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N. 12790/02 R.G. Notizie di Reato N. 74/05 R.G. Tribunale Sent. N. 187/08 Del 18/01/2008 Irrevocabile il ___________________ Al P.M. per esecuz. il _____________ Campione Penale n° ______________ Redatta scheda il ________________ TRIBUNALE DI PALERMO SENTENZA ( artt.544 e segg., 549 c.p.p. ) REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale di Palermo – Sez. 3° penale – composta da: Dott. Vittorio ALCAMO - Presidente Dott. Lorenzo CHIARAMONTE Dott. Salvatore FLACCOVIO - Giudice - Giudice Alla pubblica udienza del 18/01/2008 mediante lettura del dispositivo la seguente ha pronunziato e pubblicato SENTENZA Nei confronti di: 1.- AIELLO Michele, nato a Palermo il 2 settembre 1953, residente a Bagheria, viale della Libertà n.79; dal 03/11/2006 sottoposto alla misura del divieto di espatrio e all’obbligo della presentazione alla P.G. 1 LIBERO/ASSENTE difeso di fiducia dall’Avv.to Sergio MONACO 2.- RIOLO Giorgio, nato a Piana degli Albanesi il 16 giugno 1959, ivi residente in via Portella della Ginestra, n. 165; dal 03/11/2006 sottoposto alla misura del divieto di espatrio e all’obbligo della presentazione alla P.G. LIBERO/ASSENTE difeso di fiducia dall’Avv.to Salvatore SANSONE e dall'Avv.to Massimo MOTISI 3.- CARCIONE Aldo, nato a Firenze il 28 marzo 1947, residente in Palermo, via Littore Ragusa, n. 22, elettivamente domiciliato per questo processo in Palermo, Piazza Castelnuovo, n. 26 presso lo studio del proprio difensore di fiducia avv.to Gioacchino Sbacchi del Foro di Palermo; LIBERO/ASSENTE difeso di fid. dall’avv. Gioacchino SBACCHI 4.- BUTTITTA Giuseppa Antonella, nata a Bagheria il 9 luglio 1966, ivi residente in via G. Rossigni, n. 19, elettivamente domiciliata per questo processo in Palermo, via Francesco Petrarca, n. 10, presso lo studio del proprio difensore di fiducia, Avv.to Monica Genovese del Foro di Palermo; LIBERA/ASSENTE Difesa di fid. dall’avv. Monica GENOVESE 5.- ROTONDO Roberto, nato a Palermo il 19 giugno 1967, residente a Bagheria, via Dante, n. 60, in atto libero, elettivamente domiciliato presso la propria residenza LIBERO/ASSENTE difeso di fiducia dall'Avv.to Massimo MOTISI 6.- CUFFARO Salvatore, nato a Raffadali (AG) il 21 febbraio 1958, residente a Palermo, viale Scaduto, n. 10/A, in atto libero, elettivamente domiciliato per questo processo presso la propria residenza 2 LIBERO/ASSENTE difeso di fiducia dall'Avv.to Antonino CALECA e dall'Avv.to Antonino MORMINO 7.- VENEZIA Giacomo, nato a Lentini (SR) il 12 maggio 1950, domiciliato a Torino, presso il Compartimento di Polizia Ferroviaria, Ufficio II^, via Nizza, n.4, in atto libero LIBERO/ASSENTE difeso di fiducia dall'Avv.to Marcello MONTALBANO 8.- GIAMBRUNO Michele, nato a Monreale il 2 gennaio 1956, residente in Monreale, via Aldo Moro, n. 84/B, elettivamente domiciliato per questo processo in Palermo, Piazza Vittorio Emanuele Orlando, n. 36, presso lo studio dell'Avv.Francesco Paolo Salinas LIBERO/ASSENTE Difeso di fiducia dall’avv. Francesco Paolo SALINAS unitamente all'Avv.to Antonino AGNELLO 9.- OLIVERI Domenico, nato a Palermo il 31 agosto 1957, ivi residente in via Ludovico Ariosto, n. 12, elettivamente domiciliato per questo processo presso la propria residenza, LIBERO/ASSENTE difeso di fiducia dall'Avv.to Ugo CASTAGNA 10.- IANNI’ Lorenzo, nato a Niscemi il 6 ottobre 1951, residente in Bagheria, viale Ingegnere G. Bagnera, n. 18, , elettivamente domiciliato per questo processo presso la propria residenza, LIBERO/ASSENTE 3 difeso di fiducia dall'Avv.to Claudio GALLINA MONTANA MAZZAMUTO e dall'Avv.to Marco 11.- PRESTIGIACOMO Salvatore, nato a Ficarazzi, il 16 febbraio 1958, ivi residente, Corso Umberto, n. 588 elettivamente domiciliato per questo processo presso la propria residenza, LIBERO/ASSENTE difeso di fiducia dall'Avv.to Pietro MILIO 12.- LA BARBERA Adriana, nata a Palermo, il 20 aprile 1938, ivi residente, via Carrol Lewis, n. 6/A, elettivamente domiciliata per questo processo presso la propria residenza LIBERASSENTE difesa di fiducia dall'Avv.to Salvatore TRAINA 13.- CALACIURA Angelo, nato a Palermo il 14 luglio 1936, ivi residente, via Carrol Lewis, n. 6/A, LIBERO/ASSENTE difeso di fiducia dall'Avv.to Salvatore TRAINA 14.- Soc. DIAGNOSTICA per IMMAGINI VILLA S. TERESA s.r.l, in persona dell’amministratore giudiziario dott. DARA – costituita – Avv. Francesco BERTOROTTA di fiducia 15.- Soc. ATM Alte Tecnologie Medicali s.r.l., n persona dell’amministratore giudiziario dott. DARA – costituita – Avv. Francesco BERTOROTTA di fiducia PP. CC. 1) LICARI Angela Romina 4 Avv. ZICCHITELLA di fiducia 2) AZIENDA SANITARIA n.6 – PALERMO Avv. Federico FERINA 3) COMUNE DI BAGHERIA Avv. Fausto Maria AMATO di fiducia IMPUTATI AIELLO MICHELE: A) per il delitto di cui all’art. 416 bis, commi I, II, III, IV, VI cod. pen. per avere fatto parte, unitamente ad altre numerose persone (tra le quali PROVENZANO Bernardo, GIUFFRE’ Antonino, RINELLA Salvatore, EUCALIPTUS Nicolò’, EUCALIPTUS Salvatore, GRECO Leonardo, LO IACONO Pietro, CASTRONOVO Carlo, nel frattempo deceduto) dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, e per essersi, insieme, avvalsi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva, per commettere delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la libertà personale,il patrimonio, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e gli altri, per intervenire sulle istituzioni e la pubblica amministrazione, in particolare per avere, tra l’altro, costituito un punto di riferimento nella zona di Bagheria per tutto lo schieramento mafioso facente capo a PROVENZANO Bernardo, con specifico riferimento: 1) alla gestione di appalti pubblici e lavori privati; 2) alla raccolta di informazioni da pubblici ufficiali - tra le quali quelle di cui ai ca- pi che seguono - finalizzata alla tutela dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra ed in particolare all’acquisizione di molteplici informazioni e notizie, coperte da segreto - che lo stesso AIELLO trasferiva, almeno in parte, ad altri esponenti mafiosi tra i quali EUCALIPTUS Salvatore - concernenti, tra l’altro: 5 • le indagini svolte dal R.O.S. dell’Arma dei Carabinieri e finalizzate alla cattura dei latitanti PROVENZANO Bernardo e MESSINA DENARO Matteo ed aventi nello specifico ad oggetto: 1. la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione di GUTTADAURO Filippo sita nel Comune di Castelvetrano; 2. la collocazione da parte di personale del R.O.S. di microspie presso l’abitazione di EUCALIPTUS Nicolò ed all’interno dell’autovettura in uso ad EUCALIPTUS Salvatore; 3. la collocazione da parte di RIOLO Giorgio e di altro personale del R.O.S. di apparecchiature di videoripresa, in diverse zone del territorio di Bagheria, volte al controllo di soggetti sospettati di essere in contatto con PROVENZANO Bernardo, tra i quali parenti ed affini di EUCALIPITUS Nicolò (MORREALE Onofrio, PIPIA Liborio) e comunque con rapporti di frequentazione con lo stesso ( tra cui TORNATORE Roberto); 4. le attività investigative operate da parte di RIOLO Giorgio e di altro perso- nale del R.O.S. sul territorio di Belmonte Mezzagno nei confronti di PASTOIA Francesco - condannato in via definitiva per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., tra l’altro, in relazione a condotte di vicinanza con PROVENZANO Bernardo – e di altri esponenti mafiosi ad esso collegati; 5. la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione di GUTTADAURO Giuseppe, sita in V. De Cosmi in Palermo, nonché le risultanze di tale attività di indagine dalle quali emergevano elementi a carico del GUTTADAURO e di MICELI Domenico; 6. la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso la casa cir- condariale di Ascoli Piceno, finalizzate all’intercettazione dei colloqui periodici effettuati da GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto; 7. la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie a bordo dell’autovettura di MICELI Domenico; 8. le attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di LOMBARDO Giuseppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa; • le indagini svolte dallo S.C.O. della Polizia di Stato e finalizzate alla cattura del latitante MESSINA DENARO Matteo ed aventi nello specifico ad oggetto la collocazione 6 di apparecchiature di videoripresa di fronte all’abitazione di MESI Paola, sita nel Comune di Bagheria; l’esistenza di contatti di natura confidenziale tra personale appartenente • al S.I.S.D.E. ed EUCALIPTUS Salvatore, finalizzati all’acquisizione di notizie utili alla cattura del latitante PROVENZANO Bernardo; le indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri ed aventi ad oggetto • le attività delle società di AIELLO Michele nel settore della sanità; le indagini condotte dalla Sezione Criminalità Organizzata della • Squadra Mobile di Palermo e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, in corso nel settembre 2003, relative all’organizzazione mafiosa Cosa Nostra; l’esistenza ed il contenuto delle dichiarazioni, rese in fase di indagini • preliminari e, dunque, in interrogatori coperti da segreto, dal collaboratore di Giustizia GIUFFRE’ Antonino; l’esistenza ed il contenuto delle dichiarazioni, rese in fase di indagini • preliminari e, dunque, in interrogatori coperti da segreto, dal collaboratore di Giustizia BARBAGALLO Salvatore e relative allo stesso AIELLO; il contenuto di biglietti redatti dal latitante PROVENZANO Bernar- • do, indirizzati e trasmessi a GIUFFRE’ Antonino, quando quest' ultimo era in stato di latitanza, rinvenuti e sequestrati nelle date del 16 aprile 2002 e 4 dicembre 2002; le indagini condotte dal R.O.N.O. del Comando Provinciale dei Ca- • rabinieri di Palermo sul conto di AIELLO Michele; nonché le intercettazioni telefoniche effettuate nei confronti dell’AIELLO e dei coindagati CIURO Giuseppe e RIOLO Giorgio; 3) al finanziamento di tale organizzazione mediante erogazione di ingenti somme di denaro contante; 4) alla concreta disponibilità all'assunzione, presso imprese e società a lui facenti capo, di soggetti a seguito di indicazioni ricevute da altri componenti dell'organizzazione mafiosa, tra i quali anche i fratelli RINELLA di Trabia ed EUCALIPTUS Nicolò di Bagheria; - con l’aggravante di cui al comma IV dello stesso articolo per far parte di una associazione armata; 7 - con l’aggravante di cui al comma VI dello stesso articolo trattandosi di attività economiche finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, il profitto di reati; In Palermo, Bagheria ed altre località del territorio nazionale,fino alla data del 4 novembre 2003. RIOLO GIORGIO: C) per il delitto di cui agli artt. 110 e 416 bis cod. pen. per avere – nella qualità di sottufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo - concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento ed alla realizzazione degli scopi dell’organizzazione di tipo mafioso Cosa Nostra - i cui componenti si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva; per commettere delitti; per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e gli altri - in particolare: • fornendo - anche attraverso l’impiego di una rete di telefoni cellulari procurati da AIELLO Michele ed intestati a prestanome, il cui uso era riservato esclusivamente allo stesso AIELLO, al CIURO, al RIOLO ed a pochissime altre persone di fiducia dell’ AIELLO, tra cui CARCIONE Aldo – in maniera sistematica e continua informazioni coperte dal segreto di ufficio relative ad attività investigative coordinate da questa Direzione Distrettuale Antimafia e svolte dall’Arma dei Carabinieri e dalla stessa Sezione Anticrimine aventi ad oggetto le illecite attività dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra ed, in particolare: 1) le attività di indagine svolte dal R.O.S. dell’Arma dei Carabinieri e finalizzate alla cattura dei latitanti PROVENZANO Bernardo e MESSINA DENARO Matteo ed aventi nello specifico ad oggetto: • la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione di GUTTADAURO Filippo sita nel Comune di Castelvetrano; 8 • la collocazione da parte di personale del R.O.S. di microspie presso l’abitazione di EUCALIPTUS Nicolò ed all’interno dell’autovettura in uso ad EUCALIPTUS Salvatore; • la collocazione da parte di RIOLO Giorgio e di altro persone del R.O.S. di ap- parecchiature di videoripresa in diverse zone del territorio di Bagheria volte al controllo di soggetti sospettati di essere in contatto con PROVENZANO Bernardo, tra i quali parenti ed affini di EUCALPITUS Nicolò (MORREALE Onofrio, PIPIA Liborio) e, comunque, con rapporti di frequentazione con lo stesso (tra cui TORNATORE Roberto); • le attività investigative operate da RIOLO Giorgio e da altro personale del R.O.S. sul territorio di Belmonte Mezzagno nei confronti di PASTOIA Francesco - condannato in via definitiva per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., tra l’altro, in relazione a condotte di vicinanza con PROVENZANO Bernardo – e di altri esponenti mafiosi ad esso collegati; • la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso la casa circon- dariale di Ascoli Piceno, finalizzate all’intercettazione dei colloqui periodici effettuati da GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto; • le attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di LOMBARDO Giu- seppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa; 2) le indagini svolte dallo S.C.O. della Polizia di Stato e finalizzate alla cattura del latitante MESSINA DENARO Matteo ed aventi nello specifico ad oggetto la collocazione di apparecchiature di videoripresa di fronte all’abitazione di MESI Paola, sita nel Comune di Bagheria; 3) l’esistenza di contatti di natura confidenziale tra personale appartenente al S.I.S.D.E. ed EUCALIPTUS Salvatore, finalizzati all’acquisizione di notizie utili alla cattura del latitante PROVENZANO Bernardo; 4) le indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri ed aventi ad oggetto le attività delle società di AIELLO Michele nel settore della sanità; 5) il contenuto di biglietti redatti dal latitante PROVENZANO Bernardo, indirizzati e trasmessi a GIUFFRE’ Antonino, quando questi era in stato di latitanza, rinvenuti e sequestrati nelle date del 16 aprile 2002 e 4 dicembre 2002; 9 6) le indagini condotte dal R.O.N.O. del Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo sul conto di AIELLO Michele; nonché le intercettazioni telefoniche effettuate nei confronti dell’AIELLO e dei coindagati CIURO Giuseppe e RIOLO Giorgio; 7) le attività di indagine svolte dal P.M. nel procedimento contro MICELI Domenico ed altri; in particolare informando AIELLO Michele della collocazione di microspie nell’abitazione di GUTTADAURO Giuseppe e dell’esito di tali attività di indagine; informando MICELI Domenico della collocazione di microspie nella sua autovettura, e, più in generale, dell’esito dell’attività di indagine espletata nei suoi confronti; condotte realizzate attraverso il sistematico contatto con personale in servizio presso l’Arma dei Carabinieri; • omettendo di riferire all’Autorità Giudiziaria o ai suoi Superiori i rapporti esistenti tra l’AIELLO ed esponenti mafiosi di Bagheria (tra i quali CASTRONOVO Carlo, deceduto, GRECO Leonardo ed EUCALIPTUS Nicolò), con il versamento di somme da parte dell’AIELLO; • mettendo a disposizione di AIELLO Michele e delle sue attività illecite la sua specifica competenza acquisita nel settore delle telecomunicazioni, in particolare svolgendo in più occasioni, vere e proprie operazioni di controllo dei locali del Centro Diagnostica per Immagini gestito in Bagheria dallo stesso AIELLO, per accertare eventuali operazioni di intercettazione visiva e sonora effettuate dalla polizia giudiziaria, nonché provvedendo all’allestimento ed alla manutenzione di apparecchi di videoripresa collocati presso lo stesso Centro; • prestando in modo sistematico e continuativo attività di ausilio in favore di AIELLO Michele, attraverso contatti personali e diretti con funzionari della pubblica amministrazione ed esponenti politici, nonché attraverso l’accesso a dati investigativi coperti da segreto di ufficio, al fine di favorire la realizzazione di interessi dell’ AIELLO e del suo gruppo nel settore della sanità convenzionata. - con l’aggravante di cui al comma IV dello stesso articolo per avere concorso ad una associazione armata, avendo i componenti della medesima la disponibilità di armi ed esplosivi per il conseguimento delle finalità dell’associazione; - con l'aggravante di cui al comma VI dello stesso articolo trattandosi di attività economiche finanziate in parte con il prezzo, il prodotto ed il profitto di delitti; 10 in Palermo, Bagheria ed altre località nazionali fino al 4 novembre 2003; AIELLO MICHELE, CARCIONE ALDO, RIOLO GIORGIO, BUTTITTA GIUSEPPA ANTONELLA IN CONCORSO CON CIURO GIUSEPPE DEFINITO GIUDICATO SEPARATAMENTE: D) per il delitto di cui agli artt. 48, 81 cpv, 110, 615 ter, cod. pen., per essersi, in concorso tra loro, l’ AIELLO ed il CARCIONE quali committenti dell’atto, abusivamente introdotti - in molteplici occasioni, nell’esecuzione di un medesimo disegno criminoso ed al fine di ottenere informazioni sulle indagini in corso nei confronti di AIELLO Michele, degli amministratori delle società a lui facenti capo e dello stesso CIURO all’interno del sistema informatico di questa Procura della Repubblica, ed in particolare accedendo ai registri informatici di iscrizione degli indagati e di annotazione delle notizie di reato, protetto da misure di sicurezza; realizzando la condotta anche con richieste false di accesso ai dati del sistema informatico rivolte a personale di segreteria della Procura delle Repubblica, in tal modo indotto in errore nell’effettuare l’accesso illecito; • riguardando i fatti un sistema informatico di interesse relativo alla sicurezza pubblica e comunque di interesse pubblico; • agendo, il CIURO e la BUTTITTA, nella qualità – rispettivamente - di sottuffi- ciale della Guardia di Finanza in servizio presso il Centro Operativo D.I.A. di Palermo e di ispettore componente la sezione di P.G. della Polizia Municipale, entrambi distaccati presso gli Uffici della Procura della Repubblica di Palermo; • con l’aggravante di cui all’art. 7 l. 203/91 per l’ AIELLO, il CIURO ed il RIOLO, avendo commesso il fatto al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra; Accertato in Palermo, dal giugno 2003 al 4 novembre 2003. AIELLO MICHELE, CARCIONE ALDO, RIOLO GIORGIO IN CONCORSO CON CIURO GIUSEPPE GIUDICATO SEPARATAMENTE: 11 E) per il delitto di cui agli artt. 110, 326 co. 1, cod. pen., 7 l.n. 203/1991, per avere, in concorso tra loro e con ignoti: • l’ AIELLO ed il CARCIONE, quali istigatori, • il CIURO, nella qualità di sottufficiale della Guardia di Finanza in servizio presso il Centro Operativo D.I.A. di Palermo e distaccato presso gli Uffici della Procura della Repubblica di Palermo, • il RIOLO, quale sottufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri e in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo, • il CIURO ed il RIOLO, con violazione dei doveri inerenti alla propria funzione, ed entrambi e l’AIELLO al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra, rivelato notizie di ufficio che dovevano rimanere segrete, tra le quali quelle me- glio specificate ai capi che precedono, sui procedimenti penali pendenti e sulle attività di indagine in corso dal dicembre 2002 al 4 novembre 2003 nei confronti dell’ AIELLO, degli amministratori delle società a lui facenti capo e degli stessi CIURO e RIOLO da parte del R.O.N.O. del Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo, del N.A.S. dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Palermo; in Palermo e Bagheria dal dicembre 2002 fino alla data del 4 novembre 2003; BUTTITTA GIUSEPPA ANTONELLA: F) per il delitto di cui agli artt. 81, 110, 326 1° comma, c.p. per avere – nella sua qualità di operatore di polizia giudiziaria distaccata presso la segreteria di un Magistrato della Direzione Distrettuale Antimafia – in concorso con CIURO Giuseppe, in più occasioni, ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, rivelato ad AIELLO Michele notizie di Ufficio che dovevano rimanere segrete e concernenti, in particolare, provvedimenti di iscrizione al Registro Generale Notizie di Reato. In Palermo, nel corso del 2003. AIELLO MICHELE E RIOLO GIORGIO: 12 G) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 326 co. 1, cod. pen., 7 l.n. 203/1991, perché, in concorso tra loro e con altre persone ignote, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, il RIOLO, quale sottufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo, con violazione dei doveri inerenti alla propria funzione ed al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra, rivelava all’AIELLO, che a tal fine lo istigava, notizie di Ufficio che dovevano rimanere segrete, tra le quali quelle indicate ai capi che precedono e più in particolare: • le indagini svolte dal R.O.S. dell’Arma dei Carabinieri e finalizzate alla cattu- ra dei latitanti PROVENZANO Bernardo e MESSINA DENARO Matteo ed aventi nello specifico ad oggetto: 1) la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione di GUTTADAURO Filippo sita nel Comune di Castelvetrano; 2) la collocazione da parte di personale del R.O.S. di microspie presso l’abitazione di EUCALIPTUS Nicolò ed all’interno dell’autovettura in uso ad EUCALIPTUS Salvatore; 3) la collocazione da parte di RIOLO Giorgio e di altro personale del R.O.S. di apparecchiature di videoripresa in diverse zone del territorio di Bagheria volte al controllo di soggetti sospettati di essere in contatto con PROVENZANO Bernardo, tra i quali parenti ed affini di EUCALIPITUS Nicolò (MORREALE Onofrio, PIPIA Liborio) e comunque con rapporti di frequentazione con lo stesso ( tra cui TORNATORE Roberto); 4) le attività investigative operate da parte di RIOLO Giorgio e di altro personale del R.O.S. sul territorio di Belmonte Mezzagno nei confronti di PASTOIA Francesco condannato in via definitiva per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., tra l’altro, in relazione a condotte di vicinanza con PROVENZANO Bernardo – e di altri esponenti mafiosi ad esso collegati; 5) la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione di GUTTADAURO Giuseppe sita in V. De Cosmi in Palermo, nonché le risultanze di tale attività di indagine dalle quali emergevano elementi a carico del GUTTADAURO e di MICELI Domenico; 13 6) la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso la casa circon- dariale di Ascoli Piceno, finalizzate all’intercettazione dei colloqui periodici effettuati da GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto; 7) la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie a bordo dell’autovettura di MICELI Domenico; 8) le attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di LOMBARDO Giuseppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa; 9) la collocazione di apparecchiature di videoripresa di fronte all’abitazione di MESI Paola, sita nel Comune di Bagheria; 10) l’esistenza di contatti di natura confidenziale tra personale appartenente al S.I.S.D.E. ed EUCALIPTUS Salvatore, finalizzati all’acquisizione di notizie utili alla cattura del latitante PROVENZANO Bernardo; 11) le indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri ed aventi ad oggetto le attività delle società di AIELLO Michele nel settore della sanità; 12) il contenuto di biglietti redatti dal latitante PROVENZANO Bernardo, indiriz- zati e trasmessi a GIUFFRE’ Antonino, quando questi era in stato di latitanza, rinvenuti e sequestrati nelle date del 16 aprile 2002 e 4 dicembre 2002; 13) le indagini condotte dal R.O.N.O. del Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo sul conto di AIELLO Michele; nonché le intercettazioni telefoniche effettuate nei confronti dell’AIELLO e dei coindagati CIURO Giuseppe e RIOLO Giorgio; in Palermo, Bagheria ed altre località nazionali, dal 1999 fino alla data del 4 novembre 2003; AIELLO MICHELE: H) per il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 319 e 321, c.p., per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, promesso e dato a RIOLO Giorgio, quale sottufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo, una retribuzione non dovuta e consistita nel valore di un’autovettura marca Crysler pari a circa 25 milioni di vecchie lire, acquistata dal RIOLO presso il concessionario Vidauto di Palermo e pagata dall’AIELLO; nonché nel 14 valore dei lavori e dei materiali per la realizzazione di un’abitazione sita in territorio del comune di Piana degli Albanesi di proprietà del RIOLO; il tutto a fronte del compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio tra i quali quelli aventi ad oggetto la rivelazione di segreti meglio specificati ai capi che seguono e precedono; In Palermo, Piana degli Albanesi, Bagheria e altrove dal 1999 al 4 novembre 2003. RIOLO GIORGIO: I) per il delitto di cui agli artt. 81 cpv e 319 c.p., per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, ricevuto da AIELLO Michele e nella qualità di sottufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo, una retribuzione non dovuta e consistita nel valore di un’autovettura marca Crysler pari a circa 25 milioni di vecchie lire acquistata dal RIOLO presso il concessionario Vidauto di Palermo e pagata dall’AIELLO; nonché nel valore dei lavori e dei materiali per la realizzazione di un’abitazione sita in territorio del Comune di Piana degli Albanesi di proprietà del RIOLO; il tutto a fronte del compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio tra i quali quelli aventi ad oggetto la rivelazione di segreti meglio specificati ai capi che seguono e precedono; In Palermo, Piana degli Albanesi, Bagheria, e altrove dal 1999 al 4 novembre 2003. ROTONDO ROBERTO: M) per il delitto di cui agli artt. 110 e 378 c.p., per avere, in concorso con CUFFARO Salvatore, aiutato AIELLO Michele, che sapeva sottoposto ad indagini per più ipotesi delittuose, ad eludere le investigazioni, informandolo, su richiesta di CUFFARO Salvatore, di notizie riservate ricevute dallo stesso CUFFARO e relative all’ esistenza di una telefonata intercettata, intercorsa tra CIURO Giuseppe e l’AIELLO, nonché dell’ esistenza di indagini nei confronti dello stesso AIELLO, di CIURO Giuseppe e di RIOLO Giorgio; In Palermo, il 20 ottobre 2003. 15 CUFFARO SALVATORE: N) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv. e 326, c.p. per avere – con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso - in concorso con altri soggetti ignoti e con BORZACCHELLI Antonio, maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in aspettativa perché eletto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana, rivelato ad AIELLO Michele, anche con l’intermediazione di ROTONDO Roberto, notizie che dovevano restare segrete perché concernenti i procedimenti e le attività di investigazione in corso nei confronti dello stesso AIELLO, di CIURO Giuseppe e di RIOLO Giorgio; in Palermo e Bagheria, il 20 ed il 31 ottobre 2003. RELATIVO AL PROC.PEN. N. 746/06 R.G.T RIUNITO IN DATA 2/05/2006 CUFFARO SALVATORE: O) per il delitto di cui agli artt. 110 e 378, commi 1 e 2, c.p., per avere - in concorso con altri soggetti ignoti, con ROTONDO Roberto e con BORZACCHELLI Antonio, maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in aspettativa perché eletto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana – aiutato, con le modalità di cui al capo che precede, AIELLO Michele, CIURO Giuseppe e RIOLO Giorgio, sottoposti ad indagine, il primo per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p. e gli altri per il delitto di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p., ad eludere le investigazioni che li riguardavano; In Palermo ed altrove, fino al mese di ottobre del 2003. CUFFARO SALVATORE: P) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 326, c.p. e 7 l. n. 203/1991, per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso con altri soggetti ignoti e con BORZACCHELLI Antonio, maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in aspettativa perché eletto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana, rivelato a 16 MICELI Domenico, ARAGONA Salvatore e GUTTADAURO Giuseppe notizie che dovevano restare segrete perché concernenti i procedimenti penali e le attività di investigazione in corso nei confronti, tra gli altri, degli stessi MICELI e GUTTADAURO, commettendo il fatto al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra; In Palermo ed altrove, nella primavera - estate del 2001. RELATIVO AL PROC. PEN. N. 746/06 R.G.T. RIUNITO IN DATA 02/05/2006 CUFFARO SALVATORE: Q) per il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 378 commi 1 e 2, c.p. e 7 l. n. 203/1991, per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso con altri soggetti ignoti e con BORZACCHELLI Antonio, maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in aspettativa perché eletto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana, aiutato, con le modalità di cui al capo che precede, MICELI Domenico, ARAGONA Salvatore e GUTTADAURO Giuseppe, sottoposti ad indagine, il primo per il delitto di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p., il secondo ed il terzo per il delitto di cui all’ art. 416 bis c.p., ad eludere le investigazioni che li riguardavano, commettendo il fatto al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra; In Palermo ed altrove, nella primavera - estate del 2001. RIOLO GIORGIO: R) per il delitto di cui all’art. 326 c.p., per avere, nella sua qualità di maresciallo dell’Arma dei Carabinieri, appartenente alla Sezione Anticrimine del R.O.S., rivelato a BORZACCHELLI Antonio, maresciallo in servizio presso il reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo dei Carabinieri, in aspettativa perché candidato alle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana, notizie che dovevano restare segrete perché relative alle indagini in corso nei confronti di GUTTADAURO Giuseppe ed, in particolare, l’esistenza di attività di intercettazione dalla quale emergevano elementi pregiudizievoli anche per CUFFARO Salvatore e MICELI Domenico; 17 In Palermo, nel maggio – giugno 2001. RIOLO GIORGIO: S) per il delitto di cui agli artt. 326 c.p. e 7 L. 203/91, per avere rivelato - nella sua qualità di maresciallo dell’Arma dei Carabinieri appartenente alla sezione Anticrimine del R.O.S. - a MICELI Domenico notizie destinate a rimanere segrete e relative ad attività di intercettazione effettuate nei confronti dello stesso MICELI, indagato per il delitto di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p.; commettendo il fatto al fine di favorire l’attività dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra; In Palermo, nella primavera - estate del 2002. RIOLO GIORGIO: T) per il delitto di cui all' art. 326 c.p., per avere rivelato - nella sua qualità di maresciallo dell’Arma dei Carabinieri appartenente alla sezione Anticrimine del R.O.S. - a RALLO Giuseppe e ad ACCETTA Rosalia notizie destinate a rimanere segrete e relative ad attività di intercettazione effettuate nell’autovettura di MICELI Domenico, indagato per il delitto di cui agli artt.110 e 416 bis c.p.; In Palermo, nella primavera - estate 2002. RIOLO GIORGIO, IN CONCORSO CON RALLO GIUSEPPE E ACCETTA ROSALIA GIUDICATI SEPARATAMENTE: V) per il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 615 bis, co.1,2,3, cod. pen., perchè, in concorso tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, il RALLO quale committente, l’ACCETTA ed il RIOLO quali materiali esecutori, il RIOLO agendo quale pubblico ufficiale, Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo, e con violazione dei doveri inerenti alla funzione ed esercitando di fatto, e quindi abusivamente, la professione di investigatore pri18 vato, si procuravano indebitamente notizie attinenti la vita privata di LICARI Angela Romina, coniuge dello stesso RALLO, notizie che venivano abusivamente apprese attraverso la captazione di conversazioni tra presenti che avvenivano all’interno dell’abitazione della stessa LICARI, attraverso l’installazione clandestina di apparati atti all’uso. In Palermo, nel corso del 2002. VENEZIA GIACOMO: A-1) per il delitto di cui agli artt. 378, 61 n. 9, c.p., per avere, con violazione dei doveri inerenti la sua funzione di Dirigente la Divisione Anticrimine della Questura di Palermo, aiutato AIELLO Michele, che sapeva sottoposto ad indagini per più ipotesi delittuose, ad eludere le investigazioni, omettendo di segnalare alla polizia giudiziaria o alla competente autorità giudiziaria l’impiego, da parte di AIELLO Michele, proprio al fine di sottrarsi alle attività di intercettazione telefonica nei suoi confronti, di una rete di telefoni cellulari intestati a prestanome, il cui uso era riservato esclusivamente a lui stesso, a CIURO Giuseppe ed a pochissime altre persone di sua fiducia; In Palermo, nell’estate e fino al 5 novembre 2003. VENEZIA GIACOMO: B-1) per il delitto di cui all’ art. 479 c.p., per avere, nella qualità di Dirigente della Divisione Anticrimine presso la Questura di Palermo, redatto la nota Prot. 903129 Div. Ant. del 16.10.2003, trasmessa alla Questura di Palermo – Segreteria di Sicurezza, in evasione della richiesta del CESIS <<di comunicare ogni possibile notizia>> su AIELLO Michele ai fini del rilascio del nulla osta di sicurezza, falsamente attestando, nella consapevolezza di indagini in corso a carico dello stesso AIELLO da parte della Procura della Repubblica di Palermo, l’assenza <<di elementi ostativi per il rilascio>> del predetto nulla osta. Fatto commesso in Palermo, il 16 ottobre 2003. 19 AIELLO MICHELE, GIAMBRUNO MICHELE, OLIVERI DOMENICO E IANNI’ LORENZO: C-1) per il delitto di cui all’art. 416, commi 1 e 2, c.p., per essersi associati tra loro e con ignoti al fine di commettere, con divisione di ruoli e di compiti, meglio specificati ai capi che seguono, più delitti contro il patrimonio mediante frode, tra cui quelli indicati ai tre capi che seguono; agendo l’ AIELLO quale promotore dell’associazione; Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dal 1 luglio 1999 al 4 novembre 2003. AIELLO MICHELE, GIAMBRUNO MICHELE, OLIVERI DOMENICO E IANNI’ LORENZO: D-1) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 61 nr. 7, 640 p.p. e cpv. nr.1 cod. pen., perché, in concorso tra loro e con ignoti, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, l’ AIELLO in qualità di gestore di fatto e di titolare della maggioranza delle quote della società Diagnostica per Immagini – Villa Santa Teresa s.r.l., l’ OLIVERI in qualità di Responsabile della Radioterapia del Centro gestito dalla suddetta società, lo IANNÌ ed il GIAMBRUNO in qualità, rispettivamente, di Direttore e di Funzionario medico del Distretto Sanitario di Base di Bagheria, si procuravano in danno della A.U.S.L. 6 di Palermo: A) un ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in regime di assistenza indiretta, di ingenti somme non dovute perché erogate a titolo di “rimborso” di prestazioni di radioterapia “conformazionale” anche quando le prestazioni avevano in realtà ad oggetto radioterapie “tradizionali” – nel senso che tutte le prestazioni venivano fatte pagare ai costi delle terapie confomazionali anche quelle, nella misura del 40% circa, che riguardavano tumori trattati con terapie tradizionali – traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6 con raggiri costituiti dal formare e presentare documentazione utile ai fini del rimborso dalla quale risultava falsamente che tutte le presta20 zioni erogate avevano per oggetto la terapia conformazionale, nonché con gli ulteriori raggiri sottospecificati; B) un ulteriore ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in regime di assistenza indiretta, di ingenti somme a titolo di rimborso di prestazioni di radioterapia, somme in realtà non dovute perché lo stesso “ciclo” terapeutico veniva pagato più volte in quanto ogni fattura aveva ad oggetto non un “ciclo” terapeutico completo ma in realtà una frazione di esso “ciclo”, (con il risultato finale che ogni singola fattura faceva apparire completata la terapia ad un costo di gran lunga inferiore a quello effettivamente percepito: a titolo esemplificativo, per il tumore alla mammella risulta l’emissione di fattura per ogni frazione di terapia per lire 18 milioni a fronte di un effettivo esborso per l’intero ciclo di terapia di lire 90 milioni (euro 46.480)); traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6, con raggiri sottospecificati; C) un ingiusto profitto consistente nella ripetizione4 dei pagamenti “sine titulo” da parte dell’A.U.S.L. n.6 di somme già in effetti rimborsate dalle A.U.S.L. di appartenenza dei pazienti (non residenti nel territorio amministrativo dalla predetta A.U.S.L. n.6), traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6 con gli artifizi e raggiri sottospecificati. Con la precisazione che gli artifici e raggiri consistevano, fra l’altro: - nell’uso di documentazione contenente affermazioni non rispondenti al vero (soprattutto con rferimento al “domicilio sanitario”; - nell’uso di documentazione non corrispondente a quella prescritta (specie per l’uso di fotocopie invece che di originali, come invece previsto – ovviamente – dalla normativa vigente; - nella redazione da parte del Distretto Sanitario di Base di Bagheria delle proposte di deliberazione di liquidazione che dovevano poi essere adottate dalla A.S.L. 6 con modalità tali da eludere i controlli da parte della Direzione Generale dell’Azienda. 21 Con l’aggravante di avere cagionate all’A.U.S.L. 6 di Palermo un complessivo danno patrimoniale di rilevante gravità (nell’ordine di alcune decine di miliardi di vecchie lire). Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dal 1 luglio 1999 al novembre 2003 (o comunque alla data di emissione dei relativi mandati di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione). AIELLO MICHELE, GIAMBRUNO MICHELE, OLIVERI DOMENICO E IANNI’ LORENZO: E-1) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 7, 640 p.p. e cpv. n.1 cod. pen., perché, in concorso tra loro e con ignoti, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, l’ AIELLO in qualità di gestore di fatto e di titolare della maggioranza delle quote della società A.T.M. - Alte Tecnologie Medicali s.r.l., l’ OLIVERI in qualità di Responsabile della Radioterapia del Centro gestito dalla suddetta società, lo IANNÌ ed il GIAMBRUNO in qualità, rispettivamente, di Direttore e di Funzionario medico del Distretto Sanitario di Base di Bagheria, si procuravano in danno della A.U.S.L. 6 di Palermo A)un ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in regime di assistenza indiretta, di ingenti somme non dovue perché erogate a titolo di “rimborso” di prestazioni di radioterapia “conformazionale” anche quando le prestazioni avevano in realtà ad oggetto radioterapie “tradizionali” – nel senso che tutte le prestazioni venivano fatte pagare ai costi delle terapie conformazionali anche quelle, nella misura del 40% circa, che riguardavano tumori trattati con terapie tradizionali – traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6 con raggiri costituiti dal formare e presentare documentazione utile ai fini del rimborso dalla quale risultava falsamente che tutte le prestazioni erogate avevano per oggetto la terapia conformazionale, nonché con gli ulteriori raggiri sottospecificati; 22 B) un ulteriore ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in regime di assistenza indiretta, di ingenti somme a titolo di rimborso di prestazioni di radioterapia, somme in realtà non dovute perché lo stesso “ciclo” terapeutico veniva pagato più volte in quanto ogni fattura aveva ad oggetto non un “ciclo” terapeutico completo ma in realtà una frazione di esso “ciclo” (con il risultato finale che ogni singola fattura faceva apparire completata la terapia ad un costo di gran lunga inferiore a quello effettivamente percepito: a titolo esemplificativo, per il tumore alla mammella risulta l’emissione di fattura per ogni frazione di terapia per lire 18 milioni a fronte di un effettivo esborso per l’intero ciclo di terapia di lire 90 milioni (euro 46.480)); traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6; con i raggiri sottospecificati; C)un ingiusto profitto consistente nella ripetizione dei pagamenti “sine titulo” da parte dell’A.U.S.L. n.6 di somme già in effetti rimborsate dalla A.U.S.L. di appartenenza dei pazienti (non residenti nel territorio amministrativo dalla predetta A.U.S.L. n.6), traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6 con gli artifizi e raggiri sottospecificati. Con la precisazione che gli artifici e raggiri consistevano, fra l’altro: - nell’uso di documentazione contenente affermazioni non rispondenti al vero (soprattutto con riferimento al “domicilio sanitario”); - nell’uso di documentazione non corrispondente a quella prescritta (specie per l’uso di fotocopie invece che di originali, come invece previsto – ovviamente – dalla normativa vigente; - nella redazione da parte del Distretto Sanitario di Base di Bagheria delle persone di deliberazione di liquidazione che dovevano poi essere adottate dalla A.S.L.6 con modalità tali da eludere i controlli da parte della Direzione Generale dell’Azienda. Con l’aggravante di avere cagionate all’A.U.S.L.6 di Palermo un complessivo danno patrimoniale di rilevante gravità (nell’ordine di alcune decine di miliardi di vecchie lire). 23 Fatti commessi in Palermo e Bagheria dall’inizio del 2001 al novembre 2003 (o comunque alla data di emissione dei relativi mandati di pagamento da parte della Pubblica Amministrazione). AIELLO MICHELE, GIAMBRUNO MICHELE E IANNI’ LORENZO: F-1) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 7, 640 p.p. e cpv. n.1 cod. pen., perché, in concorso tra loro e con ignoti, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, l’ AIELLO in qualità di gestore di fatto e di titolare della maggioranza delle quote della società A.T.M. – Alte Tecnologie Medicali s.r.l., lo IANNÌ ed il GIAMBRUNO in qualità, rispettivamente, di Direttore e di Funzionario medico del Distretto Sanitario di Base di Bagheria, si procuravano in danno della A.U.S.L. 6 di Palermo, i cui organi amministrativi e tecnici traevano in inganno con artifizi e raggiri, un ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in regime di assistenza indiretta, di ingenti somme a titolo di “rimborso” di prestazioni di radioterapia, somme in realtà non dovute ai sensi della Legge Regionale 88/1980, art.2, dato che nello stesso comune era attivo ed operante in regime di pre-accreditamento altro centro di radioterapia di un’altra società facente capo allo stesso AIELLO e da lui gestita (Diagnostica per Immagini – Villa Santa Teresa s.r.l.). Con la precisazione che gli artifici e raggiri consistevano, fra l’altro: - nell’uso di documentazione non corrispondente a quella prescritta (specie per l’uso di fotocopie invece che di originali); - nell’uso di documentazione contenente affermazioni non rispondenti al vero (soprattutto con riferimento al “domicilio sanitario); - nell’uso di documentazione redatta volutamente in modo tale da non fare risultare che l’oggetto della singola richiesta di pagamento e della corrispondente fattura non era un intero “ciclo”, ma solo una parte di esso; - nella redazione da parte del Distretto Sanitario di Base di Bagheria delle proposte di deliberazione di liquidazione che dovevano poi es24 sere adottate dalla A.S.L.6 con modalità tali da eludere i controlli da parte della Direzione Generale dell’Azienda. Con l’aggravante di avere cagionato all’A.U.S.L. 6 di Palermo un danno patrimoniale di rilevante gravità. Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dal 9 febbraio 2002 (data del preaccreditamento della Diagnosttica per Immagini s.r.l.) in poi, accertato il 12 novembre 2003 D1- E1-F1 MODIFICATI IN DATA 03/04/2007 AIELLO MICHELE: G-1) per il delitto di cui agli artt. 319 e 321 c.p., per avere promesso e dato a GIAMBRUNO Michele, nella qualità di Funzionario medico del Distretto Sanitario di Base di Bagheria, una retribuzione non dovuta e consistita: • nel valore dei lavori di rifacimento e ristrutturazione di un’abitazione sita nel territorio del Comune di Altavilla Milicia per un valore pari a circa 20 milioni di vecchie lire; il tutto a fronte del compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio tra i quali quelli descritti ai capi F-1), G-1), H-1); In Altavilla Milicia, tra il 1999 ed il 2000. GIAMBRUNO MICHELE: H-1) per il delitto di cui all’ art. 319 c.p., per avere ricevuto - nella qualità di Funzionario medico del Distretto Sanitario di Base di Bagheria - da AIELLO Michele, una retribuzione non dovuta e consistita: • nel valore dei lavori di rifacimento e ristrutturazione di un’abitazione sita nel territorio del Comune di Altavilla Milizia per un valore pari a circa 20 milioni di vecchie lire; il tutto a fronte del compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio tra i quali quelli descritti ai capi F-1), G-1), H-1); 25 In Altavilla Milicia, tra il 1999 ed il 2000. AIELLO MICHELE: I-1) per il delitto di cui agli artt. 318 e 321 c.p., per avere promesso e dato a PRESTIGIACOMO Salvatore, nella sua qualità di pubblico ufficiale poiché dipendente della A.S.L. n. 6 con la qualifica di collaboratore amministrativo, somme di denaro per un importo complessivo pari a circa 15 milioni di vecchie lire; a fronte di atti del proprio ufficio, consistenti nell’ accelerare ed orientare positivamente le pratiche di rimborso delle prestazioni sanitarie che le società del gruppo di AIELLO Michele fornivano ed in relazione alle quali richiedevano il rimborso alla A.S.L. n. 6; In Palermo e Bagheria, in data antecedente all’ ottobre del 2003. PRESTIGIACOMO SALVATORE: L-1) per il delitto di cui all’ art. 318 c.p., per avere ricevuto da AIELLO Michele – il PRESTIGIACOMO nella qualità di pubblico ufficiale poiché dipendente della A.S.L. n. 6 con la qualifica di collaboratore amministrativo - somme di denaro per un importo complessivo pari a circa 15 milioni di vecchie lire; a fronte di atti del proprio ufficio, consistenti nell’ accelerare ed orientare positivamente le pratiche di rimborso delle prestazioni sanitarie che le società del gruppo di AIELLO Michele fornivano ed in relazione alle quali richiedevano il rimborso alla A.S.L. n. 6; In Palermo e Bagheria, in data antecedente all’ ottobre del 2003. AIELLO MICHELE: M-1) per il delitto di cui agli artt. 318 e 321 c.p., per avere promesso e dato a LA BARBERA Adriana, responsabile dell’ufficio liquidazione assistenza indiretta presso la A.S.L. n. 6 di Palermo, una retribuzione non dovuta complessivamente pari a 250 milio26 ni delle vecchie Lire, parte in contanti e parte in assegni intestati a favore di CALACIURA Angelo - titolare dell’omonima impresa individuale e coniuge della LA BARBERA- il tutto a fronte dell’adozione di atti del suo ufficio; in particolare, consistendo i medesimi: 1) nell’adozione delle proposte di mandato per il pagamento delle prestazioni sanitarie rese in regime di assistenza indiretta dalla Casa di Cura “Villa Santa Teresa Diagnostica per Immagini e Radioterapia” S.R.L., di cui l’ AIELLO era gestore di fatto e titolare della maggioranza delle quote, previa verifica della regolarità amministrativa delle relative istanze di rimborso; 2) nell’individuazione di quei crediti - tra quelli oggetto di contenzioso tra la A.S.L. n. 6 e la Casa di Cura “Villa Santa Teresa “ per le prestazioni sanitarie erogate nel periodo agosto-dicembre 2001 - che dovevano ritenersi effettivamente esigibili e che, pertanto, avrebbero potuto costituire oggetto di accordo transattivo, successivamente stipulato in data 04.11.2002 tra la stessa A.S.L. e la predetta casa di cura; 3) nell’individuazione di quei crediti - tra quelli oggetto di contenzioso tra la A.S.L. n. 6 e la Casa di Cura “A.T.M. “, di cui l’ AIELLO era gestore di fatto e titolare della maggioranza delle quote, per le prestazioni sanitarie erogate nel periodo agostodicembre 2001 - che dovevano ritenersi effettivamente esigibili e che, pertanto, avrebbero potuto costituire oggetto di accordo transattivo, successivamente stipulato in data 04.11.2002 tra la stessa A.S.L. e la predetta casa di cura. Fatti commessi in Palermo, dal 1997 al 2002. LA BARBERA ADRIANA E CALACIURA ANGELO: N-1) per il delitto di cui agli artt. 110 e 318 c.p., per avere, in concorso tra loro, la LA BARBERA n.q. di responsabile dell’ufficio liquidazione assistenza indiretta presso la A.S.L. n. 6 di Palermo, accettato per sé la promessa di una retribuzione non dovuta da parte di AIELLO Michele e da questi, in adempimento di quanto pattuito, ricevuto somme, complessivamente pari a 250 milioni delle vecchie Lire, parte in contanti e parte in 27 assegni intestati a favore di CALACIURA Angelo - titolare dell’omonima impresa individuale e coniuge dell’indagata - il tutto a fronte dell’adozione di atti del suo ufficio; in particolare, consistendo i medesimi: 1) nell’adozione delle proposte di mandato per il pagamento delle prestazioni sanitarie rese in regime di assistenza indiretta dalla Casa di Cura “Villa Santa Teresa Diagnostica per Immagini e Radioterapia” S.R.L., di cui l’ AIELLO era gestore di fatto e titolare della maggioranza delle quote, previa verifica della regolarità amministrativa delle relative istanze di rimborso; 2) nell’individuazione di quei crediti - tra quelli oggetto di contenzioso tra la A.S.L. n. 6 e la Casa di Cura “Villa Santa Teresa “ per le prestazioni sanitarie erogate nel periodo agosto-dicembre 2001 - che dovevano ritenersi effettivamente esigibili e che, pertanto, avrebbero potuto costituire oggetto di accordo transattivo, successivamente stipulato in data 04.11.2002 tra la stessa A.S.L. e la predetta casa di cura; 3) nell’individuazione di quei crediti - tra quelli oggetto di contenzioso tra la A.S.L. n. 6 e la Casa di Cura “A.T.M. “, di cui l’ AIELLO era gestore di fatto e titolare della maggioranza delle quote, per le prestazioni sanitarie erogate nel periodo agostodicembre 2001 - che dovevano ritenersi effettivamente esigibili e che, pertanto, avrebbero potuto costituire oggetto di accordo transattivo, successivamente stipulato in data 04.11.2002 tra la stessa A.S.L. e la predetta casa di cura. Fatti commessi in Palermo, dal 1997 al 2002. SOCIETÀ DIAGNOSTICA PER IMMAGINI VILLA S. TERESA S.R.L.: O-1) in relazione all’art. 5 comma 1 e art. 24, commi 1 e 2, d. legsl. n. 231 del 2001; per essere l’ente responsabile per il delitto di cui al capo D-1) (ex art. 640 co.1 e cpv. n.1. c.p.) commesso nel suo interesse o a suo vantaggio da AIELLO Michele nella qualità di soggetto che esercitava anche di fatto la gestione ed il controllo di tale società; avendo la società conseguito, a seguito della commissione del delitto, un profitto di rilevante gravità con pari danno per l’ente pubblico A.S.L. n.6; Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dal 1 luglio 1999 al novembre 2003. 28 SOCIETÀ A.T.M. ALTE TECNOLOGIE MEDICALI S.R.L.: P-1) in relazione all’art. 5 comma 1 e art. 24, commi 1 e 2, d. legsl. n.231 del 2001; per essere l’ente responsabile per i delitti di cui ai capi E-1 e F-1) (ex art. 640 co.1 e cpv. n.1. c.p.) commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da AIELLO Michele nella qualità di soggetto che esercitava anche di fatto la gestione ed il controllo di tale società; avendo la società conseguito, a seguito della commissione dei delitti, un profitto di rilevante gravità con pari danno per l’ente pubblico A.S.L. n.6; Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dall’inizio del 2001. Con l’intervento del P.M. e con l’assistenza della dott.ssa Rosa- lia Greco, cancelliere Conclus io ni del Pubblico M inis tero Il Pubblico Ministero chiede che sia affermata la penale responsabilità di AIELLO Michele, RIOLO Giorgio, CARCIONE Aldo, BUTTITTA Giuseppa Antonella, ROTONDO Roberto, CUFFARO Salvatore, VENEZIA Giacomo, GIAMBRUNO Michele, OLIVERI Domenico, IANNI’ Lorenzo, PRESTIGIACOMO Salvatore, LA BARBERA Adriana, CALACIURA Angelo, nonché delle società Società Diagnostica per immagini villa S.Teresa s.r.l. e Soc. A.T.M. alte tecnologie medicali s.r.l.; in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti. Esclusi dalle condotte contestate: per AIELLO Michele al capo A) la raccolta di informazioni da pubblici ufficiali concernenti: 29 • la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso la casa Circondariale di Ascoli Piceno, finalizzate all’intercettazione dei colloqui periodici effettuati da GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto; • le attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di LOMBARDO Giuseppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa; • l’esistenza ed il contenuto delle dichiarazioni rese in fase di indagini preliminari dal collaboratore di giustizia BARBAGALLO Salvatore e relative allo stesso AIELLO; Esclusi dalle condotte contestate: per RIOLO Giorgio al capo C) l’avere fornito informazioni coperte da segreto relative: - alla collocazione da parte dello stesso RIOLO Giorgio di microspie presso la casa all’intercettazione Circondariale dei di colloqui Ascoli Piceno, periodici finalizzate effettuati da GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto; - alle attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di LOMBARDO Giuseppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa; - alle indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri ed aventi ad oggetto le attività delle società di AIELLO Michele nel settore della sanità; Esclusi dalle condotte contestate: per AIELLO Michele e RIOLO Giorgio al capo G) la rivelazione di segreti concernenti le attività effettuate presso la Casa Circondariale di Ascoli Piceno, il C.D.T. di Pisa, nonché per il RIOLO anche le notizie relative alle indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri sulle società di AIELLO Michele nel settore della sanità. Appare altresì evidente che, stante l’unicità del disegno criminoso, debbono essere unificati sotto il vincolo della continuazione i reati contestati in questo stesso processo a AIELLO Michele, RIOLO Giorgio, BUTTITTA Giuseppa Antonella, VENEZIA Giacomo, GIAMBRUNO Michele, OLIVERI Domenico e IANNI’ Lorenzo e CUFFARO Salvatore; Valutati tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p. tenuto conto della ritenuta continuazione, concesse le circostanze attenuanti generiche a ROTONDO Roberto, applicata la di- 30 minuente per la richiesta di rito abbreviato tempestivamente formulata all’udienza preliminare dall’imputato RIOLO Giorgio, si chiede che sia pronunciata condanna: - di AIELLO Michele alla pena di anni 18 di reclusione; - di RIOLO Giorgio alla pena di anni 9 di reclusione; - di CARCIONE Aldo alla pena di anni 5 di reclusione; - di BUTTITTA Giuseppa Antonella alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione; - di ROTONDO Roberto alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione; - di CUFFARO Salvatore alla pena di anni 8 di reclusione; - di VENEZIA Giacomo alla pena di anini 3 e mesi 6 di reclusione; - di GIAMBRUNO Michele alla pena di anni 5 di reclusione ed euro 1000 di multa; - di OLIVERI Domenico alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione ed euro 1000 di multa; - di IANNI’ Lorenzo alla pena di anni 5 di reclusione ed euro 1000 di multa; - di PRESTIGIACOMO Salvatore alla pena di mesi 9 di reclusione; - di LA BARBERA Adriana alla pena di anni 2 di reclusione; - di CALACIURA Angelo alla pena di anni 2 di reclusione; - della soc. Diagnostica per Immagini Villa S.Teresa s.r.l. alla sanzione pecuniaria di euro 1 milione 549.000; - della soc. A.T.M. Alte tecnologie Medicali s.r.l. alla sanzione pecuniaria di euro 1 milione; con ogni conseguenziale statuizione in ordine alle pene accessorie di legge, alle spese del processo ed a quelle di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare. Sichiede che sia disposta la confisca di quanto in giudiziale sequestro. L’avv. AMATO difensore della P.C. Comune di Bagheria conclude come da comparsa conclusionale. L’avv. FERINA difensore della P.C. A.S.L.6 Palermo conclude come da comparsa conclusionale. 31 Conclusioni delle difese L’avv. Marco Mazzamuto chiede nell’interesse del proprio assistito IANNI’ Lorenzo assoluzione perché il fatto non sussiste, non costituisce reato o per non averlo commesso. L’avv. Agnello chiede nell’interesse del proprio assistito GIAMBRUNO Michele l’assoluzione; in relazione al reato di corruzione chiede l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; per tutti gli altri reati chiede l’assoluzione poerchè i fatti non sussistono; in subordine l’assoluzione per non aver commesso i fatti; in ulteriore subordine l’assoluzione perché i fatti non costituiscono reato. L’avv. Salinas nell’interesse dell’imputato GIAMBRUNO si associa all’avv. Agnello e deposita memoria. L’avv. Pietro Milio nell’interesse dell’imputato PRESTIGIACOMO Salvatore chiede che venga assolto dai reati allo stesso ascritto perché il fatto non sussiste ed in subordine per non averlo commesso. L’avv. Bertorotta nell’interesse della Società Diagnostica per Immagini Villa S. Teresa e della Società ATM chiede l’assoluzione perché i fatti non sussistono o non costituiscono reato, ovvero l’assoluzione ex art.530 co 2 cpp, in relazione all’art.5 ultimo comma del decreto legislativo nr. 231/01; chiede in subordine l’applicazione dell’attenuante di cui all’articolo 12 co 2 lett. B) decreto legislativo 231/01; chiede in ulteriore subordine l’applicazione di una pena pecuniaria il meno afflittiva possibile e, comunque, l’applicazione di una pena proporzionata al reale grado di responsabilità delle società predetta. L’avv. Gallina Montana nell’interesse del proprio assistito IANNI’ Lorenzo che venga assolto ex art.530 co.1 cpp per aver commesso i fatti. L’avv. Motisi nell’interesse del proprio assistito ROTONDO Roberto chiede che venga assolto perché il fatto non sussiste o comunque perché non costituisce reato o per non averlo commesso. 32 L’avv. Monica Genovese nell’interesse della propria assistita BUTTITTA Giuseppa Antonella chiede che venga assolta da tutti i reati alla stessa ascritti perché i fatti non sussistono, per non averli commessi o perché i fatti non costituiscopno reato. In relazione all’art.615 tter cp, chiede applicarsi l’art.48 cp e chiede l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato. Chiede in subordine l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche. L’avv. Montalbano nell’interesse del proprio VENEZIA Giacomo chiede che venga assolto da tutti i reati allo stesso ascritti con la più ampia formula liberatoria. L’avv. Motisi nell’interesse del proprio assistito RIOLO Giorgio chiede in relazione al capo c) l’assoluzione perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato; in relazione al capo d) l’assoluzione per non aver commesso il fatto; in relazione al capo e), g), r), s), t) unificati i reati sottio il vincolo della continuazione il minimo assoluto della pena; in relazione al capo i) l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in relazione al capo v) l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato. L’avv. Sansone nell’interesse del proprio assistito RIOLO Giorgio conclude associandosi alle richieste dell’avv. Motisi. L’avv. Castagna nell’interesse del proprio assistito OLIVERI Domenico chiede che venga assolto da tutti i reati a lui ascritti perché il fatto non sussiste. L’avv. Caleca nell’interesse del proprio assistito CUFFARO Salvatore chiede l’assoluzioneper non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste. L’avv. D’Agostino nell’interesse dei propri assistiti CALACIURO Angelo e LA BARBERA Adriana chiede che vengano assolti dai reati loro ascritti perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato. L’avv. Sbacchi nell’interesse del proprio assistito CARCIONE Aldo chiede che venga assolto in relazione all’art.615 cp perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in relazione al reato di cui all’art. 326 cp perché il fatto non sussiste. L’avv. Monaco nell’interesse del proprio assistito AIELLO Michele chiede in relazione al capo a) d’imputazione l’assoluzione per non aver commesso il fatto; chiede in relazione ai capi c1), d) ed e) l’assoluzione per non aver commesso il fatto; in relazione al capo g) chiede l’assoluzione per non aver commesso il fatto; in relazione al capo h) l’assoluzione per non aver commesso il fatto; in relazione ai capi i1) ed m1) chiede la 33 concessione delle circostanze attenuanti generiche il minimo della pena con i benefici della sospensione condizionale della pena e la non menzione nel certificato del casellario giudiziale; in relazione al capo g1) chiede la concessione delle circostanze attenuanti generiche, il minimo della pena il beneficio della sospensione condizionale della pena e la non menzione nel certificato del casellario giudiziale. L’avv. Greco nell’interesse del proprio assistito AIELLO Michele in relazione ai capi d1), e1) f1), così modificati all’udienza dell’Aprile 2007, l’assoluzione perché il fatto non sussiste. L’avv. Mormino nell’interesse del proprio assistito CUFFARO Salvatore chiede che venga asssolto da tutti i reati ascrittagli perché i fatti non sussistono o non costituiscono reato ed in subordine l’esclusione della aggravante contestata (art.7 Legge 203/1991) 34 IN FATTO ED IN DIRITTO SVOL GIMENTO DEL PROCESSO Con decreto in data 2 n ovembre 2004 il Giudice p er le Indagini Prelimin ari di Palermo rinviava a giudizio Aiello Miche le, Riolo Gior gio, Carcione Aldo, Buttitta Giuseppa Antonella, Rotondo Roberto, Cuffaro Salvatore, Venezia Giacomo, Giambruno Michele, O liveri Domenico, Iannì Lorenzo, Prestigiacomo Salvatore , La Barbera Adria na e Calaciura Angelo, in epigrafe generalizza ti, per rispondere dei reati lor o rispettivamente e/o in concorso ascritti come in rubrica. Sulla scorta del le modalità procedimentali previste dal D. L.vo n.231/200 1, il G.U.P. rinviava a giudizio a nche la “Società Diag nostica per Im magini Villa S. Ter esa s.r .l.” e la “Società A.T.M. Alte Tecnologie Medicali s.r.l.”, entrambe costituite, per rispo ndere degli illeciti di cui agli ar tt. 5 e 24 del D. L. vo citato. All’udienza del 1 febb raio 2005, sentite le parti, veniva dichiarata la con tumaci a degli im putati Carcione, Buttitta, Cuffaro, V enezia, Giambr uno, Oliveri, Prestigiacomo, La Barbera e Calaciura, ritualmente cita ti e non comparsi nonché delle due società non costituitesi di fronte a questo Tribunale nei modi previsti dall’art. 39 D L .vo 231/01. Indi, alla presenza degli imputa ti Rotondo e Iannì, le parti sollevavano alc une questioni preliminari, a i sensi dell’a rt. 491 del c.p. p., s ulle quali, sta nte la complessità degli ar gomenti, il Collegio si riservava di decidere. All’udien za dell’ 8 febbraio successivo, il Tribunale, revocata la contumacia delle due società a seguito di nuova costituzione in giudizio dell e stesse, scioglieva la riserva dando lettura dell ’ordin anza a llegata al verbale. Il Presi dente, poi, chiedeva al difensore delle due società costituite se fosse lo ro intenzione provveder e alle incombenze 35 di cui all’ art. 65 del D. L.vo n. 231/01, atteso che si tratta d i attività ch e devono essere compiute prima della dichiaraz ione di apertura del dibat timent o. Il difensor e comuni cava che le soci età non avevano intenzione di chiedere la sospensione del processo, ai sensi del citato art. 65, non essendo le stesse in condizione di r isarcir e il danno alle persone offese. Tuttavia, ai sensi dell’art . 12 c omma 2 lett. b) del D. L.vo n. 231/01, il difensore depositava una relazione proveniente dagli ammin istratori delle società (nel frattempo mutati a seguito del sequ estro di prevenzione disposto dalla locale Sezione Misure di Prevenzione), nella quale si dava atto dell’avvenuta adozi one di nuovi modelli o rganiz zativi idonei a prevenire la commissio ne di reati della stessa spec ie di quelli in contestazione, r iserva ndosi nel prosieguo d i dar conto dell’operativit à di detti m odelli. Trattandosi di i ncombenza da espletare prima della dichia razione di apert ura del dibattimento, il Collegio ne prendeva formalmen te atto. Esaurite tutte l e questioni preliminari, il P residente dichiarava aper to il dibatt imento e dava lettura per sint esi dei capi di imputazione ben no ti alle parti. Indi, il P.M. richiam ando i vari tem i del pro cesso avanzava le proprie richieste di mezzi di prova , costituite da: esa me dei testi, i mputati di reato conne sso, testi assistiti di cui alla lista tem pestivamente depositata; pr oduzione dei documenti di cui all’elenco specifi co allegato nonché la pr oduzione di alcune sentenze passate in autorità di cosa giudicata e l’ammissi one di una per izia avente ad oggetto la trascrizione di una parte del le intercetta zioni telefoniche ed ambientali disposte nell’ambito del pr esente pr ocediment o. Proprio in relazione a tale ultimo aspetto, il P.M. chiedeva a lle altri parti processua li il consenso alla acquisizione delle trascrizioni del contenuto di parecchie inter cettazioni, già ef36 fettuate a mezzo di perizie disposte in alcuni dibattimenti in atto in co rso di svolgi mento presso questo Tribunale per fatti connessi. Trattandosi del le medesime intercettazioni disposte nell’ambi to dell’un ico proced imento originario (dal quale poi, a seguito di stra lci, so no stati creati diversi procedimenti derivati), in fatti, il P .M., per evidenti ragioni di economia pr ocessuale, chiedeva a lle parti di esprimere il consenso all’acqui sizion e ed alla utilizzazione delle trascrizioni già effettuate da i periti n el contra ddittor io delle parti, al fine di evitare lo svolgiment o di ulteriori perizie sullo stesso materiale. Prima d i prendere in esame le richieste di mez zi di prova delle altre parti è b ene precisare che quasi tutti i difensor i degli imputati esp rimevano il loro conse nso all’acquisizione ed alla utilizzaz ione d elle trascrizioni delle suddette inter cettazioni. Solo pochi difen sori si riservavano di esprimere il loro consenso a seguito della mater iale visione delle suddette trascrizioni. La part e ci vile A.S.L. n.6 di Paler mo, poi, chiedeva l’esame dei testi e degli imputati mentr e il Comune di Bagheria chiedeva sola mente l’esame degli imputati. I difensori degli impu tati insistevano nelle liste rispettivamente depositate (da parte di tutti ad eccezione degli imputati Carcione e Roton do), chie devano l’esame degli imputati e la produzion e di documenti e di ver bali di prova in altri proc edimenti (Aiello ). Per il resto le parti non si opponevano alle altrui richieste, fatta e ccezione per il P.M. che si opponeva al teste Marguglio della lista dell ’imputa to Aiello, ai testi Carboni e D’Acq uisto della lista dell ’imputata Buttitta ed a due documenti r ichies ti dalla difesa di Aiello. Anche la difesa del Cuffaro si opponeva ai testi Siino, Lanzalaco, Pinett i ed Enea della lista del P.M., dovendo, a detta del 37 difensore, costoro risponder e su temi estranei all’ odierna imputazione. L’avv. Montal bano, sempre in difesa di C uffaro Salvatore, sollevava, po i, una que stione relativa alla utilizzabilità nei co nfronti del p roprio assi stito solo di alcune intercettazioni disposte nell’ambito dei procedimenti originariamente recanti i numeri 12790/02 e 6775/03 R .G.N.R.. Il Tribunale, dopo aver concesso alle parti un breve termine ad horas al fine di consultare i documenti, ammetteva tutti i mezzi di prova rich iesti dalle parti, con le precisazioni meglio specificate nel l’ordinanza dettata a verbale. Per ciò che attien e alla perizia a vente ad oggetto la trascrizione d elle intercettazi oni telefoniche ed ambientali, il Collegio la ammetteva nei limiti di quelle conversazioni che non erano già state oggetto di perizie dibattimentali o di opposizioni da parte della difesa. Per pronunciarsi su queste altre conversazioni, il Tribunale decideva di ri servarsi in attesa che i difensori che ne avevano fatto richiesta potessero visionar e le trascrizioni. Allo ste sso modo il Collegio si riservava di decidere sulla specifica question e sollevata dall’a vv. Montalb ano e relativa solo ad una par te delle intercettazioni. All’udienza del 15 febbraio 2005, con ordinanza depositat a ed allegata al verbale di u dienza (alla quale si ri nvia integralmente), i l Tribu nale rigettava l’opposizione sollevata da ll’avv . Montalban o e di sponeva procedersi oltre. I difensori che avevano richiesto un termine per esaminare le trascrizi oni delle intercettaz ioni scioglievano la riserva dando il proprio co nsenso all’acquisizione ed alla utilizzazi one delle stesse, con l’un ica eccezione costituita dalla difesa dell’impu tato Carcio ne, la quale da va il consenso solo p er le trascrizioni già depositat e dai periti, riserva ndosi di fa re lo stesso al mo mento del deposito delle trascriz ioni dis poste nel 38 processo a carico di Borzacchelli Antonio (in corso davanti alla quarta Sezione d el Tribunale). Pertanto, il Co llegio, preso atto del consenso di tutte le parti processuali circa l’acqu isizione e la utilizzazione delle tra scrizioni, effettuate a mezz o di per izie nell’a mbito dei dibattimenti con nessi in co rso davanti ad altre Sezioni di questo Tribunale, nendo la ammetteva sin d’ora tale mezz o di prova, manteriserva so lament e per le trascrizioni disposte nell’ambi to d el p rocesso Borzacchelli e non ancora depositate dai periti. Pertanto, il C ollegio invitava il P.M. a dep ositare le suddette trascrizi oni su sup porto cartaceo e digitale ed a depositare le relative bobine in or iginale. In attesa del deposito anche dell’elenco delle conversaz ioni residuali di cui il P.M. ha chiesto la trasc rizione, il Tri bunale si riservava di nomin are un perito e di conferirgli l’incarico. Avevano, poi, luogo gl i esami dei primi testi del P.M. ed, in particolare, di Buffa Francesco, Puleo Maria Angela Daniela , Grassi Ro berto, Fragano Giuseppe e Cozza N icola. Il Presid ente, prima degli esami dei testi, faceva presente alle parti ci vili ed ai difenso ri che, qualora i testi fossero stati inseriti anch e nelle loro liste (come nel caso di Buf fa e Puleo), gli esami, i controesami ed i riesami sarebbero avvenuti nello stesso contesto temporale per evidenti r agioni di economia processuale. Le parti conco rdavan o con questa impostazione del Tribunale impegnand osi a seg uire tale indicazione per il r esto del processo. Nel corso spontanee dell’ udienz a dichiarazion i l’imputato e le Aiello parti Michele rendeva concordavano per l’acquisi zione dei verbali relativi ai testi Meccariello, Carollo, Bubbeo, Mal lia, Ursi, Vivia no e Gattuso (oltre che del verbale di sommarie inf ormaiz oni del teste Buffa). 39 Pertanto, le par ti rinu nciava no a sentire i suddetti testi ed il Tribunale revocava l’ordinanza ammissiva delle sudd ette testimonian ze, do po aver disposto l’acquisiz ione agli a tti del relativi verbal i. All’udienza del 22 febb raio 2005 il Tribunale , dopo aver ritenuto leg ittimi gli impedi menti dell’imputato Riolo e del dife nsore di Aiello Mich ele, disponeva il rinvio d ell’ud ienza e la comunicazione della data di rinvio ai soggetti legittimamente impediti. Il 24 febbraio 2005 il P.M. esibiva alla difesa di Aiello – che ne aveva fatto richiesta – il verbale illustrativo della collaborazione di G iuffrè Antonino, segnalando che gli altri collaboratori indicati in lista avevano reso le loro dichiaraz ioni in epoca di parecchio antecedente rispetto alla legge 13.2.2001 n.45. Il Tribunale ne dava atto disponend o che dopo l’esame dei difensori il suddett o verbale venisse custodito all’interno del fascicolo de l P.M. e riser vandosi in ordine alla richiesta relativa ai v erbali degli altri collaboranti. Indi, il Collegio, a seguito del deposito da parte del P. M. dell’elen co delle in tercettazioni d a trascrivere, indicava il nominativ o del perito, nella persona del signor R oberto Genovese, fissan do la data della pros sima udienza per il conferimento dell’ incarico ed invitando le parti a deposita re per tale data eventuali e lenchi di conversazioni da trascrive re. Inoltre, veniva parzialmente ammessa la richiesta del P.M. di acquisizi one al fascicolo di verbali di prove assunte in altri procedimenti in epoca, ovviament e, successiva ris petto a l termine di cui all’ar t. 468 c.p.p. . Pertanto, preso att o dell a conseguente rinuncia delle parti ai testi Manis calco e Torcivia, il Tr ibunale revocava l’ord inanza ammissiva nella parte relativa e disponeva proc edersi oltre con l’escussione dei testi Sancr icca Stefano e D’Amico Antonino. 40 All’udienza del 1 marzo 20 05 veniva conferito a l signor Roberto Genovese l’incarico peritale relativo alla trascriz ione delle intercettazion i telefoniche ed ambiental i di cui all’indice prodotto dal P.M.. Indi, i l Tri bunale scio glieva la riser va assunta alla precedente udienza, con l’ordinanza in atti di cui il Precidente dava lettura. Le parti, poi, conco rdavano per la produzione di un verbale di sommarie informazioni rese da Riccio Agostino ed il Collegio ne di sponev a l’ac quisiz ione al fascicolo del dib attimento. Il P.M., co nseguentemen te, rinunciava all’esame del teste, le altre par ti prestavano il consenso alla rinuncia, a d eccez ione della difesa del Riolo che si riservava di pronunciarsi in ordine alla rinuncia, tratta ndosi di teste inserito anche nella propria l ista. Si procedeva, poi, all’esame dei testi presenti, Sara niti Biagio, Calabria Rosar ia, Di Fior e Giuseppina, Orobello F rancesco, Salamone Dario e Rinaldo Calogero. Il dibattimento, quindi, veniva rinviato all’8 marzo successivo presso l’aul a bunker di Mila no per l’audizione diretta del collaboratore Antonino Giuffrè, richiesta P.M. e motivata da lla necessità per espr essamente dal la Pubblica Accusa di e- sibire al Giuff rè alcuni biglietti e documenti. Alle udienze dell’8 e del 9 marzo, svoltesi presso l’aula bunker in Milan o, aveva luogo l’esame del collaboratore di giustizia Anton ino Giuffrè. L’esame aveva luogo con tali moda lità in quanto l’Ufficio del P.M. aveva rich iesto che lo stesso si svolgesse alla presenza del collabora nte e non tramite video-conferenza, sussistendo la necessità di esibi re bigliettini e lettere. All’udienza del 15. 3.2005 il P.M. esibiva a lla d ifesa del Cuffaro ed al Tribunale il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione del Giuf frè, in adesione a quanto disp osto a 41 Milano dal C ollegi o a seguito di una richiesta in ta l senso formulata . Il verbale in quest ione riportava l’esatta e completa indicazione dei temi di prov a concernenti l’imputato Cuffaro per cui, non essen dovi alcun problema di inutilizzabilità , se ne disponeva l’a cquisi zione al fascicolo del P.M., com e disposto dall’art. 16 sexies d ella legge n. 45/ 2001. Indi, le parti conco rdavano circa l’acquisizione al fascicolo del dib attimento di alcuni verbali d ei testi Gigliotti e Damiani ed il Trib unale ammetteva la produzione di detti verbali e di altri doc umenti richi esti da l P.M. . Avevano, pert anto, luogo gli esami di Rallo Giuseppe (testimone assi stito) e di Gig liotti Pasquale (indagato di reato c onnesso) ed il Tribunale revocava l’ordinanza ammissiva delle prove nella parte relativa ai testi Damiani e Sardilli ai quali le parti concor dement e rinunciava no. All’udienza del 22 marzo 2005, il Tribunale decideva su una istanza di dissequestro ava nzata nell’inter esse dell’Aiello ed avevano luog o gli esami dei testi Leone Gaetano, Calabrò Antonino, Murat ore Salvatore, Catrini Francesco Paolo nonc hé della testimone assistita Accetta Rosalia. Indi, il P.M. avanz ava richiesta di sospensione dei termini di fase delle mi sure cau telari (arresti domicilia ri) riguardant i gli imputati Aiello e Riol o e le difese si riser vavano di espr imere il loro parere alla successiva udienza. All’udienza del 5 aprile 2005, la d ifesa degli imputati Riolo ed Aiell o si opponeva al la richiesta di sospensione dei termini di custo dia c autelare, avanzata dal P.M. in relazione ai propri assistiti. Inoltre, la difesa dell’Aiello ava nzava istanza di produzione di alcuni articoli di stampa, di cui all’elenco allegato, ed il Tribunale si riser vava di decidere. Dopo la rinuncia delle parti a l teste Caruso, a veva luogo l’esame dei testi Ca rtaino Michele e Licari Angela Romina 42 (con acquisizi one della querela a s ua firma al solo fine della prova dell’esistenza della condizione di procedibilità), nonché dell’impu tato di reato connesso Giuffrè Francesco. All’udienza del 12.4 .2005 il Tribunale emetteva l’ordinanza di sospensione dei termi ni di custodia cautelare, nei termini d i cui al provvedimento in atti. Di seguito veniva no escussi i testi Anzelmo Giuseppe, Sozzo Giovanni, Palombo Paol o e D’Agnelli Sabino e veniva acquisita la rel azione tecni ca a firma degli ultimi due testimoni. All’udienza del 19.4.2005, dopo l’emissione dell’ordinanza relativa all’istanza di produz ione documentale avanzata dalla difesa di Ai ello Michele, avevano luogo gli esami dei testi Grippi Fil ippo, Specia le Felicia, Cittadini E ttore, Amandorla Santo, Miceli B enedetto e Russo Maurilio. Indi, il P.M. avan zava istanza d i acquisizione di verbali di prove dichiarative assunte nell’ am bito di altro procedimento penale, in relazi one alla quale le difese si opponevano ed il Tribunale di ri servava di decidere. All’udienza del 26.4.2005 deponevano i testi Scimeca Alessandro, Lica ta Vito, Mig nosi Maria Elena, Paparcuri Giov anni e Torres Rosa Maria, mentre l’ indagata di rea to connesso Pellerano Ma rgheri ta si avvaleva della facoltà di non rispondere. All’udienza del 3.5.2005 il Tribunale scioglieva la riser va ed emetteva l’ordinanza in atti con r iferimento all’istanza avanzata dal P.M. di acqui sizione dei verbali di prova di altro procedimento. Indi, dopo l’acquisizio ne del verbale di sommar ie informazioni rese d a Accar di Mar ia nelle mor e deceduta, avevano luogo gli esami dei testi Cal abrese Girolamo Aldo, Maggio Antonia, Lo Bue Vi ncenzo e Cucchiara Giuseppe. Il Coll egio, poi, si riser vava in ordine alla richiesta, avanzata dalla difesa del l’Aiel lo, di audizione ai sensi dell’art. 195 c.p.p. della si gnora Bertolino Mar ia. 43 All’udienza del 10. 5.2005 veniva escusso il test e Sitzia Ca rlo mentre i l 17.5.2005, dopo la concessione di una p roroga chiesta dal perito Genovese, ave vano luogo gli esami testimoniali di Sammartino Giovanni For tunato, Aserio P ietrino e Bignardelli Fabri zio. All’udienza del 24 m aggio successivo venivano escussi i testi Pampillon ia Giovanni, Bertini Massimiliano, Pala dino Ale ssandro, Lazzaron e Salvatore, Bona nno Nicolò Celestino, Celia Eustachio e Men allo Frances co. Indi, veniva acquisi to un documento su richiesta d el P.M. ed ammesso il teste Spanu Aldo a seguito di istanza avanzata, ex art. 1 95 c.p.p., dalla difesa d el Cuffaro. All’udienza del 31 mag gio 2005, dopo la lettura di una breve ordinanza relativa ad un a ist anza dell’Aiello, venivano escu ssi i te sti Bu rchia Pina, Licar i Giacinto e Spanu Aldo (ex ar t. 195 c.p.p.). Indi, sull ’accor do delle part i venivano acquisiti i verbali di sommarie in formazioni di Gurrera Lelio e di Di Giuseppe Salvatore (nel le more deceduto) ed alcuni documenti prodotti dal P.M. e dalla difesa d ell’imputato Oliveri. Poiché le par ti rinunciavano a ll’esame del Gurrer a, il Collegio revocava l’ordi nanza a mmissiva delle prove nella pa rte relativa al sud detto teste. Il processo veni va, qui ndi, rinviato al 7 giugno presso l’aula bunker d i Roma per l’audizione di alcuni collaboratori di giustizia e testi, i n relaz ione a i quali il P.M. a veva espresso la necessità di esibire alcuni documenti. Nel corso del l’udienza de l 7 giugno venivano escussi i testimoni Ganzer Giampaolo e De Cap rio Sergio, r ispettivamente generale comandante del R.O.S. d ei Carabinie ri e tenente colonnello gi à in servi zio presso tale Raggruppa mento, a i quali veniva esibita varia documentazione. Indi, ven ivano escussi i collabor atori di giustizia Brusca Giovanni e La Bar bera Gioacchino me ntre all’udienza dell’8 suc44 cessivo avevano luo go gli esa mi dei collaboranti Siino Angelo e Barbagallo Sa lvator e. A causa del protrarsi di detti esami l’audizione dell’altro collaboratore Lan zalaco Salvatore, sull’accordo delle par ti, veniva rinviata ad altra data. All’udienza del 14 g iugno 2005, venivano escussi i tes ti Tomasello An tonino , Scala Vincenzo e Consagra Sergio mentre l’indagat o di reato con nesso Testa Nicola si avva leva della facoltà di astenersi dal rispondere. Il proced imento veniva , pertanto, r inviato all’udienza de l 21 giugno success ivo p resso l’aula bunker di Palerm o Pagliarelli, per l’esame del colla boratore Lanza laco Antonino, il qua le aveva già manifest ato al P.M. la sua disponibilità ad essere sentito i n tale aula protetta. Tuttavia, l ’udien za suindicata veniva rinviata a data da sta bilirsi per un impedi mento del collaborator e, c olpito da un malore il giorno prima della sua a udizione. All’udienza del 28 giugno successivo, sempre all’interno dell’aula b unker di Pagliarelli, iniziava la deposizione di Aragona Salvat ore, pri ma della quale il P.M. e le difese degli imputati Aiel lo e Cuffaro esprimevano il consenso per l’acquisi zione di tutti i verbali resi dallo stesso nel corso delle indagi ni. Le altre difese si riservavano di esprimere il consenso alla successiv a udienza ed il Collegio, i n attes a del lo s cioglimento della riserva, disponeva l’acquisizione degli atti solta nto in relazione alle posizi oni dei sopra indicati imputati. L’esame ed il controesame dell’Ar agona pros eguivano anche alle successive udienze dell’8 e del 12 luglio 2005, nel corso delle qua li le altre parti non prestavano il loro consenso all’acqui sizion e dei verbali (che, pertanto, restano utilizza bili solamente nei c onfron ti dell’Aiello e del Cuffaro). All’esito d ell’audizion e dell’Ar agona, veniva accolta la richiesta avanza ta dal P.M. di sentire, in qualità d i teste di rifer i45 mento ai sensi dell ’art. 195 c.p.p., l’avvocato Antonino Zanghì. E poiché quest i, presente in aula, manifesta va la propr ia disponibili tà ad essere escusso immediatament e, si dava c orso al suo esame, all’esi to del quale sia il P.M. che la difesa del Cuffaro chiedevano di poter esaminare, sempre quale teste di riferimen to ex art. 195 c.p. p., l’ avvocato Salvatore Caputo. Il Tribun ale accoglieva la concorde richiesta delle parti disponendo la citazion e del Caputo per la successiva udienza per evidenti ragioni di continuità . All’udienza del 19 luglio deponeva, in qualità di testimone ex art. 195 c.p.p ., Caputo Sa lvator e, il quale rendeva dichiarazioni del tutt o difform i a quelle dello Zanghì, specie in alcuni punti di partic olare riliev o probator io. Pertanto, su richiesta del P.M., il Tribunale disponeva il confronto tra il Capu to e lo Zanghì, ottenendo che tale mezzo istruttorio avesse lu ogo immediatamente – grazie anche alla disponibi lità dell’a vv. Zanghì – all’evident e fine di non rischiare di preg iudiar ne l’efficacia d imostrativa e probatoria. Al termine del confronto Caputo-Zanghì, il Tribunale, su richiesta del P.M., disponeva un accertamento documentale avente ad oggetto gli sposta menti del Caputo, all’ep oca dei fatti sottoposto alla misura di pr otezione della “tutela”. Indi, dopo il confronto aveva luogo l’esame del colla boratore di giust izia L anzala co Salvatore, il quale veniva sentito ai sensi dell’art. 197 bis c.p. p. e cioè quale testimone assistit o e veniva disposta la produzione di un docum ento su richiesta della dif esa. All’udienza del 20 settembre 2005, dopo che il Tribunale dava atto alle parti dell’ avvenuto deposito della perizia avente ad oggetto la trascrizion e delle intercettazioni telefoniche e d ambiental i, avevano luogo gli esa mi dei testimoni Vassallo Renato ed Enea Rosario. 46 All’udienza d el 2 7 settembre 2005, le parti concordavano circa l’acquisizi one al fascicolo del dibattimento delle relazioni di servizio a firma dei testi Cavallo, D’Acquisto, Villani, Mauro, Baldi e Carboni e rinunciavano all’esame di detti testimoni (ad eccezione di quelli indicati nelle liste delle difese degli imputati Aiello e Buttitta in rela zione a circostanz e diverse). Il Tribun ale, pertanto, disponeva l’acquisizione dei docum enti e revocava l’ord inanza ammissiva delle suddette testimonianze, fermo restan do il diritto delle dif ese degli imputati Aiello e But titta di i nsistere, al momento opportuno, nell’audi zione dei testimoni inseriti nelle loro liste. Indi, aveva luogo l’esame della teste Enrica Pinetti ed il P residente dava atto ch e alcune delle informa zioni richieste ai C.C. eran o perv enute in cancelleria. All’udienza del 4 ot tobre 2005 l’imputato di r eato connesso Ciuro Giuseppe dich iarava di voler si avvalere della facoltà di non rispondere ed il P.M. chied eva la formale trasmissione dei verbali rela tivi alle udienze del 12 e 19 luglio nonché di quelli r elativi all a deposizione dell’Aragona (con le relative trascrizioni) e dei documenti pervenuti dai C.C. al fi ne di valutare eventuali iniziative di pr opria compete nza ne i conf ronti del teste Sa lvator e Caputo. Il Tribunal e, non essendo più prevista la trasmissione dei verbali n el cor so del procediment o, si riservava di provveder e all’esito dell’ istruzione d ibattim entale, evidenziando come gli atti richiesti dal P.M. fosse ro pubblici ed a disposizione delle parti pro cessuali anch e per eventuali inizia tive d i competenza dell’u fficio del P .M.. All’udienza del l’11 ottobre 2005 , il P.M. chiedeva alle altri parti di espr imere il loro eventuale consens o all’acquisizione di due trascrizio ni di intercet tazioni ambientali relative a Guttadaur o Carlo, i difensori espr imevano il loro consenso mentre la di fesa del l’imputato Cuffaro si riservava di pronunciarsi alla prossi ma udienza. 47 Indi avevano luogo l e deposizioni dei testi Sini Michele, Sparacino Matteo e Del Fr ancese Umberto e, sull’a ccordo delle parti, si dispone va l’acquisizione di alcune relazioni di serv izio a fir ma di quest’ultimo teste. All’udienza del 18 ottobre 2005, anche la difesa del Cuffaro esprimeva il suo consenso all’a cquisizione delle due tr ascrizioni d i in tercettazioni ambientali r elative a Guttada uro Carlo, che p ertanto veni vano a mmesse dal Tribunale. Di seguito depo nevano i testi Scaf uri Giancarlo, Giovinazzo Raffaele e Dam iano Anto nio e, sempre sull’accordo delle parti, venivano acquisite tre annotazioni di indagine a firma di quest’ult imo teste. L’esame del Colonn ello Damiano pr oseguiva anche all’udienza del 25 ottobre 2005, all’esito de lla quale la d ifesa di Aiello chiedeva la trascrizio ne della conversazione ambientale intercettata l’11.3.2003 all’interno dell’automobile di Eucaliptus Salvatore, a meno che la stessa non risultasse già trascritta n ell’ambito d ella perizia disposta nel proce sso Bo rzacchelli (acquisita agl i atti sull’a ccor do delle parti). Il Tribunale, non essendo state materialmente ancora dep ositate le trascrizion i della perizia di cui al processo Borz acchelli, in vitava il P.M . a dep osita rle, riser vandosi sulla richiesta d ella d ifesa. All’udienza del 27 ottobre 20 05 si dava atto dell’avvenuto deposito delle trascrizio ni della perizia relativa al processo Bo rzacchelli e, pertanto, il Tribunale invitava la difesa a verificare, attra verso l’esame delle tra scrizioni, la neces sità della trascrizione della conversazione dell’11.3.2003 e di comun icare le p roprie istan ze alle prossim a udienza . Indi, il P .M. e la difesa facevano pr esente che il teste Antonino D’Amico (cita to per quella udienza) era gravem ente malato, attualmente e da temp o ricoverato e di certo impossibil itato a deporre a causa della gravità della sua patologia. 48 Indi, sul co nsenso delle parti, si d isponeva l’acquisizione al fascicolo del dibattimento dei verba li di dichiarazioni rese dal D’Amico n el corso del le ind agini p reliminari. Per quanto, invece, atteneva alla deposizione resa dal D’Amico nel processo Borzacchelli (in epoca successiva alla scadenza del termine di cui all’art. 468 c.p.p.), la difesa si riservava di esprimer e il proprio consenso. L’udienza p rosegu iva, poi, con l’esame del teste Di Pasquale Calcedonio e con quelli dei testi Caliò Tommaso e Li Noce Sebastiano. All’udienza dell’8 no vembre 2005, preso atto del consenso prestato da tutti i difensori, venivano ammessi i verbali delle dichiarazioni rese da D’Amico Antonino. Indi, venivano escu ssi i testimoni Vitale Feliciano, Antinoro Giovanni e Raso Vito, nonché gli imputati di reato connesso Lo Iaco no Pietro ed Eu calipt us Salvatore (il quale, tuttavia, si avvaleva della facolt à di non ris pondere). All’udienza del 15 novembre 2005 la difesa insisteva nella richiesta di trascrizione della conversazione ambiental e dell’11.3 .2003 ed il P.M. chiedeva un supplemento di perizia avente ad oggetto la trascr izione della conversa zione del 18.6.2004 alle ore 13,40. Il Tribunale, null a opponendo reciprocament e le par ti, si riservava di provvedere al la successiva udienza, dopo aver v erificato che le suddette conversazioni non fossero già state oggetto d i trascrizio ne mediante p erizia. Indi avevano luog o le test imonia nze di Marino Guido, Tortorici Francesco, Salva to Lidia, Liccar di Filippo (le cui relazioni di servizio venivano acq uisite sul consenso di tutte le parti) ed Ape An tonio. All’udienza del 22 novembre 2005 il Tribunale, sc iogliendo la riserva, conferiva un nu ovo incarico al perito già in pr ecedenza nominato per la trascrizione delle intercetta zioni chieste dalla d ifesa dell’Aiello e dal P.M.. 49 r i- Il Presidente, i noltre, comunicava alle parti il deposito del calendari o delle udienz e già fissa te per il primo semestre dell’anno 2006. Nel prosiegu o aveva luo go l’esame del teste Genc hi Gioacchino e, sull’accordo dell e parti, venivano acquisite le relaz ioni di cons ulenza a firma dello stesso Genchi, nelle parti riepilogative dei dati di tr affico telefonico. All’udienza del 2 9 novembre 2005 veniva escusso il teste C atalano Guido e veniva acquisito, sull’accordo delle par ti, il verbale di sommarie informazioni della test e Bigolin Mari a, al cui esame le parti medesim e rinunciavano (il Tr ibunale revocava l’or dinanz a ammi ssiva delle pr ove nella parte relat iva). Il 6 dicembre successi vo aveva luogo l’esame del teste Riccio Michele ed aveva inizi o quello del t este Miulli Michele, il q uale, tuttavi a, si esau riva nel corso della successiva udienza del 13 di cembre 2005. All’esito del controesame del Miulli veniva amm essa produzione documentale richiesta sia dal P.M. che dalla difesa e l’Ufficio del P.M. dava atto dell’avvenuto deposito p resso la propria segr eteria di att ività integrativa di indagine, consistente nei verb ali delle dichiarazioni del nuovo collaboratore di Giustizia Francesco Campa nella. Il Tribu nale, preso atto dell’avvenuto deposito e nulla osse rvando le difese, ammetteva la richiesta del P .M. di esaminare il neo-co llaboratore, dirett amente ed in un sito protetto diverso da Pa lermo, trattandosi di dichiarazioni intervenute dopo la s cadenz a del termine di cui all’art. 468 c.p.p.. Nel cor so della medesima udienza gli imputati Aiello e Riolo, detenuti agli arr esti domicilia ri, dichiaravano di acconsentire al rinvio della successiva udienza calendata (del 20 dicembre 2005), in adesion e a quanto preventivamente comunicato da i loro difensori e da q uelli d egli a ltri imputati a piede libe ro. Pertanto, l’ udienza del 20 dicembre veniva rinvia ta stante l’astensi one dall e udienze proclamata dalla Camera Penale di 50 Palermo, alla quale tutti i d ifensori degli imputati dichiar avano di aderire. Su confo rme r ichiesta del P.M., il Collegio, pert anto, sospe ndeva i termini processuali, in ossequio al costante insegnamento della giurisprudenza di legittimità (Cass. SS.UU. n.1201 d el 200 ??? e succ. conf.) in tema di rinvio dovuto unicamente all’a stensi one dei difensori dalle udienze. All’udienza del 10 gennaio 2006 veniva acquisito, ai sensi dell’art. 512 c.p.p., il verb ale di sommarie informazioni del teste Cipol la Sebastiano, il quale fa ceva pervenire un ulteriore certificato medico dal qual e si evinceva il gravissimo stato di salute e l’impossi bilità di presenziare in udienza. Indi, oltre alla produ zione di alcuni docu menti della difesa, venivano acquisiti, sul l’accordo delle parti, due verbali di i nterrogato rio resi da ll’imputato Rob erto Rotondo, il quale, tu ttavia, si sottopon eva al solo esame della dif esa (avendo il P.M. rinunciato a seg uito della acquisizione). Le udienze dei giorni 16, 17 e 18 gennaio 2006 si svolgeva no presso l’ aula bunker di Firenze per l’audizione del nuovo collaboratore di Giustizia Francesco Campanella . All’udienza del 24.1 .2006 aveva luogo l’esame dell’imputata Buttitta Giusep pa Antonella, la cui contumacia, sentit e le parti, veniva revocata. All’udienza del 31.1.200 6 il P.M. chiedeva alla difesa del Cuffaro (che chiedeva un termine) il consenso alla produzione di alcuni atti di i ndagin e ed a seguito dell’audizione del Campanella chied eva, inol tre, l’ammissione, in qualità di testi di riferimen to ex art. 195 c.p.p., di Bruno Franco, Bruno Giovan Battista, M arussi g Francesco Paolo e Fr icano Pino. Nulla oppon endo la difesa il Tribunale ammetteva i suddet ti testi, st abilendo, su ll’accordo delle parti, di sentirli prima dell’esam e del Cuffaro. 51 Indi aveva inizio l’esame dell’imputato Aiello Miche le che proseguiva nel corso delle successive udienze del 7, 14, 21, 28 febbra io e 7 , 8, 14 e 15 marzo 2006. Nel corso dell’udienza d el 7. 2.2006, tuttavia, veniva ammess a la produzione di alcuni doc umenti del P.M. e della difesa del Cuffaro ch e si sca mbiava no recipr ocamente il consenso alla produzion e (con ciò sciogliendo la riserva assunta all’udienza del 31.1. 2006). All’udienza del 7 .3.2006 veniva am messa la pr oduzione di diversi documenti prodotti dalla difesa dell’Aiello ed utilizzati nel corso d ell’esame dello stesso nonché di alcuni documenti prodotti dal P. M.. All’udienza del 15.3 .2006, dopo la conclusione d ell’esame e del controesame dell’imputato Aiello, la difesa del Riolo manifestava il prop rio consenso a ll’acquisizione di tutti i ver bali di dichiarazioni rese dal proprio as sistito, sia nel corso delle indagini p reliminari che nei dibatt imenti Bor zacchelli e Buscemi-Miceli. Il P.M. prestava il pro prio consenso mentre la difesa di Aiello lo negava e le altre parti chiedeva no un termine per interl oquire. Pertanto, il Tribunale, preso atto del consenso come sopra espresso, d ichiarava utilizzabili i verbali del Riolo, allo stato, limitatamente alla sua posizione e con esclusione di quella dell’Aiel lo. Indi, ini ziava l’esa me dell’imputato Giorgio Riolo che proseguiva anche all’udien za successiv a del 21 marzo. In tale circostanza, la difesa del solo imputato Cuffar o prestava il consenso alla acquisizione ed alla utilizzazione dei suddetti verbali e, pertanto, il Tribunale dichiarava utilizzabili i verba li del Rio lo limitatamente alla sua posizione ed a quella del Cuffaro. Sempre il 21 marz o, inoltr e, tutte le parti processuali prestavano il consen so alla acquisizione ed utilizzazione della tra52 scrizione della telefonata del 1.11.2003 tra l’Aiello ed il Riolo (utilizzata dal P.M. nel corso dell’esame), così come effettuata dai Carabinieri, r inunci ando a chiedere un supplemento d i perizia. All’udienza del 28 marz o 2006 proseguiva l’esame dell’impu tato Riol o Giorgio ed a quella successiva del 4 aprile avevano inizio i cont roesami delle altre parti. Sempre in tale udienza, inoltre, veniva acquisita documenta zione su richiesta del P.M. e nulla opponendo le altre parti. All’udienza dell’11 aprile 2006 aveva termine l’esame dell’impu tato Giorgi o Riolo e venivano acquisiti, a i sensi dell’art. 513 c.p.p. e su richiesta del P.M., i verbali di inter rogatorio resi dall’imp utato Carcione, il quale rimaneva contumace anche in occasi one dell’udienza fissata per il suo esame. All’udienza del 18 aprile successivo, dopo l’ acquisizione d i atti su richi esta d ella difesa del R iolo e di documenti su istanza della difesa della Buttitta, avevano luogo, come co ncordato tra le parti , le testimonianze ex a rt. 195 c.p. p. di Bruno Giovan Battista e Bruno Franco. All’udienza del 26 apri le 2006 l’indagato di reato connesso Fricano Fra ncesco G iuseppe si avv aleva della facoltà di non rispondere, si procedeva all’esame dell’altr o indagat o di reato connesso Paolo Pierfrancesco Marussig e si ammetteva la produzion e di verbali di prova di altro dibattimento su richiesta d ella d ifesa del Cuffaro. All’udienza del 2 ma ggio successivo veniva disposta, su richiesta del P.M. e null a opponendo le altre parti, la riunione al presen te procedimento di altro procedimento a carico di Cuffaro S alvato re. Tale procedimento r iguard ava le originarie imputazioni di cui ai capi N) e P) della co mune richiesta di rinvio a giudizio in data 1.9. 2004, in ordi ne ai q uali il G.U.P. aveva disposto il 53 non luogo a procedere e la Corte d’Appello aveva invece disposto il rinvi o a gi udizio . Il nuovo proc edimen to veniv a, pertanto, chiamato da questo Collegio per la prima volta nel corso dell’udienza d el 2 maggio e, do po l’ ammissi one delle pr ove (compresi tutti i verbali del presente dibattimento pienam ente utilizzabili nei confronti del Cuffaro), veni va disposta la riunione a questo procedimento su ri chiesta del P.M.. Va detto, infatti, che il nuovo procedimento versava nello stesso grado e stato (dopo l’ammissione d ei ve rbali) del presente procedimento, che sussistevano evidenti ragioni di connessione soggettiva, probatoria ed oggettiva (tra ttandosi di imputazioni connesse alle medesime condott e in contest azione nel present e procedimento) e che la celebrazione di un ulteriore di battimento per i medesimi fatti sarebbe stata contraria al principio dell’economia processuale. Nulla opponendo tutte l e parti, dunque, veniva accolta la richiesta di riunione avanzat a dal P.M. ai sensi dell’articolo 491 comma 2 c.p.p., essendo emersa soltanto nel corso del dibattimento la possibilità di proposizione della istanza di riunione. Avendo le pa rti ri nuncia to all’esa me dei testi del P.M. nel processo ri unito, si pr oseguiva con l’esame degli imputati e veniva dispo sta, ex art. 51 3 c.p.p., l’acquisizione al fascicolo del dibattimento dei verbali di interrogatorio resi dagli imputati Prestigiacomo, Ca laciura e La Barbera r imasti contum aci. Aveva, quin di, iniz io l’esame ed il controesame dell’imputato Oliveri D omenico che accettava di s ottoporsi all’e same r ichiesto dal P.M. e da altre parti. All’udienza del 16 maggi o 2006, stante l’accordo di tutte le parti (compresa la difesa di Aiello), proseguiva l’esame ed il controesame dell’Oliveri ed iniziava 54 l’esa me dell’imputato Iannì Lo renzo che proseg uiva anche all’udi enza del 18 maggio successivo. Nel corso della medesima udienza, poi, aveva inizio l’esame dell’impu tato Venezia Giacomo il cui controesame, sull’accordo dell e parti, v eniva rinviato ad altra data p er concomitanti impegni proces suali. All’udienza del 23 m aggio, infa tti, si svolgeva l’esame dell’impu tato Giambruno e si proseguiva con i testi della parte civile A.S.L. 6; in particolare la teste Aiello Francesca si avvaleva della facoltà di non ris pondere (essendo sorella dell’impu tato Aiello Michele) mentr e l’indagato di rea to connesso Presti giacomo Vincenz o si sottoponeva all’esame e deponeva al tresì il teste Giammarresi Francesco. Il 30 maggio 2006 il P.M. chiedeva di produrre alcuni doc umenti sui quali la difesa si riservava di esprimere il proprio parere e si con cludeva il controesa me dell’imputato Venezia. Indi si prosegui va, sempr e sull’accordo delle parti, con l’esame del teste dall’AS L 6 Scaduto Salvatore ed il processo veniva rin viato per l ’esame dei restanti testi di detta par te civile. All’udienza del 6 giugn o 2006, la difesa scioglieva la riserva ed il Tribunale, stant e il consenso prestato da tutte le parti, ammetteva la documentazione. Indi, dopo l’ammi ssione di un teste ex art. 195 c.p.p. , si proseguiva con l’ escussione dei testi della parte c ivile Cuccia Simone, Varia V incenz o e Di Marco Pietro. All’udienza del 13.6.2006 veniva revocata la dic hiarazione di contumaci a dell’imputato Cuffaro, il quale si presentava e, sull’accordo delle parti, iniziava a render e il proprio esame che si co ncludeva all a succ essiva udienza del 20.6.2006, all’esito della qual e lo stesso Cuffaro rendeva anche alcune spontanee dichi arazio ni. All’udienza del 27.6 .2006 si svolgeva l’esame dell’ultimo teste della pa rte ci vile A .S.L. n.6, il dottor Andr ea Dar a, amm ini55 stratore giu diziar io delle cliniche sottoposte a sequestr o di prevenzio ne. All’udienza del 4.7. 2006 iniz iava l’escussione dei testimoni delle dif ese ed , in p articolare, venivano esc ussi i testi Gozzo Domenico, Palumbo Maria Grazia, Ilardo Licia, Gambino Maria e Mangiaracina Brigida, mentre Manenti Giancarlo, escusso ai s ensi dell’art. 210 c.p.p. , si avvaleva della facoltà di non ri spondere. All’udienza dell ’11.7. 2006 il teste Miosi, mar ito dell’imputata Buttitta, si a vvaleva della facoltà di non rispondere e venivano escussi i testi Barbato Benedetto, Lom bardo Piersanti e Campanell a Aurelio. All’udienza del 18.7.2006 venivano escussi i testi R omeo Salvatore, Genduso Sa retto e Maresc a Massimiliano e la difesa del Venez ia rin unciava ad altri due testi della sua lista. Il 19 luglio successivo aveva luogo l’audizione dei testi Car rozza Vin cenzo, Rizzo Salva tore e C alascibetta Ser gio. All’udienza del 19.9.2006 la difesa di Michele Aiello chied eva la produzione di una serie di documenti meglio indicati nell’indi ce in atti, il P.M. si opponeva solam ente alla prod uzione dei docume nti nn. 309, 313, 314 e 315 ed il Tribunale si riservava di pronunciarsi alla su ccessiva udienz a. Dopo la rinuncia della difesa dell’imputato Venezia a tutti i restanti testi del la propr ia lista, aveva inizio l’esam e dei testimoni della difesa dell’imputato Aiello. In particol are, nel corso della medesima udienza venivano escussi Giammarresi Innocenzo, La Mendola Giovanni, Pa gano Tommaso, Rizzo Giu seppe, Giuliana Francesco Girolamo, Favazza Gaetano, Panciera Domenico, Artale Maurizio, Calt agirone Alessandro , Guarino Pietro, Castello Maria Rosalia, Anselmo Giusep pe, Aiello Santo, Rizzolo Rosario, Sciortino Antonino, Correnti Ro sario e Coniglio Francesco. All’udien za del 26 .9.06 il C ollegio, sciogliendo la riser va, ammetteva i documenti richiesti dalla difesa dell’Aiello, con 56 la precisazione che alcuni di essi, aventi natura prettamente processuale (sentenze ed or dinanze), sarebbero stati utilizzati limitatamente ai dati estrinse ci e senza riferimento al contenuto moti vazion ale. Indi, si procedeva all ’escussione dei testi della difesa dell’Aiel lo Frica no Francesco (che si avvaleva de lla facoltà di non rispon dere), C onticello Angelo Fabio, Tomasello Antonino, Lo Bue Giusepp e, Lauricella Guglielmo, Dalla Costa Costantino, Lopes Francesco, Di Fra nco Daniele, Aurilio Fr ancesco, Baron e Antonin o, Angileri Giacomo, Barone Giuseppe, Martorana Giuseppe, Chiello Antonino e Sancataldo Francesco. Dopo la conclusione dell’esame del teste Coniglio Franc esco, iniziato a lla prec edente udienz a, la difesa e le a ltre pa rti rinunciavano al teste Sodano Fulvio ed il tribunale revocava l’ordinan za am missiva dei testi nella par te r elativa a tale mezzo di prova. L’udienza del 3 ottobre 2006 veniva rinviata per diversa composizione del Co llegio dovuta all’a ssenza per malattia di uno dei suoi compon enti. All’udienza del 10 ottobre 2006 venivano escussi i testimoni Marguglio Maurizio, Testa Nicolò (ex art. 210 c.p.p.), Lo Buglio Ant onino, Aiel lo Salvatore, Amari Vito, Maniaci Lorenzo, Beninati Giacin to, Fricano Fedele e Puleo Antonino, il cui esame terminava alla successiva udienza dell’11 ottobre successivo. Nell’ambi to sempre di t ale udienza si procedeva anche all’udizione dei t estimon i Cusimano Gaeta no ed Aiel lo Michele (solo omonim o dell ’imputato). All’udienza del 17 ottobre 2 006 venivano esamina ti i testimoni San na Sal vatore, Eucaliptus Nicolò (ai sensi dell’ar t. 210 c.p.p.), Vitale Nicol ò, Di Paola Paolo, Sanfilippo Giacomo, Speci ale Felicia, Naselli Santo ed Orecchia Roberto. 