, schizzò lateralmente, sparendo nell’intrico del bosco.
Erano mesi che non facevo una risata simile. Dai cespugli vicini
fuggì via, allarmato, starnazzando, un gruppo di volatili. Il ragazzo
portabastoni, detto caddy, un quindicenne dalla faccia di manigoldo
ma evidentemente rigoroso in fatto di galateo3 golfistico, volse gli
occhi con indignazione. Se fossi stato un verme non mi avrebbe
guardato meglio.
Il mio amico era un novizio4, entusiasta del gioco ma personalmente inadattissimo a rivelarne i pregi. Ben presto lui cessò di esser divertente, io mi stancai di ridere e, tanto per far qualcosa, mi feci prestare una mazza, mi informai pressappoco come impugnarla, l’alzai
per aria, la vibrai con impeto e la infissi per buoni dieci centimetri
nel terreno, dove restò infossata, mentre la pallina, mossa soltanto
Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
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5. decentemente: per
una forma di rispetto e
dignità personale.
6. irriverenti: irrispet-
tosi.
7.
riottosissima:
estremamente ribelle,
difficile da mandare nella buca.
8. ottuagenari: ottan-
tenni.
9. non iniziati: inesperti, che non se ne intendono.
dal pauroso spostamento d’aria, procedeva in avanti per non più di
mezzo metro. L’amico mi guardò e non rise.
Non potevo decentemente5 metterla via così. Tentai un secondo colpo. Non sfiorai neanche la palla. Un terzo, un quarto. Finalmente, al
quinto, la paletta della mazza batté in pieno, si udì un bel «tac» di
timbro metallico e la bianca sfera volò via, fischiando, diritta come
una schioppettata, per almeno centoventi metri.
Misteri della natura umana. Mi invase una gioia inesprimibile e selvaggia. E benché il portabastoni mi guardasse con compatimento –
lui sapeva benissimo che quello era un caso, un puro caso – per un
istante pensai di essere un predestinato, una specie di genio nato col
segreto del golf nelle vene.
Era una illusione da bambini, senza dubbio. Eppure è proprio con
queste astuzie che il golf riesce a stregare gli uomini, anche i più maldisposti e irriverenti6, e a farli schiavi.
Da quel giorno una irresistibile smania si aggiunse a tutte le altre
preoccupazioni della vita. Mi aggiravo per ore e ore sulle immacolate praterie all’inseguimento della riottosissima7 pallina.
Settimane passarono prima che io riuscissi a ripetere un colpo bello
come quello che mi aveva conquistato. E capitavan giorni in cui la
palla sembrava dotata di una propria individualità pensante e perfida, tanto i suoi movimenti contrastavano alle intenzioni mie. Allora
mi imbestialivo, sudavo, mi veniva la voglia di spaccare le mazze a
una a una e per ultimo la testa del caddy che mi seguiva con l’indifferenza più oltraggiosa. Erano giornate nere. Eppure adesso, che ci
ripenso a distanza di parecchi anni, mi accorgo che forse mai mi sono divertito tanto.
Sì: per la bellezza dell’ambiente, per la straordinaria varietà dei problemi tecnici, per gli innumerevoli imprevisti, per le stesse inesauribili difficoltà, meccaniche e psicologiche, per la possibilità di giocare anche da soli e con qualsiasi tempo, e per una quantità di altre ragioni che qui non si possono citare, il golf è senza dubbio una delle
cose più geniali e divertenti che l’umanità abbia escogitato.
Personalmente non conosco niente che distragga più rigorosamente
da ogni altro pensiero. Ha due difetti, come sport, per essere sinceri: che atleticamente non dà grandi profitti, e che, almeno in Italia,
è nel complesso abbastanza caro. Ma in compenso ha due vantaggi
formidabili: che si può fare in ogni stagione e con ogni tempo, anche sotto il diluvio; e sopra tutto che non conosce, a differenza di
quasi tutti gli altri sport, il limite d’età. Cioè si può continuare anche
da vecchi. Certo, a parità di tecnica, un giocatore di vent’anni batterà sempre chi ne ha quaranta più di lui. Ma anche ottuagenari8,
pur che le gambe reggano, ci si può prendere gusto.
Si deve inoltre ammettere che agli spettatori non iniziati 9 il golf non
dà grandi soddisfazioni; può sembrare perfino una sciocchezza. Io
stesso, da principio, non riuscivo a spiegare perché fosse una cosa
Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. - Divisione Education
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10. recondito: nasco-
sto, segreto.
11. stoppie: residui di
una coltura erbacea rimasti sul campo dopo il
taglio o la mietitura.
12. abbacina: abba-
glia.
così bella. Non poteva bastare la soddisfazione di lanciare più o meno lontano e diritto la pallina, di impiegare quattro colpi anziché otto per fare una buca. Ci doveva essere qualcosa di recondito10, un
motivo profondo e umano che rendeva intelligente ciò che a prima
vista poteva sembrare una idiozia.
Poi ho capito. E il motivo, secondo me, è questo: il golf (come, in diverso ambiente, l’alpinismo, lo sci, la vela, la canoa fluviale, la caccia
e la pesca) permette un diretto e intimo contatto con la natura.
La gente che vive in città, a lungo andare, finisce per dimenticare
che cosa sia un prato, un bosco, un cespuglio, non sa più come sia
fatto il silenzio della campagna, che colore abbiano le stoppie11, che
suono faccia il vento nella selva. Tra uomo e natura si è creata una
barriera che una distratta passeggiata domenicale fuori porta non
basta certo a eliminare.
Ora il giocatore di golf, avanzando nei labirinti del campo, incontra,
riscopre e ricomincia ad amare tutte queste cose dimenticate.
La specie dell’erba, se più o meno ruvida e irsuta e secca, la pendenza del prato dove bisogna tirare il colpo, il ramo d’albero che
ostacola il prossimo tiro, lo sterpo secco che bisogna tenere sollevato per poter manovrare, l’acqua del ruscello, o le macerie vegetali
del sottobosco dove è scomparsa la pallina, le foglie morte, i muschi,
i sassi; le infossature dei banchi di sabbia, il vento che devia la traiettoria, il sole che abbacina12 o stampa qua e là ombre irritanti, l’improvvisa pioggia, la nuvola che ci passa sopra, tutti questi elementi
da cui dipende strettamente la bontà del punteggio, e che per un cittadino non hanno più il minimo interesse, assumono una importanza smisurata.
E così, magari senza rendercene conto, si ritorna un po’ nel cuore
della verde natura, madre nostra, e si ritrovano le pure sensazioni di
quando eravamo bambini e un angolo di prato, un albero, un fiumiciattolo, diventavano i romanzeschi personaggi delle nostre avventure favolose.
(in Giochi e sport, ERI, Torino, rid.)
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