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Archivio selezionato: Sentenze Cassazione penale
Autorità: Cassazione penale sez. I
Data: 18/03/2016
n. 49824
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo
- Presidente
Dott. MAZZEI
Antonella - rel. Consigliere Dott. CASA
Filippo
- Consigliere Dott. TALERICO Palma
- Consigliere Dott. DI GIURO Gaetano
- Consigliere ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
R.S., nato a (OMISSIS);
avverso l'ordinanza del 14/03/2015 del Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Ancona;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. Antonella Patrizia
Mazzei;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto
Procuratore generale, Dr. Spinaci Sante, il quale ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
1. R.S. è stato giudicato per il delitto di usura con sentenza del Giudice per le indagini preliminari
del Tribunale di Ancona del 28 aprile 2014, resa ai sensi dell'art. 444 c.p.p., concordando la pena
di anni quattro di reclusione ed Euro seimila di multa.
Con la medesima sentenza, divenuta irrevocabile, è stata disposta la confisca delle somme di
denaro, dei beni e delle utilità nella disponibilità dell'imputato, anche per interposta persona, "per
un importo pari al valore complessivo degli interessi usurari", con espresso richiamo dei decreti di
sequestro preventivo emessi dallo stesso Giudice in date 14 aprile, 18 aprile e 14 maggio dell'anno
2011.
Pronunciando in sede di esecuzione, a norma dell'art. 667 c.p.p., comma 4, sulle opposte richieste
del condannato e del pubblico ministero, riunite in un solo procedimento, il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Ancona ha respinto la domanda di R., tesa ad ottenere la restituzione
delle somme in sequestro eccedenti gli importi corrispondenti agli interesse usurari illecitamente
lucrati; mentre ha accolto la richiesta del pubblico ministero di confisca delle somme in sequestro,
ai sensi del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, convertito dalla L. 7 agosto 1992, n. 356,
stabilendone l'importo in Euro 306.967,47.
Ha osservato il giudice dell'esecuzione che non sussisteva alcuna preclusione processuale per
avere il giudice della cognizione limitato il sequestro, in sentenza, ai soli valori (somme di denaro,
beni ed utilità) corrispondenti agli importi degli interessi usurari applicati dal condannato; e, nel
merito, ha ravvisato la ricorrenza dei presupposti della confisca allargata o atipica, di cui al cit.
D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies, costituiti dalla sproporzione tra i beni (conti correnti, titoli e
denaro contante) nella disponibilità di R. ed i redditi dichiarati a livello personale e familiare,
rilevando che non erano tracciabili, come da indagine svolta dal Gico (Gruppo di investigazione
sulla criminalità organizzata) e da esiti della consulenza di commercialista di fiducia dello stesso
ricorrente, dott. M.M., le fonti di essi nè l'interessato ne aveva dato adeguata giustificazione.
Il Giudice adito, pertanto, con iniziale decisione del 25 novembre 2014, a norma dell'art. 667
c.p.p., comma 4, e successivamente, con ordinanza del 14 marzo 2015 in sede di opposizione, ha
respinto la richiesta di R. e accolto invece l'istanza del pubblico ministero, disponendo sulla
complessiva somma in sequestro di oltre trecentomila Euro la restituzione a R. del solo importo di
Euro 12.942,73, per esserne tracciabile la lecita provenienza, ordinando invece la confisca del
residuo pari ad Euro 294.024,74, a norma del cit. D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies.
2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione R. tramite i due difensori, i
quali deducono sostanzialmente due motivi.
2.1. Con il primo motivo denunciano violazione di legge e vizio della motivazione per avere il
giudice dell'esecuzione omesso di rilevare la preclusione processuale all'adozione di confisca
diversa e più estesa rispetto a quella già disposta dal giudice della cognizione con sentenza
divenuta irrevocabile.
2.2. Con il secondo motivo lamentano violazione di legge e vizio della motivazione per avere il
giudice dell'esecuzione ordinato la confisca allargata sul mero rilievo della non tracciabilità degli
importi di denaro nella disponibilità di R., senza svolgere accurata istruttoria, pur sollecitata
dall'istante con specifiche allegazioni e deduzioni probatorie, in punto di asserita assenza di
sproporzione tra beni posseduti e valore della fiorente attività economica svolta da R. come
gommista (da apprezzare in termini concorrenti e non alternativi ai redditi dichiarati, come da
giurisprudenza di legittimità), con attenzione alle reali risorse dell'interessato, indipendentemente
da eventuali condotte di evasione fiscale, non rilevanti in senso contrario, come da autorevole
giurisprudenza di legittimità.
3. Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso, ritenendo insussistente la preclusione
processuale (confisca disposta in sentenza a norma dell'art. 644 c.p., u.c., compatibile con la
confisca di cui al D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies, applicata dal giudice dell'esecuzione); e
rilevando la sussistenza delle condizioni di adozione della confisca allargata sulla base delle
indagini della guardia di finanza e della documentazione prodotta dallo stesso interessato
(relazione del consulente di parte), non ignorata dal giudice dell'esecuzione, ma al contrario
assunta a conforto della decisione presa.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
1.1. Infondata è l'eccezione di preclusione processuale.
La L. 7 marzo 1996, n. 108, art. 6, intitolata "Disposizioni in materia di usura", fa espressamente
salve le disposizioni contenute nel D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12-sexies, convertito, con
modificazioni, dalla L. 7 agosto 1992, n. 356, introdotto dal D.L. 20 giugno 1994, art. 2,
convertito, con modificazioni, dalla L. 8 agosto 1994, n. 501, intitolata "Disposizioni urgenti in
materia di confisca di valori ingiustificati".
La stessa L. n. 108 del 1996, art. 1, in materia di usura, ha interamente sostituito l'art. 644 c.p.. Il
nuovo testo di tale norma, ultimo comma, prevede, in caso di condanna o di applicazione della
pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p. per uno dei delitti previsti dallo stesso art. 644, l'obbligatoria
confisca dei beni che costituiscono prezzo o profitto del reato ovvero somme di denaro, beni ed
utilità di cui il reo ha la disponibilità anche per interposta persona per un importo pari al valore
degli interessi o degli altri vantaggi o compensi usurari, salvi i diritti della persona offesa dal reato
alle restituzioni e al risarcimento dei danni.
Ne consegue, per letterale dettato normativo emergente dal combinato disposto dell'art. 644 c.p.,
u.c., nel testo come sopra sostituito, e della L. n. 108 del 1996, art. 6, la prevista concorrenza e non
la alternatività delle due confische, di cui tipica a norma dell'art. 240 c.p. e per equivalente quella
imposta dall'art. 644 c.p., u.c., ed atipica o allargata quella parimenti obbligatoria prevista dal cit.
D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies, espressamente richiamata dalla predetta L. n. 108 del 1996,
art. 6 in materia di usura.
Non sussiste, quindi, la preclusione eccepita dal ricorrente. In particolare, la confisca di cui all'art.
12-sexies, che non sia stata disposta dal giudice della cognizione, può essere ordinata dal giudice
dell'esecuzione che provvede "de plano", a norma dell'art. 676 c.p.p. e art. 667 c.p.p., comma 4,
ovvero all'esito di procedimento in contraddittorio a norma dell'art. 666 c.p.p., in sede di
opposizione, come avvenuto nel caso in esame (Sez. 6, n. 27343 del 20/05/2008, Ciancimino, Rv.
240585; Sez. 1, n. 22752 del 09/03/2007, Billeci, Rv. 236876; Sez. U, n. 29022 del 30/05/2001,
Derouach, Rv. 219221).
1.2. Parimenti infondata è la denuncia di violazione di legge e vizio di motivazione con riguardo
alla ritenuta sussistenza, nel provvedimento impugnato, delle condizioni legittimanti la confisca ai
sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies, convertito dalla L. n. 356 del 1992.
Va premesso che, secondo la giurisprudenza di legittimità, in tema di sequestro e confisca ai sensi
del D.L. n. 306 del 1992, art. 12-sexies, la presunzione di illegittima provenienza delle risorse
patrimoniali oggetto di ablazione, deve escludersi in presenza di fonti lecite e proporzionate di
produzione, sia che esse siano costituite dal reddito dichiarato ai fini fiscali, sia che provengano
dall'attività economica svolta benchè non evidenziata, in tutto o in parte, nella dichiarazione dei
redditi, e il giudice ha l'obbligo di prendere in considerazione tutta la documentazione prodotta in
merito dalla difesa, fornendo adeguata motivazione in ordine alle giustificazioni fornite dagli
interessati circa la lecita provenienza dei beni (Sez. 1, n. 9678 del 05/11/2013, dep. 2014, Creati,
Rv. 259468; Sez. 1, n. 13425 del 21/02/2013, Coniglione, Rv. 255082; Sez. 6, n. 21265 del
15/12/2011, dep. 2012, Bianco, Rv. 252855).