57 Indi, all’udienza del 31 ottobre 200 6 avevano luogo gli esam i dei testi dell a difesa dell’imputa to Aiello, Sp anò Sergio, Sciortino Anto nino, Corsello Berengario, Santospirito Roberto, La Mant ia Gi ovanni , Randazzo Santo, P almeri Pietro, Triolo Giuseppe P aolo, Mangiaracina Leonardo, Calantoni Giuseppe, L o Iacono Fil ippo, Bellar dita Rosario, Orla ndo Vincenzo, Scimeca Filippo , Clemente Benedetto, Giambelluca Giuseppe, Daidone Giuseppe, Nicosia F ilippo e Salett a Biagio. Il 7 novem bre successivo deponevano Lomb ardo Vincenzo, Zalapì Domenico, Pelell a Ricca rdo, Raso Francesco, Corso Guido e Giamman co Giampietro. All’udienza del 21 novembr e 2006 avevano luogo gli esa mi dei testi D i Cola Ni casio, Cavasino Giacomo, Riccobono Mario, Errante Pa rrino Salvatore, Piazzese Vincenzo, Spagnolo Vito (citato ex art . 195 c.p.p. dal Collegio), Cosentino Maur izio e Lo Presti Ignaz io. Indi, la difesa di Aiello rinunciava a tutti i restanti testimoni della sua lista ed il Tribunale, sul consenso delle parti, revocava tale mezzo istruttorio. Alla su ccessi va u dienza del 28 novembre, dopo l’emissione di una ordin anza in merito ad una istanza di restituzione di cose seques trate avanza ta nell’interesse di Riolo Giorgio, la difesa di Cuffaro Salvatore, nulla opponendo il P.M. e le altre parti, indicava i testi della pr opria seconda lista in relazione ai quali intendeva in sister e ovvero rinunciar e. Il Tribunale, pertan to, revocava l’ordinanza ammissiva delle prove i n ordine ad alcuni testimoni ai q uali la difesa rinunciava e reiterava l’ord inanza ammissiva delle prove, modificando parzia lmente il prov vedimento presidenziale di limitata autorizzazione del la lista medesima per manifesta sovrabbondanza, sta bilend o, d’intesa con tutte le parti, il numero esatto de i test i dell a difesa da a ssumere. Nel corso del la medesima udienza, inoltre, veniv ano escussi i testi (della lista Cuffar o) Lo Porto Guido, Grana ta Fabio, Cot58 tone Vincenzo, An ia Angelo, Centorbi Gaspare, Cottone Giuseppe e M annino Giuse ppe. All’udien za del 5 dicembre 200 6 aveva luogo l’esame dei testi Cimino Michele, Pa locci Gabriella, Alfano Angelino, C entaro Roberto, Pag ano Alessandro, De Luca Antonio, Giliberti Biagio, Trezza Alessandro, Bullara Ma ria Antonietta e Ciriminna Saverio. Il 12 dicem bre successivo, invece, deponevano i tes timoni della difesa Mormin o Adele, Massinelli Marcello, Golesano Mario, P arlavecchio Mario, Giacalone Giuseppe, Scimemi Antonino, L i Bassi Giuseppe ed Asciut to Giuseppe. All’udienza del 19 dicembre 2006, dopo la testimonianza di Accordino Frances co, Ciotta Giovanni e Ruvolo Giusepp e, il P.M. comuni cava all e difese il deposito in cancelleria di alcuni verbali di deposizi one e delle r elazioni di perizia depositate in altro diba ttimento penale, sulle quali ultim e sollecitava il consenso della difesa per l’acquisizione agli atti. La difesa del C uffaro, preso atto d el deposito, si riservava d i prestare il proprio consenso all’acquisizione ed utilizzazio ne delle perizie i ndicate dal P.M.. All’udienza del 9 g ennaio 2007 venivano escussi i testi Finazzo Giovanni, Di Pace Alber to e Conti Angelo Giuseppe, m entre il 15 gennaio successivo d eponeva il ministro della Giustizia Clemente Mastella. All’udienza del 16 genn aio 2007 la difesa di Cuffaro Salva tore scioglieva la riserva ed esprim eva il proprio consenso all a acquisizion e ed utilizzazione degli atti richiesti da l P.M. a lle precedenti udi enze ed aveva luogo l’esame dei testi Cor daro Salvatore e Dal ia Gia mpiero. All’udienza del 23 genna io 20 07 si procedeva alla rinnovazione degli atti del dibattimento davanti ad un Collegio diversamente composto, sta nte la prolungata (almeno sei mesi) e non sicuram ente determinabile assenza della dottoressa Rosini in astensi one obbligat oria per maternità . 59 La medesi ma, d’ intesa con il Presidente del la Sez ione e del Tribunale, veniva sosti tuita con il dottore Flaccovio, Giudice della Sezione già formalmente inca ricato di comporre stabilmente il secondo Collegio in rela zione agli altri procedimenti collegiali. In forza del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, veniva, dunq ue, nuovamente avvia ta la sequenza procedimentale a partire dalla dichiarazione di apertura del dibattimento (e, dun que, con esclusione delle questioni preliminari) . Il P.M. chiedev a dichiar arsi l’ut ilizzabilità di tutti gli atti svolti davan ti al Collegi o nella precedente composizione, riservandosi eventuali ri chieste di prova ulteriori in caso di dissenso di tal una delle altre parti. Le parti civili p resenti si rip ortavano ai mezzi di prova già richiesti e prestavano il consenso alla utilizzazione degli atti istruttori preg ressi. Allo stesso mod o si pronunciavano le difese degli imputati Riolo Giorgi o, Carcion e Aldo, Buttitta Antonella , Rotondo Roberto, Ve nezia G iacomo, delle due società im putate nonché di Prestigiacomo Salvatore (la quale ultima chiede va lo stralcio della posiz ione del pro prio assistit o in caso di rilevanti incombenze istruttorie chieste dalle a ltre parti). La difesa di Aiel lo Mich ele, invece, nel riportarsi a i mezzi di prova già richiesti, lim itava il consenso alla utilizzazione degli atti istruttori pregressi alle imputazioni rientranti nell’elen co di cui all’ art. 51 co.3 b is c.p.p., mentr e, in relazione ai cap i di impu tazione C1, D1, E1, F1, G1 , I1 ed M1, non prest ava il consen so e chiedeva procedersi a nuovo esame di alcuni test imoni ed imputati indicati in un apposito elenco all egato al ver bale. Alla stessa stregua le difese degli imputati Giambruno Mich ele (limi tatamente ai capi da C1 ad H1), Iannì Lore nzo, La Barbera Adria na e Calaciura Angelo non prestavano il con60 senso alla uti lizzazione dei già esperiti atti ist ruttor i e, non avendo pr eparato un elenco delle f onti di prova da riassumere, si riportavano a quelle analiticamente indicate dalla d ifesa Aiello. Infine, la difesa di Oliveri Dom enico prestava il pr oprio consenso fatta eccez ione per i testi Ca talano, Cittadini, Dara ed Orecchia nonché per l ’esame del pr oprio assistito. La difesa del Cuffaro, invece, nel riportarsi ai mez zi di prova a suo tempo rich iesti, chiedeva una “moratoria”, cioè un congruo termine al fi ne di consentire al Collegio nella sua attuale composizion e di poter decidere adeguatam ente (con sufficiente conoscenza degl i atti) anche sulle odierne richieste di prova ed ai sensi del l’art. 190 bis c .p.p.. A tale proposi to non esprimeva né il proprio consenso né un dissenso alla ri chiesta avanzata dal P.M., ritenendo di non essere in condizi one di farlo, s tante il limite imposto dall’ art. 190 bis c.p .p., e si rimetteva al Tr ibunale qua nto alle valuta zioni di cui all’ultima pa rte del primo capover so del suddetto articolo. Il Colleg io, tu ttavia, invitava formalmente la difesa di Cuf faro a pronunciarsi sul l’even tuale consenso, quantomeno in relazione al le due impu tazioni non aggravate e, come tali, non rientrant i nell’alveo dell’ art. 51 co.3 bis c.p.p. La difesa Cuffaro, pertanto, non prestava il consenso alla utilizzaz ione degli at ti in relazione alle suddette imputazioni non aggravate e si riservava d i indicare l’elenco delle f onti di prova da riassumere d avanti al nuovo Collegio. Il P.M., preso atto di q uanto sopra, scioglieva la propria riserva e si ripo rtava ai mezzi di prova già richiesti e la p arte civile A .S.L. n.6 ch iedeva (sciogliendo l’analoga riserva che aveva assunto) l’audizione di due te sti Tornanbè e Iacolino. Il Trib unale, dopo essersi ritirat o in camera di consiglio, emetteva l’o rdinan za in atti e, pur precisando che la richiesta di rinvio e/o di sospensione del dibattimento, così come a 61 vanzata d alla di fesa Cu ffaro, non rientrava nei ca si tassativamente pr evisti dal cod ice di rito, disponeva un rinvio per mere ragioni di oppor tunità ed al solo fine di consentire di assumere una ad eguata decisione sulle richiest e formulate dalle parti (ivi comp rese q uelle della stessa difesa Cuffa ro). All’udienza del 30 gen naio 2007, pr eliminarm ente, si dava atto che il difensore di fiducia degli imputati La Barbera e Calaciura aveva inviato una nota scr itta con la quale, divers amente da quanto aveva fatto alla scorsa udienz a il difensore di ufficio, p restava il consenso alla utilizzazione di tutti gli atti già compiuti nei confronti dei p ropri ass istiti. La difesa del Cuffa ro, inoltre, precisava di prestare il proprio consenso al la utili zzazio ne di tutti gli atti anche in relazione ai capi di imputazi one N) ed O), fatta eccezione per i testimoni Centaro, Cartain o, Ciriminna, Cicero, Pellerano e per l’imputat o Roto ndo ch e chiedeva di risentire. Alla st essa streg ua i difensori degli imputati Aiello, Giambruno, Iann ì ed Oliveri (gli unici ad avere avanzato richiesta di risen tire a lcuni testi moni e/o imputati) precisavano di prestare i l loro con senso a lla utilizzazione di tutti gli altri atti istruttori compiuti nella precedente fase processuale, con la sola eccezione dei testimoni e delle altre parti che chiedevano espr essamente di risentire. Il Collegio, dopo essersi ritirato in camera d i consiglio, emetteva l’ ordina nza di cui al relativo verbale, confermando le precedenti ordinanze emesse in tema di ammissione di prove, sia all’udienza dell ’8.2.2005 che nel prosieguo del dibattimento, ed am metten do le richieste di risentir e i testimoni e gli imputati nominat ivamente indicati dai difensori degli imputati Aiello , Gi ambruno , Cuffaro, Iannì ed Oliveri nonché i due testi nuovi richiesti dalla parte civile A.S.L. n.6. In relazione alla posizione del Cuff aro e limitatamente ai capi di imputazione P) e Q), il Collegio, preso atto della ma ncata richiesta di nu ova audizione di fonti di prova or ale da parte 62 della dif esa, n on rit eneva, ai sensi dell’art. 190 bis c.p.p., necessario procedere a nuove assunzioni di prove. Infine, il Tribunale, pr eso at to del consenso intervenuto tr a tutte le parti, dichia rava, sin d’ora, utilizz abili gli atti precedentemente compiuti davanti al Collegio in diversa composizione, con la sola eccezi one – in relazione agli imputati Aiello (limitatamente ai capi C1, D1, E 1, F1, G1, I1 ed M1), Giam bruno (l imitat amente ai capi C1, D1, E1, F1 ed H1), Cuffaro (limitatamente ai capi N) ed O)), I annì ed Oliveri - per i testimoni e gli imputati che costor o avevano espressam ente chiesto di risen tire nuovamente in relazione alle suddette imputazioni. Avuto rig uardo al contenuto dell’ordinanza , veniva concordemente stabilito che, prima di pr oseguire con i testi della difesa di Cuffar o, si sarebbe proceduto al nuovo esam e dei testimoni e degli imput ati richiesti dai difensori di Aiello, Giambruno, Cuff aro, Iannì ed Oliveri. All’udienza del 6 .2.2007 aveva no, pertanto, luogo i nuovi esami dei testimoni g ià escussi Cittadini Ettore, Cuccia Simone, Catalano Guido, Scimeca Alessandro, Amandorla Santo, Speciale Felicia , Russo Maurilio, Vitale Feliciano, Di Pasq uale Calcedoni o, Giuffrè Francesco, B uffa Francesco, Puleo Ma ria, Calabria Rosaria, Di Fiore Giuseppina ed Orobello Francesco. A propos ito delle modalità di svolgimento di tali nuovi esam i va fatta una precisaz ione di metod o: sulla scorta della pra ssi consolidata e del co stante insegna mento della giurispr udenza di legittimi tà, le parti ha nno proceduto spontaneament e a tali esami f ormula ndo so lo doma nde nuove ovvero di specif icazione rispetto a quel le già pos te, atteso che ciascuno dei testi escussi, a seg uito di domanda pr eliminare del Presidente, confermava il con tenuto delle r ispettive dichiarazioni già rese nell’ambi to del presente pr ocedime nto. 63 A tale pro posito, inver o, va chiarit o che, prima di affidare i testimoni d a risen tire alle parti per il loro esame e contro esame, il Presidente del Collegio chiedeva se costoro ricordassero e confer massero i ntegra lmente il contenuto delle dichiarazioni gi à rese n ell’amb ito del p resente dibattimento alla presenza delle stesse parti proces suali così come oggi rappresentate, trattando si di prova consacrata in un atto legittimamente acquisito al fascicolo del dibattimento e già dichiarato uti lizzabi le in relazione a tutti gli imputati che hanno prestato il loro consenso. Poiché tutt i i testimoni dichiaravano preliminarmente di ricordare e confermare i ntegra lmente il contenuto delle loro precedenti deposizioni, le parti hanno convenuto, spontaneamente e senza alcuna eccez ione, circa il fatto che le ulteri ori domande da rivol gere ai testi moni medesimi dovessero essere caratteriz zate dal requisito della novità rispetto a quelle già formulate, atteso che il verbale delle compiute testimonianze, a seguito del la conferma, faceva parte del fascicolo del dibatti mento e poteva ess ere utilizzat o nei conf ronti di tutte le parti processuali. Tale concord e determinazione scaturisce, pera ltro, da un costante e consolid ato orientamento della giurisprudenza di legittimità, già affermato dalla Suprema Corte di Ca ssazione con sente nza della I^ Sezione n. 6922 dell’1 1.5.1992 e ribadito con sentenza resa dalla 2^ Sezione in data 8.7.2002 (n.35445) . Con la pr ima sentenza la Cor te ha affermato che: “le dichiarazioni testimoniali assunte non secondo le prescrizioni dell’art. 498 c.p.p. (che prevede l’esame diretto e il controesame dei testimoni), ma mediante semplice conferma, a richiesta del presidente, delle dichiarazioni già rese in dibattimento, davanti ad un precedente collegio venuto meno per la morte di uno dei componenti, non sono inutilizzabili, trattandosi non di prove assunte in violazione dei divieti di legge, ma di prove 64 assunte con modalità diverse da quelle previste dalla legge. Un tal modo di procedere, poi, pur se non ortodosso, non dà tuttavia luogo neppure ad alcuna nullità, non essendovi alcuna norma specifica che lo preveda, non potendosi inquadrare la violazione in esame in alcuna tra le previsioni di cui all’art. 178 c.p.p.. Ne conse gue ch e esc lusa la inutilizzabilità e la nullità, gli atti in questione non possono che essere considerati come validi, ancorché irregolari, e quindi legittimamente valutati ai fini del decidere”. A distanza di dieci anni il S.C. ha ribadito il medesimo principio di diritto , con la seconda sentenza citata che recita: “in tema di testimonianza, l’assunzione della prova direttamente a cura del presidente, e mediante la semplice richiesta se il teste confermi o meno le dichiarazioni già rese in una precedente fase del dibattimento, non può dirsi c onforme alle regole che disciplinano la prova stessa, perché non si articola con domande su fatti specifici (art. 499 comma primo c.p.p.), tende a suggerire la risposta (art. 499 commi primo e secondo c.p.p.) e, c omunque, viola la disposizione per la quale – salvi alcuni casi particolari – le domande sono rivolte al testimone direttamente dalle parti processuali (art. 498 comma primo c.p.p.). Va esclusa, nondimeno, la ricorrenza della sanzione di inutilizzabilità (art. 191 c.p.p.), posto che non si tratta di prova assunta in violazione di divieti posti dalla legge bensì di prova assunta con modalità diverse da quelle prescritte, così come va esclusa la ricorrenza di nullità, posto che la deroga alle norme indicate non è riconducibile ad alcuna delle previsioni delineate dall’art. 178 del codice di rito”. Orbene, la con ferma da parte del testimone del contenuto di un verbal e di prova leg ittima mente acquisito al fascicolo del presente dib attimento e già specif icatament e indicato come utilizzab ile per tutte l e altre pa rti processuali, ai sens i dell’art. 511 co.5 c.p.p ., compor ta, a giudizio dello scr ivente Collegio, che la prova sia stata regolarmente acquisita al 65 giudizio e che, a seguit o della integrale conferma, diventi utilizzabile anche n ei confr onti delle parti che hanno chiesto il nuovo es ame. Queste ultime, per altro verso, hanno pres o parte attiva mente alla formazione della prova medesima mediante l’esercizio del diritto all ’esame ed al controesame del testimone. Ed in sede di nuov o esame dello stesso testimone sulle medesime circost anze, non subiscono alcun pregiudizio al loro diritto di difesa, posto che sono sta te ammesse a rivolgere al teste tutt e le doman de che ritenevano, a condizione che si trattasse di domande rileva nti e dotate del requisito della novità rispetto a quell e già poste e per le quali è intervenuta una piena conferma delle risposte da parte della fonte testimoniale. Il superiore orient amento, del resto, è stato spontaneamente condiviso da tutte le parti, le quali nel corso dei nuovi es ami si sono attenu te a tali criteri senza neppure bisogno che il Presidente ovve ro il Collegio si pronunciassero sul punto. Oltretutt o, a ben vedere, ritiene questo Tribunale che una d iversa soluz ione non si a neppure ipotizzab ile sia avuto riguardo ai so pra richiamati pr incipi di diritto, affermati in modo costante, consoli dato ed univoco dalla Cassazione da quindici an ni a questa parte che, s oprattutto, in relazione ai principi g eneral i dell’o rdinamento ed alla coer enza interna del sistema. In tal senso, è appena il caso di evidenziare come l’affermazione di una di versa soluzi one interpreta tiva risulterebbe conf iggente con il principio della concentrazione dell’atti vità g iurisd izionale, finendo per trasformar si, al di là delle intenzioni, in un o strumento dilatorio e di dispersione di un material e prob atorio legittimamente acquisi to e pienamente utilizzabile. Infine, avuto riguardo alla coerenza inter na del sistema, va solo osser vato come una diversa soluzione risult erebbe in 66 contrasto con i l disposto dell’ar t. 238 co.1 e 2 bis c.p. p., in forza del q uale è ammessa l’acquisizione dei verbali di prov e dibattimentali di altro procedimento e le stesse possono ess ere utilizzate contro l’ imputa to se il suo difensore ha partecipato alla loro assunz ione. Orbene, se il sistema processuale consente la piena utilizzazione di verbali di pro ve dibattimentali di altro procedimento penale, come tali form atesi dina nzi a giudici del tutto diversi, alla sol a con dizion e che il difensore dell’imputato vi abbia partecipato, sar ebbe illogico ed incoerente negare l’utilizz abilità di pro ve legittimam ente acquisite nell’ambito di questo stesso p rocesso penale ed alla presenza de i difensori di tutte le o dierne pa rti processuali, specie se questi hanno e sercitato appieno il loro ma ndato sia nella prima fase dell’istruzione che in quella attuale mediante la poss ibilità di porre dom ande n uove a i testimoni. Sulla scorta di tali princi pi di ordine processuale, fat ti propr i dalle pa rti (che hanno ri volto solamente domande nuove ovvero di precisazione r ispetto al contenuto delle precedenti deposizioni acquisite agli a tti e ritenute utiliz zabili) e che, in questa sede , il Collegio intende solamente precisare, nel corso dell’ udienza del 7.2.2007 si svolgevano i nuovi esam i dei testi Corso Guido, Erra nte Parri no Salvator e, Giamma nco Pietro, Amari V ito, S caduto Salv atore, Piazzese Vincenzo, Prestigiacomo Vincenzo, Di Marco Pietro, Varia Vincenzo, Anzelmo Giuse ppe, Ciri minna Sa verio, Consagra Sergio, Schembri Giulio, Co sentin o Maurizio, Scaffidi Adriana e Dara Andrea. Indi le parti rinunciavano ai testi Maniaci e Beninati, prestando il pro prio consenso alla utilizzabilità delle lor o precedenti deposizioni ed i l Collegio revocava l’ordinanza ammissiva di tali prove prendendo atto del consenso alla utilizzabilità dei verbali. 67 All’udienza del 1 3 febbraio 2007 venivano esc ussi i testi Riccobono Mar io, Cart aino Michele, Grippi Filippo, Iacolino Salvatore e Tornambè Maurizio e la difesa della parte civ ile A.S.L. n.6 chiedeva di produrre a lc uni docum enti. Il 20 febbraio successivo, dopo una ulterior e richiesta di produzion e documentale della suddetta parte civile, le parti rinunciav ano a Pe lleran o Margherita (il cui esame veniva r evocato), l’ imputa to di reato connesso Ciuro Gius eppe si avvaleva della facol tà di non rispond ere e si procedeva alla deposizione del teste Centaro Roberto. Indi, ave vano lu ogo gl i esami degli imputati Aiello, Oliveri e Giambruno e le p arti c oncordemente rinunciavano a quelli di Cuffaro e Iannì. All’udienza del 27 febbraio 2007, preso atto dell’ulterior e rinuncia all’esame dell’ imputa to Rotondo, il Collegi o revocava l’ordinan za ammissiva d ei mezzi di prova a i quali le parti concordemente avevano rinunciato. Indi, s tante l’in tegral e consenso manifestato dalle pa rti all’utili zzazio ne, per ciascuno dei capi di imputazione, di tutti gli atti a quel punto contenuti ne l fascic olo del dibattim ento, il Tribunale ne anticipava l’utilizzabilità ai fini del decidere, salvo eventuali successive deter minazioni. Si ripren deva, pertanto, il pe rcorso processuale interrotto al momento della sosti tuzione del componente del Collegio e venivano escussi i testi, citati dalla difesa Cuffaro, Enea Gi useppe, Riela An drea, Helg R oberto e Garraffo Calogero. Indi, il Coll egio ammett eva la produzione documentale richiesta dall a A.S.L. n.6 nelle precedenti udienze nonché quella, appena a vanzata dalla difesa Iannì. All’udienza del 6 marzo 2007 avevano luogo gli esami dei testimoni Esposi to Arturo, Federico Francesco, F algares Vincenzo, Caldareri Sigi smundo e Granà Mariano. Il 13 marzo successivo deponeva no i testi Manganelli Antonio, Giusti no Fabri zio, De Venuto Gianluca, Leone Gaetano, 68 Salvi Fi lippo, Midili Salvatore, Far ruggia R osolino, Cesarini Francesco e Riolo Gio rgio (omonimo dell’imputato) . Indi, preso atto della rinuncia delle parti all’esame d el teste De Gennaro, il Tribu nale r evocav a l ’ordinanz a ammissiva delle prove ne lla parte relativa e, sta nte l’assenza di altri test imoni, rin viava ad altra data. All’udienza del 20 m arzo 200 7 avevano luogo gli esami de i testimoni del la difesa Biti Giampaolo e Giammarva G iovanni, al cui esito, sul consenso di tutte le parti, veniva acquisita la relazione di co nsulen za tecnica a firma dei testi. Indi, le p arti ri nuncia vano ai testi Morra e C oviello e veniva revocata l’ordi nanza ammissiva delle prove in parte qua. All’udienza del 27 marzo 2007, sta nte il consenso del le parti, venivano acquisiti i verbali delle deposizioni e delle dichiarazioni rese dal collaborator e di giustizia Cusimano Mario, al cui esame le medesime parti rinunciavano. Avevano, pertanto, luogo le deposizioni dei testimoni Gualdi Carlo, Cirillo Francesco , Correnti Rosario e Russo Stefano e l’udienza veniva rinvi ata per l’esame degli ultimi testimoni delle difese e pe r le eventuali richieste ai sensi dell’art. 507 c.p.p.. All’udienza d el 3 april e 200 7 si svolgeva la testim onianz a dell’ex mini stro Giuseppe Pisa nu ed il P.M. dava avviso del deposito di u na nuova a ttività inte grativa di indagine e pr ocedeva alla modi fica, ex art. 516 c.p.p., dei capi D1), E1) ed F1) di imputazione contestati agli imputati Aiel lo, Iannì, Giambruno ed Oliveri. Su richi esta dello stesso P.M. il Tr ibunale disponeva la notifica del verbale contenente la modifica delle imputazioni agli imputati assenti (ad eccezione dell’Aiello, pr esente) ed il P residente, dopo aver dato avviso alle parti interessate dei loro diritti ai sensi dell’ar t. 519 c.p.p. , rinviava il diba ttimento per un termine di almeno venti giorni. 69 Dopo un rinvio determina to dal mancato compimento dei termini di legge da lle notifiche, all’udienza del 3 maggio 2007 i difensori degli impu tati interessa ti dalla modifica dell e imputazioni avanzavano le lor o richieste ai sensi dell’art. 519 c.p.p. e, sul recip roco consenso, tutte le parti avanzavano le richieste ex ar t. 507 c.p.p. . Il Coll egio, pertanto, dava lettur a dell’ordinanza ammissiv a delle prove ai sensi dell’art. 507 c. p.p. e conferiva ai dottori Giuseppe Glorioso e Nicola Ribolla l’incarico peritale nei ter mini di cui al relati vo ver bale. Preso atto del co nsenso prestato dalle parti, poi, venivano acquisite alc une relazio ni tecniche a firma del p rofessore Giuseppe N ovelli , del dr . Giova nni Fulantelli e della d.ssa Contessin i, mentre la difesa si riservava di presta re il consenso an che su alcun e inter cettazioni delle quali il P.M. aveva chiest o la t rascrizione mediante perizia. All’udienza dell’ 8 maggio 20 07 la difesa scioglieva la riserva e, stante il consenso delle parti, si acquisivano alcuni atti e si revocava l’ord inanza ammissiva delle testimonianze dei testi La Gi oia e Vinci. Sempre su l consenso del le parti si acquisiva no le trascrizioni delle in tercet tazion i ambientali eseguite nell’amb ito dell’indagine c.d. “Go tha” e, conseguentemente, si rend eva inutile di sporre la tra scrizione delle stesse mediante perizia dibattimentale. Indi aveva luogo l ’esame del teste De Santis Antonino, dirigente del la locale Qu estura. All’udienza del 15 maggio 2007 si conferiva al signor Roberto Genovese l ’incar ico per itale a fferente alla trascrizione dell’inte rcetta zione ambientale del 10.8.2001 sulla cui acquisizione n on era inter venuto il consenso tra tutte le parti. Quindi si proseguiva con l’esame d ei testimoni Dara Andrea, Biti Giampao lo, Di Marco Pietro e dell’indagato di reato connesso Iuculano Sebastiano assistito dal difenso re di fiducia, 70 veniva acquisi to un verbale sul consenso delle parti (sommarie informazioni di Imburgia Giovanni) e veniv a amm essa, sempre ai sensi dell ’art. 507 c.p. p., la deposizione di Mineo Cristofor o rich iesta dalla difesa di Aiello Michele. All’udienza del 22 maggio 2007 avevano luogo gli esami testimoniali di Todaro G iacomo, Politi Enrico, Di Costanzo Fabrizio, Amari Gaspare e Tantillo Giuseppe mentre alla s uccessiva udienza de l 29 maggio, dop o l’acquisizione di due documenti prodotti dal P.M ., deponev ano i testi Falautano L uigi, Mineo Cristoforo, Priolo Antonino e Piazz ese Vincenzo. Indi, sull’ accord o delle par ti, aveva luogo l’ esame dell’impu tato Michele Aiello in relazione solamente alle modifiche delle imputazio ni oper ate da l P.M.. All’udienza del 5 giug no 2007 deponevano i testimoni Eucaliptus Alessandro, Ozz ello Franca, Dolce Sebastiano, Buttiglione R occo e Scan carello Franco, si acquisiva documentazione rich iesta da lla dif esa dell’imp utato Venezia e si ammetteva ex art. 195 c.p.p. la deposizione di Lo Greco V ito. Il 12 g iugno successivo, dopo l’esa me del Lo Gr eco, deponeva Boccalino Fran cesca e l’im putato Presti giacom o rendeva spontanee dichi arazio ni. All’udienza del 1 9 giugn o 2007 veniva ammessa var ia documentazione ed avevano luogo le deposizioni di Leone Anton ino, dei periti G lorioso Giuseppe e Nicola Ribolla e dei consulenti di part e Vermiglio Francesco ed Errante Pa rrino Salva tore mentre il 26 g iugno successivo deponevano Colajanni Giorgio e Scali a Giuseppe. Il 9 lu glio 2007, dopo l’acquisizione di document azione prodotta dalla difesa dell ’imputa to Venezia, le parti rinunciavano formalmente ad ogni ulterior e e/o residua richiesta e co nvenivano circa l’opportu nità di inizi are la discussione dopo la pausa feriale. Il Trib unale, pertanto, dichiarava utilizzabili gli atti acquisiti al fascicolo del dibattimento, dichiarava chiusa l’is truzione 71 dibattimentale e, preso atto di quanto sopra, rinviava la discussione. All’udienza del 18 settembre inizia va la requisitor ia del Pubblico Mi nistero che proseguiva alle udienze del 1 8 settembre pomeriggi o, 19, 25 mattina e pome riggio, 26 settembre, 1 ottobre, 2 ottobre matt ina e p omeriggio. Le parti civili ed i difensori degli imputati discutevano alle successive udienze del 9 mattina e pomeriggio, 10 e 13 ottobre. All’udienza del 15 ottobr e si dava atto della presentazi one, da parte della dif esa Cuffa ro, di una istanza di rimessione del processo, ai sensi dell’art. 45 c. p.p. . Il Tribunale, pertanto, ai sensi dell’art. 46 3° co. c.p.p., disponeva la trasmission e immediata dell’istanza con i relativi documenti alla Corte di Cassazione e, per le mot ivazio ni di cui all’ordinanza i n atti, disponeva procedersi oltre nella discussione, in attesa del pr onunci amento della Corte. In concl usione di tale ar gomento deve aggiunger si che, con provvedi mento del 14 dicemb re 2007, la Cassazione dichiarava inammi ssibil e la r ichiesta avanzata dal Cuffaro. Le arringhe di fensive proseguivano alle udienze del 23, 30, 31 ottobre , 6, 12, 13, 14, 19, 2 0, 27 novembre, 4, 10, 11 mattina e pomerigg io, 1 2, 17, 18 dicembre 2007, 9, 10, e 16 gennaio 2 008. All’udienza d el 18 gennaio, dop o due giorni di camera di consiglio, il Trib unale dava l ettura del dispositivo in atti. PREME SSA I criteri di valutaz ione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Poiché nell’amb ito del presente processo il Collegio è chiamato a v agliare il contenuto delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giust izia, occorre preliminarmente fare un breve 72 excursus in ordine alla valutazione della c.d. chiam ata di correo, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale di questi ultimi an ni. Tale materia, com'è noto, è disciplinata dall’art. 192 c.p.p. che, al terzo comma, ai fini della valutazione della prova, così reci ta: " Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell'art. 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne con fermano l'attendibilità.". Anche per la collocazione di tale norma tra le disposizioni generali sulle prove, può in p rimo luogo affermarsi che è stata riconosciuta a lla dichia razione del corr eo la natura di prova legale rappresentativa, sufficiente per sorr eggere una sentenza di cond anna, sia pure a cond izione che risulti affiancata da altri convergenti e lementi di prova (v. Cass. S.U. 6.12.1991, Scala, Cas s. Pen. 1992, 757 e numerose altre successive conf ormi). La completa va lutazi one della chia mata, tutta via, non può di certo prescindere dalla valutazione della credibilità soggettiva del dichiarante ri spetto al fatto descritto come commesso insieme all'accu sato ovvero soltanto da quest' ultimo, eventualmente in co ncorso con altri soggetti. Occorre, cioè, analiz zare la sua per sonalità, le sue condizioni socio-economich e e familiar i, i suoi rapporti co n i soggetti accusati, le ragioni della decisione di confessare e di accusare altri. E in tale contesto bisog na far riferimento ad asp etti spe sso delicati quan to signifi cativi della chiamata, tra cui la prec isione, la coerenza, la costanza e la spontaneità (v. Sezioni Unite del la Corte di Cassazi one, 21 ottobre 1992, Marino). La confessione del chiamante, ad esempio, anche per via delle gravi con seguen ze che ne derivano, non soltanto penali (si pensi al coi nvolgi mento di parenti in vendette c.d. trasversali), in assenza di elem enti contrari, rappres enta di certo un 73 indizio di sincerit à e di genuinità, s pecie se corr elato al ruolo ricoperto nella consu mazione dell'illecito. Essa, è ovvio, deve essere scevra da qualsiasi interesse verso determinati esiti del processo che possano soddisfare, ad esempio, eventu ali desideri di vendetta nei confronti dell'accusato o rispon dere a ben calcolati scopi personali. In proposito, si potrebb e obbiett ar e che tutti i collaboratori sono con eviden za "interessati" p erché, nell'accusa re altri soggetti, sarebbero spinti dall'ansia di sfuggire alle pesanti conseguen ze pena li connesse alla loro anteatta condotta illecita, spesso avente per oggetto fatti gravissimi, anche di sangue. Le loro dichiara zioni, quindi, in quanto connesse al desiderio di conseguir e importanti benef ici, d ovrebbero senz'alt ro essere disatt ese. Tale ar gomentare, però, è soltanto suggestivo e non può di certo ess ere co ndiviso. Il Tribu nale ben s a che la recente legislazione premiale ha previsto un a notevo le serie di vantaggi, ricav abili dalla collaborazione, ch e va nno da misure di protezione e di assistenza per il collaboratore e per i propr i familiari (ar tt. 9 e 10 d.l. 15.1.1991, conv. in L. 15.3.1991, n. 82) alla custodia in luoghi diversi dal carcere a nche per le persone in esecuzione di pena (artt. 13 e 13 bis d.l. cit., v. anche d.l. 306/1992), dalla prevision e di misure alternative a l carcere (art. 13 ter d. l. cit.) all a concreta di minuzione di pena (art. 630, V comma, C.P.; art. 74, VII comma, D.P.R. 30 9/1990; artt. 3, 6, 7, 8 L. 29.5.1982, n. 3 04). Trattasi di un a vera e propr ia istituzionaliz zazione di un interesse che non può affa tto essere di per sé indice di mendacio e che non crea al cuna presunz ione di non credibilità. Il disinter esse, quindi, non va riguardato com e genera le assenza di scopi ma, p iuttosto, come indiffer enza rispetto alla posizione proce ssuale del soggetto accusato. 74 Ulteriore ed i ndiret ta co nferma di ciò si rinviene prop rio nella condizi one richiesta dal terz o comma dell’art. 192 c.p.p. (“altri elementi di prova”), dal momento che il legislatore ha riconosci uto al le dichiarazioni del chiamante in correità, o in reità, u n'affidabilità intrinseca diversa e m inore di quella a ttribuita alla sempl ice testimonianz a e ciò per ché le persone sono tant o più credib ili quanto meno sono interessate. Del resto il dubbio sull’assoluto d isinteresse della chiamata in corre ità, giustifica la massima di esper ienza seco ndo cui una disposiz ione di tal genere, diversamente dalla testimonianza, no n può i n nessun caso integrare, d i per sè sola, un grave indizi o di colpevolezza se non sia corroborata da riscontri estrins eci idonei a suffra gar ne l’attendibilità. A tal riguardo bisogna ricordar e che la massima di esperienza in questione - già enucleata dalla giurisprudenza della Suprema Corte nell a vig enza del codice abrogato (v. per tutte, Cass. S ez. I, 22.12.1986 n. 4221, imp. Alfano) - non ha soltanto un fo ndamen to razionale, ma trova una indiretta e precisa conferma neg li artt. 351 e 363 dell’attuale codice di procedura penale, attin enti alla fase delle indagini preliminari. Tali norme, inver o, dispo ngono che le persone indaga te per lo stesso reato, o per reati connessi o collegati solta nto sot to il profilo p robatorio con il fatto per cui si proc ede, non possono essere es aminate senz a l’assistenza di un di fensore. Esse, pertanto, riconoscono ai sopr aindicati soggetti una posizione particolare che li d istingue dai testimoni e che, se da un la to - li sot topone al rischio di rendere dichiara zioni a sé sfavor evoli, sia pure con l’assist enza di una adeguata difesa - dal l’altro - pu ò, di conver so, indurli a coinvolgere terzi al fine di occultare od attenuare le loro effettive responsabilità, così da qualificare come sospette le loro dichiarazioni. La legislazion e premiale, inoltre, non richiede che il dichiarante man ifesti pentim ento ef fettivo, prevedendosi solta nto 75 un concreto contributo alle inda gini fornito con l'intento d i dire la verità (v. Cass. Sez. II, 27.4 .1989 Ca pitaneo, in Cass. Pen. 1990 /1734). Sicchè, in tema di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, il cd. “pentimento”, collegato nella maggior parte dei casi a motivazioni utilitaristiche ed all’intento di conseguire vantaggi di vario genere, non può essere assunto ad indice di una metamorfosi morale del soggetto già dedito al crimine, capace di fondare un’intrinseca attendibilità delle sue propalazioni. Ne consegue che l’indagine sulla credibilità del cd. “pentito” deve essere compiuta dal giudice non tanto facendo leva sulle qualità morali della persona - e quindi sulla genuinità del suo pentimento - bensì attraverso l’esame delle ragioni che possono averlo indotto alla collaborazione e sulla valutazione dei suoi rapporti con i chiamati in correità, nonchè sulla precisione, coerenza, costanza e spontaneità delle dichiarazioni. ( Cass. Pen. Sez. I, sent. 06954 del 17/3/1997, im p. Cipolletta ed altro. La giur isprudenza, comunque, a fianco del disinteresse, come sopra intes o, ha individua to altri elementi su cui fonda re un positivo giudiz io di attendibilità intrinseca. Tra questi la spontaneità e la costanza (Cass. sez. I, 25.6.1990, Bar bato, Cass. Pen. 1991, II, 314), la reiteraz ione senza contr addizio ni (Cass. sez. II, 15.4.1985 in Mass. Cass. Pen. 1985/1 70287) , la logicità (C ass. sez. I, 29.10.1990 Di Giuseppe) e l'ar ticola zione, ovvero la molteplicità di contenuti desc rittivi (Cass. sez. I, 30.1.1992, n. 80 Abbate), nonché la personal ità' del di chiarante, il suo passato ed i ra pporti con le person e acc usate (Cass. Sez. I, 22.1.1996, n. 683), anche se “un apprezzamento negativo della personalità dei chiamanti in correità non vale, di per sè, ad escluderne la credibilità intrinseca” (Cass. Sez. 6, 19.4.1996, n.4108). Secondo la Suprema Corte, inoltre, la va lutazione cir ca l’attendibilità intr inseca di un collaborante, già ritenuto at76 tendibile in alt ro proced imento def inito con provvedimento irrevocabil e, no n può prescindere dagli elementi di prova già utilizzati nel procedimento esaurito (Cass. Sez. 5, 11.11.1995, n.11084). Ed in ordine all’eventuale “desiderio di vendetta” nei confr onti di altri corr ei o d i soggetti diversi, anche appartenenti alle istituzio ni, la Suprema Cor te ha sottolineato che “il giudice di merito ha il potere-dovere di verificare l'esistenza e la gravità di eventuali motivi di contrasto fra accusatori e accusati, te- nendo tuttavia presente che l'esito positivo di un tale riscontro non può, di per sè, determinare come automatica e necessa- ria conseguenza l’inattendibilità tanto indurre il giudice stesso ad delle accuse, ma deve sol- una particolare attenzione onde stabilire se, in concreto, i motivi di contrasto accertati siano tali da dar luogo alla suddetta conseguenza” (Cass. sez. I, 31.5.1995 n . 2328). In conclusione, come af fermato dalla Corte di Cassazione con una sen tenza non recente ma pur sempr e att uale (Sez. I, 25.6.1984 in Cass. Pen. 1986, 114 9), la credibilità soggettiva generica del dichiaran te può in concreto essere des unta dalle modalità della chiamata, dal suo sviluppo, dalla sua strutt ura, dal suo contenuto, da lla sua ca usale e dalle conseguenze sulla pos izione processuale dello stesso chiamante. Le dichi arazioni del chiamante devono, poi, essere valutate con la ri cerca di con vergenti elementi di riscontr o. L’art. 192 c .p.p., in fatti, r ichied e che la chiama ta di corr eo sia aff iancat a da elementi ester ni idonei a confermar ne l’attendibilità ci oè da fatti storici che, se anche da soli non raggiungono il valo re di prova autonoma di responsabilità del chiamato in correità ( altrimenti sarebbero essi stessi sufficienti a provarn e la colpevolezza), c omplessiv amente considerati e valutati , risultin o compatibili con la chiamata in cor reità e di questa raf forzativi (cass. Pen., sez. VI, 19 gennaio 1996, n. 661, Agresta ed altro). 77 D’altrond e, tali riscontr i, secondo la costante giurisprudenza, possono ess ere di qualsiasi tipo e natura (Cass. Sez. I, 26.3.1996, n.3070; Ca ss. S.U. 6.12.1991, Scala, cit.). La rego la, cioè, impon e al giudice di rinunciare a valersi delle notizie fornite da un chiama nte in correità, pur se riconosciuto intrinsecamente attendibile, ogni volta che non sia stato acquisi to neanche un altro elemento integr ativo di prova a cari co dell'accusato (cf r. Cass. pen. se z. VI, 24 agosto 1990, n.11769, Piacen ti). Quanto alla n atura di tale riscontro, è ovvio c he può non trattarsi d i un elemen to probatorio sufficiente a rappresentare il fatto o di una prova distinta d ella colpevolezza, dovendo piuttosto essere rinven uto in qualsiasi elemento certo ed idoneo ad off rire serie gara nzie cir ca l'attendibilità del chiamante. La manc ata predeterminazione delle categorie utilizzabili a tal fine conferma i l principio della libertà del riscontro, in quanto il concet to di “altro elemento di prova” può essere riferito non solo a qualsiasi elemento orale o reale, ma anche agli indizi. E per vero, il secondo comma della norma in questione li considera idonei a d imostrare l' esistenza di un f atto, purché gravi ( consistenti, resi stenti alle obiezioni e, quindi, attendibili e convincenti), preci si (cioè, non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o più verosimile, quindi non equivoci ) e concor danti (non contrastanti tra loro e con a ltri dati o elementi certi - v. Cass. Sez. Un. 3. 2.1990 Belli, Sez. I del 27.3.1991 in C.E.D. RV. 187113). Ed a conferma di ciò la Suprema Corte ha agg iunto che “se e' vero che la sola chiamata di correo non e' suf ficiente per pervenire ad un giudizio di colpevolezza, e' anche vero che il ri- scontro probatorio estrinseco non deve avere la consistenza di una prova sufficiente di colpevolezza, essendo necessario, invece, che chiamata di correo e riscontro estrinseco si inte78 grino reciprocamente e, soprattutto, formino oggetto di un giudizio complessivo” (Cass. Sez. 6, 13.2.1995 n. 1493), nonchè, più di recente: “La chiamata di correo, che deve avere i requisiti della credibilità e dell’attendibilità intrinseca, ha valore di prova e non di mero indizio, sempre che venga confermata nella sua attendibilità, da “altri elementi di prova” (che devono essere tanto più consistenti, quanto meno radicale sia l’accertamento sulla credibilità e sull’attendibilità intrinseca, e viceversa); e gli altri elementi di prova possono essere di qualsiasi tipo e natura, purchè logicamente idonei alla conferma dell’attendibilità, conferma che deve, poi, riguardare la complessiva dichiarazione del coimputato relativamente all’episodio criminoso nelle sue componenti oggettive e soggettive, e non ciascuno dei punti riferiti dal dichiarante” (Cass. Sez. I, n . 1801 del 25 febbraio 19 97, Bompressi ed altri). Il riscontro esterno alla attendibilità della chiamata può provenire anche da el ementi rigua rdanti fatti diversi d a quelli specificamente confermati, quando possa stabilirsi un collegamento fra gli stessi (Cass. Sez. 5, 14.7.199 5, n.1 798). E non v'è dubbio che tra le altre p rove orali debbano essere inserite anch e le dichiara zioni, eventualment e pure accusatorie, di altri coimputati del medesimo reato o di imputati in procedimenti connessi , dichiarazioni che, se coinc identi in ordine alla commissione del reato, ben possono dimostra re l’attribu ibilità di questo ad un determinato soggetto (Cass. Sez. I, 3 0.1.19 92 Alt adonna CED. RV. n. 190 647). Ed è di tu tta evidenza che il chiamante in correità ha percezione e cono scenza del fatto delittuoso per ché vi par tecipa direttamente, sicché la ver ifica concernente la sussistenz a del riscontro estrinseco non si pone con quelle particolari e più rigorose connotazioni che distinguono, invece, la c.d. chi amata in reità, caratter izzata dalla estraneit à del dichiara nte al fatto-reato attribuito ad altri soggetti (v. Cass. 27.2 .1993, Cusimano, Cass. sez. V , sent . n. 4 144 del 17/12/1996, Man79 nolo) ed invero, “le regole da utilizzare ai fini della formulazione del giudizio di attendibità della dichiarazione variano a seconda che il pro palante riferisca vicende riguardanti solo terze persone, accusate di fatti costituenti reati, limitandosi così ad una “chiamata in reità”, ovvero ammetta la sua partecipazione agli stessi fatti. L’assenza di ogni elemento confessorio in pregiudizio del chiamante richiede, invero, approfondimenti estremamente più rigorosi, così da penetrare in ogni aspetto della dichiarazione, dalla sua causale all’ef ficacia rappresentativa della dichiarazione stessa.”(Cass. sez. VI, sent. n. 7627 d el 30/ 7/1996 , Alle ruzzo ed a ltri). L'element o estr inseco di riscontro, poi, è stato r avvisato anche nel la r icogniz ione di cose, nel riconoscimento fotografico, negli accertamenti di polizia giudiz iaria, nei lega mi esistenti tra il soggetto accu sato e altri soggetti facenti pa rte del medesimo sodalizio, nel l’accertata disponibilità di immobili dettagliatamente descritti come luoghi di consumazione di reati, a condi zione, ovvi amente, che tali elementi sia no oltre che certi, "anche univocamente interpretabili come conferma del- l'accusa” (v. Cass. Pen., Sez. I., 31.10.1980, Guarneri; Cass. Pen. 14.12.1990 n. 16464). Si pone, a qu esto punto, il problema della verifica della chiamata all orché questa rigua rdi più episodi delittuosi attribuiti allo stesso ovvero a più imputati. Al riguardo, non v'è dubbio che il raggiunto giudizio di fondatezza di una o più accuse non può spiegare effet ti su altre non riscontrate dichiarazioni della stessa pe rsona, attes o che non può di certo escludersi che, tra tante dichiarazioni vere, il dichiarante ne abbia i nserito una non vera, voluta mente o in modo d el tutto inconsapevole. In sostanza, occorre valutare la chiamata in modo analitico, con riferimento ad ogn i singolo f at to e ad ogni singola attribuzione di respo nsabilità, così com e afferma to dalla Corte di Cassazion e con la nota sentenza n. 80/1992 (Sez. I, Abba te), 80 secondo cui non può inferirsi dalla provata attendibilità di un singolo elemento la comunica bilità di tale giudizio per traslazio ne all'intero r acconto “... residuando dunque l'inefficacia probatoria delle parti non comprovate o, peggio, smentite, con esclusione di reciproc he interferenze totalizzanti”. Ed ulteriore conferma a tale impostazione vie ne indirett amente data da una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazi one che ha escluso l’applicabilità dell’art. 192, commi III e IV, c.p.p. alla sfer a cautelare (Ca ss. Sez. Un. 1.9.1995 n. 11 , imp. Costantino ad altro), in quanto, dall’esame della rubri ca dell’ar ticolo e delle specifiche disposizioni dei prim i due commi, si evince che la nor ma non è applicabile nel la fase delle indag ini preliminari. In detta fase, nella q uale non è necessario acquisir e la prova della piena colpevolezza dell’indagato ma solo il “fumus” della stessa, la chiama ta in correità, ad avviso della Suprema Corte, va apprezzat a alla stregua d el solo art. 273 c.p.p., che impone la valutazione circa la sussistenza di gravi indizi d i colpevolezza. Questi sono costitu iti, come osserva il Supremo Collegio, da quegli e lementi a carico, di natura logica o ra pprese ntativa, che non va lgono d i per sé a provare oltre ogni dubbio la r esponsabil ità dell’indagato e, tuttavi a, conse ntono, per la loro consisten za, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione d i ul teriori elementi, sara nno idonei a dimostrare tale responsabilità, fondando nel fr attempo una qualif icata probabilità di col pevolezza. Conseguen temente é, anzitutto, necessario che l’attendibilità dell’accu sa venga valutata intrinsecamente, sotto il prof ilo dell’apprezzamento della precisione, della coerenza interna e della r agione volezz a, per cui lo spessore d ell’attendib ilità intrinseca della ch iamata é influenzato dal tipo di conoscenza acquisita dal chiamante in r elazione alla partecipazione od alla presenza a lle vi cende cui il chiamante si riferisca. 81 Per quan to, poi, attiene al profilo dell’attendibili tà estrinsec a della ch iamata - os servano le Sezioni Unit e - il giudice deve appurare se sussistan o o meno elementi obbiettivi che la smentiscano e se la s tessa sia conf ermata da riscontri e sterni di qualsi asi natura, rappresentativi o logic i, dotati di tale consisten za d a resistere agli elementi di segno opposto eventualmente dedotti dall’accusato. Concludon o le S ezioni Unite con la menziona ta decisione che “...in questa prospettiva è sufficiente una conferma ab extrinseco della credibilità della chiamata, considerata nel suo complesso, attraverso una serie di riscontri che per numero, precisione e coerenza, siano idonei a confermare quantomeno le modalità obbiettive del fatto descritte dal chiamante, in modo da allontanare, a livello indiziario, il sospetto che costui possa avere mentito”. Ne consegue che no n è, invece, indispensabile che i riscontri riguardin o in modo specifico la posizione soggettiv a del chiamato, poich é l’assenza di questo ulteriore requisito nell’ipotesi in cui non risultino elementi contra ri al coinvo lgimento di costu i - non esclude, di per sé, anche pe r la naturale inco mpletezza delle indagini, l’attendibilità complessiva della chi amata, una volta che la stessa sia stata a ccertata sia sotto il profil o intrinseco, sia - nei termini anzid etti - sotto quello estrinseco. Orbene, se tale argomentare può essere valido nella fase delle indagini prelimin ari e ai fini dell’a dozione di misure cautelari, non può certamente trovare a pplicazione per quanto riguarda la valutazione della chiamata di correo ai fini dell’affermazio ne di responsabilità nel corso del dibattimento. In questo caso, argomentando proprio dal “dictum” della Suprema Corte, riemer ge a chiare lettere quel principio, sancito dai commi III e I V dell’art. 192 c.p .p., che impone una valutazione delle dich iarazioni rese dal coimputato del medesim o reato o da persona i mputata in un procedimento connesso 82 “unitamente ad altri elementi di prova che ne con fermino l’attendibilità”. Infine, va preci sato ch e parti colare idoneità conva lidante va riconosci uta, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, al le converg enti chiam ate in correità successive (cd. chiamate in corr eità plurime ); sul p unto la Suprema Corte ha affermato il princ ipio secondo cui, quando sussistono più chiamate in correità, “ognuna di tali chiamate mantiene il proprio carattere indiziario ed ove siano convergenti verso lo stesso significato probatorio, ciascuna conferisce all’altra quell’apporto esterno di sinergia indiziaria, la quale partecipa alla verifica sull’attendibilità estrinseca della fonte di prova“ (cfr. Cass., Sez. I, 1.8.1991 n. 84 71, Cass. Pen. Sez. VI , 16 marzo 199 5, n. 2775, Grippi). Altrettan to consolidato è, del resto, il principio secondo cui, quando il riscon tro co nsiste in altr a chiamat a di correo, non è necessario pre tender e che q uesta abbia a sua volta il beneficio della convalida a mezzo di ulteriori elementi esterni giacché, in tal caso, si avrebbe la prova desiderata e non sarebbe necessari a altra operazione di compar azione o verif ica (cfr. Cass. n. 80/ 92); pret endere l’ autosufficienza pr obator ia del riscontro equi varreb be infatti a render e ultronea la chiamata di correo. Fin o ad arriva re alla conclusione, du nque, che “il riscontro può' consistere in un'altra chiamata di correo poiché' ogni chiamata e' fornita di autonoma efficacia probatoria e capacita' di sinergia nel reciproco incrocio con le altre. Da ciò' deriva che una affermazione di responsabilità' ben può' essere f ondata sulla valutazione unitaria di una pluralità' di dichiarazioni di coimputati, tutte coincidenti in ordine alla commissione del fatto da parte del soggetto” (Cass. Sez. 4, 6.3.1996, n.4108; Cass. Sez. 6, 16. 3.1995 n.2775; Cass. Sez. 2, 5.4.1995 n.4941). Quanto, p oi, ai p arametri ed ai criteri di valutazione della reciproca attendibil ità, nel caso di coesistenza e convergenza di 83 fonti prop alatorie, la predetta giur isprudenz a ha ritenuto di valorizzarnee la contestualità, l’autonomia, la reciproca sconoscenza, la convergenza almeno sostanzia le, t anto più cospicua quanto più i racconti siano ricchi di contenuti descrittivi, e in genere, di tutti quegli elementi idonei ad escludere fra udolen te co ncerta zioni ed a conf erire a ciascuna chiamata i tranquill izzant i connotati della autonomia, indipendenza ed ori ginali tà. Non può essere sottaci uto, al rigua rdo, che eventuali discordanze su alcuni punti possono, nei congrui casi, addirittura attestare l’auto nomia delle var ie propalazioni in qua nto “ fisiologicamente assorbibili in quel margine di disarmonia normalmente presente nel raccordo tra più elementi rappresentativi” (cfr. Cass., Sez. I, 30.1.1992 n. 80). In sostanza, pertan to, “in tema di chiamata in correità é bene ammissibile la cosiddetta “frazionabilità”, nel senso che la attendibilità della dichiarazione accusatoria anche se denegata per una parte del racconto, non ne coinvolge n ecessariamente tutte le altre che reggano alla verifica giudiziale del riscontro; così come, per altro verso, la credibilità ammessa per una parte dell'accusa non può significare attendibilità per l’intera narrazione in modo automatico” (Cass. Sez. 6, 10.3 .1995 n.4162; Cass., Sez. 6, 25.8.1995, n. 9090). Ad avviso della Corte, inoltre, “l’esigenza che le medesime, per costituire riscontro l’una dell’altra, siano convergenti non può implicare la necessità di una loro totale e perfetta sovrapponibilità (la quale, anzi, a ben vedere, potrebbe essa stessa costituire motivo, talvolta, di sospetto), dovendosi al contrario ritenere necessaria solo la concordanza sugli elementi essen- ziali del "thema probandum", fermo restando il potere-dovere del giudice di esaminare criticamente gli eventuali elementi di discrasia, onde verificare se gli stessi siano o meno da considerare rivelatori di intese fraudolente o, quanto meno, di suggestioni o condizionamenti di qualsivoglia natura, suscettibi84 li di inficiare il valore della suddetta concordanza” (Cass. Sez. I, 26.3.1996, n.3070, cit. ; Cass. Sez. I, 7.2.19 96, n.1428; Cass. Sez . I, 3 1.5.1995 n.2 328). Recentemente la Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta nuovamente nella present e materia con la nota s entenz a in data 12 luglio 2005, ric. Ma nnino. Detta rilevante pro nuncia è st ata r ichiamata dal Collegio nella parte d ella mo tivazi one riguarda nte i principi in materia di concorso esterno nel reato di partecipazione all’ associ azione di tipo mafioso. Tuttavia, pu r avendo la Corte di legittimità affrontato precipuamente tale argom ento, vale la pena di evidenziare come la stessa, nella parte fin ale della motivazione, abbia rib adito, in modo assai significativo, un nuovo ed importante arr esto proprio in mater ia di paramet ri di valutazione della chiamata di correo nel reato a ssocia tivo. Ed invero, a tale specifi co proposito le Sezioni Unite hanno affermato i l seguen te principio: “Secondo i rigorosi criteri legali dettati dall’art. 192/2 c.p.p., gli indizi devono essere, infatti, prima vagliati singolarmente, verificandone la valenza qualitativa individuale ed il grado di inferenza derivante dalla loro gravità e precisione, per poi essere esaminati in una prospettiva globale ed unitaria tendente a porne in luce i coll egamenti e la confluenza in un medesimo, univoco e pregnante contesto dimostrativo: sicchè ogni ‘episodio’ va dapprima considerato di per sé come oggetto di prova autonomo onde poter poi ricostruire organicamente il tessuto della ‘storia’ racchiuso nell’imputazione”. In buona sostanz a, secondo la Corte di legittimità, in una prima fase del p ercorso valutativo complessivo deve procedersi al riscontro in ordine alle varie frazioni d i condotta singolarmente considerate ed, in un secondo m omento, si deve ricomporre il ragionamento prob at orio, procedendo alla di- 85 samina complessiva di tutti i singoli elementi già presi in esame. Da ciò consegue che, se nel primo momento valutativo occorre porre la massima attenzione alla validità ed idoneità dei singoli elementi di risco ntro a car attere individualizzante in relazione a ci ascuna fr azione di condotta, nella disa mina complessiva la valutazione non può che essere contestualizzante ed onnicomprensiva rispetto al r uolo ricoperto dall’impu tato in seno al sodalizio mafioso ed al suo specifico apporto contrib utivo. In tal senso, inver o, appar e chiar o l’orientamento della Corte di Cassaz ione “Limitando l'esame della doglianza alla sola posizione del Madonia e, quindi, alla circostanza della riunione tenuta nell'abitazione del Troia, (alla quale aveva comunque, preso parte oltre il predetto Madonia anche il Galatolo Vincenzo), ... os- serva, in proposito, questa Corte di legittimità che deve correggersi l'erro re di in cui è incorsa la Corte di Assise di Appello che ha ritenuto che “non poteva essere elevato al rango di prova, non essendo suf fragata da ulteriori elementi, la dichiarazione del collaborante Onorato di aver preso parte ad una riunione operativa presso l'abitazione di Tullio Troia, nel corso della quale - presenti Madonia, Salvatore Biondino - si era organizzata l’attività criminosa e si erano definiti ruoli e condotte dell'attentato. L'errore della Corte è di aver ritenuto che ogni circostanza di fatto riferita dal collaborante di giustizia debba essere, riscontrata laddove, invece, il riscontro, naturalmente individualizzato, ben può, anzi deve, riguardare la condotta o uno dei segmenti della condotta, aff erente lo specifico episodio delittuoso (nella specie: il reato di strage)” (Cass. Sez.II 6 maggi o 2004, Riina Salvatore). Orbene, nella va lutazi one delle risultanze dibattimentali ed, in modo particol are, della deposizione del Giuffrè, il Coll egio si è attenuto ai sopraddetti r icevut i principi, eff ettuando una 86 valutazio ne cong iunta sia delle caratteristiche soggettive e dell’atte ndibil ità intrinseca del dichiarante che ricercando, in concreto, gli elem enti di riscontro estrinsec i sia in ordine a l fatto addebitato che in ordine alla posizione soggettiva del chiamato. I c riteri di valutazione della prova crit ica Il presente procedimento penale comporta la disamina di una serie assai complessa ed articolata di ipotesi delittuose poste in essere da num erosi imputati singolarmente ovvero in concorso di volta in vol ta tra soggetti d iversi. Parecchie di tal i imput azioni, come si vedrà appresso, risultano dimostrate attraverso forme tipiche di prova della responsabil ità penale degli imputati. Per alcune di esse, viceversa, l’ist ruzione diba ttimentale ha fornito un materiale proba torio che si comp one essenzia lmente di indizi, cioè di quel la forma di “probatio minor” caratterizzata, rispetto all a prova dir etta , da una minore capacità persuasiva. Ciò non toglie, tuttavia, che anche la prova indiziar ia possa essere posta a fondamento di una giudizio di condanna, a condizion e che sussistano i requisiti di legge e che la valutazione critica del Giudice se gua i pa rametri fissati dalla giurisprudenza di legittimità in subiecta materia. Per tal e ragione appare necessario svolgere una br eve premessa p roprio in relazi one a i criteri di valutaz ione della prova indiziaria ai quali si far à richia mo nell’esam e delle singole fattispecie del ittuose. La prova logica, defini ta più p ropriamente pr ova critica, è costituita da quella traccia sensibile rappresentativa di un fatto che però non coincide con il “thema prob andum”, ma consente di ri salire ad esso sec ondo l’elabora zione mediata da regole di in ferenz a - tra le quali particolare importanza a s87 sumono le regole d i esper ienza - ovvero da proposizioni che consenton o di giu ngere dal fatto noto a quello ignoto mediante l’util izzazi one dei pri ncipi dettati dalle leggi della s cienza o della logica formale o, ancor a, secon do i risultati dell’esperienza acquisita nella valutazione delle azioni umane. Dunque, l’indi zio ha un proprio ed autonom o significato cui si aggiu nge un a capa cità dimostr ativa solo event uale r ispetto agli elem enti del fatto da provare, inerendo a d esso il rischio della eventuale plura lità di deduzioni possibili, rischio determinato dalla regol a di inferenza prescelta . Una regola che, per sua ontologica natura, non possiede il requisito d ella cer tezza probante, r imanendo soggetta ad una variabilità d i esiti diversi in considerazione dei fattori oggetto di valutazione, i quali, in ipot esi, potrebbero anche portare a scartare una massi ma di esperienz a basat a sull’ “id quod plerumque accidit”, per anda re a trov are spiegazione nell’a tipico o nell’eccezion e. Come è n oto, l ’art. 192 comma II c.p. p. statuisce che l’esisten za di un fatt o può esser e desunta da ind izi, a cond izione che quest i sian o gravi, precisi e concor danti. Se ne desume che la prova critica non è ancora prova ma è suscettib ile di diventarlo quando concordi con altri eleme nti indiziari che abbi ano i cara tteri della gravità, della precisione e della concordanza verso lo stesso risultato euristico. Le Sezi oni Unite (Cass. 4.2 .92 n. 6682, p.m. in proced. Musumeci) hanno afferm ato il principio che “nella valutazione di una molteplicità di indizi è necessaria una preventiva valutazione di indicatività di ciascuno di essi – sia pure di portata probabilistica e non univoca – sulla base di regole col laudate di esperienza e di criteri logici e scientifici, e successivamente ne è dov eroso e lo gicamente imprescindibile un esame globale e unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio possa risolversi, perché, nella 88 valutazione complessiva, ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, sì che il limite della valenza di ognuno risulta superato e l’incidenza positiva probatoria viene esaltata nella composizione unitaria, in modo da conferire al complesso indiziario pregnante ed univoco signific ato dimostrativo, per il quale può af fermarsi conseguita la prova logica del fatto”. Quindi, l’indizio può essere utilizzato per trarre dalla cir costanza che esso rap presenta la prova dell’esistenza di un fa tto non noto, da provare, solo a condizione che r isponda ai tre indicati requisiti di cu i alla definizione legislativa ex art. 192 c.p.p.. La giurisprudenza di legittimità ha chiar ito che un indizio preciso è quello - definito da lla dottrina come ne cessar io – non generico e no n suscettibile di diversa interpretazione altrettanto o pi ù verosimil e. Esso, pertanto, deve avere i car atteri dell’ univocità e della certezza, quest’ult ima intesa come accertata verificazione storico-naturalistica della circostanza che lo costitu isce, non essendo logicamente desumibile un fatto ignoto da un fatto a sua volta ipotetico (Ca ss sez. I 24.6.92 n. 9700, Re; Cass. sez. II 9.2.95 n. 5838, p.m. ed Avanzini) . La gravità dell’i ndizio sta ad indica re la sua cap acità di resistenza alle obie zioni formulate in senso demolitorio, nel senso che l’ indizi o deve esser e atte ndibile e convincente in quanto pertinente al “thema prob andum”, nonché dotato di ca pacità dimostrativa rispett o ad esso, che ricorre quando vi sia tra i due fa tti, quello noto e q uello ignoto, un nesso di rilevante con tiguità logi ca (Cass. sez . IV 25.3.92 n. 5356, Di Giorgio). Il requisito della concordanza, infine, impone che la verifica circa la con cluden za a certezza del fatto vada saggiata non singolarmente, per ciascuna circostanza indiziante che sia grave e preci sa, m a sim ultaneamente, nel senso che è necessario procedere ad una va lutazione complessiva di tutti gli 89 elementi presuntivi che pr esentino singolarm ente una positività parziale, o almeno potenziale, di efficienza probatoria (Cass. s ez. IV 25.1.93 n . 2967, Bia nchi; Cass. sez. IV 2.2. 95 n. 4965, Lenoci). Pertanto, il rig oroso ed obiettivo accertament o del d ato ign oto, cui è po ssibile per venire su base indiziaria, deve esser e lo sbocco n ecessi tato e strettamente consequenziale, sul piano logico giurid ico delle prem esse indiziarie in fatto, con esclusione di ogni altra soluzi one prosp ettabile in termini di equ ivalenza o di alternat ività. Il giudizio conclusivo, in altre parole, deve essere l’ unico possibile alla stregua degli eleme nti disponibili, secondo i criteri di razionalità dett ati dall’esp erienza umana (Cass. sez. I 20.10.94 n . 118, Ol iveri; Cass. sez. II 8.2.91 n. 6461, Ventura). Secondo un p rimo indiri zzo, i req uisiti della p recisione e della concordan za non possono coesistere in ciascun ind izio da valutare, dato che, ove uno di essi possegga quello della precisione intesa nel senso della necessarietà a condurre al fat to ignoto, sul piano l ogico, di per sé e da solo risulterebbe id oneo e suff iciente a provare il fatto ignoto (Cass. sez. I V 26.4.96 n. 8662, p.m. in proced. Piscopo); al contrario sol o in presenza di più indizi , nessuno dei quali fornito del req uisito della p recisi one, sar ebbe necessario pervenire ad un’operaz ione logico-concettuale di complessiv a valutazione degli stessi sotto la r egia della regola di esperienza assunta dal decidente (Cass. sez. VI 13.12 .9 1 n. 2398, Grillo). Si osse rva, anche, che nell’ampia categoria degli indizi è possibile annoverare, oltre quelli dotati di una implicita valenza indiziante (e q uindi argomentativi), anche quelli che di per sé non hanno alcuna capacità indiziante, ma l’acq uistano in forza di dimostrazion e, come effetto cioè del ragioname nto argomentativo elabora to dal Giudice. 90 Per tale motivo i l giu dizio sulla gr avità, precisione e concordanza deve essere condotto sulla base di una valutazione unitaria e non atomizzata di tutti gli elementi oggetto di co nsiderazio ne, in modo da consentire di riempire le lacune c he ciascun eleme nto fatalm ente possiede in sè e che rapprese ntano, sul piano dedutti vo, il limite della capacità del singolo fatto noto di dimostrare l’esistenza di quello ignoto (Cass. sez. I 5. 3.91 n. 3150 , Calò). Altra giurisprudenza sottolinea che la prova indiziaria debba , in ogni caso, esser e costituita da una pluralità di indizi (Cass. sez. I 8.3.00 n. 7027) e che il vaglio su ciascun indizio, al fi ne di accertar ne la precisione e la gravità, vada condotto anzitutto sep aratam ente e solo in un secondo momento, soprattutto per quel che riguarda la gravità, anche congiuntamente, potendo la gravità degli uni acquistare spessore dalla accertata gravità degli altr i. In quest’ottica, i requi siti della gra vità e della precisione sono da riten ersi intrinseci a ciascun indizio, nel senso che ognuno deve possedere di per sé, isolatament e considerato, il carattere della univocità e della certezza, laddove so lo la concordan za viene ad essere estrinseca, andando misura ta con gli a ltri indizi che tutti debbono convergere verso lo stesso risult ato probatorio (Cass. Di Giorgio, ci t.) Ancora, si sostiene che a fronte di una p luralità di indizi l’esame di ci ascuno di essi d ebba essere pr ima d i tutto “parcellare, in modo da identificarne tutti i collegamenti logici possibili ed accertarne, quindi, la gravità, che è inversamente proporzionale al numero di tali collegamenti, nonché la precisione che è direttamente proporzionale alla nitidezza dei suoi contorni, alla chiarezza della sua rappresentazione, alla fonte diretta o indiretta di conoscenza dalla quale deriva, all’attendibilità di essa”. Da ultimo è necessario proced ere alla sintesi finale, acc ertando se gl i ind izi esaminati s iano concordanti, cioè possano 91 essere col legati a d una sola causa o ad un solo ef fetto e collocati tutti, arm onicamente, in un unico contesto, dal quale sia possibile log icamen te desumer e l’esistenza o l’inesistenza del fat to da provare (così Cass. sez. VI 23.2.85 n. 736, Doria ; Cass. sez. VI 25.3. 97n. 1327, Martinese; Cass. sez. VI 30.5.94 n . 9916, Di Dato). Recentemente, anch e le Sezioni Unite della Corte di legittimità (Cass. 1 2.7.05 , Manni no, n. 337 48) si sono pronunciate in materia dei criteri legali di valutaz ione della pro va indiziar ia che devon o esser e utiliz zati dal Giudice nell’operazione logica tendente al le verifica dei singoli elementi indicati com e sintomatici di una speci fica condotta di reato. Secondo i crit eri detta ti dall’ art. 192, comma II, c.p.p., che devono essere valutati rigorosamente, gli indiz i vanno prima vagliati sin golarmente, in modo da verificar ne la valenza qua litativa i ndividuale ed il grado di inferenza derivant e dalla loro gravità e precisione, per essere poi esaminati in una prospettiva globale e unitari a, atta ad evidenziarne i collegamenti e l a confluen za in un medesimo, univoco e pregnante contesto dimostrativo, si cché “ogni episodio va dapprima considerato di per sé come oggetto di prova autonomo onde poter poi ricostruire organicamente il tessuto della storia racchiusa nell’imputazione”. In questa prospettiva, non è conse ntito, attraverso il metodo, pur corretto , di lettura unitaria e complessiva dell’intero compendio pro batori o, dare rilevanza anc he a queg li indizi che, analiticamente considerat i, sa rebbero ciascuno incerto, impreciso e non gra ve e dunque pr obatoriamente ininfluente, ma che, nell’insieme, appaiono tr a loro raccordabili e coerenti con la narrazione storica de lla vicenda come ipotizzata dall’accu sa. Un siffa tto metodo di assemblaggio e di mera sommator ia degli eleme nti in diziari , che si proponga così di colmare il deficit argom entativo int rinseco di ciascuno di e ssi, violerebbe le 92 regole giuridiche i mposte nell’int erpretazione dei risultati probatori . La valutazione della prova costituisce, infine, il momento inferenzial e che dalle pr emesse probatorie conduce a lla proposizione da provar e, dove, nella presente fattispecie sottop osta al vagl io d ibattimentale, le premesse sono cos tituite da elementi di carattere esclusivament e logico/indiziario e le regole inferenziali non posson o che consistere nelle massime di esperienza , in tese come repertorio di conoscenza dell’uomo medio offerto d al sen so com une. Le massim e di es perien za sono, difatti, generaliz zazioni empiriche tratte, con procedimento induttivo, dall’esperienza comune, che, indipendenti dal singolo caso considerato, sono capaci di fornire informazioni relat ive a c iò che nor malmente accade secon do l’ “id quod plerumque accidit” in un dato contesto spa zio-temporal e. Esse, pertant o, costitu iscono regole extr anorma tive prees istenti al gi udizio che si distinguono dalle mer e congetture per il fatto che i l loro contenuto viene, in ogni caso, sottoposto, a verifi ca empirica, sicché viene formulata come regola d’esperienza, regolare e ricorrente, generalmente riconosciuta ed accettata nel contesto storico-geografico esistente (Cass . sez. II, 16.9.03 n. 39985). Il ragion amento probat orio viene a llora ad essere caratterizzato dall ’utili zzazio ne di regole di inferenza, il cui gra do di attendibi lità e di persuasività è r imesso alla precisione della nozione di sen so comun e confluita nelle relative massime d i esperienza adottate, caratterizzandosi per un ragionamento di tipo squisi tamente induttivo- abduttivo, basat o cioè sulla probabilità ep istemi ca, che è quella relativa al grado di fondatezza di un’ipotesi, la quale deve presentarsi intrinsecamente coerente e congr uente r ispetto ai fatti, in considerazione del le pro ve a favore e di quelle cont rarie acquis ite al giudizio. 93 Al fine di val utare tal e grado di fondatezza, appare altresì rilevante, n ei processi indiziari, l’accertamento della causale del delitto, l a qual e deve porsi non già qua le ulteriore indizio ma quale elemento di r accordo e di potenziamento della efficienza probatoria deg li indizi già acquisiti. La giurisp rudenz a precisa, in prop osito, che l’obbligo di accertare la cau sale è tanto più cogente quanto meno sono ritenuti gravi, precisi e concordanti gli indizi, attenuandosi, al contrario , in misura pr oporzionale alla ritenuta gr avità, precisione e concordanza e quindi alla loro complessiva efficienza probatoria. (Cass. sez. I 14.11.95 n. 12422, Antinozzi). Nella causale, difa tti, il valore sintomatico della pat ernità dell’azio ne è connaturato alla diretta partec ipazione del suo autore al processo fo rmativo della volontà di una condotta. In quest’ottica si aggi unge che il movente ha non solo la capacità di esaltar e gli elementi indiz iari di carattere oggettivo, facendoli convergere in un quadro unitario di r iferimento, ma è esso stesso dotato dell’autonoma capacità di m anifestare ciò che sen za la sua corretta valutazione restereb be scon osciuto (C ass. sez. V 14.11.92 n. 2 381, p.m. e Madonia). Per cui, “l’accertamento della causale del delitto, quando si tratti di un processo con elementi probatori di natura soltanto indiziaria, deve essere puntualmente perseguito, in quanto l’identificazione della causale assume, in tal genere di processi, specifica rilevanza per la valutazione e la coordinazione logica delle risultanze processuali e, di conseguenza, per la formazione del convincimento del giudice in ordine ad una ragionata certezza della responsabilità dell’imputato” (Cass. sez. VI 22.1.97 n. 5 649, Domina nte; Cass. sez. I 30.11.95 n. 1428, p.g. in proced. Ri ggio; Ca ss. sez. I 17.3.94 n. 4589, Giannetti), a meno ch e dagli altr i elementi indiziari emerga già in modo certo l a sua responsabilità (Cass. sez. I 14. 12.95 n. 685, Savasta; C ass. sez. I 2.5.97 n. 8559, Dr agone). 94 Da ultimo, le Sezi oni Unite (Cass. 30.10.03 n. 45276, Andreotti; conf. Cass. sez. I 28.11.95 n. 567, p.m . in proced. Mula ) hanno ribadito il p rincipio per il quale “la causale, pur potendo costituire elemento di conferma del coinvolgimento nel delitto del soggetto (nella fattispecie interessato all'eliminazione fisica della vittima), quando per la sua specificità ed esclusività converge in una direzione univoca, tuttavia, conservando di per sé un margine di ambiguità, funge da elemento catalizzatore e rafforzativo della valenza probatoria degli elementi positivi di prova della responsabilità, dal quale poter inferire logicamente, sulla base di regole di esperienza consolidate e affidabili, l'esistenza del fatto incerto - l'attribuibilità del crimine all'imputato - soltanto a condizione che, all'esito dell'apprezzamento analitico di ciascuno d i essi e nel quadro di una valutazione globale d'insieme, gli indizi, anche in virtù della chiave di lettura offerta dal movente, si presentino chiari, precisi e convergenti per la loro univoca significazione”. Dunque, a i fini della verifica della responsa bilità penale nei processi indiziar i, l’accertamento della causale risulta di decisiva imp ortanza, poten do valere ad arricchire e raccordare gli elementi di un quad ro probator io che tuttavia appaia ancora non univocamente orient ato a ll’affermazione di responsabilità, per diveni re ta nto più essenziale a fronte di un co mpendio indiz iario non solo equivoco ma di per sé anche impreciso, incert o e la cunoso. E’ evidente ch e in una tale ipot esi, ove neppure si fosse in grado di pe rvenir e all ’individuazione di una causale dell’agire dell’impu tato, la prospettiva accusatoria si a ppales erebbe gravemente incompleta. 95 Cenni generali in ordine al reato di partecipazio ne ad associazion e di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.) Con la fattispecie incriminatrice di cui all’art . 416 bis c.p. il legislato re ha voluto introdurre uno strumento giuridico che, tipizzand o comportamenti, metodi e finalità perseguite dalle organizzazioni crim inali mafiose secondo le manifestazioni concrete di tal i fenomeni nella realtà socio-criminale, consentisse d i superare l’inadeguatezza, ai fini r epressivi, del generico sc hema no rmativo della comune associazione per delinquer e. Poiché, tutt avia, il reato di cui all’art. 416 bis c.p. sotto il profilo st rutturale prende le mosse dal protot ipo dell’asso ciazio ne per delinq uere semplice, è bene svolgere una sint etica premessa sui ter mini generali e comuni alle due fatti specie. Elementi costitu tivi del reato di associazione per delinquere, in generale, sono la formazione e la permanenza di un vinc olo associativo continu ativo fra almeno tre per sone, a llo scopo di commettere una serie indeterminata di delitti, con la pr edisposizione comune dei mezzi occorrenti per l a realizzazione del program ma delin quenziale e con la permanente consapevolezza di ciascu n associato di far parte dell’illecito sodalizio e di essere disponibile ad operare per l’attua zione d el comune programma crimi noso (v. per t utte Cass. Sez. I sent. n. 6693 del 1979, ric. Pino; Cass. Sez. I sent. n. 3402 del 1992, ric. Niccolai ed altri). E’ ricorrente in giurisprudenza l’orientamento second o cui “l'associazione per delinquere si caratterizza per tre fondamentali elementi, costituiti: - da un vin colo associativo tendenzialmente permanente, o comunque stabile, destin ato a dura re anche oltre la realizza zione dei delitti con cretamente programmati; 96 - dall' indeterminatezza del programma criminoso che distingue il reato associativo dall'accordo che s orregg e il concor so di person e nel reato; - dall' esistenza di un a str uttura or ganizzativa, sia pur minima, ma idonea e sopratt utto adeguata a realizzare gli obiettivi crimino si presi di mir a” (Cass. Sez. I sent. n. 10107 del 1998, ric. Rossi e al tri). Si è comunque chiarito (Cass. Sez. I sent. n. 709 del 1993, ric. Beni ed altro) che l’a ssociazione per delinquere non è necessariamente un o rganismo formale, sostanziandosi nell’accettazione, da parte di almeno tre p ersone, di una disponibili tà ed un impegno permanenti a svolgere determinati compiti, al fin e di realizzare fatti delittuosi. E' dunqu e sufficiente che tale a desione dia vita a un organismo plurisoggettivo che, indipendentemente da eventuali forme ester ne, sia i n grado di avere una volontà autonom a rispetto a quella dei sing oli e di svolgere una condotta collettiva, sintesi delle con dotte individuali, al f ine di realizzare il programma criminoso. Da ciò, in fatti, deriva no il danno immediato per l’ordine pubblico ed il pericolo p er i beni che costituiscono l’ oggett o giuridico dei delitti programmati, poiché l’impegno collettivo, consenten do di util izzare immedia tamente gli uomini disponibili e le strutt ure appositamente predisposte, agevola la realizzazione dei delitti-scopo. Nel definire i caratteri della condotta tipica di partecipa zione, la giurispruden za di legittimi tà (Cass. Sez. I sent. n. 7462 del 1985 , ric. Ars lan) ha precisato che “il nucleo strutturale indispensabile per integrare la condotta punibile di tutti i reati di associazione, non si riduce ad un semplice accordo delle volontà, ma richiede un "quid pluris", che con esso deve saldarsi e che consiste, nel momento della costituzione dell'associazione, nella predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione di delitti e, successivamente, in quel 97 minimo di contributo effettivo richiesto dalla norma incriminatrice ed apportato dal singolo per la realizzazione degli scopi dell'associazione. Quello, cioè, che ha rilevanza non è che l'accordo venga consacrato in atti di costituzione, statuto, regolamento, iniziazione o in altre manifestazioni di formale adesione, ma che in conseguenza delle manifestazioni di volontà dei singoli si realizzi, di fatto, l'esistenza della struttura prevista dalla legge e, una volta costituita l'associazione, il contributo apportato dal singolo si innesti nella struttura associativa ed in vista del perseg uimento dei suoi scopi”. Secondo il con solida to orientamento della giurisprudenza (v. Cass. Sez. I sent. n. 3492 del 1988, ric. Altivalle) la materialità dell a condotta tipica del delitt o di partecipazione ad associazion e criminosa si concreta nel compit o o nel r uolo, anche generico, ch e il so ggetto svolge o si è impegnato a svolg ere, nell'ambito dell'organizzazione, per portare il suo contributo all'esi stenza e al rafforzament o del sodalizio criminoso, con la con sapevolezza e la volontà di far parte dell'organizzazione condividendone le finalità. La Suprema Corte ha sottolineato che, per la integraz ione del reat o in esame, occorre l’aff ectio societatis scelerum, cioè la consapevol ezza del soggetto di avere assunto un vincolo associati vo crim inale che perma ne al di là degli accordi particolari relativi alla realiz zazione dei singoli episodi delittuosi (cfr. Cass. Sez . I sent. n. 1332 del 1991). L’af fectio societatis si correla, quindi, alla consapevolezza del soggetto di inserirsi in un'associazione criminosa e di innestare la propria condotta nell'assetto or ganizz ativo ed operativo di essa (cfr. Cass. Sez . V sent. n. 2543 del 1993 ). In quest’ottica, la g iurispr udenza di legittimità (Cass. Sez. VI n. 16164 del 1989, ric. Romano) ha evidenziato che “per ritenere sussistente la compartecipazione al delitto di associazione per delinquere, non è su fficiente l'accordo p er la realizzazione di uno o più delitti tra quelli che formano oggetto del co98 mune programma di delinquenza; occorre invece la dimostrazione della volontà dell'agente di entrare a far parte dell'associazione e apportare un concreto contributo alla realizzazione del comune sco po criminoso per la realizzazione del quale l'associazione è stata costituita”. Si è c onseguentemente specificato che il criterio distintivo del delitto d i associa zione pe r delinquere rispe tto al concorso di persone nel reato consiste essenzialmente nel carattere e nel modo di svolgersi dell’accordo criminoso, che, nel concor so di persone nel reato (a nche continuato) avviene in via occasionale ed a cciden tale, essendo diretto alla commissione di uno o più reati determinati (eventualmente ispirati da un medesimo dis egno crim inoso), con la realizzazio ne dei quali si esaurisce, mentr e nell ’assoc iazione per delinquere è diretto all’attuazione di un più vasto pr ogramma criminoso, per la commissio ne d i una seri e indeter minata di de litti, con la permanenz a di un vincolo associativo tra i partecipanti, ciascuno dei quali ha la costante consapevolezza di essere ass ociato al l'attu azione del p rogramma criminoso, anche indipendentemente ed al di fuori della effettiva commissione dei singoli reati programmati (v . per tutte Cass. Sez. I sent. n. 3402 del 1992, ric. Niccol ai ed altri; Cass. Sez. V sent. n. 3340 del 1999, ric. P.M. in pr oc. Stolder ed altri). L’esisten za di un siffatt o vincolo associativo, pur non potendo evincersi dalla sola commissi one di fatti criminosi (Cass . Sez. VI sent. n. 67 28 del 1989, ric. Calvano), può essere comunque desunt a anche da facta concludentia, quali la continuità, la frequenza e l ’intensità dei rapporti tra i soggetti, l’interdi penden za delle loro condotte, la predisposizione dei mezzi fi nanzia ri e la stessa e fficienza dell’organizzazione (cfr. Cass. Sez . VI sent. n . 7789 del 19 87, ric. Gravosio). La Suprema Corte (Ca ss. Sez. VI sent. n. 11446 del 1994, ric. Nannerini ) ha espli citato che “per quanto riguarda il dolo del delitto di associazione per delinquere è necessario che vi sia 99 da parte dell'agente la coscienza e la volontà di compiere un atto di associazione, cioè la manifestazione di "affectio societatis scelerum" come tale, e la commissione di uno o più delitti programmati dall'associazione non dimostra automaticamente l'adesione alla stessa. Tuttavia l'attività delittuosa conforme al piano associativo costituisce un elemento indiziante di grande rilevanza ai fini della dimostrazione della appartenenza ad essa quando attraverso le modalità esecutive e altri elementi di prova possa risalirsi all'esistenza del vincolo associativo e quando la pluralità delle condotte dimostri la continuità, la frequ enza e l'intensità dei rapporti con gli altri associati. Anche la partecipazione ad un episodio soltanto della attività delittuosa programmata può costituire elemento indiziante dell'appartenenza all'associazione, ma in tal caso il valore di tale indizio è sicuramente ridotto ed è necessario che dalla partecipazione al singolo episodio sia desumibile l'affectio societatis dell'agente, e che essa sia fonte di penale responsabilità a carico di chi la mette in atto. Quando infatti il soggetto abbia fornito un contributo alla realizzazione di un unico episodio rientrante nel programma associativo e a tale contributo non venga riconosciuta rilevanza penale, il valore indiziante ai fini della appartenenza all'associazione diventa minimo ed insuf ficiente ad un riconoscimento di responsabilità”. Con riguardo alla prova dell’adesione del soggetto all’associazion e per delinquere, è stato pr ecisato che “una volta accertato il carattere penalmente illecito di un determinato organismo associativo, la spendita di una qualsiasi attività in favore di esso, con il beneplacito di coloro che nel medesimo organismo operano già a livello dirigenziale, non può che essere ragionevolmente interpretata come prova dell'avvenuto inserimento, "per facta concludentia", del soggetto resosi autore di detta condotta nel sodalizio criminoso, nulla rilevando che, secondo le rego le interne di quest'ultimo, la medesima attività 100 non implichi, invece, di per sé, il titolo di sodale” (Cass. Sez. I sent. n. 11344 del 19 93, ric. Algr anati ed altri). Con riferimento all'elemento soggettivo del delitto di par tecipazione, la giu rispru denza ha altresì evidenziato che si tratta di un reato a dolo specifico; occorre quindi, oltre a lla « coscienza e volontà di apportare quel contributo richiesto dalla norma incriminatrice», anche la consapevolez za «di partecipare e di contribuire attivamente con esso alla vita di un'associazione, nella quale i singoli associati, con pari coscienza e volontà, fanno convergere i loro contributi, come parte di un tutto, alla realizzazione del programma comune, divenuto, così, "causa comune" dell'agire del singolo e dell'ente» (Cass. Sez. I sent. n. 7462 del 1 985, ric. Arsla n, che ha aggiunt o: "naturalmente non è necessaria la conoscenza reciproca di tutti gli associati, poiché quel che conta è la consapevolezza e volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa consapevolezza e vo lontà, ad una società criminosa strutturata e finalizzata secondo lo sch ema legale"). **** Conforme ai suesposti principi è anche la def inizione della condotta tipica di partecipazione all'associazione di cui all'art. 416 bis c.p. , la cui ricostr uzione esegetica è stretta mente connessa alla de scrizione normativa dell'apparato strutturale e delle fina lità che car a tterizzano il fenomeno mafioso. Come è stato osservato i n dot trina ed in giurisprudenza, l'associazion e di ti po mafioso è qualificata dai mezzi usati e dai fini perseguiti. Ciò che, invero, costituisce l’eleme nto peculiar e di detta organizzazi one rispetto alla comune associazione per d elinqu ere sono le specifiche finalità pr eviste dalla nor ma in esame e la tipizzazione dei metodi utilizzati per il raggiungimento dei detti fin i. 101 Ed invero i l sistematico ricorso alla forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettame nto e di omertà che ne deriva costituisce elemento specializzante rispetto al la fat tispecie di cui all’art. 416 c.p. . In proposi to, non può non rilevarsi che alcuni fini dell’asso ciazio ne in argo mento, pur non essendo in sé considerati il leciti (per es. acquisizione del contr ollo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, ecc.) assumono connotazione di illiceità in vir tù del “modus operandi” tipicamente utiliz zato. Il legislatore, n el tipi zzare tale metodo al comma III dell’a rt. 416 bis c.p., ha inteso reprim ere tutte quelle manifestazioni (dirette o implici te) con le quali d eterminate organizzazioni criminali riescono ad i ncuter e timore determinando un diff uso stato di co azione p sicologica tale da costringere chi la subisce a comportam enti non volut i (assoggettamento) e, comunque, d i reti cenza o tacita connivenza (om ertà). Pertanto, sul piano strettam ente processuale e probatorio, l’esisten za di una str uttura or ganizzativa connotata dagli elementi sopra descritt i potrà configurarsi come di stampo mafioso quando si a stata dimostra ta la capacità della stessa di estri nsecare una forza di intimidazione sufficientemente diffusa e tale da produr re, nel contesto terr itoriale ed ambientale ove essa opera, assogget tamento ed omertà. Con riferimento alla struttura d ell'organizz azione criminale, l'art. 416 bis c.p. descri ve analiticamente il metodo e le modalità di compor tamento dell'associazione media nte il riferimento a tre paramet ri caratterizz anti: l'autonoma for za di intimidazione promanante dal vincolo associativo e le conseguenti co ndizio ni di assoggettamento e di omertà (cfr. Ca ss. Sez. VI sen t. n. 7937 del 1995, r ic. Monaco ed altri, secondo cui “il reato di cui all'art. 416 bis c.p. … si caratterizza dal lato attivo per l'utilizzazione, da parte degli associati, ai fini del raggiungimento degli scopi del sodalizio, della forza intimida102 trice derivante dal vincolo associativo in sé stesso, e dal lato passivo per la conseguente condizione di assoggettamento e di omertà dei singoli”). Si tratta di tre elementi che sono coessenzia li per la configurabilità del reato in esame, rappresentano i principali fattori di stabilità della struttura or ganizz ativa del potere ma fioso, e costituiscono l'a pparato strumentale posto nella disponibilità degli associati per la rea lizzazione degli scopi de ll'illecito sodalizio. Il programma crimin oso richiesto per l'esistenza del reato di cui all'art. 41 6 bis si ident ifica nelle finalità tip iche dell'or ganizzazi one mafiosa, previst e alternativamente dalla norm a incrimina trice: la commissione di delitti, l' acquisizione della gestione o del contr ollo di attività economicamente rilevanti anche attraverso il condizionamento della pubblica a mministrazione, la coercizione elettorale ed il procacciamento di voti, il conseg uiment o di indebite utilità di ogni genere. Come è stato rile vato in dottrina, le suindicate finalità, oltre ad integrare il dolo specifico che qualifica le singole condotte associati ve, c aratte rizzano la struttura dell'ente associativo, alla quale sono indissolubilmente collegate. La giurispr udenza di legittimità (C ass. Sez. VI sent. n. 1793 del 1994, ric. De Tom masi ed altri) ha sottolineato che le finalità dell'associazione di ti po mafioso, previste nel l'art. 416 bis c.p., hann o caratter e alternativo e non cumulativo, anche perché, con la previsione, fra gli scopi del sodalizio mafioso, del control lo di atti vità economiche, il legisla tore ha mir ato ad ampliare l'am bito ap plicativo d ella fattispecie, estendendolo, come si è detto, anche al perseguimento di attività in sé formalmen te lec ite. Nel delin eare l e differenze tra l’associazione per d elinquere e l’associazione di ti po mafioso, la Suprema Corte (Cass. Sez. II sent. n. 5386 del 1994, ric. Matr one ed altri) ha precisato che “la figura delittuosa prevista dall'art. 416 bis c.p. si di103 stingue da quella di cui all'art. 416 c.p., oltre che per l'eterogeneità degli scopi che l'associazione mira a realizzare, e quindi dell'oggetto del programma criminoso, per il ricorso alla forza di intimidazione dell'associazione per il conseguimento dei fini propri della medesima. Tale forza di intimidazione del vincolo associativo è un elemento strumentale, e non già una modalità della condotta associativa, e non neces sariamente deve essere utilizzata dai singoli associati né estrinsecarsi di volta in volta in atti di violenza fisica e morale per il raggiungimento dei fini alternativamente previsti dalla disposizione incriminatrice, in quanto ciò che caratterizza l'associazione di tipo mafioso e le altre a questa assimilate è la condizione di assoggettamento e di omertà che da detta forza intimidatrice, quale effetto, deriva per il singolo sia all'esterno che all'interno dell'associazione”. Al riguar do, si è espl icitato che l'insorgere nei terzi della situazione di soggezione può der ivare "anche soltanto dalla conoscenza della pericolosità di tale sodalizio" (Cass. Sez. I sent. n. 3223 d el 199 2). Una volta di mostrata la sussistenza di una organizzaz ione caratteri zzata da un apparato str utturale-strument ale basato sull'intimidazi one, sull'assoggettamento e sull'omertà, e da almeno una dell e suindicate finalità, occorre, per afferma re la respo nsabili tà del singolo, prova re la sua consapevole appartenenz a al sodalizio e la sua ad esione al progr amma associativo. La condotta punibile deve considerarsi realizzata se risultano dimostrati, sul piano oggettivo, l’inseriment o strutturale del singolo in u na siffatta organizza zione, e, sul piano soggettivo, l’affectio societatis, cioè la consapevolezza e la volontà di far parte dell'illecito sodalizio, cond ividendone gli scopi. Da più parti si è evidenziato che , nel reato in esame, la condotta punibi le non si riduce al semplice accor do delle volo ntà, ma si sostanzia nel cont ributo effettivo ed attuale ap por104 tato dal singol o all'esistenza ed al rafforza mento dell'entità associati va nel suo complesso, in f unzione della realizzazione degli scopi dell'organ izzazione criminale attra verso i metodi che sono propri di essa. La giurisprudenza della Cassazione ha, invero, stabilito il principio della centr alità del contributo pres tato dal sog getto nella ricognizione critica dell’e sistenza o meno di detto delitto. Va ritenuto, infatti , partecipe il soggetto che fornisca un “contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, purchè detto contributo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento dell’associazione e l’agente se ne rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso” (da ultimo, Cass. SS.UU., Carnevale). Si è, quindi, affermato che “ fa parte di una associazione mafiosa chi presti un consapevole contributo alla vita del sodalizio di cui conosca le caratteristiche, sapendo di avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni di assoggettamento e di omertà che ne derivano per realizzare i fini previsti dall'ultima parte del terzo comma dell'art. 416 bis c.p.” (Cass. Sez. VI sent. n. 5649 del 1997, Dominante ed altri). Come è stato osservat o in dottrina, la condotta d el partecipe, per assumere rilevanza penale, deve potersi ricondurre ai principi di material ità e di of fensività che informa no il nostr o ordinamen to, esclud endo la illiceità di meri atteggiamenti psicologici. Pertanto la pr ova della partecipazione del singolo all'associazione di tipo ma fioso non può esa urirsi nella dimostraz ione di un'adesion e monosoggettiva di carattere form ale o ideale, ma deve estendersi alla ver ifica dell'apporto, anche minimo, 105 ma comunque non i nsignificante, a rrecato alla vita dell'associazione. Un contributo idoneo a raffor zare il sodalizio criminale, che integra la condotta tipica prevista dall'art. 416 bis c.p., è certament e ravvisabile nell'inserimento del sogg etto nell a struttura organizzativa dell'associa zione, con la r elativa assunzione di un ruolo e di talune funzioni all'i nterno della stessa. Non occo rre, i nvece, la prova che il partecipe abbia concretamente esplica to le fu nzioni assegnategli, poiché l'inserimento del sing olo nel tessuto organizzativo del sodalizio si risolve i n un rafforzam ento de ll'associazione, i cui esponenti acquistan o la possibi lità di avvalersi di quel soggetto quando sia uti le ricorrere al la sua op era (cfr. sul punto Cass. Sez. I sent. n. 13008 del 1998, secondo cui “ai fini dell'affermazione di responsabilità di taluno in ordine al reato di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, non occorre la prova che egli abbia personalmente posto in essere attività di tipo mafioso, ess endo, al contrario, sufficiente la sola sua aggregazione a un'organizzazione le cui obiettive caratteristiche siano tali da farla rientrare nelle previsioni dell'art. 416 bis c.p.”). Trattandosi di un a condotta a for m a libera, il contributo alla vita dell'associazione può consistere in un'attiv ità materiale ovvero i n un apporto morale. La soglia minima del contributo pa rtecipativo penalmente rilevante è ravvisabi le nella manifest azione di impegno, con cui il singolo mette l e propr ie ener gie a disposizione dell'orga nizzazione crimina le, am pliandone la potenzialità op erativa. Un contr ibuto partecipativo consistente nella seria manifestazione di di sponibilità in favore dell'associazione mafiosa è certament e ravvisabile nell'ipotesi in cui il soggetto abbia prestato il "giura mento" di mafia, poiché un simile atto solenne assume valore vi ncolante all'interno del sodaliz io criminoso. 106 Sul punto, l a Suprema Corte (Cass. Sez. IV sent. n. 2040 del 1996, Brusca) ha affermato che “nell'assunzione del la qualifica di uomo d'onore - significativa non già di una semplice adesione morale, ma addirittura di una formale applicazione alla cosca mercé apposito rito (la cosiddetta "legalizzazione") - va ravvisata non soltanto l'accertata "appartenenza" alla mafia, nel senso letterale del personale inserimento in un organismo collettivo, specificamente contraddistinto, cui l'associato viene ad appartenere sotto il profilo della totale soggezione alle sue regole ed ai suoi comandi, ma altresì la prova del contributo causale che, seppur mancante nel c aso della semplice adesione non impegnativa, è immanente, invece, nell'o bbligo solenne di prestare ogni propria disponibilità al servizio della cosca accrescendo così la potenzialità operativa e la capacità di inserimento subdolo e violento nel tessuto sociale anche mercé l'aumento numerico dei suoi membri”. L'avvenuta affiliazione r ituale dimostra la partecipazione d el soggetto all'associazio ne di tipo mafioso indipendentemente dall'attività in seguito concretamente svolta, ed anche qualora egli successivamente non abbia occasione di esplica re specifiche mansi oni (cf r. Cass. Sez. I sent. n. 4148 del 1994, ric. Di Martino, secondo cui “ l'affiliazione a "Cosa Nostra", data la natura totalizzante di tale organizzazione, implica necessariamente l'eff ettivo far parte della medesima con accettazione delle su e rego le e finalità al fine di ampliarne la sfera di influenza e di favorirne la realizzazione delittuosa con la permanente messa a disposizione della propria attività: conseguentemente per l'integrazione della fattispecie associativa di cui all'art. 416 bis c.p. non occorre che ogni partecipe si renda protagonista di specifici atti delittuosi attraverso i quali il sodalizio raggiunge i suoi scopi”). D'altra parte, la mancanza di una rituale affiliazione, e la stessa ci rcostanza ch e, secondo le regole proprie del sodalizio, il soggetto non sia d a considerare un assoc iato a pieno 107 titolo, non escludono la configura bilità della condotta ass ociativa. In proposito, la Suprema Cor te (Cass. sent. n. 1130 7 del 1993, ric. Sa ntoriello) ha rilevato che “in tema di reati di associazione è del tutto irrilevante, ai fini del riconoscimento o meno dell'intervenuta adesione di taluno al sodalizio criminoso, il fatto che, secondo le regole proprie di quest'ultimo, il soggetto non sia da considerare un associato a pieno titolo, dovendosi invece aver riguardo soltanto all'obiettività della sua condotta, onde verificare se essa sia o meno rivelatrice, alla stregua della logica e della comune esperienza, di una adesione che, nei fatti, si sia comunque realizzata” (v. anche Cass. Sez. I sent. n. 4355 del 1994, ric. Costantino, secondo cui "ai fini della sussistenza del reato di partecipazione ad associazione criminosa di tipo mafioso non bisogna avere riguardo alle modalità di organizzazione interna del gruppo criminoso, ma valutare sotto un profilo esterno e con riferimento a regole di esperienza e non alle regole del sodalizio, se sussista, o non, la partecipazione diretta nel gruppo, in base ai rapporti che sussistono fra i vari soggetti, e l'attività a favore del gruppo, nella consapevolezza della sua esistenza, da parte del soggetto indagato, seppure qualificato come esterno"). Tale princi pio ha assun to ancor a maggiore rilevanza in considerazio ne dell ’evoluzione nel tem po delle regole di “cosa nostra”, la quale, al fine di contrasta re il fenomeno delle collaborazioni di giu stizia, sin da gli iniz i degli anni 90’ ha limit ato al massim o il ricor so alle procedure di forma le af filiazione per evitare un’ eccessiva circolazione di notizie al suo interno. Anche da tale fenomeno discende l’ affermazione della centralità del contributo in f unzione della sua idoneità causale r ispetto al l’evento giuridico. E’ stato inf atti eviden ziato che "la condotta di partecipazione all'associazione per delinquere di cui all'art. 416 bis c.p. è a forma libera, nel senso che il comportamento del partecipe può 108 realizzarsi in forme e contenuti diversi, purché si traduca in un contributo non marginale ma apprezzabile alla realizzazione degli scopi dell'o rganismo: in questo modo, infatti, si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice, qualunque sia il ruolo assunto dall'agente nell'ambito dell'associazione; ne consegue che la condotta del partecipe può risultare variegata, differenziata, ovvero assumere connotazioni diverse, indipendenti da un formale atto di inserimento nel sodalizio, sicché egli può anche non avere la conoscenza dei capi o degli altri affiliati essendo su fficiente che, anche in modo non rituale, di fatto si inserisca nel grup po per realizzarne gli scopi, con la consapevolezza che il risultato viene perseguito con l'utilizzazione di metodi mafiosi" (Cass. Sez. II sent. n. 4976 del 1997, ric. P. M. e Accar do; v. anche Cass. Sez . I sent. n . 482 del 1989, ri c. Stabile, secondo cui “la fattispecie della partecipazione all'associazione di tipo mafioso è a forma libera, perché il legislatore non descrive in modo particolare la condotta tipica, enunciandone le note che valgono a caratterizzarle, ma si limita ad affermare che commette il reato "chiunque ne fa parte". Ne deriva che la condotta di partecipazione, che può assumere forme e contenuto variabili, consiste sul piano oggettivo nel contributo, purché apprezzabile e concreto, sul piano criminoso e quindi nella realizzazione dell'offesa tipica agli interessi tutelati dalla norma incriminatrice, qualunque sia il ruolo che l'agente svolga nell'ambito associativo”). L'adesione all'associazi one di tipo mafioso può, conseguentemente, desu mersi da facta conclu dentia, cioè da comporta menti, del più var io contenuto, che arrechino un apprezzabile contributo alla vita dell'o rganizzazione criminosa, ponendosi come con cause dell'evento giur idico del r eato, e denotino la presenza dell'affectio societatis. In dottrina si è evidenzia to che l 'af fectio societatis è di certo ravvisabile nelle ipotesi in cui la condotta del soggetto integr i 109 un cont ributo (si a pure m inimo) all'esistenza d ell'ente associativo, abbia carattere continuativo e risponda preva lentemente agli inter essi del sodalizio, in assenza di un apprezz abile movente a utonomo; peraltr o, a nche una condotta avente carattere epi sodico e rispondente prevalentemente ad un autonomo interesse proprio del soggetto potrà qua lificar si come partecipazione al reato associativo, qualora a rrechi alla vita dell'organizzaz ione d elittu osa un sif fatto tipo di contrib uto. E’ stato, infatti, chi arito che “ai fini della configurabilità del reato di partecipazione ad associazione mafiosa, non è sempre necessario che il vincolo associativo fra il singolo e l'organizzazione si instauri nella prospettiva di una sua futura permanenza a tempo indeterminato nell'associazione, ben potendosi configurare forme di partecipazione destinate a una durata limitata nel tempo e caratterizzate da una finalità che, oltre a comprendere l'obiettivo vantaggio del sodalizio criminoso, coinvolga anche il perse guimento da parte del singolo partecipe di vantaggi ulteriori, suoi personali, rispetto ai quali il vincolo associativo può assumere anche, nella prospettiva del soggetto, una funzione meramente strumentale” (Cass. Sez. VI sent. n. 5649 del 1997, ric. Domi nante ed altri; v. pur e Cass. Sez. VI sent. n. 36851 del 1998, ric. Cortes, secondo cui “ai fini della configurabilità del reato di partecipazione a un'associazione per delinquere comune o di tipo mafioso, non è necessario che il vincolo tra il singolo e l'organizzazione si protragga per una certa durata, ben potendo, al contrario, ravvisarsi il reato anche in una partecipazione di breve periodo”). Occorre, evidentemente, che il "p artecipe di f atto" sia accettato da gli altri membri del sodalizio, ma l'accettaz ione può desumersi, oltre ch e da un formale riconoscimento r ispondente alle regole interne dell'associazione , anche da fatti concluden ti: è quin di sufficiente l'accettazione o l'effettivo sfruttamento, da parte degli altri a derenti all'or ganizzazione, del contr ibuto che il soggetto si è impegnato a pres tare. 110 Secondo il consolid ato orienta mento della giurisprudenza, l'elemento soggetti vo del reato di cui all'art. 416 bis c.p. è rappresen tato dal dolo specifico, ca ratterizzato dalla cosciente volon tà di part ecipar e all'associazione di tip o mafioso con il fine di rea lizzarne il par ticolar e programma e con la per manente consapevol ezza di ciascun associato di far parte del sodalizio criminoso e di essere disponibile ad operare per l'attuazi one del comu ne programma delinquenziale con q ualsivoglia condotta i donea alla conservazione ovvero al raff orzamento della struttura a ssociativa (Cass. Sez. I sent. n. 2348 del 1994, ric. Clementi). Si tratta di un delitto a dolo specif ico, poiché la condotta tipica presen ta una essenziale p roiezione teleologica verso finalità, l a cui compiuta realizzazione si colloca oltre il momento con sumati vo del reato. In merito alla struttur a della fattispecie delittuosa , la Suprema C orte (Cass. Sez . I sent. n. 1 2358 de l 1990, r ic. Aglieri ed altri) ha chiarito che il reato di partecipa zione ad associa zione per delinque re, anche di sta mpo mafioso, è monosoggettivo, essendo costituito da lla condotta della singola per sona che entra a far parte del so dalizio; la partecipazione, quindi, di per sé no n dà luogo ad una figura di concorso, essendo possibile, come si dirà di qui a breve, solo un concorso eventuale. Va, ulteriormente , rilevato che le fattispecie di reato di cui all’odierno processo presuppongono l’esistenza dell’asso ciazio ne mafiosa “cosa nostra”, dato questo incontrovertibile, in quanto accer tato at traverso numerose sente nze definitive rese ne ll’ambito di svariati pr ocedimenti penali aventi ad ogg etto fatti delittuosi gravissimi, più o m eno recenti, r icondu cibili alla suddetta medesima matrice associativa (cfr., tra le prime, la sentenza della Suprema Corte di Cassazion e, S ezione prima penale, in data 30.1.1992, nel 111 procedimento contro Abbate Giovanni ed altri, c d. primo maxi-processo). Nell’ambi to del presente processo, inoltre, il P.M. ha pr odotto agli atti varie sentenze, passate in autorità di cosa giudicata, che dimostrano l’esistenza e l’oper atività di “cosa nostra” in Sicilia. Da ciò discende che, nell’affr ontar e le singole posizioni d egli imputati, può sicuramente d arsi per dim ostrat a, i n mo do tanto certo qu anto incontrovertibile, l’esistenza e l’operatività della suddetta associazione, le cui caratteristiche ed i cui metodi operativi sono s tati accerta ti, in modo definitivo, attraverso un ventennio di sentenz e passate in giudicato. Di seguito, in un ap posito capitolo della presente sentenza, si è te ntato di ricostruire, in modo necessariamente sintetico, le suddet te caratteri stiche, per cui si rimanda all a lettura di detta parte del la motivazione al fine di delineare i tra tti peculiari d i tale specifica organizzazione. Le aggrav anti di cui ai commi IV e VI dell’art. 416 bis c.p. Per quanto attiene alla ricorrenza dell’aggra vante di cui al comma IV dell’art. 416 bis c.p., l’a ssociazione di stampo mafioso denominata “cosa nostra” (come si è già avuto modo di dire) c ostitu isce il paradigm a tipico del reato in contestazione che è st ato i ntrodotto proprio per sanzionare penalmente questo specifico feno meno associativo. Essa è, per definizi one, munita di quei caratteri e requisiti che il legislatore ha trasfuso nella formulaz ione normativa quali elementi costitu tivi del reato di associazione di tipo mafioso. Di talchè, di scuter e oggi se Cosa Nostra sia o meno caratt erizzata da ll’uso della “forza di intimidazione del vinc olo associativo” dal quale derivi “una condizione d i assoggettamento e di omertà” o se essa sia finalizzata agli scop i crimina li ti112 pizzati nel dettato normativo, appare quanto meno fuori lu ogo e pleo nastico. Essa, per così dire, non corrisponde solamente al pa radigm a normativo ma rappr esenta il fenomeno storic o e sociale che a questo ha dato luogo. La partecipazione a tale particolare sodalizio, per tanto, comporta la neces saria sussistenza degli elementi obiett ivi del reato in contestazion e così come di quelli soggettivi. A ben vedere, infa tti, la dif fusione delle molteplici acquis izioni giudiziarie e delle notizie di cronaca re lative alla vita ed all’attività di cosa nostra è stata tale almeno negli ultimi venti anni che nessuno può seriamente sostenere di non conoscerne l’esistenza, le modalità op erative e gli scopi illeciti. Ciò compo rta che l’aderire sotto q ualunque forma a tale associazion e fornendo in suo favore un contributo significativo e rilevante rappr esenta una consapevole forma di accettazione delle regole e di condiv isione delle finalità di cosa nostra. Ai fini del la confi gurabi lità del reato di cui all’art.416 bis c.p., in fatti, non è necessario, perc hé si re alizzi la c ondizione di partecipazione dei singoli associati, che siano effettivamente ragg iunti u no o più di quegli scopi a lterna tivamente previsti dalla norma. Né è necessario dimostrare che cia scuno d ei compartecipi utilizzi in concreto la forza di intimidazione ovve ro consegua per sé o per al tri un profitto ad un vantaggio economico - patrimonial e. Ciascuna condotta può, infatti, assumere for me e contenuti diversi e variabili e non deve necessariamente integrare da sola tu tti i parametri del dato normativo; ciò che conta, al contrario , è che essa con sista in un effettivo contributo - apprezzabile e concreto sul piano causale - all’ esiste nza od al rafforzam ento dell’associazione stessa che dei s uperiori parametri è certamente dotata. 113 Sulla scorta di u n anal ogo per corso logico e giuridico, la giurispruden za di l egittimità ha introdotto il principio della comunicabil ità dell’ aggravante del possesso o dell’uso delle armi (comma IV) anche ai compa rtecipi non armati. Sin dall e pri me pr onuncie in materia successive a lla L . n.19/90 (Cass. Sez.V I, 6.12.94, Imerti; sez.I, 30.1.92, Al- tadonna, Sez. II, 15.4.9 4, Matrone) la Cassazione ha, infatti, stabilito ch e “l’aggravante prevista dall’art.416 bis comma quarto c.p. si comunica ai compartecipi dell’associazione criminosa solo se essi ne abbiano conoscenza o la ignorino colpevolmente o la ritengano inesistente per errore determinato da colpa. La prova di tale conoscenza o conoscibilità ...può essere fornita anche per deduzioni logiche sulla base del materiale probatorio acquisito”. A partir e dalla pronuncia della Sez . I del 18 aprile 1995 (ric. Farinella), la S.C. ha fissato un ulteriore principio prop rio in relazione all a tip icità dell’ associazione cosa nostra: “con riferimento alla stabile dotazione di armi della organizzazione mafiosa denominata Cosa Nostra può ritenersi che la circostanza costituisca fatto notorio non ignorabile”. Ed ancora si v. Cass. sez. I n. 130 08 del 28.9. 98, cit.: “in tema di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, la circostanza aggravante prevista dall’art. 416 bis, comma quarto, cod. pen., è configurabile a carico di ogni partecipe che sia consapevole del pos sesso di armi da parte degli associati o lo ignori per colpa” (fattispecie r elativa all’associazione per delinquere di stamp o mafioso denominata “cosa nostra”, in rif erimento alla quale la S.C. ha affermato che , data la sua stabile dotazi one di arm i, questa costituisca fatto notorio non ignorabil e). Tale orientamento dei g iudici di legittimità – ribadito nel co rso degli ultimi an ni dalla Cassazione e pienam ente condiviso dal Collegio - porta a ritenere certamente sussistente anc he 114 nei casi di specie l’aggravante di cui al IV comma dell’art.416 bis c.p.. Alla stessa stregua, il Collegio ritiene che nel caso di specie siano emersi specifici e plurimi r ife rimenti che consentano di accertare la sussistenz a anche dell’aggravante di cui al VI comma dell’art. 416 bis c.p. . Per un verso, i nfatti, è altrettanto notorio che gli enormi capitali pr ovento dalle attività tra dizionali di “cosa nostr a” (estorsioni , traffico di stu pefacenti et c. etc.) sono stati da questa reinvest iti in diversi settor i economici in Italia ed all’estero. Sin dall’in troduz ione della legislazione in mater ia di misure di prevenzione antima fia (legge R ognoni-La Torre) l’azione della magistratura è sta ta indirizzata proprio all’individuazi one, al sequestro ed alla confisca di tutti quei beni mobili ed imm obili, aziende e società opera nti nei più disparati settori economici che hanno cos tituito il reimpiego degli ing enti capitali frutto delle attività tipiche dell’organizzaz ione c osa nostra. Come, peraltro, si evidenzia nel capitolo apposito della p resente motivazione, tale capacità di inquinamento del tessuto economico ed imprenditoriale costituisce una delle caratteristiche peculiari prop rio di “cosa nostra”. La vicenda delle imprese di Michele Aiello, per molti aspetti, né è una ripro va specifica nella misura in cui dimostra come l’operatività di “imprenditor i-clienti” legati a “cosa nostra” da quello che la giur isprud enza ha d efinito un tipico “patto di protezion e” costituisca una forma di inquinamento del libe ro mercato e della vita economica. Se, infatti, una iniziativa economica può espandersi e produrre mag giori r edditi proprio per l’inserimento del suo titolare nell’organizzazione maf iosa ovvero per l’esistenza di un simile accordo di protezione, si realizza quel condizionamento 115 di ampi settori dell’at tività impr enditoriale che rappresenta una delle carat teristiche intrinseche di “cosa nost ra”. Tali ini ziative imprendito riali, invero, risultano realm ente f avorite da qu elle con dizioni di assoggettame nto e da quelle penetrant i e variegate for me di infiltrazione nel tessuto economico e sociale riferib ili all’orga nizzazione mafiosa ed ai suoi esponenti. Di talchè risult a evidente che, a questo punto, sono le imp rese stesse e la ricch ezza tramite esse creata che vanno ritenuti il frutto del vincolo associat ivo e quindi dell’attività illecita, indipendentemen te da origina rie o sopravvenute situazioni di riciclagg io di proventi di a ltri delitti scopo. La fattispecie del con corso ester no in associazi one mafiosa La disamina in diritto della complessa fattispecie del c.d. concorso esterno nel reato di a ssociazione per d elinquere di tipo mafios o non può ch e prendere le mosse dalla assunta decisione dal le Sezioni Unite con la sentenza DEMITR Y del 1994 (c.c. 5 ottobre 1994, deposito 28 dicembre 1994). Ed invero, detta grande tazione pronuncia ha rappresentato elabo razion e della materia, che comprende per completezz a percio ' come sia per la mole di argomenti, e prima di trat- ben si d ebba costituire il documento di partenza p er una ricognizione, sia pure di sintesi degli orientamen ti dottrinali e giur isprudenz iali successivi, compresi quelli piu' recenti. Nell'affe rmare il principio corso esterno nel stampo mafioso, la della configurabilita' S.C. ha sottolineato tuale materiale, nel senso che il apporto con- reato di associazione per delinquere di ruoli tra il pa rtecip e al l'associazione cui del la e il concorrente even- primo e' colui quot idiano, o comunque assiduo, 116 diver sita' dei senza il l'associaz io- ne non raggiung e la dovuta i suoi speditezza; scopi o non li raggiunge con e', insomma colui che agisce nella "fisiologia", della vi ta corr ente dell'associazione, mentre il secondo e', per defin izione, colui che non vuol f ar par- te dell'a ssocia zione e che l'associazione non chiama "a far parte", ma al quale temporanei un deter minato nel in momento in si cui rivolge sia ruolo la "fisiologia" in fibr illazi one, attrav ersando una per essere superata, per richiede colmare sia, vuoti soprattutto, dell'associazione entra f ase "pat ologica" il contributo che, temporaneo, limitato anch e ad un unico interv ento, di un esterno; somma e' il in- sog getto che occupa uno spazio pr oprio nei momenti di emergenza della vita associativa. Con tale decisione son o sta te disa ttese le tesi sostenute in diverse sentenze delle se zioni sez. I, 13.06.1987; CLEMENTI, sez. 18.05.1994; DELLA semplici (v. ad es. CILL ARI, ABBATE, I, sez. 27.0 6.1994; CORTE, sez. I, 27.06.1994; MATTINA, sez . I, 03.06.1994), le I, quali - con argomenti sostanzialmente simili – avevano sostenuto che non vi sar ebbero ragioni per differenziare la condotta materiale del co ncorrente eventuale rispetto a quella di partecipazio ne. Secondo le Sezion i identificabile con Un ite il il concorrente eventuale partecipe, in quanto l'atteggiamento psicologico ponibili alla condotta ed di “la non e' condotta e quest'ultimo non sono sovrap- all'atteggiamento psicologico del concorrente eventuale”. L'element o dalla tip ica materiale del reato associativo e' costituito condotta di partecip azione, che com porta la stabile per manenz a del vincolo e, quindi si realizza nell 'essere associativo e sentirsi tra parte gli autori dell'asso- ciazione, in essa "stabilmente inca rdinati". Il concorren te eventu ale non e' colui che pone condotta tipica della in essere la par tecipazione, ma una diversa 117 condotta atipica che, per esse re rilevante “deve contri- buire - atipicamente - alla realizzazione della condotta tipica posta in essere da altri”. Tale condotta atipica e' qualificata come concorrente dal fatto ch e si estrin seca ponendo <<a disposizione>> dei partecipi ma <<il pr oprio contrib uto>>, non <<stabile>>, <<circoscritto nel tempo>>, pur essendo tale da <<consentire agli altri di continuare a dar vita alla condotta tipica, alla stabil e perm anenza del vincolo>>. Quanto all 'atteg giamento psicologico, osservano le Sezioni Unite nella senten za Demitry che, se quello del esprime “la volonta' di far parte dell'associazione, volonta' di contribuire alla realizzazione ci oe', di col ui che con la degli scopi di es- sa”, l'atteggi amento psi cologic o d el concorrente (e partecipe eventuale “vuole dare un contributo senza far parte dell'associazione… offre, da' una condotta atipica perche' mette a disposizione non il suo voler far parte, il suo incardinarsi stabilmente nell'associazione, sebbene il suo porto staccato, l'organizzazione atipica avulso, ....” ) finalizz ata za un animus a e' indipendente quello dalla che permea ap- stabilita' della condotta fornire l'ap porto or ora descritto, se n- p arteci pativo, ma “con la volontaria consa- pevolezza che la... sua azione contribuisce all'ulteriore realizzazione degli scopi della societas sceleris”. Sempre in base ai pri ncipi fissati nella sentenza Demitry, inoltre, n on può pretendersi debba po sseder e lo stesso che dolo il concorrente esterno di colui che fa parte del- l'associazione, ossia i l d olo specifico, (la volonta' di reali zzare i fini propri dell'associazione). A parte il d ato, acquisito dalla dottrina piu' autorevole proposto "anche da r ecenti contributi sul (ri- dolo specifico studiato nelle vari e categorie di reati") secondo il quale “si puo' avere specifico", concors o essendo con dolo sufficient e 118 generico che il in un reato a dolo concorr ente abbia “la consapevolezza che altri fa parte e ha voglia di far parte della associazione e agisce con la volonta' di perseguirne i fini”, le due forme di dolo (quelle del partecipe e quella del concorrente ) non sarebbero sovrapponibili. Infatti, il concorrente potrebbe, al contrario pe, del parteci- “disinteressarsi della strategia complessiva (dell'asso- ciazione), degli obiettivi che la stessa si propone di pe rse- guire”. Ma po trebbe anche averli presenti, senza che questo quid pluris faccia m utare il ru olo dell'esterno, che non fa parte o non vuole o non e' ri chiesto come socio. La sua condo tta si lim ita, secondo le SS.UU., a “contribuire alle fortune dell'associazione”. Tali con siderazioni il S.C. ha fissato sia con riferimento al concorso morale che a quello materiale, con ciò superando anche la cd. tesi in termedia, che f iniva con l’ammettere solo il co ncorso event uale m orale m a non quello materiale. Se, invero, va r itenuto amm issibile il concorso morale a titolo di dolo specifi co non si può escludere – secondo la sen- tenza Dem itry - che anc he il concorso materiale si a concepibile a tale titolo psicol ogico. Anzi, a ben vedere, il dolo (morale o materiale) spec ifico si diff erenzierebbe del concorrente da quello del par- tecipe perche' l'og getto del primo sarebbe carente d'una parte cons istente dell'oggetto del secondo: la volonta' di far parte dell' associ azione. Residuerebbe cosi' solo l a possibilita' di concorrere volendo fornire un contributo alla realizzazione << degli scopi dell'associazione>>. Alla luce di tale criteri o si capirebbe anche per che' il con- corrente potrebbe po rre in esser e condotte che potrebbero integrare anche il delitto di favoreggiamento aggravato ex art. 7 d.l. n. 152 del 1991 (conv. nella 1991). 119 legge n. 2 03 del Si trattera ' solo di accertare se, in concreto, quel delitto rilevi ex se oppure se esso contrib uisca <<alla stabilita' de l vincolo associativo e al perseguim ento degli scopi dell'associazione>>. La sentenza Dem itry, inoltre, cerca zione epistemologi ca della dif ficolta' di fornire una spiega- - propria della giuri- sprudenza - di pervenire alla piena ammissione del concor- so esterno materiale. La ragion e risie derebb e nell' esistenza di un maggior distac- co tra la posizio ne dell'esterno concorrente sul piano morale ri spetto dotta al suo materiale: pari che concorre att raverso qu est'ultima, una per il f atto di costitui re conun appoggio all e attivit a' di parte cipazione, si porrebbe con queste in r apporto di immediatezza, e, pertanto, di possib ile confus ione. Gia' l'uso del criter io di tempora neita' del contributo pe r- metterebbe di tale risultato ra vvisar ne si con evidenza la diversita', ma a potrebbe pervenire anche a ttraverso una migliore messa a punto dei confini tra le due figure astratte. La m otivaz ione respi nge poi la tesi in base alla qua le ne l- l'art. 418 cod. pen. ti) l'espressione <<al (che di p unisce fuori l'assistenza agli associa- dei casi di concorso nel rea - to>> debba essere in teso come sinonimo d i <<concorso necessario> > e non anche come di concorso eventuale (ex art. 110 cod. p en.). Infine, la motivazione pa ssa a meglio delimitare quella con- tiguita' gi a' affermata tra le due condotte materiali in esame (partecipaz ione e concor so materia le). Il distin guo consisterebbe nel ricorso ad un apporto te mporaneo (anche consist ente in un solo int ervento) allo scopo di riportare l'associazione significa che il concorrente alla sua normalita'. Cio' potrebbe intervenire - ove ri- chiesto dall' associ azione - o in una temporanea scopertur a di ruolo (“temporanei vuoti in un determinato ruolo”) o in un 120 momento di patolo gica fi brillazione dell'organismo associati- vo (come nel caso dell'aggiustamento di un pr ocesso relativo ai com ponenti dell 'associazione). La finali ta' sar ebbe q uella di mantenere in vita il soda lizio criminoso. In altre parol e rente eventu ale lo "spazio" materia le appare proprio essere genza nella vita dell'associazione e non del quello lo concor- dell'em er- spazio della "normalita'", occupa bile da uno degli ass ociati. L'anormal ita', la patologia puo' esigere anche un contr ibuto che, pu r restando episodico, unico, consente “all'as- sociazione di mantenersi in vita, anche solo in un determinato settore, onde poter perseguire i propri scopi”. La sentenza Demitry ha costituito un sicuro punto di riferimento nella giurisprudenza, attira ndo, tuttavia, molte critiche e manifest azioni di dissenso nella dot trina. Il punctum dolen s principale è sempre stato costituito dalla ritenuta inco mpatib ilita' generale tra le norm e sul concorso di perso ne (art. 110 segg. e c.p.) e le figure del reato necessariamente plurisoggettivo. Secondo l e voci criti che, la sentenza Demitry non avrebbe superato il nodo della suddetta incompatibilità, soprattut to in considerazione del principio di tassatività, in fattispeci e (come quelle associative) dotate di scarsa ef ficacia descrit- tiva. Il rischi o di in correr e in a ree di indeterminatezza della fattispecie, secondo la critica, diventerebbe assai consistente specie quando si tratta di identificare un "concor rente even- tuale" i n una condotta di "pa rtecipazione" in u na cond otta cio e' ad associazione, la cui definizione e' considerata spesso tautolog ica. Oltre a ciò, le criti che sono state fondate sulle incompat i- bilita' e strutturali t ra la condotta associ ativa la nor- mativa sul con corso di per sone, nonché sulla difficile conci- 121 liabilità della co mpartecipazione ad un delitto permanente che non sia essa stessa permanente. Anche sotto il prof ilo dell'elemento soggettivo del rea to, la soluzione data dalla sentenza Demitry è stata ritenuta non soddisfacente: solo per il concorrente esterno l'oggetto del do lo puo' non est endersi a tutte le circosta nze comprese nella fattispecie incriminat rice, ma il dolo addirittura non puo' comprendere gli eleme nti essenziali del r eato, e cioe' "l'affectio" e' di fficile ed il conseguimento dei fini sociali, sicche' c ontestare zioni Unite, manca che, al nella ricostruzione concorrente esterno delle anche Seuna parte del dolo generico tipico del fatto associativo e cioe' la volonta' di associ arsi, di entrare nell'orga nizzazione. Ulteriori critiche sono state mosse alle SS.UU. sia per ciò che attiene al raffronto con le cond ot te dei soggetti 307/418 esterni agevolatrici rea lizzate all'associazione criminosa (art. c.p. e ar t. 7 d.l. 152/91, (ed anche art. 378, com- ma 2 e 416 ter c.p.) che in relazione alla difficile individuazione del l'anti nomia "fisiologia /patologia della vita as- sociativa ". La giurispruden za di l egittimità e di merito, invece, si e' pressoche' un iformata ai contenuti e ai principi espressi nella pronunci a delle Sezioni Unite del 1994, senza (se si eccettua la sen tenza VILLECCO) compiere alcuna rielabora- zione dei medesimi. A titolo di esempio possono (sez. VI, 27.0 3.1995 ), MANNINO (SS.UU., 13.06.1997), 25.06.1999), (sez. SIBILLA MONTALTO (sez. V, CABI B (sez. V, 122 V, ALFANO 10.11.199 5), (sez. 23.04.1997), (sez. I, (sez. V, VI, NECCI 05.01.1999), TRIGIL I 06.02.2000), CANGIALOSI FRASCA (sez. I, 17.04.2002). sentenze DOMINANTE VI, 2 5.06.1999), FRASCA VI, 15.05.2000), (sez. le (sez. 27.09. 1995), (sez. VI, 07 .03.1997), CUSUMANO citar si (sez. VI, PANGALLO 22.12.2000), Il dibattito giurisprudenziale in tema di concorso esterno e' stato riaperto a seguito della sentenza VILLECC O (sez. VI, c.c. del 21.09.2000 , deposito del 23.01.2001), mossa da l dichiarato intento di verificar e la "tenuta" della DEMITRY. La senten za e' cosi' massimata (218330): “In tema di associazione per delinquere di tipo mafioso (art. 416 "bis" cod . 115 cod. pen. esterno pen. ), il contributo disposto degli artt. 110 e preclu de o eventuale, zione nei momenti di la configurabilita' di un concorso atteso crisi o profilo oggettivo e soggettivo, che l'aiuto portato all'associa- fibrillazione la condotta integra, sotto il del "far parte" del sodalizio criminoso”. La sentenza Vil lecco ha ripreso le tesi degli indirizzi giurisprudenziali precedenti (sia quello negazionista che quello cd. intermedio che nega il solo concorso eventuale materiale), giung endo a delineare una soluzione negatoria del concorso estern o attraverso un'ipotesi basata sulla necessita' di risolv ere le aporie contenut e nella sente nza delle Se- zioni Uni te, di cui h a prospettato un ripensa mento. Le Sezioni Unite del la S.C. di Cassazione sono ritornate sul punto del con corso esterno in associazione mafiosa con la nota sentenza del 30.10.2002/21.5. 2003, ric. Carnevale. In sostanza con tale importate pr onuncia la Corte ha confer mato il prin cipio secon do il quale “in tema di associazione di tipo mafioso e' configurabile il concorso "esterno", precisazione che assume la qualita' di concorrente con la "esterno" nel reato di associazione di tipo mafioso la persona che, priva dell'affectio societatis e non essendo inserita nella tura organizzativa dell'associazione, fornisce strut- un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, purche' questo abbia vazione un'effettiva o del rilevanza causale ai fini della conser- rafforzamento dell'associazione e sia comun- que diretto alla realizzazione, anche parziale del programma criminoso della medesima”. 123 La Corte, p relimi narmen te, ha riso lto la q uestione della natura del deli tto di par tecipa zione ad associazione per de- linquere e in p artico lare a d associa zione mafiosa. Definendo inaccettabi le la tesi della natura monosoggettiva del delitto di partecipazione luno in un'associazione non (perche' l'inclusione di ta- puo' dipendere solo dalla vo- lonta' di colui che all'associazione intende aderire, m a ri- chiede anch e quella di tutti gli altri associati o di coloro che li rappresentan o), le SS.UU. hanno ritenuto che tutti i reati associati vi so no sem pre reati vale a concorso necessar io, a dire, fattispecie plurisoggettive proprie. Con la conseguenza che l'appar tenenza di taluno ad una as- sociazion e criminale dipende anche dalla volonta' di coloro che gia' partecipano all'organizzaz ione esistente. E a tal fine possono rilevare certamente le regole del sodalizio, anche se l' esistenza dell'accordo solo puo' di fatto: purch e' da fatti indicativi risultare pure di una volonta' di inclusion e del soggetto par tecipe. Non si tratta di valorizzar e esclusivamente le regole <<statutarie>> dell'associazione, ma di valutare in concreto l'effetti va volonta' deg li associati, come reato dol oso, an che quando quest a avviene volonta ' in possa ogni desu- mersi dal rispetto di regole o pra ssi criminali. Pertanto “ la necessita' di ricorrere alle norme sul concorso eventuale deriva appunto dall'esigenza di assegnare rilevanza penale anche a contributi significativi resi all'organizza- zione criminale da parte di chi non sia in essa considerato incluso dagli associati. Se il reato associativo, infatti, e' un reato a concorso necessario, la volonta' collettiva di inclusione e' determinante; ma non puo' farsene derivare l'irrilevanza penale di comportamenti significativi sul piano causale e perfettamente consapevoli”. “ L'art. 110 c.p. cons ente di assegnare rilevanza penale appunto a condotte diverse da quella tipica e cio' nondime124 no necessarie o almeno utili, strumentali alla consumazione del reato. D'altra parte le norme sul concorso di persone nel reato sono di carattere generale e come tali possono essere applicate a qualsiasi ipotesi di reato, e questo rilievo e' valido anche per le ipotesi di reato "associativo", dove il modell o legale gia' pre vede la partecipazione di piu' soggetti. Ne discende quindi che la difficolta' di applicare le norme sul concorso a quest'ultima tipologia di reati non deriva dal fatto che essi siano plurisoggettivi”. “ Certo, il c oncors o in fattispecie strutturate con model- li monosoggettivi (come il quegli aspetti furto, o l'omicidio) non presentano particolarmente problematici che si rinvengono invece quando il reato e' gia' strutturato come plurisogget- tivo, ma queste intuibili difficolta' non rendono percio' solo <<indistinguibile>> la condotta del concorrente da quella del partecipe, ne' poss ono ingen erare il sosp etto che attra- verso il meccanismo degli articoli 110 e 416 c.p. bis resti violato il principio di tassativita' o determinatezza della fattispecie penale, che costituisce uno dei fondamenti dell'ordi- namento. Si sa che tale principio e' rispettato, quando la fattispecie raggiunga il grado di determinatezza necessario e suf ficiente a consentire di individuare, ad interpreta- zione compiuta, il tipo di fatto dalla norma disciplinato. E il grado di determinatezza, nel caso dell'art. 416 bis, e' tutto sommato raggiunto, perche' il legislatore, lungi dal limitarsi a rimandare ad un generico concetto di consorteria mafiosa, individua condotte sufficientemente tipizzate (quelle di cui al primo e al secondo comma della disposizione), onde la vocazione estensiva propria della norma di cui al- l'art. 110 c.p. appare pur sempre ancorata a precisi riferimenti normativi”. Con riferimento alla presunta a tipicità dell’apporto causale del sog getto conco rrente le SS.UU. hanno stabilito che: “ nella prospettiva dell'art. 110 c.p., 125 l'apporto causale o stru- mentale del conc orrente e' per definizione atipico. E non e' possibile pretendere di tipizzare solo per il c oncorso esterno in associazione cio' che per definizione non e' tipizzabile in nessun altro caso di concorso. Questa limitazione non ha alcuna giustificazione, a meno di escluderla per tutti i reati plurisoggettivi, cio' che e' invece negato dalla dottrina e dalla giurisprudenza minoritaria. Esatta appare pertanto la tanto criticata impostazione data al problema dalla sentenza DEMITRY, come la ricerca della tipicita' della condotta del partecipe a fronte della ritenuta atipicita' della condotta concorsuale (metodo peraltro gia' anticipato nella sentenza GRACI, Sez. I, 01.09.199 4). La tipolo gia della con dotta di partecipazione e' delineata dal leg islato re parte sotto l'espressione di un'associazione di comma 1). Te nuti pr esenti tipo i mafioso" connotati ciazione mafiosa dal terz o comma 416 bis, assegnati all'asso- si 416 bis, impegna deve a u n con tributo alla vita del s odalizio, avva lendosi sapendo del fa (art. dell'art. intendersi che "fa par te" di questa chi stare "chi unque di vincolo potersi avvalere) associativo e della delle forza pr e(o di intimidazione condizioni di assoggetta- mento e di omerta' che ne deriva no per realizzare i fini previsti. Al co ntempo, l'individuazione di una espressione come " fa parte" non puo' che alludere ad una condotta che puo' assumere forme e contenuti diversi e variabili cosi' da delineare una tipica figura di reato "a forma libera", consistendo in un contributo apprezzabile e concreto, sul piano causale, al- l'esistenza o al rafforzamento dell'associazione e, quindi, alla realizzazione dell'offesa tipica agli interessi tutelati dalla norma incriminatrice. Sicche' a quel "far parte" dell'associazione, che qualifica la condotta del partecipe, non puo' attribuirsi il solo significato di condivisione meramente psicologica del programma cri126 minoso e delle relative metodiche, bensi' anche quello, piu' pregnante, di una concreta riale all'interno assunzione della struttura di un ruolo mate- criminosa, manifestato da un impegno reciproco e costante, funzionalmente struttura orientato e alla attivita' dell'organizzazione alla criminosa: il che e ' e spressione di un inserimento strutturale a tutti gli ef fetti in tale organizzazione nella quale si finisce con l'essere stabilmente incardinati. Ne de riva che, se a quel "far parte" dell'associazione si attribuisce il significato teste' detto, non puo' non affermarsi che da p unto di vista logico la situazione di chi "entra a un far parte di una organizzazione" condividendone vita e obiettivi, e quella di chi pur non entrando a farne parte ap- porta dall'esterno un contributo rilevante alla sua conservazione e al suo raf forzamento, sono chiaramente distinguibili. Non vi e' pertanto nessuna difficolta' a dare corpo giur i- dico a questa diffe renza rilevabile nella realta' utilizzando le rispettive categorie normative della partecipazione e del concorso event uale di persone nel reato, conclusione alla quale e' approdata la sentenza DE MITRY. Con la conseguenza che non coglie nel segno l'obiezione se- condo cui la ata da condotta di partecipazione, cosi' come deline- detta pronuncia (condotta tipica consistente nel "far parte", quindi – si dice - "in un essere"), si trasformerebbe in una sorta di reato di posizione, in guisa immaginabile un conco rrente esterno che che non sarebbe materialmente "contribuisce solo a far parte". Vero e' invece che la sentenza DEMITRY ha ben delineato la figura del partecipe, duandone la condotta tipica, non indivi- certamente nell'assun- zione di uno "status", ma nel contributo arrecato al sodalizio criminale da chi "e' stabilmente incardinato nella struttura associativa con determinati, continui compiti anche per settori di competenza". 127 Facendone correttamente conseguire che ben si correre zione) dall'esterno con chi sta (cioe' non puo' c on- facendo parte dell'associa- all'interno nella consumazione del reato associativo, il quale percio' resta "il medesimo reato", come esige appunto l'art. 110 c.p., e non si trasforma, come ta- luno paventa, in un reato "diverso" da quello previsto dall'art. 416 bis c.p.”. A giudizi o del S.C., inoltre, dai p rincipi fissati nella sentenza Demitry non d eriva alcuna antinomia linguistica e concet- tuale tra autor e e pa rtecip e. “Nella fattispecie tipica di parte speciale (come l'art. 416 bis) autore e partecipe coincidono: il "partecipe" e' l'autore della condotta di "partecipazione". In altre parole, come si e' acutamente osservato, il senso: in un primo senso termine "partecipe" ha un duplice (concorso eventuale) e' contrapposto all'autore; in un secondo senso (fattispecie tipica di parte speciale) si identifica con l'autore”. Né sussiston o incompatibilita' strutturali tra le due condotte in esame, posto che “la diversita' esistente, tra la struttura permanente del reato di associazione e quella del concorso eventuale, non determina affatto incompatibilita' tra le due fattispecie. L'art. 110 c.p. si affianca, nel caso di specie, ad un reato, la cui consumazione e' legata non solo all'esistenza dell'associazione, ma anche al sorgere l'of fe sa all'ordine pubblico, e nu lla e al permanere del- impedisce di considerare che il permanere di tale offesa possa essere determinata anche dall'aiuto portato da un soggetto estraneo al sodalizio, in determinati momenti della vita dell'organizzazione”. Un altro importante principio fissato dalla sentenza Carneva le è, senza dubbi o, costituito dalla non necessaria protrazione nel temp o (o addi rittur a ind efinitività) dell’apporto causale del concorrente esterno. Ed invero, secon do i Giudici di legit timità: “ ne' rio che l'apporto stesso perduri 128 per e' necessa- l'intera permanenza dell'associazione, non dovendosi, infatti, confondere l'aspetto del potenziale riconoscimento del contributo esterno in un qualunque momento della vita dell'associazione, con quell o della sua durata. Non contrasta pertanto reato associativo con la struttura permanente del il fatto che la manifestazione di volonta' cri- minosa del concorrente esterno si esaurisce nel momento della sua espressione. Del resto neanche per il partecipe e' necessario che il vincolo associativo permanenza a si instauri in prospettiva di una sua futura tempo indeterminato. vuto modo di chiarire (Sez. I, Questa Corte ha gia' a- 31.05.1995, MASTRA NTUONO) che ben p ossono , al contrario, ipotizzarsi forme di partecipazione destinate, ab origine, ad una durata limitata nel tempo”. Dalla ricogn izione cri tica della m otivazione della sentenza Carnevale si ricava, poi, una più che convincente affermazione in tema di distinguibilità di condotte descritte mediant e il loro orien tamento causa le (altr o p unto sul quale sono state avanzate critic he alla sentenza Demitry). Ed invero: “ Quanto all'obiezione, di tipizzazione causale" fondata sulla "dinamica (che sarebbe la medesima rispetto ad entrambe le figure del concorrente e del partecipante, con le consegue nze che ne sono state tratte, dianzi replicarsi che del ragionamento ad essa riportate), sottesa ad inesatta e' proprio la premessa e cioe' che condotte mediante stinguibili: il loro se orientamento cosi' fosse, il causale concorso puo' essere descritte non sarebbero di- eventuale sarebbe impossibile in tutte le fattispecie causalmente orientate, a cominciare dall'omicidio. Il vero e' che l'impostazione che muove dall'unicita' del processo causale per n egare in tali casi operativita' al concorso di persone porta all'insostenibile esito secondo cui in non avrebbe possibilita' tutti di i reati causali a forma libera esprimersi la funzione incrimina- trice dell'art. 110 c.p., poiche' sarebbe suf ficiente ripercorre129 re il processo causale per ricomprendere entro la fattispecie incriminatrice tutte le condotte rilevanti sul piano eziologico e meritevoli di pe na. Illuminante e' l'esempio che se ne fa, e cioe' il caso di colui che fornisc e la pistola all'assassino: si e' correttamente rilevato che "qui il presiede alla tipizzazione processo della condotta di causale che chi spara e di chi fornisce la pistola e' il medesimo, nondimeno il comp lice che ha dato l'arma all'esecutore materiale dell'omicidio verra' incriminato naturaliter a titolo di concorso e, soprattutto, rea- lizza una condotta che gia' sul piano causale e' pienamente distinguibile dall'altro"”. Senza dubbi o di l’orientamento notevole espr esso rilievo dalle SS.UU. appare al Collegio anche in relazione all’aspet to dell’elem ento soggettivo della presente fattis pecie. La Cassazion e, invero, dopo avere chiarito che l'elemento l'aspetto del- so ggetti vo nel reato associativo e' ca ratter izza- to dall a con sapevo lezza e dalla volonta' di associar si con lo scopo di contr ibuire alla realizzazione del progr amma del- l'associazione, ha affer mato che le due forme di dolo (quella del partecipe e quella del concorrente) non appaiono sovrapponibili, o almeno non lo sono perfettamente, cosa che consente an che per l'aspetto in esame la piena config urabilita' del c oncorso esterno. Con la sentenza Carnevale le SS.UU. hanno condiviso le conclusioni alle quali sul punto era pervenuta la pr onuncia Demitry, soffermando si, tuttavia, a r ivisitare e precisar e ulteriormente le ragioni di dir itto ad esse sottese : “Il concorrente eventuale e' l'artefice di una condotta atipica e, dunque, non potra' volere che la sua condotta e non la condotta tipica partecipe. Egli intende dare un consapevole volontario tributo, ne, e se nza quindi tuttavia in voler del con- far parte dell'associazio- modo staccato, avulso indipendente dalla stabilita' dell'organizzazione, e, sotto questo preciso angolo visuale, il suo atteggiamento psicologico e' completamente di130 verso da quello del partecipe, che invece si muove con la vo- lonta' di far stabilmente parte del sodalizio”. In sostanza, la Co rte ha ribad ito che, pur essendovi nelle due condotte pien a coi nciden za volitiva quanto all'a pporto contributivo, sussiste una diversita' d ei due atteggiamenti ps icologici, dal momento che quello del partecipe e' a rric- chito propri o dall'elemento dell'af fectio societatis, che, invece, per definizione e' estraneo all'apporto del concor rente esterno. Inoltre, come già aff ermato nella sentenza Dem itry dalle Sezioni Unite: “nella ipotesi di associazione per delinquere di stampo mafioso non e' affatto richiesto che il concorrente abbia anche la volonta' di realizzare i fini propri dell'associazione, esse ndo sufficiente che abbia la consapevolezza che altri fa parte e ha voglia di far parte dell'associazione e agisce con la volonta' di perseguirne i fini". Tuttavia, nella sentenza Carneva le la Corte ha a ggiunto e precisato che “ ciò non vuol dire che il concorrente esterno non voglia il suo contributo e non si renda conto che questo con- tributo gli zione; viene richiesto ma, semplicemente, consapevole di cio', pur per che il agevolare la associa- concorrente esterno pur consapevole di agevolare, con quel suo contributo, l'associazione, puo' disinteressarsi della strategia complessiva di quest'ultima, la stessa si propone di conseguire. concorrente esterno puo' anche avere buire alla realizzazione dei degli obiettivi che Aggiungendosi che il la volonta' di contri- fini dell'associazione, senza che questo faccia mutare il suo ruolo di esterno”. Le SS.UU., cioè, recependo in pa rte le critiche mosse al precedente arresto giurisprudenziale, hanno chiarito, con maggiore incisività, che entrambe le condotte (quella del partecipe e quella del concorrente esterno) debbono essere finalisticamente orientate verso il medesimo evento che poi è q uello tipico del reat o al quale si concorre. 131 E poiché “n el reato di associazione per delinquere l'e vento e' la sussistenza ed op erativita' del sodalizio, siccome idoneo a violare l'ordine pubblico ovvero gli altri beni giuridici tutelati dalle particolari previsioni legislative, la cui attuazione avviene attraverso la realizzazione del programma criminoso. Ne consegue - di necessita' - che non puo' postularsi la figura di un concorrente esterno, soltanto la consapevolezza nel che cui altri agire agisca sia con presente la volonta' di realizzare il programma di cui sopra. Deve, al contrario, ritenersi che il concorrente esterno e' tale quando, pur estraneo all'associazione, della quale non intende far parte, apporti un contributo che "sa" e "vuole" sia diretto alla realizzazione, magari anche parziale, del pro- gramma criminoso del sodalizio”. “La conclusione cui qui si perviene, quanto al profilo soggettivo della fattispecie concorsuale, e' che, in definitiva, il di- scrimine tra concorso e partecipazione risiede essenzialmente nel segmento dell'atteggiamento psicologico che riguarda la volonta' di far parte dell'associazione”. Affermando tale principio, dunque, la Corte ha postula to, nell'atte ggiamento psicologico del concorrente esterno, pur sempre la ricorrenza di un dolo diretto ed, in tal modo, ha superato le c ritich e avanzate alla sentenza Demitr y con riferimento a d un elemento soggettivo eterogeneo e comunque equivoco (defin ito “dolo di contribuzione o di agevolazione”). Per altro verso , la sentenza Carnevale appare est remamente significativa in quest o proce sso (in cui sono state contestate ipotesi d i favo reggiamento aggravato), in quanto ha affr ontato la tematica del concorso esterno anche in modo sistematico, raffrontandola con una serie di dotte agevolative rea lizzate norme da che colgono soggetti con- esterni all'ass o- ciazione crimi nosa: dall'art. 307 c.p. all'art. 418 c.p., dall'art. 416 ter c.p. al secondo comma dell'art. 378 c.p., f i- 132 no all'aggravante prevista all'art. 7 del d.l. 152/91 , convertito nella legge 203/91. La Corte, infatti, ha esa minato anche alcuni rilievi mossi alla sentenza D emitry e fondati sulla c onsiderazione in base alla quale l’esistenza di queste norme dimostrer ebbe come il legislatore, quando h a inteso punir e condotte di "fia ncheg- giamento" lo ha fatto introducendo specifiche nor me incri- minatrici, delle quali non vi sareb be stato bisogno se da vvero i comportamenti in q uestione fossero sta ti punibili a titolo di concorso es terno nel reato associativo. Sullo specifico punto l e SS.UU. hanno osser vato che “quanto alle disposizioni c.p., decisivo degli e' artt. il rilievo, 307/418 c.p. e 378 comma 2 piu' volte e anche di recente sottolineato dalla giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, Sez. V, 20.02.2001, CAN GIALOSI), che tali norme sono tutte pertinenti al rapporto tra l'agente e i singoli associati, senza alcuna interferenza, dunque, con la tematica del concorso eventuale, che configura una relazione tra esterno e gruppo ne l suo comples so. In particolare va osservato: a) senza (anche la necessariamente sentenza dover avvalorare la tesi di quanti DEMITRY) fanno leva sull'inciso "fuori dei casi di concorso nel reato" con cui si aprono gli artt. 307 e 418 c.p. (e pure addirittura l'art. 270 un riconoscimento ter esplicito c.p.), per ammettere del concorso esterno nel reato associativo gia' da parte del legislatore, e' da considerare che le fattispecie in esame incriminano l'aiuto a singoli associati che non puo' essere confu so, ne' svalore, ne' sul piano del fatto, con l'aiuto organizzazione: peraltro il loro ambito di sul piano del di- prestato all'intera applicazione e' li- mitato ad alcuni contributi di modesto spessore, che tale connotazione conservano anche dopo le modifiche apportate dall'art. 5 bis d.l. 18.10.2001, n. 374, convertito, con modifiche, dalla L. 15.12. 2001, n. 438; 133 b) analogo discorso va fatto per il favoreggiatore, il cui ausilio peraltro si sostanzia in una condotta di disturbo al retto funzionamento dell'amministrazione della giustizia, rivolta a favore di fatto tra taluno e gli investigatori del concorrente esterno tributo tale e nel da mutare l'inquisito, reato prestato all'organizzazione il rapporto mentre associativo criminale e di l'apporto e' il confunzionale alla realizzazione dei suoi scopi…. Infine, a negare che la previsione dell'aggravante di cui al- l'art. 7 cit. possa essere incompatibile con la configurabilita' del concorso esterno, stanno ragioni che colgono la par- ticolarita' della fattispecie. La circostanza e' incentrata infatti su di un dato esclusivamente soggettivo. Per la sua integrazione non e' quindi richiesto che lo scopo si sia concretizzato in un esito di effettivo raff orzamento (Cass. Sez. avvenga il concorso VI, 13.11. 1996, delitto ev entuale, cosi' P.M. e MANGO ). aggravato come del gia' sodalizio Quando cio' potra' affiancarsi affermato al dalla sentenza DEMITRY”. Non può sfugg ire come le superiori autorevoli precisazioni, in tema di differenz iazione delle diverse condotte integranti autonome ipotesi di reato, refluiscano sull’odierna fattispecie, nella quale gli impu tati sono chia mati a rispondere, a vario titolo, sia di partecipazi one (Aiello) che di concorso ester no in associaz ione mafi osa (Riolo) che di favoreggiamento aggravato (Cuf faro). Ovviamente, gli aspetti specifici di ciascuna condotta sar anno affront ati ed approfonditi nel pr osieguo, dovendosi limit are lo s pazio di qu esta premess a all’ indicazione dei principi di diritto ai quali il Col legio si è ispirato nella valutazione complessiva ed organica della presente fattispecie processuale. Proseguen do la disamina dei principi affermat i dalle SS.UU. della Cassazione n ella mot ivazione della sentenza Carnevale, deve agg iungersi che il Supremo Collegio si è sofferm ato an134 che sulla puntuale defi nizione dell’antinomia “fisiologia - patologia” della vita associ ativa che tanto ha colpito l’opinione pubblica e gli interpreti a seguito della sentenza Demitry. Come si è già evi denzia to, infa tti, nel tentativo di fissare il limite esterno della condotta concorsuale, mitry aveva qualificato il contributo del concorrente no c ome pertinente alla patologia la della sentenza De- ester- vita associativa, in quanto lo stesso sarebbe intervenuto in un momento di “fibrillazione” dell' ente. La sentenza Demitry , tuttavia, aveva riser vato solo pochi accenni alla pr oblematica della patologia dell'agir e associativo, tanto che l' argomento della “fibrillazione” aveva finito per assumere piu' ch e altro carattere esemplificativo e per suscitare un interesse maggiore r ispetto a lla sua reale importanza nell'econ omia del ra gionamento seguito dalle Sezioni Unite. Per esigenz e di completezza, va detto che già la successiva elaborazi one giurisprudenziale aveva precisato meglio il concetto di stato di difficolta' d el sodalizi o delinquenziale, con ciò contribuendo a chiarire il significa to al da attribuire termine “fib rillaz ione”, di per sé efficace ma metaforico e non troppo tecn ico. Si e' cosi' affermato che il concorrente esterno, consa pevole di tale situa zione, interviene per soccorrere zione in l'associa- q uanto tale (S ez. II, 13 giugno 1997, DOMINANTE) di talche' e' stato, ad esempio, r itenuto un associato este rno (Sez. I, 8 febbraio 1999, CR NOJEVIC) colui che abbia svolto, in alcune occasioni a favore della organizza zione de- linquenzi ale, la atti vita' vole di procacciatore d i risorse interp rete, fina nziarie 1999, TRO NCI), u tili per la vita ed il ovvero (Sez. di consape- VI, 2 marzo funzionam ento del- l'associazione. Insomma, occorre una "concreta idonea a contribuire mantenimento in attivita' al potenziamento, vita del sodalizio mafioso, 135 collaborativa consolidamento, in correlazione a congiunturali esigenze del medesimo" (Sez. VI, 4 settem- bre 2000, PANGA LLO). Sulla scia di dette pron unce, la giurisprude nza di legittimità anteceden te alla sen tenza Carneva le ha fissato due princip i di notevole signif icato: da non è affatto necess ario “fibrillazione”) si a la to, che tale sterno, l'associazione tro un lo che, è stato accertato che stato di difficolta' (o di senza andrebbe il soccorso inevitabilmente dall'eincon- all a sua estin zione. Per altr o verso, che non e' affatto richiesto che il contributo possa venire solo da quel soggetto e da nessun altro (Sez. V, 23.04.2002, APICELLA). Sullo specifico argom ento sono ritornate le SS.UU. con la sentenza Carnevale, precisando che “il vero problema e' invece nella qualita' individuazione idoneo a del livello di intensita' considerare il o di concorso dell'agente come concorso nel reato di associazione per delinquere. Si e' osservato a riguardo che il contributo, in quanto diretto all'associazione, non quando sia minimo o puo' che impercettibile rafforzamento del sodalizio giovare alla criminale: estende parossisticamente l'area del sempre anche conservazione o al ma in questo caso si concorso invece il contributo deve essere veramente eventuale. Se notevole, allora andrebbe apprezzato in proporzione alle dimensioni dell'associazione criminale, al grado di f un zionalita' operativa, all'intensita' del suo radicamento nel territorio sociale e analoghi parametri: dossale ch e n'organizzazione piu' con e' la conseguenza vasta, anche efficiente, ad altri qui paravincente u- criminale, piu' diventa ristretta l'area del contributo giuridicamente apprezzabile del concorrente eventuale. Tali rilievi non appaiono pero' concludenti, a ragione dell'evi- dente empirismo cui si ispirano. 136 Certo, non trare tout ogni contributo portato all'associazione puo' riencourt nello schema del concorso eventuale. Anche qui dovranno esaminarsi i luce dei principi generali letti ed interpretati dal particola- re angolo dati fattuali della condotta alla visuale imposto dalla interazione tra l'art. 110 e l'art. 416 bis c.p.. Ed allora dovra' dirsi che, se nel reato associativo il risultato della condotta tipica e' la conservazione o il rafforzamento del sodalizio illecito risultato: rafforzamento (comunque "dell'entita' complesso" o "mega-evento ra voglia chiamarsi associativa associativo" nel o tale suo anco- "dinamica organizzativo-funzionale dell'ente criminale"), qualora l'eventuale concorrente, ne llo specifico caso, possa ritenersi con sicurezza estraneo all'organizzazione sulla base di quei rilievi che su questo specifico argomento si e' avuto cura di esporre, lo stesso risultato deve esigersi condotta: con cio' si vuol dire che il contributo concorrente doneo, in esterno deve poter dalla sua richiesto al essere apprezzato come i- termini di concretezza, specificita' e rilevanza, a determinare, sotto il profilo causale, la conservazione o il rafforzamento dell'associazione. Ne deriva decisivo la circostanza che sia stata posta che in non ha essere pes o un 'atti- vita' continuativa o comunque ripetuta, ovvero un intervento occasionale e non istituzionalizzato. Si tratti di attivita' continuativa o ripetuta, si tratti invece di una singola prestazione, dovra' valutarsi esclusivamente se la pluralita' o l'unica attivita' posta in essere, per il grado di concretezza e specificita' che la distingue e per la rilevanza causale che e- sprime, possa ritenersi idonea a conseguire il risultato sopra menzionato”. Né, secon do il ragionam ento seguito dalle SS.UU., tale giudizio (cioè quello teso a dimostrare la reale incidenza di una singola con dotta o anche di piu' condotte sulle sorti di una associazi one criminale) rischia d i fondarsi su di una “proba137 tio diabolica”, poiché l'accertamento nel concorso esterno non comporta, del di per nes so causa le se', d ifficolta' maggiori di quanto puo ' compor tar e l’individuazione di un caso di condo tta interna . Secondo la sentenza Carnevale, invero, “anche sotto il profi- lo in esame, quella della configurabilita' della concorrenza esterna in un reato associativo e' pertanto una operazione interpretativa sicuramente compatibile con gli standard attuali, riconosciuti legittimi terminatezza ed de jure condito, elasticita' degli dei margini di de- istituti giuridico-penali previsti nel nostro ordinamento”. A tal proposit o, va anche aggiunto che le SS.UU., ne ll’intento dichiarato di spe cificar e meglio le caratteristiche del contributo richiesto al concorr ente esterno e dello st ato di disagio dell’asso ciazio ne, ha precisato ulteriormente che “appare tresi' evidente spettro delle che non e' riconducibile, all'interno condotte punibili di al- dello concorso eventuale, la sola "contiguita' compiacente" o "vicinanza" o "disponibilita'" nei riguardi del sodalizio o di suoi esponenti, anche di spicco, quando a siffatti atteggiamenti non si accompagnino positive attivita' che abbiano fornito uno o piu' contributi suscettibili, secondo i parametri prima accennati, di produrre un oggettivo apporto di rafforzamento o di conso- lidamento sull'associazione o anche su un suo particolare settore. Occorre, in altre parole, il compimento di specifici interventi indirizzati a questo fine. Cio' che conta, infatti, non e' la mera disponibilita' dell'esterno a conferire il contributo richiestogli dall'associazione, l'ef fettivita' di tale contributo, e cioe' che a seguito bensi' di un impulso proveniente dall'ente criminale il soggetto si e' di fatto attivato nel senso indicatogli”. In conclu sione, le S S.UU. hanno sintetizzato i principa li criteri ermeneutici da seguire, esprimendosi nei seguenti te rmi138 ni: “dalle considerazioni che prec edono deriva che sono due i limiti di configurabilita' di concorso eventuale nei reati associativi: - per un verso l'accertamento dell'inesistenza dell'affec- tio societatis e di uno stabile inserimento nella struttura associativa; - pe r altro verso , la significativa rilevanza strumentale dell'apporto reso dal concorrente esterno, nei termini oggettivi e soggettivi sopra illustrati. Sicche' la prova del concorso esterno nel reato di associazio- ne (in particolare, i riscontri individualizzanti delle distinte chiamate in correita' o in reita' dei collaboratori, attraverso la cd. "convergenza del molteplice") non puo' che riguar- dare gli elementi costitutivi della fattispecie come individuata, e deve pertanto avere per oggetto lo specifico contributo, consapevole, effettivo e causalmente idoneo recato dal con- corrente alla conservazione o al rafforzamento zione ed dell'associa- alla realizzazione della medesima”. I principi i n que stione sono stati, ancor più recentemente, riaffermati dalle Sezi oni Unite della Cassazione nella sentenza emessa il 12 luglio 2005, n.33 748, imp. Mannino, laddove si ribadisce che: “Assume...la veste di concorrente esterno il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa e privo dell’af fectio societatis (che quindi no n “ne fa parte”), fornisce tuttavia un concreto, specifi co, cons apevole e volontario contr ibuto, sempre che questo ab bia una effettiva r ilevanza causale ai fi ni della co nserva zione o del raffo rzamento delle capacità operative dell’associazione (o, p er quelle operanti su larga scala come “cosa nostra”, di un suo particolare settore e ramo di attività o articolazione territoriale) e sia comunque diret to alla realiz zazione, anche parziale, del progr amma criminoso della me desima ”. 139 Le SS.UU., dunque, nel tornare a r ibadire – ancora una volt a – l’opzione ermeneutica favorevole in linea di principio alla configurabilità d ell’au tonoma f attispecie di concorso est erno o eventua le nei reati associativi, puntualizzano alcuni aspe tti e fissano ulteriori requisiti della materia, soprattutto, come si vedrà, in tema di “patto di sca mbio politico-mafioso”. Analizzan do nel dettaglio il per corso logico ed ar gomentativo seguito dal la sente nza, va detto che le SS.UU. hanno, in via prelimina re, chiarito che, per potersi affermare il superiore principio , occorre che sussistano tutti i req uisiti strutturali che caratterizzano il nucleo centrale del concorso di persone nel reato e cioè: “da un lato, che siano realizzati, nella forma consumata o tentata, tutti gli elementi del fatto tipico di reato descritto dalla norma incriminatrice di parte speciale…… e dall’altro, che il contributo atipico del concorrente esterno, di natura materiale o morale, diverso ma operante in sinergia con quello dei partecipi interni, abbia avuto una reale efficienza causale, sia stato condizione “necessaria” per la concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la produzione dell’e vento lesivo del b ene giuridico protetto…”. “La particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta, infine, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e la volontà di interagire sinergicamente con le condotte altrui nella produzione dell’evento lesivo del “medesimo reato”. In altre parole, il concorr ente esterno, pur essendo sprovv isto dell’affectio societatis (e cioè de lla volontà di far parte del sodalizio), deve essere consapevole dei metodi e dei fini dell’associazione (a prescindere d alla condivisione, a vversione o indifferenza per siffatti metodi e f ini) e si deve rendere 140 compiutam ente conto dell’efficacia causale della sua attività di sosteg no. A tale ultimo proposito, inoltre, le SS.UU. hanno riconosciuto le difficoltà in trinseche all’accerta mento dell’effettivo nesso condizion alistico tra la condotta e la realizzazione del fatto di reato in generale. E tuttavia “ritiene il Collegio che non sia affatto sufficiente che il contributo atipico – con prognosi di mera pericolosità ex ante – sia considerato idoneo ad aumentare la probabilità o il rischio di realizzazione del fatto di reato, qualora poi, con giudizio ex post, si riveli per contro ininfluente o addirittura controproducente per la verificazione dell’evento lesivo”. “D’altra parte – continua la Corte – ferma restando l’astratta configurabilità dell’autonoma categoria del concorso eventuale “morale” in associazione mafiosa, neppure sembra consentito accedere ad un’impostazione di tipo meramente “soggettivistico” che …. autorizzi il surrettizio ed indiretto impiego della causalità psichica c.d. da “raff orzamento” dell’organizzazione criminale….”. Ed a proposito dell’affermazione in base alla quale il criterio di imputazione causale dell’evento cagionato dalla condotta concorsuale co stituisce i l pre supposto indispensa bile di tipicità della discipli na del concorso di persone nel reato e la fonte ascrittiva della resp onsabilità del singolo concor rente, secondo i l classico m odelli condizionalistico della spiegazione causale dell’e vento, le SS.UU. hanno anche fatto riferimento al progetto 2001 della Commissione Grosso ed a quello 2005 della Commissione Nordio di riforma della parte generale del codice penale. Anche in vir tù di tal e richiamo, la Corte ha posto l’acc ento sulla centralità del positivo accerta mento di un apporto causale sign ificat ivo da parte del concorrente. Venendo, poi, al caso specifico in esame – quella p articolare forma di contiguità all a mafia comunemente definita come 141 “patto di scambio politico-m afioso” – il S.C. ha preso in esa me l’ipotesi di un accordo in forza del quale un personaggio politico, sen za essere organicamente inserito come partecipe nelle logiche org anizza torie del sodalizio criminoso, s’impegni a strumentalizzare i poteri e le funzioni collegati alla s ua posizione pubblica a van taggio dello stesso sodalizio, assicurandone così, dall’ester no, l’accesso ai circuiti finanziari ed al controllo del le risorse economiche, ovvero rend endo una serie di favo ri qu ale co rrispettivo d el richiesto procacciamento di voti. Orbene, in ter mini generali, le Sezioni Unite hanno ribadito il principio i n base al quale, in un sif fatto patt o di scambio politico-mafioso, è cer tament e configurabile il concor so esterno nel reato di associaz ione d i tipo mafioso. E ciò in perfetta adesi one ai principi più volte affermat i dalla stessa Cassaz ione in numerosi procedimenti ( cfr . Sez.V, 16.3.2000, Frasca; Sez.VI 15.5.2000, Panga llo; 26.5.2001, Al legro; Sez.V, 13.11.2002, Gorgone; Sez.V, Sez.I, 25.11.2003, Cit o e Sez.I, 4. 2.2005, Micari). A tale proposito, tu ttavia, le SS. UU. hanno aggiunto: “in linea di principio non può escludersi, inf atti, per questa particolare tipologia di relazioni collusive con la mafia che anche la promessa e l’impegno del politico di attivarsi, una volta eletto, a favore della cosca mafiosa possano già integrare, di per sé, gli estremi del co ntributo atipico del concorrente eventuale nel delitto associativo, a prescindere dalle successive condotte di esecuzione de ll’accordo valutabili sotto il profilo probatorio”. “D’altra parte, la scelta legislativa di incriminare con la nuova fattispecie dell’art. 416 ter cod. pen…… l’accordo elettorale politico-mafioso in termini di scambio denaro/voti non può essere intesa come espressiva dell’intento di limitare solo a questa fattispecie l’ambito di operatività dei variegati patti collusivi in materia elettorale con un’associazione 142 mafiosa, negandosi dunque rilievo penale ad ogni altro accordo diverso da quel tipo di scambio”. “Si intende affermare che neppure un’ampia e diffusa frammentazione legislativa in autonome e tipiche fattispecie criminose dei vari casi di contiguità mafiosa….. sarebbe comunque in grado di paralizzare l’espansione operativa della clausola generale di estensione della respon sabilità per i contributi atipici ed esterni diversi da quelli analiticamente elencati…”. Dunque, l a Cassazione ha affer mato ed ammesso l’ astrat ta configurabilità dell e regole d el concorso eventual e anche per l’ipotesi di accordo politico-m afioso diverso dallo scambio denaro/voti. Tuttavia – e qui sta a giudizio del Collegio il più r ilevante elemento di novità rispetto alla precedente elaborazione giurisprudenziale – vanno fissati con nettezza i requisiti di tale fattispecie, con particolare rigua rdo al dolo ed all’efficacia causale del con tributo atipico del concorrente esterno. A tale rigu ardo le Sezioni Unite ha nno testualmente afferm ato: “non basta certamente la mera “disponibilità” o “vicinanza”, né appare sufficiente che gli impegni presi dal politico a favore dell’associazione mafiosa, per l’aff idabilità e la caratura dei protagonisti dell’accordo, per i conn otati strutturali del sodalizio criminoso, per il contesto storico di riferimento e per la specificità dei contenuti del patto, abbiano il carattere della serietà e della concretezza. Ed invero, la promessa e l’impegno del politico (ad esempio, nel campo – pure oggetto dell’imputazione – della programmazione, regolamentazione e avvio di flussi di finanziamenti o dell’aggiudicazione di appalti di opere o servizi pubblici a favore di particolari imprese) in tanto assumono veste di apporto dall’esterno alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione mafiosa, rilevanti come concorso eventuale nel reato, in quanto, all’esito della verifica probatoria ex post della loro e fficacia causale e non già mediante una mera valutazione prognostica di idoneità ex ante…, si possa sostenere 143 che, di per sé , abbiano inciso immediatamente ed effettivamente sulle capacità operative dell’organizzazione criminale, essendone derivati concreti vantaggi o utilità per la stessa o per le sue articolazioni settoriali coinvolte dall’impegno assunto”. Dunque, second o detti principi, non è suf ficiente la mera “disponibili tà o vicinanza” del politico in favore d el sodalizio mafioso ma occorre che il Gi udice accerti, attraver so una rigorosa verifica probatoria effettuat a ex post e non ex ante , che il suddetto patto politico-mafioso abbia prodotto risultati concreti i n termin i di reale raffor za mento e/o consolid amento dell’asso ciazione o di una sua ar ticolazione. Appare eviden te, pertan to, la novità metodologica in tema di criteri di val utazio ne della pr ova, costituita dal richia mo fo rte alla necessità di una ve rifica ex post dell’efficacia causal e dell’apporto forn ito dal politico che, conseguentemente, non può trad ursi in un a mer a attestazione di disponibilit à ma deve concretiz zarsi in atto positivi qualifica bili in term ini di rafforzamento d el sodalizio mafioso. Ed, a tale proposito, la Cassazione si spinge oltre: “con l’avvertenza, peraltro, che, laddove risulti indimostrata l’ef ficienza causale dell’impegno e della promessa di aiuto del politico sul piano oggettivo del potenziamento della struttura organizzativa dell’ente, non è c onsentito convertire surrettiziamente la fattispecie di concorso materiale oggetto dell’imputazione in una sorta di – apodittico ed empiricamente inafferrabile – contributo al rafforzamento dell’associazione mafiosa in chiave psicologica…”. Concluden do, infine, le SS.UU. hanno fissato il seguente principio di dir itto ch e riassume le superior i argomentazioni: “è con figurabile il concors o esterno nel reato di associazione di tipo mafioso nell’ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso, in forza del quale il personaggio politico, a fronte del richiesto appoggio dell’associazione nella competizione elettorale, s’impegna ad attivarsi una volta eletto a favore del sodalizio 144 criminoso, pur senza essere organicamente inserito in esso, a condizione che: a) gli impegni assunti dal politico, per l’affidabilità dei protagonisti dell’accordo, per i caratteri strutturali dell’associazione, per il co ntesto di riferimento e per la specificità dei contenuti, abbiano il carattere della serietà e della concretezza; b) all’esito della verifica probatoria ex post della loro efficacia causale risulti accertato, sulla base di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità, che gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per sé, a p rescindere da successive ed event uali condot te esecutive dell’accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali”. Orbene, dall’ esame critico d ella sup eriore motivazione pare di poter con cluder e che, per potersi r itenere a ccertata la pa rtecipazione a titol o di concorso ester no e/o eventuale nel reato di associazione di tipo ma fioso di un esponente politico, sia necessario dimostrare in primo luogo che, tra quest’ultim o ed i membri del sodalizio ma fioso, sia stato stipulato un patto che abbia i caratteri della serietà e della concretezza. Ciò posto, se in dipen denza di tale patto siano seguiti, da parte d ell’esponent e politico, atti concr eti esecutivi dell’acco rdo ch e abbi ano com porta to un raf forzamento delle capacità operati ve del sodalizio mafioso ovviamente deve ritenersi integrata l’i potesi criminosa in esame. Più difficolto sa, in vece, appar e, alla luce dei sopra r ichiama ti principi d i diritto fissati dalle SS.UU., la disam ina delle fattispecie nell e quali non siano emerse con evidenza probatoria condotte esecutive dell’ accordo stipulato tra il politico e gli esponenti dell’ organi zzazione. Ed invero, a tale pr oposito, la Ca ssazione, nell’enuncia re il suddetto pr incipio di diritto, ha postulato la necessaria verifica che “ gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effet145 tivamente e significativamente, di per sé, a prescindere da successiv e ed e ventuali condotte esecutive dell’accordo, sulla conservazione o sul raf forzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali”. Tale affermazione sembra, invero, puntare l’attenzione sulla rilevanza degli im pegni assunti dal l’esponente politico al fine di consentire un rafforz amento delle capacità operative del sodalizio mafi oso, anche a prescindere da successive ed eventuali condot te esecutive dell’ accordo stipulato. Al di là dell e difficoltà concr ete sul piano strettamente probatorio che derivano dal l’applicazione di tale princip io di diritto (come tale astrat to e generale), sembra potersi concluder e che anch e l’im pegno dell’uomo politico, sancito a ttraverso un patto con gli espon enti dell’orga nizzazione ma fiosa e non sfociato in successive condotte attuative dello stesso, possa ritenersi rilevante di per sé al fine di integrar e l’ipotesi delittuosa in discussione. Tale co nclusione, del resto, app ar e avvalorata da un precedente passaggio del la motivazione della sentenza Ma nnino, nel quale la Corte ha afferma to che “il politico, concorrente esterno, viene in tal modo ad interagire con i capi e i partecipi nel funzionamento dell’organizzazione criminale, che si modula in conseguenza della promessa di sostegno e di favori mediante le varie operazioni di predisposizione e allocazione di risorse umane, materiali, finanziarie e di selezione strategica degli obiettivi, più in generale di equilibrio degli assetti strutturali e di comando, derivandone l’immediato ed effettivo potenziamento dell’efficienza operativa dell’associazione mafiosa con riguardo allo specifico settore di influenza”. Va, comunque, esclu sa la rilevanza della mera “disponibilità” o “vicinanza” dell’esponente politico, anche nel caso in cui la stessa abbia ingenerato nei mem br i del sodalizio mafioso un ragionevole affid amento sulla stessa ed un potenziale incre146 mento dell’infl uenza interna all’or ganizzazione di coloro che ritengano di po ter co ntare sul soste gno del politic o. Tuttavia, può ritenersi i ntegra ta la fattispecie la ddove gli i mpegni assunti d al pol itico – e suggellati da un pa tto politicomafioso avente i caratter i della serietà e della concretezza – “abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per sé, a prescinde re da succe ssive ed eventuali condotte esecutive dell’accordo, su lla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali”. Di talchè, an che a prescindere d all’accertata commissione di atti e cond otte con crete e d attuative dell’accordo, le SS.UU. ritengono possibile l ’integrarsi della fattispecie in esame, a condizion e che, all’esito di una verifica proba toria ex post, possa affermarsi che gli impegni assunti dall’esponente politico, di per sé, “abbiano inciso immediatamente ed effettivamente sulle capacità operative dell’organizzazione criminale, essendon e derivati concreti vantaggi o utilità per la stessa o per le sue articolazioni settoriali coinvolte dall’impegno assunto”. Con specifi co riguardo all’elemento soggettivo richiesto per integrare la fattispeci e, invece, si afferma che “la particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momen ti del la rap presentazione e della volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica sia il contri buto caus ale reca t o dal proprio comportamento alla realizzazione del fat to concreto, co n la consapevolezza di interagire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produ zione dell’ evento lesivo del “medesimo reato”. E, sotto questo profilo, nei delitti associativi si esige che il concorrente esterno, pur sprovvisto dell’affectio societatis e cioè della volontà di far parte dell’associazione, sia altresì consapevole dei metodi e dei fini della stessa (a 147 prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indiffer enza per siffatti metodi e fini, che lo muovono ne l foro interno) e si renda compiutamente conto dell’efficacia causale della sua at tività di so stegno, vantaggiosa per la conservazione o il raff orzamento dell’associazione: egli “sa” e “vuole” ch e il suo contri buto sia diretto alla realizzazion e, anche pa rziale, del programma cri minoso del sodalizio ”. Va, tutta via, fatta una ulteriore e f inale notazione proprio in tema di eleme nto soggettivo del reato, aspetto della fattispecie che, invece, rileva sommamente nella valutazione cr itica che impeg na il Tribun ale in relazione alla posizione del Riolo. La Corte rego latrice nell’ambito della sentenza Mannino si è riallacciata ai pri ncipi di diritto già espr essi sempre dalle medesime SS.UU. nelle sentenze già esaminate, precisando che: “quanto al momento rappresentativo ed a quello volitivo dell’e lemento soggettivo del reato, si è già detto che il dolo deve investire sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice sia il contributo causale recato dalla propria condotta alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione mafiosa, ben sapendo e vo lendo il conc orrente esterno che il suo apporto è diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio.”. E criticando il percorso argomenta tivo della sentenza impugnata nella pa rte in cui effettuava un riferimento al dolo eventuale r itenut o poco compatibile con i suddetti presupposti del dolo così come ricostruito sulla scorta del duplice coefficiente psicol ogico (rappresentazione e volizione sia del fa tto tipico ch e dell ’efficienza causale del proprio contributo). Le superiori precisa zioni, a giudiz io del C ollegio, appaiono imprescindibili al fin e di indicare quei principi di diritto ai quali ci si in tende richi amare prima di proceder e alla rico- gnizione critica delle singole emergenze processuali. 148 Ed invero, l’analisi congiunta delle odierne contestazioni, nelle quali sono var iamente modula te le diverse forme di contributo (p arteci pazion e, conc orso e sterno, fa voreggiamento…) che un sog getto a gente può fornire ad una associazione mafiosa quale “cosa nostra”, ha imposto la necessità del sopra riferito chiarim ento pr eliminare relativo per l’appunto ai criteri ermeneutici che il Tribunale intende por re a fondamento della propria decisio ne, anche allo scopo di delineare i caratteri di ciascuna condotta e d i sgombrare il terreno da possibili equivoci interpr etativi. Il rapporto “co sa nostra” – politic a - impresa Come si accennava dianzi, all’esito della premessa in diritto sui presupposti legali, i ntrinseci e peculiari, dell’asso ciazione mafiosa in genere e di “cosa nostra ” in particolare, una delle caratteri stiche proprio di tale organizzazione è certamente costituit a, si n dalle sue origini, dalla ca pacità intr inseca di confondersi col tessuto sociale, politico ed imprenditoria le. In adesione al la presso cchè unanime opinione di storici, st udiosi e sociologi , i giudi ci che hanno esaminato tale fenomeno, attraverso le più note e rilevanti pronunce giur isprudenziali in materia (pa recchie delle q uali prodotte agli atti di questo processo), han no individuato in questa ca pacità la vera scr iminante tra “cosa nostra” siciliana e le altre forme, pur radicate e complesse, d i criminalità organizza ta. Non è certo q uesta l a sede per un’analisi del fenomeno in termini generali – col rischio di sconfinare ben ol tre i limiti intrinseci di una sentenz a penale – e non è intenzione del Collegio esporsi al r ilievo dell’eccessivo ricorso a presupposizioni ovvero a teoremi sociologici o vagamente storiografici. Tuttavia, appare d overos o sottolineare, in chiave critica ed unicamente final izzata all’apprezza mento dei fatti oggetto del presente processo, il contesto 149 complessivo nel cui alveo il rapporto tra mafia, politica ed impresa si è sviluppato ed evoluto n el corso degli ultimi tem pi. E ciò in quanto molti dei principa li accadimenti p resi in esame, nel cor so dell’odierno processo, si iscrivono, per l’appunto , all’interno di tale comp lesso rapporto che sovente è stato, vuoi per un difett o di comprensione del fenomeno vuoi intenzionalmente, equivocato. Nell’affr ontare tale com plessa problematica in modo critico ed asettico occ orre evitare di fa rsi fuorviare da falsi ed ingannevoli appro cci metodologici. La funzione del la disamina propria di una sentenza penale deve essere quella di vaglia re criticamente i fatti, i com portamenti ed i fenom eni allo scopo di renderli semplici e com prensibili a tutti e d i del ineare nettamente ciò c he costituisce soggezion e, soppo rtazio ne, accettazione consa pevole ovvero adesione rispetto all ’esistenza ed all’operato di “cosa nostra”. In tal senso, il fatto, storicamente documentato e giudizia lmente accertato, che tra la ma fia e settori im portanti della politica e del l’impresa vi sia stato e vi sia un rapporto profondo e d, in molti casi, struttura le non deve contribuire a delineare un quadr o di indifferenziata mafiosità della politica e dell’impr enditoria, sottraendo i singoli alle propr ie responsabilità penali. La verità è ch e “cosa no stra” ha , sin dalle sue or igini, stabilito un continuativo rappo rto con settori inquinati della po litica e dell’impr endito ria al lo scopo d i fare a ffari, di controllare il terr itorio e di mantenere soggiogate le forz e vive e dina miche della Sicil ia. Un siffatt o rappo rto si fonda sulla disponibilità di singole persone f isiche che si prestano per brama di potere , per avidità, per convin zione subculturale e per qualsivoglia altr a ragione squi sitamente indi viduale a sostenere “cosa nostra” ed a fare affari con ess a. 150 Sulla scorta dei recenti arresti giurisprudenziali nonché di svariati elementi di prova emersi nel corso del presente dibattiment o (si pensi, ad esempio, alle deposizioni di Angelo Siino, Antonino Giuffrè, Francesco Campanella e Salvatore Aragona) può afferma rsi che “cosa nostra”, negli anni interessati dall e presen ti indagini, ha addirittura intensificato questo rapport o tri laterale di coop erazione con esponenti politici e del mo ndo dell’impr esa. L’esisten za di tale rad icato intreccio, infat ti, ha consentito all’organ izzazione, ad esempio, di interferir e sui meccanismi di erog azione del la spesa pubblica e di gestir e in modo illecito il settore d ei pubblici a ppalti. E’ agevo le co mprend ere come tali due specifici aree di intervento rappresentino per “cosa nostra” un obiettivo ben più importante rispetto a tante altre attività delittuose tipiche, finendo per costituire un livello “alto” di operat ività che coinvolge sol o i vertici dell’organizzazione. Al di là dei traffici delit tuosi e del controllo del territorio, i nfatti, l’orien tamento dei meccanis mi della spe sa pubblica e l’influen za nel settore degli appa lti pubblici ha consentito all’organ izzazione di condizionar e alla fonte l’int era economia della reg ione, mortifi cando il liber o mercato ed accrescendo al contem po il suo ru olo di contropotere “istituzionale” . Per la crea zione ed il manteniment o di tale status quo, “cosa nostra” ha continuato a stipulare accordi espliciti e/o taciti, diretti e/ o mediati con esponenti politici ed imprenditori, l avorando alacremente alla costruz ione di una rete di interessi convergenti in g rado di governar e i processi economici ai massimi livelli. Si tratta – lo si ripet e - di un livello elevato di aff ari e relazioni che, peraltro, l’organizzazione ha difeso con la massim a attenzion e e pervicacia, non esitando ad eliminare fisicamente tutti coloro i quali vi si opponevano dall’interno o che cer- 151 cavano di disvelarne dall ’ester no i connotati me diante att ività invest igative e giudizia rie. Appartien e pr oprio alla storia giudiziaria ed alla cr onaca siciliana il dato ineludibi le degli omicidi eccellent i di uomini politici che, in vario mod o e da op posti schi eramenti, hanno cercato - d avvero e non attra verso vuoti proclami - di rompere dall’i nterno tale meccanismo. Così come altrettante vittime possono contarsi tr a quegli imprenditori che, volendo , da posizioni in verità all’ epoca assai isolate, affermare il princip io del libero mercato, hanno tentato di operare al di f uori dei meccanismi tradizionali di inquinament o del settor e dei pubblic i appalti. L’esisten za di tali relazioni strutturali con espone nti istituzionali è di certo la principale ra gione per la qua le, nonostante gli i ndubbi suc cessi conseguiti da llo Stato nel contra sto a “cosa nostra ” - tra i quali v anno se nz’altr o inseriti gli arresti dei latitanti Provenzano e Lo Piccolo – quest’ultima è tuttora attiva con tu tto il suo poter e condizi onante. “Cosa nos tra”, peraltr o, negli ultimi anni ha anche cercato di infiltrar si anco ra più profondamente nel settore politico ed in quello imprendi toriale, non limitandosi più a stabilire accordi ed a pianificare str ategie complessive con esponenti di detti settori ma, addirittura, divenendo parte attiva della politica e dell’econ omia. E’ noto, ad esempi o, come “cosa nostra”, già in un non più recente passato, abbia tenta to di costituire un proprio movimento polit ico organizzato su base regionale ed a bbia candidato suoi ade pti alle elezioni col chiaro intento di scavalcare le logiche classi che del rappor to con singoli esponenti dei partiti p olitici tradizionali. Inoltre, app are assa i rilevante quanto riferito dal collaboratore Antonino Gi uffrè e, soprattutto, dal Campanella a propos ito di tutta una seri e di candidatur e alle elezioni politiche ed amministr ative origin ate dall’interno del sodalizio mafio so. 152 In tempi recenti, dunq ue, “cosa nostra” non solo ha proseguito sulla strada della stipula di a ccordi – dir etti ovvero mediati - co n uomini po litici eletti nelle fila dei partiti ma ha anche creato del le candidature che, sin dalla loro origine, sono r isultate struttu ralmen te connotate in chiave mafiosa. E ciò in qu anto si tratta d iretta mente di candidatur e di uomini d’o nore ovvero di persone “a disposizione” dell’organizzaz ione, al le quali quest’ultima ha fornito un avallo preliminare fondato sulla stipula di precise intese alle quali dar e esec uzione all’esito dell’ elezione. In tal senso, appare assai rilevante quanto riferito dal Campanella con riguardo sia alla propria esp erienza personale che alle vicende, ad esempio, del Consiglio comunale di Villabate ch e, non ostant e i ripetuti sc ioglimenti per infiltr azioni mafiose, è risu ltato composto nella maggior parte dei casi da consiglieri espressi direttamente dalle varie componenti della famiglia mafiosa locale. Altrettan to significativo risulta, poi, il quadro ricavabile dalle convergenti d ichiarazioni del Campanella, dell’Aragona e del Giuffrè a proposi to delle recenti vicende politiche regionali e dell’esis tenza d i una r ete art icolat a di relazioni, sia dirette che mediate, tra “co sa nostra” e numerosi esponenti politici locali. I retroscena del le candid ature di va ri soggetti (ad esempio, di Domenico Miceli, di Giuseppe Acanto, di Ant onio Borzacchelli ovvero la mancata cand idatur a dell’avv. P riola), l’ esistenza d i accordi pre ventivi e trattative diret te o mediate tra esponenti di rilievo del sodalizio mafioso ed uomini politici di altrettanto rilievo in ambito istituzionale dimostrano il livello di intersecazi one tr a “cosa nost ra” e la politica locale . Altrettan to interessante risulta, poi, il mutamento delle modalità di tali rappo rti, sempr e più spesso intra ttenuti at traverso i nterme diari spen dibili ed apparentemente avulsi da 153 rapporti acclarati co n il sodalizio mafioso (qua li ad esempio lo stesso Miceli). Per altro verso, deve aggiungersi come l’organizzazione mafiosa si sia, nel corso degli anni, altrettanto impegna ta in un processo di progr essiva inf iltrazione nel settore delle imprese, vuo i cr eando proprie realtà imprenditoriali vuoi imponendosi come socio di fatto mediante prestanome in numer ose compagini societar ie, con ciò finendo per influenzare le scelte delle imp rese e per g estirle dall’ interno. Di seguito si svilupperà una analisi specifica proprio sugli arresti della gi urispru denza di legit timità in tema di rapporto tra sing oli imprendi tori ed orga nizzazione mafiosa, alla cui lettura di rimanda. Di certo si può affermar e che la posizione degli imprenditori operanti in Sicilia, di conseguenz a, è divenuta sempre più delicata, in quanto costoro non sono più esposti soltanto al rischio d i subi re estorsioni ma anche a quello, ben più grave, di venire espro priati di fatto delle loro aziende. Tale stato di cose, inoltre, rende a ncora più diff icile valutare la condo tta ed il r uolo di tali imp renditori, posto che costoro possono cont inuare a rimanere vittime della criminalità organizzata, suben done le vessazioni, ovvero divenire corresponsabil i dolosamente coscienti del rafforza mento di “cosa nostra”. L’importa nza e la centr alità per “cosa nostra” del rappor to col mondo politico e dell’impresa appare evidente attraverso la disamina cri tica dell e convergenti deposizioni del Siino, del Giuffrè, del Campanella e dell’Aragona. Costoro, invero, pur da posizioni a ssai diverse tra loro, hanno evidenziato, in m odo del tutto unanime, come l’attenzione alle dinam iche politico -imprenditor iali da par te dei v ertici locali (Guttadauro, Mandal à etc.) ovvero del v ertice assoluto (Provenzano) d el sodalizio mafioso sia stata sempre elevatissima. 154 Sia il Provenzano che i var i capi mandamento, infatti, hanno dimostrato, anche e soprattutto in tempi recenti, di avere delle vere e proprie strategie p oliti che da attuar e attrav erso la pianif icazio ne di stabili accor di – diretti ovvero media ti attraverso propri inter mediar i - con vari esponenti p olitici. A tale propo sito lo stesso Antonino Giuffrè, nel corso del suo esame dibattimenta le, ha precisato, da un’osserv atorio verticistico intern o all’ organi zzazione, che la strategia politica del Provenzano è stata fondata su quel principio della “sommer sione” di “cosa nostr a” che taluni osservatori avevano già teorizzato dall’esterno mediante analisi criminologic he. In aperta rottura con la strategia stragista messa tragic amente in atto dal Riin a, dal Bagarella e da altri corleonesi negli anni 9 0’, l’idea del Provenza no era quella del ritorno all’anonimato e d all’invisibilità di “cosa nostra”, la quale doveva continuare ad operare, come e più di prima, ma senza atti eclatanti in grado di determinare l’inevitabile reazione dello Stato. In tale dire zione, egli ha cercato di valorizzare alcuni sogge tti, tra i qual i cert amente il Guttad auro (capo del manda mento mafioso di Branca ccio), che dim ostravano una particolare capacità di instaurare rapporti sotterranei, tanto effettivi quanto scarsamente visibili, con esponenti p olitici. Attenzion e così elevata da comportare una scrupolosa valutazione delle caratt eristiche intrinseche degli uomini politici e degli intermediari che dovevano dimostrare assoluta disp onibilità e capaci tà di mediazione e di moderazione. Anche gli intermediari, infatti, dovevano rispondere a tali caratterist iche, posta l a deli catezza d el loro ruolo di tramite tra gli esponenti di “cosa nostra” e quelli del mondo politico, a lcuni dei quali preferiva no non avere rapporti diretti con la criminalità ma per l’appunto mediati da soggetti appa rentemente pul iti e spendibili. 155 Tale rapporto, poi, appare ancora più struttur ale nel settore delle piccole e medie amministraz ioni locali, nelle quali il sindaco e i con siglieri comunali sovente sono addirittura diretta espressio ne delle famiglie maf iose loca li. A tale proposi to è sufficiente ricordare quanto riferito dal Campanell a a proposito del fa tto che dietro a quasi tutti i consiglieri comu nali di Villabate vi fosse un uomo d’onore e ciò nono stante il r ecente scioglimento di quel Comune proprio per infilt razion i mafiose. Emerge con chiar ezza, i noltre, che il rappor to mafia-politica non si fonda sol o sul sostegno elettorale da parte di “cosa nostra” in favore d i questi candidat i ma, a nche e sopr attutto, sulla organizzazion e e sulla pia nificazione degli appalti pubblici e d egli a ffari. Non deve, per tanto, stupire se q ualche candidato espressione di singole articolazi oni dell’ organiz zazione possa non risult are eletto, atteso il probabile relativo ridimensionamento della capacità di condiz ionamento della pubblica op inione ed, in ogni ca so, l’elevato n umero dei ca ndidati soste nuti dalle varie compo nenti dell’o rganizzazione stessa. Ciò che assume particol are rilievo, a giudizio del Collegio, è la preventiva pianificazione di una serie di affari da compiere attraverso l’uom o politico sostenuto e, sopratt utto, l’orientamento indebito dei meccanismi della spesa pubblica, reso possibile dalla disponibilità di questi politici ed ammin istratori locali a favorir e imprese legate a “cosa nostra” sia nell’aggiudicaz ione degli appa lti che nel finanziamento di operazioni commerciali attraverso le risorse comunitarie, nazionali e regio nali (come dimostra, ad esempio, la vice nda dei centri commerciali di Villabate e Brancaccio che si vedr à di seguito). Anche attraverso la ricognizione critica delle odierne emergenze di battimentali, non vi è dubbio, invero, che il primario interesse di “cosa nostra” sia divenuto per l’appunto l’illecita 156 veicolazione dei fondi pubblici (c.d. legge 488, contratti d’area, patti ter ritori ali etc. etc.) verso iniziative economiche “gestite” direttamen te da pr opri esponenti con l’ausi lio ed il concorso interessato di politici, a mministra tori locali ed im prenditori. Nel corso del presente pr ocesso, in particolar e, è emerso con tutta e videnza ch e i vertici dell’or ganizzazione mafiosa era no interessati ad ottenere appalti per opere pubbliche e ad avere finanziat e operaz ioni speculative, ad esempio, nel settore turistico-albergh iero (si pensi, ad esempio, a lle iniziative nell’isol a di Pantelleri a) ovvero in quello dei centri commerciali e polifunzional i (Brancaccio e Villabate). Il rapporto mafia-politica, dunque, non si limita all’aspetto elettoral e ed a quello del c.d. vot o di scambio – che certamente continuano a permanere - ma si è concentra to con la massima attenz ione sulla pianifica zione sistematica di af fari da realiz zare e di appalti da orie nta re. Il primar io interesse di “cosa nostr a” oggi è, dunque, p rodurre enormi utili intercetta ndo ed or ientando, gr azie alle complicità dianzi indicate, tutti i principali flussi di spesa pubblica nel l’isol a. Ed i p iù importan ti fl ussi di spesa pubblica, come è noto, sono costitui ti dagli a ppalti p er la r ealizzazione di opere pubbliche, dal fi nanziamento di operazioni di riqualificazione del territori o e d agli invest imenti nel settore della s anità pubbl ica e privata. Quello che storicamente è sempre stato il precipuo interesse di “cos a nostra” (inserirsi là dove sussiste ricchezza per speculare a pro prio van taggio), dunq ue, rimane a ncora oggi il perno attorn o a cui ruota il livello alto di operatività dell’orga nizzaz ione. Con l’ovvi a considerazio ne, tuttavia, che quest’ultim a ha adeguato e modulato i propri mecca nismi di intervento illecito, 157 concentrando il propri o interesse anche verso i moderni sistemi di finanziamento dell’ econom ia pubblica. E poiché uno d ei principali flussi di spesa pub blica riguarda sicuramen te il settore della sanità, non può stupire l’elevato interesse dimostr ato da Provenzano e da altri esponenti di “cosa nostra” in tale direzione. A tale proposi to appare significativo il richiamo fat to dal collaboratore Antonino Giu ffrè, il quale ha descritto l’estremo interesse del Provenz ano ad investire nella sanità privata. In sost anza appare chi aro come, almeno in alcuni settori tanto delicati quanto rilevanti dell’economia f inanziata con risorse p ubbliche, “cosa nostra” abbia deciso di imporre un proprio ruolo ege mone ri spetto al mondo politico ed imprenditoriale, approfittando del progressivo scadimento della classe politica e della natura mera mente af farist ica dei nuovi accordi. Tutti i sogget ti coi nvolti nel nuovo rapporto mafia-politicaimprendit oria, inve ro, appaiono accomunati dal comune int eresse alla mera gestione del potere ed all’arricchimento personale. Di guisa che il li vello alto dell’operato di ta li settori deviati della soci età sic iliana r appresenta la massima espress ione del potere di “cosa nostra” che, con tali sis temi, esprime la propria v era fo rza di intim idazione e di condiziona mento. I recenti arresti di alcuni importa nti capi storici latitanti potrebbero mutare, anche solo in parte, tale contesto ma, di certo, non pot rebber o sovvertire una tendenza che appare molto rad icata. Tali riflessioni nascono anche dall’ attento e sistem atico esa me delle risu ltanze d el presente dibattimento, vuoi con riferimento alle dichiarazioni rese da alcuni soggetti (Ar agona) e da numerosi collaborato ri di giust izia (Siino, Giuf frè, Campanella ed a ltri) vuoi avuto riguar do alle intercetta zioni a cquisite agli atti. 158 Anzi, per molti versi, proprio il presente processo costituisce uno di quei rari esempi di ricostruzione giudiziaria, tanto nitida quanto concr eta, di questo spaccato criminale di alto profilo, caratterizzato dall’intreccio mafia - politica – aff ari – coperture istituziona li. Intreccio che è eme rso con non poche difficoltà proprio per la delicatez za de lle tematiche e per i ruoli ricopert i dagli imputati. Nonostante i reiter ati tenta tivi di inquinamento e di ridimensionament o delle prove, tra gli at ti del pr ocesso appare in trasparen za un sistemati co condizionamento di una parte del mondo pol itico ed imp renditoriale. Dal quale dipende u n obiettivo sca dimento della qualità della vita sociale, connesso al peggior am ento del livello delle oper e pubbliche, dei prog etti d i riq ualificazione territ oriale e della sanità. Anche il tema delle fu ghe di notiz ie su ind agini r iservate e coperte dal segreto in vestigativo e/o istruttorio, per buona parte presente tra q uelli oggi a ll’esame del Collegio, non è per nulla una n ovità nella storia di “cosa nostra”. A ben vedere, anzi, esso costituisce uno dei fili condut tori che caratteriz za la vita di questa or ganizzazione sin dai tempi più remoti e rap presen ta un ulteriore aspetto dell’intreccio tra politica-af fari-mafia ed economia che si sta esaminando. Basti pensare, addirittura, alle vicende del c.d. ra pporto Sangiorgi , stilato dal Que store di Palermo Ermanno Sangiorgi tra il 18 98 ed il 190 0. Già da allora risultava chiar a l’esistenza di fughe di notiz ie riservate da part e di apparati infedeli dello Stato e la coper tura fornit a a “cosa nostra” da importanti esponenti del mondo pol itico ed istituzionale. E’ fin troppo a gevole r itener e che, anche e soprattutto grazie a questa intri cata e sottile rete di f iancheggiatori e conniventi istituzionali, l’organiz zazione mafiosa sia riuscita ad appa 159 rire invinc ibile ed o nnipotente ed i capimafia latitanti imprendibil i e quasi leggendari. Se è vero, in fatti, che la conoscenza è potere, senza dubbio alcuno il potere di “cosa nostra” nel corso degli anni si è notevolment e accresciu to anche grazie alla sua capacità di infiltrarsi all’i nterno degl i apparati statali e di carpir e notizie riservate da pa rte di rappresenta nti infedeli delle istituzioni. In tal modo possono spiegarsi anche alcuni fatti eclatanti come il perdurare per decenni dello stato di latitanza di alcuni boss , l’esistenza di delitti irr isolti a distanza di lungo tempo e la preventiva conoscenza di indagini ed iniziative investigative da parte delle Autorità. Ad ulteri ore riprova di tale assunto vale la pena di notare come, in questi ultim i anni, alc uni soggetti con incarichi istituzionali sono stati condannati e/o giudicati per essersi messi a disposizione di “cosa nostra” ovvero di suoi singoli esponenti . Poliziotti, carabin ieri, magistrati, uomini politici, funzionari ed ammi nistra tori pubblici sono stati v ariamente giudicati nel temp o proprio per q uesto tipo di responsabilità, a dim ostrazione d i quanto importa nte possa essere per un “contropotere” com e “cosa no stra” il poter disporre della compiacenza di uomini apparentemente schier ati sul fronte opposto. Il presente processo , dunque, si innesta in un solco che sotto l’aspetto fattuale è assai risalente nel tempo m a che quasi mai è stato p ossibi le ricostruire in un modo così attento e puntuale. Il rapporto tra “cosa nostr a” e gl i imprenditori Avuto riguar do alla principale cont estazione formulata a carico dell’imputato Aiello, deve anche osservarsi come le condotte di part ecipazione o di c oncor so ester no nel reato di cui all’art. 416 bis c. p. possano configurarsi in relazione alle di160 verse forme di mani festazione d el rapporto tra associazione criminale ed imprendi tori. Non sfugg e al Collegio l’estr ema d elicatezza della materia in esame, po sto ch e, come si è specificato dia nzi, svolger e attività d’impresa nell a specifica realtà economica siciliana com porta diffi coltà maggiori rispetto a quelle zone del Pa ese in cui esistono cond izioni fisiologiche di libero mercato e di effettiva concorr enza. La presen za incombent e di “cosa nostra” da sempr e ha costituito un freno all’espansione ed a llo sviluppo dell’economia della Sicili a, proprio perché una delle sue caratteristi che intrinseche è ra ppresentata dalla ca pacità di condizionamento delle i mprese e del commercio p er scopi di mero arricchimento indebito. Il condizionamen to dell’economia, poi, si è concretizzato non solo nell’i mposiz ione del pizzo ma anche nel pro gressivo tentativo di impad ronirsi di taluni sett ori imprenditoriali (ad es. la fornitu ra di calcestru zzo, il movimento terra per conto terzi etc. etc.) e di in tromettersi nei normali meccanismi del libero mercato. La costante pres enza e l’efficace operativit à di “cosa nostra ” hanno, p ertanto , influito sulla capacità degli imprenditori di agire i n modo lib ero ed incondizionato e li ha nno sovente indotti a r elazio narsi, in qualche modo, con essa. Spesso, in fatti, i confini tra la condizione di mero assoggettamento, di condivi sione pa rziale e temporanea di intenti ed, infine, di ad esione consapevole e volontaria alle regole stabilite da “cosa nostra” risulta dif ficile da tracciare con sufficienti ma rgini di cer tezza. Alla lu ce de llo stato attuale de lla g iurisprud enza di legittimità e di merito sul punto, in generale può affermar si che assume sicuramente rilevanza penale il modus operandi degli imprendit ori collusi che instaura no una stabile relazione clientelare con gli espo nenti mafiosi, contraendo con essi un 161 accordo attivo reciprocamente vantaggioso (“patto di protezione”), da cui derivano obblighi vicendevoli di colla borazione e di scambio, in vista del conseguimento di interessi convergenti e condivi si. Questi sogget ti, i n sostanza, intr attengono con gli uomini d'onore un rapporto stabile e continuativo di interazione, fondato sull a cooper azione reciproca e su legami personali di fedeltà e di fi ducia. Dagli imp renditori che hanno instaurato un simile rapporto di scambio (e che q uindi fr uiscono di una prot ezione attiva), il gruppo mafioso pretende prestazioni diffuse, che possono assumere il contenu to più vario (ad esempio, offerta di informazion i, accesso a determinati circuiti politici e finanziari, ospitalità per latitanti, testim onianze di comodo, buste d’appoggi o co n offerte previamente concordate in occasione di gare d ’appalto e così via). Nella condo tta degl i imprenditori collusi lega ti da una relazione clientelare a "cosa nostra" (c.d. im prenditori clienti), per giurisprudenza costante, sono riscontr abili gli estremi della partecipazione all’associazione di tipo mafioso. Anche la dottrina, i nvero, ha evidenziato che assumono significatività e concl udenza in termini di affectio societatis diversi elementi della condotta: la sua valenza di cooperazione e di rilevante vantaggi o reciproco, il suo esplicarsi in pr estazioni di ffuse in fa vore del sodalizio mafioso, il carattere a ltamente personalizzato del r apporto clientelare di scambio, la sua natura st abile e con tinuativa, l’intrecciarsi delle finalità individuali dell’impr enditore con le finalità associative. L’organiz zazion e mafiosa , sfruttando in modo continuativo le prestazio ni dif fuse offerte dall’impr enditore, finisce per riconoscergli un ruolo di sistematico c onferimento al sodalizio di tutti i vantag gi ri collegabili alla sua posizione professionale e sociale. 162 Alle stesse conclusi oni è pervenuta la giurisprudenza di legi ttimità, che h a consid erato come “vera e propria partecipazione interna” la condo tta di un impr enditore che “per sfuggire alle illecite pressioni esercitate sulla sua impresa dalla malavita locale, ritenne (…) miglior partito allinearsi con i diversi gruppi camorristici di volta in volta emergenti (…) pur di conseguire i vantaggi che, in termini economici e di sicurezza nell’e sercizio della sua attività, gli derivavano dalla possibilità di muoversi nell’orbita delle potenti organizzazioni criminali dominanti nel territorio, nelle quali finì per ritrovarsi interamente coinvolto condividendone finalità e metodi di azione” (Cass. Sent. del 25 a gosto 1994, r ic . Amato). Non vi è dubbi o, infatti, che un siffatto tipo di imprenditore agisca con la pi ena con sapevolezza di far parte di un sistema criminale (del quale condivide implicitamente le modalità ed agevola il ragg iungimento degli scopi) che gestisce in modo irregolar e, ed esempio, il sistema dei pubblici appalti ed, in generale, i mec canismi di er ogazione delle r isorse pubbliche. Tale condivisione di intenti gli consente di ridurre al minim o il rischio d’ impresa e di beneficiar e, insieme a “cosa nostra” nel suo insieme, dei vantaggi, sia economici che operativi, che derivano da tale complesso si stema criminale. Come già si è accennato, tutt avia, anche all’ imprenditore “cliente” son o ri chieste delle c ontr o prestazioni nec essarie e confacenti alle regol e interne del sodalizio mafioso “cosa nostra”. Ad esempio, dall’esperienza giudiziaria (v., nel presente processo, le dichia razion i sul p unto d i Angelo Siino e Antonino Giuffrè nonch é pa rte delle sentenze definitive prodotte) emerge come tutti gli imprenditori – anche quelli “vicini” e sinanco quelli formal mente affiliati - siano tenuti al pagam ento della “m essa a posto”, i n favore della famiglia mafiosa terr itorialmen te competente, in occasione di lavori da eseguire in un determinato contesto locale. 