Nel caso in esame, contrariamente all'assunto del ricorrente, il giudice dell'esecuzione non si è
sottratto a tale verifica ed obbligo motivazionale, perchè, dopo aver richiamato non solo le
considerazioni svolte nell'ordinanza oggetto di opposizione, ma anche le memorie e la
documentazione prodotta dalla difesa del ricorrente e, in particolare, la relazione del consulente
tecnico di sua fiducia, dottor M.M., ha confermato, all'esito di accurata verifica, il giudizio di
sproporzione del valore dei beni colpiti dal provvedimento ablativo rispetto sia ai redditi dichiarati
dal condannato, sia all'attività economica da lui esercitata.
Entrambi i predetti parametri sono stati presi in considerazione nell'esame delle ingenti
disponibilità finanziarie del ricorrente, le quali sono risultate ingiustificate alla fonte, anche se
rapportate alle entrate derivanti dall'attività lavorativa esercitata; nè il ricorrente, onerato dalla
prova della lecita derivazione delle risorse che assume non dichiarate ai fini fiscali, ha data
congrua e non generica dimostrazione, affidata alle sole dichiarazioni del proprio fratello, R.A.,
della provenienza dell'ingente liquidità di cui disponeva dall'attività svolta, in (OMISSIS), nella
società "Eurogomme" avviata nel 1988 e nella "Ideal Gomme s.r.l." fino al 1998. Di tali società
non sono stati prodotti i bilanci e la verifica fiscale cui fu sottoposta la "Ideal Gomme" nel 2003,
richiamata a pag. 14 del ricorso, si riferisce a periodo in cui la società non era gestita, per sua
stessa ammissione, dal ricorrente (c.f.r. Sez. 2, n. 49498 del 11/11/2014, Pucillo, Rv. 261046,
sull'onere dell'interessato di dimostrare che i beni sequestrati sono stati acquistati con il provento
di attività economiche non denunciate al fisco).
La valutazione di inattendibilità delle giustificazioni offerte circa la provenienza delle somme si è
avvalsa, dunque, correttamente del prevalente criterio della tracciabilità degli investimenti e delle
disponibilità finanziarie rapportati ai tempi della loro maturazione.
Tale criterio, utilizzato dallo stesso consulente della difesa, ha consentito di escludere, in assenza
di concreti elementi contrari, la giustificata provenienza sia del deposito di titoli presso la
(OMISSIS) per l'importo di Euro 168.409,13; sia del saldo attivo sul conto corrente n. (OMISSIS)
della (OMISSIS) di Euro 22.481,74, al lordo dell'importo di Euro 12.942,73 di ritenuta lecita
provenienza; sia del deposito amministrato presso la stessa (OMISSIS) nella misura di Euro
49.191,98, con esclusione dal novero delle somme giustificate - ricondotte invece dal consulente
di parte, M., a quelle facenti parte della cosiddetta tracciabilità indiretta - degli importi
corrispondenti alle somme conseguite per effetto di risarcimenti o liquidazioni di polizze
assicurative, in quanto non accreditate su conti intestati o riconducibili al ricorrente o, se di sua
pertinenza, già a lui restituite dal Tribunale del riesame.
La disamina condotta dal giudice, nel contraddittorio delle parti e nel doveroso esame dei
documenti e deduzioni difensive, si è pertanto conclusa con la riconosciuta ricorrenza dei
presupposti per disporre la confisca cosiddetta allargata ad esclusione della predetta somma di
Euro 12.942,73.
Tale decisione appare congrua con il dato normativo e con i principi ermeneutici, come sopra
fissati dalla Corte in materia di confisca atipica, ex art. 12-sexies, con riguardo ai requisiti di
sproporzione e di assenza di credibili giustificazioni circa la legittima provenienza delle somme, e
risulta sostenuta da argomentazioni puntuali, coerenti e corrette.
2. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente, a norma dell'art. 616 c.p.p., comma 1, al
pagamento delle spese processuali.
PQM
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 23 novembre 2016
Note
Utente: PASQUALE ANNICCHIARICO
www.iusexplorer.it - 12.12.2016
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