163 Da ciò deriva, co me logica conseguenza, che il solo fatto di versare il piz zo non con sente di escludere la natura mafiosa di una impresa e del suo titolare. Difatti, come è noto, esistono imprese costrett e a pagare somme di denaro a tito lo di p izzo e/o di tangente che operano stabilmente in combutta o in società con esponenti mafi osi ed imprese che si limit ano a subire detta imposizione solo per sopravvi vere e senza avere alcun altro rapporto con “cosa nostra” ed i su oi adepti. Sotto tale profilo, dunque, la tesi sostenuta dall’Aiello, come si vedrà, non appare esaustiva e conducente. Posto che il pag amento del pizzo è un onere obbligatorio richiesto a tutti gli imprenditori operanti in determ inati settori, siano essi legati a “cosa nostra” o sue vittime, il fatto di avere versat o somme a tale titolo ad esponenti di detta organizzazion e non cos tituisce, di per sé solo, elem ento di valutazione in grado di escludere la p artecipazione di un impr enditore all’ associ azione mafiosa. A meno di non voler riconoscer e che anche gli uomini d’onore-i mprend itori pa ghino in quanto subiscono la forza di intimidaz ione della loro stessa or ganizzazione criminale (divenendo quindi vittim e di se stessi). Occorre, cioè, profondere un ulteriore sfor zo allo scopo di comprendere se il ver samento della “messa a posto” costituisca una forma adesiva di f inanziamento ovvero i l mero frutto di una violenta e/o m inacciosa imp osizione. Come si vedrà megl io in seguito, il complesso delle emergenze processuali dimost rerà come, nel caso dell’Aiello, si sia tra ttato della consapevole adesione a d un “patto di protezione” con “cosa nostra” i cui caratteri peculiari saranno oggetto d i ulteriore appro fondim ento. Tra le due c ategorie dianzi descritte (l’imprenditore cliente e quello vittima), inoltre, ne esiste una terza che rende ancora 164 più complessa ed arti colata la valutazione delle cond otte in un’ottica prett amente penalistica. Ci si riferisce al compo rtamento di quegli imprenditori collusi ma lega ti da una rel azione solo strumentale a "cosa nostra" (c.d. imp renditori strumentali). Si tratta di soggetti che instaur ano con "cosa nostra" un accordo limitato nel tempo e definito nei contenuti, negoziando caso per c aso l’eventu ale reiterazione del patto secondo le esigenze conting enti. Essi accettano di collaborare con gli esponenti mafiosi sulla base di una co nsiderazione utilit aristica del contesto am bientale in c ui svo lgono la loro attività. Le interazioni tra i mafi osi e questi imprenditori sono regola te dalla logi ca del lo scambio ed escludono una comunanza che non sia di natura economica: nonostante l’intesa raggiunta, ciascun a delle parti mantiene la propria peculiare fisionomia e conserva interessi differenti, anche se complementari t ra di loro. La motivazione contin gente d ell’imprenditor e rima ne quindi autonoma rispet to all e finalità pr op rie del sodaliz io mafioso. Nelle condotte degli i mprenditori “strumentali”, di regola, non sono riscont rabili gli estremi della partecipazione all’associazion e; p ossono, però, ra vvisarsi i requisiti del concorso esterno quan do i l rap porto di scambio da essi instaurato sia f unzion ale al conseguimento di un reciproco va ntaggio economico ed induca l’imprenditor e a fornir e all’associazione criminale prestazioni utili, in misura considerevole o c omunque non in differente, al mantenimento ed al raffor zamento della sua struttura, organizzazione ed attività. Appare coerente con qu esta impostazione l’or ientam ento della Suprema Corte (Cass. Sez. I sent. n. 84 del 1999, ric. P.M. in proc. Cabib), secondo cui, laddove manchi una cond izione di inelu ttabile coartazio ne suscettibile di far considerare il soggetto come vittima di 165 e storsioni, la cond otta dell’impr enditore che, nell’attivarsi per l’acquisizione dell’appalto di un’opera pubblica, a bbia contemporaneamente instaurat o rapporti con il ceto politico-amminist rativo (per assicurarsi l’aggi udicaz ione del contratto) e con or ganizz azioni camorristiche (per rimuovere gli ost acoli all’esecuzione dei lavori, accol landosi un progr ammato costo concordato sulla base di un “patto di protezione”) deve ricondursi, rispettivam ente, all’art. 416 bis c.p . se vengono accertati la compenetr azione e l’in quadramento nell’organismo criminale, oppure alla fattispecie del concors o ester no, se si riscontra l’esisten za di un contributo consa pevole e volontar io per il mantenimento e il con solida mento dell’organizzaz ione mafiosa. Sempre più di frequent e dall’espe rienza giud iziaria emerge una precisa con ferma a quanto sostenuto, ne ll’ambito del presente processo, dal collabor ator e Antonino Giuffrè a proposito dell’attivarsi spontaneo e preventivo della maggior parte degli imprendi tori, i qual i, prima ancora di ricevere qualche sp ecifica minaccia, si r endono parte diligente cercando un in termed iario per “metter si a posto” in relaz ione ad una determinata opera da realizzare. Tali imprenditori, ci oè, essendo ben consap evoli delle regole stabilite dal sodalizio, si attivano in via preventiva dimostrandosi “a disposizione” per stabilire un accordo preciso con gli e sponen ti mafiosi. Appare ben chi aro ed evidente come, in ta li casi, il pagamento della “messa a posto” non viene vissuta come una ingiusta vessazion e, ma viene condivisa ed accettata, quasi come regola di vita, allo scopo di ottenere a tutti i costi un guadagno. Il criterio del reciproco vantaggio e della condivis ione (stabile od occasion ale) dell a regolamentazione illecita stabilita dal sodalizio consente, quindi, di distinguere il modus operandi dell’impr enditore colluso da quello del c.d. imprenditore “su166 bordinato”, le cui attività sono sottoposte a l vessatorio controllo dei mafiosi mediante il meccanismo della estorsione e della protezion e passiva. L’imprend itore subordina to, inver o, è assoggetta to a "cosa nostra" attraverso un rapporto, non intera ttivo e condiviso, ma fondato sulla mer a intimida zione che determina per l’azienda costi innaturali senza alcun reale beneficio. Da tale ti po di imprendi tore l’orga nizzazione mafiosa pretende prestazi oni speci fiche, consistenti di solito nel pagamento di somme di denaro , senza offrirgli, in cambio, nulla di concreto, se non una garanzia (peraltro del tutto p rovvisoria e, sovente, anche a leatori a) di poter continuare a svolger e l’attività econ omica. Fornisce, cioè, protezione da pericoli che essa stessa det ermina o paventa. La finalizzazione della condotta ad ottenere condizioni di vantaggio consente di delineare con chiarezza, a nche sul piano del disva lore penale, la differenza tra l’imprenditore colluso e la vittim a delle estorsioni mafiose: la collusione si inserisce in un’ottica di tipo sinallagmatico, dominata dal “do ut des”, ed ali menta la circolarità del ritorno di utilità reciproche tra impresa e criminalità orga nizzata, riflettendosi negativamente sull’int ero mercato, di cui vengono alterati gli equilibri e falsati i meccanismi. Per gli imprenditori subor dinati si verifica, invece, una situ azione d i co strizione e non di cointeressenza, che è tale da escludere ogni responsa bilità penale (cfr. in tal senso Cass., Sez I, 11 ot tobre 2005 n.46652, imp. D’Orio, secondo cui “In materia di partecipazione ad associazione di stampo mafioso è ragionevole considerare “imprenditore colluso” quello che è entrato in rapporto sinallagmatico con la cosca tale da produrre vantaggi per entrambi i contraenti, consistenti per l’imprenditore nell’imporsi nel territorio in posizione dominante e per il sodalizio criminoso nell’ottenere risorse, servizi o utili167 tà; mentre è ragionevole ritenere “imprenditore vittima” quello che soggiogato dall’intimidazione non tenta di venire a patti con il sodalizio, ma cede all’imposizione e subisce il relativo danno ingiusto, limitandosi a perseguire un’intesa volta a limitare tale danno. Ne consegue che il criterio distintivo tra le due figure è nel fatto che l’imprenditore colluso, a differenza di quello vittima, ha consapevolmente rivolto a proprio profitto l’essere venuto in relazione con il sodalizio mafioso”). All’interno della su perior e ricostr uzione giurisprudenziale del rapporto mafia-impres a va inserita , sia pur e in questo passaggio i n ter mini solo genera li, l a f igura ed il ruolo di Michele Aiello . Come apparirà più evident e nella succe ssiva disamina, l’Aiello ha certament e stipula to un tipico “patto di protezione” con “cosa n ostra” dotato di alcuni car atteri impr escind ibili quali la costanza e l’ invariabilità nel tempo e la sinallagmatici tà del le reciproche prest azioni. Deve, i nvero, escl udersi che l’imputato fosse costretto, di volta in volta, a n egoziare i termini contrattuali del proprio rapporto di i nteraz ione con il sodalizio, come nel caso del c. d. imprendit ore strument ale. Anzi, dalla istruzio ne dib attimenta le è rimasto dimostr ato (e confermato dalla stessa a mmissione dell’imputato sul punto) che l’associazione mafiosa e l’Aiello avevano concordato un’entità di “messa a posto” (7 milioni di lire per ciascuna strada interpoder ale) che è r imast a tale per oltr e dieci anni, senza nemmeno un adeguamento economico o una modif ica integrati va. Inoltre, lo stesso B ernardo Provenzano (all’epoca latitante e capo asso luto e riconosciuto di “cosa nostra ”) aveva previsto uno speciale sistema di veicolazione interna delle autorizzazioni e dei pagamen ti che, transitando dirett amente dalla sua persona, era stato applicato per tutte le strade interpoderali 168 eseguite in anni ed ann i di attività ed in tutto il territorio della reg ione. Alla stessa stregua è rimasto dimostrato, come meglio si dirà in segu ito, come le due parti contr aenti il patt o di protezione si siano assicurate vicen devolmente delle prestazioni di sicuro rilievo per i loro reciproci interessi. L’inquadramento della figur a dell’Aiello negli schemi previsti dalla giurisprudenza di legittimità, dunque, appare univocamente orientato verso i l pa radigm a dell’imprenditore colluso che ha con tratto un patto stabile con l’orga nizzazione ma fiosa nella piena consapevolez za di fornire delle contropres tazioni fun zionali al co nseguimento, anche pa rziale, dei suoi obiettivi criminali. Va aggiu nto, inoltre, com e le emergenze p robatorie ab biano delineato la figura di Mic hele Aiell o come quella di un grande tessitore di relazi oni inte rpersonali che, anche al di là del lecito, e rano finali zzate, in modo str umentale, allo sviluppo del proprio g ruppo di imprese. A parte i l circuito relazionale con esponenti politici (ad es. lo stesso Cuf faro), istituzionali e della Pubblica Amministrazione, l’impu tato ha dato chiara prova di riuscire ad avvicinare e “tener e buon i” pressocchè tutti i soggetti che, in q ualche modo ed a qu alsiasi livello, avessero un ruolo nello svolgimento della sua attività imprenditoriale. Da Iann ì, a Prestigiacomo, dalla La Barb era e Calaciur a a Venezia, da Gi ambruno a numerosi altri funzionari, tutti erano stati avvicinati dall’Aiello che, attraverso un variegato sistema di corrutt ele, promesse di assunzioni di parenti e favori di vario gen ere, aveva costruito un reticolo di protezione attorno ai suoi affari. Sotto un certo profilo, tale modo di agire dell’Aiello è riscontrabile anche nelle sue modalità di interazione con “cosa nostra, con la quale egli ha sc elto di venire a patti, nell’ottica 169 di un ulteriore passaggio funzionale allo sviluppo imprenditoriale che ha tanto pervicacemente ricercato. E con essa, come vedr emo, ha stipulato un patto di protezione che prevedev a, a fronte del pagamento di somme di dena ro tutto sommato assai modeste rispetto al suo giro di affari e del pas saggio di impor tantis sime notizie riservate, di ottenere sicurezza , protezi one, facilitazioni con le famiglie mafiose de i numerosi l uoghi dove apriva i suoi cantieri e , soprattutto, libertà di operare in tem pi estremamente più rap idi e con modalità standardizzate, cir costanze che per un imprenditore costituiscono un enor me vantaggio rispetto alla concorrenza. Tutti questi aspetti sa ranno oggetto di un, ben più articolato, approfondimento che si sv ilupperà, di qui a breve, in relazione alla contestazione principale di partecipazione all’associazion e di tipo mafioso. La posizi one di Michele Aiello Poiché Michele Aiello è chiamato a rispondere di numerosi reati et erogen ei e comun que fondati su piani probatori talora solo parzialm ente coincidenti, l’ana lisi critica della sua posizione processuale necessariamente comporta una ripartiz ione delle pri ncipali tematiche in vari ca pitoli. La prima e più grave contestazione avanzata nei suoi confronti atti ene al reat o di partecipazione all’a ssocia zione mafiosa “cosa n ostra” ex art. 416 bis, commi I, II, III, IV, VI cod. pen.. In precedenza il Collegio ha preso in esame alcuni aspetti d i diritto aventi porta ta generale che qui devono, ovviamente, intendersi espressamente richiamati per la loro stretta attinenza al caso. In parti colare, si inten de fa re riferimento alla disamina del reato di partecipazio ne all’associazione di tipo mafioso, dell’ipot esi di concorso nel suddett o reato, delle problematiche affer enti al c.d. “i mprenditore mafioso”, del percorso giu170 rispruden ziale concern ente, in mod o particolare, l’evoluz ione e l’operatività dell ’associ azione denominata “cosa nostra” in Sicilia e dei criteri int erpretativi delle dichiara zioni dei c.d. collaboratori di Giustizia. Per le loro evidenti implicazioni rispetto alla posizione dell’Aiel lo, i suddetti principi di diritto costituiscono la b ase concettuale e la piattaforma giur isprudenz iale dalle quali muove l’a nalisi criti ca svolta da questo Trib unale. Prima di entr are nel merito delle a cquisizioni probatorie appare, tuttavia, opportuna una ulteriore premessa di ordine sistemati co r iguardante il tenore letterale e la struttur a del capo di i mputaz ione sub A), così come formulato da l P.M.. A Michele Aiello, invero, viene contestata la partecipazione all’associazion e mafiosa “cosa nost ra” unitamente ad alcuni pericolosi uomi ni d’onore che nel te mpo hanno ricoperto ruoli anche di primari o rilievo in seno al sodalizio, tra i quali spicca sicuramente Bernard o Provenzano, come è noto, per parecchi an ni al vertice assoluto di de tta associazione. Come si vedrà, lo specifico ruolo contestato all’im putato consiste sostanzialment e nell’aver operato p er diversi anni in modo da rapprese ntare una “cerniera” tra gli uomini d’onore, il mondo d ell’impresa, la pubblica amministr azione ed alc uni importanti settori dell a vita politica ed amministrativa nonché un prezioso informa tore in or dine a numerose iniziative di indagine in corso di svolgimento sia sul sodaliz io mafioso che sulla latit anza dei suoi capi più pericolosi. Sotto il profilo dell a struttura del capo di imputa zione, più in particolare, la contestaz ione del reato associativo si a rticola in alcune preci se e ben determinate frazioni di condotta, consisten ti in: 1) gestione di appalti pubblici e lavori priva ti; 2) raccolta di infor mazioni da pubblici ufficiali fina lizzata alla tutela dell’organi zzazione mafiosa “cosa nostra” ed in particolare l’a cquisizione di molteplici informazioni e notizie, 171 coperte da segreto che lo stesso Aiello trasferiva, almeno in parte, ad a ltri esponenti mafiosi tr a i quali Eucaliptus Salva tore; 3) finanz iamento di tale organizzazione mediante l’erogazione di ingenti somm e di denaro contante; 4) concreta d isponi bilità all'assunzione, pr esso imprese e società a lui facent i capo, di soggetti segnalati d a componenti dell'organizzaz ione m afiosa, tra i q uali anche i fra telli Rinella di Trabia ed Eucaliptus Nic olò di Bagheria. Tali articol azioni della cond otta partecipativa possono, pertanto, inquadrarsi si stematicamente in due diversi settori di intervento: il primo connes so al r uolo ed all’attività di imprenditore svolta dall’im putato e l’altro a quello di “fonte riservata” in g rado di for nire preziose inform azioni su indagini in corso di svo lgimen to. In entramb i i casi si tratta di condotte che qualifi cano in modo pecul iare la posizione dell’Aiello, il quale ha rappresentato per vari moti vi un punto di riferimento estremamente prezioso per l’ associ azione “cosa nostra”. Ed invero, per quanto attiene allo specifico profilo imprenditoriale, l’Aiello – quale imprenditore leader nel settore della sanità pri vata e nella rea lizzaz ione delle str ade di penetrazione agraria (c.d. strade interpoderali), autore di una asc esa economica che lo h a visto anche divenire il primo contribue nte siciliano – stip ulando un c.d. patto di p rotezi one con “cosa nostra”, ha ri coperto un ruolo di primaria importanza per tale associ azione, confermato dal diretto e personale coinvolgimento di Bern ardo Provenzano nella sua “gestio ne”. Altrettan to se non addirittura an cor più rilevante appa re, poi, l’altro specifico aspetto della sua condotta partecipativa, connesso all ’attività di acquisizione e di rivelazione di inf ormazioni riserva te, coperte dal segreto d’inda gine. Ovviamente si i ntende fare r iferimento non alla rivelazione delle inform azioni relative alle indagini e d ai procedimenti 172 penali a carico dello stesso Aiello e delle sue impr ese (oggetto di altre impu tazion i nel l’ambito del presente processo) ma di tutte q uelle notiz ie ri servat e aventi ad oggetto le attività di investigazione con dotte – da varie articolazioni della forze dell’ordi ne ed, in particolare, da l Raggruppamento Operativo Speciale dei Carabin ieri - nell’ambito delle attiv ità di contrasto a “cosa n ostra” in g enerale ed alle att ività di ric erca dei latitanti Bernardo P rovenz ano e Matteo Messina Denaro più in partic olare. Anche in questo caso appare evidente l’importanza assoluta del ruolo ricoper to da ll’imputato per “cosa nostra” e per i suoi verti ci, attesa l’estrema dif ficoltà di reperire soggetti in grado di riuscir e ad ottenere infor mazioni coperte dal massimo segreto provenienti dall’inter no delle Istituzioni ed, in particolare, d alle diverse str utture investigative oper anti sul territori o. Complessi vamente considerato, d unque, l’a pporto fornito dall’impu tato a ll’associazione in parola risulta così for temente intr iso d i connotazioni peculiari connesse proprio alle caratterist iche del la sua persona, del suo ruolo sociale ed i mprenditoriale, del suo fi tto complesso di r elazioni interpers onali (a partire dal semplice bur ocr ate, dal carabiniere o dal dipendent e dell a P.A. per finire al grand commis, al professore universit ario ovvero al Presidente della Regione), da renderlo pressocchè unico o, quantomeno, non facilmente sostituibile. All’esito della compiu ta istr uzione dibattimentale, le pa rti hanno fornit o due ricostruzioni antitetiche de lla figur a e del ruolo di Michel e Aiello. Il P.M. ha so stenut o che l'ingegner e Michele Aiello ha stabilito un vero e proprio “p atto di protezione” con l’organizzaz ione mafiosa, quan tomeno a partir e dai primi anni 90, ed, in modo parti colare, con i ver tici della famiglia m afiosa di Bagheria 173 e con l’al lora capo asso luto dell’int era “cosa nostra”, Bernardo Provenzano. Tale pat to di protezione, sem pre secondo la pub blica accusa , è stato modul ato secondo il paradigma tipico dello sc ambio di utilità tra l’im prendi tore mafioso e l’organizza zione, nel se nso che il pr imo frui sce dell’appoggio dell'associazione per conseguir e, attraverso una sistema tica alterazione delle nor mali regole di mercato fonda ta sulla violenza e sulla prevaricazione, uno sviluppo economico ed una posizione di potere altrimenti certa mente non conseguibili e, di converso, è chiamato a forn ire una controprestazione che avvantaggia il sodalizio mafioso sia sotto l’aspetto finanziario che sotto altri e diversi profili, talora ancor più significativi. Nel caso dell ’Aiello tale controprestazione si sa rebbe estri nsecata attr averso l e varie condotte specifica te nel cap o di imputazione e cioè: - nell’impegn o a finanziare l’organizzazione attr averso il versamento sistematico di cospicue somme d i denaro in favore delle sue articol azioni ter ritoriali di competenza, nell’ambi to del sistema della c.d. “ messa a posto” ovvero mediante spontanee elargizioni indipendenti d alle attività in corso; - nell’impeg no all’ass unzione di personale segna lato dagli uomini d’on ore ed all’eventuale accettazione di forniture (inerti, movimento terra etc. etc. ) da parte di imprese vicine all’organ izzazione; - nell’impegno ad assicurare una funzione di tra mite con espon enti p olitici, pubblici amministrat ori locali ed altr i rappresen tanti delle Istituzioni; - ed, infine, nell’impegno a reperir e e trasmettere informazioni r iserva te su at tività di indagine in corso sia in tema di ricerca di latitan ti che su “cosa nostra” in generale. L’esisten za di detto patto, secondo il P.M., delinea la figura di un impren ditore e di un uomo di potere che ha messo a n174 che al serv izio della mafia la pr opria attività e le proprie specifiche competenze e che, conseguentemente, è divenuto partecipe co nsapevole dell’associazione mafiosa “cosa nostra ”. Viceversa, la tesi sostenuta dallo stesso imputato nel corso del suo lunghissimo esame, si fonda sul tentativo di dim ostrare un suo ruol o succube d i fronte al sodalizio mafioso, il quale lo avrebbe costa ntemente vessato e sottoposto ad estorsioni e pretese i ndebite di ogni tipo. Attraverso lo scrutinio critico delle emergenze pr ocessuali, a giudizio del Collegi o, la dicotomia tra le due tesi contrapp oste – se cioè l’Aiel lo sia stato una vittima o un complice di “cosa nostra” – va serenam ente risolta in modo univ oco mediante l’ adesio ne all ’impostazione accusatoria. A tale conclusione il Tribunale è pervenuto non in forza di congetture o della maggiore o minore suggestività dei rispettivi percorsi interpretativi seguiti dalle pa rti ma sulla scor ta della ricognizione del le numerose prove emerse nel corso del dibattimento. Si tratta, in veri tà, di un autentico comple sso probatorio fondato su dich iarazi oni di collaboratori di giustizia, a ttività investigative, riscontri individualizzanti, dichiarazioni rese da test imoni, cons ulenti ed imputati di quest o processo ed altri co imputa ti ex art. 210 c.p.p. , conversazioni oggetto di intercettazioni telefoniche od ambientali e di documenti. Tutte queste eterogenee fonti di pr ova, infatti, esaminate secondo i sudde tti p arametri fissati dalla giurispr udenza di legittimità h anno for nito un quadro complessivo e sistematico che ha un ivocamente confermato la tesi acc usator ia. Tale disamin a dell’imponente complesso di prove non si è basata su una visione puramente contestualizzante ma si è articolata veri ficando un a ad una le varie f onti secondo i ricevuti prin cipi di diri tto stabiliti dalla più recente giurisprudenza di legittimità. 175 Fatta quest a dover osa prem essa, a giudizio del Collegio occorre avviare il ragi onamento interpretativo prendendo le mosse dalle dich iarazio ni rese nei confronti dell ’Aiello da parte del colla borato re di giustizia Antonino Giuffr è. In relazione al reato in esame, invero, dette dichiar azioni, vuoi per il livel lo di estrema attendibilità del chia mante vuoi per la loro ampiezza e complessità, costituiscono il nece ssario punto di pa rtenza della presente disamina. Del resto, come ha pr ecisato lo stesso P.M., proprio le dichiarazioni rese dal Giuff rè hanno costituito lo spunto iniziale delle indagin i a carico di Michele Aiello, trattandosi di una vera e pr opria chiamata di correo, immediatamente verificata attraverso ulterior i ed estrinseci elementi di riscontro individualizzan ti. Prima di ent rare nel merito d elle specifiche dichiar azioni rese dal collaborato re, tu ttavia, occor re descriver e, sia pure sinteticamente, la figura ed il ruolo di Antonino Giuffrè e poi esaminare il suo percorso collaborativo e gli esiti sin qui conseguiti a seguito della sua collabor azi one con lo Stato. Quella di Anton ino Giuffrè, infatt i, è senza alcun dubbio una delle princi pali collaborazioni di c ui la magistratura italia na si sia potuta avval ere ed anche una delle più recenti e q ualificate in consideraz ione della dura ta e della posizione di assoluto vertice ricoperta dal collaboratore in seno a “cosa nostra”. L’esame prelimi nare d ei superiori aspetti, dunque, risulta imprescindibile allo scopo di dimostrare l’elevato livello di attendibili tà intr inseca d el dichiarante, così come richiesto dalla giurisprudenza di legittimit à. Agli atti del presente p rocesso sono stati acquisiti, sul consenso delle parti , alcuni documenti di sicuro interesse e rilievo, quali il c.d . verbale illustr ativo della collaborazione (come è noto previsto dalla più recente normativa in materia di collab orazione con la Giustizia) ed alcune sentenze, passa176 te in autorità di cosa giudicata, nelle quali è già stata positivamente valutata l’attendibilità intrinseca ed estrinseca del Giuffrè. Anche sulla scorta d i detti d ocumenti emerge che il Giuffrè Antonino, dopo essere stato tratto in arresto il 16 aprile 2002 a seguito di un lun go periodo di la titanza, ha iniziato a collaborare con l’au torità giudiziaria nel successivo mese di giugno 2002. Dopo l’assunzio ne degli imp egni pr evisti dalla l.n. 45/2001 e la sottoscrizio ne del verbale illustr ativo della collaboraz ione, il Giuffrè è stato am messo in via definitiva allo speciale programma per i collaborator i di giustizia, se nza m ai dare adito ad alcun rilievo disciplina re. Prima ancor a di rendere le proprie dichiarazioni, Antonino Giuffrè ha co nsentito agli inq uirenti (v. deposizioni di ???) di ottenere n ell’im mediato importanti sviluppi investigativi nella ricerca d i lati tanti anche attra verso il rinvenimento, su sua precisa indicazione, di numer osi b iglietti – i c.d. “pizzini” – provenien ti dir ettamente da Bernardo Provenzano. Inoltre, ha, sen za alcuna indecisione, ammesso tutta una serie di reati dei quali er a accusato e ne ha disvelato numer osi altri in relazi one ai quali non era neppure sospettato e della cui esist enza g li inq uirenti erano a ncora all’oscur o. Il Giuffrè ha, poi, reso dichiarazioni, sia nella veste di imputato di re ato co nnesso che in quella di imputato, in pressocchè tutti i più imp ortanti processi svolti negl i ultimi anni su “cosa no stra” sicili ana, consent endo di ottenere la co ndanna definitiva di u n numero not evole di esponenti mafiosi. Nell’ambi to di detti processi, il suo prezioso contributo coll aborativo è stato valu tato positivamente da diversi organi giurisdizion ali che h anno unanimemente riconosciuto l’eleva to livello della sua attendibilità intrinseca. Agli atti d el p resente pr ocesso, sul consenso delle parti, sono state riversate alcun e di d ette sentenze, ed in par ticola re: 177 - la sentenza in data 6 maggio 2004 (doc. n. 28 della produzione del P.M. all’udienza del 10 maggio 2007) con la quale la Corte di Cassaz ione ha confermato la decisione della Corte di Assise di Appello di Ca ltanissetta in data 8 luglio 2003 contro Riin a Salvatore e altri, imputati del fa llito attentato dell'Addaura, commesso il 21 giugno 1989 nei confronti di Giovanni Falcone (nell a quale, tra l’altro, si dà a tto del ruolo verticistico in sen o a “cosa nostra ” ricoperto dal Giuffrè già da epoca precedente alle st ragi de l 1992-1993); - la sentenza in data 27 febbraio 2 003 (doc. n. 10 e 11 della suddetta produzione del P.M.) con la quale la Corte di Appello di Palermo , confermando la condanna di La Barbe rà Nicolò per il reato di partecipazione all’a ssociazione mafiosa, quale appartenente alla famiglia mafiosa di Mezzojuso, ha r iconosciuto p iena attend ibilità ed ha attribuito significativa ril evanza alle dichiarazioni con le quali il Giuffrè ha ricostruito i suoi rappo rti con Sp era Benedetto e con Provenzano Ber nardo (indicando luoghi, modalità, tempi ed oggetto delle numerose riun ioni di vertice tenutesi in territorio di Mezzojuso) e con altri i mportanti capimaf ia, tra i quali Cannella Tomm aso e Lipari Giusep pe; - la sentenza in data 12 dicembre 2003, definitiva in data 22 novembre 2006 (doc. n. 16 e 17 della suddetta produzione del P.M.) con l a qual e il G.U.P. pr esso il T ribunale di Palermo, a seguito di giudi zio abbrevia to, ha condannato Lipar i Giuseppe ed al tri im putati per il reato di cui all’art. 416 bis c.p., ribadendo il giudizio di p iena attendibilità del Giuffrè, che aveva tra l’al tro descritto le attività di un ristretto gruppo di uomini d’onore fedelissimi a Bernardo Provenzano; - la sentenza i n data 27 febbraio 2004, confermata in app ello l’11 febbraio 2005 (doc. n. 1 2 e 13 della cita ta pr oduzione del P.M.) con la quale il G. U.P. presso il Tribunale di Paler mo ha condannato per il reato di par tecipazione all’associazione mafiosa “cosa n ostra” Rine lla Diego ed altr i appa rtenenti alle 178 famiglie mafi ose di Trabia e d i Ter mini Imerese, confermando la pien a attendibi lità del collaboratore ed anche il suo ruolo di capo del mandamento m afioso di Caccamo fino al suo ar resto. L’esame congiunto delle sud dette motivazioni consente di affermare come in ordine al collaboratore Giuffr è si sia già formato e cr istall izzato , sulla scor ta delle aut onome valutazioni di p iù Autorità Giudiziarie, un conver gente giudizio di piena attendib ilità intri nseca, basato sulla serietà del suo impegno collaborativo, sulla valenza qualitat iva delle sue dichiarazioni, s ulla loro costanza, linearità, conducenza e pr ovenienza. Come si dirà nel prosieguo, tale giudizio ampiamente positivo va ribadito e confermato anche in questa sede, posto che la collaborazione del Giuffr è è apparsa connotata da alcune caratterist iche che, per molt i versi, la rendono quasi unica nel panorama delle collaborazioni di ex uomini d’onore con lo Stato. Antonino Giuffrè, invero, al momento del suo arres to era ca po del mandamento di Caccamo, il cui territorio di influenza è notoriamente assa i esteso, ed er a uno dei pr incipali collaboratori e dei fedeli ssimi del capo assoluto di “cosa nostra”, Bernardo Proven zano, all’epoca la titante. Nonostante le difficoltà operative connesse allo stato di latitanza di ent rambi, il Giuffr è si teneva in strettissim o contatto con il Proven zano, sia attr averso i c.d. “pizzini” (termine oramai di venuto di uso comune dopo l’arresto del Provenzano) che i due si scambiavano con frequenza quasi giornaliera attraverso una fitta rete di favoreggiatori, sia mediante incontri dirett i ch e si verificava no con cadenza dapprima settimanale e poi all’incirca q uindicinale. Il Giuf frè, peralt ro, era un “corleonese” d’adozione nel senso che tradiz ionalm ente er a da sempr e rimasto vicino a l Proven- 179 zano, s in da i tempi i n cu i questi non era ancor a il capo ind iscusso de ll’int era organizzazione mafiosa. Tra i due capi, pertanto, sia per la vicinanza di età che, soprattutto , per la comunanza di intenti e la condivisione delle strategie generali di “cosa nostra” sussisteva , fino al 16 aprile del 2002 (data dell ’arresto del Giuffrè), un profondo rapporto di amiciz ia e confide nza, sia sul piano personale che su quello strettamente diri genziale rispetto alle dinamiche del sodalizio mafioso. Tale rapporto è risul tato comprova to in modo inequivocabile dall’impo nente mole dei “pizzini” rinvenuti e sequestrati sia al momen to dell’arr esto che dopo l’avvio della collaborazione del Giuffrè (e proprio grazie alle sue indicaz ioni). Si tratta di decin e di bigliettini che i due boss si erano scambiati n egli ultimi tempi e che il Giuffrè ave va conservato per avere prova delle decisioni adottate dal Provenzano o con lo stesso concordate. Tale premessa a ppare del tutto indispensabile allo scopo di comprendere sia il livello verticistico del ruolo ricoperto dal Giuffrè all’interno di “cosa nostra” che la profondit à e l’intensi tà del rappor to di am icizia e di confidenza che lo l egava al Provenz ano. Pertanto, nel valutare quelle affer mazioni riferite dal Giuffrè in quanto apprese direttam ente dal Provenzano, si deve tenere conto dello spesso re intrinseco del collabor atore e del rapporto pri vilegiato ch e lo l egava al Provenzano. Questi due f attori , se congiuntam ente valutati, danno la cifr a del livello di atten dibili tà che deve riconoscer si alle parole del colla borato re. Si tratta, in vero, di confidenze della massima ser ietà che d ue capi storici di “cosa nostra” legati da un profondo rapporto personale si sc ambiavano nel corso di riunioni estre mamente rischiose attes o lo stato di latitanz a di entr ambi. 180 Ovvero che si comu nicava no mediante il ricorso ai pizz ini per la consegna dei quali era stata messa in piedi una rete di favoreggiatori talm ente com plessa ed articolata che in nessun caso (fatta eccezion e del l’arresto dei due) le forze di polizia sono mai riusci te ad interce ttarne uno. Come appare chiaro, un siffatto contesto non lascia spazio ad alcuna possibil ità che i due si sia no scambiati informazioni false o peggio anco ra millanterie, posto che entr ambi erano tenuti al vincolo dell a verità e che anche una sola menzogna avrebbe s catena to con seguenze fac ilmente intuibili. Del res to n on vi er a al cuna ragione che i d ue s i mentissero (cosa ovviamente mai accaduta secondo il Giuffrè), atteso che entrambi er ano lega ti da un ant ico e profondo rapporto di amicizia e tradi zional mente si er ano sempre trovati sullo stesso fronte interno alle dinamiche di “cosa nost ra”. In conclusio ne, dunq ue, il colla boratore Giuff rè per il ruolo verticistico ricoperto si no al suo a rresto, per la durata della sua appartenen za a “cosa nostr a”, per il livello apicale delle sue con oscenze, per il rappor to costante e diretto con Be rnardo Provenzano e con altri im portanti uomini d’onore, per le cara tteristiche quali tative del suo apporto collaborativo e descritti vo (costanza, logicità, coer enza) deve ritenersi intr insecamente attendibile, alla luce dei parametri fissati dalla richiamata giurispruden za di legittim ità. Né un siffatto giudiz io può risultare minimamente sca lfito dalla circo stanza, dedotta dalla difesa, che il Giuffrè dura nte la sua carcerazione avrebbe avuto la possibilità di leggere su alcuni qu otidiani, ed in particolar e sul “Giornale di Sicilia”, notizie concern enti M ichele Aiello. A tale conclusione d eve sicuramente pervenirsi sulla base d i un argo mento logico e cronologico del tutto inequivocabile : la collaborazione del Giuffrè è stata a vviata e si era già, per così dire, cristallizzata in epoca assai precedente al 6 novembre 2003, data a partire dalla quale i mezzi di inf ormazione han181 no cominc iato ad occuparsi d ella f igura di Michele Aiello in relazione a “cosa nost ra” (cioè a partire dal moment o del suo arresto). Il Giuffrè, invero, ha sottoscritto il verbale illustrativo della collaborazione (in atti) in data 11 d icembre 200 2 ed in quella sede ha reso tutte le di chiarazioni riguardanti l’Aiello che poi ha puntualmente ri badito nel cor so del suo esame diba ttimentale. Da ciò conseg ue ch e il termine di 180 giorni, imposto dalla legge al collaboratore per rendere le sue dichiarazioni, era decorso parecchio tempo prima de ll a data - 6 novembre 2003 - a partire dalla qu ale egli, in ipotesi, avrebbe potuto leggere sui quotidiani le notizie relative all’arresto d ell’Aiello per associazion e mafiosa. Di talchè deve, senza alcun dubbio, escludersi che le dichiarazioni rese dal collabor atore Giuf frè in ordine all’imputato Aiello possano essere state a nche minimamente influenzate e/o condizionate dall’ester no att raverso gli organi di stampa. E ciò soprattutto tenuto conto del fatto che le sue dichiar azioni in ordine alla figu ra dell’Aiello non hanno mostrato alcun difetto di pr ogressione accus atoria ed er ano già state circoscri tte e cristallizzate molto tempo p rima dell’arresto dell’impu tato. Prima di entrare n el mer ito specifico delle dichiarazioni rese nell’ambi to del presente pr ocesso dal Giuffrè, occorre premettere qualche b reve cenno sulla vita criminale e sul ruolo ricoperto dal col laboratore all’interno dell’associazione “cosa nostra”. Sull’accordo delle parti al presente fascicolo è stato acq uisito il verbale di prova di un altro dib attimento (quello svoltosi davanti al Tribunal e di Termini Imerese a carico di Biondolillo Giuseppe ed altr i) nella parte r iguardante , per l’ appunto, le notizie personali di carattere generale riferite dal Giuffrè, 182 al chiaro sco po di evitare una lunga reiter azione delle medesime circostanz e da p arte del collab oratore. In tale parte della deposizione il Giuffrè ha ricostruito il pr oprio percorso criminale all’interno di “cosa nostra”, spiegando le circosta nze, i tempi e le motivazioni della sua affiliazione alla suddetta organizzazione mafiosa e la progressiva acquisizion e di ruoli dirigenziali che lo hanno por tato ad essere nominato “rappresenta nte” del ma ndamento mafioso di C accamo e compon ente eff ettivo della c.d. commissione provinciale di “cosa nostra”. Il Giuffrè, inoltr e, ri feriva del ruolo speciale r icoper to d opo l’arresto di Salvatore Riina (9.1.93), allorqua ndo Bernar do Provenzano aveva ini ziato a guidare l’orga nizzazione avvalendosi di un ristret to numero di uomini d’onore di al to livello, tra i quali certamente spiccava lo stesso collabora tore. Infine, il Giu ffrè indica va i principali fatti dei quali si era reso autore nel corso dei suoi molti anni di militanza attiva nell’organizzazione e precisava le modalità del suo arresto ed il percorso personale che lo aveva portato ad assumere la scelta di colla borare con l'Autorità giudiziar ia. A tale proposito deve osservarsi come, pur nella consa pevolezza della sostanziale indifferenza dei motivi che possono indurre un s oggett o a scegliere la via della collabora zione, la ricostruz ione del perco rso i ndividuale seguito dal Giuffr è, la serietà e la costan za del suo appor to all’A.G. appaiono davvero degni di not a pro prio per le caratteristiche soggettive del dichiaran te e per il corrett o compor tamento process uale. Ed invero, n ella valutazione delle caratteristiche intrinseche del col laborante va ten uto conto de l ruolo di vertice assoluto ricoperto dallo stesso nell’organigr amma dell’intera orga nizzazione “cosa n ostra”. Il Giuffrè, infatti, entrava a far parte di tale organizzazione fin dal 1980, anno in cui fu combinato come uomo d’ onore 183 della famig lia di Caccamo e divenne immediatamente il d elfino del vecchio ed autorevole boss della zona Cicci o Intile. Già nel 1987, dopo u n breve interregno di Diego Guz zino, Giuffrè succedeva ad Intile nella carica di reggente del mandamento di Caccamo, dapprima informalmente e subito dopo con investitura ufficiale. In tale veste il Giuffrè diventava componente sta bile della commissio ne pr ovinciale pa lermitana di “c osa nostra” ed a ssumeva il controllo totale su un ter ritorio tanto vasto quanto importante dal punto di vista stra tegico per l’orga nizzaz ione. Latitante fin dal 1 994, il Giuffrè, per sua stessa ammissione, ha preso parte attiva all e iniziative assunte dai più alti livelli del sodalizio fin o al 16 aprile del 2002 quando venne tratto in arresto dalle forze dell’ordine. Ma, al di là dei ruoli di vertice ricoperti e della partecipazione ai più elevati livelli decisionali d ell’organizzazi one, ciò che forse ai fini del presente giudizio caratterizza maggiormente la figura del G iuffrè è il suo r app orto di intima amicizia e confidenz a con colui che negli ultimi quindici anni, in modo particolare, è stato il cap o assoluto di “cosa nostra”, Bernardo Provenzano. Giuffrè, infatti, è stato i l vice del Provenzano, con il quale intratteneva un intenso rapporto epistolare e si incontra va all’incir ca una volta ogni quindici-venti gior ni. Nel corso di tali appun tamenti ovvero attraverso il frequente scambio epistola re, i due boss concordavano strat egie, risolvevano ca si con creti ( messe a post o di aziende, pr oblemi interni all’ organiz zazion e etc.) e si scambiavano notizie e confidenze di assoluta segrete zza e significatività per l’intera “cosa nostra”. Al di là del r uolo apicale e della ca ratura soggettiva del Giu ffrè, non vi è dubbio che la circostanza di avere intrattenuto questo t ipo di rapporti con Bernard o Provenzano fino ad epo- 184 ca recentissima (aprile del 2002) r ende la sua collaborazione per molti aspet ti uni ca ed irripetibile. Oltre a ciò, ovviame nte, deve tenersi conto del tipo di apporto fornito immediatame nte dal collaborante, il quale si è attiva mente adoperato al fine di consentire agli inquir enti la cattura del Provenza no (come è noto latitante da oltre 40 anni) del quale h a an che fornito – unic o ca so nel corso di questi decenni – un aggiornato ident ikit. Inoltre, il Giu ffrè f orniva numer ose indicazioni circa p ericolosi uomini d’ onore ed affiliati non ancora conosciuti dalle forze dell’ ordine e cir ca beni ed attività economiche costituenti il frutto del rei nvestimento dei capitali di provenienza illecita dell’o rganiz zazion e. Il Giuffr è, poi , ammetteva la sua diretta partecipazione alle fasi decisionali ed esecutive dei più terribili delitti consumati negli ultimi vent i anni da “cosa nostra” (si pensi alle stra gi del 1992 ed a numero si omicidi) e si spingeva fino a confessare la commissione di numer osi episodi criminosi de l tutto ignoti ag li inq uirenti. Queste caratt eristiche soggettive del collaboratore, in uno con una precisi one degna senz’altro di nota (è stato escusso dal Colleg io per otto ore a l giorno ed in più giorni consecutivi senza dare il minimo segna le di incertezza o di contraddizione) non hann o deluso le legittim e aspettative connesse al ruolo di vertice già ricope rto dal Giuffrè. E’ del resto evidente e logico attendersi da un personaggio di tal fatta un livell o di collabor azione adeguato al suo “rango” mafioso per poterne inferire un giudizio di p ositiva e globale attendibi lità. E il Giuffrè, per le ca ratter istiche intrinseche dimostrate, per l’atteggi amento processuale assunto, per il livello contenutistico e l’attualità del le propa lazioni, per la coerenza e la linearità del c ontributo, per l’unicità della fonte pr incipa le di molte conoscenze (Provenzano), pe r le ammissioni fatte ed i 185 risultati ch e ha fatto conseguire agli inquirenti ha dimostrato piena e s icura attend ibilità. Ciò posto, va detto che, nel presente dibattimento, il Giuff rè ha, sia pure in sintesi, ricostruito il suo rappor to con il Provenzano e l a fitta ed impenetrabile (sino a quel momento) rete di fedeli collaboratori che assicuravano la veicolazione dei “pizzini” e gar antiva no il permanere del suo stato di latita nza. E propri o gra zie al le pr ecise indicazioni r ese dal Giuffrè, le indagini f inalizz ate alla cattur a del Provenzano hanno subito quella decisiva svolta ch e ha consentito di pervenir e alla sua cattura, ponendo fine a cir ca quar anta anni di latitanza. Come si è detto, il Giuffrè all’atto d el suo arresto, avvenuto il 16.4.2002, era in possesso di alcuni “pizzini” e lettere provenienti da o dir etti a Bernar do Provenzano. In particol are, una lettera era stata scritta da lui s tesso in stampatello ed era diretta al Prove nzano mentre un’a ltra, ancora chiusa e sigilla ta, gli er a appena pervenuta da quest’ult imo. Il dato, direttamente riscontra bile attraverso la disamina del verbale di sequestro ed i documenti in atti (esibiti al collab oratore dur ante il suo esame ), conferma l’affermazione dell’attu alità e d ella frequenza dei rappor ti tra i due uomini d’onore che e rano rispettivamente il capo assoluto ed uno dei principali vice -capi dell’i ntera organizzazione. Qualche tempo dopo essersi deciso a collaborare (il 15.6.2002), il Gi uffrè in dicava agli inquirenti anche un nascondigli o annesso al casolare dov e era stato arresta to, nel quale egli teneva occultato un ba rattolo contenente diversi altri biglietti e lett ere di Provenzano. Spiegava il collabora tore che er a sua abitudine conservare la corrispon denza all’incirca dell’ultimo anno in modo da avere la prova do cumentale delle istruzioni ricevute dal Provenzano e di pot ersi, così, giustificare in caso di eventuali problemi o 186 richieste d i chiarim ento da parte di altri uomini d’onor e o dello stesso Pr ovenzano. In tale sorta di archivio venivano custoditi i principali affari di “cosa nostra” che r iguardavano le problematiche più comuni e frequen ti, quali le c. d. “messe a posto” degli imprenditori che esegui vano ap palti in Sicilia, i rendiconti delle somme di den aro da ver sare o da richieder e e tutte le questioni che riguardavano af fari e ra pporti tra f amiglie ed uomini d’onore. Lo scambio d i lettere e “pizzini” tra i due boss avveniva sempre a mezzo di interm ediari di assoluta fiducia, quali, ad esempio, Umina Gi oacchi no, fratello di Umina Salvatore, capo della fami glia di Vicari , presso il cui casolar e il Giuffrè aveva trascorso gli ultimi due anni di latitanza ed era stato arrest ato. Nell’ulti mo p eriodo prima del suo a rresto i c.d. “postini” (cioè gli intermediari ne lla veicolazio ne della corrispondenza) era no proprio l’ Umina Gioacchino (o il figlio) che passava la posta a Ci ccio Episcopo, il quale la consegnava a sua volta a Ninni Ep iscopo che la f aceva avere direttamente al Provenz ano. Anche la posta proveniente da quest’ultimo, a detta del Giuffrè, seguiva lo stesso percorso mentre in precedenza poteva alternati vamente passare anche attraverso Benedet to Spera (prima d el suo arresto a vvenuto nel 2001) ovvero tale La Barbera di Mezzojuso (l a cui sentenza di condanna definitiva è stata acq uisita agli atti, come si è già detto in precedenz a). Oltre all o scambio ep istolare, poi, Giuffrè e Provenzano si incontravan o personalm ente all’incirca ogni venti giorni in luoghi spesso diversi, con modalità di assoluta segretezza ed a mezzo del l’opera di u omini del tutto fidati. Diversi incontri erano avvenuti in territorio di Bagher ia – che era la “roccaf orte” di Provenza no, il paese che prediligeva e dove aveva trascorso gr an parte della sua latitanza – in vari 187 luoghi t ra i quali anche la ca sa di Nicolò E ucaliptus, in territorio di Ciminna attraverso E piscopo e Tolent ino, uomini d’onore di quel la famigl ia ovvero in altri paesi ed, in precedenza, si nanco a Palermo. Fino al 2001 talora gli i ncontri erano anche a tre con la partecipazio ne di Benedetto Spera ma di solito erano presenti solo il Giuffr è ed il Pr ovenzano, il quale, specie negli ultimi anni, era sol ito “bonificare” le automobili ed i luoghi degli appuntamenti attraver so uno strumento (scanner) che portava con sé. Giuffrè specif icava che quella della sicurezza era una de lle principali preoccupazioni del Prov enzano, il quale ripeteva sempre, sia oralmen te che nella corrispondenza, che bisognava stare sempre vigili e controllare tutti i luoghi frequentati da uomini d’onor e e latitanti. Le principali pre occupa zioni riguar davano la presenza di microspie per l’effettua zione di inter cettazioni ambientali c he potevano essere state occultate dalle forze dell’ordine all’interno delle auto vetture ovver o degli apparati elettr ici degli imm obili dove a vvenivano gli incontri. Le preoccup azioni d el Provenzano erano iniziate fin dai primi anni 90’ (quando in effetti tali mezzi di ricerca delle prove si erano diffusi) tan to che erano state chieste informazioni anche ad uomini d’ onore di cosa nostra americana che da più tempo avevano a che fare con tali metodologie di indagine. Nel 1996 lo stesso Giuff rè aveva regalato al Provenzano uno strumento rudimentale p er la ricer ca delle microspie ma solo nel 2001 questi si era dotato fina lmente di un apparecchio molto più sofisticato che, come si diceva dianz i, portav a sempre con sé ed uti lizzava personalmente per “bonif icare” le auto e gli immobili usati per gli incontri. Il Provenzano raccomandava, a detta del Giuffrè, di prestare particolare attenzione alla presenza di opera i della Telecom ovvero dell’ Enel, di piccoli furgoni, di pali della luce sui qua li 188 potevano essere state collocate telecamere, di coppiette appartate in automob ile e sinanco di cacciatori (durante il periodo venatori o ovvi amente) perché in tut ti i casi si poteva trattare di tent ativi delle forze dell’ ordine di effettuare intercettazion i o ri prese audio-video. Ma non sempre le p reoccupazioni del Provenzano era state, per così dire, generi che e via via sempre più assillanti; in diversi casi – come si ch iarirà meglio nel prosieguo della motivazione - i l Provenzano aveva indicato al Giuffrè luoghi ben precisi dove egli era venuto a sapere che era state disposte delle intercett azioni . In particola re il Giuffrè indicava l’a zienda agricola dei fratelli Umina di Vicari, le abitazioni o i casolari di Episcopo e Tolentino a Ciminna, un immobile ubicato in Mezzojuso dove a volte s i erano incontrati ed una strada in territorio di Ciminna dove eran o state montate delle teleca mere per l’osservazione dei veicoli. In questi luoghi il Provenzano era venuto a sapere che le forze dell’or dine av evano in corso intercettazioni o ser vizi specifici di osservazione e, pertanto, invitava il Giuffr è a far fare particolare attenzione agli uomini d’onore che li freq uentav ano abitualmente. Una di queste seg nalazioni era stata, peraltro, oggetto di una lettera i nviatagli dal Provenzano e sequestr atagli proprio in occasione del suo arr esto. Si tratta di una letter a scritta dal Provenza no con la usua le macchina d a scrivere nella q uale il boss fa rifer imento a possibili intercetta zioni presso l’azienda agricola di Carmelo Umina in territorio di Vicar i e si ra ccomanda la massima attenzione da parte di tutti gli uomini d’onore intere ssati. Il Provenzano aveva anche indicato la fonte dalla quale a veva appreso tali informazio ni riservate, indicandola nella famiglia mafiosa di Bagheria ed, in particolare, negli uomini d’onore Nino Garg ano e Nicolò Eucaliptus. 189 Le puntuali in dicazioni fornite dal Giuffrè, come dichiarato dai testi di P.G., hann o consentito di ricostruire tale rete ristretta di postini e colla boratori del Provenzano (Pietro Lo Jacono e O nofrio Morreale di Ba gheria, i La Barber a di Mezzojuso, Pin o Pinello di Baucina, i fratelli Episcopo ed Angelo Tolentino di Ciminna ), i quali sono stati tratti in arresto (e talora gi à giud icati con sentenze anche definitive). Ad ulteriore riprova dell ’attualità e della precisione delle n otizie riferite dal Giuff rè, vale la pena di evidenziare come lo stesso Provenzan o, diven uta pubblica la notizia della collaborazione del Giuffrè nel mese di settembre 2002, avesse trasferito i l luog o dell a sua latitanza evidentemente temendo di poter ess ere arrestato (com e rifer ito dagli inquirenti). In ordine all e superi ori dichiarazioni rese dal Giuffrè sono stati acquisi ti puntual i ed individualizzanti elementi di riscontro. In particolare, il test e Colonnello Antonio Damiano riferiva i risultati investigativi conseguiti d al R.O.S. dei C.C. sulla scorta proprio delle precise indicazioni fornite dal collaboratore. Si fa riferiment o specifi catamente alla indagine denomina ta “Grande Mandam ento” che ha por tato agli arresti di tutti i componenti della suddetta rete di f iancheggiatori e fedelissimi del Provenzano (agl i att i sono stati acquisiti la richiesta di rinvio a gi udizio , il decr eto che ha disposto i l giudizio ed il dispositi vo del rela tivo giudizio abbreviato) e che ha costitu ito lo spunto invest igativo per giungere, a seguito di ulteriori accertamenti, anche alla ca ttura del Provenz ano stesso. Prima di entra re nel merito delle dichiarazioni r elative alla persona di Michele A iello, il Giuffrè traccia va un quadr o generale del ra pporto speciale che legava Bernar do Provenzano alla citt à di Bagheri a (luogo ove l’ Aiello vive ed opera e dove hanno sede le sue imprese). 190 Secondo G iuffrè, Bagh eria era stato da sempre, ma in modo particolare dal 2 000 in poi, il ve ro punto di riferimento per il Provenzano ch e ne aveva fatto la sua “roccaforte” ed il luogo dove aveva a lung o trascorso la latitanza (affidandosi quindi agli uomini d’on ore locali) e stabilito – come si dirà - anche i suoi interessi econom ici principali. Lui stesso negli ann i 80’ aveva pa rtecipato a diversi appuntamenti con il Provenzano nel territorio di Bagheria, in svariati luo ghi tr a i quali sicuramente una casa di Nicolò Eucaliptus e vari casolari e scant inati (analitica mente indica ti nel corso del l’esame dell a part e civile). Gli appuntamenti erano organizza ti tramite uomini d’onore d i Bagheria vicin i da sempre al Provenzano, quali Nino Gargano, Nicolò Eucali ptus, Leonardo Greco, Pietro Lo Iacono e poi Onofrio M orreale. Si trattava di una fazione di “cosa nostra” bagherese di gran lunga dominante e, comunque, sempre fedele al Provenzano, del quale aveva curato la latitanza per vari anni nel corso del decennio 1980-1 990. Leonardo Greco era un uomo d’onore “storico” di Bagheria che gesti va una azienda (la I.C .R.E.) ubicata all’inizio del paese nei cui locali era stato allestito, nel corso della guerra di mafia dei primi anni 80’ , un “campo di sterminio” di “cosa nostra”, ovvero un luogo dove sistematicamente venivano commessi omicidi e sciol ti nell’acid o o sepolti i cadaveri degli avversari elimi nati. Altri uomini d’o nore ba gheresi di particolar e spessore cr iminale ed importanza nel corso degli anni 80’ e 90’ erano Nino Gargano e Nicolò E ucaliptus, mentr e nei primi anni 90’, dopo l’arresto d i costoro, era salito alla ribalta Pietr o Lo Iacono, anch’egli uo mo d’onore formalmente combinato e punto di riferimento sia p er Provenzano che per la stesso Giuffrè. Negli ultim i tempi, poi, era subentr ato anche Onofrio Mor reale (genero di Nico lò Euca liptus) che, dopo un passato da de191 linquente com une, era entrato nell’ orbita del Lo Iacono e de l suocero e da costoro avvicinato a ll’organizza zione. Nel corso del 1993 il Morreale era stato accompagnato in località Pag liarelli dal L o Iacono e, nel corso d i una riunione alla pres enza di Pro venzano, Carlo Greco, Pietro Aglieri, er a stato “combinat o” com e uomo d’onore riservato. Negli anni successivi il Morreale sarebbe poi diventato uno dei più fedeli p unti di rif erimento per il Provenzano a Bagheria. Per delineare ulteriormente il cont esto dei principa li uomini d’onore di Bagheria vicini a Provenzano, il Giuffrè indicava anche Giammanco Nicol ò ed il fratello Vincenzo. Il primo era capo del l’Ufficio tecnico del Comune di Baghe ria mentre il secondo faceva l’imprenditore edile ed era stato s ocio e prestanome di Provenzano che fin dagli anni 80’ aveva deciso di investire a Bagheria. Conclusivamente, du nque, Bagheria, cioè la città dove l’ Aiello risiede ed ha operato con le sue aziende, costituiva una vera e propria enc lave di Bernardo Provenzano, dove questi a lungo ha vissuto dura nte l a sua latitanza e che ha controllato personalm ente ed in modo quasi autarchico. Antonino Giuffr è, poi , riferiva tutta una se rie di circostanze relative alla persona di Michele Aiello ed alle sue att ività economiche, sof ferman dosi dapprima sulla sua personale c onoscenza del l’imputato e del di lui padre Gaetano e spiegando nei minimi dettag li le relazioni che Michele Aiello aveva nel tempo stabili to con “cosa nostra” bagherese e con Bernardo Provenzan o. Tale quadro c omplessivo, come vedremo, consente di acc ertare e ricostruire l’esistenza d el “patto di protezione” che ha l egato l’Aiello a “cosa nostra” con l’avallo personale dello s tesso Proven zano. Tale patto, secondo il tipico schema sinallagmatico che lega un imprenditore all’organiz zazione, prevedeva la pr otezione 192 sistemati ca e l’ausilio della seconda in favore del primo, il quale, tuttavia, assumeva in modo pienamente consapevole una ser ie d i obblighi che, nel caso dell’Aiello, consistevano nel finanziar e il sodalizio mediante il versamento volontario di somme di denaro ed il pagamento delle c.d. “messe a po- sto” in r elazio ne ai vari lavori s volti nel territor io siciliano, nella disponibilità all ’assunzione di soggetti segna lati dagli uomini d’ onore e, soprattutto, nella rivelaz ione di notizie coperte dal segreto investigativo circa le indagini in corso sull’orga nizzazione in generale e su Bagheria e Bernardo Pr ovenzano in modo particolare. La dimostrazione dell’esistenza di tale patto sistematico e continuativo contr ibuisce, in modo inequivocabile, ad ind icare Michel e Aiell o come un imprenditore di fatto organico all’organ izzazione ma fiosa. Nell’affr ontare il contenuto specifico delle dichiara zioni r ese dal Giu ffrè su M ichele Aiello occorre premettere, per ragioni di ordin e sistematico, q ualche breve considerazione sulle f onti dalle quali il collaboratore ha tratto le notizie riferite. Ad una prima analisi appare, invero, evidente com e la stragrande mag gioranz a delle indicazioni fornite dal collaborante siano il frutto della sua personale e diretta conoscenza dei fatti descritti. Sotto t ale p rofilo , quella del Giuffrè appar e come una ver a e propria chiamata in cor reità fondata su dati di fatto, condotte spec ifiche e circo stanze dallo stesso vissute direttamente sia per il personale rapporto intercorso con l’Aiello che per il ruolo verticistico a lun go ricoperto nell’ambit o del mandamento di Caccam o. A fronte di dett e propalazioni sono stati raccolt i numerosi e convergenti elemen ti di riscontr o individualizzanti che consentono di ritenere corroborata app ieno la suddetta chia mata di correo alla luce dei richia mati pr incipi giurisp rudenziali in 193 materia di cri teri di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia . Tale pri mo coacervo di d ichiarazioni, si badi bene, costituisce materiale probat orio pi ù che sufficiente per pervenire alla affermazion e della p enale resp onsabilità dell’Aiello in ordine al reato in esame, sia sotto il profilo della intrin seca consistenza del dato probatorio così come riscontrato in modo individualizzan te che alla l uce delle altre autonome ma convergenti emergenze processuali . Per alt ro ve rso, una parte residua delle dichiara zioni rese dal Giuffrè tecn icamen te sono de relato anche se provengono da una fonte particolarmente qualifica ta – Bernardo Provenzano – ed appaiono avvalorate dal ruolo verticistico ricoper to in seno all’or ganizz azione sia dalla fonte che dal dichiarante e, soprattutto, dal profondo rapporto di amicizia e correità che ha legato entrambi. Pertanto, pur se de re lato, le affermazioni riferite dal Giuf frè in quanto apprese d iretta mente dal Provenzano vanno valuta te alla luce sia dello spessore intrinseco del collaborator e che del rapporto pr ivileg iato che lo legava alla sua “fonte” Provenzano. Questi due fattori, se congiuntamente valutati, dimostr ano il livello di atten dibilità che deve riconoscersi alle parole del collaboratore anche in r elazione a tale specifica pa rte d elle sue dichi arazio ni. Più specificatamente, secondo il complesso racconto del collaboratore, Bernardo Provenzano d iverse volte gli aveva parlato di Mi chele Aiello, confidandogli parecchi fatti e circostanze ch e riguardava no l’odierno imputato. Come si vedrà si tratta di confidenze della massim a segretezza, atteso che l’Aiello, per il rilevante ruolo imprenditoriale svolto proprio a Bagheri a e per quello di fonte di notizie riservate con ami cizie nel l’ambito istituzionale, era per il Provenzano una pedi na fondamentale del suo sistema di poter e 194 che non voleva “bruciare” né condividere con altri membri dell’organizzaz ione m eno fidati del Giuffrè. A specifica conferm a di tali confidenze sussiste un duplice e ben preciso riscon tro documentale costituito da due scritti sequestrati al Giuffrè al momento del suo ar resto in data 16.4.2002. Nel corso dell’esame avvenuto (anche per l’esigenza di esibire tali docu menti) presso l’aula bunker di Milano, al Giuffrè venivano mostr ati due distinti documenti: una letter a scritta a macchina datata 25.4. 2001 ed un appunto manoscritto a stampatello. Il Giuffrè p recisava ch e la lettera gli era pervenuta dal Provenzano ed era stata scritta utilizzando la solita ma cchina da scrivere che questi abitualmente a doperava per tutte le missive. Alla ste ssa il Provenza no allegava 21 milioni delle vecchie lire precisando al Giuffrè che si tratt ava di soldi che gli aveva fatto avere Michele Aiell o come corrispettivo della “messa a posto” per la realizzaz ione di una strada interpoderale nel territori o del mandamento di Cacca mo. Poiché i l Giu ffrè era ca po del ma ndamento di Caccamo e, quindi, titolar e dell a “com petenza territoriale” sul luog o dove l’Aiello aveva real izzato l a strada interpodera le, il cor rispett ivo della c.d. messa a posto andava consegna to a lui, esattamente come aveva fatto il P rovenza no. L’altro appunto m anoscr itto er a stato, invece, op era dello stesso Giu ffrè e si riferiva, a suo dire, all’indicazione di lav ori edili eseguiti sempre dall’Aiello in due diverse contrade ricadenti n el territori o di San Maur o Castelverde. Tale appunto gli era ser vito per parlarne con Provenz ano e chiedergli di farsi da re dall’Aiello i soldi della messa a posto da girare per competenza alla famiglia di San Maur o Castelverde. 195 Successivamente a qu ell’incontro, effettivamente, il P rovenzano gli aveva con segnato di persona il denaro che lo ste sso poi aveva dato ai respon sabili della famiglia mafiosa di quel centro. Tale duplice riscontro documentale conferma l’esistenza tra il Giuffrè ed il Pro venzan o di colloqui sia epistolari che diretti aventi ad og getto proprio le attivit à di Michele Aiello e, pertanto, as sume un a sicur a valenza e significatività in tale direzione. Ulteriori ri scontri di polizia giudiziaria sul contenuto di det ti pizzini saranno esaminati nel prosieguo dell a motivazione. Giuffrè, tutt avia, non si è limitato ad a vere notizie di Aiello direttamente da Bernardo Prove nzano – cosa accaduta ma in parte min ima – ma ha conosciuto personalme nte ed assai bene l’impu tato Aiello. La cono scenza risaliva addirittura agli anni 80’ quando Michele Aiello in tratteneva ottimi r apporti con i fratelli Guzzino Antonino e Diego (entrambi uomini d’onore di Caccamo ed il secondo, per un breve lasso di te mpo, anche aspirante reggente di quel manda mento) e la vor ava con il pa dre Gaetano che Giuffrè chiamava confid enzialmente “Zù Tanu” avendolo conosciuto personalmente e frequentato. Questi era un im prenditore edile di Bagheria che av eva svolto la sua attivi tà per lung hi anni ed era stato molto “vicino” a Cosimo Lanza, altro uo mo d’ onore storico di quel centro, successiv amente scomparso ed ucciso con il metodo della “lupara bianca” (come confermato d allo stesso collaborante). Per far comprender e lo spessore del personaggio, il Giuffr è riferiva che Cosim o Lanza nel 1985 era stato nomina to, insieme a Franco Baiamonte , “corregge nte” della famiglia mafiosa di Bagheria. Faceva parte, tuttavia, i nsieme ai fratelli Mineo di una fazi one interna a Bagheria che all’epoca si trovava in contrapp osi- 196 zione a quella vicina a Provenzano, rappresentata dal Gargano e dall ’Eucaliptus. In base a q uanto riferitogli dagli uomini d’onore locali ed anche dal lo stesso Provenzano, Ga etano Aiello era stato sicuramente in società con i Mineo e molto probabilmente pure con Cosimo Lanz a. All’incir ca nel 1986, tutta via, dopo la sparizio ne di Cosimo Lanza aveva a vuto avvio una sanguinosa faida tra la fazione vicina al Provenzano e quella contr apposta cui si è fatt o riferimento prima. Stabilita, infine, l a predomina nza della prima fa zione – que lla vicina al Provenz ano - Gaetano e Michele Aiell o si erano venuti a trovare in difficoltà in quanto privi del sostegno e della copertura mafiosa fo rniti loro sino a quel momento dal gruppo perdente. Le iniziative assun te da Gaetano Aiello e da suo figlio da quel momento in poi erano state chiaramente indiriz zate a “passare dall’altra sponda” ed a trovare r iparo e sostegno attraver so gli uomini vici ni al Provenzano che avevano oram ai il controllo presso cchè egemoni co di Bagheria. Tale operazion e era stata avviata da Gaetano Aiello – ottimo conoscitore delle d inamic he ma fiose – allo scopo di prot eggere e far svilu ppare l’atti vità in via di espansione del figlio e, come ci terr à mol to a sottolinear e lo stesso Giuffrè, sarà dallo stesso Michele Aiello completat a e portata a com piment o. Giuffrè si era personalmente occupato di Michele Aiello per la prima vo lta agli inizi degli anni 90’ in due occasioni ben precise che lo stesso collabora nte ha descritto ne i minimi part icolari. Subito prim a o subito dopo il suo arresto (a vvenuto nel 1992), era dovuto intervenire nella sua veste di capo mandamento di Caccamo per u na questione relativa ad una str ada interpoderale di q uel centro che interessava ai fratelli Libe rto, uomin i d’on ore di quella famiglia. 197 I lavori per la reali zzazione della strada i nterpoderale erano stati proget tati da temp o ma non si riusciva ad eseguirli per una serie di pr oblemi di ord ine bur ocratico-amministrativo. Il Giuffrè era venu to a sap ere che, in realtà, tali lavori era no ostacolati da Antoni no Guzzino, uomo d’onore ed as sessore presso il Comun e di Caccamo nonchè fratello di Diego Guzzino, importante uomo d ’onore di que lla famiglia. Il Guzzino , sfruttando anche le sue influenz e politiche ed il suo ruol o di assessore com unale, faceva in modo di ostacolare l’es ecuzio ne dei lavori poiché a ppoggiava il suo amico di lunga data Michele Ai ello che, nello specifico settore, aveva una parti colare competenza. A Giuff rè, pertan to, era stato richiesto un intervento dai fr atelli L iberto, uo mini d’onor e della sua stessa f amiglia, i quali gli avevano segnalato l’opp ortunità di interessare l’ingegnere Aiello di B agheria allo scopo di ottenere il f inanziamento e l’esecuzi one della strada. Egli era dovu to ovviamente intervenire a tutela del suo prestigio di capo del m andamento maf ioso di Caccamo ed, attraverso gli uomini d’on ore di Bagheria, aveva contattato Michele Aiello il quale si era messo subito a sua d isposizione. Dopo l’intervento del Giuf frè i lavori erano stati af fidati all’Aiell o (il qua le aveva anche riprogettat o l’intervento), i problemi si era no immediatament e dissolti e la strada era stata eseguita in brevissimo tempo con piena soddisfaz ione dei fratelli Li berto. Ma, senz a dub bio, a detta del Giuff rè l’episodio più significativo di quel torno di tempo era consistito nella dazione della somma di 100 m ilioni d i vecchie lir e da parte dell’Aiello a Nicolò Euca liptus. Tale not izia g li er a stata confidata proprio dall’Eucaliptus, il quale gli aveva manifestato tutto il suo stupore per quel gesto dell’Aie llo, in quant o si era trattato di una dazione non collegata ad al cuna messa a posto o richiesta estorsiva . 198 Era stata, infatti, un a iniziativa spontanea di Michele Aiello che, in o ccasion e del Natale, voleva dimostr are tutta la sua vicinanza e solidar ietà ai detenuti della famiglia mafiosa di Bagheria. Sul punto , tra le altre cose, il Giuf frè riferiva:“In modo particolare, ci sarà un discorso che mi è restato particolarmente impresso: che mi dirà dell'avvicinamento del Michele Aiello a loro, cioè al nostro gruppo e nello stesso tempo c'è un fatto importantissimo, che siamo nelle vicinanze del Natale, però, Signor Presidente, non ricordo se sia il ‘91 ma è probabilmente che lo sia… E Nicola, con un certo stupore, l’Eucaliptus mi dice “sai, l'ingegnere Aiello oltre ad essersi messo nelle nostre mani, nell'avvicinarsi delle festività natalizie per la nostra famiglia e per i carcerati in modo particolare ci ha of ferto la somma di 100 milioni” di allora. Diciamo che questo è un discorso che mi è rimasto particolarmente in mente e mi serve, se ce n e fosse di bisogno, di spinta a portare avanti Michele Aiello nell'ambito di Cosa Nostra, in modo particolare di Bagheria. Questo diciamo che è uno dei motivi più importanti che mi porta a metterlo delle mani dell'astro nascente di Cosa Nostra di Bagheria, Pietro Lo Iacono, che poi siamo sempre nel contesto Provenzano”. Nel corso del contro esame e nel prosieguo della sua deposizione il Giuffrè ribadiva ulteriormente la natura a ssolut amente s pontan ea e svincolata da qualsiasi costrizion e della dazione di tal e cospicua (specie in relazione all’epoca del fa tto) somma di denaro: GIUFFRE’: “Signor Presidente, l'ingegner Aiello non è ch e pi- glia i 100 milioni così, che sarebb e troppo bello, ma sempre questo è un investimento sul futuro perché appositamente l'ingegner Aiello ha di bisogno perché ha tanti lavori già nelle zone di Caccamo e in tante altre parti… PRESIDENT E: Però, mi scusi se la interrompo, questi sono lavori per cui lui già paga la messa a posto? 199 GIUFFRE': Non c'entra, Signor Presidente … il discorso della tangente è uno e il discorso dei cento milioni è tutto un altro discorso”. L’Eucaliptus, inoltr e, rif eriva al Giuffrè che, con tale gesto, l’Aiello si era ul teriorm ente avvicinato alla lor o fazione l asciando concl udere al collaborator e che il difficile e lungo percorso di “passaggio di sponda” avviato da Gaetano Aiello al fine di agevolare suo figlio si er a perfezionato con tale elargizione da p arte proprio di Michele Aiello. In tale occasione, dunque, Giuffrè, per la prima volta, veniva messo a conoscen za da un importante uomo d’onore di Bagheria ch e Michele Aiello, al d i là delle amicizie e degli a ffari del padre con esponenti di “cosa nostra”, si era personalmente “avvicinato” alla corrente mafiosa bagherese che faceva capo a Provenzano. Tuttavia, dopo qual che anno e, precisamente, a seguito dell’arresto di Nicolò Eucaliptus (a vvenuto nel 199 3), Michele Aiello era nuo vamente rimasto privo di protezione ed appoggio a causa della lontananza da l territorio degli uomini d’onore ai quali era “vicino”. Con espressione tanto colorita quanto efficace, il collaborante afferm ava che l’Aiel lo era rimasto “orfanello” e, pertanto, aveva tent ato di avvicinarsi allo stesso Giuff rè, avendolo conosciuto personalmente e sapendo dello spessore e del r uolo che ricopriva nell’organigr amma mafioso ed, in par ticola r modo, del la sua vicin anza a Bernardo Provenzano. Tra l’altro testualmente il Giuffrè riferiva che Aiello: “si era avvicinato al gruppo dell’Eucaliptus e del Provenzano. E che poi probabilmente - e saremo nel ’93 - dopo l'arresto di Nicola Eucaliptus, all'ingegner Aiello … ci mancherà il punto di riferimento basilare che era quello di Nic ola Eucaliptus. L'ingegnere Aiello sa perfettamente che io faccio parte del grupp o del Provenzano. Michele Aiello sa perfettamente che faccio parte e sono legato in modo particolare a Nicola Eucaliptus, sa che sono 200 in modo particolare legato a Nino Gargano e automaticamente si viene a rivolgere a me. Ci abbiamo il discorso di entrata grosso modo que llo de lla strada, poi ci abbiamo il discorso delle conoscen ze che va a suo padre e diciamo che per un periodo di tempo su Bagheria quasi quasi che diventerò io il punto di riferimento di Michele Aiello. Del discorso informerò il Provenzano e dopo un periodo di tempo … si era affacciata la figura del Pietro Lo Iacono, sento il dovere di mettere il Michele Aiello nelle mani di un'altra persona giusta, tra virgolette, nel discorso mafioso di Bagheria”. L’Aiello, dunque, lo aveva incontr ato e gli aveva chiesto espressame nte di poter stare “v icino” a lui, nel senso di p oter avere il Giuff rè come punt o di riferimento per tutto ciò che aveva attinenza con l e dinamiche m afiose. Il Giuf frè, non avendo com petenza diretta sulla fam iglia mafiosa di B agheri a, aveva parlato di tale argomento con il Provenzano, dimostran do ancora una volta il suo rispetto assoluto per le reg ole interne a “cosa nostra”. Ed invero, com e riferiva lo stesso collaborante, “mettersi nelle mani” l’Aiello per lui che non avev a competenza diretta sul la famiglia mafiosa di Bagheria sarebbe stato comportam ento censurabile e n on rispettoso delle regole dell’organizzazione. Così il Giuffr è ne aveva parla to direttamente al Pr ovenzano, il quale era già st ato in formato dall’Eucaliptus della dazione spontanea d i 100 milioni di lire e gli aveva dimostrato di conoscere m olto bene la figur a e la posizione di Michele Aiello. Il Proven zano, asserendo che l’Aiello era una persona “di cui ci si può affidare”, gli aveva suggerito di “metterlo nelle mani” di Piet ro Lo Iaco no, u omo d’onor e di Bagheria c he godeva della fiduci a di entrambi. Fu così che per un breve periodo (all’incirca un mese), d’intesa con il Provenza no, lo stesso Giuffrè si “mise nelle mani” transitoriamente l’Aiello – con il qua le aveva anc he fat- 201 to alcuni i ncontri presso i suoi uffi ci - e subito dopo lo affidò al Lo Iacono. Lo stesso Giuf frè aveva or ganizzato un incontro pre sso l’ufficio di Michele A iello ed, in t ale occasione, lo aveva presentato al L o Iacono dicendogli che per tutte le vicende che riguardavano l’or ganizzazione m afiosa egli doveva rivolgersi sempre ed imman cabilm ente al Lo I acono. Appare mol to impo rtante s ottolineare la significatività in chiave mafiosa di tale presentazione, posto che, come confermato sia dall’im putato che dallo stesso Lo Jacono nel corso del dibattimento, costoro si conoscevano bene già da molto tempo prima di tal e occasione. Tale cir costan za, in vero, non solo è stata confermata dallo stesso Aiello ma anche da Lo Iacono Pietr o, il qua le, pur nella veste di imputato di reato connesso, ha affer mato di conoscere l’ Aiello sin da qu ando entrambi erano bambini e di avere collabor ato con lui, n el corso degli anni 80’, nella gestione della squadra di calcio di Bagheria. E poiché un a no rmale prese ntazione tra persone che si con oscono da moltissi mi anni non avrebbe avuto alcun senso logico, non può ch e riten ersi, in adesione a quanto r iferito dal Giuffrè, che tale presen tazione sia avvenuta secondo le m odalità t ipiche di “cosa nostr a” e cioè attra verso un membro dell’organizzaz ione ( il Giu ffrè) che, conoscendo la qualifica mafiosa d i due soggetti , li “presenti” formalmente garantendo che si tratta della “stessa cosa”, cioè di membri del sodalizio. Il Giuffrè, dunque, dopo aver seguito personalmente per breve tempo l’A iello, lo aveva affid ato, su indicazione dello stesso Provenzano, al Lo Iacono, uomo d’onor e della famiglia d i Bagheria e, come tale, competente a “gestir e” Aiello e le sue attività imprenditori ali che proprio in quel centro avevano sede. Del resto, lo stesso Giuf frè evidenz iava come il Pietro Lo Iacono fosse già all ’epoca un uomo d’onore della famiglia ma202 fiosa di Bagheria ch e, come tale, gli era stato formalmente presentato all’inizio degli anni ’90 e che, dopo l’arresto di Nicolò Eucaliptus, era salito a lla “rib alta di cosa nostra” bagherese e si era person almente occup ato della latitanza di Ber nardo Provenzan o al q uale era molto vicino. Dal 1994 in avan ti il collaborator e non aveva più personalmente incon trato l’ Aiello ma ne aveva costantemente seguito gli svilup pi e le vicende sia per i lavori che questi avrebbe eseguito nel territori o del suo mandamento che a motivo della sua vici nanza a l Provenzano ed ai rappresentanti della f amiglia mafiosa di Bagh eria. Il rappo rto di “vicinanza ” dell’Aiello con il Lo Iacono si era poi protratto al meno si no a tutto il 2001 e si era svolto senza alcun pr oblema ed a ll’interno della famiglia mafiosa di Bagheria. Il Giuffrè chiariva che, attraverso tale particolare ra pporto, il Lo Iacono si occupava di tutte le attività che l’ Aiello doveva sviluppare nel territorio di Bagheria così come dei la vori che doveva svolgere al di fuori di quel comprensor io. Pertanto, se l’ Aiello aveva intenzione di realizzar e una strada interpoderale in un qualunque ambito territor iale doveva chiedere al Lo Iacono l’autorizz az ione preventiva, di mod o che questi si rivolgesse al Provenz ano per informarlo ed ottenere il via libera o a nche un intervento agevolativi e protettivo. A proposito delle strade inter poderali il Giuff rè riferiva che l’Aiello aveva dei con tatti (“era ammanigliato”) all’interno del competente assessor ato regionale e che ve niva privilegiato nell’ottenere i finanziamenti. Ed era anche fortemente sost enuto presso alcune amministrazioni locali, come nel caso del Guzzino Antonino per il Comune di Caccamo. Tale reticolo di rapp orti istituzionali in uno ai suoi a ppoggi mafiosi lo avevano, in sostanza, fat to diventare qua si un mo203 nopolista nel settore della realizzazione delle stradelle interpoderali che aveva eseguito in num ero assai rilevante. Allo stesso mod o, tuttavia, prima di iniziare un lavoro in un altro territor io, l’Aiello doveva comunicare la c ircostanza al Lo Iacono ed al Provenza no, i quali contattavano i responsabili della fami glia ma fiosa locale. Alla fine dei lavo ri in tal modo a utorizzati, l’Aiello doveva versare al Lo I acono il denaro della “messa a posto” e questi lo consegnava direttamente al Provenzano, il quale, a sua volta, lo face va recapitare ai responsabili delle varie famig lie locali. Su indicazione dello stesso Provenzano si era sta bilito che l’Aiello versasse la somma fissa di sette milioni di lire per ciascuna s trada i nterpoderale (atteso che, come vedremo, si trattava di fin anziam enti a tetto fisso e non di importo variabile). Sul punto Giuffr è affermava: “Michele Aiello nel momento in cui si accingeva a costruire una determinata strada, parlava con Bagheria, Bagheria o con Pietro Lo Iacono o con altri che c'erano in quel periodo faceva pervenire al Provenzano, e il Provenzano, se erano quelli discorsi che dovevo fare io, me lo passava a me. Successivamente, sempre per le stesse mani, finito il lavoro, il Michele Aiello mi faceva pervenire, tramite sempre lo stesso passaggio, i soldini che poi io a sua volta facevo pervenire alla famiglia o alle zone … dove ricadeva il lavoro”… … “Il discorso parte da Aiello… nello specifico, Aiel lo - Pietro Lo Iacono, Pietro Lo Iacono - Provenzano, Provenzano - me per quanto riguarda la messa a posto. Stesso discorso e stesso passaggio per quanto riguarda i soldini”. Tali modalità, stabili te dal Provenzano, erano state diretta mente verif icate da llo stesso Giuffr è in relazione a lavori es eguiti dal l’Aiello in territo rio di Caccamo. 204 In più di una occas ione, infatti, egli aveva parlato con il Pr ovenzano dell a richiesta preventiva dell’Aiello di effettuare lavori nel suo ter ritorio di competenza e, dopo lo “sta bene”, aveva ricevuto, sempre per il tr amite del Provenzano e del Lo Iacono, le somme pagate dall’Aiello a titolo di “messa a posto”. E’ il caso di r icorda re che rispetto a tale affe rmazione del Giuffrè è stato raccolto dagli inquirenti un risc ontro preciso ed individu alizzan te, costituito dalla lettera del Provenza no alla quale era allegata l a som ma di 21 milioni di lire per lavori eseguiti dall’Aiello nel territorio di competenza del mandamento mafios o di Caccamo (oltr e all’appunto manos critto dal Giu ffrè e relativo ad ulteriori lavori eseguiti sempre dall’Aiel lo in quella zona) . L’ammontare della so mma (21 milioni per tre strade), pera ltro, corr ispond e esattamente ad un multiplo dell’importo della singola messa a posto (7 milioni di lire) indicato dal collaboratore. Tuttavia, a ben vedere, l e suddette modalità di “messa a posto” dell’Aiel lo er ano si curamente a nomale rispett o alle regole generali dell’organizzazione. Come è ampiament e noto nell’ esper ienza giudiziar ia in m ateria e c ome è stato con cordemente affermato in q uesto proce sso sia dal Giuffrè che dal Si ino e d al Brusca, il responsabile della fam iglia di appartenenza dell’imp rendit ore-mafioso normalmen te vers a le somme della messa a posto direttamente nelle mani dell’omo logo capo della famiglia mafiosa ter ritorialmente compe tente per il lavoro da eseguire. Tali dazi oni normalmen te non transitavano da Ber nardo Provenzano, il quale, prop rio per il suo ruolo ver ticistico e per lo stato di latitanza, non poteva di certo costituire il tramite di tutte le transa zioni rel ative all’intero coacervo di messe a posto versate in Sicili a. 205 Nel caso di Aiello, invece, con modalità ta nto significative quanto an omale, le messe a posto dovevano essere preventivamente assen tite diret tamente da l Provenzano, per il tr amite del Lo Iacono, e le somme versate dovevano successivam ente transitare sempre dal le mani del vertice assoluto di “cosa nostra”. Come si vedrà, a nche questa circostanza conf erma e ribadisce il partico lare ruo lo svolto d all’ Aiello nel per sonale sistema di pot ere di Bernardo Provenza no. In relazio ne alla procedu ra della “messa a posto” in generale, poi, il collaborante rife riva – in ciò specificata mente cor roborato dalle conve rgenti dichiarazioni del Brusca e del Siino come si trattasse di una regola indefettibile di “cosa nostra” che andava appl icata sempre e com unque ed anche ad imp rese direttamente ricon ducibili ad uomini d’onore. La regola stab iliva ch e alla famiglia mafiosa del luogo dove era stata appal tata l’esecuzione di un’opera pubblica ovver o si doveva realizzare un lavoro edile di un certo rilievo (come, ad esempio , una str ada interpodera le) andava sempre riconosciuta una somma di denar o, solitamente comm isurat a ad una certa percentuale rispetto all’entità del lavor o o dell’appalto. Talora, oltre a tale somm a veniva a nche stabilito se l’impresa si dovesse necessaria mente avv aler e di piccole ditte locali per l’effettu azione di al cuni lavori in sub-appalto (come ad es. il movimento terra o i nol i di attrezzature) ovvero pe r le forniture di i nerti o calc estruzzo. La messa a post o ser viva per compensare la famiglia locale del “disturbo” che l’impr esa arrecava al territorio e, pertanto, costituiva una regola ch e nessuno doveva inf ranger e, a pena di severe sanzioni (mi nacce, danneggiam enti e sinanco l’eliminazione fisica dell’i mprenditore sleale). Ciò valeva anche per le imprese direttame nte od indiretta mente riconduci bili ag li stessi uom ini d’onore ed anzi in tali 206 casi valeva a m aggior ragione, in quanto costoro, facendo parte del sodaliz io, dovevano ben conoscere l’esistenz a di tale regola di condotta ed applicarla spontaneamente. Sinanco impr ese direttamente rifer ibili a Bernardo Provenzano – cioè al più importante uomo d’onore in seno all’organ izzazi one – avevano versato la messa a posto alle famiglie locali, essendo consentita, al m assimo, la possibilità di rico noscere uno scon to sul prezz o da pagare per rispet to al particolare ru olo all’epoc a ricoperto dal Pr ovenza no medesimo. A tale prop osito il Giuffr è rifer iva testualmente: “riguarda tutti, anche imprese di uomini d'onore. Quando io ho detto “tutti”, intendo riferirmi a tutti. Cioè le posso tranquillamente dire a mo’ di esempio che il Provenzano Bernardo, a metà, attorno agli anni ‘90, sul finire dell'89, aveva fatto un lavoro tramite Enzo Giammanco nella zona di Castronovo di Sicilia. La prima cosa che ha fatto, mi ha chiesto quanto doveva versare … e stiamo parlando di Provenzano. Anche se io poi, diciamo, per i fatti miei, sul Provenzano non ho fatto versare nessuna cifra, però…tutti devono versare, prendendosi un lavoro, una determinata tangente. Tutt'al più, per cercare di essere un po chino più precisi, quando si vuo le rispettare… ché c'è un uomo importante, una determinata persona, si ci fa qualche sconto. Questo sì.”. Per quanto attien e ai la vori ed agli appalti eseguiti dall’Aiello al di fuori del territo rio di Bagheria, poi, il Giuffrè aggiungeva che, per sua diretta conoscenza (si pensi ai lavori eseguiti in territorio di Caccamo) e per averlo appr eso da l Provenzano, questi si era sempre atten uto a tale re gola ed aveva agito secondo le sopra richi amate moda lità esecutive, nonostante fosse vicino in modo organico alla famiglia mafiosa di Bagh eria ed al lo stesso Pr ovenza no. A questo punto del la disa mina della deposizione di Antonino Giuffrè, a gi udizio del Collegio, occorre prendere in esame 207 quanto r iferito dal collab orante a proposito delle iniziative dell’Aiel lo nel settore della sanità privata. Il Giuffrè r iferiva di aver e saputo da Pietro Lo Iacono c he l’Aiello aveva intenzione di a prire un centro clinico di a lta specializ zazione nella città di Bagheria. L’apertura di tale a ttività era stata “molto sponsorizzata” in ambito mafioso e, a detta del Lo Ia cono, “era a disposizione” per tutto quel lo che avrebbe potuto interessare allo ste sso Giuffrè. Lo stesso Lo Iacono gli aveva riferito che all’affare erano interessati sia la famigl ia maf iosa di Bagheria che il Provenzano (nell’occ asione appellato, come sovente accadeva, “u’ ziu”) personalmente. Antonino Giuffrè, quindi, a veva in più occasioni parlato con il Provenzano di q uesta iniziativa dell’Aiello ed aveva avuto conferma del suo interessamento all’affare. Vale senz’altro la pena di osservare, tuttavia, come lo stesso Giuffrè abb ia più volte ribadito il concetto che sia il Provenzano che la famigli a mafiosa di Bagheria seguivano con attenzione, sponsorizza vano e tutelavano le intraprese dell’ingegnere Aiello, ed in particolar modo quelle in materia sanitaria, senza, t uttavi a, affermar e apertis verbis che queste costituivano un canale di riciclaggio o di reinvestimento per le finanz e mafi ose. Agli atti non si ri nviene una sola af fermazione del Giuff rè nel senso dell’investimen to iniziale di somme di denaro da parte del Provenzano ovver o degli uomini d’onor e della famiglia d i Bagheria nel le imprese dell’imputato e, pertanto, non è questo uno dei temi del presente processo. Tale precisazi one appare doverosa in quanto la difesa, con argomentazioni a ssai suggestive, ha, in più passaggi, evidenziato l a lacunosità e la ma ncanza di risc ontri logici ed indiziari a q uesta afferm azione. 208 Proprio per tale motivo è il caso di sottolinear e sin d’ora come il se nso u nivoco delle afferma zioni del Giuffrè no n sia quello sostenuto dalla difesa ma, al contrario, quello che dinanzi si accenn ava. Secondo il Giuffrè, il Provenz ano – che di Bagheria era stato a lungo il dominus al di là delle str ette competenze territoriali – e gli esp onenti m afiosi della fa miglia locale erano interessati alle attività dell’Ai ello non in q uanto vi avevano investito direttamente lo ro capitali ma poiché si tr attava di un influente imprenditor e le cui attività da tempo si sviluppavano in modo esp onenziale, creavano sul territor io ricchezza e p osti di la voro e finan ziavano l’or ganizzazione. Lo svilup po imprendito riale dell’Aiello, pertanto, andava sostenuto e tutelato in quanto costituiva una importante riso rsa per il Provenzano e per la famiglia mafiosa di Ba gheria . L’Aiello, dunque, per “cosa nostra” non era un socio di f atto o un mero prestanome ma un “punto di riferimento” nel settore economico -imprenditor iale, tanto da divenir e, con espress ione usata dallo stesso Giuff rè, il “ fiore all’occhiello” di Provenzano e dei mafiosi di Bagheria. Un soggetto, cioè, che aveva un background qualificato (il padre Gaetano) e che si era avvicinato spontaneam ente al sodalizio, dimostran do per un verso di conoscerne e condividerne almeno in parte le final ità (il sostegno alle famiglie dei detenuti) e per altro v erso di volersi a doperare in modo concreto mediante la dazione dell a somma iniziale di cento milioni di lire e di succe ssivi e sistematici finanziamenti. Con tale sogge tto, dunque, secondo il Giuffrè era stato stipulato un vero e proprio patto di reciproca convenienza che, tra le altre cose, prevedeva l’interessamento di “cosa nostra” a lle iniziative dell’i mputato sicuramente in termini di sostegno e di tutela ma no n anch e necessariamente di supporto finanziario o di rei nvesti mento di capitali di illecita provenienza. 209 Peraltro, dopo gli arresti di alcuni imprenditor i bagheresi – Gino Scianna e Giammanco – che avevano c ostituito la testa di ponte del Provenzano nel mondo dell’impresa, in quel ce ntro la figura di Aiello er a divenuta fondamentale per il capo di “cosa nostra ”. Il Provenzan o, per altro verso, aveva anche un altro e concomitante in teresse di tipo p ersonale alla suddetta iniziativa, essendo da tempo malat o di prostata e necessita ndo di continui accertamenti diag nostici. Attraverso queste due diverse, a utonome ed autorevoli fonti, dunque, il G iuffrè era venuto a conoscenza che nell’i niziativa delle cliniche private dell’Aiello erano interessa ti, nei termini sopra descritti, sia l a famiglia mafiosa di Bagher ia che personalmente lo stesso Provenzano. Tale circo stanza gli avev a fatto comprendere app ieno l’importanza del ru olo dell’Aiello, tr attandosi di una rilevante iniziativ a economi ca che veniva direttamente sostenuta in ambito mafioso. Come si di ceva d ianzi, a domanda della difesa il Giuffrè precisava che tra l’Aiel lo, l’organizzazione ed il Pro venzano in prima persona sussisteva un rapporto sinallagm atico di reciproco interesse munito del car atter e della sistematicità e della continuità nel tem po. Per un ver so l’Ai ello a veva il vantaggio di pot er contare su un unico accordo, costante nel tempo ed efficace per tutti i lavori che eseguiva in qu alunque zona della Sicilia. Era, dunque , coadiu vato nell’ottenere il via liber a per i lavor i da eseguire nei vari co muni siciliani, e nelle c. d. “messe a posto” mediante la creazione di un peculia re sistema g estito personalm ente d al Provenzano. Del resto, l’ Aiello, f atti salvi i casi ecceziona li, non poteva essere sistematicamente di spensa to d al versamento della “messa a posto”, in quanto, com e è noto, a tale pratica erano sog- 210 getti tutti gli imprendit ori anche q uelli formalmente affiliati all’organ izzazione. Ma poteva essere segnalato e “seguito” per evitargli ogni altr a possibile imposizi one delle varie famiglie mafiose locali a titolo di forniture di materia li, di noleggio di macchi nari ed attrezzatur e, di piccoli sub-appalti quali il movime nto te rra e gli scavi ed, infine, di assunzione di persona le. L’esisten za di un meccanismo speciale di “messa a posto” predisposto appositamen te per l’Aiello costituiva un indubbio vantaggio per quest ’ultim o, atteso che si riducevano i tempi per ott enere l’autorizzazione ad eseguire i lavori e si ver sava sempre la stessa somma di denar o, evitando così lunghe e defatiganti con trattazioni. Allo stess o modo a ppare e vident e la vantaggiosità connessa al fatto che tale sistem a fosse valido ed utilizzabile per tutti i lavori eseguiti n elle varie pr ovince siciliane , cosa che ovviamente snelliva le procedure ed i tempi favorend o di fatto il lavoro dell’Aiello. Si pensi, inver o, all a situazione nella quale si sarebbe venuto a trova re l’ Aiello senza i benefici c onseguent i al patto stipulato con “cosa nostra”. Limitando la ri flessi one alle sole strade interpoderali, egli avrebbe dovuto, in so stanza , per ognuna delle 289 strade realizzate, contattare un referente mafioso in Bagheria ovvero un intermediario dell’inte ra S icilia, diretta mente farsi nei autorizzare luoghi di più volta disparati in volta all’esecuzione dei lavo ri, contra tta re l’importo delle singole “messe a post o” per ciascuna strada, concordare eventuali altre richieste (sub-appalti, forniture, assunzioni etc. etc.) delle varie famiglie locali ed, infine , a d esecuzione dei lavori, far pervenire in sicurezza il denaro ai vari destinatari. Se questo fosse stato il contesto nel quale l’Aiello avrebbe dovuto realizzare le strad e interpoderali, quasi sicura mente 211 ne avrebbe potute eseg uire molte meno e sicur amente cor rendo rischi e pagando somme maggiori. Tutti i sop ra descritti va ntaggi l’imputato li ha conseguiti proprio in con seguen za del patto da questi stipulato con “c osa nostra”, di talchè non può condividersi la tesi difensiva in forza della quale l’Aiell o, es sendo stato com unque costr etto a pagare il pi zzo, non avrebbe r icavato alcuna utilità da tale accordo. Come si è detto, il fatt o mat eriale di pagar e una somma a titolo di “messa a posto” non costituisce di per sé il discrimine tra una vittima ed un sodale, posto che, come concordemente riferito dal G iuffrè, dal Brusca , dal Siino e dagli altri collab oratori escussi nel presente dibatt imento, anche gli uomini d’onore erano e sono tenuti a risp ettare tale indefettibile regola inte rna del sodalizio. Da ciò consegue che, qualor a un impr enditore conosca l’esisten za di dett a prassi m afiosa ed attivamente si adoperi per pagare il pizzo, non come violenta e minacciosa espressione d i un ’organ izzazione la cui forza di intimidazi one egli subisce, ma come g iusto adempimento cui conseguono anche vantaggi da parte di un sodalizio nel qua le si riconosce, il mero pagamento del den aro non può consider arsi come univoca espression e del ruolo di vittima del soggetto attivo. A meno di non vole r con sidera re vittime della loro st essa organizzazi one anche gl i uomini d’onore che, in caso di lavori da loro stessi eseguiti, versano il pizzo. Tornando ai reci proci vantaggi derivanti dall’accordo, per altro verso, il Provenza no e “cosa nostra” ottenevano altr ettanti sicuri ri torni dal patto stipulato con l’imput ato. In primo luogo, costo ro sapevano di poter contare su un canale di finan ziamento sicuro, rilevante e, soprattutto, costa nte nel tempo, i cu i pro venti potevano esser e reinvestiti nelle attività illeci te tipiche del soda lizio. 212 Canale di finanziam ento costituito – si badi bene – non da un qualsiasi imprenditore ma da uno dei primi contribuenti sic iliani, co me tal e pubblicamente conosciuto. E, sul fatto che tale cir costanza fos se ben nota sia al Provenzano che agli esponenti della fam iglia mafiosa di Bagheria non può davvero d ubitar si, a ttesa la notorietà della figura dell’impu tato ed il numero di lavori eseguiti in tutta la Sicilia (circostanza ben nota ai s uddetti p er via del pagamento delle “messe a posto”). Oltretutt o, lo stesso Aiello nel cor so del suo esame ha fatto riferimen to all’evidenza del suo sviluppo in Bagheria: “Sull’attività della diagnostica da quando la diagnostica è cominciata a diventare dal 1997 in poi, all’incirca, io ho cominciato a pagare e si è notato a Bagheria, perché quando si passava da via Città di Palermo angolo via Dante, non si trovava neanche un parcheggio, perché la media di pazienti che affluiva alle nostre strutture era circa cinquecento pazienti al giorno, fra diagnostica e radioterapia, per cui materialmente c’era proprio l’ingorgo di tra… si notava la… la presenza della diagnostica a Bagheria. Non… non è sfu ggito questo, per cui mi hanno chiesto che evitare di avere danneggiamenti alla diagnostica, dovevo pagare il pizzo di 25.000.000… 50.000.00 0 delle vecchie lire che …” (ud. 21.2. 2006). I suddetti esponen ti di “cosa nostra”, poi, potevano trarre notevoli vant aggi ed un prezioso giovamento anche dai rapporti con var i esponenti del mondo istituzionale che l’Aiello intratteneva senza des tare sospetti in virtù della sua immagine di imprendit ore e “perso na dalla faccia pulita”. Per l’orga nizzaz ione uno dei prim i vantaggi di tale inserime nto dell’imputato all’interno del cir cuito istituziona le, ovviamente, era costit uito dal complesso meccanismo di ca ptazione di notizie riservate sulle indagini in corso che, come vedremo, almeno in par te l’Aiello ha sicuramente tr asmesso ai membri dell’associazi one mafiosa. 213 Altri indubbi vantaggi per l’ organizzazione derivavano, poi, dalla possibil ità di ott enere assunzioni di parenti ed amici presso le strutture sanitarie dell’imputato che notoriam ente assumeva no molta man o d’opera anche in vista dell’aper tura della nuova clinica n ei loc ali dell’ex hotel “a’ Zaba ra”. Tornando alle dichiarazioni del Giuffrè, corre l’obbligo di richiamare un ulteriore passaggio relativo alle at tività sanitarie svolte dall ’imputato. Ed invero, in concl usione dell’excursus descrittivo a vente ad oggetto le cliniche dell ’Aiello, il Giuffrè aggiungeva che la futura sede di una di dette cliniche era ubicata presso l’ex hotel “a’ Zabara”, ubicato sulla S. S. 113 appena fuori del centro di Bagheria “su lla destra andando in direzione Palermo”. Anche tale a pparen tement e insignificante detta glio, tutta via, aveva una connotazione maf iosa e si iscriveva nelle dinamiche inter ne all a fami glia ma fiosa di Bagheria. Ed invero, spiegava il Giuffr è, che l’hotel “a’ Zabara” era “l’anti-Zagarella”, nel senso che era il principale albergo c oncorrente dell’ oramai famoso hotel Zagarella sito nelle vicinanze di Bagheria in località Sant a Flavia. L’hotel Zagarella era stato di pr oprietà d ei cugini Nino ed Ignazio Salvo, uomi ni d ’onore e per parecchi anni noti gestori delle e sattorie in Sicilia, in cointer essenza con Nino Gargano e con quell a fazione della famiglia mafiosa di Bagheria che faceva ri ferimento a Provenzano. L’hotel “a’ Zabara ”, invece, era storicamente sotto l’influenza di esponen ti dell a fazione a suo t empo (anni 80’) avv ersa che si erano pure interessati alla gestione del Grand Hotel di Termini Imerese (ricadente nel territorio di competenza del Giuffrè). Secondo il Giuffrè, la circostanz a che l’hotel “a’ Zabara” fosse stato acqui stato dal l’Aiello aveva significato che la fazione dominante di Bagh eria facente cap o a Provenz ano era riuscita “ad impossessarsi” anche di quest’albergo. 214 Tornando a descriver e lo specifico ruolo rivestito dall’Aiello, nella sua veste di i mprenditore or ganico a “cosa nostra”, di interfaccia con amb ienti del mondo politico ed is tituzionale e di fonte di notizie riservate su indagini in corso, il Giuffrè descriveva nel dettag lio il patto di protezione che lo legava alla fami glia m afiosa di Bagheria ed al Provenzano. Quanto all’ importanza di “avvicinar e” un imprenditore del calibro di Aiello, sino a stabilire una relaz ione di autentica compenetr azione org anica, Giuffrè riferiva: “Da parte di Cosa Nostra … c'è un discorso di natura economica importantissimo che va dal discorso della tangente, che va dal discorso della fornitura dei mezzi, inerti, ferro, cemento … movimento terra, trasporti… E c'è ancora un altro motivo importantissimo che si ripercuote su un discorso di potere … Cioè questo connubio che si viene a creare tra Cosa Nostra e la parte imprenditoriale, automaticamente acquisisce una certa forza Cosa Nostra perché s frutterà alcuni imprenditori per trarne dei vantaggi, non solo econ omici ma anche favori che poi vanno ad interessare altri organi dello Stato...... “Aiello interessava nel discorso imprenditoriale, cioè interessava perché – ripeto, ancora una volta - erano in crisi alcuni personaggi di Bagheria e interessavano personaggi nuovi nel discorso imprenditoriale che poi andrà a sfociare nei discorsi della Diagnostica … discorsi che vanno ad interessare contatti politici con i vari Assessorati e così via di seguito. E tutto questo, tranquillamente anche da parte di Aiello c'è stato”; …. “L’Aiello ormai faceva parte appositamente del gruppo di potere più importante di Bagheria, .. era una pedina del Provenzano e della famiglia con cui giustamente l’Aiello era particolarmente legato. … nel momento in cui Aiello entra a fare parte non da mafioso ma diciamo che appoggia quel gruppo mafioso, deve portare avanti quella strategia di quel gruppo avanti sia da un punto di vista imprenditoriale, sia da un punto di vista sociale sia da un punto di vista prettamente politico”. 215 Michele Aiell o, poi, non solo aveva tratto innegabili vantaggi dalla costant e protezio ne assicura tagli da “cosa nostra ” bagherese e, addirittura, da Ber nar do Provenzano in persona ma aveva strett o rapporti anche con uomini d’onore di altre famiglie, ed, in particol are, con i fratelli R inella di Trabia (territor io vicino a quello di Bagheria). Il “rappr esentante” della f amiglia mafiosa di Trabia, spiegava il collaboratore, a ll’epoca era Salva tore Rinella, che, insiem e ai fratelli Diego e Piero, si occupava della gestione di quell’importante centro rientrante nel mandamento mafioso di Caccam o, come detto capeggiato dallo stesso Giuffrè. Per tal e rag ione, ovviamente, il Giuffrè a veva costanti e frequenti contatti con i fra telli Rinella ed anche con il Salvatore Rinella che in quel momento era lat itante. Da costoro aveva saputo che l’Aiello, già da molto tempo, aveva stabilito un buon rapporto con Salvatore Rinella che era proseguit o, attraverso l’intermediazione dei fratelli, anche durante l a sua latita nza. In part icolare, Pi ero Rinella si era recato sovente a trovare l’Aiello nei suoi uffici di Bagheria per assicur are cont inuità a tale rapp orto. Il Giuffr è non solo era stato informato di questo dallo stesso Salvatore Ri nella ma era stato anche richiesto di “autorizza re”, nell a sua veste di ca po del ma ndamento mafios o, il mantenimento di un rapporto che coinvolgeva uomini d’onore d i una famig lia di versa rispetto a quella di Bagheria. In virtù dei buoni r apporti esistenti tra le due fa miglie mafiose, il Giuffrè aveva, pertanto, autorizzato il R inella a continuare ad intra ttenere il r apporto con Michele Aiello per quegli affa ri che in qualche modo rientravano in quel contesto territori ale. Per un certo periodo , poi, l’Aiello a veva intrattenuto rappor ti di protezione con i fratelli Guzz ino di Cacc amo, uomini 216 d’onore che lo av evano sostenuto nelle inizi ative concer nenti le strade interpodera li realizzate in quel terr itorio. A tale proposito il colla boratore ha anche specificato che l’esisten za di detti rappor ti con uomini d’onore era particolarmente util e all’Aiel lo per pianificare e realizzare le strade interpoderali. La sua vicinanz a a tali importanti esponenti locali di “cosa nostra” gli serv iva, infa tti, per individuare le stra de da realizzare, convincere i proprietar i frontisti a cos tituir e una associazion e inter poderale, a nomina re un presidente “affid abile” ed a dare a l ui l’incarico di p rogettare e realizzare le opere. Nel caso d ei Guz zino, i noltre, per la zona pr oprio di Caccamo – dove al controllo del Giuffr è sfuggiva ben poco – il loro appoggio era stato fondam entale per consentire all’Aiello di realizzare le strade (ch e, come vedremo, sono state numerose). L’esisten za del sostegno di detti s oggetti e della protezione assicurat a da “cosa nostra ” aveva di fatto reso possibile a Michele Aiello di sta bilire quasi un monopolio in tale specifico settore econ omico. Tale circostanza non sol o gli era stata confer mata dai suoi referenti ma fiosi bagh eresi e dallo stesso Provenzano ma anche da alcuni imprendit ori concorr enti dell’Aiello che, a più riprese, si eran o lamen tati di tale stato di cose che, in pratica, non consentiva loro di lavorare con la stessa f acilità. Per far comprende re a fondo tale ostilità da parte dei conco rrenti dell ’Aiell o, il Giuffrè r iferiva di un caso specif ico e mo lto significativo che ben conosceva perché verificatosi proprio nel suo t errito rio di competenza. Giuseppe P anzeca, uomo d’onore della famiglia di Caccamo, nipote di Loren zo Di Gesù (uno dei capi storici della zona) ed imprendit ore anch’eg li, si era lame ntato con il Giuffr è del fatto che, pr oprio nel suo paese, non riusciva a realizzare strade interp oderal i, men tre l’Aiello ne faceva in continuazione. 217 E, nonosta nte la for male qua lifica di uomo d’onore del Pa nzeca ed i suoi importanti legami parentali, tale sta to di cose non si era mini mamente modif icato. Inoltre, sempre nel terri torio di Caccamo, si era verificata la vicenda, cui già si è fa tto cenno dianzi, della stra da inte rpoderale cu i eran o inte ressati i fra telli Liberto. Tale vicend a contri buisce a dimostrare ulteriormente come anche lo specifi co settore della realizzazione delle strade interpoderali costituisse oggetto d i diretto i ntervento e di gestione da parte di “cosa no stra”. I fratelli Liberto eran o, invero, uomini d’onore della famiglia mafiosa d i Cacca mo particolar mente vicini a l Giuf frè ma invisi ai fratelli Gu zzino, i quali, per vecchi rancori connessi alla elezione del collaborator e a capo del mandamento, gli erano stati da sempre ostil i. I Liberto erano interessati alla realizzazione di una strada interpoderale che confin ava con un loro terre no agricolo in territorio di Caccamo ed il cui pr ogetto era stato presentato da persone d iverse dall’ Aiello già parecchi anni prima. Tale pro getto, tutta via, giaceva inevaso probabilmente per l’ostilit à dei fratelli Guzzino che esercitavano un forte controllo su lle in iziative dell a zona . A tale proposito il Giuffrè riferiva: “non se ne era fatto completamente niente perché addirittura probabilmente per i bastoni messi tra le ruote da parte del Guzzino. … si nota facilmente che il tutto in quella circostanza dipendeva dall'ingegnere Guzzino: le strade che si dovevano fare e quelle che non si dovevano fare. Cioè nel momento in cui vi erano dei discorsi di natura politica che interessavano… la strada immediatamente si faceva; viceversa se c'erano dei discorsi di natura politica, e non so lo, p erché lì non c 'erano discorsi di natura politica, Signor Pre sidente. C'erano discorsi di contrasto all'interno della famiglia mafiosa di Caccamo. Siccome i rapporti tra me, il Liberto - che io mi sono permesso di dire che ha avuto una certa 218 delega da parte mia a muoversi su Bagheria - e i Guzzino non erano buoni, quindi la strada non si faceva”. Stando così le cose, i Liberto si erano rivolti al Giuffr è sollecitando un suo i ntervento e questi, nella sua veste di capo mandamento, non p oteva consentire che tale richiesta, pr oveniente da suoi uomi ni fidati e pe r un’iniziativa in territorio di Caccam o, non trova sse alcuna considerazione. Peraltro, l a richiesta dei Liberto era ben precisa, nel senso che costoro si erano già informati ed aveva no chiesto al Giuffrè di intercedere pro prio su Michele Aiello di Ba gheria per riuscire ad ottenere la realizzazione della strada. Antonino Giuffrè, pert anto, era intervenuto personalmente, dapprima i nformando il Provenza no e chiedendone l’avallo, e poi parla ndo della qu estione con Nicolò Eucaliptus, com petente sul territorio di Bagher ia e su Michele Aiello in particolare. A tale proposito il Giuffrè riferiva: “da un punto di vista prettamente tecnico come sono andati i fatti, io non lo so, perché non l'ho seguito. So per certo che immediatamente… nel momento in cui io ho passato il discorso a Bagheria, … tramite Bagheria, abbiamo contattato Michele Aiello. Michele Aiello si è messo a disposizione … farà tutta una nuova progettazione, manderà i tecnici del suo ufficio tecnico - che era un uf ficio tecnico abbastanza importante - e faranno tutti i rilievi…… nell'arco di qualche anno, la strada è stata fatta”. Tale episodio, dunque, conf erma come le dinamiche mafiose contemplassero anche il settore delle strade interpoderali e come l’int ervento dell’A iello – attr averso mod alità ed intermediazion i mafiose - sia risultato decisivo al fine di sblocca re l’impasse e di con sentire la re alizzazione, in tempi sorprendentemente brev i, di una strada che, pur interessando degli uomini d’o nore, era rima sta nel dimenticatoio per diversi anni. Il collaboratore Gi uffrè, inoltre, riferiva di ulteriori inter venti 219 tipicamen te mafio si finalizzati a consentire la realizz azione di altre strade int erpoderali sempre nel territorio di sua competenza. Si trattava di alcune stradelle nelle contrade Pergola, Manchi e Santa Maria di Caccamo che interessavano tali Muscia , soggetti vicini alla locale famiglia mafiosa, nonché di un’altra strada ch e inte ressava lo stesso Diego Guzzino. Con riferim ento ad altre zone del territorio del suo mandamento il Giuffr è aggiung eva che l’Aiello aveva realizzato strade sia nel terr itorio di Mistretta che in quello di C iminna . In conclusion e della disamina del contenuto delle dichiarazioni r ese d al Gi uffrè in ordine a Michele Aiello, appare evidente come si tratti di una autentica chiam ata in correità, posto che il collaboratore ha indicato l’imp utato - costantemente ed a più riprese anche a seguito delle domande in controesame d elle altre par ti – come un imprenditore or ganico a “cosa nostra” e direttamente in contatto con diversi uomini d’onore di Bagh eria e, soprattutto, con Bernardo Pr ovenza no del quale era divenuto “il fiore all’occhiello”. Le sopra rich iamate dichiara zioni del collabor atore Giuffrè devono, per tanto, essere esaminate alla luce dei riscontri individualizzanti forniti dalla pubblica accusa. Tale oper azione, ovvia mente, deve essere svolta in forza dei criteri di val utazio ne delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia e dei relativi principi di diritto richiamati in precedenza nonch é dei principi in materia di prova indiziaria anch’essi presi in esame dal Collegio nel capitolo a tale argomento dedicato. Tutti i suddetti princi pi di diritto fissati dalla giurispr udenza di legittimità devono int endersi in questa sede espressamente richiamati in quanto costituiscono la base metodologica fatta propria e segui ta dal Tribunale. Con specifico riferim ento alla va lutazione dei riscontri a carattere i ndividualizz ante, in particolare, va solame nte ribadi220 to come, second o l’insegnamento d ella Cort e di legittimità, in una prima fase del percorso valut ativo complessivo deve pr ocedersi al ri scontro in ordine alle varie frazioni di condotta singolarmente considera te ed, in un secondo momento, si deve ricomp orre il ragion amento probatorio, p rocedendo alla disamina complessiva di tutti i singoli elementi già presi in esame. Da ciò consegue che, se nel p rimo momento valutativo occo rre porre la massima attenzione alla validità ed idoneità dei singoli elementi di risco ntro a car attere individualizzante in relazione a ci ascuna fr azione di condotta, nella disa mina complessiva la valutazione non può che essere contestualizzante ed onnicomprensiva rispetto al r uolo ricoperto dall’impu tato in seno al sodalizio mafioso ed al suo specifico apporto contrib utivo. Nel caso specif ico dell’imputato Michele Aiello il ruolo ricoperto e l’apporto for nito all’associazione va riguardato con riferimento al l’atti vità di imprenditor e organico a “cosa nostra” in virtù del suddetto patto di protezione ed alle attività d i finanziamen to del sodalizio e di r ivelazione di notizie segrete riguardan ti ind agini in cor so. Pertanto, le dichiarazion i di Antonino Giuf frè vanno risco ntrate con riferi mento all’esercizio dell’attività imprenditoriale esercitata dall’Aiello nell’ottica delle specifiche prestaz ioni dallo stesso assicurate a “cosa nostra” in esecuzione del suddetto patto di pro tezione e cioè, nello sp ecifico: 1) l’attività di finan ziamento (spontaneo o secondo il suddetto schema di “m essa a posto”); 2) la disponibilità ad assumer e in qualità di suoi dipe ndenti soggetti segnalati da esponenti ma fiosi; e, soprattutto, 3) la disponibilità a fornire informazioni e notizie coperte da segreto investigativo in relazione ad indagini in corso sull’orga nizzazione in g enerale e sulla ricerca dei latitant i Provenzano e Me ssina Denaro in modo particolare. 221 In primo luog o le dichiarazioni del Giuffrè sul ruolo impre nditoriale dell’ imputa to hanno fa tto riferimento a i suoi inizi quando an cora era attivo il padre, Gaetano Aiello. Il collabora tore ha, invero, chiarito il contesto relazionale di Gaetano Ai ello, specifi cando dell’esistenza d i cointeressenze economich e con membri autorevoli della famiglia mafiosa di Bagheria, quali Cosimo Lanza e i f r atelli Mineo. Lo stesso Michele Ai ello, all’udienza del 21 febbraio 200 6, forniva alcune sostanziali conferme circa l’esist enza dei rapporti tra il padre ed i sudde tti uomini d’onore di Bagheria, pur, ovviamente, cerca ndo di inquadrare gli stessi all’interno dello sch ema ti pico d ella relazione vittima-carnefice. Il padre, in partico lare, gli aveva spiegato che per ogni lavoro da eseguir e in qua lunque parte del territorio regionale era necessario pagare una tangente sempre e comunque nelle mani dei mafiosi di Ba gheria. In particolare, per ogni str ada int erpoderale andava versata la somma di sette m ilioni di lire, esattamente come riferito dal Giuffrè sul lo specifico punto. Sino alla sua m orte, avvenuta il 5. 12.1992, suo padre si er a personalm ente occupato di tali ra pporti ed aveva cercato d i tenerlo f uori dalle vicende tipica mente mafio se. Nonostante ciò, era stato proprio il padre Ga etano a prese ntargli nel 1985 Ant onino Giuffrè, in occasione della r ealizz azione di due strade i nterpoderali in territorio di Caccamo. In tal modo, dunqu e, egli aveva conosciuto il Giuffrè che avrebbe nuovamente incontrato nel corso del 1993, dopo la scomparsa del padre, esattamente come riferito dal collaboratore. Quanto ai rap porti tra i l padre ed i noti fra telli Mineo, l’Aiello riferiva che “la storia dei Mineo è la storia della mafia di Bagheria” e confermava la circostanz a per la quale l’ impresa di suo padre aveva fatto parte (a suo dire contr o la sua volontà) 222 di una associazione temporanea di imprese insieme ad una ditta dei Mineo. A tale p roposi to una significativa conferma dell’esistenza di detti rapport i di cointeressenza (for zata o meno) è venuta dal testimone Domen ico Pan cera, già consulente di Ga etano Aiello e componen te (come si vedrà) del collegio si ndacale di una delle società d ello s tesso imputat o. All’udienza del 19 giugno 2006, il Pancera riferiva che Gaetano Aiello aveva d ovuto “soggiacere a delle richieste di cointeressenza” nelle sue attività impr enditoriali da parte del senatore Ignazio Mineo di B agheria (poi ucciso in un r egolamento di conti mafioso). Anche secondo il teste, comunq ue, detta cointeressenz a era stata “sub ita” dal Gaetano Aiello, il quale aveva anche citato in giudizio il Mineo. Tale ultima circosta nza veniva addotta dal teste come la prova della vessazione subi ta, secondo una tesi in verità poco credibile, att eso che è molto infr eq uente che la vittima di una imposizione mafiosa dia luogo addirittura a d una controve rsia civile con il proprio a guzzino. Ad ogni modo, n ell’ottica della ricerca del riscontro esterno, il dato ass erito dal Giuffr è – l’esistenza di cointeressenze economiche tra Gaetano Aiello ed i Mineo - è stato sostanzia lmente confermato sia dallo stesso imputato che dal teste Pancera, i quali, p ur nel l’ottica vessatoria dianzi riferita, non hanno potuto ch e conf ermarlo. E, del resto, non avrebbero potuto fare altro, attesa l’esisten za si a di una scrittura privata che di una causa civile che riguar davan o per l’appunto la vicenda del raggr uppamento di imprese tra il Gaetano Aiello ed il Mineo. Si trattava, dunque, di un dato oggettivo innegabile che, come tale, non è stat o negato ma riferito secondo una chiave d i lettura – la vessazio ne mafios a – che è rimasta solo labial- 223 mente affermata e ch e rapp resenta va l’unica soluzione praticabile in chiave difensiva sul punto. Un altro punto centrale delle dichiarazioni del Giuff rè riguarda il r uolo domina nte svolto d all’Aiello nella progett azione e realizzazione dell e strade di penetrazione agraria, in particolar modo in provincia di Palermo ma anche in altre province siciliane. Prendendo le mosse pedissequamente dalle dichiarazioni d el collaboratore, occorre verific are, nell’ottica tipica d ella ricerca del riscontro, alcun e circostanze di fatto: l’esistenza di un ruolo dominante dell’Aiel lo in tale specifico settore d’impresa sia in general e che, sop rattutto, con specifico riferime nto alle strade eseguite nei territor i di Caccamo e Ciminna, l’effettiva possibili tà che questi fosse favorit o (“ammanigliato”) dai suoi rapporti privilegiati con taluni funzionari della P.A., l’esisten za di int erventi di tipo mafioso a suo fa vore e le vicende relative ad alcune stra de in particolare, quale quella dei fratelli Li berto ed altre cita te dal Giuffrè . Sin d’ora si può affer mare che la disamina che segue darà plurime e convergenti conferme alle dichiara zioni del collaboratore, l e quali sono risultate convalidate d a elementi e sterni di varia natura e provenienza. In primo luogo, occor re esaminare gli esiti delle indagini effettuate sul pun to dal maggiore Stefano Sancricca e dal maggiore Mi chele Miulli , i quali, rispettivamente alle udienze de l 24 febbraio 2005 e del 6 dicembre 2005, hanno rifer ito sulle società attr averso le quali l’Aiello ha operato nel settore delle stradelle interpoderali , le relative compagini e le vicende che ne hanno caratt erizzato la gestione. Il maggiore Michele Miul li, in p articolare, riferiva sulle diverse strade interpoderal i eseguite dalle imprese dell’Aiello sia in provincia di Pal ermo che nelle a ltre province siciliane ed, in particolare, in qu elle di Messina e Trapani. 224 I dati numer ici forniti dal Miulli s ono sta ti confermati dalla copiosa docu mentaz ione offerta dalle parti, da quella sequestrata all’imputato e dalle dichiarazioni rese da llo stesso Michele Aiell o e da uno dei suoi geometri di fiducia, Antonino Puleo, per cui, almen o su di essi, non sussiste contestaz ione. Come si dirà , tuttavia, sulla signif icatività dei dati numerici relativi alle stra de interpoderali realizzate dall’Aiello rispetto alla sua ded otta posizione dominante di merca to, le valutazioni del le parti sono risultate d iver se. L’oggetto de lla duplice verifica pr obatoria attiene, dunq ue, alla posi zione di “quasi monopolio” dell’Aiello, come sostenuto dal Giuffrè, ed a lla possibilità che questi venisse in qualche modo favorito rispetto agli imprenditori concorrenti. La tesi difensiva sul punto si fonda sull’inesistenza di una qualsivoglia posiz ione dominante in tale specifico settore e sull’assoluta impossibili tà di alcun favoritismo, attesi i rigidi criteri cron ologici di trattazione delle pratiche di finanzia mento da parte della P.A.. Allo scopo di verificare nel detta glio entrambi tali aspetti e di valutare appieno la significatività di taluni elementi di riscontro, è necessario premet tere una disamina del complesso sistema di finanzi amento delle str ade int erpoderali per poi passare ad esami nare criticamente i dati numerici delle strade realizzate dall’A iello e la possibilità che questi sia stato favorito rispetto ai concorrenti. Tale disamina si fonda sui documenti in atti, sulle dichiarazioni del maggiore M iulli, s u quelle di numerosi funzionari dell’Assessorato all’Agricoltura e, come si vedrà, anche su quelle del geom etra Puleo e dello stesso Aiello. Il maggiore M iulli ha ri costruito, nei suoi diversi passa ggi, il complesso iter amministra tivo che, in estrema sintesi, prevedeva la costituzione di una asso ciazione interpode rale, la presentazione del p rogetto tecnico e l’inserimento delle sing o- 225 le domand e di fin anziamento in un “programma di interve nto” adott ato dall’Assessora to regionale Agricoltura e Foreste. Quindi segu iva l’ap provazione da parte della Giunta regionale di governo del programm a di intervento suddetto (uno appr ovato nel l’anno 1985 ed uno nel 1991) e, dopo gli accert amenti istruttori e l’acqu isizio ne dei prescritti pareri, l’ammissione della doman da al finanziamento ed, infine, la liquidazione mediante decreto (cui faceva seguito un mandato) che veniva riscosso direttamente da l Pr esidente dell’associazione int erpoderale o da un suo procur atore speciale. Dalla disamin a congiun ta dei testi di P.G. e dei funzionari dell’Assessorato region ale all’Agricoltura (ad es. i signori Lauricell a Guglielmo , Dalla Costa Costantino, L opes Francesco, Di Franco Dani ele e Naselli Santo) si è avuta conferma del suddetto iter amministrativo e burocratico rigua rdante i finanziamenti region ali p er la realizzazione delle str ade interpoderali. Sulla scorta della nor mativa di riferimento all’epoca vigente, la legge regiona le n.215/33, le istanze per il finanziame nto delle strade dovevano essere presentate dalle singole associa zioni interp oderali interessate attraverso i rispettivi Pr esidenti in veste di legali rappresenta nti. All’istan za d ovevan o essere allega ti il progetto esecutivo, una relazione tecni ca, un computo metrico delle voci di spesa, le piante tecniche, gli e ventua li nulla-osta d ei competenti uffici (ad es. del Gen io Civile) nonché una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con la quale il Presidente dell’asso ciazio ne attestava l’ inesistenza di pregiudiz i antima fia a suo carico. Inoltre, andava alleg ato un nulla-osta del Comune territorialmente competente che riguardava l’impegno ad assicurare la manutenzion e dell a str ada realizzanda da par te di detto ente. 226 Sulla scort a delle istanze presenta te dalle varie associazioni veniva redatto un elenco secondo un rigido ordine cronologico, previsto dall a legge p roprio per evitare favoritismi nei confronti di alcune a ssociazioni a scapito di altre. Ogni volt a che l’Assessore al ramo e la Giunta regionale stanziavano delle som me per le strade interpoderali veniva formata una graduatori a (sempre in base all’ordi ne cronologico suddet to) delle istanze che p otevano beneficia re dei finanziamen ti pubblici, che - è bene precisarlo - erano in mi- sura fissa, n el senso che avevano un tetto massimo pr estabilito (nel tempo passato da 350 milioni a 500 milioni di lire per ciascun pro getto) . Tale graduatori a non poteva essere modif icata a seconda dell’even tuale esclusi one di qualc he progetto per mancanza dei requisiti tecnici e/o burocratici, essendo al limite previsto lo scorrimento d ella stessa in caso di presenza di fondi non ancora assegnati. Tuttavia, come è stato concordemente chiarito dai vari funzionari ci tati dal la stessa difesa, p oteva ben a ccader e che un progetto collo cato prima in gr aduatoria venisse finanziato dopo un altro p rogetto successivo. E ciò per d ue ragioni fondamentali: per un verso in quanto i progetti venivano a ssegna ti a funzionari diversi, i quali, ovviamente, avevano tem pi autonomi ed individuali di “la vorazione” de lle pratiche. E, per altro verso, in quanto dette pratiche venivano assegnate no n una alla volta ma a gruppi, di guisa che, q ualora una istanza fosse stata carente di documenti o di allegati, l’iter ammini strati vo avrebbe necessitato di un tempo maggiore rispetto ad un a ista nza successiva ma del tutto completa. Accadeva normalmente, quindi, che una pratica ritenuta incompleta o carente di docum entaz ione venisse esitata d opo 227 un’altra prat ica, successiva nell’or dine cr onologico, ma fornita di tutti i r equisiti. Tale sistema trovava la sua giustificazione nell’esigenza di non bloccare l’in tero iter di tutti i progetti a causa della pr esenza di una ist anza incompleta o abbisognevole di ulteriori passaggi burocr atici. Tuttavia, in concreto, tale situazione determinava la frequente violazione d el cri terio legale del r igido ordine cronologico. Una volta ch e le istan ze venivano ammesse a finanzia mento, le associazioni inter podera li dovevano eseguire i lavori in economia senza beneficiare di alcuna anticipazione da parte dell’assessorato. Di fatto, dunque, le imprese realizzatrici delle opere (compresa quella dell’ Aiello) anticipavano le spese necessarie p er l’esecuzi one dei lavori in attesa di venire ripagate al momento dell’erogazi one del fina nziamento. Questo, infatti, era par i al 90% delle somme previste nel progetto e, di fatto, copri va l’ intero a mmontare delle spese sostenute, posto che, come ha confermato lo stesso geometra Puleo ( tecnico di fiducia dell’Aiello che ha seguito l’it er di pressocch è tu tte l e str ade dallo stesso rea lizzate), le associazioni interpoderali non venivano mai chiamate in c ausa per i l versamento teorico del restante 10 %. Qualora, poi, tr a la fa se di r edazione del progetto e del computo metrico e quella d i eff ettiva realizzazione delle opere trascorre va parecchio tempo, era ammessa la possibilità di adeguare i costi ai nuovi prezzi indicati nei c.d. pr ezziari regionali. Tuttavia il tett o massimo del finanziamento non poteva essere comunque superato, di guisa che il progetto, in tale cas o, andava rim odulato con un sostanziale ridim ensionamento di alcune delle opere da realizzare. 228 Quando le opere eran o concluse la P.A. effettuava sui luoghi una verifica della corrispondenza tra i lavori eseguiti e quelli riportati nel progett o. Quindi veniva erogato il f inanziamento direttament e al Presidente dell’a ssocia zione inte rpoder ale ovvero ad un suo procuratore sp eciale incar icato del rit iro delle som me. In ogni caso , il Pres idente doveva, prima dell’incasso, presentare un certificato a ntimafia rila sciato a suo nome. Infine, il Presid ente o vvero il procuratore speciale provvedevano a pagare alla ditta o alle ditte che avevano realizzato i lavori in econo mia le somme di lor o spettanza. Sulla base di quanto riferito dai f unzionari, il dato di maggiore s ignificativi tà ch e deve t rar si dall’esame di tale iter amministrativo è costituito dalla possibilità che, di fatto, ta lune pratiche veni ssero trattate ed esitate prima di altre precedenti quanto ad ordine cr onologico di presentazione. E ciò non, ovviamen te, per motivi di ordine privato o p referenziale – sar ebbe stato singola re c he i funzionari amme ttessero l’esistenza di favoritismi da loro, in ipotesi, commessi – ma propri o per l e suesposte r agioni di ordine tecnico e burocratico che costituivano la fisiologia del suddetto iter. Tale dato è stato fornito in modo univoco da tutti i funzionari sentiti n el corso del dibatt imento, citati, peraltr o, dalla stessa difesa. In tali termini si sono, i nfatti, concordemente espressi i testi Santo Naselli ( di cui si dirà anche dopo per i suoi rapporti di amicizia con l’Ai ello), Guglielmo La uricella e Costantino Dalla Costa, tutti, per ragion i del loro uff icio pubblico, muniti della massima competenza su l punto. Tale circostanza, e mersa in modo convergente dalle suddette fonti qu alificate smentisce del tut to la tesi dif ensiva della assoluta im possib ilità di derogare al rigido ordine cronologico di trattazione delle varie istanze. 229 E, si badi b ene, si tr atta di un dato essenziale che alla fine non ha potuto negare neppure uno dei più preziosi collaboratori dell ’Aiello, il geometra Antonino Puleo. Nonostante la sua veste di imputa to di reato connesso e la palese predi sposiz ione favorevole nei confronti dell’Aiello (per ovvie ragion i di amicizia e riconoscenza), sina nco lo stesso Puleo ha finito per ammettere che, fermo restando il criterio cronologi co di riferimento, poteva accadere che una pratica in concreto venisse esitata prim a di un’a ltra prece dente (v. udienza d el 10.10.2006). Ferma rest ando, dunque, la possibilità che l’Aiello usufruisse di una “corsi a preferenziale” rispe tto agli impre nditor i concorrenti occorre approfo ndire l’ esa me dei riscontri emersi in ordine al la sua posizi one di “qua si monopolio” riferita dal Giuffrè sia avuto riguar do alle str ade interpoder ali eseguite nelle varie pro vince indicate che, soprattutto, nelle zone ricadenti n el mandament o mafioso di Caccamo. Indubbiamente un autonomo riscontro a tale asseverazione è giunto dalle dichiarazi oni rese dal collaboratore di giust izia Angelo Siin o, uomo d’onore ed imprenditore che, come precisato nel capitol o allo stesso dedicato, ha per un certo periodo operato come gestore del complesso sistema di spartizione illecita degli appalti pubblici. Vuoi per le car atteristiche soggettive del collaboratore che per le sue specifiche competenze in materia di opere pubbliche e “messe a po sto” da par te delle imprese operanti sul territorio siciliano, le confer me provenienti dal Siino appaiono di sicuro rilievo. Per altr o verso, è o pportuno sottolineare come a gli atti del presente processo sian o state acquisite due sentenze divenute defin itive nelle quali è stata a f fermata l’attendibilità intrinseca del collaboratore e la sua specif ica compet enza nel settore concernente per l’appunto il rapporto tra “cosa nostra” ed il mon do del l’impresa. 230 Si tratta del le sen tenze della Corte di Appello di Palermo in data 19 ottob re 1999 nei confronti di Guccione Leoluca +1 e del Tribu nale di Paler mo in data 2 marzo 2002 nei confronti di Simone Castello. Sulla scorta delle mo tivazioni d i tali sentenze e delle considerazioni svolte dal Coll egio nel capitolo relativo al Siino d eve ribadirsi tale convergente giudizio di sicura attendibilità del collaboratore che oramai da v ari anni ha fornito preziosi contributi all’A.G. i n numerosi processi molti dei quali definiti con sente nze passate in giudicato. All’udienza dell’8 giugno 2005, a pr oposito dell’imputat o Aiello, il Siino riferiva di no n averlo mai incontra to o conosciuto personalm ente, ma di averne sentito parlare da Serafino Morici e Lor enzo V accaro, uomini d’onore a lui particolarm ente vicini. Il fatto si ri colleg ava alla realiz zazione di una strada interpoderale che il Siino aveva intenzione di realizzare accanto ad un terreno ag ricolo di sua madr e in contrada Cerasa di Mo nreale. Detto terreno era servi to da una strada ster rata realizzata su di un tratto di ferrovia che avrebb e dovuto esse re costruita ma che in rea ltà n on er a mai stata completata con la posa in opera dei bina ri (e, quind i, nulla ostava a lla sua tras formazione in strada di pe netrazione agr aria). Poiché col tem po la strada si era via via danneggiata, nel 1997 il Sii no a veva manda to il Morici a d informar si pr esso l’assesso rato regional e competente per verificare la possibilità di ottenere un finanziamento per la realizza zione di una strada in terpod erale. Il Morici, di r itorno dall’assessora to, gli riferiva che “l’unico modo per avere fatta la strada era rivolgersi all’ingegnere Aiello di Bagheria”. Il Siino si a dirò molto n el sentire tale risp osta poiché riteneva di non doversi “necessariamente” rivolgere ad alcuno in 231 considerazione del ruolo che aveva svolto nel sistema di spartizione mafiosa deg li appalti pubblici e dei favori che aveva fatto. Va, invero, evidenz iato come nel 1997 il Siino avesse già subito un pro cesso p er associazione mafiosa e che, in virtù del ruolo centr ale dallo stesso ricoperto nel corso degli a nni 80’ e sino all’inizio degli anni 90’, riteneva di dover esser e tenuto in altissi ma consideraz ione anche e soprattutto in ambito mafioso. Il fatto che la sua rich iesta per un lavoro, peraltr o abbas tanza banale, non potesse trovar e accoglimento se non attraver so l’Aiello lo aveva, perta nto, m olto indispett ito. Il Siino testualmente riferiva: “mi venne a dire subito dopo, dice: “ANGELO, guarda che per avere fatta la stradella a CERASA l’u nica persona che ti devi rivolgere è a BAGHERIA”, “a BAGHERIA chi?”, “AIELLO”, “ma scusami ma AIELLO chi?”, “’u ‘ngegne re AIELLO”, al che insomma ero un po’ esacerbato dal fatto di essere stato in galera, di essere trattato male e... così e me ne arrivai con una forte espressione e h o detto: “ma chi cavolo è questo AIELLO o la fa o non la fa”….. e va be’, vedremo chi è questo Ingegnere AIELLO, bagarioti, “e va be’, dissi – di BAGHERIA, ora lo vediamo”. Pertanto, aveva convocato Lorenzo Vaccaro al quale aveva manifestato tut ta la sua r abbia per tale imposizione che non sopportava. Il Vaccaro, tuttavia e con sua grande sorpresa, gli rispondeva testualmente: “sarbati u’ ferru” cioè “metti a posto la pistola”, nel senso di calmarsi e non metter si contro l’Aiello. Il Vaccaro mede simo gli riferiva che l’Aiello era molto vicino allo “z io” (Bernardo Provenzano) per cui se aveva intenzione di mettersi contro di lui doveva prima parlarne dir ettamente con Provenzano. 232 Con un’altra es pressio ne tanto colorita quanto sintomatica, il Vaccaro gli diceva: “stai attento perché ti rompi le corna… vai a sbattere!”. In considerazion e del tenore della risposta del Vaccaro (il quale per altro dopo poco venne ucciso), il Siino la sciava perdere l’inizi ativa di realizzar e da sé la strada inter poderale anche p er le alt re vi cende che lo avrebbero di lì a poco int eressato. Una ulteri ore e converg ente conferma sul punto in esame è stata, poi, fornita da un altro collaboratore di giustizia escusso ne l corso del dibattimento, Salvatore Barbagallo. Le sue dichi arazioni – peraltro relative prop rio alla zona di Caccamo - sono anch e riportate nella sentenz a definitiva della Corte di Assise di Pal ermo in data 13 m arzo 1999 contro Cottone Andrea e altri ed in quella del Tribunale di Palerm o in data 2 mar zo 2002 nei conf ronti di Simone Castello, entrambe ac quisit e agli atti. A proposito d i dette di chiaraz ioni va adeguatamente evidenziato come le stesse si ano state r ese per la prima volta da l collabora tore nel 19 95 e, perta nto, in epoca del tutto non sospetta, in quanto ant ecedente di parecchi anni rispetto all’emerg ere dell a figura dell’Aiello nel panoram a delle indagini di mafia. Le indicaz ioni del Barbag allo per ta le ragione assumono sicuramente una certa valenza, tenuto conto d ella loro autonomia rispetto al resto delle successive emergenze e del fatto che vengono in rilievo non come ulteriore chiamata in c orreità ma alla stregua di un semplice riscontro esterno alle succ essive dichiarazioni del Giu ffrè. All’udienza dell ’8 giug no 2005, Salvatore Barbagallo ricostruiva i suo i rapp orti di conoscenza con Michele Aiello, ris alenti agli inizi degli anni ’80, in occasione di una fornitura di calcestruzzi per una strada che lo stesso doveva realizza re nei pressi di Caccamo . 233 L’Aiello si era rivolto alla “C alcestruzzi Termini”, impresa di chiara estrazion e mafiosa dove il Barbagallo lavora va in veste di collaboratore ammi nistrativo. Nei primi anni 80’ l’ Aiello aveva richiesto altre for niture di calcestruzzo alla sudde tta ditta anche per ché aveva realizzato e conti nuava a reali zzare “moltissime strade interpoderali nella zona di Caccamo”. Intorno al 1986 il Ba rbagallo era anche stato incaricato da Giuseppe Panzeca di andare a Bagheria pr esso l’ufficio dell’ingegnere Aiello per ritirare dalle sue mani una busta contenente dei soldi. Come si ricorderà, il Panz eca era proprio l’ uomo d’onore e l’imprenditore di cui ha rifer ito il Giuffrè, aggiungendo anche del suo personale risentim ento nei confronti dell’Aiello per la sua posizi one di monopolio nella realizzazione de lle strade interpoderali in terr itorio di Cacca mo (famiglia ma fiosa alla quale il Panzeca apparteneva). Il Barbag allo aveva a ppreso dal Panzeca che si trattava di soldi dovuti per una “messa a posto” rela tiva a str ade interpoderali eseguite dal l’Aiello proprio a Caccamo. A tale propo sito il G iuseppe Panzec a - che si occupava anche lui, insieme a tale Priolo , di stra de interpoderali - si era platealmente la mentato con il Barbagallo del numero, a suo gi udizio, eccessi vo di str ade che l’ Aiello realizzava nella zona di Caccamo e del fatto che, ogni qual volta egli aveva intenzione di costruire un a strada, finiva per farla sempre l’Aiello. Appare evidente come anche tale indicazione fornita quasi dieci anni prima dal Barbagallo confermi appieno qua nto riferito, anni dopo ed au tonoma mente, dal Giuffrè, il qua le aveva indi cato p roprio nel Panzeca uno degli imprenditori mafiosi che si lamenta vano dell’eccessiva presenza dell’Aiello nella zon a di C accamo. Dopo il ritiro del la busta col denaro, il Panzeca aveva detto al Barbagall o che l ’Aiello “aveva un’esclusiva sulle strade inter234 poderali un po’ su tutta la provincia di PALERMO, in particolare sul mandamento di CACCAMO, aveva realizzato o doveva realizzare, ora questo non lo so con precisione, comunque si trattava di strade interpoderali e ancora non si era presentato a pagare, nel sens o non è andato lì da nessuno a dire se poteva farlo e quanto doveva pagare”. Risulta, pertanto, co nvalidata in modo del tutto sovrapponibile anche l’afferma zione fat ta da l Giuffrè a proposito del “quasi mon opolio” che l’Aiello aveva in genera le ed in quel territori o in modo pa rticola re. Il suddetto episodio, tuttavia, aveva avuto anche un ulteriore seguito: dopo qualche giorno dopo, infatti, il Panzeca avev a mandato nuovamente il Barbagallo dall’ingegnere Aiello per restituirgli la busta ricevuta pochi giorni prima. Come spiegatog li dal Panzeca si trattava della restituzione del denaro della “messa a posto” disposta a seguito di un ordine diretta mente pro veniente da Bernardo Provenzano, il quale “proteggeva” personalmente l’ Aiello. E’ corretto precisare come tale ultima parte della ricostruzione del Barbag allo non a bbia trovato conferma ne lle dichiarazioni rese dal Giuffrè, il quale, nella veste di capo di quel mandamento mafioso, avrebbe d ovuto essere a conoscenza del fatto. Pur potendosi trattare di una circostanza sfuggita ai ricordi del Giuffrè (che si è o ccupato nella sua lunga vita criminale di una autentica mi riade di mess e a posto), tale porzione del racconto for nito dal Bar bagallo non può, dunque, costituire riscontro alle dichiarazioni del Giuf frè. Tuttavia, come appar e chiaro, si tr atta dell’unico momento di distonia tra le suddette dichiarazioni risultate del tutto convergenti pur se au tonome e r ese in tempi e contesti assolutamente d iversi . Ed invero, la convergenza rispetto al ruolo imprenditoriale egemone svo lto dall’Aiello nella realizzazione delle stra de e di 235 quelle in territorio di Caccamo in modo pa rticolare nonché al risentimento del Pan zeca in relazione a ta le circostanza appare asso lutamente ch iara ed in equivoca. Da ciò deve conc ludersi che l’apporto fornito in questo processo dal collaboratore Barbagallo, nella specifica ottica ed entro i limiti del riscon tro c onverg ente rispetto alle dichiarazioni rese dal Giuffr è, deve considerarsi valido ed utile. Solo per dovere di compl etezza deve aggiungersi come il Barbagallo abbia an che res o una aut onoma dichiarazione concernente un elemento di fatto diver so rispet to a q uelli narrati dal Giuffrè. Si tratta, p ertanto , no n di un elemento da valutare alla stregua dei parametri tipici del riscontro ma della autonoma chiamata in cor reità. Il Barba gallo, a pr oposito del ruolo egemone svolto dall’Aiello nel settore dell a reali zzazione del le strade interpoderali in territori o di Caccamo, invero, ha aggiunto di avere a ppreso tale cir costanz a anche da un altro imprenditore della stessa zona, Dolce S ebastiano, in occasione dell’appalto per la realizzazion e del parco urbano di Cacc amo, tra la fine degli anni ’80 e gli inizi del ’ 90. All’udienza del 5 giugno 2007 , dep oneva, perta nto, in qualità di imputato di reato connesso, il Dolce Sebastiano, il quale ha escluso di aver mai parlato con Salvatore Barbagallo della gestione dei lav ori nella zona e di avere fatto riferimento ad un siffatto ruo lo del l’Aiello. A tale proposito va, tuttavia, sottolineato come la deposizione del Dolce, sia per le caratteristiche soggettive del dichiarante, che per il suo specif ico ruolo processuale (ex art. 210 c.p.p.) che, i nfine, per le modalità stesse con le quali è sta ta resa, no n appare idonea a costituir e una smentita pienamente attendibile. Il Dolce, invero , pur avendo costituito una associazione di imprese propr io co n il Panzeca p er la realizzazione del parco 236 urbano di Cacca mo (come riferito dal collaboratore), si è spinto si no a n egare quasi di aver c onosciuto il Ba rbagallo. Tuttavia, anche sulla scorta d elle dichiar azioni rese da quest’ult imo a suo carico, lo stesso Dolce ha ritenuto di chiedere l’applicazione della pena per il reato di concorso esterno in associaz ione mafiosa, co mmesso in concorso anc he con lo stesso Barbag allo ( v. la sentenza definitiva del GIP presso il Trib unale di Pa lermo in data 14 maggio 1999, acquisita agli atti). La superiore a nalisi non è certamente finalizz ata ad attribuire una autonoma valenza probat oria alla chiamata del Barbagallo ma a sottolineare adeguatamente come la presunta smentita pro venien te dal Dolce non appaia chiara e positivamente app rezzab ile. Del resto, si era già premesso che le dichiarazioni del Barbagallo in questo processo si ritengono rilevanti solo ed escl usivamente al fine di costituire un riscontro a quelle del Giu ffrè. Ed, in tale specifica ottic a, le stesse, in virtù del principio della fraz ionabilità della dichiaraz ione resa d a un collabora tore, risu ltano sufficientemente attendibili per le ragioni dianzi so ttolin eate. Esse, infatti, sui du e aspetti oggetto dello specifico esame – la presenza i mprend itoriale dell’Aiello in regime di quasi monopolio nella zon a di Caccamo e la posizione indispettita di Giuseppe Panzeca – sono risultate coerenti e perfettame nte sovrapponibili in termini di risco ntro. Come si è vist o e come si vedrà ancora nel prosieguo, entrambi tali profili, pera ltro, appaiono confermati non solamente d alle dichiarazion i del Bar ba gallo ma anche da ulteriori, purimi ed autono mi, elementi di valutazione. Tra questi ulti mi van no senz ’altro ricomprese anche le d ichiarazioni rese da un altro imprenditore della zona di Caccamo, S ebastiano Iuculano, escusso all’udienza del 15 mag237 gio 2007. Ed invero, la dep osizio ne dell’inda gato di reato connesso Sebastiano Iucula no (il quale non si è avvalso della facoltà d i non risp ondere), pur non rappresentando certa mente una prova diretta di un fatto, appare, tuttavia, significa tiva allo scopo di riscont rare l e dichiarazioni di Giuffrè a p roposito del ruolo egemone svolto dall’Aiello nella realizzazione delle strade interpo derali e del ma lcontento degli imprenditori concorren ti. Va premesso ch e lo Iuculano è stato chiamato a deporre dopo che nel corso di una intercettazione ambientale del 10 agosto 2001 erano state registra te alcune sue afferm azioni relative proprio al ruolo premi nente dell’Aiello nel settor e delle strade interpoderali. Lo Iuculano, piccolo imprenditore edile e sostenitore pol itico dell’U.D.C. ed, in par ticola re, dell’on.le Cintola, nel corso della sua deposizione si è rivelat o molto credibile e sincero. Pur nella semplicità dei suoi mezzi espressivi, egli è apparso lineare e coe rente nel sostenere i fatti a sua conoscenza e non si è lasciato mettere in difficoltà dalle incalzanti dom ande rivoltegli n el con troesame. Anzi la sua attendibil ità è risultata avvalorata dalla spontaneità e dall’atteggiamento semplice e diretto con il quale ha affrontato le d omande delle parti. Per quanto concerne l e strade interpoderali lo Iucula no riferiva di averne real izzate solo tre nel corso della sua lunga a ttività, l ’ultima dell e quali nel corso del 1996. Si trattava d i una stra da in contr ada Malluta di Cerda (non lontano da Caccamo), l uogo di sua provenienza e residenza, per l’approvazione della quale era no insorte parecchie diff icoltà pre sso l’ uffici o del Genio civile. In particolare, il reg gente dell’uff icio, l’inge gnere Cr istofor o Mineo ( di or igine bagherese), aveva sollevato una serie di osservazioni tecnich e, tanto da determinare lunghi ritardi e da 238 far insorgere nello I uculano il sospetto che si tr attasse di ostacoli vol utamente frapposti e non connessi a reali carenze progettuali. Stanco di tali ritardi lo Iuculano si era per sonalmente recato presso l’u fficio del Mineo e, dialogando con alcuni imprenditori casu alment e ivi presenti, aveva avuto conferma che “per fare la strade interpoderali bisognava rivolgersi all’ing. Aiello”. Era, infatti, opinione comune tra i suoi colleghi im prenditori che il Mineo favorisse i progetti presentati dall’Aiello, riservando l oro u na corsia preferenzia le che li portava ad un r apido ottenimento del parere favor evole. Esasperato da tale stato di cose, lo Iucula no si era lamentato platealmente con i l Min eo ed aveva anche fatto rif erimento ai presunti favori riservati da questi all’Aiello. Dopo essere stato accom pagnato a forza fuori dalla stanza del Mineo , lo Iuculan o era stato richiamato ed aveva ottenuto “improvvi sament e” il parere favorevole al suo progetto. Tutti gli ostacoli tecni ci, cioè, d’incanto erano stati supera ti ed il suo progetto, lu ngamente ritardato, era stato, seduta stante e senza alcuna integrazione, esitato favorevolmente dal Mineo . Tale circostanza e l ’estemporaneo scambio di opinioni con i colleghi presenti confermavano nello Iuculano altre voci che aveva sentit o da varie font i a proposito del fatto che l’Aiello svolgeva un ruol o quasi egemonico nella rea lizzazione di tale tipo di opere g razie ai favori ed agli appoggi di cui godeva. Alle doma nde del difen sore proprio dell’Aiello lo Iuculano, pur non ricordando i no mi dei soggetti con i quali aveva in varie occasioni discusso di tale ar gomento, insisteva nel sostenere le pr oprie ra gioni e finiva per afferma re che “chiunque, pure un bambino di sette anni, sapeva che per fare le strade bisognava rivolgersi all’ing. Aiello” e che, in quegli anni, bastava inform arsi nell’ambiente degli imp renditori per avere con ferma di ciò . 239 Tale voce gen eraliz zata, del resto, a giudizio dello Iucul ano trovava risco ntro nel numer o di strade realizzate dall’Aiello rispetto agl i altri imprenditori suoi concorrenti, i quali, a suo giudizio, n on avevano mezz i o capacità infer iori ma non riuscivano ad avere appr ovati i loro progetti. A proposi to del l’esistenza di eventuali imposizioni dell’impr esa Aiell o lo Iuculano rifer iva testualmente: “Imposizione no, ma imposizione… … a livello di consigli, così, … a gente di solito ormai lo sappiamo tutti… lei vive na Sicilia, o sapi benissimo. Puru lei che è avvocato mai c’è capitato s’ave accattare na casa e ci ricino: “avvocato, picchì un s’arrivolge o tizio?” Che è l’imposizione? A società siciliana è fatta accussì. Si parrava, non era un’imposizione, era un suggerimento. Rice: “a vo fare a strata? Rivolgiti o ngigniere Aiello” . Accussì.”. Tale stato di cose, a giudizio dello Iuculano, era deter minato dalle amiciz ie (come nel caso del Mineo) e dalle protezioni politiche e mafiose dell’Aiello. E proprio partendo da tale suo per sonale convincime nto egli aveva, n el corso del la conversazione ambientale intercettata, espresso i giudi zi e fatto le af fermazioni che erano state registrate ne i termini su rriferiti. Il dato rappresen tato dalla deposiz ione dello Iuculano, come appare chiaro , non costituisce una prova diretta a carico dell’Aiel lo (né tan tomeno del Mineo), ma contribuisce a ricostruire il clim a generale ed il contesto nel quale gli imprenditori vivevano il rapp orto d i concorr enza con l’Aiello. E, si badi ben e, non si tr atta di mera invidia per i successi imprendit oriali di qu est’ultimo, ma di una generalizz ata opinione che si fond ava su voci ricorr enti in varie province siciliane e conferm ate dal numer o impressionante di strade rea lizzate dall’Ai ello m edesimo. Infine, per completezza di analisi, va detto che il teste di riferimento ex art . 195 c.p.p., Cristofaro Mineo, ha in parte 240 smentito le dich iarazi oni rese dallo Iuculano, almeno in relazione all a vicenda dell’acceso diverbio inter corso tra i due. Ciò nonostante, deve sottolinears i come la deposi zione del Mineo si a risultata oltrem odo incerta, talora contraddittoria e poco convincente in considerazione del tenore delle risposte fornite dal teste. Questi, in vero, a p roposito dell’ elemento centrale della sua deposizione – per l’appunto l’epis odio del diverbio con lo Iuculano – dapprima asse riva di non ricordare nulla, poi m odificava la risposta di cendo di poterlo escludere ma solo in quanto egl i non aveva rapporti dire tti col pub blico, p oi ancora, dopo es sersi contrad detto anche a tale ultimo prop osito, finiva per escludere del tutto e con certezza l’episodio in qu estione. Ma la deposizion e del Mineo è risultata poco attendibile nel suo complesso proprio per lo stesso atteggiamento del teste che è appa rso a più ripr ese in evidente diff icoltà e che sovente è caduto in contraddizione su d iverse cir costanze (ord ine cronologi co degli affari, modalità del rilascio dei pare ri del Genio Civile, r apporti con i progettisti delle ditte inter essate alla realizzazione delle strade, num ero dei pr ogetti present ati dall’Aiel lo etc. etc.). Certament e, tuttavia, dalla deposizione del Mineo si tr aggono alcune, ind irette e certamente non volute, conferme alla deposizione schietta e linear e dello Iuculano. Il Mineo, in partico lare, ammetteva di conoscere l’Aiello che talora l o andava a trovar e nel suo ufficio e che aveva eseguito il maggior numero di strade interpoderali durante la sua permanenz a al G enio C ivile (circa il 20/30% d el totale). Nonostante ciò, però, i l Mine o escludeva di avere m ai discusso con l’Aiello delle sue pratiche che, addirittura, in un primo tempo non sapeva neppure indicare quantitativamente e definiva “qualche lavoretto” a fronte di centinai a di proget ti presentati ed a pprovati. 241 Poi, dopo aver sosten uto che il suo ufficio si att eneva rigida mente all’ordine cronologico di protocollo delle pratiche (man mano che le stesse pervenivano dall’assessorato all’agricoltura), finiva con l’affermare che le stesse veniva no esitate se nza alcun ordine cronologico ma in base ai tempi e d alle inco mbenze di ci ascun funzionario delegato. Infine, riferiva che il suo ufficio, in caso di diff ormità progettuali, quasi mai espri meva un par ere negativo ma restituiva brevi manu ai progettisti gli elabora ti tecnici con le co rrezioni apposte dai funzionari, a ffinché gli stessi proget tisti li rielaborassero correttamen te e li riprese ntassero. Tale dato appare confermativo di quanto riferito dallo Iuculano a proposito di alcuni progettisti che “andavano e venivano” dall’ufficio con le copie dei pr ogetti e degli elabor ati. Così come risulta con fermato il dato della possibile preferenza accordata all’Aiello , posto che non veniva rispettato un ordine cronologico nel la trattaz ione degli affari ma i vari funzionari addi rittura “suggerivano” informalmente le correzioni da apportare ai tecni ci e non esp rimevano formalmente un parere negativo ovver o con prescr izioni. Ciò posto in ordine ai riscontri in merito al duplice profilo dianzi più volte rich iamato, va svolta una ulteriore analisi a proposito del l’effettiva incidenza delle imprese dell’Aiello sul “mercato” delle strade interpoderali siciliane e di quelle della provincia di Pa lermo in par ticolar e. Tale disami na si rende necessar ia al fine di verificare criticamente la tesi sostenuta dallo stesso imputato nel cor so del suo lungo esame dibattimentale. In buona sost anza, in vero, il nucleo centrale della tesi d ifensiva si fonda sull’ asserzione della inesistenza obiettiva di un ruolo egemone dell e imprese Aiello in tale settore, come si evincerebbe dall’ana lisi dei dati ufficiali d elle strade realizzate in Sicilia. Ove dimostrata tal e tesi, nell’ott ica dell’imputato, esclud e242 rebbe a pri ori la po ssibilità che l’ Aiello sia stato agevolato vuoi da compi acenti funzionari che, soprattutto, da fenomeni di protez ione e/o imp osizione da pa rte di “c osa nostra”. E smentirebbe, ovviamente, quanto sostenuto dal collabora tore Giuffrè e dalle altre fonti di pr ova che ne hanno corroborato le dichiar azioni. Nel sostenere detta tesi, l’im putato Aiello, all’udienza dell’8 marzo 2006, ha qu antific ato sia il numero di progetti di strade interpoderali presentati che que llo delle strade realizzate: “abbiamo presentato 1080 progetti, 289… ne abbiamo realizzato in quota percentuale rispetto a quelli presentati da noi, siamo sull’ordine del 20 %”. Il geometra Puleo, con ancora maggiore precisione, ha specificato che i p rogetti presentati era no stati 105 8 e quelli r ealizzati 289, di talchè, in ef fetti, la p ercentuale risulta non del 20% ma all’inci rca del 27%. Inoltre, l’imputato ha anche quantificato l’incidenza percentuale delle strade reali zzate dalle sue impr ese r ispetto al dato complessivo relativo sia a tutto il territorio siciliano che a quello della provincia di Palerm o in modo particolare: “se si guarda il dato Palermo possiamo arrivare anche a una percentuale del 30% rispetto alle opere globalmente finanziate … sul dato globale regionale noi potremmo essere in ordine al 10% orientativo .. non ho i dati ufficiali … potrei anche discostarmi…”. Ed inoltre agg iungev a: “ho il dato ufficiale di tutte le strade interpoderali che sono state finanziate dall’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste. E sono 2151 strade complessivamente realizzate nel territorio siciliano … cioè tutte le strade interpoderali realizzate nel territorio della regione siciliana sono 2151. Que lle da noi realizzate sono 289”. E’, dunque, lo stesso Aiello che ha indicato una percentuale del 30% d elle strade realizzate dalle sue imprese in provincia 243 di Palermo rispetto al num ero com plessivo delle strade finanziate ed eseguite in detto contesto territoria le. E l’impu tato lo ha fatto evidentemente ritenendo che tale percentuale fosse così modesta da dimostrar e l’inesistenza di una sua posizione ril evante di mercato. In verità, a giudizi o del Collegio, tenuto conto del numero delle s trade realizzate e delle imprese che erano attivamente impegnate in tal e specifico settore, il fatto che il solo Aiello abbia eseguito ben il 30% delle str ade della provincia di Palermo non appare un dato numerico insignificante né tampoco in evi dente contra sto con la tesi accusator ia. Ma anche a vol ersi att enere al dato fornito dallo stesso imputato (il 30% del totale delle stradelle interp oderali fina nziate e realizzate nell a provi ncia di P alermo), tale incidenza, in uno con l ’incremento esponenziale rispetto al decennio precedente ( di cui si dirà appresso), a ppare oltremodo signif icativa. E ciò a mag gior ragion e se si pone mente al f atto che, sulla scorta dei dati numeri ci, non risulta che alcun altro singolo soggetto imprenditor iale abbia ricoperto una simile e /o paragonabile posizione do minante sul m ercato. Ed invero, deve nota rsi come, a f ronte della singola pos izione dell’impu tato, attestata all’incirca al 30% del mercato, il resto delle s trade ri sultan o realiz zate da un numero consistente di imprese, senza che sia emer sa alcuna a ltra posiz ione assimilab ile a que lla dell’Aiello in termini di incidenza nel settore. Ad ulteriore con ferma di ciò, ba sta considerar e le dichiara zioni degli al tri due imprenditori - escussi nel pr esente diba ttimento - che si occupavano attiv amente di realiz zazione di strade di penet razion e agraria. Sebastiano Iuculano, invero, riferiva di aver realizzato solo tre strad e addirittura tra il 1982 ed il 199 6 e Nicolò Testa 244 aggiungeva di aver costruito solo 8/10 strade, tutte peraltro fuori dal la provincia di Pa lermo. Ma la tesi accu satori a, inver o, risulta vieppiù confer mata se si approfondisce più nel dettaglio l’esame dei suddetti dati numerici. Tale operazion e si rende necessaria in qua nto la generica indicazione de i dati complessivi rischia di non tenere conto del perimetro temporale all’interno del quale va condotta la verifica. Come è stato rip etutam ente chiar ito, invero, il ruolo egemone dell’Aiel lo in tale settore si sarebb e instaurato solo a partire dai primi anni 90’ e, cioè, dal momento del suo avvicinamento al contesto ma fioso di Bagheria ed alla stipula del patto di protezion e di cui si è detto. L’esame acritico di tutti i dati r elativi ai progetti presentati ed alle strade realizzate dall’Aiello – e quindi anche di quelle precedenti rispetto agli anni 90’ – rischierebbe di non costituire una verifi ca precisa e puntuale della circostanza oggetto del ri scontro. Di talchè appare necessario procedere anche ad una disaggregazion e del dato numerico complessivo, all’evidente scopo di verifi care se, a partire dai pr imi anni 90’ in avanti, vi sia stato un reale incremento della “produttività” delle imprese dell’impu tato. A tale prop osito, il maggiore Miulli ha quantificato il dato complessivo dei progetti approvati e ammessi al finanziamento nel decenn io 1993/2003 nell’intera Regione, prec isando che si tra ttava di 727 proget ti dei quali ben 181 er ano stati realizzat i da M ichele Aiello. A parte la valut azione dell’incidenza percentua le di dette strade r ispetto al numer o totale d i quelle finanziate, appare estremamente signifi cativo evidenziare il dato complessivo delle str ade realizzate nel decennio precedente dall ’Aiell o. 245 Come precisato sempre dal ma ggiore Miulli, nel periodo intercorren te tra i l 26 settembre 1991 ed il 26 febbraio 2002 l’Aiello aveva real izzato 181 strade, mentre tra il 24 ottobre 1979 ed i l 15 ottobre 1990 ne aveva realizza te solo 108. Appare, perta nto, indubi tabile, trattandosi di dati puramente numerici, come tr a i due decenni suindicati si sia verificato un increme nto eno rme delle strade realizzat e dalle imprese di Aiello, p ari al 75% ri spetto al periodo preced ente. Al di là dei d ati complessivi, dunque, rimane dimostrato in modo inconfutabile che le impr ese dell’Aiell o, a partire dall’anno 19 93, hanno incrementato in misura considerevole (il 75%) il numero del le str ade realizzate. Tale circostanza appare univocamente confer mativa d ella tesi sostenuta dall’accusa e fondata sulle precise indicazioni fornite dal col laboratore Giuffr è a proposito dello sviluppo delle imprese dell’Aiello a pa rtire dal momento del suo avvicina mento a “cosa n ostra”. Ma, a ben vedere, essa risulta ancora più significativa in relazione propr io a quel contesto territoriale, la provincia di Palermo ed, i n particolare, la zona di Caccamo e cent ri limitrofi, cui ha fatto specific o riferimento il Gi uffrè. Ed invero, sulla scorta dei dati emersi agli atti, risulta che nella zona d i Ca ccamo e Montema ggiore Belsito, le imprese dell’Aiel lo a vevano realizzato, da l 1991 in poi, un totale di 29 strade, delle quali 19 a Caccamo e 10 a Montemaggiore Be lsito. Deve notarsi come, nel medesimo contesto territoria le, l’Aiello, tra il 1979 ed il 1991, avesse realizzato complessivamente n ei due centr i appena 6 strade. In tale caso, pertanto, si è registrato un imponente incremento percentuale, atteso che nel decennio in esame l’Aiello ha realizzat o un numero d i strade cinque volte ma ggiore r ispetto a quel le del decen nio precedente. 246 Nella zo na di Ciminn a, invece, - dove sia il Giuffrè che il Provenzano avevano personalmente operato negli ultimi a nni le imprese di Mich ele Aiello avevano realizzato in totale 20 strade int erpoderali, delle quali solo 4 fino al 1 992, 3 nel 1993 e be n 13 d al 1997 al 2002. Anche ta li ultime i ndicazioni numeriche e percentuali, dunque, conferm ano l’incremento esponenziale nella realizzazione di strade interpoderali da parte delle impres e dell’impu tato a partire dai primi anni 90’ in poi, proprio nelle zone direttamente specificate dal Giuffrè e che questi conosceva molt o bene in virtù del ruol o di capo del mandam ento mafioso di Cacc amo. E, complessivamente considerati, tutti i suddetti dati oggett ivi corro borano la tesi dell’esistenza di una posizione predominante in detto settore d’im presa da parte dell’imp utato Aiello, esattamen te come sostenuto dal collaboratore Giuffrè e confermato da Angelo Siino, Salvatore Barba gallo e Sebastiano Iuculano . E’ inoltre rimasto di mostra to come tale posizione dominante si sia via via accresciuta a pa rtire dal 1991, in coincidenza con il momen to dell’avvicinam ento dell’imputato a “cosa nostra”. E come la stessa si sia manif estata in modo particolare proprio in quel le zo ne della provincia di Pa lermo maggiormente controllate dallo schieramento mafioso più vicino a Bernardo Provenzano. Entrambe tali circo stanze smentiscono la tesi difensiva proprio per la loro esatta conducenza rispetto a quanto sostenuto dai collaboratori di giustizia. Ed invero , pur v olendo riconoscere all’Aiello una competenza tecnica e burocratica nella gestione delle pratiche di finanziamento delle strade interpoderali superiore alla media dei suoi conco rrenti (dato aff ermato m a non dimost rato), non si comprende come mai la stessa abbia porta to i suoi fr utti solo 247 a partire da un determinato momento in poi ed esclusivamente nelle zone do ve maggiore era l’influenza de l Provenzano e della famiglia mafiosa di Ba gheria . Né, tenuto conto del com plesso delle convergenti dichiarazioni dei suddetti colla boratori, appare verosimile che la scelta dell’impr esa avvenisse in modo spontaneo ed incondiz ionato da parte dei Presidenti delle varie associazioni interpoderali (come pur e sostenuto dall’imputato nel corso del suo esame). In primo luogo, in fatti, deve considerarsi come, sulla scor ta di quan to un animemente emerso dall’istr uzione diba ttimentale, erano le stesse im prese che andavano alla ricerca delle strade da reali zzare e che convincevano i propr ietari c.d. frontisti a co stitui re una associaz ione interpoderale a vente come unico sco po la presentazione del relativo progetto, la cui realizzazione ovv iament e veniva loro affidata. Non si trattava, dunqu e, di una scelta che veniva effettuata da una person a giuridi ca già esistente, la quale sondava il mercato alla ri cerca del le migliori condizioni economiche e tecniche. Al contrario era l’impresa che, dopo aver convinto i singoli proprietari a cos tituire l’a ssocia zione, proponeva di realizzare la strada senza alcun costo da pa rt e loro. Tale meccanis mo no n esclude a ffatto – come sostenuto dall’impu tato – la possibilità di interferenz e, eventualmente anche di tip o mafioso, sulla scelta dell’impresa da par te dei proprietari. Pur in mancanza di un a specifica contestazione sul punto, tale circo stanza assume rilevanza proprio per il tenore delle dichiarazioni dell’Ai ello. Questi, i nvero, ha lun gamente sostenuto come la scelta dell’impr esa fosse di iniziativa dei proprietari e del tutto scevra da ogni possibile condiziona m ento esterno nel tentativo di smenti re l’assunto del Giuffrè a tale proposito. Nel corso d el dibattimento sul punto ha reso dichiar azioni il 248 collaboratore Barbagal lo, il quale non si è limitato a fornire notizie de relato ma ha descritto fatti caduti sotto la sua esperienza d iretta, maturata a seguito della sua vicinanza all’impresa di Giu seppe Panzeca di Caccamo, che, come de tto, si occupava di strade interpoder ali. Riferiva il collabor atore: “di solito era l’impresa che andava a cercare queste associazioni, ad esempio io ricordo che quando uscì DI GESÙ Lorenzo dal carcere mi diede l’incarico di prendere tutte le cartine topografiche ... di una certa zona della provincia di MESSINA e lì segnare ... alcune strade che lui mi aveva indicato e dove potevano nascere delle nuove associazioni …. ad esempio tra CERDA e MONTEMAGGIORE BELSITO, una l’abbiamo fatta di sana pianta, nel senso c he abbiamo riunito i proprietari, siamo andati a fare il tracciato, abbiamo scelto la strada e tutte cose e lì sempre in questa... discorso di MESSINA, anche lì veniva fuori il nome di AIELLO MICHELE che in quella zona già era interessato lui a... a strade interpoderali.” La circostanz a per la quale l’iniziativa veniva solitamente presa dai tecnici delle imprese ovv ero dagli stessi im prenditori è st ata anche con fermata da numerosi Presid enti di associazion i interpoder ali cit ati dalla difesa de ll’Aiello. Costoro, invero, con specifico riferimento alle imprese di Aiello ed ai tecnici di sua fiducia, i geometri Puleo e C usimano, hanno confermato quanto riferito dal Ba rbagallo. E’ il caso di Filippo Lo Iacono, Presidente di una associazione interpoderale della zona di Mistretta, ci ha detto che dei lavori (eseguiti nel 1999) si era occupato il geometra Puleo c onosciuto trami te t ale Colantoni: “Siccome io dovevo fare questa strada e mi hanno detto di parlare con questo geometra … Colantoni dice: “ci sunnu sti geometri chi fanno fare queste strate”. E allora un giorno me l’hanno presentato a Mistretta, mi hanno chiesto i documenti che dovevo fornire e c e l’ho dati.” 249 Anche Rosario Bell ardita , Pr esidente di un’associazione che ha realizzato una strada nel 1999 in territorio di Reitano, ha riferito di essersi rivolto, sempre per il tr amite dello stesso Colantoni , al geo metra Puleo che si era occupato di tutto fino all’otten imento del f inanziamento. Allo stesso mo do Vincenzo Orlando, Presidente di un’altra associazi one interpo derale, confer mava che per ottenere il finanziamen to di una strada nella z ona di Ventimiglia di Sici- lia, con trada Traversa, si era rivolt o all’impresa di Aiello Gaetano, per ragioni di pregressa conoscenza, il cui tecnico (sempre i l Puleo) si era occupato di tutto. Ancora più significative appaiono poi le dichia razioni di Filippo Scimeca, P residente di due associazioni che a vevano ottenuto il finanziamento per rea lizz are altrettante strade interpoderali nella zon a di Ca ccamo. Costui riferi va che era stato il geometra Puleo a suggerire di costituire due distinte associazioni e di presentare due diverse domande perché la lunghezza della strada era ta le che non poteva essere finan ziata nell’ambito di un unico progetto, ma ne occorrevano due. Ancora più chiaro risu lta tale modo di procedere sulla scor ta delle dichiarazioni di tale Giuseppe Daidone, Presidente di ben cinque associazioni interpoder ali che hanno ottenuto la realizzaz ione di altre ttante str ade nelle zone di Marineo, Monreale e Sant a Cristina Gela. Anche i n ta l ca so i l geometra Puleo aveva suggerito ai diretti interessati di costituire più associazioni per f ar finanz iare cinque lot ti, post o che il costo complessivo dell’opera si aggirava sul miliar do di lire. Saletta B iagio, infin e, Presidente di due associazioni inter- poderali nel la zona di Cacca mo e Montemaggiore Belsito, confermava tale dato, rifer endo che erano stati i ge ometri Puleo e Cusimano (presentatigli dall’a rchitetto Nicosia) ad indicare la necessari a costit uzione di due diverse associazioni 250 per reali zzare u n’unica strada i cui costi non potevano essere coperti da un solo fi nanziamento. E proprio lo stesso architetto Filippo Nicosia r iferiva di essere stato President e di diverse associazioni per la r ealizz azione di strade in zone r icompr ese nel territorio comuna le di Caccamo, tra le quali la nota associazione Allegra dei fratelli Liberto, e di e ssersi r ivolto a tal fine all’ingegnere Michel e Aiello ed ai geometri Puleo e Cusimano. Ma le dichia razion i del Nicosia assumono rilievo anche per altri asp etti. Egli, inver o, riferi va di avere ricevuto parecchie richieste da parte di proprietari agricoli della zona e di aver loro suggerito di rivolgersi ai geom etri Puleo e Cusimano, i q uali si occ upavano di tutti gli a spetti delle varie pratiche. Inoltre, spiegava che: “Guardi, le dico questo, c’è stato un periodo che si potevano presentare… perché con il geometra Cusimano e Pule o … guardavamo l’ICM, quindi la topografia del terreno, e vedevamo dov’è che c’erano anche la possibilità di presentare qualche domanda per qualche strada, e c’è stato un periodo in cui io come presidente mi mette… facevo istanza per una strada, perché fino a una certa data, che ora non so, perché non curavo pro prio le cose da questo punto di vista, non c’era bisogno di essere f rontisti della strada, successivamente poi bisognava essere frontisti, ecco perché sicuramente in qualcuna dove io avevo presentato istanza precedentemente, poi successivamente si è dovuto cercare la persona, vedere chi erano gli interessati per poter realizzare … questa strada in quanto frontisti della strada”. Quindi, secondo il Ni cosia, non solo l’inizi ativa pa rtiva da i geometri d ell’Aiello ma addiritt ura costoro, col suo aiuto, individuavano su lla ma ppa catastale le strade per le quali er a possibile o ttener e i finanziamenti e convinceva no i proprietari a cost ituire le associazioni ed a presentare le istanze. 251 Tale affermazione co rrobora appieno il contenuto delle dichiarazioni de l coll aboratore Barbagallo, il qua le, in tempi non sospetti, aveva d escritto esattamente tale stat o di c ose. L’architetto Nicosia , peraltro, pur essendo di Montema ggiore Belsito ed avendo ricoperto la car ica di p reside nte di mol te associazi oni senza essere propr ietario fr ontist a (come era possibile fare almen o sino ad un certo mom ento), dichiarava di non conoscere i fratelli Liberto pur avendo presieduto l’associazione Allegr a e di non aver conosciuto Antonino Guzzino (che addirittura era st ato assessore comunale a Cacc amo). Egli, cio è, confermava che i P residenti delle associazioni interpoderali nemmeno conoscevano i termini generali delle iniziative che assu mevano, pr oprio in quanto di tutto si occupavano l’Ai ello ed i suoi fidati collaboratori Puleo e Cusim ano. E si b adi b ene che an che lo stesso Puleo – certamente soggetto non ostile a ll’Aiello – ha conf ermato come quasi semp re l’iniziat iva di contattare i proprietari veniva assunta da lui che si occup ava di tu tti gli aspetti connessi alla pratica da presentare. Ciò posto, va an che esaminata l’indicazione for nita dal Giuffrè a p roposito pro prio di Ant onino Guzzino, ind icato come uno dei sosten itori delle iniziative dell’Aiello in territorio di Caccamo e zone limitro fe, allo scopo di ver ificare se, anche su tale specific o passaggio, siano o meno emersi elementi di riscontro . In primo luogo si è avu ta conferma da parte dei testi di P.G. del fatto che An tonino Guzzino er a fratello di Diego Guzzino, uomo d’onore di spicco della f amiglia mafiosa di Caccamo, a lungo in posizion e di contrasto con Antonino Giuffr è e con i suoi uomi ni di fiduci a proprio come i fratelli Lib erto. 252 Per altr o verso, dallo stesso esa me dell’Aiello – in ciò corroborato pedissequamen te dal Puleo – si trae una (certamente involonta ria) conferm a della tesi sostenuta d al Giu ffrè. All’udienza del 21 febbraio 2006, invero, l’Aiello ha f ornito due importanti conferme: p er un verso riconosceva di avere incontrato personalm ente, verso la fine dell’estate del 1 993, Antonino Giuffrè, i l qua le lo era andato a trovare presso i suoi uffi ci di Bagher ia. Come si ricorderà, il collaboratore aveva riferito di avere incontrato personalmen te per l’ultim a volta Michele Aiello proprio all’ incirca nel 1993 e che detto incontro era avvenuto nei suoi uffici di Bagheria. In second o luog o, l’Ai ello confermava l’esistenza dei buoni rapporti intrat tenuti con Antonino Guzzino in q uel torno di tempo e della loro collabora zione proprio nel settor e delle strade in terpoderali (altra circostanza sostenuta dal collaboratore). La conoscenza con l’ingegnere Guzzino risaliva a parecchi anni prima, quando questi dirigeva l’ufficio lavori pubblici del Comune di Bagheria, e si era sviluppata sia sul piano personale che proprio su quello relativo alle strade interpoderali. In particola re, l’Aiello specificava d i aver realizza to una strada inter poderale in territ orio di C accamo, in una zona dove l’ingegnere Guzz ino aveva una villetta (in contrada Sa n Felice o San Rocco). Inoltre, testualmente l’Ai ello riferiva: “Aveva appreso il signor Giuffr è, che era venuto l’ingegnere Guzzino, assieme ad un’impresa, all’interno del mio studio e che in qualche modo li stavamo aiutando per una strada interpoderale…. E c’è venuto a minacciare di brutto che non dovevamo completamente avere a che fare… e questo è stata la seconda volta e l’ultima volta che ho visto a questo signore, che si chiama Giuffrè Antonino”. 253 La visita del Giuffrè era stata di p oco successiva ad un episodio pr eceden te ch e l’Aiello descriveva così: “alcuni giorni prima la visita del signor Giuffrè, era venuto presso il mio studio l’ingegnere Antonino Guzzino che ormai era una larva umana, perché era ormai era quasi terminale. Con il fratello dell’ingegnere Guzzino, poi ho appreso lì che si chiama Diego, e con un ’impresa, che aveva bisogno di essere aiutato a redigere una contabilità finale di una strada interpoderale. … Mi sono chiamato il geometra Puleo, è sceso e praticamente se ne doveva occupare lui in ordine ad aiutarlo a redigere questa contabilità finale”…. “Non so come è venuto a saperlo il signor, noto collaboratore mafioso, Giuffrè questa cosa, passa qualche giorno e si presenta il signor Giuffrè … Mi viene letteralmente a minacciare…personalmente e poi anche al geometra Puleo, che avevo chiamato per spiegargli un po’ le cose come andavano, prop rio sul fatto perché stavamo aiutando in qualche modo l’ingegnere Guzzino…. abbiamo tentato in ogni… di spiegare a lui che no n si trattava di chissà di che cosa d’aiuto, ma semplicemente un aiuto che… stava dando il geometra Puleo per quanto riguarda l’impostazione di un computo metrico, né più e né meno, non ha voluto sentire ragioni …”. Il sopra descrit to epi sodio è stato indicato spont aneamente dall’Aiel lo all’ eviden te scopo di me ttere in risalto la violenta intimidaz ione d a lui subita ad opera di Antonino Giuffrè, in tal modo evidenz iando il suo ruolo di vittima e quello di carnefice ri copert o dal collaboratore . Tuttavia, esso, al di là delle intenzioni dell’ imputato, for nisce una interessante co nferma dei rapp orti citati secondo una tipica chia ve di lettura delle dinamiche mafiose. Deve, infat ti, rico rdarsi come il Giuffrè, all’epoca del fatto narrato, ricopr isse da alcuni anni la carica di capo del ma ndamento m afioso di Ca ccamo. Di tale mandament o mafioso faceva parte anche Diego Guzzino, fratel lo dell’Antonino, il quale, per questioni legate pro254 prio alla nomina del Giuff rè a capo mandamento (ruolo al quale anch’egli aspira va), era sin dal 1984 in una posizio ne di aperto contrasto con quest’ultim o. Ed invero, dopo l’arresto di Ciccio Intile, Salva tore Riina av eva deciso , nel 1987, di nominare il Giuff rè al vertice del mandamento, susc itando il risentimento e l’invidia del Guzzino, il quale era sempre rimasto suo acerrimo rivale. La reazione del Giuffrè ( così come riferita d all’Aiello) appare, pertanto, del tutto coerente con tale situazione interna al mandamento di Caccamo e con le logiche mafiose, atteso che questi non poteva certo vedere di buon grado l’ista urarsi di un rapporto di sostegn o e collabora zione tra il suo rivale mafioso ed il titolare di un grosso gruppo imprendit oriale che, in quel m omento , oper ava ne l territorio di sua competenza. Ma, a ben vedere, l’e pisodio riferito dall’imputato rientr a perfettament e nel le di namiche interne al sodalizio mafios o anc he sotto un altro p rofilo che, come vedremo, corrobor a perfettamente quanto riferito dal Giuffrè. Si ricorderà co me, proprio all’incir ca nell’esta te del 1993, il Giuffrè, d’in tesa con Bernardo Provenzano, aveva gar antito il passaggio di Mich ele A iello “dalle mani” di Nicolò Eucalpitus a quelle di Pietro Lo Iacono, al q uale aveva “p resentato” in termini mafio si l’imputato che pur e questi conosceva sin da bambino ( come confermato da entra mbi i dir etti interessati). La motivaz ione di detto affidamento in chiave dell’Aiel lo ad un uomo d’onor e della famiglia mafiosa di Bagheria trovava la su a ragi on d’essere nel r ispetto delle r egole interne di “cosa nostra”. Ed invero, in ba se a tali regole, poiché Aiello era originario di Bagheria ed operava in tale centro, solo un uom o d’onore di tale cittadina poteva assum erne la gestione ed “a verlo nelle mani”. Lo stes so Giuffrè, che aveva cert amente tanto da guadagna re continuan do ad avere “nelle sue m ani” l’Aiello, aveva avverti255 to tale necessità, peraltro, perfett amente condivisa dal Provenzano. Se, dunque, l’Ai ello doveva necessa riamente – in ossequio alle regole di “cosa nostr a” – essere nelle mani di un rappresentante della famigl ia di Bagheria , non si sarebbe potuto in alcun mod o accettare o permettere che Diego Guzzino, uomo d’onore della fami glia maf iosa di Caccamo, assumesse tale specifico ruolo . Tanto più che il Guzzino apparteneva , in posizione sott’ordi nata, al mandamento dello stesso Giuffrè, il q uale era stato ga rante del suddetto pass aggio di consegne, c ol benestare del Prove nzano, ed aveva d i buon grado rinunciato a continuar e a gestire direttamente l’Aiello e le sue imprese. Allora, in con clusio ne, partendo da ll’esame del superiore episodio così come spontan eamente r ivelato dall’ Aiello, si può affermare , con sufficienti margini d i certezza indiziaria, come una reaz ione così pl atealmente violenta da parte del Giuffrè appaia log icamen te più compatib ile con la sopr a descritta situazione inter na al mandamento mafioso piuttosto che con le spiegazioni for nite dallo stesso Aiello. Non appare, infatti, plausibile che il Giuffrè possa aver e intimidito pesantemente l’Aiello, sino al punto di minacciarlo di morte, solo per quella che lo stesso imputato ha d efinito come un a “e pisodica consulenza di poco conto” fornita al Guzzino. Mentre, al contrari o, ri sulta assai più verosimile e, comu nque, più a derent e alle d inamiche mafiose ritenere che una così pesante re azione (ammesso che sia mai esistita) sia stata determinata dalla precisa volontà di dar seguito alle decisioni assunte dai vertici di “cosa nostra” in ossequio alle sue regole interne ed, al contempo, dall’esigenza di non pregiudicare la leadership del G iuffrè all’interno del suo mandamento. Ciò posto, in meri to alla ricerca del riscontro in ordine alla prima asserzione del Giuf frè – l’esistenza di una situazione di 256 “quasi monopolio” delle im prese d ell’Aiello nel settore della realizzaz ione delle str ade interpoderali – può passarsi a prendere in esame la second a affer mazione del collabora tore. Come si è già anticipato, infatti, il Giuffrè ha sostenuto di aver verific ato perso nalmente l’esistenza di un rappor to preferenzial e tra l’Ai ello e taluni funzionari della P.A., grazie al quale l’i mputat o poteva rafforzare la suddetta posizione dominante di mercato. Il Giuffrè, peraltr o, non si era limitato a d apprender e tale stato di co se ma lo aveva direttamente riscontrato in occ asione di alcuni in terven ti effettuati sull’imputato allo scopo di veloci zzare l’iter della realizzazione di a lcune strade che interessavano sog getti a lui vicini, quali i fratelli Liberto ed i fratelli Muscia di Caccamo. A fronte di tale tesi sostenuta dal collaboratore, Michele Aiello ha negato in modo netto e deciso di aver potuto eserc itare una qualunque influenza sia sui funzionari addetti all’esame delle prati che di fin anziam ento che sui tempi dell’iter am ministrativo. E ciò in quanto i meccan ismi automatici e rigida mente cronologici dell’iter ammin istrativo sudd etto non avrebbero in alcun caso co nsentito un suo intervento vo lto ad accelerare le pratiche in ipotesi s egnalategli dal Giuffrè. A tale proposito, il Collegio ha già esaminato, nei suoi term ini essenzial i, l’iter amm inistra tivo relativo alle pratiche di finanziamen to delle str ade interpoderali. E, se è vero che le fonti norm ative (in particolare la L.R. 30.4.91 e prima ancora la delibera della Giunta regionale in data 21.12 .85) avevano fissato i criteri de ll’automaticità e dell’ordi ne cro nologi co per il f inanziamento delle strade interpodera li da p arte dell’Assessorato Regionale Agr icoltur a e Foreste, p er altro l’attuazi one concreta verso non può che di dett e disposizioni, riba dirsi all’esito come della compiuta istruz ione d ibattim entale, sia risultata ben diversa. 257 Come già si è sintetica mente anticipato, inver o, sono stati gli stessi funzio nari addetti a tale iter che hanno ammesso l’esisten za di diversi punti critici nell’applicazione concreta dei criteri dell’aut omaticità e dell’ordine cronologico di tra ttazione d elle pratich e. E dalla disamina co ngiunt a delle testimonianze dei funziona ri, dei testi di P. G. e dei copiosi d ocumenti in atti si ricava come, all’intern o del complesso iter di approvazione della richiesta di finanz iamento, vi fossero ampi margini di discrezionalità in grado di determinare il sostanziale sovvertimento dei criteri nor mativi suddetti. Ed invero, già dalla fase iniziale della presentazione dell’istanza e dei numerosi allegati tecnici aveva luogo una prima valutazione da parte di una a pposita Commissione che, dopo aver esamin ato il contenuto e la completezza delle domande, deliberava il loro inser imento nella graduatoria del “progetto di interven to”. Si trattav a, dunq ue, di un primo va glio conne sso alla verifica della compl etezza degli allegati tecnici che poteva portare all’esclu sione delle pratiche giudicate incomplete. Ne conseg ue logi camente un primo vulnus a ll’app licazione del rigido criterio cronologi co, atteso che diverse p ratiche ven ivano di fatt o escluse dalla graduat oria del progetto di intervento con una sostanziale m odifica zione del cr iterio cronologico conn esso a lla data di protocollazione de lle stesse. E’ difficile sostenere come già in tale preliminare vaglio non fosse insito un significativo margine di discrezionalità in grado di determin are lo stravolg imento del criterio cronologico, come affermato co n insistenza dall’imputato. Ma ancor più evidenti appaiono i profili di discr eziona lità connessi alle fasi successive del sopra descritto iter burocr atico. Ed invero, dopo l’approvazione del programm a di in tervento da parte del la G iunta regionale di governo, le pratiche veni258 vano res tituite all’ Assessorato competente e distribuite dal dirigente ai va ri fun zionari per l’istruttoria. Come concordemen te ammesso da costoro (tra gli a ltri, Lauricella, Da lla Costa e Naselli), l’or dine cronologico delle pratiche ben p oteva essere m odificato in conseguenza di almeno due diversi f attori : la capac ità individuale di lavoro di ciascun funzi onario (per def inizione variabile a seconda delle caratteri stiche soggettive di ognuno di essi) e la competenza e la rapidità dei tecnici delle varie imprese nel predisporre e/o modificare i progetti e gli elaborati. A titolo meramen te esemplif icativo di dette concordi asser zioni si richiam a testu almente qua nto rifer ito dal teste Dalla Costa: “ … poi pos sibilmente magari l’ordine per il completamento della pratica veniva anche sovvertito perché alcune pratiche possibilmente richiedevano un istruttoria, … un perfezionamento che richiedeva più tempo per l’acquisizione di pareri presso uffici, tipo soprintendenze, forestale, eccetera. Ma erano assegnate in quell’ordine… Per quanto riguarda la parte di competenza mia, come istruttore, anche se avevo avute assegnate le pratiche nello stesso giorno e seguendo un ordine cronologico, possibilmente durante l’istruttoria poteva capitare che una pratica si concretizzava nell’arco di pochi mesi, cinque, sei mesi e un’altra per problemi di pareri, di controversie… si perfe zionava in tempi successivi.”. Negli stessi termini si esprimevano, come si è già detto, anche il Lauricella e Santo Naselli, altro funzionario che in passato si era occupato di strade interpoderali nell’ambito dell’Assessorato all’Agricoltura. Costoro han no tutti riconosciuto che, in buona sostanza, una pratica ch e si trova va in una posizione ante cedente poteva essere esitata anche parecchio tempo dopo rispetto ad una successiva ma più com pleta. Le modalità ed i tempi propri a nche di tale secondo passaggio burocrati co, pertanto, poteva no incidere sull’ordine cronolo259 gico - di fatto sovvertendolo - e sul criterio dell’ automa tismo fissati n ormati vamente. Né può sostenersi che tali modifiche dell’ordine cr onologico non fossero in grado di incidere concretamente sulle aspett ative degli istanti e delle imprese, in quanto si sarebbe, al più, trattato di brevi ritardi p er pratiche che, comunque, avrebbero ottenu to il finanz iamento. Dalla disamina del compendio probatorio, infat ti, è rim asto dimostrato l’esatto contrar io. Il 10 gi ugno 1991 l a Giunta regionale di governo approvava un programma di in tervento relativo a ben 3.711 proge tti di strade inter poderali inserit i in un elenco basato sull’ordine cronologi co di presen tazione delle d omande. Tuttavia, a causa de ll’insufficiente copertura fina nziaria, di dette 3.711 str ade ne erano state ammesse a finanziamento (e quindi real izzate) solo 600 circa, come riferito da l maggiore Miulli e con fermato dal P uleo e d allo stesso Aie llo. Le istanze non ammesse a fina nzia mento erano state, pertanto, restitu ite, tra i l 2002 ed il 20 03, dall’Assessor ato ai rispettivi soggetti presentatori. Da ciò discende che l’aver beneficiato in concreto di più rapidi tempi tecnici di trattazione della pratica aveva di fatto determinato l’ammission e al finanzia mento. Mentre altre pratiche, magari pr ecedenti second o l’or dine cronologi co, non avevan o subito un mero ritardo ma a ddirittura non erano state del tutto finanziate e, quindi, realizzate. Stando così le cose, pertant o, ben si comprende l’incidenza effettiva dei suddetti margini di discrezionalità e dei tempi di trattazione sul le leg ittime aspettative degli istanti. E si ottiene una implicita conferma di quanto riferito da Sebastiano Iuculano a proposito della sensazione, diffusa tra numerosi imprenditor i, di essere stati preterme ssi a favore dell’impr esa di Michele Aiello. 260 Come se ciò non fosse già sufficiente, va evidenziato che il sopra descritto iter amministrativo prevede va un terz o ed ulteriore momento di criticità rispet to alla pedisseq ua applica zione del rigid o ordi ne cronologico. Ed invero, dopo la veri fica preli minare svolta dalla apposita commissio ne tecnica e la successiva istrut toria effettuata dai funzionari dell’Assessorat o le pratiche venivano inviate all’ufficio del Genio Civile per l’ad ozione di un parere che v eniva espresso d opo un a ulteriore disamina di tipo tecnico. Poiché si trattava di u na ulter iore fase endoprocedimentale nella qu ale er a prevista un’enne si ma verifica tecnica, appar e chiaro, già in termini generali, com e si potessero verifica re le medesima distonie accertate nel passaggio della pra tica all’Assessorato agricoltura. Ma, proprio nel caso del Genio Civile, l’istruzione dibattimentale ha dato ben più sp ecifiche conferme, derivanti dalle già riferite dich iarazioni rese da Sebastiano Iuculano e, soprattutto, da quelle dell o stesso dirigente Cristoforo Mineo. L’ingegnere Mineo, che fino al 19 97 aveva ricoperto le funzioni d i vi cario dell’ ufficio del Genio Civile di Palermo, riferiva che le pratiche all’Agricoltura pervenute veni vano per posta assegnate alle dall’Assessorato sezioni per l’istruzi one. In tale fase, se i funzionari incaricati sollecitavano delle modifiche, i tecnici del le imprese le apportava no seduta stante ovvero si rip rendevano gli elabora ti in origina le per modificarli nei loro studi e poi restituirli all’ufficio senz a alcuna formalità . Testualmente il Mineo rifer iva: “c’era il tecnico, il progettista della stradella, gli davamo brevi manu il progetto, lui lo correggeva e lo riportava come volevamo noi”. Sostanzialmente , pertanto, lo stesso Mineo ha conferma to che tra i fu nzionari del suo ufficio ed i tecnici delle varie imprese era normalmente in atto un r apporto di retto e del tut to 261 privo di fo rmalità, in ba se al qua le venivano concordate le modifiche da app ortare ai progetti che andavano avanti e indietro dall’u fficio del Genio Civile in originale e senza gli opportuni passagg i dal protocollo. Come riconosci uto sempre dallo stesso Mineo, inoltre, nell’istr uzione del parere non poteva esser e seguito alcun rigido ordine cronologi co, propr io per la possibilità che dovessero essere appor tate co rrezioni a gli elaborati e per i tempi tecnici connessi al sopra descritto rapporto diretto tr a funzionari e tecni ci di parte. Appare, per tanto chiaro come anche tale ultim o passaggio procedurale all’ uffici o del Genio Civile costituisse un ulteriore limite all’ap plicazione di un rigido criterio automatico e cronologi co che l o stesso Aiello ha addotto come spiegazione logica del la sua im possib ilità di essere favor ito ed, a sua volta, di esaudire le eventuali richieste del Giuffrè così come di chiunque altro. Per tutte le superiori considerazioni in p unto di fatto, d unque, deve concludersi che i cr iteri dell’automaticità e del rispetto dell’ordine cronologico nella trattazione e nella esitazione delle pratiche di finanziamento erano solo un mero riferimento norm ativo che nella pra ssi concreta non trovava completa applica zione, lascia ndo s pazio ad ampi margini di discrezio nalità e di alteraz ione d elle graduat orie. Tale stato di cose rifl ette già l’ordinaria e fisiologica applicazione dei so pra r ichiam ati criteri legali, a prescindere dal verificarsi di fenomeni i ndebiti di pr eferenza a f avore di taluni imprendit ori ri spetto ad altri. L’iter, cioè, già nell a sua corretta e normale applicazione pr atica prevedeva la pos sibilità di una sosta nziale modifica dell’ordi ne cro nologi co. A ciò deve aggiun gersi la possibilit à che taluno dei funzionar i potesse vol ontariamente fa vorire una impresa rispetto alle altre, cosa che, ten uto conto delle sopra descritte m odalità 262 concrete di gestione delle pra tiche, appare certamente possibile in l inea t eorica. Possibilità, in vero, divenuta probab ilità in considerazione del tenore delle risposte f ornite dal Mineo e dagli elementi em ersi a carico del Naselli ( di cui si dirà). Ad ogni modo , le emergenze p rocessuali hanno fornito una conferma, sia pure gen erica, alla tesi del Giuffrè – che ha definito l’i mputat o “ammanicato” presso l’Ass essorat o – e, soprattutto , han no smentito in pieno la versione dei fatti fornita da Michele A iello. In particolare, ha nno assunto pa r ticolare significato le d ichiarazioni rese dal funzionario Santo Naselli, il quale, d opo aver premesso di no n aver ma i fatto favori ad a lcuno, ha aggiunto a pr oposit o del suo rapporto personale con l’Aiello: “Io l’ingegnere Aiello l’ho visto un paio di volte in ufficio, due/tre volte, e poi pe r motivi familiari mi sono recato presso la sua struttura sanitaria perché avevo problemi con mia moglie seri di ernia al disco”. Il teste ha, poi, tenu to a definir e come “puramente formali” i suoi rapporti con l’imputato, il quale ha confermato tale versione dei fatti . Tuttavia, tale tesi comu ne ad entra mbi appare fortemente indebolita dal contenuto di una conversazione telefonica, intercettata nel febbrai o 2003 su una delle ut enze non riservate dell’Aiel lo. Detta conver sazion e intercorsa pr oprio tra l’imputato ed il Naselli dimo stra in modo inequivocabile come il tenor e del loro rapporto fosse caratterizzato d a una comunanza di int eressi e propos iti ch e andava ben oltre un rapporto meramente formal e. In primo luo go deve no tarsi come il Naselli fos se nella disponibilità del num ero di utenza cellulare dell’Aiello e come i due si scambiassero il tu adoperando un tono confidenziale e per nulla formale. 263 Si tratta d ella telefo nata intercettata il 10 febbraio 2 003 alle ore 13.47 su ll’ute nza 335/1338679 in uso a Michele Aiello che veni va chiamato dal Naselli: “MICHELE: Pronto?… SANTO: Michele, ciao, Santo Naselli sono… MICHELE: Ehi, ciao Santo, come stai?… SANTO: Che si dice?… Ma bene, tu?… MICHELE: Ma insomma… diciamo tutto bene… SANTO : Senti, ti… ti devo chiedere una cortesia, siccome ho cercato di rintracciare a Nino… MICHELE: Eh… SANTO: E siccome c’è qualche novità favorevole… MICHELE: Si… SANTO: Alc une co se che abbiamo… MICHELE:Uh… SANTO: In corso, non di poco conto… MICHELE: Eh… SANTO: Ci dici che si mette in contatto con me… MICHELE: Perfetto (incomprensibile)… SANTO: Me la usi questa cortesia… MICHELE: Certo… SANTO: E poi facciamo una cosa, alla luce anche di questa rifles sione, poi ne parlo con lui e poi ci vediamo… MICHELE: Ah, quando vuoi, va bene?… SANTO: Va bene, (incomprensibile) glielo dici tu allora? Io non riesco a rintracciarlo… MICHELE: Ora lo avvi… ora cerco di rintracciarlo… di rintracciarlo io, ok… SANTO: Ti chiamo al cellulare… MICHELE: Va bene… SANTO: Ciao Michele, buon pomeriggio… MICHELE: Ok, ciao, ciao… ciao, ciao, anche a te, ciao…”. A parte le superiori considerazioni circa il tono e le modalità della conversazione, appar e estremamente int eressa nte so264 prattutto il suo contenuto, posto che il Naselli non solo aveva delle rilevan ti n ovità da comunicar e a tale Nino (come si vedrà il geometr a Puleo) ma pr ecisav a che le stesse riguardav ano un affare in comun e che costor o stavano attenzionando. Alcuni part icolar i della conversazione veniva no, poi, chiariti anche nel corso dell’esa me dello s tesso Naselli, il quale testualmente riferiva: “…Ricordo bene. Si, io… il geometra Puleo non è che è mio amico. Io lo conosco il geometra Puleo perc hé è venuto in ufficio e quindi seguiva le pratiche. Allora pe… su questa telefonata che lei mi… si, la ricordo bene, ma riguardava che il… veniva spesso in ufficio assieme a altri operatori per chiedere informazioni sull’emissione del bando. E siccome io non stavo lavorando sul bando, ma stava lavorando sul bando l’ufficio di gabinetto, non ero in grado di dare informazioni. Anche perché coloro i quali venivano in ufficio chiedevano quant’era (incomprensibile) finanziaria, chiedevano che tipo di spesa c’era per l’organizzazione diciamo e per la presentazione del progetto. E quindi se… non ricordo… se ho fatto questa telefonata la facevo per questo, perché … il bando era stato emesso a… Febbraio, mi sembra, del 20 03, io non ricordo quando ho fatto sta telefonata…… Comunque il discorso era quello che lui mi veniva a chiedere informazioni. Dunque, l o stesso Naselli ha riconosciuto che la telefonata ad Aiello si riferi va ad una comunica zione di atti interni agli uffici del la P. A. ch e lui doveva dare al geome tra P uleo, il quale gli aveva richiesto dette informazioni preventive. Evidentemente si trattava di notizie rilevanti (per ché così definite dal Naselli nel corso della conversazione) da for nire al principale collab oratore dell’Aiello per conto di quest’ultimo, come appare dimostrato sia dalla circostanza per la quale il Puleo lavorava solo per l’imputato che dal fa tto che il Naselli aveva tel efonato proprio a Michele Aiello. Notizie che lo stesso Naselli, nel corso della pur br eve telefonata, ha sig nificativamente definito “novità favorevoli….su al265 cune cose che abbiamo in corso non di poco conto” e che, dato l’uso del la pri ma persona plurale, riguardavano un aff are comune. A fronte di tali indi cazioni che d enotano ben altro che un rapporto puramente formale, il Na selli, richiesto sul punto, ha pure precisato che egli non telefonava mai dir ettamente agli impren ditori ovvero ai tecnici interessati ad avere notizie sui ban di: “N o, no n telefonavo a n essuno, non mi permetterei mai. Diciamo che siccome io…in questo caso la… forse io ho sbagliato, mi rendo conto. Cioè di più la cosa che … mi premeva, stavo male anche fisicamente, di incontrarlo perché non riuscivo diciamo, sotto certi aspetti non sapevo a chi rivolgermi e avevo questi problemi un po’ seri di salute, eccetera, eccetera, e quindi, sa, nell’atto del bisogno… però non mi permettevo mai di chiamare nessuno, né il signor Puleo né ness un altro, anche perché io faccio un servizio pubblico e chiunque può venire a chiedere informazioni. (incomprensibile) ero quello, perché se questo l’ho fatto… quindi se lei mi dice… il bando è stato emesso il 13, dopo un mese e mezzo… quindi non è che c’era stata diciamo la situazione dell’urgenza di chiamare il signor Puleo per manifestare la… il discorso del bando”. Ed ancora: “No, no, no , mi guarderei bene… (di telefonare agli imprendit ori o ai tecnici, n.d.e.) io soltanto volevo comunicare, visto che il bando aveva tre mesi di validità, che il bando era stato pubblicato. Ma non c’erano problemi di altra natura, né io gli volevo riferire altri argomenti all’interno del contesto del bando perché trattasi di attività pubblica e chiunque poi può prendere visione co n l’emissione del bando.”. Orbene, dalle stesse dichiarazioni del Naselli si evince che la notizia “ su alcune co se che abbiamo in corso non di poco conto” doveva essere c omunic ata con urgenza al geometr a Puleo e riguardava la com unicazione della prossima emissione di un bando relativo a strade interpoderali i cui termini rischiavano di s cadere. 266 In effe tti, agli atti risulta che il ba ndo in questione era stato pubblicato per l’appu nto il 13 febb raio e cioè solo tre giorni dopo la telefonata di cui sopra che, pertanto, era un “preavviso” ad perso nam di un provvedimento am ministrativo non ancora adottato e reso pubblico. Dunque, il Nasell i ha ammesso che, contrariamente alle sue abitudini (posto che n on comunicava mai dir ettamente con gli utenti del s uo uffi cio), a veva s pontaneam ente telefonato all’Aiell o, cioè a d un imprenditore direttamente interessato alla vicen da, per comunic argli, tra mite il Puleo, una notizia di rilievo rig uardan te l’imminente emissione di un bando e, pertanto, di un atto d’ufficio non a ncora pubblicato. E, pur t rattan dosi d i una premura rise rvata unicam ente all’Aiell o e nel su o personale ed esclusivo interesse privato, definiva la noti zia come “alcune cose che abbiamo in corso”, dimostran do la sua personale pa rtecipazione al buon andamento della vicenda. Partecipazione ulter iormente dimostrata dalla chiosa finale della conver sazion e intercettata (“E poi facciamo una cosa, alla luce anche di questa riflessione, poi ne parlo con lui e poi ci vediamo”) con la quale il Naselli si riservava e si riprometteva di approfon dire la qu estione del bando parla ndone direttamente con l’Aiello. In concl usione, dunque, la suddetta conversazione intercettata, anche alla luce di quanto ammesso dallo stesso Naselli, fornisce la p rova dell’esistenza di un rapporto con l’Aiello che, per i toni, le modalità e sopra ttutto i contenuti del dialogo, non solo andava ben al di là della mera formalità ma si spingeva sin o alla rivelazione, preventiva ed in via esclusiva, di notizie interne a ll’uff icio pubblico di appartenenza del teste nell’interesse pr ivato dell’Aiello ed a tutto discapito dei suoi concorrenti. Interesse privato, peraltro, pienamente condiviso dal funz ionario Na selli, il quale non solo avvertiva l’Aiello ed il Puleo 267 ma addirittura si ripr ometteva di approfondire in s eguito la vicenda “comune”. Tale rapporto dimostra, pertanto, pur in assenza di una specifica c ontest azione nell ’ambito di questo processo, come il Naselli ab bia asservito la propria funzione pubblica agli interessi di un a parte p rivata a discap ito degli altri imprenditori concorren ti che egli “ si guardava bene” dal contattare dir ettamente p er avv isarli di alcunchè. Alla luce delle altr e emergenz e processuali, peraltro, l’esisten za di un a tale f orma di r apporto non può di certo lasciare perplessi, atteso che, come si vedrà a proposito delle attività sanit arie, l’Aiello er a solito corrom pere i funzionari addetti alla trattazione delle sue p ratiche ovvero stabilire con essi rapp orti p referenziali e privilegiati. Non può, invero, revo carsi in dub bio che gli affari del l’Aiello fossero da questi gestiti sulla scor ta di un “sistema” relazi onale ed operativo basato sul sistematico e pedissequo avvicinamento dei funzion ari pubblici e, sinanco, di a lcuni referenti politico-amministrativi. Ogni pas saggio burocratico delle s ue pratiche ve niva attenzionato anche mediante l’instaurar si di rapporti prefer enzial i con i funzi onari addetti, i q uali venivano gratif icati con prestazioni san itarie gratuite, con vere e proprie dazioni corruttive o con assunzion i di parenti. Tale situaz ione di fatto fornisce un pieno riscontro alle dichiarazioni del Giuffr è che aveva d efinito l’Aiello “ammanicato” presso gli uffici della P.A., con ciò intendendo sostener e che lo stesso poteva godere di un trattamento preferenziale che, come si è visto, non solo era possibile in consideraz ione delle modali tà concr ete di attuazione dell’iter in esame, ma addirittura appa re dimostrato quantomeno in relazione al Naselli (l ’unico soggetto incappato nelle intercettazioni telefoniche d ispost e). 268 Esaurita la di samina dei riscontri r elativi alla possibilità che l’Aiello, a moti vo dei suoi rapporti privilegiati, fosse in gra do di interferir e sulle pratiche in cors o, può senz’altr o passarsi ad esaminare i casi specifici descritti dal collabor atore Giuffrè. In primo luogo, questi aveva par lato di un suo personale intervento sull’Ai ello all o scopo di sbloccare la pratica r elativa alla strada interpoderale in territ orio di Ca ccamo che int eressava ai fratelli L iberto. Il Giuffrè a veva an che prem esso di non essere a conoscenza dei dettagl i tecnici e burocratici dei quali ovvia mente non s i era occup ato in prima persona. Ciò non ostante ave va reiteratamente affermato che, a seguito del suo personale intervento di chiaro stampo mafioso, l’Aiello ed i suoi tecnici erano subentrati nella gestione tecnico-buro cratica del la pratica (inizialmente predisposta da altri soggetti) che giaceva da anni inevasa ed avevano in breve tempo ottenu to di far finanziare e di realizzare l’opera che interessava agl i uomi ni d’onore Liberto. A tale proposito il Maggi ore Miulli riferiva di avere acquisito presso l ’Assessorato all’a gricoltura la doc umenta zione concernente le str ade in terpoderali re alizzate nella zona di Caccamo, ed, in p articol are, q uella relativa alla str ada in terpoderale dei frat elli Liberto denominata “Allegra”. Tale strada era stata realiz zata, nei pressi del Vallone R affo, da una associazione inter poderale, tra i cui soci figuravano i fratelli Liberto Gior gio, Giovanni, Giuseppe e Salvatore (classe 1925) ed il cu i presidente era Liberto Salv atore (classe 1960). Sulla scorta dei dati documentali agli atti è em erso che il progetto in iziale della strad a era stato predisposto il 20 dicembre 1986 , ma che, fino al 1993 , la pratica non er a stata approvata . 269 Il 3 n ovembre 199 3 il proget to iniziale era stato, tuttavia, aggiornato dall o stu dio di pr ogetta zione Sicilproget, con sede in Bagheria in via Ingeg nere Bagner a numero 14, cioè nello stesso indiri zzo nel quale ha sed e la società Villa Santa Teresa s.r.l. dell’ Aiello . Lo studio tecni co in questione er a proprio q uello dei geometri Puleo An tonino e Cusimano Gaet ano, collaboratori fissi ed esclusivi dell’Aiello, per conto del quale, si erano occupati, anche nel territo rio di Caccamo, della progettazione e della direzione dei l avori di realizzazione delle str ade interpoderali. Sempre in data 3 novembre 1993 la direzione dei lavori per la realizzaz ione della strada dei Lib erto era stata affidata al geometra Puleo, che, da quel m omento in poi, si era occupato anche della progettazio ne e dell’as sistenza tecnica ed amministrativa. Come riferito sempre da l maggior e Miulli, i fratelli Liberto si erano interessati an che ad altr e strade in territorio di Ca ccamo ch e avevano visto l’intervent o successivo delle imprese e dei tecnici dell’Ai ello. In particolare, Libert o Salvatore del 60’ aveva ricoperto la carica di Presidente dell’ass ociazione interpod erale interessata alla strada den ominata Fusci. Anche nel ca so di detta strada, il progetto iniziale era stato redatto il 30 dicemb re del 1986 ed era stato poi aggiornato il 4 ottobre 199 9 dal geometra Cusim ano Gaetano, nominat o in pari data anche direttore dei lavori. In entrambi i casi, dun que, è stato concretamente ver ificato che, in un primo tempo, i progetti iniziali erano stati predisposti d a altri tecnici e che, in secondo momento, gli stessi erano stati ag giornati ad opera d ei geometri Puleo e Cusimano, i quali avevano anche assunto la direzione dei lavor i. Tali progetti eran o rimasti lunga me nte in fase istrutt oria ma, dopo l’inter vento dei suddetti tecnici, erano stati finanziati e 270 le opere era no stat e eseguite dalle imprese dell’Aiel lo nel gir o di poco tempo. Come appare evidente, dunq ue, il contenuto delle dichiarazioni rese dal Giuffrè ha trovato plurimi ed individualizzant i riscontri già n ei dat i documentali p resenti agli atti. Si tratta di plurimi ed esa tti riscontri al contenuto della deposizione del Giuffrè ai q uali va giustapposta la valutazione anche di altri elementi emersi a seguito dell’esa me diba ttimentale dello stesso Aiello. Questi, nel corso del l’udienza del 21 febbraio 2006, ammetteva di avere real izzato nella zona di Caccamo alcune strade interpoderali, alle quali er ano inter essati i fratel li Liberto. In particolare, con rif erimento alla strada Allegra l’imputato riferiva che: “il p rogetto della strada era stato presentato il 20 dicembre 1986 dall’allora geometra Filippo Nicosia, uno dei collaboratori del geometra Puleo, per quanto riguarda la scelta delle strade sul territorio di Caccamo e Montemaggiore Belsito”. Sempre a d etta d ell’imp utato tale progetto iniziale era s tato successivamente agg iornato da l Puleo ma “non era una ripresentazione, come ha detto qua il capitano Miulli erroneamente, ma era semplicemente una presentazione di aggiornamento prezzo, a seguito della pubblicazione del prezziario”. Quindi il 3 novembre 1 993 Liberto Salvatore, nella qualità di Presidente dell’asso ciazione interpoderale, aveva presentato la suddetta istanza di aggiornamento ed i lavori venivano eseguiti e collaudati il 14 g iugno 1994 (nel giro di sei m esi). L’Aiello, dunque, ne l corso dell’es ame da parte del P .M. sostanzialm ente confer mava il quadro generale d egli accadimenti c ome sopra ricostruito dal m aggiore Miulli sulla scorta del compendio documentale in atti. Affermava che il progett o inizia le era stato f ormalm ente redatto dal Nicosia e ch e, solo in un secondo momento ed a d istanza di an ni (dall’86 al 93) , erano intervenuto il geometra 271 Puleo, il quale, per suo conto, aveva proceduto alla redazione di un “aggiornamento prezzi” sulla scorta del più recente prezziario regionale. L’unico elemento di f ormale distonia rispe tto a quanto emerso, pertanto, appariva costituito dalla definizione tec nica dell’inte rvento d el Puleo, q ualificato come aggiornamento prezzi e non co me nuovo progetto. Il dato in sé, tuttavia, non appare per nulla significativo, atteso che l’aggiornam ento dei pr ezzi compor tava in ogni caso una sostanziale modifi ca del progetto originario, tanto che, come amm esso dallo stesso Puleo ed afferm ato da i funz ionari escussi, le singole opere e sinanco la lunghez za stessa della strada dovevano essere rimodulati in base ai nuovi pr ezzi (posto che l’ importo fisso e totale del finanziamento rimaneva lo stesso). Lo stesso geometra Puleo , invero, nel corso del suo esa me dibattiment ale affermava che, qualora tra la fase di r edazione del progetto e del comp uto metr ico e quella di eff ettiva realizzazione dell e opere fosse trascorso parecchio tempo, era ammessa la possibilità di adeguar e i costi ai nuovi prezzi indicati nei prezzi ari regionali. Tuttavia l’en tità massi ma del finanziamento non pote va essere in alcun modo superata, di guisa che il progetto a ndava rimodulat o con un sostanziale ridimensionamento di alcune delle opere da realiz zare. In forza dell e stesse dichiar azioni rese da un soggetto pa rticolarmente vici no e f edele a ll’Aiello, è chiar o che l’intervento successivo di adegu amento dei pr ezzi compor tava necessariamente una rimodulaz ione tecnica del progetto originariamente presentato. Si tratta, dunque, di una differ enza sostanz ialmente terminologica che non incide sulla sostanza della ricostruzione, posto che l’i ntervento tecnico del Puleo, in qualunque m odo definito, h a dete rminat o una modifica del progetto originario. 272 Tuttavia, va evidenzi ato come l’Aiello abbia radica lmente modificato propri o questa par te delle sue dichiarazioni nel corso del successivo contro esame della difesa. In particolar e, l’imputato, torna ndo sul punto, riferiva che sin dall’ inizio la strada interpoder ale Allegra era stata progettata dal g eometra Puleo ne gando quanto detto all’udienza precedente ed escl udendo la prece dente attribuzione al Nic osia della redaz ione del progetto originario. In considerazi one delle modalità concrete di tale improvviso mutamento di indi rizzo solo su uno specifico passa ggio della ricostruz ione – d opo un ripensam ento inter venuto evidentemente tra un’udienza e l’altra - appare altamente verosimile che l’Ai ello abbia inteso non convalidare il dato dell’iniziale predisposizione del progett o da soggetto diverso rispetto al Puleo, d i guisa da smen tire una parte specifica dell’assunto del Giuffrè. Pertanto, dopo essere ritornato s ul punto, l’Aiello sosteneva che il prog etto era stato red atto sin dall’inizio dal Puleo e che il Nicosia si era limitat o a p resentarlo in veste di Presidente pro-tempo re dell’asso ciazione Allegra. Nel frattempo, però, era mutat a la disciplina, nel senso che l’Assesso rato aveva stabilito che soltanto i proprietari dei terreni interessati all a realizzazione della strada (i c.d. proprietari fron tisti) potevano ricoprire la carica di Presidente delle associazioni in terpoderali. Pertanto, il Nicosia, che f ino a quel momento era sta to il Presidente dell’a ssocia zione Allegra in virtù di apposita procur a, aveva dovu to dimettersi ed er a stato sostituito da un prop rietario fro ntista, tale Liberto Salvatore. In tale veste, pertanto, “il 3 Novemb re del ’93, il signor Liberto ha presentato istanza per l’aggiornamento prezzi del computo metrico redatto dal geometra Puleo Antonino.” Per il resto, l’Aiello confermava che il 31 marzo 1994 era stato effettuato l ’accer tamento prevent ivo da parte dei funziona273 ri dell ’Assessorato Agricoltura e Foreste, che il 10 Maggio 1994 era stato adottato il decreto di finanzia mento e che il 14 Giugno ’9 4 era stato redatto il verbale di accerta mento di avvenuta esecu zione l avori da par te dei funzionari incar icati. Allo scopo di sotto porre a verific a incrocia ta tale specifico passaggio dell a vicenda a ppare opportuno esaminare il contenuto dell a deposiz ione dell’architetto Filippo Nicosia, il quale, tuttavia, ha reso dichiar az ioni tanto incerte quanto inattendi bili. All’udienza del 31 ottobr e 2006, il Nicosia, infatti, ha pales ato un atteggiamento pro cessuale a tratti incoerente ed incerto, tentando di so ttrarsi alle domande delle parti e fornendo risposte parzialmente illogiche e certamente reticenti. Sul punto in esame, tuttavia, egli attribuiva la paternità del progetto o riginale a se stesso ed ai geometri Puleo e Cusimano, inserendo anche ques t’ultimo tra i redattor i del progetto, circostan za non rifer ita da nessun’altra fonte. Non era in grado però di riferire chi avesse firmato il progetto e la richiest a di finanziamento (che risulta a sua f irma dal documento in atti). Dopo il cambio dell a normativa, egli aveva dismesso la carica di Presidente che era sta ta assunta da uno dei propr ietari frontisti . A seguito del camb iamento della compagine associativa, la domanda di finanzia mento era stata reiter ata e da quel momento in avanti egli non l’a veva più seguita , tanto da non saper riferire nemmeno se il finanziamento fosse stato concesso. Pur nella obiettiva difficoltà di trarre qualche conclusione certa dall e dichiarazion i del Nicosia, appare, tuttavia, confermato il fa tto che q uesti, in un pr imo tempo, si era occupato del progetto tecn ico, della costituzione dell’associazione (della quale era Presidente munit o di procur a) e della r ichiesta di finanziamento. 274 Successivamente al mutamento della normativa non aveva più cur ato in a lcun modo la pratica che era stata seguita dal Puleo e dal Cu simano : “… per non fare perdere … il finanziamento si sono attivati i geometri per far si di costituire qualche altra associazione e farla andare avanti.” Sull’aspe tto i n esame forniva dichiarazioni anche lo stesso geometra Pul eo, in veste di imputato di reato connesso, all’udien za del 10 ottobre 2006. In sostanza, il P uleo sosteneva di aver predisposto il progetto originale ma precisava che della strada, in una prima fase durata alcun i anni, si era occupato esclusivamente l’architetto Ni cosia. Il Puleo testualmente riferiva: “Siccome l’architetto essendo del posto conosc eva le varie persone, e poi assieme si individuavano dei siti dove era diciamo … quella famosa fattibilità da un punto di vista agricolo. Siccome la zona si prestava bene perché c’era un b ell’agrumeto e quindi c’erano le caratteristiche, e si prese ntò il progetto. Tra queste diciamo peculiarità c’era il fatto che c’era un proprietario compaesano suo, e quindi lui lo… pres entò nel 1986”. Dunque, lo stesso Puleo confermava che, nella fase iniziale della procedura, il Nicosia aveva presentato la domand a di finanziamento della strada Allegr a, nella veste di Presidente procurato re della omonima associazione interpod erale, e ne aveva seguito persona lmente l’iter e gli sviluppi. Successivamente, a seguito del mutamento d ella normativa interna, si era dovuto procedere alla costituz ione di una nuova associazion e interpoder ale di cui facessero parte s olo i proprietari fron tisti ed era sta ta presentata una nuova domanda da parte di tal e nuovo soggetto giuridico: “Poi quando nel…’91 fu inserita nel programma di finanziamento, nel frattempo era intervenuta … la normativa che il presidente non poteva essere… perché inizialmente chi presentava il progetto doveva essere anche un… procuratore, una persona che era 275 semplicemente un promotore, ecco, di quella iniziativa. Subito dopo il presidente doveva essere un diretto interessato all’opera e quindi quando fu inserita nel programma di finanziamento è stata … ricostituita … l’associazione ed è stata costituita da… un certo Liberti, e quindi poi da lì si è diciamo portato avanti tutto l’iter burocratico amministrativo, si è realizzato, è stato liquidato…”. Pertanto, pr osegui va il Puleo “si è dovuto aggiornare il progetto in questo periodo, prog etto sempre dal punto di vista economico, non progetto dal punto di vista tecnico”. Tale ultima affermazione, sostenuta con particolar e inter esse dal Puleo, contrasta in modo stridente con quanto riferito dallo stess o dichiarante, il quale aveva sostenuto che, in linea generale, un a deguam ento dei prezzi com portava una necessaria rimodulazion e tecnica del progetto originario. Appare, tuttavia, possibile a fferma re che, dopo la costituz ione della nuo va compagi ne associa tiva, era stata presentata una ulteri ore domanda di finanzia mento, sub specie di “aggiornamento” di quell a iniziale de l 20.12.86. Tale dato appar e confermato documentalmente attr averso l’esame del verbal e di accer tamento preventivo del 31 ma rzo 1993, nel quale si fa espresso rifer imento alla “domanda presentata in data 20 dicembre 1986, agg. 3 novembre 1993 prot. N. 6526 – 3942 del Sig. Nicosia Filippo oggi Liberto Salvatore”. E sempre tra i documenti prodotti dalle parti (v. doc. n. 37 del 2° elenco della difesa Aiello) è possibile rinvenire la copia della d omanda di finan ziamento presentata in origine dalla Associazione in terpod erale Allegra. Dall’esam e di detto documento si evince che la d omanda in data 20 dicembre 1986 era stata sottoscritta dal solo Filippo Nicosia, in qualità di Presidente della associazione interpoderale Allegra con sede in Montelmaggiore Belsito. 276 Nell’istanza in qu estione non vi era menzione alcuna dell’esis tenza di progetti allegati, né tampoco è specificato chi li av esse r edatti e sottoscritti. In conclusio ne può affer marsi, senza tema di smentita, che per la strada All egra siano state pr esentate, in tempi dive rsi, due diver se doma nde di f inanziamento e che la seconda può qualificarsi come rei terazione con a ggiorname nti de lla prima. Le due domande risultano a firma di due tecnici diversi, nel primo caso il F ilippo Nicosia, all’epoca Presidente pro- tempore dell’a ssocia zione omonima munito di pr ocura, e nel secondo caso il S alvato re Liberto, proprietario frontista nelle more suben trato al N icosia medesimo nella ca rica di Presidente a seguit o della costituzione (di cui si era occup ato il Puleo) di una n uova c ompagina ass ociativa. In tale contesto a nulla rile va qua lificare la seconda domanda come mero aggio rnamen to dei prezzi piuttosto che come nuovo progetto. Il dato veramente significativo, ai fini della ricerca del riscontro alle dichiarazi oni del Giuf frè, appa re, invero, costituito dal fa tto che vi si a sta ta una prima fase (1986-1993) nella quale la domanda era stata seguita dal Nicosia, cui aveva fatto seguito una seconda fase nella q uale questi non aveva avuto pi ù alcun ruolo e che era stata curata sotto tutti i punti di vista tecni ci, burocr atici ed amministrativi dal Puleo per conto di Aiel lo che aveva poi realizza to i lavori. Così come altrettanto signif icativa appare la cir costanza per la quale, mentre per tutta la prima fase, durata ben sette anni, la pratica non aveva avuto alcun riscontro ed era rima sta giacente , dal momento dell’interessamento dell’Aiello la stessa si era improvvisamente sblo ccata e, nel giro di pochi mesi, la strada era s tata finanzia ta e realizzata. Considerati i fisiol ogici limiti conoscitivi del Giuffrè i n merito agli as petti burocratici e tecnici della complessa vicenda (dallo stesso premessi), tutti i superiori dati forniscono un 277 chiaro e preci so riscon tro individua lizzante alle sue dichiarazioni. Il Giuffr è, per altro verso, avev a r iferito di un suo ulteriore intervento sull a persona di Michele Aiello in relazione alla pratica di finanz iamento di una strada inter poderale che i nteressava i fratelli Muscia di Caccamo. Le indagi ni svol te dai Carabinieri – sulle quali ha riferito il Capitano Giovanni Sozzo – hanno consentito di individuare tutte le strad e pro gettate ed eseguite dall’Aiello in territorio di Caccamo n el torno d i tempo intercorrente tra il 2000 ed il 2001. Di tali st rade il teste ha indicato si nteticamente i nomi - Puscico, So ggiacca, Ceca la, Ciaccio, Passo della Madonna, P usateri, Lo Bui, Corso del l’Aquila e Quadarelli – ed i diversi iter burocratici . Veniva in dividu ata an che quella Cordaro-Manchi/Angile ttoManchi c he rig uardava, per l’appunto, i terreni dei fratelli Muscia. Costoro er ano, po i, stati identificati in Muscia Giuseppe e Muscia M ichele, il quale ultim o era stato anche impiegato del Comune di Caccamo, con l’incarico di responsab ile dell’ufficio tecnico comunale. Le indagini con sentivano, inoltre, di accertare che tra i soci dell’asso ciazio ne interpoderale interessata alla realizz azione della strada in con trada Manchi vi erano per l’appunto i suddetti frat elli Mu scia, pr oprietari frontisti di a lcuni terreni ivi ubicati. Anche i n questo caso, dunque, le dichia razioni del Giuffrè hanno trovato piena co nferma a seguito delle ac curate indagini svol te dal la P.G .. In conclusione dell’argomento, pert anto, può serenamente affermarsi che tutti i passaggi della deposizione del collaboratore Giuffrè sullo specifico punto delle stra de inter podera li 278 hanno trovato plurimi elementi di riscontro anche individu alizzante. In partic olare, sono state positivamente cor roborate tutte le principali circostanz e dedotte da l Giuffrè: la posizione dominante occupata dall’Ai ello in tale settore specialmente in provincia di Pale rmo ed, ancor più specif icatamente, nel territorio di Caccamo , la possibilità che l’Aiello godesse di privilegi e favoriti smi all’i nterno degli uffici pubblici che si occupavano dell’ istruzi one di dette pratiche e l’esistenz a di interventi in chiave mafio sa finalizzati ad ottenere, tramite l’imputat o, il finanzi amento di alcune strade in territorio di Caccamo (v. l’episodi o dei fratelli Liberto). Tale imponent e messe di riscontri, come già si è avuto modo di dire, si agg iunge al duplice riscontro documentale costituito dagli scritti sequestr ati al Giuf f rè al momento del suo a rresto in data 16.4.2002. Come si ricorderà, infatti, sia la lettera scritta a macchina datata 25.4.2001 che l’a ppunto manoscritto a sta mpatello acquisiti agli atti costituisc ono la riprova inequivocabile e documentale di almen o due import anti passaggi della deposizione del Giuff rè. In primo luogo confermano l’esiste nza tra il Giuf frè ed il Pr ovenzano, in tempi anche recent i, di colloqui sia epi stolari che diretti aventi ad oggetto l e “messe a posto” di Michele Aiello. Per altro verso, l’importo di 21 milioni di lire, indicato nel “pizzino” come cor rispet tivo della “messa a posto” per la realizzazion e di tre stra de interpoder ali nel territorio del mandamento di Ca ccamo, fornisce piena, autonoma e documentale conferma delle moda lità oper ative di versamento del pizzo da parte dell’Aiello e dell’esatto importo dello stesso, così come descritti dal Gi uffrè. Di contro, le tesi difensive, sostenute con per vicacia dall’Aiel lo, sono risultate smentite in modo evidente dalle ulteriori emergenze, n onostante l’intervento di test i ed imputa ti 279 di reat o con nesso palesemente ben predisposti nei confronti dell’impu tato per ragion i di amicizia personale o di dip endenza lavorativa. Ma prima di passar e ad esaminar e i riscont ri alle dichiarazioni del Gi uffrè su a ltri argomenti, appare opportuno evidenziare un ul timo passaggio concernente le str ade interpoderali. E ciò al fine di evid enziar e l’im portanza strategica che, sotto il profilo dello sviluppo imprenditor iale del gruppo Aiello, tale specifica attività ha assunto nel tempo. Come è emerso dalla deposizione del geometra Puleo, infatti, l’Aiello solitamente reali zzava i lavori attraverso la società Stradedil s.r. l., la qual e, a sua volta, si a vvaleva di altre ditte facenti p arte del medesimo gruppo imprenditoriale che eseguivano i vari lavori (ad es. lo sbancamento ovvero il trasporto e la f ornitu ra dei materiali inerti). Le spese erano sempre a nticipate dalla Str adedil s.r.l. in attesa dell’ero gazion e del finanziamento in favore dei Presidenti delle associazioni o vvero dei loro procuratori speciali (veste talora ricope rta anche pers onalmente dal Puleo e dal Cusimano) che lo “g iravan o” imm ediata mente all’Aiello. All’atto dell’ erogaz ione del contributo la Stradedil s.r .l. pa gava le altre ditte sub-appaltatrici dell’Aiello, il qual e poi tratteneva il p roprio com penso che ammontava all’incirca al 20% della som ma tot ale fi nanziata. Tale percentuale di gua dagno, tuttavia, copriva per la metà circa la parte di spese (il 10%) a ca rico delle associazioni che queste no n versavano. Residuava, dunqu e, all’ incirca un 10% di utile netto che i vari Pres identi consegnava no alterna tivamente all’Aiello ovvero al ragioniere D’Amico per suo conto. Considerato che il tetto massimo del finanziamento ammo ntava tra i 350 ed i 500 m ilioni di lire (a second a dei per iodi), 280 all’Aiell o, per ogn una de lle 289 st rade realizzate, andava una somma va riabil e tra i 35 ed i 50 milioni di lire. Va, tuttavia, evidenzi ato che anche sulle somme corrisposte alle ditte che aveva no eseguito altri lavori (sbancam ento, trasporto e forn itura di in erti) l’Aiello conseguiva dei guadagni, posto che ci ascuna di dette ditte fatturava non solo i costi vivi ma a nche, ovviam ente, il proprio utile d’impresa. Dunque, l ’Aiello conseguiva guada gni indiretti sia attraverso le sue ditte sub-ap paltat rici che attraverso la Stradedil s.r .l. ed inoltre percepiva un ulteriore utile a titolo esclusivamente personale. A proposito di altre voci di utile percepite dall’Aiello su tali lavori, deve aggiun gersi un elemento interessante fornito dal testimone Gaetan o Cusimano, anch’egli geom etra e collaboratore dell ’imputato nella redazione d ei progetti delle strade interpoderali. Questi, a d ifferen za di quanto riferito da l Puleo, aggiungeva che l’Aiello sovente tra tteneva per sé anche una parte d ei compensi spettanti agli stessi progettisti, nel senso che li retribuiva forf ettari amente e non per ciascuna specifica prestazione in base a regol ari fat ture. Le strade interpodera li, dunque, erano una vera e propria manna per l’Aiello, il quale, sia indirettamente (attr averso le sue imprese) che diretta mente, per cepiva utili di consistente entità nonostante l’appa rente rela tiva esiguità del finanziamento pub blico. Ma sul punto sono risu ltate estr emamente inter essant i le dichiarazio ni rese proprio da uno dei cons ulenti tecnici dell’Aiel lo, il dottore Sal vatore E rr ante Parrino, commercialista, che ha ricostruito per conto dell’imputa to le sue dinamiche imprenditoriali con rifer imento anche al settore delle strade in terpoderali. Anche seco ndo le an alisi svolte dal teste, infatti, l’Aiello, a ttraverso la realizza zione delle 289 strade interpoderali, ebbe 281 a conseguire un notevole gua dagno a titolo personale, al di là degli utili del le sue imprese. L’Errante Parrino riferiva che, partendo dal dato medio di circa 400 mi lioni di l ire di finanz iamento pubblico ( pari al 90% del progetto) per ciascuna strada, invero, le imprese dell’impu tato av rebber o ricevuto circa 115 miliardi d i lire, con un ricavo person ale dell’Aiello pari a circa 40 milioni di lire per cia scuna strada ed ammontante complessivamente a circa 11.560.00 0.000 di lir e. Lo stesso tes te co nfermava, poi, c he tale utile personale era cosa diversa rispetto agli utili che ciascuna d elle imprese dell’Aiel lo (la Stradedil s.r .l. e le altre ditt e sub-a ppalta trici) incassava a utonom amente in dipendenza del le prestazioni erogate. La somma complessiva di oltre 11 miliardi e mezzo d elle ve cchie li re, dunque, costituiva un utile “personale” che l’Aiello incassava qua le “dominus imprenditoriale” a detta dello stesso consul ente. A doman da del Trib unale, tuttavia, lo stesso consulente tecnico del l’imputato a ffermava che ta le enorme somma di denaro non veniva in alcun modo fattur ata dall’Aiello né dichiarata al fisco. L’Errante Parrino, pertanto, non senza imbarazzo finiva per ammettere sostanzialm ente che tale somm a di denaro era stata interamen te sot tratta all’imposizione f iscale. Per precisione va detto che, a giudizio del consulente, “probabilmente” detta somma, essendo di pertinenza delle vari e associazi oni interpoder ali, avr ebbe dovuto essere dichiarata al fisco non da ll’Aiello ma proprio da queste ultime. Tale tesi , tuttavia, appare destituita di ogni fondamento giuridico e fon data su un tardivo tentativo di non pregiudicare ulteriormente l a posi zione del propr io committente. Ed invero, atteso che le suddette s omme di denaro erano state di fatto incassate dall’imputato su disposizione delle varie 282 associazi oni i nterpoderali, appare certo ed ineq uivocabile che l’Aiello, in quanto ult imo percettore delle stesse in ves te di “dominus imprenditoriale” (parole usate dal teste), avrebbe dovuto farne oggetto di dichia razione al fisco, trattandosi di utili derivanti da attivi tà di impresa o, comunque, di progettazione. La circostan za introdotta dallo stesso consulente di parte, che tali u tili non siano stati dichiarati al fisco, porta alla inevitabil e con clusio ne che l’Aiello ha, nel cor so degli a nni, evaso u na somma pari a circa 11,5 miliardi di lire (di cui circa il 40% andava versata alle casse erariali). Del resto, si t rattav a di utili che l’ Aiello aveva percepito a titolo di “dominus imprenditoriale”, come affermato da ll’Err ante Parrino, che prescindevano dagli utili che ciascuna delle sue imprese aveva fatturato ed incassa to a seguito delle prestazioni fornite per la realizz azione delle strade. Non vi è dubbio, quindi, che le st esse andassero dic hiarate essendo soggette a tassazione vuoi come utile di impresa ovvero come corrispetti vo di attività di progettazione o a qualsiasi altro titolo profe ssionale, dovendosi escludere che s i fosse trattato di don ativi o regalie senza corr ispettivo. Né può dubitarsi che l’autore dell’evasione fisca le sia proprio l’Aiello, in for za del presupposto che proprio questi era stato il percettore f inale delle stesse. Dalla s uperio re d isamin a si copre nde appieno l’imp ortanz a strategica che propr io il settore della realizzazione delle strade di penetrazione agraria ha assunto nella crescita economica dell ’Aiello. Pur non trattandosi di appalti pubblici, infatti, tale settore non comportava investimenti rileva nti da parte dell’im presa, la quale si limitava ad anticipare i costi della r ealizzazione dell’opera ma a fron te della sicur a percezione di un finanziamento pub blico che co priva l’intero ammontare della spesa 283 e garantiva sia gli util i propri delle imprese interessat e che quelli pe rsonal i (ed in frod e al fisco) dell’Aiello. L’accertata posiz ione dominante dell’Aiello in tale specifico settore d’impresa, du nque, rendeva l’imputato, già prima dell’avvio delle attività sanitarie, un interlocutor e economico prezioso p er “cosa n ostra” ed in gr ado di assic urare una continua fonte di f inanzi amento per le sue casse sia at traver so versamenti spon tanei che mediante il sud detto m eccanismo di “messa a posto”, gestit o sia dagli uomini d’onore della fa miglia di Bagheria che direttamente dallo stesso Berna rdo Provenzano. Di seguito si sp ecificherà meglio l’ aspetto del finanziamento assicurat o dall’Aiello all’or ganizz azione, ma già in questa sede vale la pena di nota re come, sia per le peculiari moda lità operative che per la stessa entità economica, le “messe a posto” da parte dell’im putato siano risultate compatibili unicamente con un a fo rma qualificata di fina nziamento piuttosto che con u na vessazion e violenta ed onerosa. Appare, inver o, del tutto evidente come, a fronte del vort icoso giro d’affari dell’Aiello nel settore delle strade interpoderali (facilmen te ipoti zzabil e avuto riguardo al numero di strade che lo stesso notoriamen te realizzava sull’intero territorio regionale), la rich iesta di una “mess a a posto” pari a soli sette milioni di lire per ciascuna stra da non risulti per nulla vessatoria ed eccessivamente onerosa . Anzi, una richiesta di denaro così ragionevole e contenuta rispetto al volume d’aff ari d ell’Aiello lascia logicament e ritenere che si sia trattato di una f orma di finanziamento e non di un atto odioso e violento ai danni di un anonimo operatore economico privo di u na stabile e continuativa copertura in ambito mafioso. Ed allora, anch e alla luce di tale elemento, il sup eriore co mplessivo quadr o di r isulta nze avvalora sempre più la pr ecisa e riscont rata chiamat a di correo d el Giuffr è e fornisce pluri284 me e convergen ti indica zioni circa l’apporto assicurato dall’Aiel lo a “cosa nostra”. Né tale quadro può essere sovvertito sulla sola scorta dell’esis tenza in atti della prova di qualche atto di danneggiamento subito dalle imprese dell’imputato e da questi ampiamente superfetato e ribadito nel corso del suo esame. Tale elemen to appar e, in verità, del tutto fisiologico tenuto conto che l ’Aiello ha aperto ben 289 cantieri in giro per la Sicilia ed ha ope rato a pieno regime per decenni. Il sistema di contr ollo del territor io tipico di “cosa nostra” con particolare riferimento alle “messe a posto” territoriali, infatti, è certamente capilla re ed efficiente (come conf ermato da tutti i collab orator i escussi) ma non per questo esclude in radice la possibilit à che si verif ichi qualche disguido di ca rattere episodi co se non ad dirittura eccezion ale. Il fatto, quin di, ch e, in qualche ca so sporadico e numer icamente insignificante, i mezzi meccanici delle imprese dell’impu tato possano aver subito qualche tentativo di incendio parzi ale a scopo di mostrat ivo a ppare del tutto in sintonia con i tempi e le mo dalità dello speciale iter d ella “messa a posto” st abilito proprio per Michele Aiello. Come ha riferito il G iuffrè, invero, proprio ne l caso specifico dell’Aiel lo (diversamen te dagli a ltri imprenditori anche vicini al sodalizio mafioso) la comunicazione della pr ossima apert ura di un can tiere in un determinato contesto territoriale d oveva passare attraverso gli uomini d’onore di Bagheria, transitare da Be rnardo Provenzano in persona per poi essere recapitata, attraverso il complesso sistema dei “pizzini” e la r ete dei “postini ”, ai responsabili maf iosi della famiglia del ter ritorio d i volta in volta interessato. Con le stesse compl esse e certamente non rapide modalità doveva perveni re la risposta ed, in un successivo momento, il versamento e la ricezione del denar o. 285 Ed allora, ap pare di sol are evidenza come, in un tale articolato, lungo, a rcaico e def atigante iter di comunicazione, vi fosse la possi bilità ch e qualche membro delle famiglie mafi ose dei vari territor i dove l’Aiello contemporaneamente apriva dei cantieri p ossa aver messo in atto qualche “avvertim ento” di tipo dimostrativo, evidentemente non essendo stato ancora contattato. Ed invero, se i mezzi dell’Aiello fossero giunti in un determinato territorio prima del completamento alm eno della prima fase del suddetto sistema di comunicazione interna al sodal izio, appare del tutto pl ausibile il verificarsi di qualche – peraltro infrequen te ed anz i sporadico – atto dimostrativo finalizzato alla richiesta del pizzo. In conclusione, si ribadisce come la realtà dell’impresa in Sicilia sia molto più sottile e complessa di quella descritta dall’Aiel lo, il quale ha preteso di d imostrare il proprio ruolo di vittima limitandosi a sostener e di avere versa to il pizzo e dimostran do di aver subito qualche danneggiamento. Se tutto fosse così semplice ed immediato, per un im prenditore mafioso sareb be sufficiente d enunciare q ualche episodio di presunto dann eggiam ento ovvero simulare qualche atto di intimidaz ione p er ottenere un alibi a futura memoria. Ma la realt à siciliana, lo si diceva, è molto più articolata ed, al di là delle petizio ni di principio o dei facili vittimismi, occorre approfondire l’analisi e verif icare, punto per punto e nel dettaglio , ogni singol o elemento di valutazione per disvelare cosa talora si cela dietro le apparenze. Dopo aver esaminato i riscontri emersi in ordine al tema delle stra de in terpoderali, può senz’ altro passarsi a ve rificare il complesso d elle ulteriori em ergenze processua li a riscontro delle dichiarazioni d el Giuf frè sul punto delle attività sanita rie dell’ Aiello. 286 Come si vedrà di qui a breve, infatti, anche su ta le argomento l’istruzione dibatti mentale ha for nito plurimi e significativi riscontri estri nseci. Va, tuttavia, evidenzi ato come, pr oprio su tale specifico aspetto delle dichiarazioni del Giuf frè, le notizie riferite dal collaboratore siano i l frutto delle strette confidenze che il Provenzano gli faceva in virtù del già descritto r apport o di amicizia e collaborazione ai vertici di “cosa nostra ”. L’esisten za e l’intensità di ta le rapporto è r isulta to comprova to in modo inequivocab ile dall’imponente mole di “pizzini” rinvenuta e sequestrata al momento dell’arr esto pr ima e dop o l’avvio della coll aborazione del Giuffrè (e proprio gra zie alle sue indicazioni ). Seguendo il richiamo fatto nella premessa dell’esame delle dichiarazioni d el Giuffrè, dunque, proprio in questo ca so deve tene rsi conto della natura speciale della fo nte, dello spessore intrinsec o del collaboratore e del rapporto privilegia to che lo legava a l Provenzano. In sosta nza, al Tri bunale preme sottolinea re come, accanto ed anche oltre ai riscontri esterni c he stanno per esaminarsi, esistono a lcuni passaggi a rgoment ativi sullo specif ico punto in questione che non sono, per loro natura , suscettibili di riscontro aliunde ma ch e posseggono un livello di attendibilità ecceziona lmente elevato e di cui deve comunque tener si conto ai fini della valutazione non delle specifiche fr azioni di condotta ma del complesso del ruolo e dell’apporto dell’imputato, come precisato in premessa. Come si ri corderà , tra l e altre indicazioni fornite, il collaboratore aveva an che riferi to di un interesse della famiglia ma fiosa di Bagheria nella vicenda dell’acquisto della str uttura alberghiera “a’ Zabara ”: “l'ingegnere Aiello chiuderà il cerchio del discorso Zabbara, e la famiglia mafiosa di Bagheria si metterà nelle mani l’ex Hotel Zabbara”. 287 Su tale specifico aspetto ha reso dichiarazioni anche il collaboratore Angelo Siino . Egli, ricost ruendo il qua dro della situazione mafiosa di Bagheria, ri feriva d i aver in trattenuto buoni rapporti con i principali esponen ti della l ocale famiglia mafiosa sin dagli anni 70’, periodo in cui aveva stretti contatti con Antonio Mineo, personagg io di altissimo livello maf ioso a Bagheria (del quale si è già detto) . Attraverso lui ed il suo amico Piddu Madonia aveva avuto presentato in m odo rituale ed aveva frequen tato tutti i mafiosi di Bagheria da Ni colò Eucaliptus a Gino Scianna, d a Nino Gargano a tanti altri . Secondo Siino, il P rovenzano amava particolarmente Bagheria e ne aveva fatto “il suo luogo di soggiorno, turismo e cura”, nel senso che pe r un lung o period o si era rifugiato in quel territorio ed aveva fatto parecchi investimenti su quel territorio, come, ad esempio, l a ditta “I talcostruzioni”, società edile con il Giammanco. E proprio in territorio di Bagher ia era avvenuto il suo primo incontro col Pro venzan o, anche se allora il Siino non era certo che si trattasse d i lui ma ne avrebbe avuto conferma solo successivamente . L’incontro era av venuto nella conceria di Franco Baiamonte – altro impor tante uom o d’onor e di Bagheria – ubicata nella strada ch e dal centro di Ba gheria p orta all’ Aspra. Nel corso di tale ri unione, alla quale erano pre senti numerosi uomini d’ono re della zona , si era verificato un forte dissidio tra il Si ino ed il Ba iamonte, in q uanto il pr imo aveva perorato la causa di u n imprenditore locale suo amico (Todaro) che aveva in tenzion e di acquistare l’ex hotel “a’ Zabara”. A tale proposito vale l a pena di sottolinea re la convergenza tra le dichiarazio ni del Siino e del Giuffr è, i quali, in tempi ed in relazio ne a fatti diversi, evidenziava no come l’affare 288 della ve ndita dell’hotel Zabara fosse attenzionato dalla famiglia di B agheria sin da molti anni a ddietro. Il Baiamonte aveva usato parole dure nel rimprover are il Siino che si er a intr omesso in una vicenda che riguardava fatti locali ai quali era estraneo. Effettivamente l ’albergo rica deva in territorio di Bagheria e di tale centro era p ure l’imprenditore che il Siino intendeva r accomandare, per cui l’intromissione del Siino non era giustificata seco ndo le regol e del sodaliz io. Il Provenzan o non aveva mai preso parte alla discussione, restando in d isparte e limitandosi a d ascoltare senza profferire parola. Qualche tempo dopo tale discussione il Baiam onte er a stato ucciso e qualcun o aveva anche detto al Siino che la causa della sua morte poteva essere ricondotta anche al suo comportamento in quella cir costanza: ma il Siino non aveva creduto a tale ric ostruzione. Sempre a Bagheria si era poi verificato il secondo incontro tra il Siino ed il Provenzano che aveva avuto luogo precisamente presso l’uffici o dell’imprenditore Gino Scianna. In questa circostanza, però, i due erano stati presentati e quindi il Siino aveva ca pito che il Provenza no era stato presente all a riunione p resso la conceria di Baiamonte. Il terzo ed ultimo incon tro tra i due si er a, poi, ver ificat o ancora una volta in Bagher ia presso gli uffici di via De Spuches di un cug ino de llo Scianna, tale Gino Di Salvo. In tale occasione il Provenzano lo aveva ringraziato per aver fatto vincere alcu ni appalti ad una impresa che egli aveva avviato in Bagher ia con il Giammanco e l’Euca liptus. Come gli era stato ri ferito da Piddu Madonia – suo caro amico e capo del m andamento di Caltanissetta – il P rovenzano aveva fatto grossi investimenti proprio a Bagheria. Del rest o egli aveva personalmente verificato tale assevera zione post o che il Provenzano pa r tecipava a l sistema degli 289 appalti con la società Italcostruzioni ed altre imp rese che gestiva insieme al Giamm anco ed all’Eucaliptus, entrambi uomini d’onore di Bagheria. In tale contesto, intorno al 1987/1988, aveva anche saputo che il Provenz ano era interessa to a realizzar e una clinica in Bagheria o presso i locali di un istituto religioso sulla strada statale 113 ovvero pr esso l’ex hotel Zabara di cui si è detto. Anche in questo caso va evidenziata la convergenza di tale dichiarazione con quelle rese – in tempi e moda ltà diverse – dal collaboratore Antonino Giuffrè. Entrambi, invero, h anno riferito di un preciso inter esse del Provenzano ad investire nel mondo della sanità privata, rea lizzando propri o in territorio di Bagheria una clinica. Angelo Sii no, dunque, confermava che, sin dagli anni ’90, i più importanti uomi ni d’onore della famiglia di Bagheria gli avevano confid ato della loro intenzione di effettuare investimenti nel settore delle strutture sa nitarie nella loro città: “… non so se alla fine degli anni ’80 o nel ’91, - ci ha detto SII NO - ebbi a sentire parlare... si cercavano di fare un investimento sulla CIRCONVALLAZIONE di BAGHERIA, cercavano di acquisire un vecchio istituto che era addirittura... facevano riferire ai salesiani che volevano adibire a clinica, io in questa occasione ho sentito parlare di investimenti nel campo della sanità.”. “… ne parlavano SCIANNA GINO, GARGANO NINO, EUCALIPTUS, parlavano di questa cosa” ha precisato il SIINO, indicando le proprie f onti di cono scenza. Il Franco Baiamo nte, in oltre, gli aveva rifer ito che “anche su “LA ZABA RA” c ’erano prob lemi di un eventuale utilizzo per una struttura sanitaria, però non meglio identificata e né mi dissero di che tipo si trattava”. Orbene, anch e in ordine a tali dichiarazioni del Siino è stato individuato un possi bile riscontro esterno anche se non pienamente i ndividualizz ante. L’avvoca to Fran cesco Menallo, escusso all’udienza del 17 290 maggio 2005, in qualità di testim one ha r iferito di esser si occupato di una fondazione religiosa che si occupava di forma zione ed assistenza agli anziani. In relazion e ad alcu ne vicende interne alla fondazione – connesse alla nomi na in consiglio di a mministra zione di due dipendenti della A.S .L. n .6 – egli aveva incontrato il maresciallo Borza cchelli ed il d ottore Manenti (allora dirigente della A.S.L. n.6 di cui si dirà appresso nel capitolo relativo alla truffa sa nitaria) presso l’ ufficio di Michele Aiello in Bagheria. Dopo la positiva risoluzione di detta specifica diatriba, egli aveva notato un muta mento nell’atteggiamento d el Bor zacchelli nei conf ronti della fondaz ione, e ciò proprio in coincidenza dell’avvio di al cune ispezioni amministrative e del verificarsi di alcuni episodi di danneggiamento e di incendio ai danni degli immobili della fondazione stessa . Da quanto aveva appreso da alcuni funzionari e da altri soggetti, la ragione di tali concentrici attacchi a lla fondaz ione era connessa al fatto ch e questa era proprietaria di un i mmobile sito in Bagh eria, che taluni soggetti non individuati con cert ezza volevan o acq uisire e trasforma re in osped ale o comunque in un centro clinico. Si tratta, come appa re evidente, di una conferma generica delle di chiarazioni del Siino, m a proveniente da un soggetto certament e disinteressato ed a ttend ibile che ha confe rmato la circostan za dell’esistenza di una fondazione r eligiosa che possedev a un immobile in Bagheria in relazione al quale vi erano inter essi fin alizza ti alla tr asformazione in centro clinico. In relazio ne, inve ce, all’interesse della famiglia mafiosa di Bagheria ad acquisire l’ex hotel a’ Zabara, circosta nza riferita da entrambi i col labora tori, sono state rinvenute conferme assai più specifiche. All’udienza del 1 4 giugn o 2005 d eponeva il t este Tomasello, uno dei tecnici che per conto di Aiello aveva seguito le dive r291 se fasi di a cquisiz ione e di trasformazione della ex struttur a a’ Zabara . Il geomet ra Tomasello, in particolar e, sosteneva che per la ristrutturazione e trasformazione della strutt ura a’ Zabara era stato presentat o un progetto sin dall’epoca dei finanziamenti dei mondia li di calcio del 1990 (q uindi prima ancor a di tal e anno). Tale dato, sot to il profi lo cronologico, conferma che, sin dalla fine deg li anni 80’, vi era una iniziativa finalizzata alla riconversione dell’ex hotel a’ Za bara ed all’ottenimento di una nuova destinazione ur banistica di quella struttura. L’indicaz ione coi ncide perfettamente con l’epoca nella quale il Siino riferi va di avere appreso dell’esistenza di manovre, poste in essere da esponenti della famiglia di Bagheria, fin alizzate ad acqu isire la stru ttura alberghiera. Nel corso dell’istruttori a dibattimentale, inoltre, sono state ampiamente ricostruite le vicende che avevano preceduto l’acquisi zione da parte dell’Aiello dell’ex hotel a’ Za bara, di proprietà della famig lia Conticello. Su tale specifico punto rendevano dichiarazioni, oltr e al geometra T omasel lo, il Lo Bue Giuseppe e Angelo Fabio Conticello, un o dei soci della compagine già proprietaria dell’immobile, la “Al berghi Turist ici s.p.a.”. Dal complesso di dette dichiarazioni si evince come, nonostante la noto ria rilev anza della struttura quantomeno in ambito locale e la sua appetibilit à in termini di investimento immobiliare, per l a cessione della stessa erano stat e avviate trattative solt anto c on l’i mputato Michele Aiello. I Conticello, ci oè, pu r disponendo di uno degli alberghi più conosciuti nell a provincia di Palermo e di un immobile che, per le carat terist iche str uttura li e la posizione strat egica, d i certo poten zialmente rappr esenta va un affare estremamente interessante, non a vevano avuto trattative con alcun altro in- 292 terlocutore economico locale e non (società immobiliari, catene alberghiere, tou r oper ator etc. etc.). L’unica trattativa era stata quella – poi concretizzatasi - con l’ingegnere Aie llo, dopo che erano stati stabilit i precedenti contatti co n alcuni soggetti (il Bor zachelli e ta le Nino Aiello) che, comunque, avevan o esplicitamente agit o sempre in nome e per con to dell’odierno imputato. Tale singo lare circostan za lascia r itenere che l’Aiello abbia sostanzialmente tr attato ta le rilevante affare immobiliar e (per un valore di circa 10 miliardi di lire) senza alcuna reale concorrenza. E ciò in u n contesto territoriale come quello di Bagheria ed a fronte di un dir etto interessamento nell’affa re della famiglia mafiosa di Bagheria, come concordemente rifer ito sia dal Giuffrè che dal Siino. L’acquisto dell ’immobi le, come confermato da l Maggiore Miu lli e dai documenti in atti, si e ra concretizzato in data 18.12.2000, mediante l’acquisizione delle quote societarie della società “Alber ghi Turistici s.p.a.” di propr ietà della famiglia Con ticello , l’accollo dei suoi debiti e la costituzione della società “Villa Santa Teresa Gr oup”. Per comprendere a ncor meglio il contesto complessivo nel quale si è svolta questa delicata ed esclusiva trattativa , appare estremamente interessante esaminare anche le vicende connesse all ’acqui sizion e, da parte dell’Aiello, di alcuni terreni limitrofi alla struttura dell’hotel. Il teste Lazza rone – proprietar io di uno dei terreni adiacenti – riferiva, infatti, che la t rattativa per la vendita del terr eno si era conclusa con il rag ionier e D’Amico per la somma di 700 milioni di l ire circa e che non vi erano stati altri aspiranti acquirent i, oltre al l’Aiel lo per conto del quale operava il D’Amico. Il teste, poi, a ggiung eva che anche altri terreni vicini al suo erano stati venduti ad una società (la ATI Gr oup) dell’Aiello, 293 come quello di propr ietà di tali Tosto di Lercar a Friddi, mentre altri prop rietari – quali il Pipia ed il Celia - avevano cercato la mediazione di Pietro Lo Iacono per concludere l’affare: “Che io sappia, sia Pipìa che Cilea si erano rivolti a Pietro Lo Iacono, prima che venisse arrestato, perché intervenisse con Aiello per fargli acquistare i terreni”. A tale proposito il teste Eusta chio Celia, riferiva che in realtà era stato il Lo Iacono a contattarlo, proponendogli di vendere il terren o all’Aiello: “Lui un giorno in estate nel 2001 mi av- vicinò, mi disse … se io ero intenzionato ancora a vendere il capannone, c’e ra la possibilità di… acquistarlo, io ci dissi di si, da lì a poco poi lui mi disse: “Eventualmente – dice – c’è l’ingegnere Aiello c he lo vorrebbe acquistare”. Ed a proposito de i rapporti tr a il Lo Iacono e l’Aiello, il Celia aggiungeva che in quello stesso periodo aveva visto, in più occasioni , Pietro Lo Iacono coltiva re insieme al frate llo un terreno adi acente che l’Aiello aveva già acquist ato da pot ere dei signori Tosto. Il Lo Iacono era sinanco in possesso delle chiavi del cancello di accesso al terreno come verificato persona lmente dal t este. La trattati va con il Lo Iacono er a s tata, tuttavia, bruscamente interrotta dall’arresto di quest’ ultimo ed, anche se dopo tale evento il Celia si era reca to presso gli uffici della ATI Group del l’Aiello, la stessa non si era più perfezionata. Attraverso le concordi testimo nianze del Celia e de l Laz zarone, appare, pertanto, confermato q uanto riferito dal Giuff rè a proposito de ll’interessam ento del Lo Iacono nella trat tativa svolta dall’Aiel lo al fine di a cquisire la struttura dell’ex albergo ed i terreni adiacent i. Ed invero, come rife rito da ben due testi del tutto indifferenti, non solo il Lo Iacon o coltivava i terreni a ppena a cquistati dall’impu tato, ma si era personalmente interessato – con quale efficaci a per suasiva lo si può immaginare – delle trat- 294 tative, “consigli ando” al Ce lia di vendere il suo terreno all’Aiell o. A fronte di tale qu adro di emer genze, la smentita del fatto pervenut a dallo stesso L o Iacono a ppare inid onea a dimostra re la tes i sostenuta dall’imputato. Il Lo Iacono, invero, pur essendo stato esaminato in qualità di imputato di reato connesso, all’udienza dell’8 novembre 2005 decideva di rispo ndere alle domande delle parti, con atteggiamen to proce ssuale per la ver ità inusuale per un uomo d’onore d i rang o. La sua nega zione dei fatti, così come concordemente riferiti dai due testi citati, scont a il deficit di attendibilità conne sso alla sua posizio ne di soggetto condannato in via def initiva per reat i di mafia ed a ppare condiz ionata dagli ottimi rappor ti di amicizia perso nale che, per sua stessa ammissione, egli intratten eva sin da bambino con l’Aiello: “mi permetto di dire a questa Corte che dopo i miei fratelli per me viene… nel mio cuore c’è Michele Aiello , ci sono i miei figli, i miei fratelli perché io sono innamorato della persona dell’ingegnere, di tutte le persone come Michele Aiello, e come me con orgoglio lo dico, che da bambini abbiamo cominciato a lavorare e ci siamo fatti diciamo qualche cosa.”. Dal punto di vi sta strettamente probatorio è appena il caso di evidenziare come la negazione dei fatti da parte dell’imputa to di reato connesso Lo Iacono sia del tutto in contra sto con le concordi ed attendibili testimonia nze di d ue soggetti che si sono rive lati d isinteressati ed indiff erenti. Quanto alla professione di amicizia con l’Aiello, la stessa conferma quanto riferi to dal Giuffr è a proposito dell’esistenza di assidui ed inten si rapporti tra l’imputato ed un boss del calibro d i Pietro Lo Iacono. Ma la presente analisi dei riscontr i alle dichiara zioni del co llaboratore Antonino Giuffr è va svolta non solo in relazione agli elementi di fatto ed agli episodi descritti ma va estesa 295 anche e soprattutto al ruolo ricoperto dall’imputato in seno al sodalizio ma fioso. Come si è già anticipato, invero, la chiamata di correo del Giuffrè consen te di ricostruire e def inire in dettaglio l’esisten za di un vero e proprio “pa tto di protezione” stipulato tra l’Aiello e l’organizzaz ione ma fiosa “cosa nostra”. I caratteri f ondamentali di ta le patto prevedevano, in sostanza, l’assun zione da par te dell’odierno imputato di una serie di doveri e/o d i contro prestazioni che, come si è già avuto modo di evidenziare, possono sintetizzarsi in tre nuclei essenziali: 1) il finanziamento dell’associazione in varie guise, sì da rappresentare un canale di approvvigionamento finanziario sicuro e cost ante n el tem po; 2) l’as sunzio ne di personale su segnalazione di esponenti mafiosi; 3) la sistematica a cquisizione e la successiva rivelazione d i notizie riservate su indagini in corso. Poiché, in osseq uio ai s urrichiamati e ricevuti principi gi urisprudenziali, la ricerca del riscontro deve esser e approfond itamente eseguita anc he su tali aspetti della chia mata, occorre esaminare partitamente le emergenze processua li utili a corroborare cia scuna delle superior i controp restazioni. Il ruolo di finanz iatore consap evole dell’ass ociazione svolto, secondo il Giuffrè, dall ’imputato Michele Aiello ha trovato concreta espl icazio ne a ttraverso due diversi metodi di fina nziamento. In prim o lu ogo, il versamento spontaneo e senza alcuna richiesta, né vessatoria né di a lcun a ltro genere, da parte degli esponenti de ll’org anizzazione mafiosa, di consistenti somme di denaro “una tantum”. Somme, peraltro svinco late dalla conclusione di specifici affari e/o dalla reali zzazione delle strade interp oderali, che l’Aiello ha destinato alla famiglia mafiosa di Bagheria allo 296 scopo di mettersi in buona luce e di manifestar e la propria solidarietà all e famiglie dei mafiosi detenuti. Il collaborato re Giu ffrè, a tale proposito, riferiva della dazi one spontanea della somma di 100 milioni di lire, effettuata dall’impu tato tra la fine degli anni 80’ e l’inizio degli anni 90’. Tale dazion e, come ri feritogli dal diretto percettore della stessa, Nic olò Eucal iptus, era stato un gesto spontaneo dell’Aiel lo che, in tal mo do, aveva voluto dim ostrare tutta la sua dispo nibili tà verso le esigenze della famiglia mafiosa di Bagheria e dei parenti dei mafiosi d etenuti. L’elargizione di detta in gente somma di denaro contante si inseriva, pera ltro, in un particolare contesto, atteso che, a seguito de llo scoppiare di una faida interna alla locale famiglia mafio sa ed al prevalere della fazione legata a B ernardo Provenzano, Aiello (in sieme a l padre) aveva voluto manifestare concretamente il suo a vvicinamento pr oprio a tale gruppo dominante. Tale gesto e, sopr attutto, la rileva nte entità della somma di denaro (100 milioni di lire in cont anti) specie in consider azione dell’ep oca di accadimento del fatto aveva molto impressionato Nicol ò Eucalip tus, il quale ne aveva parlato sia con il Giuffrè che con il Provenzano, cioè con i due capi di “c osa nostra” più vi cini a lui sia logisticamente (per collocaz ione territori ale) che str ategica mente. Come si è g ià evid enziato, il collaboratore, nonostante le giuste insistenze dell a dif esa e le reiterate dom ande delle parti e del Tribunale, ha sempre e costantemente asserito che tale dazione era stata – così com e riferitogli dall’ Eucaliptus – del tutto spontanea, svi ncolata da qualsiasi lavoro e/o “messa a posto” ed u nicamen te finalizzata a dimostrar e il proprio avv icinamento al grupp o di mafiosi ba gheresi più vicini al Provenzano ch e in quel momento aveva consacra to la sua eg emonia sul terri torio. 297 A questo proposito va detto anche che la difes a nel corso del controesame h a fa tto u na contest azione – in senso tec nico al Giuffrè, facend o richiamo ad una dichiarazione dallo stesso resa nel corso di un verbale di interrogatorio risalente a l novembre 2002. Orbene, in p rimo luogo il Giuffrè, a seguito della suddetta contestazione, ha spi egato in modo chiaro il senso preciso della sua preceden te dichiarazione, sostenendo che era del tutto in linea con qu elle rese al dibattimento. Ed invero, a ben consi derare il tenore lettera le della dichiarazione oggetto di co ntesta zione non è dato ricavarsi un’insuperabile discrasia rispetto a quanto, peraltro re iteratamente e co erente mente, ribadito in udienza da parte del Giuffrè. La somma di denaro anche in q uella isolata versione descrittiva non ven iva post a in relazione ad una “messa a posto” in senso tecnico-mafioso ma alla circ ostanza che, con tale gesto, l’Aiello aveva vo luto ingrazia rsi quel gr uppo mafioso al quale intendeva avvi cinarsi e dal q uale, da quel momento in avanti, voleva essere seguito. Peraltro, come correttamente osser vato dal P.M. ad esito della contestazio ne operata dal difensore, dalla verific a degli atti si ricava come lo stess o Giuf frè, appena pochi giorni dopo quell’int erroga torio ed in occas ione di diversi altri inter rogatori resi davanti agli i nquirenti, aveva spontaneamente precisato meg lio il sig nifica to dell’espressione adopera ta, p roprio al fine d i rend ere pi ù chiaro il suo pensiero. Non si tratta, dun que, a giudizio del Tribunale di una sospetta prog ressione accusatoria per la quale il Giuffr è nel 2002 aveva i ndicato det ta somma come compendio di una ordinar ia “messa a posto” e solo in dibattimento nel 2006 l’aveva di- versamente qualificata , definendola come un finanziamento tout court dell’associaz ione. 298 Si è trattato, viceversa, di una infelice ed isolata espressione che il collaboratore ha spontanea mente chiarito già pochi giorni dopo nel cor so del successivo interrogatorio al quale è stato sot toposto, a rip rova ulteriore della coerenza nel tem po con la quale il G iuffrè ha sempre ribadito e confermat o le proprie a fferma zioni. Tanto prem esso, l a superiore dichiarazione del Giuffrè va esaminata criticamente alla luce de lle altre emergenze processuali e nell’ottica della ri cerca possibile del riscontro. Non può n egarsi come ta le ricerca sia, nel caso concreto, assai ardua propr io per l’inidoneità intrinseca della notizia ad essere ri scontrata. E’ abbastan za ovvio , invero, come una dazione di denaro contante, risalen te peraltro alla fine degli anni 80’, non lasciando tracce risul ti difficile da verifica re attrav erso documenti o altro gen ere di strumenti aventi un sicuro valore dimostra- tivo. Di certo si tratta di u na dichiarazione relativa ad un fatto appreso de relato da Nicolò Eucaliptus, motivo per il quale, come corretta mente osservato dalla difesa dell’imputato, la prima opera zione ermeneutica da p orre in essere è doverosa mente connessa alla ver ifica della fonte primaria della notizia. Nel caso in esame la fonte, Nicolò Eucaliptus, contra riamente ad una inveter ata abitudine degli uomini d’onore chiamati a deporre davanti all’A.G., non si avvaleva della facoltà di n on rispondere, che gli spettava nella sua veste di imputa to di reato conn esso, ma si sottoponeva all’esame e negava di avere mai ricevu to detta so mma di denaro dall’ Aiello e, conseguentemente, di aver potuto rif erire una tale notizia al Giuffrè. Tecnicame nte il dato risulta di sicuro rilievo e, pur tuttavia, non può fare a meno di farsi qualche breve notazione in proposito. 299 In primo luogo, certamente appa re singolare che due importanti capimafia di Bagh eria, Nicolò Eucaliptus e Pietro Lo Iacono, abbia no all’ unisono deciso d i violare la regola del silenzio e si siano sottopo sti all’esame proprio per rendere dichiarazioni favorevol i all’ Aiello. Inoltre, va eviden ziato come la dichiarazione dell’Euca liptus sia fortemente inficiata da l fatto una eventuale ammis sione della circostanz a avrebb e comportato conseguenze penali per lo stesso. Poiché, infatti, l’Ai ello – come vedr emo a breve - ha sostenuto che il v ersamen to di detta somma di denar o era la conseguenza di u na estorsi one operata da “cosa nostr a” ai suoi danni, qua lora l’ Eucalip tus avesse ammesso il fatto si sarebbe autoaccusato sicu rament e dello specifico rea to-fine ed a vrebbe indirettamente confer mato a nche il dato della sua appartenenz a al suddetto soda lizio m afioso. La manca ta con ferma del fatto ad opera della fonte primaria , pertanto, non è il frutto di una libera ed incondizionata scelta da parte del dichiarant e, il quale, in sosta nza, non avrebbe che po tuto n egare la cir costanza. Ma a parte t ale consider azione, il dato fattuale della mancata conferma rimane e potrebbe incidere certamente sulla valutazione di questa specifica fraz ione della chiamata del Giuffrè. Tuttavia, a dissolvere ogni possibile dubbio interpretativo, è intervenuto lo stesso imputato Michele Aiello, il quale ha ammesso il f atto sto rico della dazione della somma di dena ro all’Eucaliptus, collocandola nel periodo di Natale del 1987 e quantific andola esattamente in 105 milioni di lir e. L’ammissione da parte dello stesso imputato del fatto storico riferito dal Giuffrè , ovviam ente, supera l’impasse tecnica costituita dall a man cata conferma ad opera della fonte prim aria della no tizia, atteso che deter mina almeno due importa ntissime conseguenz e sul piano strettamente probatorio. 300 In primo luogo, essa rico nosce l’esistenza del dat o storico ed obiettivo della avvenuta dazione d ella somma d i denaro in questione, motivo p er il quale l’eventuale r icerca di una co nferma da parte della fo nte pr imaria diviene superflua ed ultronea. In secondo luogo , induce a concludere che la mancata conferma del fatto da parte dell’Eucaliptus era stata determ inata principalmente – anch e se fors e non esclusiva mente – dall’esig enza di non pregiudicare la propria posizione pr ocessuale di imputa to di reato connesso. Se, infat ti, lo stesso aut ore ma teriale della dazione am mette il fatto stor ico i n sé, non si compr ende come il soggetto percettore della medesima somma di denaro che nega la circostanza possa essere r itenuto sincer o. A parte og ni altra considerazione, ciò che resta è che lo stesso Aiello ha ri scontra to, almeno s otto il profilo del dato obiettivo dell’avven uta dazione della suddet ta somma di den aro, la pr ecisa chiamata in correità del Giuffrè. Le uniche di vergenze della versione fornita dall’imputato rispetto a quella del collaborante attengono alla esatta quant ificazione di detta somma di denaro (105 e non 100 milioni di lire), alla veico lazion e della stessa (attraverso il Gaetano Aiello) e, soprattutto, ovviamente alla motivazione sottesa a tale pagamento, laddove l’Aiello ha sostenuto che si tr attava del com pendio di varie “messe a posto” ed il Giuffr è, viceversa, di un finan ziamen to spontaneo al sodalizio mafioso. Nel descri vere l’episodi o l’Aiello affermava che , sino alla fine del 1987, per quanto a sua conoscenza, le im prese di famiglia non avevan o mai pagato alcuna “messa a posto” per la realizzaz ione del le strade interpoderali nell’intero territor io siciliano. Nel corso del 1987, tuttavia, erano iniziati alcuni episodi di danneggiamento su tre betoniere di pertinenza delle sue im- 301 prese ed il padre Gaetano lo aveva messo sull’avviso nei seguenti termini (cfr. verbale di udienza del 21.2.2006): “AIELLO: A quel punto il discors o si fa estremamente serio e delicato. Mio padre mi vieta assolutissimamente di andare direttamente da quel giorno in cantiere, e mi dice pure che ci sono novità, novità perché… per quanto riguarda questa tipologia delle opere eravamo costretti a sottostare a quelle che erano le regole del mondo mafioso. Praticamente prima di andare a lavorare dovevamo dire dove andavamo… dove dovevamo andare a lavorare, a fine lavori dovevamo corrispondere una cifra che era stata stabilita forfettariamente in 7.000.000 per ogni opera, che poi questo è rimasto standard fino ai giorni d’oggi. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Quindi 7. 000.00 0 di 450 per capirci. AIELLO MICHELE: Allora erano circa 350.000.000… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Si. AIELLO MICHELE: Cioè partì sto fisso sette mi… fu deciso 7.000.0 00, decisero 7.000.000 a strada. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: A strada. AIELLO MICHELE: Ogni strada io consegnavo 7.000.000. Difatti io mi ricordo proprio per quanto riguarda il 1987, che fu un anno dove abbiamo dovuto pagare tutte in diverse trance, trentatre per 7.000.000 e mi ricordo proprio di una cifra pagata tutta in un’unica soluzione, di ben quindici strade interpoderali che furono una famosa somma di 105.000.000 intorno a Natale del ’97, cifra contante che consegnai… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Va beh, d e… 302 AIELLO MICHELE: … Direttamente… siamo nel 1987, pardon. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Ecco, perfetto. Natal e… AIELLO MICHELE: (voce so vrapposta) PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: … Dell’87. AIELLO MICHELE: Natale dell’87 io c onsegn o a mio padre 105.000.000 per la costruzione di cinque strade su Caccamo, tre su Ciminna, una su Termini Imerese, una su Trabia e cinque su Ventimiglia di Sicilia, me lo ricordo con precisione. Comunque da quel momento noi cominciamo a pagare il pizzo per quanto riguarda anche questa tipologia di strade. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Oh, senta, qu esto che l ei ha questa mattina riferito, relativamente a questo peri odo, m i segua . AIELLO MICHELE: 1987. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Esatto. S ono no tizie che lei apprende da chi? AIELLO MICHELE: Direttamente da mio pa… apprendere da mio padre, ma poi dai mezzi distrutti che c’erano là. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPIN O: Si, si, si, si, si. Cioè, i mezzi distrutti ovviamente lei è il testimone dei mez zi dis trutti, dico le notizie invece… AIELLO MICHELE: Mio padre, mio padre… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: … Lei le appren de… AIELLO MICHELE: 303 … Mi dice che da quel momento in poi è consigliabile che mi occupi solo ed esc lusivamente per quanto riguardale opere di tipo ecclesiastico, che già me ne occupavo. Difatti io incremento la mia attività con la Curia, e lui si occuperà praticamente da solo per quanto riguarda, così come aveva fatto prima, per quanto riguardala costruzione delle strade interpoderali. E io non ci metto più piede in cantiere completamente da quel momento in poi. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Perfetto. AIELLO MICHELE: Mi vieta di andare in cantiere. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Quindi er ano due dici amo così le r egole a cui bisognava… AIELLO MICHELE: Due, era obblig atorio … PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Prima… AIELLO MICHELE: Mio padre mi chiedeva, mi ricordo, gli dovevo comunicare la contrada e il comune prima, dopo di che… dopo che davo io questo… questo… mio padre praticamente queste notizie, passavano dieci giorni, quindici giorni, a volte un mese, venti giorni, dopo di che po rtavamo i… i… i mezzi sul posto. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Quindi c’ era un a… AIELLO MICHELE: Lui mi spiegava praticamente che se non aveva l’okay per potere portare mezzi, non poteva portare i mezzi sul posto. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Quindi c’era un’ inform azione pr eventiva, in sosta nza, chia miamola così. AIELLO MICHELE: 304 Informazione… quella che hanno chiamato definitivamente era la famosa messa a posto, di cui ho parlato nei miei… ho letto ne… nei… nei miei atti giudiziari. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Si. Quind i c’era questa informazione preventiva… AIELLO MICHELE: Fa… C’era sta… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: … Che and ava data pri ma che fosse aperto il cantiere. AIELLO MICHELE: Per… dopo c’era… c’era l’okay, dopo l’okay si portavano i mezzi, si realizzava l’opera, a completamento dell’opera e la riscossione del contributo, si dovevano versare il pizzo di 7.000.000 . PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Perfetto. AIELLO MICHELE: Per ogni strada. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Oh. Finchè è stato in vita suo padr e, tutta questa parte, tutto questo aspet to chi se n’è occupato? AIELLO MICHELE: Lui direttamente, lui direttamente. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Cioè quindi tutte e tre sia nella f ase dell’i nforma zione, sia nella fase dell’okay chiamiamola c osì… AIELLO MICHELE: Si. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: … Sia nel la fase poi del versamento. AIELLO MICHELE: Perfetto. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: 305 Sempre suo padre. S uo padre le ha detto a chi si rivolgev a, a chi inform ava, da chi otteneva l’okay, a chi vers ava i 7.000.000? AIELLO MICHELE: Nella maniera più assoluta, mi temeva completamente estraneo a tutto questo. Io mi ricordo solo c he davo delle indicazioni a mio padre, ma che a volte attingeva lui stesso dai geometri, perché… pe r dare l’esatta indicazione de… della contrada e del comune dove andava a ricadere l’opera che doveva essere realizzata. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Senta, ma suo pad re dico non le ha mai fatto il nome della persona o delle… AIELLO MICHELE: Ma me la… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: … Persone ? AIELLO MICHELE: … Me l’avete chiesto continuamente e non… mi ha… mi ha tenuto completame… io sono stato completamente estraneo. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Dopo… sia mo… AIELLO MICHELE: Completamente estraneo. “. La prima considerazion e che appar e evidente dalla disamina della versione dei fatti fornita d all’ Aiello risulta chiaramente connessa alla s ostanziale piena conferma del meccanismo di “messa a pos to” che il Giuffrè ha minuziosa mente descritto come un sistema speciale apposita mente predisposto dal Pr ovenzano per l’i mputat o. Ovviamente l’Aiello h a inquadrato detto meccanismo semp re in uno specifico contesto impositivo ai suoi danni ma la successione degli adempimenti ed i passaggi dell’iter, così come 306 descritti dal Giuf frè, trova no am pia confer ma nelle stesse parole dell ’imputato. A parte questa importante consider azione preliminare, occorre, dunque, valg liare a fondo il contenuto della versione fornita dall’Ai ello anche al fine di verificarne la credibilità e/o la preferibilità rispetto a quella del Giuffrè. La prima affermazi one dell’Aiello riguarda il fatto che, sino a tutto i l 198 7, n é lui , né suo padr e né le loro imprese avevano mai versato alcu na “messa a posto” per la realizzazione delle strade in terpoderali. Orbene, alla luce di qua nto emerso nell’am bito di questo procedimento e dell’esperienz a giud iziaria complessiva nella specifica materia dell e “mess e a posto”, ta le tesi appare del tutto inv erosimile ed in contrasto c on la rea ltà e la pra ssi. Per stessa a fferma zione dell’Aiello, la sua famiglia aveva iniziato a progettare e realizza re strade interpoderali fin dal 1977, eseguen done, nel primo decennio, oltre cento in varie province siciliane. In considerazione della sistematicità con la quale trova applicazion e il meccanismo di imposizione del pizzo sui la vori pubblici e pr ivati di un a cer ta rilevanza, specie nei paesi e nei piccol i centri , appare davver o impossibile che un’impresa che abbi a aperto o ltre cento cantieri in giro per qua si tutta la Sicilia non abbia mai subito una sola richiesta di “messa a posto”. Addirittu ra nell’anno 1987, a det ta dell’Aiello, era no state realizzat e concr etamen te ben 33 strade interpoder ali e solo allora “cosa n ostra” si sarebb e accorta dell’esistenza dell’impr esa Aiello ed avrebbe iniz iato a danneggiar e i suoi mezzi. Il padre dell ’imputato, quindi, sa rebbe stato informato da soggetti che l’i mputato medesimo, significa tivamente, non ha saputo in dicare che o ccorreva pagare una “messa a posto” pari a sette mi lioni di lire per ciascuna strada. 307 Sarebbe stato logico e consegue nte attendersi c he l’impresa Aiello avesse effettuato in un unico contesto il pa gamento della s omma di 231 mil ioni di lire corrispond ente ai sette milioni per ciascuna delle 33 strade realizzate. Ed invece, l’ Aiello ha asserito che tale somma era stata paga ta in varie tranche, una delle quali era per l’appunto pari a 105 milioni ed era stata versata da l padre in coincidenza del Natale del 1987 . Tuttavia, l’ imputato non ha indicat o né l’identità del percettore di detta so mma paga ta materialmente dal padre Gaetano, né le modalità ed i tempi con i quali erano state versate le altre tranche del comp lessivo pagamento. Appare f ortemente sospetto che l’unico episodio di pagamento delle presu nte “messe a posto” a consuntivo riferito dall’Aiel lo sia g iust’a ppunto esatta mente corr ispond ente alla somma di 105 milion i (pari a sette milioni per sole 15 stra de interpoderali). Tale tesi, i nfatti , appare poco logica in sé ed assai verosimilmente determinata dall’esigenz a d ell’imputato di spiegare il fatto rif erito dal Giu ffrè in un modo alter nativo rispetto a quello del collaboratore ed ovviamente in un contesto di i mposizione mafio sa dallo stesso subita. Se l’Ai ello avesse realizzato esattamente 15 st rade nell’anno 1987, il pagamen to a Natale di quell’anno di una somm a pressappoco corrispondente a quella indicata da l Giuffrè a titolo di pi zzo (p ari a 7 milioni per 15 strade =105 milioni) sarebbe risultato forse più verosimile. Ma, a fronte di b en 33 strade costruite in quell’anno, la tesi perde di valenza e di significa to, anche perché l’imputa to non è stato in grado di indicare i tempi, i luoghi e le modalità di pagamento delle altre tranche di pizzo. Del resto, anche sotto diversi altri profili la versione dell’Aiel lo app are log icamente carente e smentita da lle ulteriori emergenze processuali. 308 In primo luogo, l’imp utato ha asse rito di non essersi occup ato lui personalmente di ta li vicende eppure ha affermato di avere consegn ato la somma di 105 milioni di lire al padre, il quale, n é prima né dopo, gli rivelò mai l’identità del suo referente mafioso. Michele A iello, è ben e ricordarlo, già da quasi dieci anni progettava strade inter poderali per conto delle impr ese di famiglia, er a certamente un uomo esp erto ed intelligente e, per sua ammi ssione, ten eva la cassa familiare (visto che consegnò lui l a somma al p adre). Ma, a fronte di tutto ci ò, sarebb e stato non solo tenuto in disparte (qu asi come se si trat tasse di un adolescente) ma addirittura non s arebbe stato mai inf ormato di un fa tto di vitale importanza per l’intera attività imprenditoriale della sua famiglia: l’identità del ref erente mafioso che si occupava delle loro “messe a p osto”. Il fatto che il padre Gaetano, neppure dopo l’insorgere della malattia e sinanco in punto d i morte, non ebbe mai a rivelare tale essen ziale circostanza al figlio Michele appare così inverosimile da poter si a fferma re che è una tesi falsa e strumentale. Eppure, secondo lo stesso Michele Aiello, egli non aveva mai saputo nulla delle “m esse a posto” fino al luglio del 1993 (cioè fino all’età di 40 an ni) quando, a seguito dell a morte del padre, avvenu ta il 5.1 2.2002 , e dell’incendio di una betoniera in località Pet tineo, er a stato avvicinato da Carlo Castronovo che gli aveva ri chiesto, per la prima volta nella sua vita , il pagamento del pizzo. Nonostant e ciò, l’Aiello è stato in grado di riferire puntualmente u n sol o caso di versamento della “messa a posto” da parte del padre , giust’a ppunto quello relativo al pagamento della somma cumulativa di 105 m ilioni di lir e a Natale d el 1987. 309 Per il resto, né prima e né dopo, a ddirittur a per ben altri sei anni, a veva saputo nulla di “messe a posto” e di altre richi este dei referenti maf iosi. Ed anche la circosta nza per la q uale l’unico uomo d’onore col quale M ichele Aiello a vrebbe, dal 1993 in avanti, discusso e posto in essere tutte le successive “messe a posto”, sia p er le strade che per l’a ttività sanitaria , sarebbe stato, secondo l’imputat o, proprio il defunto Carlo Castronovo induce a più di una riflessione i n ordine alla ver idicità delle tesi sostenute dall’imputato. Sulla scorta di tali considerazioni, in conclusione, deve ritenersi che la versione fornita a tale proposito da ll’Aiello sia stata strumentale e fina lizzata a fornire una spiegazione a lternativa ed in chiave “vittimistica” al fatto storico della dazione di 100 mi lioni di lire rifer ita dal collaboratore Giuffrè. Complessi vamente con sidera ta tale spiegazione alternativa appare carente so tto i l pr ofilo logico ed intrinsecamente debole anche se l aboriosament e costruita allo scopo di risultare, ad un ’anali si superficiale, verosimile. A giudiz io del Collegio deve corret tamente ritener si che, proprio nel periodo indi cato (1987), Michele Aiello stesse fisiologicamente sub entran do al padre nella gestione delle imprese ed, al di là della mera fase progettuale, avesse l’esigenza di rapportar si dir ettamente anche con la realtà mafiosa locale. Poiché, come è di mostrato dalle ulteriori emergenze proce ssuali, proprio in quel torno di tempo a Bagheria aveva avuto luogo un a fai da ed era emersa l’egemonia del gruppo vi cino al Provenzano, appare al tamente ver osimile che l’Aiello abbia voluto “ingraziarsi ” i nuovi vertici mafiosi locali, manifes tando concretamen te la propria vicinanza e disponibilità per le future attività . Esaurito l’episodio del versamento iniziale dei cento milioni di lire, deve aggiungersi che il Giuffrè ha riferito, in modo analitico e dettagliat o, tempi, modalità ed importi delle mes310 se a posto versat e dall’Aiello p er i lavori di r ealizzazione delle stradelle interpoderali, con part icolare riferimento ai lavori effettuati nei territori di Caccamo ed in provincia di Messina, sui quali eg li era personalmente competente in veste di capo mandamento. Dal ten ore della chiam ata del collaboratore sul punto, inoltre, si ri cava chiaramente come tali messe a posto non fossero frutto di i mposiz ioni vessatorie ma rientrassero in un modus operandi direttamente s tabilito da Bernar do Provenzano e da questi person almente gestito. A tale proposito deve ancora una volta ribadirsi come le modalità di versa mento delle “messe a posto” da parte dell’impu tato non seguissero le prassi or dinarie imposte da “cosa nostra” a tutti gli imprenditori ma fossero sta te decise dal Proven zano mediante la predisposizione di un complesso meccanism o ch e, intuitu personae, riguardava solo ed esc lusivamente Michele Aiello. Meccanismo che, co me si è avuto modo di analizzare nel dettaglio, vedeva la personale e diretta intermedia zione dello stesso Proven zano, il quale, a differ enza degli altri casi, fac eva da tramite si a nella fa se della autor izzazione all’esecuzione dell e opere che in q uelle successive della comunicazio ne con le famiglie locali e della veicolazione delle somme ver sate. Tale circostanza, al la luce dei riscontri individualiz zanti che ci si accinge a descrivere, sgombra il terreno da ogni possibile equivoco circa il presunto ruolo di vittima della mafia a utoattribu itosi dall’Aiello. Deve, in fatti, evidenziarsi com e lo stesso Aiello non ab bia n egato il sistematico pagame nto delle “messe a posto” alla fa miglia mafiosa di Bagheria – e non si ve de come a vrebbe potuto farlo in p resenz a di prove evidenti – aggiungendo, tuttavia, che si trattava di una for ma di pizzo che egli era costretto a versare per poter lavorare. 311 Sotto tale specifico aspetto, dunq ue, il fatto storico del sistematico pagame nto di somme di denaro agli esponenti mafiosi non è in contestazione tra le parti. Del tutto controv ersa, invece, è la motivazione sottostante a tali versamenti, atteso che la tesi accus atoria si fonda sull’esistenza del pa tto di prote zione mentre quella della difesa si b asa sul ruolo di vittima dell’Aiello. I numerosi e, per certi versi, str aordinari r iscontri emersi proprio sul punto in esa me inducono a ritenere dimostra ta la tesi d’accusa e smentita quella dell’Aiello. A tale proposito, inver o, non può f are a meno di notarsi una sostanziale sovrapponibilità tr a il contenuto d elle dichiarazioni del Giuff rè e quelle rese, nel corso d el suo esame , da parte dello stesso Mi chele Aiello. Si tratta di un fat to certamente inusuale ma che tr ova una logica e con sequen ziale s piegazione proprio nel numero , nella tipologia e nella analiticità dei r iscontri emersi nel corso del dibattimento. A fronte di tale imponente compendio probatorio, l’Aiello – che ha dimostrato un notevole acume nel modulare ed anche nel mod ificare il proprio atteggiamento process uale in relazione alle e mergenze a suo ca rico – non avrebb e potuto logicamente contestare il fatto storico del versamento delle messe a posto. Ciò che poteva fare e che ha fatto, invece, era di f ornire a ta le fatto storico una spi egazione alt ernativa ris petto a quella dell’accu sa, t entando di avvalorare un presunto ruolo di vittima che, come si vedrà, è stato sconfessato a seguito della compiuta istruz ione d ibattim entale. In sintesi l’ imputa to, n el corso del suo esame, ammetteva di avere sistematicamente versato, per ogni strada interpode rale, la somma d i 7 milioni di lir e nelle mani di Carlo C astronovo, parente di Pietro Lo Iacono, al quale era tenuto anche a 312 comunicare preventivament e le zone dove doveva aprire un cantiere. Aggiungeva che l’ultimo pagamento effettuato al Castronovo in relazione alle strade interpoder ali risaliva ai prim i mesi del 2002 e rigu ardava un ca ntiere in territorio di Mistretta. Spontaneamente riferiva di aver versato una somma una tantum, pari a circa 700 milioni di lire, sempre nelle mani di Carlo Cast ronovo, di seguito all’ acquisto dell’ex hotel a’ Zabara e che, dal 1997 fi no al novembre 2002, aveva pa gato la somma annu ale di 5 0 milioni di lire, in rela zione all’attività esercitata nel settore della sanità presso la Diagnostica per Immagini. In conclusion e, l’Aiello rif eriva che, dopo il novembre 2002, non aveva pi ù ver sato alcuna somm a in quanto non a veva più ricevuto richieste di pizzo, anche se, nel corso del 2003, sia l’Eucaliptus che Leonardo Greco a vevano ava nzato al tre richieste di vari o gene re nei suoi confronti. Il contenuto sostanziale di tali dichiarazioni dell’Aiello, dunque, conferma tutta una serie d i precise indicaz ioni fornite dal Giuffrè e d, in parti colare, l’obbligo della p reventiva comunicazio ne delle opere da realizzare nel territ orio siciliano, l’esatto imp orto (sette milioni di lir e) della messa a posto per ciascuna strada interpoderale, il versamento nel 200 2 di una messa a posto i n rela zione proprio ad una s trada in terr itorio di Mistretta ed un ulteriore versamento una tantum di elevato importo. In chiave p robatoria, in oltre, non può sottovalutarsi come l’Aiello abbia indicato con nome e cognome il maf ioso a l qua le aveva semp re e comunque effettuato tutt i i versamenti suddetti. E di certo colpisce il fatto che si tratti prop rio di Carlo Ca stronovo cioè di un soggetto che, essendo deceduto nel 2002, non solo non poteva confer mare o smentire tali asseverazioni ma non rischiava a lcuna consegue nza penale a seguito dell e 313 accuse dell’Aiello (a diffe renza, ad esempio, dell’E ucaliptus e del Lo Iacono). Inoltre, appare del tutto illogico il fatto che, nonostante il notorio sviluppo imp rendit oriale de lle sue aziende (tanto che l’Aiello era divenuto il p rimo contr ibuente palermitano), dopo la morte del Castronovo nessun esponente della f amiglia mafiosa di Ba gheria avesse continuato a richied ere e riscuoter e il pizzo da lui . A maggior ragione se si tiene conto che, sempre secondo la tesi dell’Aiel lo, nel corso del 2003 sia Leona rdo Gr eco che Nicolò Eucaliptus – cioè due importa nti uomini d’onore di quella famiglia mafiosa – l o avevano ves sato con num erose richieste di altro genere, gu ardandosi bene, però, dal continuar e a richieder e il pagamen to del pizzo a nnuale già concordato. Ancora una volta, però, si tra tta di una ill ogicità involontaria ed unicamente determinata da obiettive emergenze processuali che hanno costretto l’Aiello a rendere tali af fermaz ioni. Come si vedrà, in fatti, l’ Aiello al m omento del suo esame era perfettamente co nsapevole del fatto oggettiv o costituito dalla dimostrata esisten za di visite di tali uomini d’onore presso i suoi uffici (ricavabile sia dai documenti in atti che da lle intercettazioni eseguite), motivo per il quale non avrebbe pot uto negare tale circostanza. Con la sol ita accortezza processuale, dunque, l’imputato confermava il dato ogg ettivo (che non poteva smentire) dell’esis tenza di dette visite, fornendo tuttavia una chiave di lettura alternativa ed utile ai suoi f ini. Allo stesso mo do la scelta accurata del referente ma fioso, resosi autore di tutte le imposizioni ai suoi danni, proprio in un sogg etto deceduto ra fforza il convincimento della pretestuosità e dell a mendacità dell’imputato, il quale, come ha fatto per nu merosi a ltri episodi che saranno esaminati nel prosieguo , ha ammesso le circosta nze già altrimenti provate in modo ine quivocabile ed ha fornito, nel resto, spiegazioni 314 alternati ve a quelle d’a ccusa che, però, sono naufragate di fronte alla ver ifica dibattimentale. Ciò posto, dunque, l’Aiello ha am messo di avere pagato sistematicamente il pizzo per ciascuna delle st rade interpoderali eseguite dalle sue imprese nella esatta misura indicata dal Giuffrè (sette milioni di lire). Partendo da ta le elemento non contestato t ra le parti, occor re, pertanto, analiz zare appr ofonditamente le emergenze processuali allo scopo di sottoporre a verifica le contrapposte tesi in o rdine alle ragioni sottostanti a tali pagam enti. Secondo la tesi accusa toria, infatti, sulla scorta delle dichiarazioni del Giuffrè, i l ve rsamento delle somme a titolo di “messa a posto” da parte dell’Aiello deve imputarsi all’es atto adempimen to deg li obb lighi di contribuzione nei confr onti dell’organizzaz ione mafiosa - obbligo cui sono tenuti tutti, compresi g li stessi uomini d’onor e – quale controprestazione tipica del suddetto patto d i protezione. Di conv erso, l’Aiello ha ricollegat o i medesimi versamenti all’esist enza di una atti vità estorsiva posta in essere a i suoi danni dal sodal izio m afioso. La soluzione in chiave inter pretativa di tale d icotomia di tesi processuali non può che esser e rinvenuta nelle carte pr ocessuali attraverso l’attenta analisi d ei dati di riscontro e delle autonome emergenze probator ie. Solo in ta l modo può pervenirsi alla corretta qua lificazione giuridica d i quelle con dotte am messe dallo stesso Aiello m a da questi spieg ate in modo alterna tivo. Tale disamina deve prevedere, alla luce ovviamente dei sopr a ricevuti pri ncipi giur isprud enziali, il necessario riferimento ad alcuni para metri oggettivi di valutazione ed al complesso delle emergenze processuali da ver ificare in modo congiunto ed individualizzante. Sulla scorta di quanto emerso nel corso del dibattim ento e dalla m otivaz ione d i alcune sentenze definitive prodotte da l 315 P.M., si è visto come la regola del pagamento doveroso della “messa a p osto” riguard asse tutti coloro i quali effettua vano un lavoro pubblico o p rivato in un determinato contesto territoriale . Le precise dichiarazio ni del Giuffrè sul punto specifico hanno trovato plurimi elementi di riscontro sia nelle convergent i dichiarazioni rese dal coll aboratore Angelo Siino – par ticolar mente esperto di tal e argomento a motivo dello specifico ruolo di gestore, per un cert o periodo, del sistema illecito di spartizione degli appal ti pubblici in Sicilia – che nelle motivazioni di a lcune sentenze ormai passate in autorità di cosa giudicata. A ben vedere, a nzi, l’a nalisi, nei suddetti termini, del sistema operativo della c.d. “messa a posto” è stata convalidata attraverso svariate sentenze definitive, tanto da cost ituire diritto vivente i n materia. Solo a titolo ese mplificativo, tutta via, può farsi riferime nto alla sen tenza d el G.U.P. pre sso q uesto Tribunale emess a in data 12 d icembr e 2003 nei confronti di Alfano Vito ed a ltri, divenuta definitiva ed acquisita al fascicolo del dibattim ento su inizia tiva del P.M .. Nella moti vazion e di ta le sentenza, premesso che, nell’ottica tipicamente mafi osa, qu alsiasi attività produttiva di ricchezza costituisce una font e di preliev o forzoso di risorse economiche da par te dell ’organizzazione, si ribadisc e il concetto in base al quale anche gli es ponenti mafiosi interessati a d attività impren ditori ali devono sottostare alla “messa a post o” secondo le regole asso ciative. Ovvia mente, tuttavia, in tal caso “la corresponsione de lla somma dovuta a tale titolo non può dirsi il risultato di una coartazione consumata con violenza o minaccia, conseguendo invece dalla condotta di chi si attiva per unifo rmarsi ad accordi e regole previamente condivisi”. Ma le dichiarazio ni del Giuffrè su llo specifico punto non sono state corroborate solo dal Siino e dal complesso dei prece316 denti i n mat eria ma anche dal significativo app orto del collaboratore Giovan ni Bru sca. Anche per quest’ulti mo va sottolineato, com e per il Siino, la particolare comp etenza in merito a llo specif ico ogge tto della chiamata d a verifi care, at teso che il Brusca è stato lung amente a capo del mand amento di San Giusepp e Jato ed ai vertici assoluti dell’orga nizzazione mafiosa, di guisa che deve certament e riconoscer si allo stesso una prof onda conoscenza delle dinamiche della “messa a posto”. All’udienza d el 7 giug no 2005, sul punto, il Brusca rif eriva testualmente: “la messa a posto è quando un’impresa si prende un lavoro o deve realizzare un lavoro, dipen de di quale entità, si deve andare a mettere a posto attraverso i canali a lui noti nel territorio siciliano, cioè uno di un paese deve andare in un altro... in un altro paese e si deve rivolgere al suo referente per mettersi a posto e quindi pagare una sorta di tangente, il cosiddetto chiamato pizzo per non subire dei danneggiamenti. P.M. DI MATTEO : senta, lei ha svolto anche nel corso del le sue attività, attività di impresa, lei è stato anche Imprenditore? BRUSCA G. : sì, non direttamente, ma con prestanome sì, io ho avuto delle imprese. P.M. DI MATTEO: ha avuto delle imprese. E lei la messa a posto l’ha pagata quando ha fatto lavori fuori dal suo mandamento? BRUSCA G.: sì, le ho pagate sia all’interno del mio paese stesso che fuo ri paese, perché era un business, non era un’attività prioritaria, cioè per il normale vivere e quindi è diventato un business, io pagavo regolarmente come tutti gli altri. P.M. DI MATTEO: come tutti gli altri. BRUSCA G. : avevo qualche piccola cortesia così, ma non... pagavo regolarmente senza problemi. P.M. DI MAT TEO: e questo vale solo per lei o vale per tutti gli Imprenditori che sono anche appartenenti a “COSA NOSTRA”? BRUSCA G. : no, è una regola per tutti gli Imprenditori essendo 317 che era un business, non era più un... un problema familiare, cioè nel s enso per un mantenimento familiare, diventando business quindi veniva pagato il cosiddetto... era una regola. Anche Giova nni Brusca, dunq ue, ha attribuit o validità assoluta a tale rego la af fermando che qualunque uomo d’onore doveva osservarla ed a ggiungendo che anche lui personalmente aveva in pi ù occasioni paga to quanto dovuto sia alle altre famiglie che addirittura a quelle rientranti nel suo mandamento. Tale ulterio re elemen to convalida in modo specif ico l’affermazione fatta dal Giuffrè a proposito del pagamento della “messa a posto” persino da parte di ca pi del calibr o del Provenzano, ai quali, come conferm ato in modo speculare dal Brusca, al limite era ammesso c he venisse praticato uno sconto pe r pura forma di rispetto. In conclusi one, pertanto, può af f ermarsi che il pa gamento della “me ssa a posto” p uò alternativamente essere il frutto di una imposizione vessatoria ai da nni di un imprenditore vittima ovvero la mera applicazione, anche da par te dell’uomo d’o nore ovvero dell’imprenditore-correo, di una regola indefettibi le di “cosa nostra”, senza alcuna costrizione ma, al co ntrario, come manifestazione di condivisione delle regole interne al sodalizio. La superiore disami na de lle emergenze processuali e dei p recedenti giuri sprudenziali in materia consente, infatti, di pe rvenire co n asso luta c ertezz a a ta le conclusione. Conclusione che appare significat iva nel caso in esame, in quanto permette di attribuire alla superiore dicotomia di tesi una sua i ntrinseca ragion d’esser e. E’ del tutto evide nte, invero, che, qualora non si fosse potuto dimostrar e che il pagament o della “messa a posto” può costituire anche una forma volontaria di finanziamento interno al sodalizio da parte sinanco dei suoi stessi membri in ossequio ad una regola di portata genera le, la superiore dicotomia sa318 rebbe ven uta meno. Di guisa che l’un ica spi egazione possibile al fatto obiettivo di versare la “messa a posto” sarebbe necessariamente coincisa – come vor rebbe la tesi dell’i mputato - con il ricoprire la posizione di vitti ma di “cosa nostra” e di persona offesa del delitto di estorsione. Come si è visto co sì certamente non è, a meno di non riconoscere la possibilità, a livello logico prima ancora che pr obatorio, che Bernardo Provenzano, Giovanni Brusca e, via via, tutti gli uomini d ’onore che hanno versato la “messa a posto” alle fami glie territo rialmente competenti lo abbiano fa tto in quanto vittime della loro stessa organizzazione. Ed allora, una volta accertata la legittimità di entram be le tesi a confronto, pu ò avviarsi la ricerca del corretto inquadramento d elle con dotte dell’Aiello alla luce dei parametri obiettivi ricavabili d al compendio dibattimentale. Non vi è dubbio che i l primo e, pe r molti a spetti , il più rilevante di detti paramet ri è costituito dai c.d. “pizzini” acquisiti al fascicolo del dibattimento. Tale termine, oramai entra to a far parte della vulgata popolare, der iva d all’espressi one dialettale con la q uale si identificano dei bigliettini che recano appunti sia manoscritti che dattiloscritti. La notorietà di tale espr essione ger gale si deve per l’appunto all’utili zzo sist ematico e continuat ivo, da parte di Bernardo Provenzano, di tal e arcaico metodo di comunicazione d urante la sua lunga la titanz a. Nonostante l’evidente anacronismo di tale metodo, lo stesso è risultato sicuramente efficace, tanto da consentire al latitante Provenzan o di continu are a tenersi in continuo e costante contatto con i responsabili delle famiglie mafiose sicilia ne senza and are in contro ad alcun rischio di intercettazioni. Sulle mo dalità di fo rmazione e circolazione dei pizzini da e per il Provenzan o hanno lunga mente riferito il Maggiore Miul319 li ed il C apitano Sozzo, i quali hanno ricost ruito la fitta, articolata e complessa rete di “postini” e favoreggia tori che assicuravano la cat ena di trasmissione dei pizzini. Tale sis tema di com unicazione interpersonale, inoltre, non era un’esclusiva del Provenzano ma veniva adottato, oltre che da tutti coloro i quali volevano entrare in contatto con lui, anche da alt ri uomin i d’onore e capi latitanti per le loro comunicazio ni. Prima di esaminare analiticamente il contenuto dei “pizzini” che rigua rdano in modo specifico la posizione dell’odierno imputato, tuttavia, va ade guatamente evidenziata l’eccezio nale valenza, si a in termini probatori che di risco ntro, che deve riconoscersi a tali documenti. In primo luogo, infatti, gl i stessi ha nno natura documentale e provengono dal punto più interno del sodalizio mafioso, nel senso che sono stati mater ialmente formati, spediti e/o ricevuti dal Provenzano e da gli altri vertici assoluti di “cosa n ostra”. In tal sen so nessun altro elemento di valutazione può provenire da mea ndri più intrinseci e per ciò stesso più significa tivi dell ’organ izzazi one. Ma vi è di più: i “pi zzini” costituiscono l’archivio documentale delle principali deci sioni assunte dal sodaliz io mafioso, posto ch e si tratt a di affari e fattispecie di tale importanza da venire trattati diret tamente dai suo i vertici assoluti. Attraverso i “p izzini ”, invero, si assumevano le principali decisioni, si concordava no strategie, si dirimevano diatribe, si impedivan o o, al contrario, si scatenavano faide, si quantificavano “messe a posto” di particolare rilievo, si autorizzavano attivi tà delittuose e/o imprend itoriali et c. etc.. In pratica, si tratta dell’archivio delle decisioni assunte ai massimi livelli dall’ associazione ma fiosa. A conferma ulteriore del la vitale importanza dei “pizzini” basta porre mente al numero dei soggetti inca ricati di trasmet320 terli ed alla com plessi tà del sistema di comunica zione posto in essere propr io al fine di assicur are la segretez za assoluta circa il loro contenu to. Come riferito poi dal Giuffrè a p roposito dei “pizzini” a llo stesso seq uestrat i all’at to dell’arresto o da questi fatti ritrovare dopo l ’avvio della collaborazione, er a buona norma per un “capo” dell’ organi zzazione mafiosa custodir e almeno per un anno i bigli etti ricevuti. E ciò propri o per l’im portanza del loro contenuto e p er p oter dimostrar e, in caso di una eventuale successiva diatrib a, l’andamento dei fatti e delle comunicazioni in modo documentale e, come tale, inoppugnabile. Se, dunque, questa è la natura dei “pizzini” e la loro rilevanza anche so tto il profilo probatorio interno a “cosa nostra”, appare chiara la si gnificatività che agli stessi deve riconosc ere anche l’A.G.. Anzi, per molti aspetti, va riconosciuto che nessun altro elemento di valut azione può fornire altrettanta garanzia di autenticità del contenuto e di una provenienza maggiormente intrinseca al sodalizio e qualificata. Fatta questa do verosa premessa, va detto che i “pizzini” riguardanti l’imputato Michele Aiello possono catalogarsi in quattro gruppi essenz iali. In ordine cronologico , infa tti, si evidenziano: 1) i “piz zini” rinven uti e sequestra ti a Riina Salvatore il 15 gennaio 1 993 in occasione della sua cattura; 2) quelli consegnati a l Colonnello Michele Riccio nel 1995 da Luigi Ilardo , capomafi a di Caltanissetta ucciso il 10 maggio 1996; 3) quelli sequestrati in occasione dell’arresto di Antonino Giuffrè, il 16 aprile 2002; 4) quelli rin venuti a Vicari, il 4 d icem bre 2002, a seguit o delle indicaz ioni for nite dal lo stesso Giuffrè, dopo l’avvio della sua collaborazi one. 321 Accanto ed oltre ai suddetti “pizzini”, poi, va ricordat o un documento, anch ’esso certamente di estrema importanza, costituito da alcuni appun ti manoscritti rinvenuti il 25 gennaio 2005 a Bagheria nell’abitaz ione di Giuseppe Di Fiore, uomo d’onore della locale fami glia mafiosa, tratto i n arresto sugli sviluppi dell’operazi one “Grande Mandamento” e condanna to in primo grad o per asso ciazione ma fiosa e concorso in num erose estorsioni pluriag gravat e con sentenza del 16 novembre 2006 del GIP presso i l Tribunale di Palermo. Come si dirà appresso tale manoscritto rappresenta , infatti, un vero e propri o “libro mastro” della famiglia mafiosa di Bagheria recante l’indicazione delle principali entrate ed uscite di detta articolazion e territoriale. Già attraverso la mera elecazione d i detti documenti si ricava un dato di immediata evidenza, costituito dal lungo lasso di tempo – dal gennaio 1993 al 2005 - nel quale i ve rtici assoluti di “cosa nostra” si erano occup at i a vario titolo delle “messe a posto” dell’Aiel lo. Così come altr ettant o evidente è la conferma della tesi sost enuta da l Giuffrè a pr oposito del costante e dir etto coinvolgimento del Provenz ano in persona nella gestione delle “messe a posto” dell’i mputato. Tale ulti mo aspetto, peraltro, conferma la tesi del trattame nto speciale riservato al l’Aiello da parte del Provenzano, pos to che questi di certo non seguiva le pratiche di ordinar ia amministrazione (le d ecine di “messe a posto” giorna liere nel territori o sicil iano) m a solo gli affa ri di rilievo o che gli st avano part icolarmente a cuor e. Ciò posto, va detto che il primo documento da esaminare è un “pizzin o”, dattiloscr itto e pr ivo di data, rinvenuto e sequestrato addosso all’allo ra capo di “cosa nostra”, Salvatore Riina, all’atto del suo arresto, avvenuto in Palermo il 15 gennaio 1993 dopo una lunga la titanza . Nel documento in atti (doc. n. 10) è scritto: 322 “Altofonte: vicino Cava Buttitta Strada interpoderale. Ing. AIELLO”. Sulle moda lità del rinvenimento di questo bigliettino e, soprattutto , sugli esiti dei successivi accertamenti effettuati con riferimento al suo contenuto, nel corso del diba ttimento hanno testimoniato il Maggiore Sergio De Capr io (l’allora Ca pitano “Ul timo” d el R.O.S. che procedette all’arresto di Riina) e il Maresciall o Santo Calda reri. Il primo riferiva che, al momento dell’arresto, il Riina custodiva nella tasca destra dell’abito il “pizzino” in esame e che, sul suo contenuto, erano stat i delegati immedia tamente accertament i alla Stazione dei C .C. di Altofonte (località citata nel bigli etto). I Carabinieri di Altofonte, tuttavia, avevano ritenuto erroneamente d i identificare l ’“Ing. Aiello” indica to nel documento in un altro Aiello solo i n base al suo luogo di residenza (proprio ad A ltofon te). Appare davvero incredibile come la P.G. delega ta non sia sta ta, già allora , in grado di ind ividuare l’odier no imputato, il quale, a parte i dati anagrafici e il titolo di ingegner e, notoriamente si occupava di rea lizzazione di strad e interpodera li e, proprio in quel preciso torno di tempo, stava terminando una strad a vici no all a cava Buttitta in territorio di Alt ofonte. Pur non di m eno, i n questa sede ci si d eve limitare a registrare che l’avvenuta corrett a identificaz ione del soggetto indicato nel “pizzin o” risale solo al gennaio del 2004 (undici anni dopo) e proprio nell’ ambito delle indagini confluite nel presente processo. All’udienza del 6 dicem bre 2005 il Maggiore Michele Miulli riferiva che all’ identi ficazione del s oggetto si era risaliti gr azie alle stesse indi cazioni contenute nel biglietto, posto che l’Aiello stava reali zzando una stra della interpoderale corrispondente alle indicazio ni contenute nel “pizzino”, proprio 323 perché vi cina alla cava Buttitta in località V alle Rena di Altofonte. Si tratta della str ada inter poderale denominata Rena - San Ciro il cui progetto er a stato redatto il 2 gennaio 1980 dall’ingegner Mich ele Aiello e rielaborato, con adeguamento dei prezzi, in da ta 9 settembre 19 92 dal geometr a Gaetano Cusimano. Il 2 marzo 19 93 era stata rila sciata procura all’incasso in f avore di Cusim ano G aetano ed il successivo 9 marzo 1993 era stato redatto il verbale di visita e a ccertamento dell’avvenuta esecuzion e dei lavori . Sulla scorta di qua nto em erso nel dibattimento a proposito del fat to ch e il Cusimano ed il Puleo lavor assero in via esclusiva per Michele Aiello e dai documenti allegati alla pratica emerge che la strada in esame era stata progettata e realizzata per l’ appunt o dall ’odier no imp utato e che i lavori si erano conclusi nei pr imi mesi del 1993. Nello stesso periodo di tempo, poi, né l’Aiello né altri imprenditori omonimi avevano r ealizzato altre stra de nello stesso contesto ter ritoriale. Come ch iarito dal Magg iore Miulli, invero, le imprese di Michele A iello avevano realizza to altr e quattro strade in territorio di Altofonte, come confermato sia dagli elenchi di strade in atti che dal le dichiarazioni dello stesso imputato. In tutti e quattro i casi, infatti, si tratta di strade inter poderali collaudate nel 1989 e, pertanto, in epoca molto prec edente (ol tre tr e anni prima) a quella del “piz zino” in esa me. Ed allora, posto che l’u nica strad a che Michele Aiello stava realizzan do, tra la fin e del 1992 e gli iniz i del 1993, in terr itorio di Alto fonte e pro prio vicino alla cava Buttitta era la strada R ena- S an Ciro, deve ritenersi perfettame nte individuato e delim itato l’oggetto d ell’indicazione riportata nel biglietto c he il Riina teneva addosso. 324 All’udienza del 21 f ebbraio 2006 lo stesso Michele Aiello ha ammesso la progettazion e e la successiva realizzazione della strada Rena-San Ciro. In particolare, la pratica rela tiva a tale strada era stata iniziata dal padre nel n ovembr e 1992 e poi era sta ta completata da lui nel mese di febbraio 1993 e contabilizzata nel mese successivo. L’imputato, poi, confermava di avere realizzato, nel corso del 1989, alt re quattro strade in terr itorio di Altofonte, pe r le quali er a stat o costretto a versare la consueta somma di sette milioni d i lire per ci ascuna di esse. Diversamente dal solito, a suo dire, per la strada Rena - San Ciro egli non aveva versato alcuna somma a titolo di “messa a posto”. A parte l’eviden te inconfer enza di tale ultima affermaz ione, attraverso la superio re ricostruzione possono trarsi dei sicuri punti di riferi mento. La strada interpoder ale cui si faceva cenno nel biglietto tr ovato addosso al Riina – realizzata in territorio di Altofonte, vicino a lla cava B uttitta da tale Ing. Aiello - era senza dub- bio alcu no la stra da Rena-San Ciro ed era stata progettata e realizzat a dall ’odier no imp utato. Il “pizzino” rinvenuto la mattina del 15 gennaio 1993 addosso al Riina certamente era stato redatto qualche tem po prima di detta data e fatto per venire, attraverso canali disagevoli att eso lo stato di latita nza, al Riina stesso. La vicenda, conseg uentemente, era stata attenzionat a dal Riina tra la fin e del 1992 e l’immediato inizio del 1993, quando i lavori dell a strada Rena-San Ciro erano ormai quasi del tutto termi nati. Il fatto che il Riina tenesse addir ittura addosso tale bigliettino il giorn o dell’ arresto dimostra che si stava occupando di detto affare pro prio il 15 gennaio 1993 o com unque in quei giorni. 325 Ed allora, sotto il pro filo della conseguenzialità logica, si impongono almeno due co nsider azioni al fine di comprendere l’oggetto della richiesta di interessamento porta ta all’atten zione del Ri ina in persona. In primo luogo la tempistica di tale richiesta appare incompatibile con la n atura di istanza di autorizzazione a sottopo rre ad estorsion e l’impresa dell’Aiello. Se, infatti , fosse stata questa la natura di detta richiesta, non si compren de per quale ragione la stessa sia pervenuta così tardi rispetto all’avvio dei lavori. Come avviene sempre in tali casi, infatti, la procedura della “messa a posto” viene avviata prima ancor a che l’impresa porti i prop ri mezzi presso il cantiere (anche per evitare il r ischio di danni anche frutto di mali ntesi) e non quando i lavori sono o ramai ultimati. Ma, in seco ndo luogo, appare del tutto incomprensibile la r agione per la quale una at tività or dinaria e di routine come una banale “messa a posto” per una strada interpoderale d ovesse e ssere portata addirittura all ’attenzione diretta di Salvatore Riina che, in quel momento, era il capo assoluto di “cosa nostra” ed il lati tante più attivamente ricercato da tutte le forze di polizia. Oltretutt o, come è stato chiarito in precedenza , le impre se di Michele Aiello pagavano da anni la somma di sette milioni di lire per ciascuna strada interpoderale (fa tto am messo dallo stesso imputato ) e lo facevano attr averso collaud ate e routinarie mod alità gestite dalla famiglia mafiosa di Ba gheria. Non si vede, pertanto, per quale ragione dovesse essere interessato, proprio per questa strada, Salvatore Riina in per sona e non i vertici della famiglia mafiosa di Alt ofonte, come già accad uto in passato. Ed invero l’Aiell o, nel co rso del 1989, aveva già regolarmente pagato la suddett a somma per ciascuna delle quattr o strade interpoderali reali zzate nel terr itorio di Altofonte (come da lui 326 ammesso) nelle ma ni dei responsa bili di dett a famiglia mafi osa senza alcun particolare problema. Allora, sulla scorta di tali premesse, resta incompr ensibile la ragione per la quale la q uestione del pagamento di una semplice “messa a posto” di sette m ilioni di lire da par te di un imprendit ore, aduso a pagare con notevole frequenza e con collaudat e modalità nelle mani dei responsa bili anche di quella famiglia mafiosa, sia stata direttamente e personalmente sottopost a al c apo di “cosa nostra”. L’unica spiegazione plausibile è che in eff etti non si sia trattato di una mera aut orizza zione – peraltro postum a e d ecisamente tardiva – a procedere ad una estorsione ma che la ragione sottesa alla rich iesta dell’autorevole inter vento del Salvatore Riina in perso na fosse un’altra. Al Riina, attra verso il “pizzino” in esame, non veniva chiesta l’autoriz zazion e ad estorcere l’impresa di Aiello ma veniva avanzata una vera e propr ia racc omandazione in suo favore, di modo che il capo di “cosa nostra ” potesse inter cedere sulla famiglia mafi osa di Al tofonte per f ar ottenere un buon trattamento all’imputato. Alla luce dei sopra richia mati elementi di valutazione, questa, infatti, è l’un ica spiegazione logica ed aderente alle reg ole di “co sa nostra”. A tale pr oposit o deve notar si come lo stesso Aiello abbia riferito che, a differ enza di tutte le altre strade realizzate in ter ritorio di Altofonte, pr oprio per quella in esame non gli era stata chi esta a lcuna “messa a posto”. Deve, tuttavia, aggiu ngersi - come se ciò non fosse già di per sé suffici ente – che sullo specific o punto in esame sono emersi alt ri due riscontri individualizzanti e di elevata v alenza a fini pr obatori. Si tratta delle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Giovanni Brusca e G ioacchino La Barbera, che hanno rico- 327 perto ruoli di ri lievo propr io in seno alla famiglia mafiosa di Altofonte, nel cui territorio rica deva la stra da Rena-San Ciro. Il primo, infatt i, è stato a lungo il capo del mandamento ma fioso di San Giuseppe Jato ed il secondo ha fatto parte, con un ruolo di preminente responsabilità, della famiglia mafiosa di Altofonte ch e rien trava nel suddetto manda mento. Entrambi i collaboratori sono stati escussi all’udienza del 7 giugno 2005 ed hanno reso dichiar azioni del tutto convergenti tra loro e pienamente confermative della suddetta tes i. Il La Barbera, in pa rticolare, rif eriva di avere conosciuto la società STRADEDIL s.r.l. dell’Aiello perché, tra il 199 2 ed il 1993, questa aveva iniziato dei lavori per realizz are una stradella interpoderale in territorio di Altofonte, nei pressi della cava Buttitta. Poiché i mezzi dell’impresa erano già arrivati in cantiere senza che a lui fosse stata comunica ta la chiusura della “messa a posto”, il L a Barber a aveva chiesto notizie a Salvatore Buttitta, il titolare della vicina cava, che era persona vicina a lla famiglia mafiosa di Al tofonte. Il Buttitta, in prima batt uta, gli aveva detto che il titolare della STRADEDIL era “una persona... molto vicina, disponibile” ma egli non si era acquietato. Anzi “siccome c ome sempre quando arriva nella zona nostra un’impresa senza essere raccomandata, la prima cosa che si fa, si fa danno a qualche mezzo o addirittura mandarli via in certe situazioni, mentre lì non è successo assolutamente”, si era rivolto prima a Gi ovanni Brusca, capo del suo mand amento, e poi anche a Leoluca Bag arella che in quel moment o erano ent rambi latitanti proprio nella zona di Altofonte. Secondo il collaboratore, il Brusca “…mi ha detto di non fare niente, nel senso quando dico di non fare niente, non fare i danni ai mezzi, perché g li ho detto, pure: “guarda che lasciano i mezzi”, è come quando un’impresa è raccomandata e quindi lascia i mezzi tranquillamente fuori... senza custodia, senza 328 guardiano insomma, li lasciava lì tranquillamente e BRUSCA prendeva tempo, mi ha detto: “no, niente, falli lavorare senza... che poi se ne parla, tanto il lavoro è lungo, quindi più in là si vedrà”. Con BAGARELL A la stessa cosa, siccome vedevo che continuavano a lavorare senza problemi e... mi ricordo che ne ho parlato pure con BAGAREL LA di questa cosa e mi ha detto: “va be’, se ti ha detto... insomma falli lavorare per ora, - dice – poi... poi se ne parlerà”. Con grande sorpr esa del La Barbera, dunque, sia il Brusca che il B agarella gl i avevano personalmente detto che l’impresa del l’Aiel lo po teva tranq uillamente lavor are nel territorio d i Alt ofonte, an che lasciando i mezzi in cantiere (come facevano solo le imprese raccomandate), senza che dovessero essere fatte int imidazi oni né richieste di somme di denaro a titolo di “messa a po sto”. Cosa che aveva mol to sorp reso il collaboratore, il quale ricordava come, propri o in quello stesso torno di tempo, ad un imprendit ore di Belmonte Mezzagno che aveva un impianto di calcestruzzo erano st ati fatti “miliardi di lire di danni” per un mancato p agamen to. Il La Bar bera co ncludeva rif erendo di non aver mai ricevuto alcun p agamen to per la realizzazione della str ada realizz ata dall’Aiel lo vicino al la cava Buttitta. Altrettan to specifici ed individualizzanti appa iono, poi, i riscontri contenuti nel la deposizione di Giovanni Brusca. Questi riferiva, invero, di avere ricevuto, tra il 1989 ed il 1992, una serie di "pizzini” provenienti da Bernardo Provenzano, attraverso i qu ali questi gli aveva fatto alcune “r accomandazion i” per lavori che Miche le Aiello doveva eseguire proprio n ella z ona di Altof onte. Ancora con maggi ore precisione rispetto al tema oggetto della presente anal isi, a detta del Brusca si trattava di raccoma ndazioni p er la realizza zione di due o tre stra de interpoderali, una delle quali era v icina alla ca va Buttitta di Altofonte. 329 Seguendo te stualm ente il racconto del Brusca, in uno di detti “pizzini”, il Provenz ano “…mi diceva in linea di massima di rispettarlo, di trattarlo come se fosse la sua stessa persona e che... c on u n certo riguardo, tanto è vero che io mi ricordi non gli abbiamo chiesto niente di particolare, ci ha fatto arrivare solo la messa a posto e credo che sia stato un po’ libero poi di fare quello che voleva”. Il signif icato di tal e dich iarazione d el Brusca è estremamente chiaro ed i nequivoco e, p er altro verso, costituisce un el emento di riscontro della suddetta tesi accusatoria talmente concreto ed individualizzante da non necessita re di alcun ulteriore commento. Basti solo sot tolineare come il ver tice assoluto di “cosa nostra”, Bernardo Provenza no, si era rivolto diret tamente al capo mandamento di San Giuseppe Jato, Giovanni Brusca, in- viandogli un “pizzi no” nel quale gli aveva chiesto di trattare Michele A iello come se fosse stata “ la sua stessa persona”. E ciò prop rio in relazione alla realizzazione di una delle strade interpoderali rea lizzate, tra il 1989 ed il 1992, dall’impu tato in territorio di Altofonte. Analizzan do le dichi arazioni del Brusca si comprende, poi, come la raccomandazione del Provenzano consistesse nella richiesta di non vessare l’Aiello con ulteriori richieste oltre il pagamento della “messa a posto”. Come si è detto, infatti, di regola gli imprenditori, oltre al pagamento del pizzo, erano costretti a rivolgersi a determinati fornito ri ovvero a no leggia re i m ezzi tecnici da ditte vicine e/o appar tenenti agli uomini d’onor e della f amigli a del l uogo. L’Aiello, secondo la richiesta personale del Prove nzano, avrebbe d ovuto sì pagare la “messa a posto” ma non d oveva essere ulteriormente disturbato o infastidito, esattamente come se si fosse trattato “della sua stessa persona”. Si tratta, evidentem ente, di un trattamento speciale di cui normalmen te n essun imprenditor e -vittima usufruisce, tan330 tomeno per diretta e personale intercessione del Provenz ano stesso. Ed invero, il Brusca, al la domanda se il Provenz ano fosse s olito raccomandare imprese in quella zona, r ispondeva: “P.M.: ...PROVENZANO avrà parlato con lei di una serie di affari che riguardavano il suo territorio... ..percentualmente era frequ ente che raccomandasse qualcuno? BRUSCA G.:no. … BRUSCA G.: Signo r Pre sidente, “trattalo bene”, cioè non... purtroppo nel gergo nostro non c’era bisogno di fare un, chiedo scusa, un... un romanzo, c ’erano tre parole, quattro parole, “trattalo bene, come se fosse una cosa mia”, e già io capivo tutto. PRESIDENT E: e quindi gli altri raccomandati da PROVENZANO..... erano così? BRUSCA G.: no, no, no, mai, mai... manco... neanche con la sua mi diceva una cosa del genere, neanche con quella di... l’impresa di... di... quando gli ho fatto fare l’impresa... l’associazione con VINCENZO GE... GERACI SALVATOR E con GIAMMANCO VINCENZO, per la messa a posto se la vedeva lui. Dunque, il Prove nzano non aveva mai rivolt o al Brusca una siffatta raccomandazi one, nemmeno quando si era trattato di imprese d irettamente appartenenti a lui. In conclusione, anali zzando analiticamente ed in modo incrociato le autonom e e convergenti dichiarazioni dei collabor atori di giustizia Br usca e La Barb er a si ricava una eclatante conferma della suddetta tesi accusatoria che, già sotto il profilo logico e della aderenza a lle regole int erne del sodalizio mafioso, appariva l’u nica p lausib ile. Il “pizzino” che Salvator e Riina portava addosso al momento del suo arr esto, al lora, conteneva una “raccomandazione” rivoltagli affinc hé tutelasse l’imputato Michele Aiello che in quel preciso momento storico stava eseguendo i lavori della 331 strada Ren a-San Ci ro in agro di Altofonte (vicino la cava Buttitta). Esattamen te all a stessa stregua di quanto già avvenuto per altre raccom andazi oni direttamente e personalmente fa tte da Provenzano al Brusca sempr e per lavori in territor io di Altofonte. Per la s uddetta strada interpoderale, infine, la raccomandazione aveva assai v erosimilment e sortito gli effetti sperati, posto che, almeno i n base alle conoscenze d el La Bar bera, per tale lavoro non era stata pa gata nemmeno la stessa “messa a posto”. Tale circostan za, p eraltro, è stata ammessa dallo stesso Aiello, il quale, dopo avere af fermato di aver paga to il pizzo per le altre strade eseg uite ad Altofonte nel 1989, ha riferito di non aver p agato alcunché per la strada Rena-San Ciro, ovviamente p erché no n aveva ricevuto alcuna richiesta in tal senso. Il secondo g ruppo di “pizzini” cui si è fatto cenno nella sopra richiamata elencazione ri guarda alcuni biglietti consegnati, a metà degli anni ’90, a l Colonnello Michele Riccio da Luigi I- lardo, all’epoca influ ente membro della fa miglia mafiosa di Caltanissetta. Si tratta d i una pa rte della corr ispondenza epistolare che l’Ilardo intratteneva in quegli anni con Bernardo Provenzano ed, in particolar e, anch e di diversi “pizzini” da questi inviatigli. L’Ilardo, infatti, era molto vicino al Provenzano e con questi discuteva , a mezzo dei “piz zini”, delle principali vicende che riguardavano il contesto territoriale nisseno. Al contempo, tuttavi a, l’Ilar do aveva avviato un rapporto di natura confidenziale, su base st rettamente personale, con il Colonnell o Michel e Riccio, all’epoca in servizio presso il R.O.S. dei Carabinier i. 332 Come ch iarito dall o stesso Riccio nel corso della sua de posizione, tale rapp orto confi denzia le era via via divenuto sempre più intenso, al punto che l’I lardo non solo gli aveva cons egnato div ersi “p izzini ” provenienti dal latitante Provenza no ma gli aveva anche fornit o l’opportunità di giungere alla cattura di quest’ultimo. Tale pro getto investigativo finalizzato alla cattur a del Provenzano era, tut tavia, falli to per cause indipendenti dalla volontà dell ’Ilard o e del Ricci o, ma il percorso verso l’a vvio della collaborazione di que st’ultimo non si era ar restato. Anzi, qualche gior no pr ima del 1 0 maggio 1996, l’Ila rdo aveva deciso di formalizzare un r apport o di vera e propria collab orazione con l’Auto rità giudiziar ia ed aveva sinanco incontra- to dei Pubbli ci Ministeri della loc ale Direzio ne Distre ttuale Antimafia prean nuncia ndo loro la sua decisione. Tuttavia, p rima che ciò accadesse, proprio il 10.5.96, Luigi Ilardo veniva ucciso in circostanze assai strane e con una successio ne tem porale veram ente inquietante. La vice nda person ale di L uigi Ila rdo, lo sviluppo dei suoi rapporti con il Colonnello Riccio e il contenuto dei biglietti provenien ti dal Pro venzano, oltre all’istruzione svolta nell’ambi to del presente processo, sono stati oggetto anche della sentenza defi nitiva a carico di Simone Castello (Tribunale di Palermo 2.3.2002), acquisita al fascicolo del dibattimento su iniz iativa del P.M. ed alla quale si rimanda per una maggiore comprensione di tale complessa vicenda. Venendo allo specifico aspetto che ci occupa, va detto che nell’ambi to d i qu esto processo sono stati prodotti dal P.M. alcuni appun ti dattiloscritti consegnati dall’Ilardo al Colonnello Riccio (documenti da 40 a 50 del relativo elenco), ed in particolare ve ne è uno consegnato da Simone Castello a tale Carmelo B arbier i nel settembre del 1994. A tale appunto risul ta allegato un biglietto del seguente testo: 333 “Ditta Aiello: deve fare lavoro strada interpoderale a Bubudello Lago di Pergusa ENNA Ditta Aiello deve fare lavoro strada interpoderale al Bivio Catena Piazza Armerina” Prima ancora di entr are nel merito delle inda gini svolte su tale biglietti no, va segnalat a l’im portanza del collocamento temporale d i tale documento che, come si è detto, risale al mese di settembre del 1994, cir costanza che influirà non poco sulle valutazioni che seguiranno. Dall’esam e della struttura lessica le del documento si ricava che anche in questo caso ricorre la “ditta Aiello” che però, stavolta, “doveva” fare due strad e interpoderali rispettiva mente in territorio di Pergusa-Enna e di Piazza Armerina . Come nel caso prece dente, nonosta nte l’apparente se mplicità dell’accertamen to, le ind agini eseguite nelle immediatezze dei fatti sul cont enuto del biglietto non avevano port ato a d alcun risultato concreto né in ordine alla individuaz ione dell’impr enditore né delle opere indicate. Solo nell’ambito della presente indagine ed a distanza di parecchi anni sono state svolte approfondite verif iche che hanno dato esiti p ositivi. Ed invero, come hanno riferito il Capitano Giovanni Sozzo ed il Maggiore Mich ele Miu lli la strada interpod erale denominata Bubudello , presso il lag o di Pergusa in provincia di Enna, era stata pr ogettata da tale Filipp o Spagnolo e realizzata per co nto dell ’assoc iazione interpoderale “Bubudello/Barrafra nca” dall’impr esa edile st radale Testa Nicolò, con sede a Bagheria. Si tratta di un ex di pendent e di Michele Aiello, il quale, sentito in vest e di imputato di reato connesso, si è avvalso della facoltà di non rispondere quando è stato citato dal P.M. mentre quan do è stato citato dalla difesa di Aiello ha risposto a tutte le domand e. 334 Per quanto attiene alla strada inter poderale nei pressi del bivio Catena di Piazza Armerina, la stessa è stata individuata nella strada denominata “Albana Est” che risultava a nch’essa progettata da Fi lippo S pagnolo, il quale avev a anche svolt o il ruolo di direttore dei lavori. Su tale complessa vicenda hanno reso dichiarazioni i geom etri Anton ino Puleo e Gaetano Cusimano, il geometra Filippo Spagnolo, l’imprendi tore Nicolò Testa e lo stesso im putato Michele Aiello, cioè tutti i protagonisti principali delle varie fasi di progettazio ne, f inanziamento e realizzaz ione di d ette due strad e interpoderali. Attraverso l’esame congiunto di tali deposizioni è possibile pervenire ad al cune conclusioni d el tutte certe, in quanto non smentite da alcuno dei dichiar anti e corroborate da dati documentali. In primo luogo, la pr ogetta zione delle due strade in esame, almeno nella fase iniziale, può ritenersi riferib ile al solo g eometra Spagnolo, il quale, nel 1986, aveva ricevuto incarico in tal se nso dalle ri spettive asso ciazioni interpoderali. Lo Spagn olo, quindi , si era r ivolto a Michele Aiello e, dopo avergli ch iesto un successivo sup porto tecnico integrativo da parte del Puleo e del Cusimano, gli aveva assicurato che, in caso di ottenimento del finanzia mento delle stra de, avrebbe affidato all a sua impresa (la Stradedil s.r.l.) l’esecuzione dei lavori. Entrambe le strade i n questione venivano, pertanto, inserite nell’elen co di 1056 progetti elabora to, aggiornato e conservato dal geometra Puleo, al quale era stato poi sequestrato nel corso delle perquisizio ni conseguenti agli ar resti degli imp utati. Lo stesso Puleo ammetteva di a vere inserito tali strade nell’elen co dell’ingegnere Aiello proprio perché aveva collaborato con lo Spag nolo all’aggiorna mento d ei pr ogetti in un momento successivo a quello della loro prima presentazione. 335 Per altri impegni nel fratt empo assunti dallo Spagnolo, tut tavia, l’ esecuz ione delle due strad e non era stat a più aff idata all’Aiello ma ad altre imprese, una delle quali era quella di Nicolò Test a, indi viduato grazie a ll’interessamento del Pule o che lo conosceva in quanto ex dipe ndente dell’Aiello. Tali circostanze costituiscono i punti fermi emersi su tale argomento a seguito d ella disamina delle sopra richiamate deposizioni ch e vanno necessariamente sfrondate da tutta una serie di consideraz ioni errone e e di contraddizioni intrins eche che ne hann o caratterizzato l’a cquisizione. In particolare, non risu lta chiaro il reale motivo pe r il quale lo Spagno lo, dopo avere assicurat o all’Aiello l’incarico della realizzaz ione dell e due strade, abbia poi cambia to idea per asseriti “prece denti impegni” con altre ditte. Ed allo stesso modo non appare coerente con ta le ricostruzione l’affidamento dell’inca rico de lla realiz zazione di una di dette strade a Nicolò Testa, con il q uale lo Spagnolo non aveva di certo assunto a lcun precedente impegno e che, peraltro, era stato individuato tramite il Puleo nonostante q uesti fosse perfettamente a conoscenza dei pessimi rapporti che intercorrevano tra l’Aiello ed il medesimo Testa, suo ex dipendente. Tuttavia, ciò che appare significativo sottolineare agli specifici fini della presente disamina, è che lo Spagnolo si era occupato della proget tazione iniziale di entrambi i progetti già nel 1986 e che, successivamente ma sicuramente prima dell’ottenimento del fin anziamento (1996), aveva preannunciato all’Aiell o che, in caso di esito positivo delle pra tiche, i lavori sarebber o stati affidati alla s ua impresa. Proprio per q uesta ra gione lo Spagnolo aveva ottenuto l’aiuto dei geometri di Ai ello (Pu leo e Cusimano), i quali avevano aggiornato entra mbi i progetti ed i relativi d ati va loriali e, conseguentem ente, li avevano anche inseriti nell’elenco delle 1056 stra de (po i sequ estrato dalla P.G.) da loro progettate. 336 Dunque, può ritenersi dimostrato che, certamente per un certo lasso di tem po tra il 1986 ed il 1996, l’ Aiello era stato interessato a lla progett azione ed alla futur a rea lizzaz ione delle du e strade interpoderali richiamate nel “pizzino” in esame. Interessamento riconosciuto da tutti i protagonisti della vicenda e con fermato documentalme nte dall’elenco di progetti dianzi r ichiamato e rinvenuto nella disponibilità dell’impu tato presso l’ufficio tecnico. Anche lo stesso imputato Aiello nel corso del suo esame e, precisamente all’udienza del 21 febbraio 2006, conferm ava tale interessamento dicendo test ua lmente: “Dovevamo realizzarle (le strade in questione , n.d. e.), ma non sono state più realizzate…. mi hanno presentato ed ha collaborato con me, il geometra Spagnuolo Filippo. Questo l’ho conosciuto intorno al ’93, parliamo, successivamente lui ha cominciato a bazzicare all’interno del mio studio … Mi aveva proposto intorno al ’95, non mi ricordo la data precisa, se c’era la disponibilità da parte mia di eseguire due strade interpoderali che gli erano state finanziate una in agro di Piazza Armerina, e una in agro di Enna, e che voleva che intervenissi io come impresa per la realizzazione….. il geometra Spagnuolo Filippo è ritornato da me e mi ha detto che il presidente dell’associazione aveva preso già impegni con un’impresa locale per realizzare l’opera…. Ho saputo successivamente però … che una delle due strade le ha realizzate il signor Testa Nicola, una delle due; un’altra non so chi l’abbia realizzata. Li dovevo realizzare io, ma non li ho mai realizzate”. Ma in assoluto l ’affer mazione più significa tiva fat ta dall’Aiel lo riguard a la segnalaz ione che questi ha ammesso di aver fatto al C astronovo Carlo per ottenere l’ autorizzazione preventi va di “co sa nost ra” alla esecuzione d ei due lavori in esame. 337 Come chiari to dallo stesso imputato: “ho segnalato l’opera …al signor Castronovo ho dato il bigliettino per quanto riguarda la messa a posto, aspettavo l’ok … prima di portare i mezzi là”. Dunque, l’Aiel lo aveva segnalato a ll’organizzazione mafiosa, per il tramite del Ca stronovo, la sua intenzione di eseguire entrambi i lav ori a Pergusa e Piazz a Armerina ed aveva anche ottenuto la chiesta a utorizzazione che, però, questa volta aveva successivam ente dovuto disd ire a causa del comport amento d ello Spagn olo: “Si, erano ritornati a dirmi, ma ho detto che non c ’andavo più a lavorare”. L’esame di ta li elementi di fatto e la collocazione cronologica degli avvenimenti , pertanto, chia riscono in modo univoco e palese il contenuto del “p izzino” r edatto dal Proven zano nel mese di settembre del 1994 e, successivamente, consegnato nel 1995 dall’Ilardo al Riccio. Ed invero, poic hé Michele Aiello aveva chiesto a “cosa nostra” l’autoriz zazion e a realizzare proprio quelle due strade, appare logico e conseguen te che, nel settembr e del 1994, l’organizzazion e ritenesse di collegare tali lavori alla persona dell’odierno imputato . Vale la pena di evid enziar e, infatti, come, a detta di tutti gli interessati, solo nel 199 6 l’Aiello a veva dovuto r inunciare a d eseguire le due strad e in e same. Nel settembre del 1994, dunque, p er “cosa nostra” le strade in question e doveva no esser e realizzate dall’ Aiello che ne aveva dato formale e preventiva comunicazione alla famiglia mafiosa di B agheria per il tramit e, a suo dir e, di Carlo Castronovo. Ed altrettanto logico e conseguente appare il fatto che Bernardo Proven zano, autore del “pizzino” in esame, comunicasse tali lavori ai responsabili m afiosi territ orialmente competenti sul le zon e interessat e (Per gusa e Piazz a Armerina), tra i 338 quali deve, per l’appunto, includer si anche Luigi Ilardo, col quale il Proven zano i ntratt eneva già un rapporto epistolare. Ancora una volta, du nque, em ergono alcuni da ti obiettivi estremamen te rilevanti allo scop o di comprendere il sig nificato del “pizz ino” in esam e. In primo l uogo v a segnalato il per sonale e d iretto inter vento di Bern ardo Proven zano per una banale ed ordinaria “messa a posto”, affare di cu i solitament e questi, in virtù del suo ruolo v erticistico, non si occupava a meno che non vi fossero (come in questo caso) ragioni particolari di attenzione. Tale circostanza co nferma ap pieno il contenuto della chiamata di correo del Giuffr è, il quale ha per l’appunto descritto lo speciale percorso co municativo relativo propr io alle “messe a posto” di Mich ele A iello ed ha rifer ito del personale intervento del Provenzano in detto percor so, a differ enza degli altr i casi. Anzi, proprio il “pizzino ” in esame costituisce la prova documentale ed individualizz ante della esattezza e della cr edibilità della chiamata del Giuffrè su tale specifico punto che, come detto, rileva an che ai fini della valutazione del ruolo di correo e non di vitti ma ricoperto dall’imputato. E ciò in quanto il “pizzino ” in questione proviene con sicurezza dal Provenz ano e dimostra il suo personale interessamento per le st rade che “do veva” fare l’Aiello. Altro dato di sicur o rilievo è, poi, quello della natura di detta segnalazi one proveniente addirittura dal Provenza no in persona. Appare, infatti, estr emamente probabile che anche detto documento avesse, come per il primo, la natura di una “raccomandazion e” dell’i mpresa dell’imputato alla famiglia mafiosa locale, proveni ente d al Provenzano in persona. Si tratta, invero, di un intervento del tutto analogo a quello riferito d a Giovanni Br usca in relazione alla strad ella realizzata dall’Aiell o all’i nizio del 19 93 in territorio di Altofonte e 339 di cui vi è indicaz ione nel “pizzino” sequestr ato a Salva tore Riina. In entrambi i c asi la particolare natura della segnalazione non è frut to di una elab orazione so ggettiva e parziale dei dati processuali ma costituisce l’unica chiave di lettura dei fatti plausibile e logicamente compatibile. Il Riina nel primo caso, così come il Provenza no nel secondo caso, in virtù dei ri spettivi ruoli verticistici ricoperti non si occupavano personalmente di “messe a posto”. Come si è detto, il loro inter vento poteva essere richiesto nel caso dell’inso rgere di par ticolari problemi in grado di comportare la necessi tà di un componimento ovv ero dell’autorizzaz ione a compiere azioni violente di ritorsione nei confronti d i talune imprese. L’intervento personale di uno dei suddetti capi storici di “cosa nostra” al fine di segnalar e una data impresa per un lavoro da esegui re in un determinato contesto territoriale non può che avere, dun que, il significa to di una “r accoma ndazione” dell’i mprenditore, p er il quale viene sollecitato un trattamento di riguardo rispetto agli standard oper ativi consueti (ad es. i l rico noscimento d i uno sc onto o di una dilazione nel pagamento ovvero la non imposizione di ditt e sub- appaltatrici e fornit rici di mezzi e materie p rime etc. etc.). Per precisione, comu nque, va detto che la natura di raccomandazion e di tale secondo “pizzino” si desume logicamente sulla scorta del superiore ragionamento connesso a dati di fatto proc essual i ed alle regole dell’organizzazione ma non è corroborata da uno specific o riscontro com e nel nel pr imo caso, dove, a fronte del documento, hanno deposto il La Barbera e, soprattutto, il Brusca, i quali hanno riferito propr io delle vicende r elative alla strad a in questione . Nel caso in esame, dunque, appare certo e dimostrato l’interessamento per sonale del Provenzano, esatta mente come riferito da Ant onino Giuffrè. 340 Appare, inoltre, estremamente probabile la natura di raccomandazion e del “pizzino” in esame, pure in mancanza di un ulteriore riscontro individualizzante. Anche in questo secon do caso, comunque, l’analisi delle emergenze processuali induce a ritenere documentalmente riscontrata la ricost ruzion e fornita dal collaboratore Giuffrè e, di converso, smentita la te si dell’Aiello. Il terzo ed i l quarto gr uppo di bigliettini sono rispettivamente quelli rinvenuti e sequestrati il 16 aprile 2002 ed il 4 dicembre 2002 a seguito dell’arr esto di Antonino Giuffrè p rima e della su a deci sione di collabora re con l’autorità giudiziaria poi. Come riferit o dal Tenente Salvator e Muratore e, sopr attutto, dal Capi tano Sozzo, all’atto dell’arr esto del latitante Antonino Giuffrè veniva rinvenuta e sequestrata una copiosa documentazione e pistol are. Addosso alla persona del Giuffrè e nel casolare dove questi si nascondeva venivan o sequestrati 7 3 documenti scritti sia a mano che median te l’u so di una ma cchina da scriv ere. Tali documenti venivano, pertanto, catalogati per gruppi omogenei e sottoposti ad un attentissimo screening sia sotto il profilo formale che c ontenutistico. A parte le indagini tecni che svolte dal R.I.S. di Messina e dal R.A.C.I.S . di Roma, gl i accertam enti sulle cara tteristiche formali dei d ocumenti consentivano di individuare numer osi “pizzini” omoge nei per str uttura zione dell’involucro e delle pieghe, modali tà di indicazione dei destinatari, utilizzo di scotch ai bordi, suddivi sione d el contenuto in par agrafi, ricorso a formule di saluto ed incipit assolutamente identiche tra loro etc. etc.. Sotto il profil o strettamente contenutistico, invece, er a possibile accer tare che si tra ttava di una vera e propria corrispondenza (di cui ovviamente vi era solo la posta in arrivo) tra il Giuffrè ed un unico soggetto, posto che i “pizzini” ripor341 tavano i medesimi argo menti e sem pre con formule e tecnic he di scrittur a (ad es. l’elisione delle vocali interne ai nomi propri) del tutto identi che. La nott e del 4 dicembre 2002, inoltre, veniva rinvenuta e sequestrata altra copiosa documentazione a seguito di una pr ecisa indicazione del Giuf frè, che nel frattem po aveva iniziato a collaborare con la giustizia. Quest’ultimo aveva, in fatti, riferito di avere conservato un vero e pro prio archivio della corrispondenza intrattenuta col Provenzano in un mag azzino ubicato dietro il casolare degli Umina in contrada S. Maria di Vica ri dove egli a veva trascor so buona parte della più recente lat itanza. Effettivamente, pr oprio come indicato dal Giuffr è, in un barattolo occultato in una ca tasta di tegole all’interno del magazzino di cui sopra venivano rinvenuti 68 documenti, tra cui ben 31 l ettere dattil oscritte e sped ite al Giuffrè da Ber nardo Provenzano. Le altre lettere erano relative ad a naloghi car teggi con altri esponenti di vertice dell’organizzazione quali Salvatore Rinella, capo dell a famigli a di Trabia all’epoca latitante, e R osolino Rizzo , capo della famiglia d i Cerda, come chiarito dalle indagini d el R.I.S. e del R eparto Anticrimine e confer mato da l raffronto con altri docu menti sequestrati all’ atto dell’arresto del Rinel la. Le 31 lettere dattiloscritte presentavano i medesimi caratteri formali (modalità di pi egatur a, imp acchettamento, utilizz o di scotch ai bordi, caratteristica indicazione dei destinatari etc.) e contenutist ici delle 6 sequestrate al momento dell’arr esto del Giuffrè. Anzi, i prof ili di ana logia er ano così evidenti e numerosi da far riten ere agli inqu irenti che si tr attasse, in tut ti e 37 i casi, di documenti formati da un’unica mano, quella appunto di Bernardo Proven zano, così come riferito spontaneamente dal Giuffrè. 342 Tale conclusione, ovviamente, non era frutto di mere deduzioni degli i nvesti gatori ma di ap profonditi accert amenti di natura tecn ica, anche attra verso sofisticati strum enti, e di analisi incrociate del cont enuto dei documenti in base a cr iteri logici ed obietti vi. In forza di tali an alisi ed accerta menti tecnici, dunque, er a ed è possibile individuare un gruppo omogeneo (che i cara- binieri avevano contraddistinto con la letter a A) di 37 “piz zini” che vanno sen za alcun dubbio attribuiti a Bernardo Pr ovenzano, il quale le aveva scritte ed inviate, attra verso il descritto compl esso sistem a di postini e f iancheggiator i, a d Antonino Giuffrè tra il marzo 2001 e l’aprile 2002. A titolo di esempio, il capitano Sozzo riferiva uno degli elementi caratterizza nti, sotto il profilo squisitamente contenutistico, che avevano co nsentito di individuar e nel Provenzano l’autore di detti doc umenti. In un “pizzino”, invero, l’autore aveva inserit o un dato per così dire autobiogr afico, allorquando faceva r iferimento all’arres to del Ben edetto Sper a (avvenuto il 30.1.2001 ) ed al sequestro di documentazione che er a destinata proprio a lui. In effetti, si trattava di bigliettini destinati proprio al Provenzano e di cui qu esti evi dentemente attendeva l’invio da parte dello Spera. Inoltre, ad ulteriore conferma della certa riconducibilit à al Provenzano di detti documenti dattiloscritti, dell’istruttoria dibattimentale venivano nel corso sentiti i m arescialli D’Agnelli e Palom bo, in f orza al R.A.C.I.S. di Roma, i quali avevano personalmente proced uto a gli accertam enti di natura tecnica. Ed inoltre, venivano acquisite, sul consenso delle parti, le r elazioni di s ervizio in data 17 ottobre 2002, 15 gennaio 2003, 3 febbraio 2003 e 21 marzo 2003, nelle quali sono sta ti formalizzati i relativi esi ti, nonché le due pregresse rela zioni in 343 data 21 aprile 199 8 e 23 novembre 1996, anch’esse utilizzate nell’ambi to dei nuovi accertamenti. Attraverso l’esame di tutti questi e lementi di p rova si ha un pieno riscontro a quanto riferito dal collaborator e Giuffrè, il quale, senza alcuna esitazione, aveva attribuito tali “pizzi ni” al Proven zano. Del resto, come giustamente evidenziato dal P.M., l’attribu zione delle suddette let ter e dattiloscritte al Provenzano è già st ata affermat a da diverse sentenze passate in giudicato, qu ali la sentenza del G.U.P. presso quest o Tribunale in data 2 7 febbraio 2 004 contro Balsamo Santi ed altri, la senten za del T ribuna le di Palermo in data 11 novembre 2006 con tro G eraci Salvat ore e altr i e la sentenza del G.U.P. presso questo Trib unale in data 12 dicembre 2003 contr o Alfano Vito e altri (v. doc. 12, 13, 16, 17,18 e 19). Si tratta, pertanto, di una circosta nza oram ai consacrata in un defin itivo e plur imo accertamento giuris dizionale, che non lascia sp azio ad ulteriori dubbi. Tra i suddetti documenti omogenei (c.d. gruppo A) va segnalata la presenza di un “pizzino” nel quale si legge un esplicito riferimen to al nome “Aiel lo” in rela zione alla “messa a posto” di un lavoro nella zo na di Caccamo. Si tratta dell a lettera , datata 25 aprile 2001 e contr assegnata come documento “A.10” (allegata a gli atti, doc. n. 6), ove si legge, tr a l’altro: “Senti, assieme al tuo presente ti mando ventuno ml saldo per strade Aiello tuo paese. Dammi conferma che li ricevi”. Il collaboratore Giu ffrè, sentito sul punto, in primo luogo confermava che la lettera gli era stata inviata da Berna rdo Provenzano ed aggiung eva che alla stessa era allegata la somma in contan ti di 21 mil ioni d i lire, che il P rovenz ano gli aveva mandato a titol o di “messa a posto” pagata dall’Aiello. 344 In base ai suoi ri cordi si tr attava della st rada interpoderale realizzat a in territor io di Caccam o, contra da Manchi, alla quale erano in teressati anche i fratelli Miche le e Giuseppe Muscia. Anche in relaz ione a tale documento ed alle dichiarazioni del Giuffrè il capi tano Sozz o riferiva sulle indagini e sulle attiv ità di riscontro effettuate. In primo luogo, precisava che il des tinatario della miss iva era proprio il Giu ffrè, indicato solita mente da l Prov enzano con l’acronim o “N.N.” (Nino) , e che si trattava di lavor i eseguiti nella zona di Caccamo (“strade Aiello tuo paese”) essendo Caccamo notoriamente il paese del Giuffrè. Le indagini presso il co mpetente assessorato, inoltre, si erano concentrate sulle strade interpoderali c he, proprio nello stesso periodo della letter a (25.4.2 001), le imprese di Aiello avevano eseg uito in territorio di Caccamo, compresa quella in contrada Manchi. A tale pr oposit o emergeva un dato obiettivo che, peralt ro, veniva confer mato dal la stessa d ocumentazione prodotta dalla difesa dell’imputato ed, in particolare, dagli elenchi delle strade realizzate. Il 9 novembre 2000, infatti, erano s tate collauda te due strade interpode rali denominate Cordaro – Manchi e Angiletto – Manchi. Da tale circostan za obiettiva possono trarsi due importanti elementi di riscontro alle dichiar azioni del c ollaboratore. In primo luogo, i fratel li Muscia non solo venivano compiutamente i ndivid uati ( come si è già avuto modo di dire in precedenza) ma si accertava che gli stessi erano stati eff ettiva mente interessati alla realiz zazione proprio delle strade in contrada Manchi. In seco ndo l uogo, l’epo ca d el colla udo appare perfettamente compatibile con il ve rsamento della somma d i 21 milioni di lire a titolo di “messa a posto”, atteso che il pagame nto nor345 malmente avven iva al momento del saldo da par te del com- petente assesso rato ( cioè dopo il collaudo). Considerando i tempi tecnici e q uelli legati alle co mplesse modalità di trasmissione del denar o attraverso il Provenzano e mediante pi ù passa ggi di mano, la data del 25 aprile 2001 per la consegna dell a “mes sa a posto” al Giuffrè appar e perfettament e in l inea con qua nto emerso dalle indagini. Ancora una volta, dunque, le indicazioni de l Giuff rè hanno trovato ampi riscontri si a nei documenti rinvenuti che nelle indagini svilup pate dai Carabinieri. Inoltre, il documento in esame conferma in modo specifico l’affermazione del collaboratore cir ca il personale interessamento del Provenzan o anche nella fase del pass aggio del denaro frutto delle “messe a p osto”. La messe dei riscon tri rinvenuti, peraltro, attiene anche ad un ulterio re manoscritto sequestrato al Giuf frè sempre il 4 dicembre 2002 (n.6 elenco atti irripetibili), nel quale è scritto: 1°. C/DA SCALA 2°. C/DA MARCA TOGLIASTRO AGRO DI S.MAURO CASTELVERDE (PA) Secondo il Gi uffrè tale documento era un appunto redatto per lui da alcuni membri della famiglia mafiosa di San Mauro Castelver de, i qua li sollecitava no un suo intervento per la “messa a posto” di altre due strade interpoderali che le imprese di Ai ello stavano eseguendo (o avevano appena eseguito) nel territori o del lo ro Comune, e, precisa mente, una in contrada Scala e una in contrada Marcatogliastro. Il Giuffrè era, pertanto, intervenuto seguendo il suddetto circuito appositamen te predisposto da l Provenzano ed aveva f atto aver e al la famiglia di S. Mauro Castelverde le “messe a posto” versate dall’Aiello. Anche in questo caso le indagini riferite dal Maggiore Miulli hanno ri scontrato l’assunto del collaborator e ed il contenuto 346 del documento i n esam e. Le due strade venivano identificate in quelle denominate “San Giuseppe” in cont rada Case Scala e “Case Tiberio, Pia no del Ventr e”, Fiume Poll ina Mar catogliastro, ed era no state effettivamente realizzate dalle imprese di Michele Aiello in quel preciso t orno di temp o. In conclusione di t ale argomento va, inoltre, sottolineato c ome anche entram be tali strade figurino negli elenchi sequestrati all’impu tato e depositati a gli atti dalla sua difesa . Le vice nde r elative ai sopr a descritt i docum enti sequestrati al Giuffrè in occasione del suo arresto e dell’avvio della sua collaborazione, a ben ved ere, non assumono valenza esclusivamente p er la loro funzione di r iscontro alle dichiarazioni del collaborante. Esse, an zi, nell’eco nomia del presente ragionamento probatorio forni scono a nche a ltri contributi di chiarimento del complessivo quadro delle risultanze. In primo luog o appare oltremod o significativo sottolineare come si tratti di elementi di natur a documentale provenienti dal Provenzano che danno ampia conferma del per sonale e diretto interessamento del vertice assoluto di “cosa nostra” nel perco rso fi nalizzato alla gestione delle “messe a posto” di Michele A iello. E’, inv ero, il Provenza no in persona che invia al Giuffrè, capo mandamento competente per quelle strade, i 21 milioni di lire in contanti, qu ale compendio della “messa a posto” dell’impr esa Aiello p er tre lavori svolti nel suo territor io. E, sulla scorta del patrimonio di conoscenze ricavabili da questo dibat timento e dai precedenti in materia, non può di certo seriamente sostenersi che il Provenzano si occupasse quotidian amente di in viare il denaro a tutti i capi mand amento per tu tti i lavo ri svolti in Sicilia da qua lunque impresa. Si tratta, dunque, davvero di uno speciale trattamento che 347 Bernardo Proven zano riservava a Michele Aiello e forse anche a pochi e selezionati altri imprenditori con i q uali aveva stabilito un rapport o privilegiato ed esclusivo nell’ottica del tipico “patto di protez ione”. Del res to, secondo le consolidate ed ordinarie prassi operative di “cosa no stra”, sugli uomini d’onore della famiglia di appartenenz a del l’impr enditore ricade l’onere di relazionarsi direttamente con i rappresentanti della famiglia territorialmente compet ente p er un lavoro da eseguire. E solo eccezionalmente ed in presenza di gravi situazioni questi possono coinvolgere i più elevati livelli dell’organigram ma mafioso, fermo r estando che il cir cuito relazionale ri mane affid ato ai rappresentanti delle due famiglie interessate. Nel caso in esame, pertanto, secondo le normali modalità operative e le regole ordinarie del sodalizio m afioso, gli uomini d’onore di B agheria avrebbero dovuto contattare direttamente il Giuffrè, nell a sua specif ica qualità di capo del mandamento di Caccamo, p er co ncordare la “messa a posto” dell’Aiello e per ver sare, in un secondo momento, il denaro pagato a sua volta dall’imprendito re. Cosa ch e accadeva pera ltro quotidianamente per tutti gli altr i imprenditori “normali”, come evidenziato dallo stesso Giuffr è nel corso della sua deposizione. Ma nel caso dell’Aiel lo vigeva una prassi speciale sta bilita ed imposta direttamen te dal Provenza no e i documenti in esame ne fornisc ono non solo il r iscontr o ma anche la prova p iù chiara ed inequivocabile. Si tratta del la pr ova documentale del fa tto che il suddetto percorso descritto dal Giuffrè era davvero esistente, che il medesimo G iuffrè vi era direttam ente coinvolto per gli affa ri ricadenti nella sua competenza terr itoriale e, sopratt utto, che vi era sempre ed in equivocabilm ente interessato anche Ber nardo Provenzano, il quale, a ddirit tura, smist ava con le s ue 348 mani le somme di denaro provenienti dall’Aiello. Ed ancora, gli elementi desunti da i document i in esa me forniscono la conferma del fatto che il suddetto complesso sistema operava esatt amente con le modalità descritte dal Giuffrè. E cioè che in una prima f ase l’Aiello chiedeva l’autorizzazione al Provenzano che gira va la richiesta alle famiglie interessate dai lavori e ch e nella fase successiva l’Aiello, sempre tramite il Provenzano in perso na, faceva a vere a queste ultime il denaro frut to del la “messa a posto”, come conferma il primo “pizzino” appen a esaminato. Inoltre, det ti elementi dimostra no che tale sistema di “messa a posto”, app ositamente individua to dal Provenzano proprio per l’Aiello, era stato adottato sicuramente fino a tutto l’anno 2001, epoca cui si ri feriscono pr oprio i bigliettini di cui s opra. Di talchè, alla luce dei rilievi documentali in precedenza esaminati dal Col legio e relativi ad epoche decisamente precedenti, deve giun gersi alla necessa ria conclusione che detto sistema abbia operato per quasi dieci anni con le medesime modalità e sempre sotto il persona le controllo del Provenzano. Tale ultima considerazione appa re al Collegio assolutamente rilevante, attes o che dimostra in modo inequivocabile come non si sia trattato di u n interessa mento episodico e sporadico ma, al contrario , di un vero e proprio “metodo” fortemente voluto dal Provenzano p roprio per l’Aiello e caratterizza to da una natura sistemica, organica e costante nel t empo add irittura per numerosi ann i. In conclusi one, du nque, deve convenirsi come i documenti in esame non siano un icamente degli elementi di riscontro da valutare alla luce delle d ichiarazioni del collaboratore Antonino Giuffrè ma anche delle ver e e proprie prove a utonome 349 che dimostrano, con l a forz a tranq uilla dei fatti, quanto si è sinora sostenuto. E, trattandosi di documenti redat ti personalment e dal Provenzano e sequestrati al Giuffrè in occasione del suo arresto, va ancora una volta sottolineata l’eccezionale rilevanza probatoria che gl i stessi esprimono, se non alt ro per la loro provenienza dal vertice assoluto di “cosa nostra” e, pertanto, d ai meandri più intimi dell’orga nizzazione. Se, dunque, così stan no le cose e non solo sulla base delle labiali affer mazion i di un qualsiasi dichiarante ma sulle precise e convergenti dichiarazioni dei collaboratori Giuff rè, Siino e Barbagallo e, soprattutto, sulla prova documentale dianzi esaminata, d eve serenamente concluder si come il r apporto tra Mich ele Ai ello e Berna rdo Provenz ano fosse caratterizzato da specifici profili di unicit à nel panor ama impr enditoriale. Non, dunque, un ra pporto tra vittima e carnefice ma un sodalizio profondo basato, come ha sostenuto corretta mente il P.M., su un patto di protezione, in questo caso addirittura gestito ed assicurato personalme nte dal vertice as soluto dell’inte ra organizza zione. Proprio come sostenu to, con espressione atecnica ma certamente dotata di capa cità descr ittiv a, dallo stesso Giuf frè che ha definito l’Ai ello come il “ fiore all’occhiello” di Berna rdo Provenzano. Come e molto più di Gino Scianna, altro imprenditore bagherese molto legato al Provenzano prima del suo arresto, l’Aiello costituiva per il Provenzano medesimo una preziosa risor sa sia per la sua proven ienza che per gli ambiti imprenditoria li (la sani tà privata) di sua competenza che sono da sempre stati di suo in teresse. Ad ulteriore con ferma dell’esistenza di tale particolare r apporto vanno, sia pure sinteticamente, ricordate le dichiara - 350 zioni rese su llo specifico punto da altri due collaboratori di giustizia, Angelo Sii no e Salvator e Barbagallo. Si tratt a di dichiarazi oni che, sullo specifico tema oggetto del presente accertam ento, risultano sostanzialmente conver- genti tra loro e, sopra ttutto, con quelle autonomamente rese dal Giuffrè. Sul ruolo, la figura e l’attività di Angelo Siino si è detto in altra par te della presente sentenza motivo per cui in questa sede appare sufficiente f are un generico richiamo al signif icato ed alla at tendib ilità delle sue dichiarazioni. Come si è già anti cipato nella parte inizia le del presente capitolo relativo all’Ai ello, il fatto sp ecifico descrit to dal Siino si ricoll ega al la realizzazione di una strada interp oderal e che questi aveva intenzione di realizzare accanto ad un terreno agricolo di sua madre in contrada Cerasa di Monreale. L’analisi critic a di detto episodio r isulta per fettamente in linea con il ruolo e la posizion e dell’Aiello, come dianzi ricostruiti. Per altro verso an che Salvatore Ba rbagallo, come si è avuto modo di dire in precedenza, ha confermato l’esistenza di uno speciale rapporto esistente tra l’im putato e Bernardo Provenzano, come aveva ap preso sia da Giuseppe Panzeca che dallo stesso Aiello nella specifica occa sione in cui lo a veva personalmente conosciuto. Dunque, in concl usione, l’esame critico e congiunt o delle dichiarazioni del Giuffrè, di quelle convergenti degli altri colla boratori di giusti zia e, soprattutto, del contenuto d elle suddette prove documenta li conferma che l’Aiello er a lega to ai massimi ver tici di “cosa nostra”, ed in particolare al Prove nzano da un legame (c.d. pa tto di protezione ) particolarmente qualificato, efficace e duraturo nel tempo, garantendo finanziamenti, assu nzioni di persona le e notizie riservate ed ottenendo in c ambio c ontestualmente protezioni e raccomanda - 351 zioni, senza le qual i assai difficilmente avrebb e potuto raggiungere il livello d i svil uppo di fatto conseguito. Ciò posto, deve so lamente aggiungersi come, sempre in tema di documentazione acqu isita agli a tti del pr esente processo, esista un quint o grup po di documenti di sicuro r ilievo. In quest o cas o non si tratta di “pizzini” ma di un memoriale contenente la preci sa e cronologic a indicazione delle entr ate e delle uscite della famiglia mafiosa di Bagheria. Già per quest a intrinseca caratteristica del documento, ap pare chiaro quale possa esser e il significato in termini probatori di tale vero e proprio “libro-mastro” che è stato rinvenuto e sequestrato all 'intern o dell'abitaz ione di Di Fiore Giuseppe, arrestato in flagranza del reato di associazione mafiosa il 25 gennaio 2 005. Ed invero, è emerso che a seguito dell’adoz ione di alcune decine di provvedimenti di f ermo disp osti dalla locale D.D.A. ed eseguiti co ngiuntamente dai Carabinieri del R .O.S. e dalla Squadra Mobil e di Paler mo (la c.d. operaz ione “Grand e Mandamento” intesa a destrutturar e e smantellare il circuito dei favoreggi atori e degli uomini più vicini al Provenzano), veniva effettuata una perquisizione dom iciliare anche all'interno dell’abitazione del D i Fiore Giuse ppe, sita in via Pirandello n. 19 di Bag heria. All'interno di un d oppiof ondo di un cassetto del com odino nella camera d a letto venivano sequestrate diver se maz zette di denaro cont ante per un totale di € 62.845,00, su alcune delle quali risultavano apposti dei biglietti adesivi con l’indicazione della provenienza delle somme. Venivano, inol tre, sequestrati estratti conto bancari e titoli di credito, per un ammo ntare che sfiorava complessivamente l'ingente somma di 900.000 ,00 euro. Soprattut to veniva rinvenuta e sequestrata un’agenda manoscritta sulla quale erano ripor tate diverse voci inerenti le en- 352 trate e le uscite contabili della famiglia m afiosa di Bagher ia, con l’indicazio ne di numerose opera zioni. All’interno dell’ag enda venivano, inoltre, ritrovati due fogli a quadretti ch e, pur essendo sempre relativi alla tenuta della suddetta contab ilità, apparivano chiaramente scritti con una diversa g rafia rispetto a quella dell’agenda. Sul con senso delle part i è stata acquisita al fa scicolo del dibattiment o la nota redatta in data 15 aprile 2005 dai Carab inieri del la Sezione A nticrim ine del R.O.S.. Dall’esam e di dett a inf ormativa di P.G. si evince come la suddetta docum entazione sia stata oggetto di una duplice attività di verifica, sia sotto il profilo grafico-formale sia sotto il profilo oggettivo-contenutistico. Sotto il primo pro filo, in p articolare, risulta eseguita una consulenz a tecn ica di t ipo grafico, acquisita anch’essa, sempre sul con senso delle pa rti, al f ascicolo del diba ttimento all’udien za del 15 ma ggio 2007. Dall’esam e dell’ esito di tale consulenza tecnica si evince c he l’autore delle scritte a ma no effettuate sull’agenda deve identificarsi in Giu seppe Di Fiore, me ntre l’autor e delle manoscritture riportate su l separ ato foglio contenuto nella tasca della agenda co rrispo nde ad Onofrio Morreale. Tali inequivoca bili co nclusioni tecnico-comparative, del resto, hanno t rovato conf erma nell’a nalisi d el contenuto delle annotazio ni svo lta da i Cara binieri. Ed infatti, come si rica va chiaramente dall’informativa suindicata, l’ana lisi delle scritture in uno con le indicazioni ver gate sui foglietti ad esivi applicati sulle mazzette di denaro hanno consen tito di ricostruire diverse operazioni in entrata nel bil ancio della famiglia mafiosa di Bagheria e di attri buirne la gestione ora al Morrea le ed or a al Di Fiore. Anche sotto il prof ilo strettamente cronologico appa re dimostrato che il libr o-mastr o di detta f amiglia sia sta to tenuto in un primo tempo dal sol o Morreale e successivamente dal Di 353 Fiore, il quale lo sostituì in tale delicato compito, verosimilmente dop o il suo arresto. In modo part icolar e, fino a l mese di agosto d el 2004 la contabilità del le entrate e delle uscite della famiglia maf iosa di Bagheria r isulta tenuta dal Morreale sui sopr a descritti fogli allegati, mentre da tale momento fino al gennaio 2005 (cioè all’atto del sequestro avvenuto il 25.1.2005) risulta tenuta dal Di Fi ore sull’agenda sequestra ta. Ad ogni modo, attraverso l’analisi sia contenutistic a che grafica è rimasto univo camente dimostrato che tali annot azioni rappresen tano la contabilità della suddetta fam iglia mafiosa dal mese di dic embre del 20 02 a quello di gennaio del 2005. Come si vedrà di qui a breve, le entrate vengono alte rnativamente i ndicate con l’uso di un “+” ovvero del sostantivo “entrate” e le uscite con un “-“ ovvero con “uscite”. Tra le entra te ovviamen te vengono, sia pure sintet icamente, indicate le proven ienze delle somm e pagate a titolo di pizzo o di messa a posto mediante l’indic az ione di nominativi o d i altre locuzioni in grado di far compr endere di quale attività o lavoro si tratta (ad es. “becchino”, “lavor o autostrada” etc. etc.). Le uscite, viceversa, sono caratter izzate da ll’ind icazione del solo nome di battesim o dell’uom o d’onore cui le somme si riferiscono , con la particolarità della variazione dell’entità dello “stipendi o” a seconda del grado di importanza nella scala gerarchica dell a famiglia di Bagheria. Ciò premesso, va detto che l’agenda riporta le seguenti indicazioni: AGEN DA - “inizio 08 – 04”; - “becchino 05 – 08” con af fianco la dicitura “luglio 1.500 p”; - “ • a pagina 2: “ 02 – 09 1.500 agosto no“. - “5.000 28 – 12 Gagliano legname”. 354 • a pagina 3: - “08 – 04”; - “1.500 5 – 8 luglio becchino”; - “1.500 2 – 9 agosto … ; - “3.000 13 – 8 Acconto Ap. Spanò”; - “600 20 – 8 Acc onto di compare zio Gaetano x Siciliano”; - “5.000 Casteldaccia x lavori Tir”; - “5.000 + Zagara – Che - 5.000”; - “2.500 lavoro autostrada”; - “1.500 settembre becchino”; - “1.500 ottobre becchino”; - “5.000 17 – 12 Mimmo V. uf ficio IVA”; - “4.000 18 – 12 acconto Spanò”; - “10.000 20 – 12 chiusura Di Vita Aspra”; - “2.000 26 – 12 Francesco (scavo)”; - “5.000 22 – 12 Campo Sportivo”; • a pagina 4: - “04”; - “1.500 2 – 9 che x z”; - “200 (“ ) (incomprensibile) x z; Orbene, dall’esame di tali prime p agine dell’agenda si r ileva come i primi due f ogli i nizino con la dic itura “08 – 04” che indica chiaram ente i l momento di inizio (i l mese di agosto del 2004) del la ten uta della contabilità sull’agenda. Subito dopo, sempre a pagina 4, r isulta t racciata una linea di sepa razion e ed iniz ia l’indicazione delle voci di uscita con i nomi di battesi mo dei vari memb ri della famiglia af fiancati dalla somma loro spet tante: - “Francesco 5.000”; - “Leonardo 5.000”; - “Nicola 5.000”; - “Nicola 5.000”; - “Gino 4.000”; - “Pino 4.000 ”; 355 - “Ono frio 4.000 ”; - “Carmelo 2.000”; - “Ciccio 1.000”; - “Nino 5.000 ”. • La pagina 5 riportava solo una dicitura: -“5.000 31 – 12 Mimmo V.” . Nei suddetti nomi d i battesimo non è diffici le individuare gli esponenti mafiosi cui le somme si riferiscono (ad esempio, Onofrio Morreale, Nicol a Eucaliptus, Leonardo Greco etc. etc.). Come si è detto, all’i nterno della t asca posteriore della predetta agenda venivano rinvenuti i due fogli a quadretti vergati a mano dal Morreale tra il dicembre 2002 e l’agosto 2004, come denotano chi aramente le date ripor tate dallo stesso t enutario della con tabili tà (questa volta con l’indicazione in chiaro delle vo ci “en trate” ed “uscite”). a. Foglio 1, lato 1, ENTRATE: - POST EGGIO CIMITERO 2500 - POST EGGIO VIA MATTARELL A 2500 - STR ADA S. ISIDORO 2500 - MEDIAZIONE S. FLAVIA 2000 - SCUOLE RAGIONERIA DICEMBRE 5000 - SCUOLE RAGIONERIA PASQUA 5000 - VASCA B ELLACERA 120 00 - NET TEZZA URBANA 20 00 - IMPRESA SICILIANO 5000 - ASPRA DICEMBRE 2 003 10 000 - ASPRA P ASQUA 2004 10000 - ZAGAREL LA S 5 000 - ZAGAREL LA 5000 - IFOR. GENNAIO 2004 5000 - IFOR. FEBBRAIO 2500 - IFOR. MARZO 2500 - IFOR. APRILE 2500 356 - IFOR. MAGGIO 1500 b. Foglio 1, lato 2, ENTRATE: - GIUGNO IFOR. 1500 - SPANO’ 5000 - CIRULLE 2500 - BUFFA 2500 - GINO ALB. 5000 - PROVINO R. 10000 - PROVINO C. 10000 - SCARDINA 5000 - DI CRISTINA 2500 - GINO SCIORTINO 2500 - MORREALE 2500 - CALCES TRU ZZI CASTEL. 2500 Alla fin e del lato veniva riportato il seguente conteggio (errato): 134.000 + 27.000 = 16 9.000 e sotto a ncora l’indi cazione: “Ing . 25.000”. c. Foglio 2, lato 1, USCITE: CI SONO IN CASSA 12000. DI CUI 15000. C’è li HA MIA SUOCERO. USCITE. DICEMBRE 2002 “24000” con in testa l’indicazione “Z” “+ 5000” con in testa l’indicazione “T” “2000 REGALI X VILLABATI X Z.” segue poi un el enco: - NINO 2500 - NARDO 2500 - NICOLA S. 2500 - NICOLA G. 2500 357 - ONOFRIO 2500 - MIMMO 2500 - PIETRO 2500 - FRANCESCO 2500 - CARMELO 1500 - PIETRO 750 - SERGIO 750 - PAOLO 1 500 - CAPRET TI 2100 - SIMONE 1000 - MASSIMO 500 d. Foglio 2, lato 2, USCITE: PASQUA 20 03 DICEMBRE 2003 PASQUA 20 04 In elenco : - NARDO 2500 2500+250 0 - NINO 2500 2500.2500 - NICOLA S. 2500 2500.2500 - NICOLA G. 2500 25 00.2500 - ONOFRIO 2500 2500.2500 - MIMMO 2500 2500 2 500 - FRANCESCO 2500 2500 .2500 - PIETRO 2500 2 500 2500 - CARMELO 2000 1500.1500 - PIETRO 750 75 0 750 - SERGIO 750 750.75 0 - PAOLO 1 500 15 00.1500 - CAPRET TI 1700 2100.2100 - PEPPINO 2500 135.000 + 36.000 = 17 1.000 358 Come si è già detto, le attente inda gini sv olte dagli inquirenti hanno consentito di accerta re l’ide ntità dei destinatari degli “stipendi ” erogati dall a famiglia di Bagheria ai suoi affiliati e, soprattutto, tutti gli imprenditori ed operatori commerciali autori de i pagamenti a titolo di “piz zo” e di “messa a posto”. In relazion e a questi ultimi (v. annotazione) è stata anche individuata ciascu na attività commerciale sottoposta al “pizzo” ovvero tutti i lavori in rela zione ai quali veniva op erata la “messa a posto”. Sono state, cioè, chiaramente individuate tutte le fonti delle entrate annotate nella suddetta contabilità (valida da dicembre 02’ a gennaio 05’) tranne all’indicazione “Ing . 25.000”. 359 una: quella relativa Dall’esam e diretto del documento emerge chiaramente come la suddetta annotazi one sia stata dapprima trascritta nella parte sini stra del foglio e poi cancellata (pur r imanendo chia ramente visibile ad o cchio nudo). Quindi la stessa è stata ulteriormente trascritt a nel lato destro del foglio in calce ad un conteggio (peraltro err ato) in colonna. 360 Secondo l’ attent a e puntuale indagine tecnica eseguita da i Carabinieri (v. nota del 15.5.2005 in atti sul consenso delle parti), dette ultim e due annotazioni risulta no vergate a ma no dal Di Fiore pur tra ttandosi dei fogli di contabilità compilati in preced enza d al Morreale. Ciò comporta che le stesse devono risalire necessariam ente ad un’epoca successiva al mese di agosto del 2004, posto che prima di tale data n on è stata rilevata alcuna annotazione da parte del Di Fiore, il quale ha iniziato proprio da tal e preciso momento a tenere la contabilità al posto del Morreale. Altro dato i nequivocabile è che detta somma di denaro (25.000 eu ro) deve farsi rientrare tra le entrate della f amiglia mafiosa, essendo sta ta aggiunta in calce a diverse altre voci relative per l’ appunto ad i ncassi va ri. Nonostante la generi cità della locuzione “ing.” - che avr ebbe potuto collegare so lo in modo per l’ appunto generico tale annotazione all’i ngegner e Michele Aiello - deve osservarsi come sia stato proprio l’imputato ad attr ibuirsi spontaneamente la paternità di detto versa mento nelle casse della famiglia mafiosa di Bagheria. Ed invero, all’ud ienza del 21 febbraio 2006, l’Aiello indiv i- duava nella citata lo cuzione un pa gamento di denaro da lui effettuato a Carlo Castronovo senza che tale dazione gli fosse stata mai contestata e for nendo una spiegazione che evidentemente riteneva vanta ggiosa per la sua posizione ma che tale non si è rivelata, anzi. L’Aiello h a riferi to che t ale somm a doveva individuarsi nella tangente ann uale che egli era stato costretto a versar e alla famiglia mafiosa di Bagh eria per le sue attività sanitarie (Villa Santa Teresa e A.T.M .), sempre (e solo) nelle mani di Carlo Castronovo, dap prima nella misura di 50 milioni di lire e p oi di 25.000 euro. Ovviamente ciò che va sottolineato è il fatto che l’imputato abbia fatto spon taneo riferimento a tale documento senza che 361 il P.M. glien e avesse fatto nemmeno cenno: “Si, ma credo che risulti anche a voi … dal registro cassa della mafia che avete sequestrato a Bagheria, perché lì c’è proprio scritto, è venuto anche sul giornale…25.000 euro ingegnere”. Ciò denota com e sia stato proprio l’imputato stesso ad introdurre tale argom ento, evidentemente ritene ndolo f avorevole a sè e f acendo addirittura riferiment o ad una conoscenza derivante dag li organi di stampa. A tale proposito, tuttavia, non va dimenticato che, sempre per stessa ammissione di Michele Aiello, questi a veva e ffettuato l’ultimo versa mento di 25 .0 00 euro al Castronovo nel mese di novembre del 2002, atteso che, dop o la morte d i quest’ult imo, nessun altro maf ioso, a suo dire, si era più presentato per richiedergli il pagamento di detta tangente annuale. Orbene, tale per entori a affermaz ione da parte dell’imputato lascia più di un dubbio in rela zione a svariati aspetti formali, cronologi ci e, so prattutto, contenut istici della documentaz ione in esa me. In primo luogo, va evidenziato come la fisica collocazione di detta v oce di entrata nella sudd etta contabilità risul ti diversa da tutte le altre. In particola re, la dicitu ra “ing. 25.000” non è collocata tra le varie voci incolon nate dove sono ordinatamente riportate, per ordine temporale, le altre entra te imputabili al pagamento di piz zo o messe a posto. Essa, addirittu ra, no n è neppure i nserita nei primi due fogli ove si trovano, incolonnate, le sudd ette voci d i ent rata ma risulta aggiunta in calce a tutti i conteggi e solo dopo che era stata fatta la somma di tutte le entrate registrate. Si tratta ovviamen te di meri indiz i che, tutta via, denota no una sicura di versit à tra il metodo di appostamento delle varie voci di entrata e questa specif ica voce, che, conseguentemente, finisce per appar ire munita di una natura diver sa. 362 Ma vi è di p iù: anche l’aspetto cr onologico delle appostazioni contabili n on appare convinc ente rispetto alla ve rsione f ornita dall’A iello. Ed invero, come già si è dimostrato il “libro mastr o” della f amiglia mafiosa di Bagh eria ris ulta scritto a due mani e, precisamente, dal dicembre 2002 al luglio 2004 dal Morreale su due fogli sciolti e dal mese di agosto del 2004 fino al gennaio 2005 dal Di Fio re solo sull’agenda rilegata. Da ciò deve necessariam ente farsi derivare che, la ove l’Aiello avesse effettivamente pagato la ta ngente annuale al Castronovo nel novembre del 2002, detta entrata sarebbe stata registrata dal Morreale al l’inizio del primo foglio seq uestra to e cioè in prossimità dell e appostazioni contabili del mese di dicembre 2002. Ed invece dall’esa me del documento in questione appare chiaro ch e l’appostaz ione “ing. 2 5.000” non è stata frutto dell’opera grafica di O nofrio Morr ea le – ma bensì del Di Fior e - e non è stata inseri ta nel giusto ordine cronologico m a solo molto dopo e, precisamente, quando l’intera contabilità delle entrate riportate dal Morrea le er a stata sommata (luglio 2004). Da ciò deve logicamente dedursi come la suddetta appostazione cont abile si a successiva al m ese di luglio 2004 e ci oè al preciso momen to in cui il Di Fiore è subentrato al Morr eale nel ruolo di cassiere della famiglia mafiosa di Bagh eria. Tale conclusione, fonda ta su un ragionament o logico confo rtato dalle co nclusi oni delle consulenze tecniche in atti, contrasta in manier a insanabile con quanto affermato dall’impu tato Aiell o, atteso che sicuramente non può trattarsi della registrazion e di un incasso avvenuto due a nni prima. Se si fo sse tr attato di u na voce di entrata riferibile a tale periodo, la stessa s arebbe stat a annotata dal Morr eale non a ppena ricevuto il denaro dal C astronovo e, pertanto, assai ve- 363 rosimilmente tra le prim e voci del primo foglio relative al dicembre 2002. Ovvero, al limite, tra gli appostam enti contabili del mese di novembre 2002 ma mai certamente sarebbe stata inse rita dal Di Fiore dopo quasi due anni. Peraltro, il presente caso costituisce un unicum tra tutte le appostazi oni contab ili i n esame, nel senso che non risultano altre voc i inser ite in contab ilità in un moment o successivo, al di fuori del normale ordine cronologico ed a ddirittura da un soggetto diverso. Tutto ciò induce fo ndatamente a ritenere che, pur trattandosi ovviamen te di una voce di entrata per la famiglia maf iosa di Bagheria, tal e som ma di denaro avesse un significato ed una valenza diversa da tu tte le altre. Se, infa tti, si fosse tr attato di una qualunque “ messa a posto” ov vero di una somma percepita a titolo di pizzo non si vede per quale ragio ne la stessa non sia stata contabilizzata con le consuet e ed ordina rie modalità di tenuta delle scritt ure. Non si capisce perché la stessa sia stata annotata fuori colonna, senz a alcun rispetto dell’or dine cronologico delle entrate, a distan za di circa due anni, da una persona diversa e senza indicazion i relative al dante causa ed al periodo di riferimento. A tale ultimo pr oposito , invero, deve notarsi come i pagame nti ripetuti con cadenza temporale prefissata (a nnuale , mensile etc. etc.) nella contabilità veniva no indica ti con la specificazione del periodo di ri ferimento di ciascun pagamento (ad esempio, Aspr a Dicembre 2003, Aspra Pasqua 2004, IFOR gennaio, IFOR febbraio e così via), cosa che non risulta f atta solo per questo incasso. Anche sott o questo ulteriore prof ilo, dunque, l’annotazione contabile in qu estion e appare ass olutamente diversa da tutte le altre entrate della famiglia ma fiosa di Bagheria. 364 Così com e diversa appare, da ultimo, anche la modalità utilizzata p er l’i ndicazi one della pr ovenienza della somma di 25.000 eu ro da un non meglio specificato “Ing.”. Va eviden ziato, infatti, come per tutte le altre voci di entr ata da pizzo o da mess a a posto i due contabili succedutisi nel tempo abbian o sempre utilizzato o i nomi e i cognomi dei pagatori ovvero delle l ocuzioni in gr a do di far chiaramente ind ividuare la prov enienza delle somme. Tanto è vero che gli inquirenti in tutti i casi sono riusciti ad individuare le esatte g eneralità dei pagatori ed i lavori o le attività economiche cui i pagamenti si rifer ivano. L’unico caso in cui è stata utilizz ato un acronimo del tutto generico e non idoneo a consentire la sicura ed univoca individuazione del pagatore della somma di denar o è per l’appunto quell o in esame. Di certo non app are i llogico che il Morreale ed il Di Fiore abbiano i ndicato in modo palese la provenienza d elle somme, posto che i due certamente non pensavano che tale importante documentazio ne sar ebbe mai venuta in possesso dell’ A.G.. Per costoro si trattava, infatti, d i una documentazione interna al so dalizi o ed occult ata con particola ri accorgimenti e cautele che non avrebbe dovuto mai divenir e pubblica. E, cionon ostante, il Di Fiore nell’effettuare la presente annotazione relativa all’Aiello non ha indicato né il cognome di quest’ult imo n é ad esempio le locuzioni V illa Santa Teresa, cliniche ing., strutture sa nitarie ing. etc. etc.. Ma si è attenuto a criteri di massima riservat ezza mai adoperati per alcun altro operat ore economico e/o imprenditore sottoposto al p agamento del pizzo o della messa a posto. Per quest a e per tutte le altr e anomalie dia nzi esaminate nel dettaglio l’ann otazio ne relativa all’ imputato (per sua stessa ammissione) ap pare r iconducibile ad una entrata avente na tura diversa rispet to al le forme or dinarie di vessazione ma fiosa quali “messe a posto” e “piz zo”. 365 Si tratta, dunque, di un pagamento non assimilabile a tutti gli altri, forse per la sua provenienza (da un soggetto interno al sodalizio) ovvero per la sua causale (una contribuzione spontanea o un finanz iamento interno concordato a più a lti livelli). In ogni caso un pagam ento p roveniente da un soggetto che andava tutel ato più di chiunque altro anche al di là di ogni accorgimento di sicur ezza. Esaurita l’anal isi di tutti i suddetti documenti, va detto che, a ben vedere, tale esigenza di tutela della persona di Mi chele Aiello appare chiaram ente avvert ita anche dallo stesso Nicolò Eucaliptus. Questi, inver o, pu r trovandosi al vertice della famiglia ma fiosa di Bagheria ed avendo un a plurienna le esperienza nell’esazione del pi zzo, nelle estorsioni ai danni di imprese ed in svariate forme di intimidazione e violenza, si riferiva all’Aiell o quasi con defer enza e soggezione, dimostrando la sua volontà di “non disturbarlo” eccessiva mente e di non metterlo in imbar azzo con l’eccessiva presenza sua e di altri mafiosi presso le sue aziende. Ciò non ostante, l’Eucaliptus – che pretendeva di gestire personalmente il rapporto con l’Aie llo – intorno al gennaio del 2003 era andato a tro vare l’imputato presso la diagnostica. All’udienza del 21 f ebbraio 2006 l’Aiello riferiva che, dopo l’arresto d i Carlo Castronovo (4.12.2002), unico soggetto al quale avrebbe pagato le “messe a posto”, aveva ricevute quattro visi te d a par te di Nicolò Eucalip tus che gli aveva avanzato alcune ri chieste. La prima vi sita si era verific ata il 20 gennaio 2003 ed aveva riguardato l’assunzio ne, in qualità di suoi dipende nti, di due persone seg nalateg li dall’E ucaliptus (tali Causara no e Merlo), richiesta che lui aveva accettato, a nche se poi il r apporto di lavoro era durato solo per tre me si (dal 10 febbraio al 31 maggio) a causa delle loro dimissioni. 366 Il giorno dopo , 21 gennaio 2003, l’ Eucaliptus era poi tor nato a trovarlo in ufficio, questa volta accompagnato dal figlio Salvatore, il quale, a suo dire, si proponeva come media tore immobiliare, imprenditor e edile ovvero come assicuratore al chiaro scopo di otten ere da lui qualche commissione. Egli aveva preso tempo e, nelle mor e del successivo incontro, aveva definito le sue pratiche di assicurazione in modo da poter ri fiutar e le profferte d egli E ucaliptus anche in questo settore. Il successiv o 31 gennai o, effettiva mente, i due Euca liptus erano ri tornat i e l’Aiello aveva rifiutato l’ offerta dimostrando di essere coperto da contratti di assicurazione già in essere con altre compagnie. Dopo tale rifiu to, i due erano ritor nati per l’ultima volta l’11 febbraio 2003:“Poi fanno l’ultima visita, che mi fa il signor Eucaliptus, è l’11 Febbraio del 2003… … si presenta e chiede un prestito per il figlio che aveva un impellente bisogno di andare a pagare un qualche cosa. Voleva la somma di 20.000.000 in pratica delle vec chie lire.” “prestito che poi gli viene concesso e gli viene mandato tramite il signor Catrini qualche giorno dopo”… Lo stesso imputato, quindi, ammetteva di avere aderito alla richiesta di d enaro da par te di Nicolò Euca liptus, precisando anche che la somma di venti milioni di lire non gli era sta ta mai più r estitu ita. Nella descrizio ne dell’incontro e delle modalità con le quali la somma di denaro gl i era stata richiesta, l’ Aiello non faceva alcun riferimento a ll’uso di espressioni, direttamente od i mplicitamente, mi nacciose da parte dell’Eucaliptus, il quale, anzi, faceva riferimen to ad uno sta to di bisogno del figlio che aveva dei debiti in imminente sca denza. Tuttavia, quando gli venivano chiesti i motivi di t ale ela rgizione, l’imputato tornava ad incarnare il ruolo di vittima come costanteme nte h a fatto in tut to il suo esame: “Perché 367 gliel’ho dato? Perché ritenevo in quell’istante… mi son convinto di darglielo. Perché uno li presta i so… si convince in quell’istante di darli, ho ritenuto opportuno…qua stiamo parlando di un noto personaggio che già era venuto alle cronache da parecchio tempo, si sapeva che era… indiziato di appartenere … a Cosa Nostra, era una persona che già era stata condannata e che mi viene a chiedere un prestito di cui io ritengo… in quell’istante mi son convinto di non dirgli di no… .ho ritenuto opportuno non dire di no.” Ciò post o, deve agg iunger si che i f a tti appena descritti hanno trovato confer ma in tutte le e mergenze processuali ed, in particolare, nelle dichi arazioni di Francesco Paolo Catrini, nelle intercettazioni ambie ntali eseguite nella Op el Corsa di Salvatore Euca liptus e, sinanco, in quanto riferito da Nicolò Eucaliptu s. Francesco Paolo Catrini, all’udienz a del 22 marzo 2005, confermava di avere consegnato a Sa lvatore Eucaliptus e su incarico dell ’ingeg nere Aie llo la busta contenente la somma d i denaro in contanti richiestagli. E, mentre Salvatore Eucaliptus, nella sua veste di imputato di reato connesso (210 c.p.p.) in q uanto conda nnato per partecipazio ne all’as sociazione mafiosa, secondo tradizione si avvaleva della facoltà di non rispondere, il padre Nicolò, pur godendo della medesima facoltà, decideva di rispondere alle domande d elle parti. Già questo f atto in sé potrebbe addirittura assur gere al r ango di indizio, posto che, nell’esp erienz a giudiziaria in processi a “cosa n ostra”, è davvero infrequente che un affiliato, per d i più con un incari co dirigenziale come l’Eucaliptus, decida di rendere delle dichiar azioni e, solitamente, q uando ciò accade è perché esiste un buon motivo per farlo e non si tratta certo di un motivo conn esso alla volontà di accusare qualcuno ma semmai di aiuta rlo. 368 Ad ogni modo all’udienza del 17 ottobre 2006, l’Eucaliptus ammetteva che, nel corso del primo incontro avuto con l’ingegnere Ai ello (20 g ennaio 20 03), gli aveva chiesto la somma di venti milion i di lire a titolo di cortesia e senza una specifica causale ed agg iungev a che, effettivamente, il denaro gli era pervenu to attraverso suo figlio Salvatore. Dunque, la richiesta della somma di denaro sarebbe avvenuta il 20 gennaio nel co rso del loro primo incontro e non l’11 febbraio (ultimo inco ntro) come sostenuto da ll’Aiello. Subito dopo l’Euca liptus, tuttavia, aggiungeva : “… i 20.000.00 0 li ha ricevuto mio figlio in cambio di…un lavoro che ha fatto poi una cortesia all’ingegnere di farci comprare una struttura che non so come…c’era una struttura che si vendeva e ha fatto come diciamo nel gergo, sensaleria, ci ha fatto acquistare questo immobile.”. L’inizial e “cortesia” priva di una sottostante motivazione economica, pertan to, veniva trasforma ta, con poca convinzione, in una forma di r icompensa per una presunta mediaz ione svolta dal f iglio Salvatore in relazione alla conclusione dell’acqu isto di un terreno adiace nte all’ex Hotel A’ Zagara , di proprietà di tale Salvat ore Lazzar one. Ma immediatam ente dopo, l’Eucaliptus, nel tentativo di rendere pi ù chi aro il senso delle sue parole, riferiva: “Era una cortesia che avevo chiesto all’ingegnere. Poi mio figlio essendo che ha fatto la sansaleria dopo con Lazzarone, si sono, non so, co… che cosa sti 20.000.000 se sono stati poi restituiti all’ingegnere per questo motivo o… o i 20.000.000 non sono stati più restituiti perché mio figlio c’aveva fatto la sansaleria e diciamo equivalevano a quella… a quella cifra, più o meno, mille più, mille in meno, questo non glielo so dire. … Però i 20.000.00 0 sono stati restituiti all’ingegnere con la sansaleria.” Nonostante la con fusion e con la quale es primeva il concetto, l’Eucaliptus, tuttavia, ribadiva anc ora una volta che si trat369 tava di “una cortesia” che lui aveva chiesto persona lmente all’Aiell o. Siccome, però, i soldi er ano stati dati al figlio Salvator e egli non sapeva di re se poi erano stati restituiti ovve ro compensati con il corrispetti vo per la m ediaz ione immobiliare di c ui si è detto. Per alt ro verso, l’Eucaliptus confermava di avere chiesto all’Aiell o l’ assunzi one di due ragazzi di Acquedolci (luogo dove si trovava per sco ntare la misura dell’obbligo di dimora) ma escludeva di avere fatto ric hieste di alcun genere per quanto a tteneva all a sti pula di contratti di assicura zione da parte del figli o, con ciò smentendo ancora l’ imputa to. Sulla scorta del le superi ori fonti di prova, dunque, deve darsi per assoda to e non contestato che l’Aiello, esatta mente in quel torno di te mpo, aveva fatto avere all’Eucaliptus la somma di venti milioni d i lire in conta nti tramite il Catrini e che tale somma non gli era più stata r estituita. Secondo la tesi dell’i mputato tale richiesta gli era stata avanzata solo nel corso dell’ultimo incontro con l’Eucaliptus, e pertanto l’11 febbraio , e si er a trattato di una ulteriore imp osizione alla quale egli aveva ced uto per timore del notorio spessore crimin ale dell’interlocut ore. Secondo l ’Eucal iptus, invece, la richiesta era stata fatta sin dal primo incon tro del 20 gennaio e si trattava della dazione di una somma a titol o di cortesia p ersonale che f orse poi era stata restit uita attr averso una compensazione con il corrispettivo di una m ediazione svolta dal figlio in relazione all’affar e del terreno di L azzarone. Come si è detto, poi, l’Eucaliptus ha con certezza sostenuto solo ch e si trat tava di u n prestito a titolo di cortesia mentre le ulte riori cons iderazi oni circa la presunta compensazione le riferiva i n termi ni di incertezza e non di conoscenza diretta, atteso c he rig uardavano comportamenti e fatti ascrivibili al figlio. 370 E, pur non trattan dosi di una affermazione diretta in termini di certezza, va evidenz iato come la tesi della presunta med iazione immobiliare da parte di Salvatore Eucaliptus, non solo è stata sol o labia lmente sostenuta, ma è stata anche sm entita nettamente da ll’uni ca fonte che poteva fornire dati in proposito, S alvato re Lazzarone. Questi, al l’udienza del 24 maggio 2005, confermava di aver e venduto all’Aiello un terreno adiacente all’ex Hotel A’ Z abara, precisand o di aver trattato per la conclusione dell’affa re solo con il ragioniere D’Amico e negando decisamente di a vere fatto ricorso, vo lontari amente o coattivamente, ad alcun sensale e/o intermediatore immobiliare ed agli Eucaliptus in particolare. La natura, volon taria o coatta, le modalità e le finalità di tale dazione di denar o possono essere comprese appieno esaminando al cuni paramet ri obiettivi di valutaz ione che emergono dal contesto pr ocessuale. Il primo dato da esaminar e è costituito senz’altro dagli esiti delle intercettaz ioni amb ientali e dei servizi di osserv azione e pedinamento a carico degli Eucalipt us. Costoro, infatti, come precisato dal Colonnello Damiano e dal Marescial lo Licciardi, in quel periodo erano attivamente investigati sia per il ruolo ricoperto nell’ambito della famiglia mafiosa di Bag heria c he in qua nto rite nuti soggetti vicini al Pr ovenzano. Tale attivi tà di indag ine, che avrebbe portato all’esecuzione di due provvedimenti di fermo in data 9.6.2004, si basava principalmente su si stematici ser vizi di osservazione e ffettuati soprattutto in occasione dei saltuari rientri a Bagheria di Nicolò Eucaliptus, il quale, come detto, sconta va una misura di p revenz ione ad Acqu edolci. In tali casi molto spesso i due Eucaliptus si recavano presso la Diagnostica per imm agini di Bagheria utilizz ando una delle 371 autovetture (la Opel Corsa ) sulle q uali erano installati appa rati di i ntercettazio ne ambientale. Pertanto, le loro visite all’Aiello venivano documentate sia attraverso la regi strazio ne delle conversazioni che i due avev ano prima e do po gl i inco ntri che grazie ai servizi di osser vazione e p edinamento. Si tratta di un compendio documentale di notev ole r ilevanza, ovviamen te caratter izzato da una assoluta autenticità e significatività anche al fine di c ompr endere i rapporti esistenti tra l’im putato e gl i Eucaliptus e la natura delle richieste da questi ul timi avanzate. Dai servizi di osservazione si ricav a che la prima visita aveva luogo il 20 genn aio 2003 e si tratta di quella occasione nella quale, secondo l’Eucali ptus, veniva avanzata la richiesta di denaro collocata, in vece, dall’ Aiello solo l’11 febbraio successivo. Anzi, per la precisione Nicolò e Salvatore Eucaliptus quel giorno si recavano due volte presso i locali della Diagnostica, la prima volta, con ing resso alle ore 11.11 ed uscita alle ore 11.13 e la seconda volta con ingresso alle ore 16.44 ed usci ta alle ore 17.12. Alle ore 10.2 9 di quell a stessa giornata veniva inter cettata una conversazio ne all ’interno dell’ Opel Corsa e, dopo circa una venti na di mi nuti dall’inizio del dialogo viene registrato quanto segue: SALVATORE: D ove andiamo? NICOLO’: Fermati ‘ca.., io avissi a parlare ‘cu l’ingegnere.. SALVATORE: Scrivi qu alche cosa di part icolare.., e che un n’haiu mancu i bigliettini.. ‘ca.. NICOLO’: No.., maga ri poi ci vai t u sulu nell’ing egnere.. SALVATORE: Glielo dici che poi lo vado a trovare.. NICOLO’: ‘Cu mia non c’ è.. SALVATORE: Io non.. 372 NICOLO’: ...(inc..)... tutta a situazione.. SALVATORE: . .oggi non ci sono andato per.. NICOLO’: Nuatri chiu picca ci ‘amu nell’ingegnere.. ci ‘amu a ghiri pì c ose ut ili no stre … punto e b asta.. Tale prima con versazione appare, intanto, utile al fine di sgombrare il ter reno dai dubbi che la difesa ha insinuato circa l’esatto ed univoco riferimento all’Aiello ogni qual volta i due Eucal iptus faceva no rif erimento all’ “ingegnere”. Se, infatti, è vero ch e, talora ed in contesti tutt’affa tto diversi da qu elli oggetto di specifico e same, i due interlocutori sembrano aver fatto riferimento ad altri ingegneri impegnati nell’esecuzione, ad esempio, di progetti edilizi per loro conto, va precisato come nelle conversazioni che rilevano l’identif icazio ne ed il riferimento all’imputat o appaiono assolutamente chiari sia in relazione all’aspetto contenutistico dei dialoghi che, soprattutto, ai contemporanei ser vizi di osservazione e pedinamento. Combinand o, invero, gli esiti delle intercettazioni e quelli dei servizi di pedinam ento appare evidente che, nelle conver sazioni che qui ri levano e che saranno testualmente riportate, gli Eucali ptus facevano riferimento sempre all’ingegnere Aiello, a nulla rilevando che, in altri dialoghi, essi possano aver parlato d i altri ingegneri. Nel caso in esame, ad esemp io, Nicolò Eucaliptus invitata il figlio ( che era al la g uida) a fermar si lì perché doveva parlare con l’ “ingegnere” (NICOLO’: Ferm ati ‘ca. ., io avissi a parlare ‘cu l’ingegnere.. ) e, dal contemporaneo servizio di osservazione, si rileva va che l’auto eff ettivamente si fermava alle ore 10.55 nei pressi del bar “Don Gino”, ubicato a pochissima distanza dalla Diagnostica dove i due Eucaliptus si recavano a piedi, facen dovi ingresso alle 11.11. L’ultimo brano registrato, invec e, introduce il tema, molto sentito da Nicolò Eucaliptus, di disturbare il meno possibile l’Aiello sen za per questo rinunciar e alle cose importanti per 373 loro: NICOLO’: Nuatri chiu picca ci ‘amu nell’ingegnere.. ci ‘amu a ghiri pì cos e utili nost re … punto e basta.. (noi meno ci andi amo dall’ingegnere…. Ci dobbiamo andare per le cose util i nostre…, n .d.e.). Il 21 gennaio 2003 , giorno in cui aveva luogo il secondo incontro, alle ore 10 .34 veniva registrata la seguente convers azione: NICOLO’: Eh, passiamo in agenzia, e poi amu a ghiri ‘nni Totò (?) Lazzaruni però.. SALVATORE:Papà, io ci ‘a telefonare.. NICOLO’:..pì pigghiarini ‘dda risposta.., ‘a sira era intenzionato, viremu s e sta notte ci riflittiu, viremu soccu ci ‘a ghiri a diri a ‘u ingegnere accussì ‘nni livamu chista.. (ieri s era era intenz ionato vediamo se stanotte ci ha riflettuto, vediam o cosa devo andare a dire all’ingegnere così ci leviamo questa…, n.d.e. ). Il contestual e servizio di ped inam ento ed osservazione consentiva di documentare che alle ore 12,43 i due Eucaliptus facevano accesso presso la sede della Dia gnostica per Immagini, dal la quale uscivano alle successive ore 13.10. La sera stessa , alle ore 19.45, veniva interc ettata un’altra conversaz ione tra E ucaliptus Salvatore e la compagna Dell’Anna Stefania: legenda: UOMO: Salvatore Eucaliptus UOMO:..mio padre aeri ‘u cazziamu a Onofrio se..(m io padre, ieri lo a bbiamo cazzi ato ad Onofrio si.., n.d.e.) STEFANIA:Mh..! Va bè.. non è che era proprio tanto incazzato con lui.. UOMO:Non è vero .. STEFANIA:..tuo padre.. UOMO:..ma mio padre gli ha detto le cose arra.., non è che.. ‘ca si ci.. che c’aveva ‘a mettere i manu in capu.., non l’ho capito.. 374 STEFANIA:Minchia.., non lo so.., che.. che. . che cazzo gli piglia.. UOMO:..ma mancu.. STEFANIA:...venti milioni e non deve essere incazzato... UOMO: ..non li ha pr esi venti milioni.., ma perché tu sei sicura che li ha presi venti mili oni.., si pensava questo.., va bè.., si pen sava questo.., come pensavamo tut ti.., ma non era così.., perché stamattina quello gli ha dato la conferma.., che ancora i soldi non glieli ha dati.., infatti me l’avissi a dare rum ani.., però gliene ha dette quattro.., ora pigg hia e ci met te i mani in capu.. Dunque, Salvatore Eucalipt us spiegava alla com pagna che i l giorno prima era andato con il p adr e dall’ingegnere e poi raccontava che suo padre si era molto seccato con Onofrio Morreale (mari to di Ignazia Euca liptus, sorella di Sa lvator e e figlia di Nicolò) p roprio per una q uestione riguardant e una somma di venti milion i di lire. Dallo stesso tenore della conversazione, appare assolutamente chiaro che si tra ttava di una somma che una persona indicata come “quel lo” doveva dare al padre Nicolò Eucalipt us e che proprio quella stessa mattina aveva confermato di non aver ancora ver sato. Il rife rimento pr ecedente all’Aiello ed a lla esatta som ma di venti milioni che lo stesso ha amm esso di aver consegnato in uno con il r ichiamo inequivoco all’incontro avuto nella stessa mattinata induce ad individuare tale per sona (“quello”) proprio nell ’odierno imputato. Inoltre, tale co nversaz ione conf er ma che la richiesta della somma era sta ta avanzata già il 20 gennaio, così come riferito da Ni colò Eucalipt us, e, di converso, smentisce quanto sostenuto d all’Ai ello. Il servizio di osser vazione e pedinamento del 31 gennaio 2003, poi, consen tiva di documentare che gli Eucaliptus si 375 erano recati presso la Diagnostica una prima volta assieme tra le ore 09.21 e le ore 09.25. Successivamente Nicolò faceva ritorno alle ore 11.4 5 ed il figlio Salvatore alle ore 11.50, per poi allontanarsi di nuovo insieme a lle ore 12.15. Le vicende di quei gi orni venivano, poi, commenta te l’8 febbraio successivo nel corso di una importante conversazione, tra Salvato re Eucaliptus e la Dell’Anna, intercettata all’inter no del l’autovettur a Opel Corsa. L’importa nza specifica di tale dialogo consiste, a giudizio del Tribunale, nel fatto che Salvator e Eucaliptus chiariva il tipo di relazi one ch e lega va il padre Nicolò all’ingegnere Aiello. Suo pad re, infatti, a detta del figlio Salvatore, attribuiva una grande i mporta nza a ll’Aiello (che t rattava quasi con defere nza) e pretendeva dai suoi congiunti che qualunque rapporto con l’imp utato fosse tenuto esclusivamente tramite lui. La Dell’A nna, evidentemente non ancora de l tutt o inserita nelle logiche e nelle din amiche mafiose, mostrava una cer ta meravigli a di ciò scaten ando la reazione di Salvatore che le spiegava i motivi: SALVATORE:..la mattina mi ha detto questo.. STEFANIA:Eh.., va beh.. allora? SALVATORE:E ci rissi: “Chi è?.. come finiu ‘cu l’ingegnere.. ci parrasti?”.. “No.., dice.. siccome martedì a..”.. STEFANIA:Eh.., te lo spiego io il motivo? SALVATORE:.. perchè prima vuole.. STEFANIA:Eh? SALVATORE:.. parlare ‘cu me pa.. (perché prima v uole parlare con mio p adre, n.d.e. ) STEFANIA: No.., perché è stata tua madre a dirgli elo.. SALVATORE:Che cosa? STEFANIA:..a Ignazia.., di lasciare stare che doveva.. doveva.. doveva as pettar e tuo padre.., e lei evidentemente gliel’ha detto ad Onofrio ed Onofrio non ha fatto più niente.. 376 Dunque, la moglie di Nicolò Eucaliptus aveva detto alla figlia Ignazia, moglie di On ofrio Morreale, che per pa rlare con l’ingegnere bisognava attendere il ritorno in città del marito Nicolò. SALVATORE: Tu c erte cose.. (Sovrapposizione di voci).. STEFANIA:..ecco perché.. (Sovrapposizione di voci).. STEFANIA:..ecco qual è il motivo.. SALVATORE:...(inc..)... sotto un certo punto di vista è giusto.. STEFANIA:No!!.. non è giusto Salvo.. SALVATORE:No!!.. è giusto Stefà.. STEFANIA:..ma scusa.. ma se tu a tuo padre gli devi chiedere pure.. gli devi chiedere pu re se.. (Sovrapposizione di voci).. SALVATORE:No!!.. Stefà.. Stefà.. STEFANIA:..se posso andare a lavorare o se non posso andare a lavorare.. (Sovrapposizione di voci).. SALVATORE:.. ma.. ma.. ma tu.. ‘i sai sti riscursi Stefà?.. tu i discor si non li sai.., c ome non li sa mia mamma.., come non.. non li sa mia sorella.., non si.. io non ci potrò mai andare là a lavora re, e allora no n lo volet e capire voi.. Eh..! io non ci potrò mai andare a lavorare.. Io potrò andare a lav orare da centomila parti.., ma là un ci pozzu iri a travagghia re.., minchia proprio le cose in testa.. no.., no.. A meno chè io.. picchì ‘cu ‘cu ci vai ci vai.. ti dice: “no”.. Stefania, come le altr e donne d i ca sa, evidentemente non conosceva appieno come stavano le cose: Salvatore non sarebbe mai potut o andare a l avorar e dall’Aiello e subito dopo spiegava il motivo. L’unica p ersona che m i può dire di sì è me Pà.., hai capito? E basta.., e tu lo sai.., picchì là.. è una cosa a rischio.. per ‘du cristia nu.. Ed è giusto che prima lui parla 377 con mio padre.., per questo tipo di discorsi qua.., no ‘ca io a mio padre gli devo dire: “Posso andare a lavorare da na.., non glielo devo dire.. perché n o.., io lo conosco molto meglio di lui l’ingegnere.., ma molto meglio di lui.., io ogni giorno ci vado dall’ingegnere.., mi mancassi ‘a mia a dirici Ingegnere “Mi pigghiassi a mia”.. Io non glielo dico.., perché prima mio padre mi deve.. determinate cose.. mi deve dire.., per qu esto tipo di.. di situ azioni.. Minchia.., picciotti.., ...(inc..)... mancu iddu ci potti iri.., capito?.. Io lo conosco molto meglio di lui.., e molto prima di lui.. lo conosco.., quindi c’ho più confidenza io che lui.. Io non ci vado!!.. Ed è giusto che va.. Ora ti faccio vedere che mio padre mi dice: “No”.. Io lo so.., mio padre dice “No .., l à no. ., da un’altra parte si.., m a là no..” .. (Pausa) Que llo se succede una cosa.. a chiddu ‘u cuns umanu a ‘d u Cris tianu.., lo consumano completamente.” Tale passaggio spiega magnificamente quale tipo d i rapporto avesse Ni colò Eucaliptus con l’Aiello ed il livello di compenetrazione del figli o Salvatore nelle r agioni pur amente mafiose che impon evano tutte quelle preca uzioni. Il padre Nicolò avr ebbe potuto fa rlo lavorare presso qualunque impresa ma in relaz ione all’Aie llo certamente gli av rebbe detto di no ed egli e ra l’ unico che poteva autorizzare una simile rich iesta all’im putato. La motivazione di q uesto atteggiamento era chiar amente connessa all’esi genza di tutela re l’ingegnere Aiello da qualunque rischio poten ziale ovvero anche solo di non metterlo in imbarazzo a causa della presenza di un Eucaliptus tra i suoi dipendenti (pic chì là.. è una co sa a rischio.. per ‘du cristianu …. Quello s e succede una cosa.. a chiddu ‘ u cun- sumanu a ‘du Cristianu.. , lo consumano com pletam ente.”). Tali affermazio ni privano d i qualunque pregio la t esi difensiva dell e con tinue estor sioni dall’Euca liptus . 378 e vessazioni patite Un atteggiamento d i simile precauzione e sensibilità appar e, infatti, assol utamen te inconciliabile con tale tesi che presuppone l’esercizi o di violenz a e/o di minacce, anche implic ite, ed un total e disinteresse per le ragioni della vittima . Nel caso in esame, invece, certamente ci si trova di fronte ad alcune richieste a vanzate senza l’ esercizio di alcuna violenz a e/o minaccia, neppure implicita, ma anzi con moderaz ione, solo att raverso il verti ce assoluto della famiglia mafiosa di Bagheria (Nicolò E ucaliptus), senza altri intermediari e con la dovut a att enzion e a non mettere in imbarazzo ovvero a recare preg iudizi o all’ Aiello. Il servi zio d i osservazione dell’11 febbraio successivo documentava, poi, che Salvatore E ucaliptus si recava alla Stazione a prelevare il pad re provenien te da Acquedolci. Immediatamente (ore 8.04), Salvatore e Nicolò Eucaliptus accompagnavano presso la Diagnostica i due ragaz zi di Acquedolci, la cui a ssunzi one er a stata s ollecitata all’Aiello . Dopo circa un’ora, ed esattamente alle 9. 20 i due Euca liptus venivano osservati mentre entravano alla Diagnost ica da dove uscivano alle successive ore 09.45. Quella stessa mattin a, a partire d alle ore 7.59, veniva, inoltre, inter cettat a una lunga conversazione, nel corso della quale Sal vatore Eucaliptus r iprendeva col padre l’ argomento già trattato con la comp agna nel corso del dialogo dianzi testualment e riportato. Anche in questo caso, ovviam ente, il riferimento all’ « ingegnere » non può in alcun mod o apparire equivoco, atteso il contesto n el qu ale accadono i fatti (i due si stanno recando proprio all a Diagnost ica a lasciare i due neo-assunti di Acquedolci) ed i l richiamo alla precedente convers azione dal chiaro contenuto. SALVATORE:.... C’era Onofrio ‘ca voleva parlare.. v oleva parlare con cos a... la mamma te l’accennò.. l’Ingegnere pì.. pì mia.. e io c’h o detto di no.. 379 con NICOLO’:No.., no.., l’ingegnere no.. SALVATORE E io ci l’aveva ritt u.. NICOLO’:..l’ingegnere no.., avemu ‘a ghiri a consumar e l’ingegnere nuatri.. Dunque, Salvatore riferi va al padr e che il cognato Onofr io a veva inte nzione di an dare da ll’ingegnere per sollecitare la sua assunzion e presso una delle sue a ziende ed, assa i significativamente, Nicol ò Euca liptus lo interrompeva bruscamente dicendo “ No.., no.., l’in gegner e no:..l’ingegnere no.., avemu ‘a ghiri a cons umare l’ingegnere nuatri…”. Secondo N icolò Eucali ptus, q uindi, si tratta va di una richiesta improponi bile in quanto loro non potevano “consumare” l’ingegnere, nel senso che non dovevano metterlo in difficoltà per cose non strettamen te essenz iali e diversamente risolvibili (posto che Salvatore pot eva trovare lavoro presso parecchie altre imprese in rel azione alle qu ali, evidentemente, non c’er ano le stesse preoccupazi oni ed attenzioni). SALVATORE: Anche picchì.., ...(inc..)... , ci stà andando a lavorare.., perché ‘u stannu facennu travagghiare iddu.. NICOLO’:Cu è? SALVATORE:C hiddu ri.. ‘u mezzaniu (Fonetico).. so figghiu.. capito?.. (Interruzione tecnica a minuti 05.44.) SALVATORE..minchia.. eh..rice: “chiddu ci stà ghiennu dice e tu no..” Però ci rissi: “No.., io non..” NICOLO’:Ma che significa chiddu ci stà ghiennu e tu no? Chi significa? SALVATORE:Nel s enso che.. facemu travagghiare.., stai facennu travagghiare a chiddu.. rice.. eh.. NICOLO’:Eh.., eh.., tutti trava.. eh.. tutti.. ‘ca poi si n’adduna ‘ca su tut ti figghi ri. . Nuatri i cristiani l’amu a rovinare. ., s e idd u.. ’i rovinamu.. ma nuatri.. piaciri un ci ‘ni senti emu.. 380 Salvatore, poi, fa ceva rif erimento al figlio di mez zo (u’ mezzaniu…so figghiu) di qualche non spe cificato uomo d’ onore che già lavo rava p resso le imprese dell’imputato ed alle voci che gli avevano evid enziat o l’assurd ità del fatto che costui lavorasse là e lui (figlio del r eggente della famiglia) no. Lo stes so Salvator e, co munque, riferiva tutto questo con un certo distac co, in quanto a più riprese sottolineava la sua condivisione del pensiero paterno (C’era Onofrio ‘ca voleva parlare.. voleva parlare con cosa... la mamma te l’accennò.. con l’Ingegnere pì.. pì mia.. e io c’h o detto di no.. ). Nicolò Eucaliptus, i nfatti, con espressione estremamente significati va, spieg ava e ribadiva le ragioni della sua decisione: Eh.., eh.., tut ti trava. . eh.. tutti.. ‘ca poi si n’adduna ‘ca su tutti figghi ri.. N uatri i cristiani l’amu a ro vinare .., se iddu.. ’i rovinamu.. ma nuatri.. piaciri un ci ‘ni sentiemu.. (tutti lavora… eh tutti che poi se ne accorge che so- no tutti fig li di…. Noi i cristiani li dobbiam o rovina re… se non li ro viniamo ma n oi piacere non ce ne sentiam o.., n.d.e.). Che trado tto in itali ano significa che non era cor retto imporre all’ Aiello l’a ssunzione d i tr oppi f igli di uom ini d’onore per ché ciò dava n ell’occhio e poteva comportare conseg uenze nefaste per l’imp utato che andava cautelato e non “r ovinato”. Sempre l’11 feb braio 2003 alle ore 15.41, poi, veniva intercettata u n’altra conversazione telefonica tra Nicolò Eucaliptus e tale M arianna Pellegrino da Acquedolci, madr e di Maurizio Causerano che, da quella mattina, insieme alla fidanzata aveva iniziato a lavorare presso la Diagnostica grazie ad una segnalazion e dell ’Eucaliptus st esso. Il racconto appare di cer to interessante non tanto per convalidare un da to - l’assunzione dei due ragazz i – riconosciuto pacificamente da tutti, quanto per comprendere dalla stessa voce dell’Euc aliptus la natur a del suo rapporto con Michel e Aiello: 381 NICOLA: Perciò, comu idda trasiu.. ..(inc.).., “Mi sembrava che avevo fatto qualcosa di..”.., “No, signorina, non ha fatto..”.., ah.., dice: “Come si trova qua, si trova bene..”.., ci rissi: “Questi sono i miei angeli custodi, ci rissi, come infatti ieri li cercavo pinsannu che eranu ancora ‘u paisi e invece erano ‘cca a travagghiari.. DONNA:Eh.. NICOLA Poi quannu iddi si ‘nni eru io ci rissi: “Mi, stamattina siamo partiti alle cinque e mezza.., ci rissi.., malavita si fa, ci rissi ..”.., iddu rissi: “Cinque e mezza?..”.., perciò, poi.., poi salutamu, iddi si ‘nni eru e io arristavu ‘dda, ci rissi: “Ingegnere, ci rissi, rispittamuli sti pi cciutteddi, ci rissi, che io ci tegnu tanto..”, rici: “Nicola, lei.., lei capisci, dici, se...”, hai capito? DONNA:Sì, sì.. NICOLA Mi rissi, rici.. a .. debbo aggiungere altro. non c’è bisogno di aggi ungere niente.. DONNA:Uh.. NICOLACapisti? DONNA(ride) NICOLA Eh, un ci vuleva diri chiù di tanto, iu stessu mi pareva ma le a d irici. . DONNA:Certo! NICOLA:Giusto è? DONNA:Certo.. Emerge, du nque, il tono accorato ma volutamente non troppo esigente (Eh, un ci v uleva diri ch iù di tanto, iu stessu mi pareva male a di rici.. ) di chi avanza una ric hiesta di raccomandazi one per l’assu nzione di due bravi ragazzi disoccupati che lo avevan o assistito ad Acquedolci (ci rissi: “Questi sono i miei angeli custodi, ci rissi, come infatti ieri li cercavo pinsannu che eranu ancora ‘u paisi e invece erano ‘cca a travagghiari”) e non certo l a pretesa violenta e minacciosa impo- 382 sta ad un soggett o del quale si dispone a piacimento grazie alla forz a di i ntimid azione mafiosa. In concl usione, pertanto, sia Nicolò che Salvator e Euca liptus condividevano alcun e lin ee guida alle quali dovevano essere informati i l oro rapp orti (e quelli degli altri uomini d’onore di Bagheria) con l ’Aiello. A questi, in particolare, dovevano e potevano es sere richiesti dei favo ri si a sotto forma di finanziamenti senza ritorno (come per l’episod io dei venti milioni mai restituiti ) che di assunzioni, pu rchè di soggetti incensurati come i due ragaz zi di Acquedolci, e com unque non immediatamente e direttamente riconduci bili a “cosa nostr a” e ad i suoi esponenti. Tali favori cioè dovevano essere im portanti e non puramente voluttuar i, anda vano attentamente ponderati e, ad og ni modo, non dovevano mai rischiar e di mettere in imbarazz o o in difficoltà l’Aiel lo, come sarebbe d i certo accaduto nel caso dell’assu nzione di Salvatore Eucaliptus, membro di una fa miglia di sa ngue no toriamente legata all’or ganizz azione mafiosa: “noi a ltri meno ci andi amo nell’ingegnere…noi dall’ingegnere ci d obbiamo andare per le cose utili nostre… punto e bas ta… l’ing egnere no…non dobbiamo an- dare a co nsumare l’in gegner e noi altri …” A ben vedere, quindi, ci si trova di fronte ad un atteggia mento di elevata considerazi one, di rispettosa cautela e quasi di protezion e verso l’A iello che, in nessun modo, possono essere ritenuti compatibili con l’esecuzione di una serie di atti minacciosi ed est ortivi nei suoi confronti. Nel pur mul tiforme pa norama delle vicende di “cosa nostra”, finora non è dato co noscer e una estorsione ovvero una qualunque altra for ma di pretesa mafiosa sostenuta da così tanta affettuosa p reoccu pazione per l a vittima. Ora, a fro nte di un quadr o di emergenze così chia ro ed univoco, la tesi dell’esisten za di continue richieste vessatorie e 383 di imposizio ni mafiose a danno dell’Aiello risulta insostenibile. Vi è, dunque, un solo modo di spiegare la scelta degli Eucaliptus e la loro condotta alla luce della logica , dell’esperienza giudiziar ia in materia e delle regole interne al sodalizio mafioso. Le richieste ava nzate all’Aiello non erano il frutto di atti di imposizione ma richieste a vanzate all’ind irizzo di chi si sa essere un import antissi mo imprend itore legato da un rapporto di protezione con “cosa nostra” e, come tale, sostanzialmente un affili ato. Un soggetto, du nque, da rispettar e e, soprat tutto, da tutelare in quanto rilevan te fonte di finanziamento per “cosa nostra” e per la famiglia mafiosa di Bagheria in modo particolare. A fronte di tutto questo la tesi difensiva si fonda essenzialmente su due consi derazioni fonda mentali connesse entram be alla ricostruzione in chiave vittimistica della posizione dell’impu tato. La prima di esse consiste nell’indicazione di una ragione di ordine sanitari o che dovrebbe ess ere alla base delle vi site d i Eucaliptu s presso la Diagnostica. Pur non volendosi negare che l’E ucaliptus possa anche aver usufruito della clini ca di Aiello pe r effettuare qualche esame in forma v erosim ilmente gratuita, i l contenuto delle sopra richiamate intercettazion i ambientali esclude che questa potesse essere la rag ione esclusiva o preminente delle sue ripetute visite. Del rest o lo stesso im putato ha ammesso di avere r icevuto alcune richieste da parte dell’Eucaliptus proprio in occas ione di detti incontri e, du nque, tale prima considerazione perde definitivamente ogni sostanziale eff icacia. Allo stesso modo inaccoglibile r isulta anche la seconda tesi difensiva, fo ndata sull ’affermazione 384 del nett o rif iuto che l’Aiello avrebbe opposto alle continue richieste vessatorie dell’Eucaliptus. Ed invero, solo basan dosi su qua nto ammesso dallo stesso Aiello, agli atti risulta che questi avesse assunto due dipendenti (sia pur e per soli tre mesi) segnalati da ll’Eucaliptus e che gli avesse fatto avere la somma di venti milioni di lire mai più r estitu ita. In entrambi i casi si tratta, per stessa ammissione dell’Aiello, di fatti conc ludent i e rileva nti sotto il profilo economico posti in essere in perfetta adesione a precise ric hieste fattegli personalmente da Nicolò Eucalp itus. A fronte di ciò non si comprende davvero come si possa sostenere il rifiut o netto di ogni pretesa da parte dell’imp utato alle “pressanti e min acciose” pretese dell’Eucaliptus. L’unica spiegazione logica ed adere nte alle risultanze pro cessuali del comportamento dell’Aiello, dunque, anche per tale percorso finisce per coincidere con quanto si è afferma to dianzi. Il rapp orto esisten te tr a l’Aiello e l’Eucaliptus non era quella tipico tra vittima ed estortore maf ioso ma, semmai, e sattamente quello descritto dal collabora tore Giuffrè. L’Eucaliptus era il soggetto al quale, fin dai primi anni 90’, il Provenzano ed i l Giuf frè av evano “ messo nel le mani” l’Aiello spiegandogliene il r uolo e la posizione rispetto a l Provenz ano personalm ente ed anch e alla famiglia di Bagheria. Questi, dunque, era perf ettamente consapevole dell’impo rtanza che l’imputato rivestiva sia p er il rapporto col Provenzan o ch e come fonte di finanz iament o per la sua famiglia mafiosa. Entrambi erano ottim i motivi per tutelarlo e proteggerlo anche dagli eccessivi appetiti dei singoli esponenti mafiosi ovvero da richieste che avrebber o potuto esporlo a rischi evitabili ed i nutili. 385 E che questa sia la spiegazione dei sopra descr itti compor tamenti lo si ricava anche dall’esame di un altro aspetto della vicenda. Nello stesso torno di tempo l’Aiello si era trovat o ad affrontare anch e alcune richieste che, stavolta per interpost a persona, gli aveva rivolto Leo nardo Greco, importante e “storico” uomo d’ono re della famiglia di Bagheria, particolarmente a ttivo fin dai primi an ni 80’ . Le vicend e giudi ziarie del Greco e la sua lunga militanza all’interno dell’organizzazione mafiosa di certo lo rend evano notoriamente famoso com e soggett o altament e temib ile e dotato di u na for za intimidato ria non comune. Eppure, come vedremo, l’Aiello che, secondo la sua tesi era stato cost retto a ceder e alle p retese dell’Eucaliptus perché si trattava di “pe rsona alla quale non si poteva dire di no”, nel caso del Greco aveva opposto un secco rifiuto e non aveva subito alcun con dizion amento dalla sua capa cità di intimidazione. E’ a tutti eviden te la co ntradd ittorietà sul piano logico di tali affermazi oni, posto che in entram bi i casi si tra ttava di soggetti intrin secamente munit i di una elevatissi ma capacità di intimidaz ione che l ’imputato avrebbe dovuto avvertir e nel medesimo modo. Le vicen de relative alle richieste a vanzate dal Greco, tramite sue perso ne di fiducia , possono riassumers i sinteticam ente in due diversi episodi: la richiesta di utilizzare, per una parte dei trasporti di iner ti, alcuni mezzi di tali fratelli Pretesti di Bagheria e il tentativo di ottenere la gestione del bar di prossima apertura a ll’interno d ella nuova clinica sita presso l’ex hotel a’ Zabara. Entrambe le rich ieste erano state avanzate da soggetti vicini al Greco, posto che questi si trovava in quel periodo sottoposto alla misur a di sicurezza detentiva ed internato presso la casa di l avoro di Sul mona. 386 Il primo episodio, r icostruito da alcuni dipendenti dell’Aiello (in partico lare il capocantiere Antonino Barone) e dallo ste sso imputato, si rif eriva alla presentazione pr esso il cant iere di alcuni ca mion dei P retest i, i quali con insistenza chiedevano di mettersi in fila insieme agli altri me zzi per effettuare trasporti per conto d ell’Aiello. A tale richiest a ques ti opponeva un fermo rifiuto, pur a vendo ben compreso che si trattava di p ersone vicine a Leonardo Greco: AIELLO: “pe r quanto riguarda Leonardo Greco avvengono due episodi, uno in ordine alla pretesa da parte di un’impresa di Bagheria, un certo Pretesti, di lavorare con i propri camion, siamo in estate 2003, siamo in piena fase di sbancamento nella parte retrostante l’ex albergo, perché stiamo sbancando per allocare i bunker per la radioterapia. Si presenta un giorno il signor Pretesti con dei camion, e pretende di lavorare. Ovviamente il mio capocantiere non lo fa lavorare, mi viene a riferire il tutto, e io dico che il signor P retesti non deve lavorare all’interno. Il signor Pretesti era quello che posteggiava i camion, è venuto sul giornale, all’interno della Icre di… confiscata credo al signor Leonardo Greco, per intenderci.” Il teste Pampilloni a, in fatti, confer mava che gli imprenditor i Pretesti erano considerati molto vicini al Gr eco, se non addirittura suoi soci di fatto. La seconda r ichiesta veniva così descritta dall’imputato nel corso del suo esame: AIELLO: “Poi, successivamente, e siamo nel Giugno, Luglio 2003 pe r ben due volte dalla hall mi è arrivata notizia che c’era un certo signor Greco che cercava di me, e per ben due volte io non l’avevo incontrato. Successivamente mi viene a trovare il signor Paladino Alessandro, l’addetto che doveva assieme a me gestire il bar della costruenda clinica. Mi viene a dire che era stato avvicinato dal un certo signor Tusa, genero del signor Leonardo Greco, che pretendeva di gestire il co387 struendo bar nella struttura sanitaria. Queste sono le richieste per quanto riguarda Greco.” … “Come - dico - ma qua - ci dissi - ma qua - dico - ma la gente viene a disturbare a noi che lavoriamo? Ma fino a posto casa ci devono venire a disturbare?” Questa è stata la mia reazione. Dissi: “Ma noi dobbiamo certamente da quest’istante in poi organizziamoci e… e vediamo, visto che loro sono venuti ad una certa maniera, e tu hai detto che sei impiegato, perfetto, tu diciamo da un… per l’esterno sarai impiegato, anche se manterrai… io manterrò nei tuoi confronti… nei tuoi confronti gli stessi impegni che avevo preso precedentemente”. Affretto comunque in ogni caso l’assunzione del signor Paladino che da lì a qualche giorno è stato assunto.” Dunque l’Aiello, di fronte alla pretesa del Greco di appropriarsi dell a gestione del bar presso la sua clinica in via di apertura, aveva fatt o finta di avere già assunto il Paladino proprio con tali mansion i, in tal modo crea ndo le condizioni per rifiutare la richiesta. Anche in relazi one a questo secondo episodio un riscontro preciso veniva forn ito dal teste Pa ladino che, all’udie nza del 24 maggio 2005, riferiva: “L’ingegnere Aiello aveva detto noi siamo qui per lavorare – testualmente – siamo qui per lavorare, per cui da questo secondo in poi non ti occupare non soltanto del bar ma anche della realizzazione delle cucine e della lavanderia”. E quindi mi disse: “attivati subito anche in questo senso”. E da lì a breve tempo l’ingegnere effe… dissi che avevo detto anche del fatto dell’assunzione, devo dire la verità, e da qui a breve giro di tempo l’ingegnere mi… mi assunse ef fettivamente.”. Entrambi gli episodi, pertanto, possono definirsi come una ulteriore riprova del l’illogicità della tesi vittimistica dell’Aiel lo e m ettono in luce le contraddizioni intrinseche tra 388 le sue dich iarazi oni e le regole di buon senso dell’id quod plerumque accidit. La figura e la po sizione dell’im putato all’interno della famiglia mafiosa di Bagher ia, invero, non era quella di un mero affiliato ovvero di un socio di fatto del quale si poteva disporre tranquillamente. Nessuno ha sostenu to questo nell’ ambito del presente dib attimento n é il G iuffrè né tampoco l’ Ufficio del P.M.. Egli era un importantissimo imp renditore che aveva stabilito un “patto di pr otezione” con “cosa nostra” e lo aveva fatto con la famiglia mafiosa di Ba gheria ma sopr attutto diret tamente con Bernar do Provenzano, all’epoca capo incontrastato dell’inte ra organizza zione. Da questi ed anche dal Giuffrè, egli era stato affidato a Pietro Lo Iacono pri ma ed a Nicolò Eucaliptus poi, nell’ottica di un rapporto preferenziale di tutela fortissima di una delle più r ilevanti e si cure (in quanto apparentemente al di sopra di ogni sospetto) fonti d i finanziamento del soda lizio mafioso. Solo inserendo i f atti a ll’interno di questo complesso perimetro di riferim ento gli stessi ap paiono logicamente compr ensibili e co erenti tra l oro. L’Aiello, dunque , incarn ava un r uolo di assai maggior rilievo che andava tutelato secondo schemi ben collauda ti e modalità oper ative più artico late e gestite solo attraverso alcuni canali personali. Il che non s ignific a che l’apporto fornito da ll’imp utato non spiegasse i suoi eff etti nei confr onti dell’intero sodalizio o che si estrin secasse solo entro ristretti canali soggettivi ma, alla stessa stregua di quei componenti effettivi del sodaliz io c.d. “riservati”, egl i dava il suo, p eculiare e per molti versi unico, contributo seco ndo gli schemi appositam ente stabiliti da Bernardo Pr ovenzano ed a favore suo e dell’intera “cosa nostra”. 389 L’Eucaliptus, quindi , non considerava l’imputat o alla str egua di una qualunque vittim a del sistema della “messa a posto” né di un ricco impr enditore da vessare con richi este sempre più pressanti ma lo tu telava e lo proteggeva come un prez iosissimo anel lo di quella catena che, nel corso dei decenni, ha consentito a “cosa nostra” di distinguersi r ispetto alle altre forme di criminalità organiz zata. Una esigen za di tutela estr emame nte sentita dall’Eucaliptus anche in consi derazi one della consapevolezza che l’Aiello, oltre che attraverso cospicui e cost anti fina nziamenti, c ontribuiva al rafforzamento dell’associa zione anche riferendo preziose notizie circa l ’esistenza di indagini in corso. Proprio in quei giorni, invero, si colloca l’episodio di rivelazione da pa rte del l’Aiell o agli E ucaliptus della presenza di una microsp ia all’i nterno de ll’autovettura Opel Corsa in uso a Salvatore Eucaliptu s. E l’Aiello, dal canto suo , si poteva permettere di r ifiutar e le minacciose pretese di un boss del calibro di Leona rdo Greco non per un isolato e, come tale, inspiegabile atto di eroismo personale ma solo in quanto cons apevole del proprio ruolo all’interno delle din amiche più elevate del s odalizio maf ioso. Egli, infatti, era mol to più d i un socio di fatto dei m afiosi di Bagheria e, mantenen do una sua sfera autonoma di operatività d’impresa, aveva stipulato un accordo di protezione direttamente col Provenzano, cosa che, tra l’a ltro, gli consentiva di rel aziona rsi so lo con soggetti selezionati e con modalità predisposte proprio p er lui. Ed a tale proposito un’altra d elle contro-prestazioni che l’Aiello fo rniva nell’ottica sinallagmatica di tale patto di protezione era costi tuita dalla disponibilità ad a ssumer e dipendenti su indicazione di esponenti m afiosi. E’ bene premetter e che delle varie contro-prestazioni insite nell’accordo sinallag matico dianzi 390 lungamente delineato, questa risult a certamen te quella meno significativa sia per l’Aiello che per “cos a nost ra”. Si è a ppena visto , invero, come l’Eucaliptus ritenesse poco opportuno segn alare l’assunzione di uomini d’onore ovvero di loro parenti stretti, proprio per quelle esigenze di tutela di cui si è detto. Di conseguen za le assunzioni a seguito di raccomandazione mafiosa, gioco forz a, non potevano risultare significativamente incidenti su gli organici del personale dipendente delle imprese facenti capo al l’Aiello. Ed infat ti, come correttamente evidenziat o dalla dif esa, il numero dei casi individuati di soggetti imparentati con mafiosi è assai esiguo rispetto al consistente numero dei dipendenti (circa 3.000 tra l’ 83 ed il 2003) transitati nei libri m atricole delle imprese dell’ingegnere Aiello. Ciò nonostante, tra i dipendenti di dette società sono emersi casi di so ggetti direttamente implicati in pr ocessi per associazione mafiosa ovvero con legami mafiosi. Tra tali casi vi è quell o di Pietro Scaduto (impiegato presso la società ST RADEDIL s.r.l.) il qua le versava in regime di semilibertà e, dunque, propri o grazie a ll’assunzione dell’Aiello ha potuto benefici are di una m isura a lternativa alla detenz ione. Quello di Francesco Sc ordato (sempre in regime di semilibertà) e, sop rattut to, di P aola Mesi, sorella di Maria e di Francesco Mesi, di cui si è gi à detto, la quale era s tata anche socia ed amministratrice di una delle società del gruppo Aiello. Vi è, i noltre, il caso di Maria Rosa ria Castello, sorella di Simone Castello , condanna to per associazione mafiosa qua le membro del sodalizio con r apporti fiduciari diretti con Ber nardo Provenzan o. E quell o di Pietr o Badami, fratello di Ciro e Salvatore, originari di Villafr ati, tratti in arresto dalla Squadra Mobile di Palermo nell’ambito della cosiddetta operazione “Grande Man- 391 damento” per il reato di assoc iazi one per delinquere di tipo mafioso. Il Maggiore Miul li ed il teste Sancricca, infine, ele ncavano alcuni altri casi che, oltre alle due assunzioni ottenute da Nicolò Euca liptus di cui si è detto, completano l’argomento. Rimane, comunque, il rilievo preliminare in forza del quale dette assun zioni esi stono, confermano l’assunto del Giuf frè ma, per le suddette considerazioni e comunque obiett ivamente, rappr esentano un dato statistico non rilevante. Semmai è propri o la compresenza di dipendenti parenti di mafiosi e di uomin i dello Stato che conferma una volta ancora la personalità multiforme dell’imputato, il quale era solito stringere patti e fare favori a tutti coloro i quali potevano contribuire al consolidam ento del suo potere in ogni direzione. Del resto, agli atti del processo esiste anc he un a ltro dato probatori o univocamen te significativo del fat to che la disp onibilità d ell’Ai ello ad assumere par enti o amici di soggetti inseriti o vicin i a “cosa nostra” fosse notoria agli ad detti ai la vori. Si inten de fare riferimento a d alcune conversazioni intercettate a carico dei fr atelli Rinella di Trabia che, è bene precisarlo, si l imitano a confermare ta le dato oggetto di dim ostrazione e n on costituiscono prova d i alcuno sp ecifico addebito. 392 Le i n t er ce t ta zi on i ne ll’ am b i to d elle in p ar o la ind a g in i so n o s ta te f in al iz z ate a lla r e gis tr a te c at tur a de ll ’ all or a la ti ta n te S alv a to re Ri ne l la, c ap o d el la f a m igl ia m afi os a d i Tr ab ia ed h a nn o vis to co m e pr o ta g on is t a il fr a te llo D ie go . C os tu i, d i ver sa m en te d a qu an t o s o s ten u t o d al la d i fes a , ol tr e ad e ss er e il fr ate l lo d el c ap o d e ll a fam i g li a m a fi osa di Tr ab ia , ve niva tr at to in ar r es to il 2 0 s et te mb r e 20 02 e cond an n a to in v i a d e fin i ti va pe r e s tor sio ne ag gr a v at a e pa r te c ip azi o n e a d as s o cia zio n e m afi os a . N on s i tr a tta , du n qu e, d i u n in c en su r a to c o l qu a l e l’A i e ll o a v ev a m er i r ap p or ti c om m er cia li di for ni tu r a di m at er ial i p e r l’ed il iz ia m a di u n s og ge tto qu a lifi c ato p er pre c ise co nn ot azi o ni m af io s e si a di ti po p er son a l e ch e fa mi li ar e. Di eg o R in e lla n el le co nv er s a zio n i c h e s e gu o n o d is c u tev a con l a nip o te An g el a, fi g li a di s u o fr a te llo S alv a tor e Rine ll a, a p r op os ito d i un a p r o sp e ttiv a di lav o r o pr e ss o l a cl i ni ca d i M ic h el e A i ello . Nella conversa zione del 26 novembr e 2001, emer ge l’intensità dei rapp orti tra l a fam iglia Rinella e l’odierno imputato ed appare chiaro come anche lo stes so latitante, a mezzo dei consueti “piz zini”, fosse stato inter essato di detta vicenda ed avesse mand ato a dire: Diego " lui mi ha detto di portargli cinquanta litri d’olio…per Michele AIELLO…te lo tieni caro, perché è importante, capisci…". Nella conversa zione del 17 gennaio 2002, Diego Rinella di- scuteva ancora con la nipote: RINELLA: Tu à sentiri… à sentiri a mia, io per te, come prima cosa, io per te come prima cosa è… ddocu a clinica. Io ti dicu ca tu ci va finisci ddocu, a prescindere di chiddu chi dici iddu, picchì io cu Michele AIELLO, sebbene l’ho conosciuto tramite lui, però per i rapporti che sono rimasti, ca mi manna i saluti cu Zù Piero, quannu ci vaiu pa TAC un si paga mai… io sono di 393 chiddu ca non s ono stato mai invadente nei suoi confronti, ha statu sempri iddu a circari a mia, Quindi… per i rapporti che io c’haiu cu chiddu, qualsiasi cosa c’ho chiesto mi ha accontentato sempre, sempre! ! “. Dunque, il p rimo pro getto dello zio per la sistemazione l avorativa della fig lia del latitante è pr oprio la clinica dell’Aiello perché questi è sempre stato a disposizione, ha m andato i saluti con l o zi o Piero R inella, no n si è mai fatto pa gare in occasione di TAC ed altri esami etc. etc.. A tale proget to, ancora una volta e come per Nicolò Eucaliptus, Salvato re Rinella er a contrar io come appare chiaro dal contesto della frase e dall’inciso “a prescindere di chiddu chi dici iddu” (a prescind ere da quello che dice lui, n. d.e.). RINELLA: U sai iddu chi cosa pensa? Siccome, diciamo, eh… come si dice in gergo stupido “ù paisi è du paisanu”, l’ha ‘ntisu diri mai quannu dici “ù paisi è du paisanu e (incomprensibile)”, ed è così, (incomprensibile), che a Bagheria ci sunnu centucinquantamila cristiani, e questo è amico pure di altri amici, è giustu? No chi è amico di sti amici proprio accuddì, nella sua… è misu a banna ca un si strica troppu assai, è d’accussì ANGELA:Uh ! RINELLA:E’ amico, per non è… picchì, sai, c a sanità, chi cosi… siddu è ca… verrebbe ad essere intaccato. Ma siccome iddu ddà ci sunnu avutri, allura iddu che cosa pensa, che prima verrebbero chiddi di Bagheria ANGELA:Iddu sempri… RINELLA:Sempri d’accussì ANGELA:… un vol i dari disturbo La contrarietà del padre Sa lvator e è presto e bene spiegata dallo zio Di ego con un iniziale richiamo ad un detto: “il paese è dei paesani”. Michele Aiello, pu r essendo sempre stato a disposizione di tutti, era di fatto sotto l a competenza della f amiglia mafiosa 394 di Bagheria , motivo per il quale, secondo il pensiero di Salvatore Rinella come sintetizzato da fratello Diego, prima dovevano venire gli interessi e le richieste dei ba gherioti e poi quelli degli al tri uo mini d’onore di altre fam iglie. E ciò anche alla luce del fatto che l’Aiello oper ava nel d elicato settore della sa nità privata e rischiava di essere “intacca to” da tr oppe richieste di a ssunzioni di parenti di mafiosi. Tale conversazione, r egistr ata in contesti territor iali e temporali del tutto auto nomi, corrobora in pieno il pensiero dell’Eucaliptus, come registrato agli inizi del 2003, e raff orza il superi ore convinci mento. A fronte di un contenu to così ineq uivoco e specifico delle richiamate co nversa zioni non appare fondamentale quanto sostenuto dalla di fesa a proposito dell’esistenza di rapporti commerciali tra l’im putato e l’impr esa di commercio di materiali per l’edi lizia dei Rin ella. Non si dubita in alcun modo che tra costoro e l’Aiello vi siano stati anche rapporti comm erciali, dimostrati peraltr o documentalmen te attraverso le f atture prodotte. Il punto è che l’esistenza di tali ra pporti leciti non spiega né giustifica il con tenuto delle conver sazioni suddette che rimane agli atti in tutto il suo porta to probatorio. Né appare neppure così importante financo lo stesso fatto storico della rich iesta di assunzione avanzata da Diego Rinella in favore della nipote (circostanza peraltro a mmessa dallo stesso Ai ello n el cor so del suo esame). Ciò che con ta maggiorm ente è il dato del rapporto esistente tra l’imput ato e la famiglia mafios a di Bagheria che doveva avere l a pre ferenz a nel la sua “gestione” e, soprattutto, la conferma della contrariet à di Salvatore Rinella (di certo più addentro di tutti i familiari negli affari ma fiosi) all’assun zione della figli a presso la clinica dell’imputato per le medesime ragi oni sostenute due anni dopo da Nic olò Eucaliptus in relazione a ll’assunzione del figlio Salva tore. 395 Emerge, cioè, una impressionante convergenza tra le idee dei due capi m afia a proposito dell’esigenza di tutelare l’Aiello da assunzion i inoppo rtune, c ircostanz a che conferma il tipo di rapporto esistente tr a l’imputato e “cosa nostra”. Sotto alt ro profilo il contenuto delle suddet te conv ersazioni intercettate fornisce a nche confe rma dell’esistenza di un rapporto persona le dell’ imputa to con tutti e tr e i fratelli Rinella e cioè n on sol o con Diego e Piero, come sostenuto dall’Aiel lo, ma anche con il latitante Salvatore. Ciò, evidentemente, riscontra le dichiarazioni del collaboratore Giu ffrè e sme ntisce la tesi dell’Aiello che si limita, come sempre, ad ammettere quanto altrimenti dimos trato ovvero quanto no n logi camente nega bile. Le rivelazioni di notizie e la posi zione di Giorgio Riolo All’inizio dell’esame della posizione processuale dell’imputato Michele Ai ello, con specifico riferimento all’imputaz ione pr incipale di cu i al capo a) dell’epigra fe, si è segnalato come questi, nel l’otti ca di un tipico “patto di protezione” con “cosa nostra” e col Proven zano in particolare, avesse assunto su di sé alcune ob bligazioni a titolo di contr oprestazione. Il rapporto instaurato, infatti, era di tipo sinallagm atico, nel senso che prevedeva presta zioni e controprestazioni da parte dei contr aenti. E si è visto come le prestazioni for nite dal sod alizio mafioso abbiano, di fatto, agevolato lo sviluppo delle imprese dell’imputato, condizi onando il mercato e consentendogli di ottenere posi zioni domin anti e va ntaggi economici altrimenti non conseguibili in quei termini ed in quelle proporzioni. E ciò anche ten uto conto del fatto che la protez ione viene offerta e garantita dal lo stesso soggetto che poi rappresenta il pericolo che la rende necessaria. A fronte di tutto que sto, l’ Aiello a veva assicurato alcune controprestazioni costituite da singole elargizioni di som me di 396 denaro, da continui f inanziamenti attraverso il sistema di “messe a posto” appositamente predisposto dal Provenzano ed anche dalla concreta disponibilità ad assumere dipendenti segnalati da esponenti mafiosi. La prova più evi dente dell’importanza del ruolo d i Michele Aiello per “cosa n ostra” è costituit a dal f atto che d ei suoi af fari si è personalmente interessato, per svariati anni, il capo assoluto del sodali zio, Bernardo Pr ovenzano, il quale riser vava tale p rivilegio a pochis simi selezionati soggetti. Ridurre i l ruolo dell’A iello a quello di mero finanziatore del sodalizio, per tanto, risponde ad un’esigenza di frammentazione del quadr o probatorio che, oltre ad essere contrari a agli insegnamenti della Corte regolatrice, finisce per crear e un vulnus nel percorso di avv icinamento alla verità processuale. Egli era certamente un ott imo finanziatore (essend o stato per anni tra i primi contribuenti sicilia ni) e, soprattutt o, un “investimento sicuro” sotto il profilo della continuità nel tempo e delle complessive u tilità. Ma di sicuro la p rincipale attr attiva che l’imputato ha esercitato per il Provenzano era costituita, come spiegato bene dal Giuffrè, dalle cono scenze in a mbito istituzionale , dai rapporti con vari espon enti politici, dalla rete relazionale creat a con amministratori locali, impr enditori e pubblici funzionar i, dall’inserimento nel ricco mercato della sanità privata e, soprattutto , dal la capacità di acquisire notiz ie segrete su indagini in corso. A giudizi o del Colleg io, infatti, è rimasto dim ostrato, in modo chiaro ed inequivocabile, come l’Aiello ab bia, attraverso Giorgio Ri olo, sistemati camente ricercato ed a ppreso notizie coperte da segreto su delicate inda gini in cor so in materia di criminalità org anizzata. Indagini – è b ene chi arirlo fin d’or a e nettamente – rispetto alle quali l ’Aiello non aveva alcun interesse cognitivo personale, nel se nso che si trattava, in ogni caso, di attività inve397 stigative che non riguardavano per nulla né lui né le sue aziende. Tale dato inizia le appare estrema mente signif icativo intanto perché sgombra il terren o da ogni dubbio circa una possibile coinciden za occasio nale di interess i che avrebbe potuto condizionare l’agi re del l’imputato. Michele Aiello, inf atti, si è anche attivamente interessato d i ricercare notizi e concer nenti le indagini in corso su di lui sia per associazio ne mafiosa che per tr uffa ma ciò non ha nulla a che fare con il comple sso sistema di acquisizione di notizie riservate che si sta esaminando e che ha avuto ad oggetto solo ed esclusivamente indagini a carico di alt ri soggetti. Ed allora appa re, fin da subito, chiara la difficoltà di spiegare logicamente una simi le continua e sistematica attività di acquisizi one di in formaz ioni copert e dal segreto circa lo svo lgimento di importantissime attività investigative su “cosa nostra” e su parecchi suoi memb ri a nche di vertice, tra i quali i latitanti Bernardo Pr ovenza no e Ma tteo Messina Denaro. La difesa, invero, non ha fornito alcuna sp iegazione a tale proposito, essendosi impegnata a sottolinea re i dubbi circa la dimostrazione del ruolo di istigator e, specificatamente contestato all’Aiello, ci rca le moda lità di apprensione delle notizie ed, infin e, circa l’effettiva segr etezza di talune di esse. E lo stesso imputato, ad onta delle sue capacità dialettiche ed argomentative, non ha saputo fornire alcun plausibile motivo che lo avrebb e dovuto spingere ad interessarsi per a nni di indagi ni seg rete che non lo riguardavano in alcun modo. Tuttavia, dalle emergenze processuali e dalle confessioni del Riolo si ricava una conti nua e sistematica attività d i ricerca di notizie riservate da parte dell’imputato su fatti e persone che nulla, apparentemente, avevano a che fare con lui. Di questo “fatto conclu dente” si deve pur dare una spiegaz ione e l’unica ch e appare logica mente valida e conforme alle risultanze processuali è quella che è stata for nita dal P.M.. 398 L’Aiello, cioè, sistemati camente apprendeva notizie sulle indagini svolte in modo particolare da parte del R aggrup pamento Operativo Speciale del quale faceva parte il suo principale informatore, Gio rgio Riolo, per poi a sua volta fornirle ai sogget ti coi nvolti dalle indagini medesime. E ciò in adesione al su ddetto patto di protezione che prevedeva, tra le contro-prestazioni che l’imputato era in grado di fornire a “cosa nostra”, proprio q uella –preziosissima e di centrale i mportanza - costituita dalla rivelazione d i notizie segrete. Agli atti è emersa la pr ova palese di tale attività sistematica di acquisiz ione di notizie rilevanti per l’inter a organizzazione posta in essere da parte dell’Aiello. Viceversa, la prova dell’ulteriore passaggio delle notiz ie, dall’Aiel lo ad espo nenti mafiosi, si è avuta piena mente in un solo caso: quello della rivelazione dell’esistenza di una microspia nell ’autov ettura Opel Corsa di pertinenza di Salvatore Eucali ptus. Tale dato inequivocabil e va appr of ondito per la sua centrale importanz a ed allo scopo di fornire una lettura dei fatti quanto pi ù aderente possibile alla r ealtà. Intanto, esso dimostra come la tesi accusatoria – che già si era imposta com e l’unica plausibile in termini di coerenza logica – sia corretta ed abbia trovato conferm a nelle emergenze processuali. L’episodi o pienamente prov ato, invero, dimost ra che la cont inua ed assillan te ricerca di notizie da parte dell’Aiello non era frutto di una semplice, mor bosa curiosità ma della precisa volontà d i app render e importantissimi segreti investigativi da far per venire anche ad esp onenti mafiosi di ra ngo, al fine di eviden ziare l’importanza del proprio ruolo e contribut o. Almeno in un caso, in fatti, l’Aiello, dopo aver appreso la notizia segreta, l’aveva a sua volta fatta pervenire ai soggetti sottoposti alle ind agini, Salvatore e Nicolò E ucaliptus, con 399 ciò determi nando il rinvenimento d i una microspia e la totale perdita d i effi cacia di una importante attività investigativa. Dunque, sotto il profilo oggettivo e funzionale la condotta dell’impu tato è risultata dim ostrata e rivela la sua natura ed il suo scopo. Inoltre, essa, per la sua univocità e chiarezza pr obator ia, i nduce a ritener e estrema mente probabile che tale successivo passaggio d i notizie ad esponenti mafiosi si sia verificato anche in relazion e ad a lmeno alcune delle altre notizie r iservate che saran no ogg etto della prossima disamina. Ciò non toglie che, alla luce delle regole ermeneutiche in premessa r ichiamate e dei ricevuti principi f issati dalla giurisprudenza di legittimità, non può afferm arsi con assoluta certezza che l’Aiell o abbia a sua volta rivelato a nche le altre notizie apprese dal R iolo e da altre f onti a membr i dell’organizzaz ione m afiosa. E ciò pur a pparendo tale dato consequenziale ed estremamente probab ile speci e in alcuni casi in cui i sintomi dell’ulteriore ri velazi one risultano molteplici e le connessioni temporali estremamente significative. Del resto, lo stesso P.M. ha sostanzialmente fatto propria questa impostazion e interpretativa , come si rileva dalla stessa lettura del cap o A) della rubrica nel quale si fa riferimento a notizie “che lo stesso Aiello trasferiva, almeno in parte, ad altri esponenti mafiosi tra i quali Eucaliptus Salvatore…”. Pertanto, in conclu sione di t ale premessa può aff ermars i che l’Aiello ha, in modo attivo e continuativo, ricercato notizie attraverso princip almente il Riolo e che certamente in un ca so le ha, a su a volt a, rive late agli esponenti m afiosi interes sati dalle indagini (Salvat ore e Nicolò Eucaliptus) e con notevole probabilità lo ha fatto anche in altri casi. Di certo egli costituiva u n fondamentale canale d i apprensione di notizie riservate sulle sull’orga nizzazione m afiosa . 400 indagini in cor so Ciò conferma qu anto r iferito dal Giuffrè e da altri collaboratori cir ca il fatt o, not o negli am bienti di “cosa nostr a”, c he il Provenzano avesse una fonte segreta e che attingesse notizie riservate “da Bagheria”. Ciò posto, va detto che i vari episodi di rivelazione di notizie segrete da parte del Riolo all’Aiello costituiscono, ad un tempo, l’oggetto speci fico delle contestazioni del reato di c ui all’art. 326 cod. pen. n onché un contributo rilevante ai fini delle contestazioni di cui ai capi A) per l’Aiello e C) per il Ri olo. Sotto il profilo dell ’anali si probator ia, tutti gli episodi di rivelazione n ascono dalla confessione inizialmente resa, in modo del tutto aperto e cr edibile, dall’imputato Giorgio Riolo. Questi già verso la metà del 2003 aveva dato segnali chiari di viva preoccupazi one per la piega che le cose stavano prendendo, sentiva forte il rimorso per aver r ivelato al Borzacchelli la notizia dell’esistenza di microspie in casa Guttadauro e temeva di poter essere sospettato di tale rivelazione, posto che l e micr ospie erano state r invenute. Aveva, cioè, inizi ato un percorso personale di rivisitazione critica delle sue cond otte e del suo ruolo di pubblico ufficiale e servitore dello Stato. Tale percorso aveva subito una violenta acceler azione a partire dal giorno dell’a rresto, avvenuto il 5 novemb re 2003 , tanto che i l Riolo aveva subito una vera crisi di identità e d i valori che lo aveva portato a rimettere in discuss ione tut ta la sua vita. I sentimen ti di profonda vergogna e di pentimento nei confronti delle Istituzi oni e la consap evolezza di avere sostanzialmente tradit o il giur amento di fedeltà allo Sta to ed all’Arma dei Ca rabini eri gli avevano causato una vera e propria “sindrome depressiva maggior e”, come diagnostica to dal dottore Maurizi o Marg uglio nella perizia in atti. 401 Tale con dizione psicologica ed interiore, tuttavia , a giudizio del peri to (cfr. udienza del 1 0.10.2006), non gli aveva impedito di ricordare e riferire compiutamente gli accadimenti né di mantenere il co ntroll o di sé e della sua volontà. In termin i gen erali, non a veva “in alcun modo compromesso le sue capacità intellettive, volitive e di memoria” (cfr. Margu- glio). Uno dei riflessi di tal e situaz ione personale del Riolo, certamente il più signif icativo ai nostri fini, è costituito dal fatto che questi, nel corso di più interrogatori successivi ed attraverso un m emoriale dallo stesso redatto e consegnato a i PP.MM., abbia deciso di confessare tutte le sue responsabilità penali e di chiamare in causa altri soggetti coinvolti nei fatti. Una delle prime confessioni riguardava la rivelazione a Michele Ai ello, nel corso degli anni, di moltissime notizie concernenti le atti vità che il R.O.S. dei Carabinieri conduceva nelle provi nce di Paler mo e Trapani, ed, in particolare, quelle finalizzate alla cattura dei latitanti di mafia Bernar do Pro- venzano e Matteo Messina Denaro. Tali rivelaz ioni costituiva no fatti penalmente rilevanti assolutamente scon osciuti agli inquir enti e dei quali il Riolo stesso non era a ccusato né sospettato all’atto del suo ar resto. Tale circostanza va a deguatamente considera ta anche alla luce dei sopra r ichiam ati insegnamenti della giur isprud enza di legittimità. Giorgio Riolo non si è l imitat o ad ammettere uno o più fatti dei quali era già sospettato ed in ordine ai quali si era già cristalli zzato un autonomo quadro probatorio od anche solo indiziari o. Egli ha, compiutamente e per la pr ima volta , descritto innumerevoli epi sodi di reato dei quali i rappresentanti della Procura della Repub blica e gli investigatori non avevano alcuna conoscenz a. 402 Tali confessioni oggi costituiscono l’ossatura ce ntrale non solo del reato-fine di rivelazione di no tizie segr ete ma anche dei reati associati vi di tipo mafioso, ad ulteriore dimostraz ione dell’asso luta rilevan za delle dichiar azioni rese dall’imputato. Quanto al contenuto di dette conf essioni, l’esame specifico dei singoli episo di dimostra com e pressocchè ogni aspetto in punto di fatto riferito dal Riolo sia risultato vero e riscontr ato dalle ulteri ori emergenze processuali. Ciò comp rova, ancora una volta, la sincerità dell’atteggiame nto dell’imputato il quale, almeno inizialm ente, ha i nteso dimostrare il suo autentico ravvedimento attraverso la piena confessione di ogni sua colpa. Sotto il profilo d ell’uti lizzab ilità dei singoli mezzi di prova, va segnalato che i verbali degli inter rogatori resi dal Riolo nel corso del le indagini preliminari e d egli esam i resi nei collegati processi di pr imo grado a car ico del Borzacchelli e de l Miceli so no confluiti, sull’accordo delle parti, all’interno del fascicolo del dib attimento. Gli ste ssi, tuttavia, sono pienamente utilizzabili nei confronti del solo Rio lo posto che per tutti gli altri imputati, che non hanno prestato il consenso, l’utilizzabilità è sogget ta alle restrizioni previ ste dal codice di rito. Assolutam ente utilizzabile, invece , proprio per la sua intrinseca natura documentale , è il memoriale redatto dal Riolo e spontaneamente of ferto all’A.G. che, come si dirà , presenta alcuni co ntenuti di sicuro rilievo. Ciò premesso, l’analisi d el complessivo comportamento processuale d el Riolo va estesa anche alla fase di battime ntale dove le cose si sono evidentemente complicate. Il mancato consenso espresso dall’ Aiello all’utilizzazione dei verbali e l’obiettiva complessit à dei temi affrontati hanno determinato la necessità d i un lungo e faticoso esame dibattimentale (protrattosi per svariate udienze) da parte del Riolo, il quale talora ha mostrato segni di stanchezza e si è co n403 traddetto costrin gendo il P. M. ad operare numerose contestazioni. Per buona pa rte di ta li contestazioni il Riolo ha finito per confermare, si a pu re faticosament e, il contenuto delle proprie iniz iali dichiar azioni. Solo in alcune circostanze l’ imputa to ha mostrato segnali definitivi di con traddi zione ed ha reso dichiar azioni sostanzialmente diverse da quelle inizi almente riferite e già in altre sedi confermate. In tutti i casi si tr atta, assai signif icativamente, di dichiara zioni c he riguardano la posizione del coimputato Michele Aiello, al quale il Riolo è stato legato da un vincolo assai forte e comp lesso. L’Aiello, infatti, ha d a se mpre eserc itato una fortissima capacità di co ndizionament o dell’assai più fragile Riolo fondata sia su caratteristiche soggettive indicative d i maggior e personalità, che sull a posizione socio-economica e sugli str umenti intellettuali e di convincimento. Egli, in un a parol a, è stat o capace di rappresentarsi al Riolo in un modo assai diverso da quello reale, dimostrando di e ssere suo amico senza esserlo, f acendosi pa ssare per vittima di richieste di pi zzo e di varie form e di minacciose pretese da parte d ella mafia, descrivend o fantomatici complotti ai suoi danni orditi da gruppi e da par titi politici a lui contrapposti ed inducendo in lui la cer ta convinzione che si t rattasse di una “persona per bene” ed al di sopra di ogni sospetto. Per comprendere appieno l’esistenza di un r apporto così sbilanciato tra i due, appare fondamentale la conoscenza diretta, o quantomen o documentale, delle rispett ive deposizioni degli imputati. Laddove il R iolo è risultato fragile e talora confuso e sta nco, l’Aiello ha sem pre dimostrato la s ua fredda lucidità, senza mai perdere il contro llo ed attenendosi, con glaciale determinazione, nonostante otto lunghe udienza e circa quaranta ore 404 di esame dibatti mental e, alle linee guida della sua nuova linea di difesa, improntata al sosta nziale r idimensionamento di tutte le amm ission i fatte durante i primi interr ogatori. Tali asp etti caratteriali unitamente alle emergenze re lative ai fatti pe r cui è p rocesso, sp iegano come l’Aiello sia stato nelle condizion i ed abbia in concreto strumentalizzato il Riolo, inducendolo, anch e con gratif icazioni materiali e con aspettative fortemente condizionanti, a f idar si di lui ed a rivelargli notizie riservate. Tale con dizion e integra pienamente, a giudizio del Tribunale, i carat teri legal i tipici del ruolo di istigator e, specificatamente contestato all’Ai ello i n rela zione all’attività di acquisizione di notizi e da parte del Riol o. Intanto, perché n on si tr atta di casi spor adici ed isolati m a di continue e sistemati che richieste di notizie dura te per oltre quatt ro ann i. Circostanza del tutto incom patibile con l’evento casuale, con la mera curi osità all’i nterno di un rapporto di amicizia o con il “parlare del più e de l meno”. Inoltre, il ri corso a frequenti incontri, quasi semp re sollecitati dall’A iello stesso, nel corso di ognuno dei qua li ques ti chiedeva al Riolo “cosa fate di buono?” c on riferimento a l R.O.S. dei Carabi nieri ovvero “tu cosa fai di bello?”, sempre in relazione al le attivi tà investigative in corso di esecuzione da parte sua, appare univocamente indicat ivo di una precis a e deliber ata in tenzio ne di venire a conoscenza di indagini riservate. Come vedr emo dur ante l ’esame dei singoli casi, talora, addirittura, l’Aiello veicola va gli argom enti che intendeva approfondire col Riolo, ini ziando lui a pa rlare in ter mini negativi di qualche mafio so (come l’Eucaliptus o il Filippo Guttadaur o) per carpire qualche indi screzione circa eventuali attività investigative in corso in quel frangente. 405 La lettura complessi va di tali modalità concrete di condotta alla lu ce dell’intero contesto probatorio esclude l’ammissi bilità, anch e solo a livello ipotetico, che si tra ttasse di semplici scambi di co nvenevoli tra vecchi amici o di mera curiosità. Anche perché agli atti risulta l’esistenza di un rapporto di collaborazione, di scambio di fa vori e prestazioni ma ne ssuna indicazio ne dell’esistenza di un r apporto di amicizia tra il Riolo e l’Aiell o, il quale teneva vicino a sé il primo per ragioni pratiche ben determinate dandogli in cambio non amic izia ma posti di lavoro e prestiti senza vincolo di restituzione. La difesa del Riolo, per altro verso, ha messo in luce la diff icile posizione del suo assistit o che, all’epoca dei fatti, sar ebbe stato un “eroe nascosto” autore di imprese investigative di primo pi ano ma, suo malgrado, costretto all’anoni mato dall’assolvimen to di comp iti per definizione segreti e che, in nessun caso, po tevano esser e resi noti a terzi. Ma se così stavano realmente le cose, allor a davver o non si comprende la ragione per la qua le il Ri olo, pur c ostretto all’anonimato ed alla tota le riservatezza, rifer isse per filo e per seg no al l’Aiello m oltissime delle indagini che stava svolgendo mentre queste erano ancora in corso e, quindi, segretissime. Eppure una spiegazione di tale continuativa attività di rep ortage di notizie riservate – quella che, con espressione davvero adeguata, il P. M. ha definito una sorta di “alternativo mattinale” – ci doveva essere e, certamente, non è stato fornito dall’Aiel lo, il quale ha minimizzato e banalizzato tutto relegandolo alla stregua di uno spora dico chiacchiericcio tra amici. L’autenti ca m otivazi one di tali condotte e l’unica che sia supportat a da un ragi onamento logico e cor robora ta da lle prove i n atti è proprio q uella sostenuta con efficacia dalla pubblica accusa . 406 Dunque, agli atti vi è la prova delle motivazioni individuali (le assunzioni della moglie e del fratello, l ’aiuto e l’inserimento in un circu ito relazionale di elevato livello), delle modalit à induttive della condotta dell’Aiello, del suo car attere contin uativo e sistemico e della necessità di una spiegazione logi ca e con vincen te della stessa che non può che coincidere univocam ente con la tesi a ccusatoria. Tale complesso rapporto fortemente condizionante, con t utta evidenza, h a finito p er influire sulla fragile personalità del Riolo anche durante il dibattimento di primo grado. Nel corso d el processo, i nfatti, ha dapprima r eso il suo lunghissimo esame l’Aiello, il quale evidentemente con le sue dichiarazioni ha cond iziona to anche alcuni passa ggi del successivo esame del Rio lo. A tale conclusione si deve pervenire necessa riamente visto che le uniche divergenze palesate dal Riolo in dibattimento, rispetto alle sue ini ziali deposizioni, riguardano solo ed unicamente l’Ai ello e che le correzioni di tiro si sono perfettamente ad eguate e conformate alle pr ecisazioni che quest’ult imo ha fatto nel corso del suo esame . Si tratta di un duplic e cambio di atteggiam ento processuale che può ind urre il sospett o di un accordo esplicito tra i due imputati, in consid erazione delle rilevanti similitudini de lle modifiche riscontrate che fanno ri tenere quasi sovrapponibili le nuove dichia razion i. Tuttavia, ad un esame pi ù attento emergono immed iatamente delle differenz e sostanziali legate solo in parte alle maggiori capacità indivi duali dell’Aiello r ispetto al Riolo. Il cambi o di linea difensiva dell’Aiello, invero, non solo app are posto in essere con ben maggiore lucidità e freddezza ma risulta i nteramente mirato a sovvertire le ammissioni che l’imputat o aveva reso subit o dopo l’arresto. 407 Ammissioni evidentemente rese al chiaro fine di ottenere solo dei benefici processuali senza alcun segnale di sincera resipiscenza, anche solo parziale. Non che l’imputato, ovviamente, fosse tenuto a d amm ettere i fatti né a confermare in aula le ammissioni rese, ma il cambio totale del contenuto d elle proprie dichiara zioni, con la presunzio ne di essere creduto, appare davvero ina ccettabile. L’Aiello, in oltre, in modo assoluta mente legittimo e proceduralmente ineccepibile, non ha acconsentito all’utilizza zione nei suoi confron ti dei verbali di interrogator io e di esame resi dal Riolo, con ciò di fatto modificando la piattaforma probatoria emersa all’esito delle indagini. E se è vero che uno dei principi generali de l codice del 1 989 si fonda sull’affermazione che “la prova si forma in dibattimento”, l’oper azione messa in campo dall’Aiello sembr a essere stata quella di “eliminare la prova in diba ttimento”. Operazion e che prevedeva in primo luogo il suo netto revirement in tema di ammissioni fatte nel corso delle indagini e, subito dopo, un sosta nziale tentativo di ridimensionamento dei fatti e delle accuse nei suoi confronti anche da parte del Riolo. Questi, dal canto suo, si è prestato a tale complessivo dis egno solo in minima par te, nel senso che, in sede di esame dibattiment ale, ha in qualche caso effettivamente cerca to di adattare le sue risposte a quelle che l’Aiello aveva reso qualche udien za pri ma di lui in aula. Ma è pur vero ch e, a seguito delle contestazioni d el P.M., il Riolo ha poi d i fatto conferm ato buona parte delle sue p recedenti dichiaraz ioni a ccusatorie. Ed è an cor più ver o che ha chiesto, attraverso la sua difesa, di acquisire agli atti del dibattimento tutti i verbali dei suoi interrogatori n onché l e trascrizioni dei suoi esami dibatt imentali resi nel corso dei due processi collegati, uno nei co n- 408 fronti dell’ex maresci allo Borzacchelli e l’a ltro di Domenico Miceli. Tutte prove pien amente utilizzabili quantomeno a suo carico per effetto del con senso prestato da l P.M. sulla sua richiesta, cosa che rende assai diverso il comportamento processuale del Riolo rispetto all’Aiell o. Ed invero, in tal modo il R iolo ha certamente dimostr ato d i non avere la stessa pervica cia dell’Aiello nel voler sovvertire del tutto il materiale pr obator io ma, ancora una volta, ha mostrato tutta la sua fragilità cara tteriale da ndo prova di essere ancora invo lontar iament e succube del potere di condizionamento esercitato su di lui da Michele Aiello. Egli, in sostanza, n on ha inteso cambiare le carte in tavola sperando di ottenere ulter iori benefici processuali per sé (oltre quelli ottenu ti nel corso de lle indagini a seguito delle ammissioni) ovvero p er il coimputato Aiello ma ha solo, per limiti personali, cercato di adegu are le propr ie risposte a quelle di q uest’u ltimo, probabilmente per un eccesso di malriposta gratit udine o p er qualche altro motivo del tutto irrilevante. Viceversa, l’atteggiamen to dibattimentale dell’Aiello è risultato univoca mente fi nalizzato a tali scopi che, no nostante i continui sofismi , le pr ecisazioni e le puntualizz azioni dell’impu tato, sono apparsi di sol ar e evidenza. L’imputato, difatti , dapprima aveva sollecitato il P.M. ad effettuare una serie di inter rogatori mentre si trovava in stato di custod ia cautelare in carcere ed aveva fa tto delle amm issioni che, prob abilmente, hanno contribuito a far gli ottenere la misura degli arresti domiciliari (che “scontava” presso una elegante villa sul ma re). Poi in dibattimento , invece, le smentiva sistematicament e con una lunga sequela di mancate conf erme alle continue contestazioni operate dal P.M.. 409 Ovvero le puntualizzava in continuazione ridimensionandone il significat o probator io, svalutandone la portata e, di fatto, trasforma ndole in mere constataz ioni o in prese d’atto del tutto ininfluen ti dal punto di vista processuale. Ciò si è sistem aticam ente verificato specie in relazione a due argomenti del presente processo: da un lato le fughe di notizie rig uardan ti le indagini a suo carico e, soprattutto, le n otizie apprese dal Rio lo e concernenti indagini a carico di altri soggetti appart enenti a “cosa nostr a”. In particolare, laddove l’Aiello nei suoi primi interrogatori aveva conferm ato di avere ricevuto notiz ie segrete dal Riolo su indagini in quel momento in pieno svolgimento (e pertanto segrete) sia pure in veste di amico e senza alcun intere sse recondito, nel corso del suo esame dibattimentale nega va di aver chiesto o comunque ottenuto dal Riolo notizie di qualsiasi gen ere. Un esempio di ta le netta smentita si ricava a proposito di notizie rig uardan ti la latitanza di Bernardo Provenzano e di Matteo Messina Denaro : AVVOCA TO MONACO: “Senta, lei ha mai saputo appunto di indagini svolte dai ROS e finalizzate alla cattura dei latitanti Provenzano Bernardo e Messina Danaro Matteo? AIELLO MICHELE: Mai, nella mani era pi ù asso luta”. Sotto altro profi lo si deve necessariamente concor dare con quanto sosten uto dal P.M. a pr oposito di due principali modalità cui l’ Aiello h a fatto sistematicamente ricorso per “aggiustare” le propr ie iniziali dichia razioni parzialmente ammissive. La prima di dette moda lità consiste nella modifica del contenuto ovvero dell’ogget to delle notizie apprese dal R iolo, ovviamente so lo in quei casi nei qua li egli si trova va costr etto ad ammettere di averl e ricevute. 410 In sostanza, l’imputato ridimensionava la portata dell’oggetto della notizia ricevuta, di modo che non si trattasse più di un’autent ica rivelazione di un f atto segreto ma di un dato vago e generico ed in concreto poco significativo. Con una certa capaci tà dia lettica, l’Aiello, ad esempio, tra sformava la noti zia che un determinato soggetto fosse iscritto nel registro degli indagati nella insignificante e generica notizia che qu esti fosse “attenzionato” dagli inq uirent i ovver o l’altra notizi a con creta della presenza di una telecamera in un determinato luogo in quella p riv a di valore della probabile esistenza di no n megl io precisati “apparati tecnici”. Ma, in tutti i casi, si è sempre trattato di tentativi scoperti ed evidenti, di gu isa ch e essi non meritano alcuna considera zione sul piano della coerenza logica e del valore probante. La seconda modalità cui ha fatto r icorso l’Aiello consiste nel postdatare sistematicamente il momento acquisitivo delle notizie rispetto a quanto ri ferito ne l corso delle indagini pr eliminari, all’evidente final ità di renderle ormai vuote di significato e prive di ri levanza penale in quanto già conosciut e e divenute di pubblico do minio. Anche in questo caso , dunque, si tratta di un’operazione dialettica chiaramente indi viduabile ed univocamente finalizza ta a privare le notizi e apprese del car attere di segretezza, posto che ormai esse erano state rese note. Le rivelazion i, in tal modo, sarebbero divenute innocue e le notizie non pi ù segr ete, di guisa che esse non avrebbero potuto integrare il reato specifico (ar t. 326 c.p.) per inidoneità della condotta nè co stituire un apporto idoneo ed indicativo della partecipazione all’associazione mafiosa . Sotto questo pr ofilo n on può davvero dubitarsi degli s copi (l’effett o di obiettivo depotenziam ento delle fattispecie e la tendenza verso l’i nidoneità penale delle stesse) ai quali risulta ispirato il mutato atteggiamento processuale dell’Aiel lo. 411 Per calare nella real tà processuale le tematiche che si stanno esaminando, bast a richia mare alcune contestazioni operate dal P.M. e verificare il sostanziale mutamento delle risposte dell’impu tato: PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: … può s piegare al Tribunale perché Riolo le dava tutte queste informazioni, queste notizie sulle attività del suo reparto di appartenenza? AIELLO MI CHELE: Guardi, andiamo a vedere un pochettino le notizie che mi ha dato lui, e le andiamo a mettere nel tempo. Per quanto riguarda tutto quello che riguarda Borzacchelli e Eucaliptus, e l’ho spiegato ampiamente già in quattro udienze perché me l’ha detto e perché lui m’ha fatto quel discorso. Poi credo che di altre notizie per quanto riguarda il guasto ENEL davanti alla mia… al mio deposito e… ne abbiamo parlato, e poi di altro non credo che ci sian o altr e notizie che mi abbia potuto dare… che mi ha dato… non ce ne sono nella maniera più assoluta. Confermo Eucaliptus che ne abbiamo parlato, confermo che abbiamo commentato l’arresto del signor Rinella, ma di altro non c’è a… non c’è niente. PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: Senta, lei invece il 19 Maggio 2004 sul punto ha dato un’altra risposta, diversa, gliela leggo. Lei diceva le viene chiesto: “Senta, perché le faceva questi racconti, eccetera, eccetera” e lei dice: “Ma guardi a mente serena direi che quando uno vuole dimos trare di e ssere una persona che ha fatto tanto di quelle cose perché non riesco… non riesco a capire io ancora tu tt’oggi perché faceva”. Poi le viene c hiesto, appunto: “Ma perché le faceva tutte ste storie?”. “Non lo so, ditelo, chiedetelo a lui”. “E lei perché se le faceva raccontare?”. “Non è che io me la fa cevo raccontare o gl ieli chiedevo, lei deve pens are non lo so, non le saprei dire io, non le 412 saprei dire perché me li racco ntava”. Che è una risposta oggettivamente diversa da quella che lei ci ha fornito… Tale passaggio della lu nghissima deposizione dell’Aiello, come detto dura ta ci rca 40 ore, ha valore esemplificativo del costante attegg iament o processuale assunto dall’imputato. Esso, i ntanto , ren de p alese il tentativo di aggiustamento strumentale delle proprie precedenti ammissioni, la minimizzazione del loro conten uto e, soprattutto, la ma ncata presa di posizione final e rispetto a lla contestazione avanzata ed all’evidente contrast o tra le sue due dichiarazioni. Quasi mai, infatti, l’imputato, a seguito d elle decine di contestazion i ava nzategl i dal P.M., si è limitato a confermare o smentire le sue precedenti affermazioni ma ha sempre cer cato di puntualizzare, di chiarire meglio il senso del proprio pensiero di f atto tra sformandolo in un altro pensiero significativamen te diverso. Ed è proprio la parte seg uente del passaggio dianzi richiamato testua lmente che d à ripr ova di tale atteggiamento: PUBBLICO MINIST ERO PR ESTIPINO: … Interpretazione. Durante l’interrogatorio del 19 Maggio le è stata fatta la stessa domanda, lei ha dato una risposta che è oggettivamente diversa da quella che ha dato oggi, allora di fronte a questa risposta diversa io le ho fatto la contestazione. Il meccanismo processuale prevede che lei prima mi… ci dice se con ferma o non conferma la dichiarazione che le viene contestata, poi naturalmente può offrire tutte le spiegazioni che vuole. Lei questa… queste cose c he ha detto il 19 Mag gio 2004, oggi le c onferma o no? AIELLO MI CHELE: Io non li confe rmo … “. Il suddetto stralcio de ll’esame dell’Aiello a ppare vieppiù significati vo proprio perché si tratta di un acceso dialogo tra il P.M. e lo stesso imput ato, nel cor so del quale questi è stato messo dura mente d i fronte alla necessità pr ocedur ale di fo r413 nire o meno una conferma delle p recedenti dichiarazioni oggetto di contestazion e mediante lett ura. E, dopo innumerevoli t entativi di puntualizzare e precisare meglio, l’Aiello è stato costr etto a rispondere dicendo “non li confermo”. L’esame delle trascrizioni dell’intero esam e dibattimentale dell’impu tato, p oi, dà piena contez za di tale costante atteggiamento e, per tale ra gione, è opportuno farvi un formale richiamo. Sotto altro profilo, o ccorre precisa re che le contrastanti dichiarazioni rese dal l’imputato vanno, in ogni caso, valutate alla luce dei para metri normativi e dei criteri interpretativi fissati dalla C orte re golatr ice. E, trattandosi di casi di evidente contrasto in terno deve procedersi ad u na valu tazione critica delle divergenti tesi sost enute dallo stesso Aiel lo fino a per venire, secondo un logico ragionamento probatorio, all’individuazione di una ipotesi preferibile. Tale articola to ragionamento proba torio non può che prendere le mosse dalle sopra richiama te motivazioni sottese al cambio di strat egia processuale. Appare, infatti, eviden te che tali motivazioni non coincidono con un miglio re ricordo, con un’analisi “a mente fredda” ovvero con un senso di r esipiscenza frutto di una pe rcorso di crescita interiore. Esse, al con trario, s ono la palese espressione concreta di un preciso piano stra tegico basa to su due momenti fondamentali: in pr imo lu ogo quello immediatamente successivo all’arres to nel quale l’esigenza primaria era di ottenere be nefici sotto form a di misure alternative alla detenzione e di accreditars i come so ggetto , sia pur e solo in parte, collaborat ivo. Dopo l’ot tenimento di t ale obiettivo, l’Aiello in dibattimento depotenzi ava i l valore sostanziale delle proprie precedenti 414 ammissioni, secondo lo schema dia nzi richiama to, fino a renderle praticamente in significanti. Già partendo, dunque, dalla mera disamina delle motivazioni sottese al m utato atteggiam ento pr ocessuale dell’Aiello risulta maggiormen te credibile quanto riferito dall’imputato nelle sue iniziali deposizi oni. Pur se vizia to dal recondito scopo di ottenere benefici, infatti, il contenuto delle sue inizia li dichiarazioni è rimasto sempre nell’a lveo delle parz iali e limit ate ammissioni, di talchè non può di certo s ospett arsi che le stesse siano state arta tamente sup erfetate al solo fine di gr atificare gli inquirenti. Né può seriamen te sostenersi, com e ha fatto l’imputa to, che tali iniziali ammissioni siano state del tutto condizionate dalle inumane co ndizio ni carcer arie e dallo stato di prostrazione psicologica in cui versava l’Aiello. Ed invero, pur compr endendo i disagi connessi allo stato detentivo, nel caso in esame va posto in risalto come l’Aiello abbia trascorso in carcere un temp o così breve (circa quattro mesi) da far apparire incongrua la tesi del condizioname nto specie su un soggetto deter minato come lui. Ma la circostan za che sgom bra il terreno da qualunque dubbio od insin uazion e a tale proposito è que lla connessa al dato obiettivo ed indubitabile della successiva conferma delle iniziali dichiarazioni anche dop o la fine del periodo di de tenzione. L’Aiello, invero, risulta docum enta lmente aver conf ermato e ribadito le proprie iniz iali ammissioni anche quando si trovava “detenuto” agli a rresti domiciliari presso l a sua vill a al mare dotata di ogni comodità. In una condiz ione psicologica ed in uno stato che di certo qualunque normale detenuto agogn erebbe, posto che si tratta pur sempre di un per iodo da com putare quale custodia ca utelare “sofferta”. 415 E, di certo, in condiz ioni non solo tutt’affatt o che disumane ma assolutamente confortevoli e rasserenanti, cos a che smentisce categ oricamente la tes i a ncora una volta falsamente vittim istica dell’ imputat o. Il mutamento della stra tegia processuale, dunque, non si è verificato al momento dell’ottenimento degli a rresti domiciliari, ma a qu ello successivo (16 luglio 2004) d ella chiusur a delle indagini preliminari e del d eposito int egrale degli atti. In tale fase, in fatti, l’ Aiello ha potuto studiare a fondo ogni singolo in cartamento, l ’inter o compendio delle inter cettazioni telefoniche sulla rete riservata, le accuse avanzate nei suoi confronti dal Riol o e pred isporr e, con certosina pazienza degna di miglio r cau sa, un art icolato ed artefatto reticolo di “contro dichiarazion i” e di puntualizzazioni in grado di ri dimensionare il senso e la portata probatoria d elle proprie in iziali dichiaraz ioni fino a renderle del tutto prive di valore. Ed allora appare chiaro come l’attendibilità di tali ultim e dichiarazioni si a de l tut to pr egiudicata dall’adozione di una posizione esclusivamente str umentale ed utilitar istica che nulla ha a che vedere con la ricerca della verità processuale, sia pure attraverso l e parole di un imputato. La ripr ova di t ale circostanza si ottiene confrontando tutte le dichiaraz ioni rese dall’i mputato nel corso del tempo, i cui verbali sono stati deposi tati in atti ovvero hanno formato oggetto di contestazion e. Ed allo ra ap pare eviden te come fino all’ avviso di chiusura delle ind agini prelimin ari - del 16 luglio 2004 - l’Aiello abbia mantenuto una lin ea coerente confermando le prime dichia razioni rese. Mentre, a parti re dalla prim a occasione utile successiva a tale specifico e ben indi viduato m omento - e cioè la deposizio- ne nell’ambito del dib attime nto a carico di Antonio Borzacchelli – eg li abbia modificato il contenuto delle sue iniziali 416 ammissioni che, poi, ha pervicacemente reiterato fino al momento del suo esame dibattim entale in questa sede. A ciò d eve anche aggiungersi che, in tutti i ca si di evidente contrasto tra le varie dichiaraz ioni rese dall’ imputato, q uelle iniziali, sotto l’aspetto contenutistico, sono sembrate sempre più credi bili e veros imili di quelle successive. Da ciò di scende che sia sotto l’a spetto delle motivazioni, che delle mod alità comples sive co n le q uali ha avuto luogo il mutamento del l’atteggiamento processuale che, infine, sotto quello p rettamente contenutistico le prime dichiarazioni rese dall’Aiel lo app aiono di gran lunga più attendibili e veritiere. Di tale valutaz ione d eve te nersi conto nell’e samina re il merito delle dichiarazioni rese da p arte dell’imputato, nella piena consapevolezza dei lim iti probatori connessi all’ipotesi di contestazioni non conf ermate ma con la sicura convinzione che il difficile compito del giud izio non possa ma i prescinde re dal princip io genera le del liber o convincimento di chi è chia mato a renderlo. Per quanto attie ne, poi, alla posizione del Riolo, pur trattandosi di un caso assolu tamente diverso da quello dell’Aiello per le ragioni che si sono già esa minate, vale lo stesso criterio interpretativo di maggiore attendibilità delle prime dichi arazioni rese. Tuttavia, va evi denzia to com e il Riolo in parecchi casi ab bia finito per confermare le sue precedenti dichia razioni e, comunque, non n e abbia mai capovolto il senso o svalutat o la portata, l imitan dosi a degli isolati tentativi di fornire chiarimenti, gu arda caso, sempre f avorevoli all’Aiello. Sulla scorta anche di queste premessa metodologica può, dunque, pa ssarsi ad esamina re il quadro delle risultanze relative alla rivela zione si stematica di notizie da parte del Riolo ed in favore dell’Aiello. Poiché la fonte primaria della comp lessa ricostruzione è sempre costituita dalle dichiar azioni confessorie dello stesso Rio417 lo (e dalle p arzial i, e successiva mente modificate conferme , dell’Aiel lo), la suddetta premessa metodologica appar e di si- curo rili evo. E, proprio partendo da essa è possibile afferm are che, sia pure tra momenti d i incertezza e manifesta zioni di stanche zza e di fragi lità, l ’assun to del Riolo è risultato sincer o e convincente. Attraverso un esame glo bale di tutte le emergenze processu ali ed alla luce di un giud izio complessivo e non fram mentato, si perviene al con vincim ento dell’autenticità del nucleo essenziale delle confessioni del Rio lo. Autenticità che deriva inna nzitut to dalle motiva zioni interior i che hanno indotto il sottufficiale del R.O.S. a fare una severa autocriti ca circa i pro pri err ori ed a torna re, for se per l’ultima volta, a vestire i panni del pubblico ufficiale. Dunque, motivazioni comp letamente diverse da quelle utilita ristiche e stru mental i dell’Aiello m a, al contrario, fondate su un autentico esame di coscienza e sul tentativo di chiedere idealmente scusa alle Istituzioni ed all’Arma dei Carabinieri che il Riolo sapeva bene di avere tr adito. A tale ri guardo, seco ndo il giudizio del Tribunale, appare intriso di u n’elevatissim a valenza probatoria il memoriale scritto in carcere d allo stesso Riolo. In esso, tra l’altro, si legge: “Ho chiesto di essere sentito una ultima volta perché sento la necessità morale di ammettere in maniera completa le mie responsabilità anche per fatti che, come molti di quelli di cui ho già riferito, non mi sono stati contestati. Le mie resistenze nel conf essare tutto non dipendono dal tentativo di nascondere le mire responsabilità ma solamente dalla vergogna che pro vo per il mio inqualificabile comportamento. Ho vergogna nei vostri conf ronti, nei conf ronti di mia moglie, dei miei figli e dei miei familiari ma, soprattutto, nei confronti dell’Arma dei C.C. nei c ui valori ho creduto e credo tuttora e 418 per la quale, credetemi, ho lavorato con abnegazione per tantissimi anni. Posso s olo dire che risento una persona inqualificabile, che mi sono lasciato attrarre da un mondo fatto di giochi di potere, denaro e malaffare che non mi appartiene. Ho stupidamente creduto di potere fare il mio lavoro di sempre e, contemporaneamente, di poter usare le mie conoscenze per millantare ed ottenere il favore dei vari personaggi di cui ho parlato negli interrogatori precedenti e cioè di Aiello, Carcione e Cuf faro”. “Ho chiesto di essere sentito una ultima volta perché sento la necessità morale di ammettere in maniera completa le mie responsabilità anche per fatti che, come molti di quelli di cui ho già riferito, non mi sono stati contestati. Le mie resistenze nel conf essare tutto non dipendono dal tentativo di nascondere le mire responsabilità ma solamente dalla vergogna che pro vo per il mio inqualificabile comportamento. Ho vergogna nei vostri conf ronti, nei conf ronti di mia moglie, dei miei figli e dei miei familiari ma, soprattutto, nei confronti dell’Arma dei C.C. nei cui valori ho creduto e credo tuttora e per la quale, credetemi, ho lavorato con abnegazione per tantissimi anni. Posso s olo dire che risento una persona inqualificabile, che mi sono lasciato attrarre da un mondo fatto di giochi di potere, denaro e malaffare che non mi appartiene. Ho stupidamente creduto di potere fare il mio lavoro di sempre e, contemporaneamente, di poter usare le mie conoscenze per millantare ed ottenere il favore dei vari personaggi di cui ho parlato negli interrogatori precedenti e cioè di Aiello, Carcione e Cuf faro”. … “Posso so lo dire e spero che vogliate credermi che, pur ammettendo di essere stato un infedele servitore dello Stato, non ho mai inteso aiutare la mafia. 419 Come ho detto non ho mai creduto che Aiello potesse essere mafioso e tantomeno che personaggi come Cu ffaro, Borzacchelli, Carcione e Greco potessero essere mafiosi o vicini alla mafia. Speravo di inserirmi in questo mondo squallido per poter ottenere anche io qualche beneficio di tipo economico o comunque derivante dall’amicizia di personaggi potenti ed influenti. So bene di avere sbagliato e non cerco né chiedo giustificazioni per il mio comportamento”. Il Riolo, du nque, si è reso conto troppo tardi di essere ca duto in una trappola molto più sofisticat a di quanto avesse potuto immaginar e, di avere assunto com portamenti che egli riteneva forse inn ocui ma che, a lla luce di quanto aveva f inalmente compreso, erano dei veri e propri tradimenti di quel giuramento di fedeltà che un militar e dell’Arma dei Carabinieri pronuncia all’ atto dell’i mmissione in servizio e che costituisce il su o patr imonio di va lori e di ideali. Come se, i nfine, fosse stato tolto un velo che copriva la realtà dei fatti ed il Riolo avesse avuto finalmente consapevolezza dei propri gravissimi errori. L’onta subita davanti ai suoi superiori ed ai colleghi, la consapevolez za del su o tradimento a fronte di ta nti quotidiani sacrifici d i numerosi anonimi Carabinieri hanno, compr ensibilmente, indo tto il Riolo a liberar si la coscienz a di pesi che erano ora mai divenuti intollerabili. Un residu o atto di orgoglio militare il Riolo lo ha dimostrato riconoscendo tutte le proprie responsabilit à ma affermando con forza di non aver mai inteso favorire consapevolme nte “cosa nostra”. Ma questo è un aspetto della vicenda che sarà trattat o più in profondit à in segui to a proposito dell’elemento soggettivo d el reato di concor so esterno in associazione mafiosa, conte stato all’imputato al capo C) dell’epigr afe. 420 A fronte di tale eleva tissima valenza motiv azionale e dello stesso co ntenut o delle sue dic hiarazioni, a nulla va le agitare lo spettr o dell o stato di depressione del Riolo, della sua presunta co nfusio ne men tale e della conseguente incapacità di rendere d ichiarazioni serie e cons apevoli. E ciò non in quant o il dottor e Maurizio Marguglio, psicologo forense d i eleva ta esperienza , ha escluso in aula la plausibilità di tale qu adro patologico, affermando, al contrario, su specifica domanda della difesa di Aiello, che il Riolo, pur avendo soff erto di un a forma di depressione maggiore, era perfettament e in grad o di ricor dare i fatti e di riferirli in modo compiuto e consapevol e. Ma propri o all’esito della completa valutazione del contenuto degli atti e dei verbali acquisiti al fascicolo de l dibattim ento e, soprattutto, dell’esame al quale l’imputato non si è so ttratto pu r essendo suo diritto farlo. Ed invero, se solo il Rio lo si fosse a vvalso della fa coltà di non risponder e ch e la legge in qualità di imputato gli ri conosceva, l’intero compendio probatorio a car ico dell’Aiell o in relazione all’aspet to in questo momento oggetto di esame sarebbe stato compromesso in modo f orse ir rimediabile. I verbali dei pre cedenti interrogatori sarebber o stati inutilizzabili nei confronti del coimputato che non ha pr estato il consenso ed a cari co dell’Aie llo sar ebbe rimasto solo qualche sua stessa laconica e p arziale am missione, p eraltro ridimensionata e svuot ata di significato in dibattime nto. Ed allora davvero l ’analisi della condotta dell’imputato Riolo va affrontata in modo complessivo e senza presunzioni, né in un senso né nell’altro, allo scopo di rendergli i suoi meriti e di accertare le sue r esponsabilità penali. Circa la person alità dell’imputato Giorgio Riolo si è raccolta una con sisten te mole di documentazione e le deposizioni di alcuni suoi diretti sup eriori tra i q uali anche quella del gene- 421 rale Gan zer, all’ep oca a capo del R eparto Operativo Speciale dell’Arma dei C arabin ieri. Egli, al l’epoca dei fatti, era un sottufficiale in servizio da oltre dieci anni pr esso la Sezione Anticrimine di Palermo e ben presto posto a capo della c.d. sq uadra tecnica del repa rto, sulla quale gravava il com pito, estremamente qua lificato e riservato, di e ffettu are le applicazioni, le manutenzioni e le sostituzion i delle microspie e di occuparsi di ogni altro aspetto riguardan te le intercettazioni e le tecnologie più avanzate applicate al le attivi tà investigative sulla criminalità organi zzata in Sicilia. Una funzi one essenzial e all’interno di un app arato investigativo di eccell enza, quale il R. O.S., che si doveva occupare delle più delicate in dagini su “cosa nostra” e della caccia ai suoi capi latita nti, tra i quali il Provenzano ed il Messina Denaro. Evidentemente si trattava a nche di un r uolo di massima segretezza in quant o fi nalizzato allo svolgimento di op erazioni sotto copert ura ed assol utamente inconcilia bili con la con oscenza della sua iden tità e del suo ruolo. Circa l e competen ze tecniche e le capacità del Riolo , noto anche tra i su oi coll eghi con il nome di battaglia (tip ica usanza degli appartenen ti al R.O.S.) di “Odino”, hanno riferito concordement e tutti gli ufficia li che lo hanno avuto all e proprie dipendenz e. Come si accennava dianzi, ad esempio, il genera le Bruno Ganzer, Comandan te del Raggrupp amento Operativo Speciale dei Carabin ieri, ha chiarito i compiti operativi del Riolo sia all’interno della Sezi one Anticr imine di Palermo che in posizione di raccor do con la Prima Sezione del R OS di Roma. La sezione, per inten dersi, che, sotto il comando dell’a llora Capitano “Ultimo”, a veva portato a ll’arresto di Salvatore Riina il 9 gennaio 2003. 422 E proprio a partire dal l’oggi Maggiore Sergio De Caprio e proseguendo con i C olonnelli Michele Sini ed Antonio Damiano e con il Maggio re Gia ncarlo Scaf uri ed il Capita no Giovanni Sozzo si ricava un giudizio unanime circa l’elevato valore professio nale del Riolo, da tutti costoro considerato il tecnico migliore di tut ta la Sezione Anticrimine di P alermo. Le deposizioni dei suddetti alti ufficiali dell’Arma, inoltre , sono risultate assol utamente convergenti su un ulteriore dato relativo al le competen ze ed alle modalità opera tive del Ri olo e dell a squa dra tecnica. Costoro, invero, lavor avano a stretto contatto con il resto del personale ch e svolgeva la parte più operativa delle investiga zioni ( ad esempio pedi namenti, servizi di oss ervazione, analisi di dati documentali etc. etc.), con coloro i quali erano addetti al le c.d. sal ette di ascolto delle conv ersazioni in corso di inte rcettazione ed, infine, con gli ste ssi ufficiali che tali indagini coordi navano e dir igevano. Di guisa che le conoscenze di cui il Riolo veniva in posse sso nel corso del la sua atti vità investigativa non era no limitate al solo aspetto tecn ico della collocazi one di determinati apparati di ascolto, ma si esten devano anche allo sviluppo complessivo dell ’indag ine, a lle sue fina lità, ai soggetti che venivano via via coinvolti in essa, all’esito d ei servizi opera tivi, al contenuto delle risultanze delle inter cettazioni più rilevanti e, sovente, sinanco all’ ascolto diretto delle intercettazioni specie quando si verifica vano pr oblemi tecnici di qualità dell’asco lto. Il suo i ntervento, in sint esi, non si arrestava alla fase iniziale della collo cazion e degli ap parati di ascolto ma proseguiva lungo tutto l o sviluppo dell’indagine, della quale egli conosceva l’andamen to ed i risultati. Come è stato messo in risalto dal Colonnello Damiano, i compiti più st rettamente tecnici del Riolo comprendevano la gestione diretta dei rappor ti con le ditte esterne che noleg423 giavano mezzi tecnici ed a pparati tecnologici e con la Telecom, ente gestore della rete telefonica, col quale occorreva raccordarsi per ciascun ser vizio di intercettazione telefonica. Inoltre, l’im putato si occupava talora anche di effettuare bonifiche presso sedi is tituzionali e strutture militari, anche se certament e non negli uffici della Regione sicilia na, né, ovviamente, nelle abita zioni personali del Presidente o degli Assessori. Lo stesso R iolo, n el corso del suo esame, confermava il suddetto qu adro complessivo di c ompetenze e funzioni e l’ambito delle sue conoscenze che si estendevano all’intero corpo delle investigazioni in cor so. Del resto, spi egava il Ri olo, gli uff ici della squadra tecnica e quelli dei col leghi e degli ufficiali e rano fisica mente adiacenti di modo che lo scambio di notizie era continuo, tenuto conto anche del fatto che i l lavor o era organizzato in equipe financo con l’util izzo, da un cer to momento in avanti, di una r ete interna di personal computers. Il R.O.S., poi, co stituiva notoriamente un reparto di eccellenza, come il Serviz io Centrale Operativo della Polizia di Stato e lo S.C.I. C.O. della Guardia di Finanza, con particolari competenze nel con trasto al f enomeno ma fioso ed a “cosa nostra” i n modo part icolare. Tutti i testi escussi h anno concordemente ricostruito il complesso delle ind agini svolte dal R.O.S. che, in buona sostanza, si è sempre e costanteme nte occupato delle più rilevanti indagini di ma fia e della ricerca dei più pericolosi latitanti quali il Proven zano ed il Messina Denaro. Non sussistono dubbi , quindi, cir ca il fatto che le funzioni del Riolo all’interno di u n corpo militare così altamente sp ecializzato e selezi onato fossero ampiamente idonee ad assicurargli l’ appren sione costante di fatti segretissimi che costituivano sen z’altr o un patrim onio in grado di suscitare un elevato in teress e negl i esponenti di “cosa nostra”. 424 Un interesse, peraltro , comune all’intero sodalizio maf ioso sia in quanto le indag ini svolte dal R.O.S. interessavano non solo il capo luogo siciliano (dove l’associa zione ha la sua principale sede) ma l’i ntera r egione ed anche poiché le stesse erano final izzate a lla ricerca ed a lla cattura di alcuni capi assoluti qu ali Salvatore “Totuccio” Rinella (cap o della fam iglia di Trabia), Matteo Messina Denaro (ca po della provincia di Trapan i) e dello stesso Bernardo Provenzano. Inoltre, il R.O.S. si è attivamente occupato, nel cor so degli anni, anche di indagini pr oprio sulla famiglia maf iosa di Bagheria che si sono concluse con le operazioni “Grande Oriente” e “Grande Mand amento” che ha nno, di fatto, smantellato gli assetti e gli o rganig rammi di detta articolazione territoriale del sodalizio. Tra gli altri casi vale la pena di ricordare gli arresti del 9 giugno 2004 e del 25 gen naio 200 5 che hanno coinvolto diversi autore voli esponenti della suddetta famiglia, quali lo stesso Nicolò Eucaliptus, suo figlio Salvatore, Leonardo Greco, Pino Pinell o, i cugini V irruso, Onofrio Mo rreale ed altri. Attività di indagi ne lunghe, complesse e basate sull’effettuazi one di i ntercettazioni telefoniche ed ambientali ovvero sull ’insta llazio ne di telecamere ed altri apparati te cnologici (compi ti affi dati e coordina ti dal Riolo). E che hanno, nono stante i fatti odierni, portato ad ottimi risultati sotto il profilo investigativo ed anche dibattimentale, come si r icava dai pri mi esiti processuali documentati dal P.M. con la produz ione delle sentenze sinora r ese dalla magistratura g iudicante (ad es. sentenz a del Tribunale di Palermo in data 2 marzo 2002, acquisita in atti). Dunque, l’imp utato era a conoscenza, nello specifico, di tutte le atti vità di in dagine riguardanti anche il territorio di Ba gheria, Casteldaccia, Belmonte Mezzagno fino a Partitico e sinanco alla pr ovinci a di Trapani. 425 Attività che di certo suscitavano un rilevante interesse sia per l’A iello che a B agheria viv eva ed aveva il centro dei suoi interessi econ omici che per lo stesso Provenzano, il quale aveva fatto di q uel centro per lunghi anni il suo feudo pers onale, come si ricav a dalle convergenti dichia razioni di tutti i collaboratori escussi . Oltre, ovvi amente, agli esponenti mafiosi direttamente operanti in quei territori che avrebbero ottenuto enormi vantaggi dall’essere info rmati, i n tempo r eale, circa le indagini in corso di svo lgimen to nei loro confronti . Come si vedrà di qui a breve, inver o, il principale oggetto delle numerose rivelazioni di notizie segrete fa tte dal Riolo all’Aiell o riguarda per l’appunto tale specifico contesto territoriale ed il connesso circuito relazionale. In modo particolar e, dette rivelazioni, protratte si da l 1999 al 2003, si so no concentrate su due a rgomenti fondamenta li che possono essere riconnessi per un verso alla zona orientale della p rovincia palermitana e sotto altro profilo alla ricostruzione del reti colo di comp licità e d alla rete di protezione della latitanza del P rovenzano (lungamente svolta in Bagheria). E se è vero, come ha so stenuto la difesa dello stesso Riolo, che alcune notizie su indagini riguardanti quel determ inato contesto terr itoriale non hanno costituito oggetto di alcuna rivelazio ne (almeno seco ndo qua nto confessato dallo stesso imputato) , non può farsi a meno di notare comunque l’elevato grado di concatenazione logica tra le notizie riferite ed il loro comune legame ad un ben individuato ambito soggettivo e territorial e che interessava specificatamente l’Aiello. Di sicuro può affermarsi che mai il Riolo ha riv elato – e sempre discuten do del più e del meno , come sostiene l’Aiello, ben avrebbe dovuto fa rlo - notizie relative ad inda gini dallo stesso svolte su soggetti la cui posizione, vuoi per ragioni di provenienza terr itoriale vuoi per app artenenza ad un diverso 426 contesto r elazio nale, fo sse del tut to indifferente a Michele Aiello. Viceversa, può serenamente aff ermarsi che l’ attività di rivelazione di noti zie segrete si è svolta in un apprezza bile lasso di tempo ( 1999-2003) ed h a riguardato concretamente il disvelamento deg li obiett ivi investigativi nonchè le finalità, le modalità tecniche e gli sviluppi di numerose e r ilevanti inda gini riguardan ti il sudd etto contesto te rritoriale e la cattura del Provenzano (oltre che del Messina Denaro). Avere costanteme nte ri velato ad un estraneo, l’Aiello, tali notizie segr ete su rilevatissime indagini mentre erano tuttora in corso e non già dopo la loro conclusione integ ra pacificamente il delitto d i cui all’art. 326 cod. pen. Una volta accertat i la cond otta di r ivelazione, il carattere s egreto delle notizie, l’attu alità delle investigazioni e la consapevolezza del disvalo re penale del fatto (dolo generico) da parte del Riolo, non può che pervenirsi a tale univoca soluzione int erpretativa. Né, in alcun modo, pu ò incidere su di essa il fatto che, talora, le in dagini abbian o successiva mente conseguito, in ogni caso e nonostan te le rivela zioni, gli obiettivi sper ati. Come è stato correttamente osser vato dal P.M. – che ha anche dimostr ato con do cumenti e testimoni ta le assunto – le indagini poi co nfluite nelle suddette oper azioni di polizia giudiziar ia, invero, non sono state il f rutto solamente dello sforzo i nvesti gativo del R.O.S. e si sono basate a nche su sviluppi diversi e successivi. Sovente sono state l’effetto virtuoso e sinergico della collaborazione con altri repar ti dell’Arma dei Carabinieri o con altre forze dell’ordine (come la Polizia di Stato che poi ha tr atto in arresto i l Prov enzano ). Ed, in alcuni casi , si sono fondate su elementi investigativi venuti, sig nifica tivamente, alla luce dopo la neutralizzazione 427 del canal e informativo Riolo -Aiello, avvenuta il 5 novembre 2003 con il loro arresto. Soltanto a mò di es empio, a tale pr oposito, può cita rsi il ca so delle indagini su Onofrio Morreale, i cui primi risultat i concreti si sono man ifestat i solo agli inizi del 200 4, pur essendo questi sotto osservazione da parte del R.O.S. già da parecchio temp o prima. Ad ogni mod o, il reato di rivelazione di notizie segr ete (art. 326 cod. pen.) non è un reato di scopo ma b ensì un tipico reato di pericolo che non prevede necessariamente l’effettività dell’inquinamen to investiga tivo. Sotto t ale p rofilo, non può dubitarsi che, nel caso di specie, le rivelazio ni si siano verificate e siano state del tutto idonee a determinare una paral isi ovver o un condizionamento dello sviluppo delle indagini. Tale gi udizio di idon eità dell’azione è, pertanto, ampiam ente sufficien te per l’affermazione della sussistenza di tale delitto e della penal e responsab ilità degli imputati, non essendo per nulla necessario, neppure quale elemento accessorio del ragionamento probatorio, dimostrare l’effettività di tale pregiudizio sulle indagini svolte dal R.O.S.. Eppure, n on può tralasciarsi di evidenziare come, dall’esame del comp lesso delle emergenze processuali, siano emersi numerosi indi zi di reali pregiud izi e/o di singola ri “incidenti” occorsi n el corso del le indagini stesse. E’ bene precisare che si tr atta di plurime cir costanze che appaiono insolitam ente frequenti e, per molti versi, anomale ma che rimangono pur sempre al livello probatorio dei m eri indizi non univocamente dim ostrativi dell’esistenza concreta dell’inquinamen to investiga tivo. Di certo essi colpi scono l’a ttenzione dell’interprete per loro inusualit à e sospetta ricorrenza ma, purtuttavia, non possono essere riten uti utili a dim ostrare, in modo sufficienteme n- 428 te univoco, ch e siano stati il frutto della specifica attività di rivelazio ne di notizi e segr ete dal Riolo all’Aiello. Ed allora, riassu mendo, i dati del tutto certi ed univoci sono i seguent i: - Giorgio Ri olo, co me dallo stesso confessato, ha sistemati- camente rivelato all’ Aiello numerose notizie segrete su indagini in corso t ra il 1999 ed il 20 03; - tali rivel azioni hanno riguar dato sempre un comune con- testo t errito riale e r elazionale e si sono rivelate ampiamente idonee a determinare effetti pregiudizievoli per le indagini in corso su “cosa nostra”; - in almeno u n caso è stato dimostrato, a ttraverso prove certe ed autonome, che l’Aiello non si è limitato ad apprendere tali rivelazioni ma si è spinto sino a rivelarle, a sua volta, agli esponenti mafio si interessati (nel caso di Salvatore e Nicolò Euca liptus). Oltre a tali elemen ti ch e ass umono caratte re di assoluta c ertezza probatoria ne sono emersi, poi, altr i due che, invece, appaiono mun iti di un pur elevato ma insufficiente grado di certezza indizi aria. Si intende fare rifer imento, in primo luogo, al verificarsi di un numero troppo frequente di anomalie riguardanti il funzionamento di appa rati tecnici installati dal gruppo tecnico del Riolo. In second o luogo , a seg uito d ell’accertamento positivo ed in termini di assoluta certezza probatoria del passaggio di notizie dall’A iello agli Eucal iptus si d eve ritenere estremamente probabile e logicamente conseque nziale (rispetto anche alle altre circostanze obiettive riscontra te) che questi abbia potuto fornire agli espo nenti mafiosi interessati anche altre notizie appre se dal Riolo. Tanto premesso, p rima di p assare ad esaminare nel merito le singole rivela zioni di notizie f atte d al Riolo all’Aiello, occor re porre mente in modo più analitico ed approfondito al tipo di 429 rapporto esi stente tr a i due imputati, anche allo scopo di spiegare il delicato meccanismo di induzione posto in essere dallo stesso Michele Aiello, il qua le è chiamato a rispondere del reato -fine proprio in veste di istigatore. Come si è in parte già anticipato, si tratta con tutta evidenza di un rapporto soggettivo assolutamente sprop orzionato sia rispetto alle caratter istiche personali dei d ue protagonisti che alle rispet tive posizio ni sociali ed econom iche. Differenz e che, peraltro, il Collegio ha potuto apprezzare non solo attraverso l a compiuta disa mina degli a tti processuali ma anche direttamente nel corso dei lunghi esami dibattimentali ai quali entrambi si sono sottoposti. Non vi è d ubbio che tal e diseguale posizione di pa rtenza abbia condiz ionato il rappo rto di vicinanza, sca mbio di f avori e collaborazione intercorso tra i due, nel s enso che l’ Aiello ha potuto dirig erne e gove rnarne le dinamiche a suo pia cimento, forte della maggio re capacità rela zionale e, soprattutto, della sua posizione economi ca. Il Riolo ved eva nell ’Aiell o una sorta di punto di riferime nto dotato di en orme potere in grado di assum ere la moglie ed il fratello, d i aiutarlo nei mome nti di bisogno economico ovvero per la risoluzione di pr oblemi in genere e di introdurlo ne gli ambienti dell’im prendi toria e della politica fino al punto di presentargli il Presiden te della Regione in carica ed altr e persone di u n livello so ciale elevato. Tali favori, aiut i, prospettive, relazioni, a de tta dello stesso Riolo, lo avevano qua si inebriato ed illuso di aver fatto un salto di qualità e di avere raggiunto un diver so status. Ed, in effetti, occorre chiedersi oggi ciò che anche il Riolo avrebbe dovu to chied ersi fin dal 1999, quando, cioè, aveva iniziato i l suo rapporto di vicinanza con l’Aiello. Come mai e per quale plausibile e convincente ragione un qualunque, e financo os curo, maresciallo dei Carabinieri sarebbe, di punto in bia nco, d ovuto entrare nelle grazie del 430 primo contri buente si ciliano ed avrebbe dovuto ottenere im mediatamente l’as sunzio ne della moglie e poi anche del fr atello, ricevere aiuto in varie occasioni quotidiane, avere regalato un’autovettu ra, essere introdotto in ambienti alto bo rghesi, avere presentato esponenti della politica, delle profe ssioni e dell’universi tà? La spiegazione di tutto questo non consiste certam ente nell’amicizia che leg ava i due imputati, vis to che neppure loro stessi si sono reciprocamente d efiniti amici nell’accez ione comune e più nobile del termine. Eppure deve esserci una motivazione seria e verosimile della condotta del l’Aiello che avvia immediatamente col Riolo un rapporto di frequentazione assidua, che gli elargisce tutti questi favori (che per lui avevano f orse un costo relativo ma per il sottuff iciale er ano di certo molto impor tanti ed allettanti), che si presta a risolvergli qualunque problema vuoi direttamente che attraverso il suo q ualificato circuito relazionale (si pensi all’episo dio d ell’agriturismo brillantemente risolto addirittura grazi e al presidente Cuffar o in per sona) e che lo pr esenta a persone “importa nti e di potere ”. Ed infatti, la spieg azione, chiara ed inequivocabile esiste e riposa p roprio nell’impor tanza strategica che le conos cenze di cui dispo neva il Riol o avevano per Michele Aiello. L’Aiello era un uomo di potere e, come è noto, la notizia è potere di per sé in quanto pone colui che viene a conoscenza d i un fatto di ril ievo pri ma della collettività in una posizione di predominio che può essere sfruttata per ottenere vantaggi di tipo economi co ovvero di qualunque altro genere (si pensi, ad esempio, al caso dell’insider trading e delle conseguenze che determina sui m ercati borsistici). Essere in grado di avere prev entivamente notizie segrete sull’avvio di eventuali indagini a suo carico, poneva l’Aiello nella condizion e di tutelarsi e prendere le opportune contro misure, fino al punto di ass icurarsi una tota le impunità. 431 Impunità che avrebbe ottenuto anche nel caso in esame, atteso che gli svilupp i investigativi sono stati possibili solo per il fortuito combinarsi di qualche casualità (la scoperta della rete riserva ta per gli error i dei suoi componenti) con le eccellenti capacità degli investigatori. Allo stesso id entico m odo, il conoscere per primo notizie riguardanti i mporta nti indagini in corso su esponenti della famiglia d i Bagh eria ovvero sullo stesso Ber nardo Provenzano metteva l’Aiello in una posizione di straordinario p otere c ontrattuale nei confron ti dell’inter o sodalizio mafioso. Ed allora ben si comprende come per l’Aiello il rapporto con Giorgio R iolo fosse co sì imp ortante da meritare tanta imm ediata disponibi lità da parte sua. Ciò che colpisce – ma tale aspetto lo si analizzerà meglio in seguito a proposito del l’atteggiamento psicologico del Riolo – è come mai il Riolo stesso non abbia riflettuto sul motivo che avrebbe dovu to spingere l’Aiello ad essere così tanto generoso con lui per quattro l unghi anni. E ciò speci alment e nei pr imi tre a nni nei quali l’Aiello non cercava noti zie su eventuali indagini a suo carico (all’epoca molto lontane dall’essere avviate) e l’unico motivo plausibile era, per l’ap punto, co stituito dalle notizie relative alle indagini in corso da parte del R.O. S. a carico degli altri esponenti mafiosi e di quelle finalizzate alla cattura del Provenzano e del Messina Den aro. A giudizi o del Tribuna le, il Riolo non avrebbe in alcun modo potuto e dovuto igno rare questo preciso ed univoco stato di cose. Il rapp orto personale tra l’Aiello ed il Riolo, dunque, fin dall’iniz io aveva il carattere di un reciproco scambio di utilità. E se le “prestazioni” f ornite dall’ Aiello erano costituite da tutti quei vantaggi e benefits dianzi indicati, q uelle corri- 432 spondenti fornite dal Rio lo non potevano che consistere unicamente n ella rivelazione delle notizie segrete. Con la preci sazion e ch e, almeno in una prima f ase tempora le, le notiz ie rig uardavano solamente soggetti divers i dall’Aiello e che, dalla fine del 2002 in avanti, ad esse si erano aggiunte anche quello sulle in dagini a carico dello stesso Aiello. L’imputato Riolo, nel corso del suo esame, rif eriva di avere conosciuto l’Ai ello attraverso l’a llor a maresciallo B orzacchelli che lo aveva descritto come un suo pari grado in servizio al R.O.S. d i Pal ermo e molto esperto in indagini tecniche ed i ntercettazioni. Anche la circostanza dell’avvenuta presentazione ad opera del Borzacch elli non appare priva di significato, posto che questi, prima di entrare in conflitto con l’Aiello, svolg eva proprio funzion i di protezione e di intelligence per suo conto. Ed a conferma del fatt o che, fin d al momento iniziale della loro conoscenza, l’Aiello a vesse chi ara una analoga potenziale disponibi lità da par te del Riolo va notato come, pressocchè immediata mente, questi si era occupato di assumere inf ormazioni, presso alcu ni comandi territoriali (Ficarazzi e Caccamo), circa alcune pr atiche che interessa vano l’imprenditore. E sempre nel l’immediatezza della loro conoscenza, il Riolo era anche stato in carica to dall’Aiello di sovraor dinare alla scelta del f ornito re ed alla successiva installazione del sist ema di video sorveglianza della nuova clinica nei lo cali dell’e x albergo a’ Zabara. Compito che aveva puntu almente svolto, dap prima sollecitando tre preventivi , uno dei quali, peraltro, ad una ditta, la Nexia, della quale eg li si serviv a quale fornitore esterno del R.O.S. per il n oleggio di telecamere e microspie. Sempre il Rio lo aveva poi scelto proprio la dit ta Nexia (c ui l’Aiello aveva aff idato l’appalt o) ed aveva anche controllato i lavori di installazio ne. 433 E con a ltrettanta signifi cativa immediatezza, l’Aiello, da parte sua, aveva assunto alle sue dipendenze la moglie ed il fratello del Riolo co n contratti a tempo indeterminato. A parte i suddetti interventi, poi, il Riolo aveva inizia to a frequentare con assiduit à e costanza gli uffici dell’ Aiello ed a riferirgli quasi tutt o ci ò che faceva nel cor so del suo servizio per conto del R.O.S.. Lo stesso Riolo ammetteva che tale consuetudine si era avviata presso cchè fin da subit o con l’Aiello, il quale, non appena lo ved eva, gl i chiedeva di cosa si stesse occupando, utilizzando espressioni del tipo “ cosa fai di buono?” ovvero “cosa state facendo di buono?” riferendosi ovviamente a l suo repar to. Tali ammission i rese in modo pieno nel corso dei primi interrogatori subivano, poi, un tentativo di ridimensionamento in dibattimento, secondo un atteggia mento adesivo alle posizioni sosten ute dall’Aiello. E così quell e condotte che venivano descrit te, in un primo momento, dallo stesso Riolo come sistematiche e continuative divenivano saltuarie od occasionali. Le plurime rivelazio ni di fatti coper ti da segreto investiga tivo, in quan to relativi ad indagini a ncora in corso, si riducevano ad una sola circost anza, mentr e ne gli altr i casi – che non ha potuto neg are visto che ne aveva parlato spontaneamente lui per primo – il Riolo ha tentato d i postergar e le rivelazioni , collocandole in momenti successivi alla dif fusione pubblica delle relative notizi e. E, come vedremo meglio di seguito, le sistematiche s ollecitazioni dell’Aiello (“co sa fate di buono?”), pur non venendo smentite, subivano un ri dimensionamento connesso anche ad una, nuoviss ima e mai riferita pr ima, voglia di “pavoneggiarsi” (anche qu esta tesi cara ad altri imputati). Nel tentare ing enuamente di conformarsi alle nuove tesi in- trodotte per primo dall’A iello, tuttavia, il Riolo cadeva soven434 te in con traddiz ione e palesava con evidenz a quelle ragioni che hann o indotto il Collegio a ritenere assolutame nte pr evalente l’attendi bilità della prima versione dei fatti. Non può, di certo, sottacersi che tutte le ipotesi di rivelazione di notizie segrete sono state descritte, per la prima volta e fin nei minimi dettagli , dallo stesso Riolo e che gli inquir enti non avevano, sino a quel momento, raccolto alcun indizio in proposito. Anche per tal e ragione i goff i e maldestri tentativi del Riolo di ridimensi onare le accu se nei confronti dell’Aiello ovvero di adeguarsi a quanto da questi sostenuto non hanno sortito alcun valid o ed efficace effetto. Essi si scon travan o, in modo f in troppo stridente, con le particolareg giate descrizioni fatte dallo stesso imputato nelle dichiarazioni rese in più verbali ed a questi contestate dal P.M.. E sinanco con l o stesso contenuto del memoria le scritt o di suo pugno, acqui sito agli atti, ai sensi dell’art. 23 7 c.p.p., ed utilizzabile erga omnes. Come si accenna va dia nzi, inoltre, il Riolo tentava di modificare le modalità con le quali egli aveva fatto quest e confidenze all’Aiello: “… eravamo sempre soli….. il più delle volte ero io che parlavo, più delle vol te ero io, anche per pavoneggiar mi, non so, ero io che… iniziavo… per pavoneggiarmi un po’, anche se qualche volta… è normale cioè magari l’ ingegnere mi chiedeva che… che fate di buono, ch e fai di buono … di bello, magari lui lo intendeva diversamente, ma… e io no che… l’unica cosa che facevo era quella l’attività di Polizia, insomma”. Tale pass aggio appare emblematico dell’atteggia mento contradditto rio del Riolo e delle sue d ifficoltà sul piano del ragionamento dialettico, post o che egli risulta palesemente dimidiato tra l’esigenza di convalidar e la tesi dell’Aiello (che si trattava cioè di mezz e fandonie che lui gli riferiva p er pavo435 neggiarsi ) e l ’impossibili tà di negar e del tutto quanto, per la prima volta e con precisione, lui stesso aveva rifer ito. Ne discende uno schema fatto di risposte incoerenti e di continue indecisioni ma solo – si badi bene – in relazione alle notizie rivelate a Michel e Aiello, mentre, per tut to il resto, l’imputat o non appariva per nulla confuso e confermava, sempre e fin nei d ettagli più minuti, le proprie prece denti dichiarazioni. Con la conseg uenza che ci si trova di fronte ad un imputa to che per primo ha reso dichiarazioni su f atti del tutto sconosciuti, con motivazioni interiori for tissime e dovizia di particolari . Che poi ha confer mato tali ammissi oni, in modo preciso e coerente, in a ltri successivi interr ogatori ed esa mi dibattimentali in altri process i a questo collegati. Che, nell’ esame r eso nel corso di questo dibattimento, si è dimostrato ancora una volta coerente e lucido in relazione a tutti gli aspetti non atti nenti alle rivelazioni di notizie in favore dell ’Aiello e che, vicever sa, solo per tali ultimi f atti è d ivenuto im preciso, con traddittorio ed incerto. Tali caratteristiche del comportamento processuale del Riolo possono logicamente trovare una sola spiegazione che coincide con qu ella c he è stata dianzi esplicitata. Dunque, agli at ti sono emer se alcune versioni diverse o solo parzialmente coi nciden ti dei medes imi fatti ed, in mancanza di una negazione espressa delle prime dichiarazioni rese e fatte ogge tto di contestaz ione, compete al Collegio spiegare l e ragioni d i ordine logico e giuridico per le qua li ritiene preferibile un a vers ione anziché l’altra. La precedente anali si del contesto generale, dell’eziologia di dette dichiaraz ioni e delle loro m otivazioni, delle moda lità con le qual i sono state, solo parz ialmente ed unidireziona lmente, modi ficate e delle dinamiche sul piano del ragionamento dialettico cui ha fa tto ricorso il Riolo inducono a rite436 nere attendibi le la prima versione dei fatti resa nel corso delle indagi ni e non sme ntita in diba ttimento. L’esame specifico, poi, del contenuto delle divergenze emer se, caso per caso in relazi one a ciascun episodio di rivelaz ione, consentirà di d imostrare ulteriorme nte detta tesi. Allo stato att uale dell’analisi deve solamente aggiunger si che, in ordine alla tesi dell e millanterie del Riolo (“…per pavoneggiarmi…”), non solo non è emerso alcun riscontr o ma è stata accertata l’esatta situazione contra pposta. E cioè è emerso agli atti, com e conf ermato dai testi di P.G. ed anche da diver si documenti versati in atti dal P.M., che le notizie confidate dal Riolo all’Aiello erano tutte notizie comunque vere , autenti che e perfe tta mente corrispondenti alla realtà del le atti vità in vestigative all’epoca in corso d i svolgimento da parte del R. O.S.. Il ricorso tardivo e chiaramente strumentale alla tesi delle notizie date solo “pe r pavoneggiarsi” al fine di ottenere così benefici e favori, pertanto, crolla d i front e alla verifica degli elementi di pro va complessivamente considerati. Come si sottolinea in a ltro passaggio della motivazione, solo in un caso specifico e ben det erminato le informazioni fornite dal Riolo sono risul tate effettivam ente il probabile frutto di un suo ten tativo di rassicurare l’Aiello senza, tuttavia , fornirgli notizie realmente riscontra te da fonti esterne. Si tratta delle notizie che questi avrebbe attinto attraverso il comandante del N.A.S. e che, viceversa, non era stato in gra do di acquisire. Escluso tale specifico episodio che non ha nulla a che fare con i reati e le condotte adesso in esame, tutte le notizie riferite all ’Aiell o hanno rig uardato sempre e comunque att ività di indagine effettivamente in corso di svolgimento da par te del R.O.S. e, pertan to, fatti sempre incontestabilment e autentici e verificati. 437 A giudizio del Collegi o appare opportuno iniziare l’esame critico deg li episodi di rivelazione pr endendo le mosse da quello che, per tutta una serie di considerazioni, appare il più rilevante. Si fa riferimen to, ovviamente, alla rivelazione della notiz ia dell’esis tenza di un a microspia nell’autovettura Opel Cor sa di Salvatore Eucaliptus. Tale rivelazione as sume un’import anza centrale nella ricostruzione dell’int ero contesto qua ntomeno per due ra gioni fondamentali: in primo luogo in quanto si tratta dell’unica notizia che, att raverso prove autonome e de l tutto certe , è stata successivamen te rivelata da ll’Aiello ai soggetti sottoposti ad in dagine (Nicolò e Sa lvator e Eucaliptus). Sotto altro profi lo (com une tutt avia anche a parecchi altri casi), in quanto essa ha certam ente determinato un effetto interrutt ivo dell’in dagine in corso di svolgimento, posto che la micr ospia, a seguito della rivela zione fatta dall’Aiello agli Eucaliptu s, veniva r invenuta e non veniva più ca ptata alcuna conversaz ione. Detto episo dio, come si è detto, è l’unico per cui si sia ra ggiunta la prova piena del successivo trasferimento della notizia dall’ Aiello agli uomini d’onore interessati dalle inda gini segrete i n quel momen to tuttora in corso. Non vi è dub bio che ciò contribuisca in m odo assai r ilevante al chiarimento dell ’inter o gruppo di condotte omogenee poste in essere da parte di Michele Aiello, in quanto sgombra il campo dal la, pur teorica, possibilità che questi abbia attinto continuam ente notizie dal Riolo senza uno s copo prefissa to e chiaro ma solo per mera curiosità o fortuita mente. Viceversa, la prova certa e piena di una successiva attività di ulteriore ri velazione della notizia ai diretti interessati, per quanto limitata ad un solo caso, consente di a ffermare che l’Aiello, nell’ acquisire per anni notizie dal Riolo, avesse il fermo proposito di utilizzarle qua le contropartita di vitale in438 teresse per gl i esponen ti di “cosa nostra” e quale contro- prestazio ne nel l’ambi to del patto d i protezione stipulato con essa. Di talch è, congiuntamente valutando tale ultimo elemento, la ricorrenza di mol teplici indizi riguardanti gli altr i casi e l’esisten za di u n episodio pienamente provato si perviene al convincimento dell’elevata probabilità che l’Aiello a bbia potuto far pervenire anche altre notiz ie apprese dal R iolo ai diretti interessati, tutti uom ini d’onore appart enenti all’organ izzazione “cosa nostra”. Stante, d unque, la cent ralità dell’episodio suddet to, appare opportuno pren dere l e mosse propr io da qui nell’anali zzare il capitolo relati vo all a rivelazione di notizie riserva te. L’episodi o della rivela zione della microspia collocata all’interno dell’Opel Co rsa di Salvatore Eucaliptus si inserisce nell’alveo di alcune notizie riguardanti le indagini in corso sul clan Eucaliptus, composto non solo da Nicol ò Euc aliptus e dai fi gli m a anche dai generi Onofrio Morrea le e Liborio Pipia. Ed invero, tale gru ppo di soggetti, legati tra loro anche da vincoli di sangue o d i affinità, com e è stato spiegato da l Colonnello D amiano, veniva ritenuto al centro degli interessi della f amiglia mafiosa di B agheria ed in strett o raccordo con l’allora latitante Bernardo Prove nzano. Di conseguenza la Sezione Anticr imine aveva avviato una ar ticolata indagin e incent rata proprio sui summenzionati individui e finalizz ata anche alla ricerca del capo di “cosa nostra”. Indagine che, poi, avrebbe portat o all’arresto di tutti i soggetti menzio nati, alla ri costruzione delle più recenti dinamiche interne alla famiglia mafiosa di Bagheria ed alla indivi- duazione di una i mporta nte via di passaggio dei “pizzini” provenien ti dal Provenzano. 439 L’imputato Riolo, essendo perfettamente a conoscenza dei particolari e delle final ità delle suddette indagini, riferiva a Michele Ai ello di verse circostanze coperte da segre to investigativo. In primo luogo, ovviam ente, comunicava l’esistenza stessa di tale in dagine, i soggetti coinvolti e le direz ioni e gli scopi prefissati dagli i nvesti gatori. Inoltre, riferiva della collocazione di microspie all’in terno dell’abitazione di Acquedolci dove Nicolò Eucaliptus si tr ovava sottoposto all’obb ligo di soggior no, di telecamere e microspie che intere ssavan o il Morreale ed il Pipia nonché di al tre microspie all’i nterno delle autovetture degli Eucaliptus. Nel cor so dell’interrogatorio reso al P.M. l'1 april e 2004, i l Riolo rif eriva: "P.M.1: E le ripeto la domanda che le ho fatto l’altra volta dopo tutto questo discorso, ad AIELLO lei ha detto che erano state collocate delle microspie sulla macchina di EUCALIPTUS? RIOLO: Mi sa di sì, non voglio nasconderle, credetemi, mi sa di sì, mi sa di sì." In dibattiment o, poi, l’imputa to ricostruiva tutte le attività tecniche da lui esegui te tra il 200 1 ed il 20 03 nei confronti del clan Eucali ptus. Si trattava dell’installazione di telecamere presso un negoz io di abbigliament o gesti to a Ba gheria da Paola Eucaliptus, sorella di Nicolò , dell’in stallazione di microspie all’interno degli abitacoli di tr e auto vettur e (una Fia t Punto, una Y 10, ed una Opel Corsa) i n uso agli Eucaliptus ed in modo particolare a Salvatore, di telecamere e microspie presso l’abita zione d i Nicolò Eucaliptus ad Acquedolci, di telecamere nei pre ssi dell’abitazione comune degli Eucaliptus a Bagheria in contrada Consona , no nché, come vedr emo, anche di telecamere che inter essavano i g eneri Morrea le e Pipia. Già, dunqu e, la mera elencazione delle attività tecniche i mpiegate lascia int endere l’entità dello sforzo investigativo 440 prodigato d al R.O.S. nella direzione degli Eucaliptus ed, in concreto, in buona par te vanif icato a causa della fuga di notizie. Le suddette atti vità tecniche erano state organizza te e messe in opera da parte del Riolo, fatto salvo un periodo – inter corrente tr a il 18.10.2002 ed il 17.1.2003 – nel quale egli aveva usufruito di un congedo per malattia. In detto peri odo, tuttavia, egli er a sempre stato costantemente informa to dai collegh i degli sviluppi e delle ulteriori att ività poste i n essere ed a veva coordinato l’indagine tecnica nonostante l’assenza forzata per mala ttia. Gli stessi colleghi del Riolo (ad es. il maresciallo Leone) ha nno confermato di aver e effettivamente s empre tenuto l’imputat o al cor rente di ogni aspetto dell’indagine mentre questi si trova va assente dall’uf fici o. Di tutt e le microspie installate solo qualcuna aveva fornito i risultati spera ti, posto che le altre avevano dato segni di malfunzionamento ovvero non av evano consentito di registrare conversaz ioni d i particolare rilievo. Secondo lo stesso Riolo, invece, q uella installa ta all’inte rno dell’Opel Corsa di Salva tore Eucaliptus aveva iniziato a funzionare bene ed ave va anche consentito di intercettare alc uni dialoghi est remamen te interessanti tra questi ed il padre Nicolò. Basti pensare alle, gi à esamina te, conversazioni del gennaiofebbraio d el 2003 che riguardava no per l’appunto le visite presso gli uffici del l’ingegnere Aiello. Ebbene, pro prio questa microspia, così valida ed utile per gli sviluppi dell ’indagine, l’11 marzo 2003, veniva scoperta in modo tutt’affatto che casuale e disattivata comprome ttendo l’indagin e sugli Euca liptus. Il Riolo stesso rif eriva delle fasi che avevano precedut o immediatamente il rinvenimento della microspia che erano state 441 ovviamen te registrate e che lui, insieme agli a ltri colleghi ed al Capitano Russo, aveva reiterata mente riascolta to. Dall’asco lto si eran o captati i commenti di almeno due soggetti ed i rumori pr ovocati dall’armeggiare che costoro facevano in torno ai f ili elettrici dell’impianto e della stessa microspia. Quindi erano st ati registrati dei fr uscii ed i rumori tipici che un microfono elettr ico p rovoca se urtato, fino al punto c he era stato rin venuto dapprima il filo e poi la stessa micr ospia che, da quel mo mento in avanti, a veva smesso di funzionare. Il Riolo, all’udienza del 28 marzo 2006, affrontava il tema della rivel azione di no tizie riguardanti tale complessa inda gine all’Ai ello e, pur ammettendo di averle rivelate, le collocava in un tempo successivo risp etto a quello indicato nel corso dei suoi inizia li interrogat ori: “Si. Siamo nel Giugno de l 2003, non mi ricordo che… che … che circostanza, forse è un prob lema che avevo io ai denti, avevo trovato il professore Carcione. Il professore Carcione mi… mi espone un fatto, mi espone un fatto di questo personaggio di Eucaliptus … Nicolò che … si era recato … nei mesi precedenti … ha trovato lì … nello studio della diagnostica, ha avuto delle forti pretese, delle fo rti pretese di avere della… documentazione falsificate. … siamo andati a trovare l’ingegnere Aiello nel suo u fficio io e il pro fes sore Carcion e. Lì l’inge gnere Aiello andò insomma… si è … messo a parlare che… che insomma non ce la faceva più, non sapeva più che cosa fare con questo personaggio che continuava a andare lì e avere delle pretese e lì … mi disse … che in realtà di fatto pagava qualche cosa a Nicolò Eucaliptus...... ...e poi è success o il fatto che, e dico: “Ma io che cosa… in che cosa posso essere utile”. Cioè era una domanda che … mi ero posto fra me e me e fu quello il … momento che l’ingegnere Aiello fo rse non si ricorda, che lui chiese pure ti faccio parlare con un mio u fficiale. L’ingegnere era preoccupatissimo … su 442 questo fatto, aveva paura, e mi rispose che … temeva insomma queste persone, perché forse non avevo capito con chi aveva… con chi avevamo… di chi stavamo parlando, e mi disse: “… anche se io faccio una cosa del genere poi chi viene il tuo ufficiale … dietro i miei figli a Bagheria ?” Fu quella … la cosa che mi… fece intanto non lo so, ancora allontanare di più il discorso di mafia, di tutte ste cose su qu esta… su quest’ingegnere, quindi sapendo che… chi frequentava e tutte ste cose, proprio era lontana… era una persona che per me andava protetta … da queste cose, e io non sapevo come fare a convincerlo per presentare denuncia. E lì gli confidai alla fine quando ho visto che non … che aveva paura di fare questa denuncia e … mi aprì e dice: “Va beh, sai cercai di non farti più trovare magari in ufficio. Quando viene, ti viene a cercare cioè…e gli con fidai … alla fine mi sono dissi: “Non ti preoccupare io… anche la mia sezione, noi stiamo facendo delle indagini, c’erano delle microspie, di cui penso che i colleghi abbiano raccolto abbastanza materiale per buttarlo in galera, quindi devi avere solamente pazienza e te… è questione di tempo che lo mandiamo in galera, e così te lo togli di davanti”. Questo è stato più che a… … l’apertura … nei confronti dell’ingegnere Aiello . Poco oltre l’i mputato ammetteva di aver confida to all’Aiello due fatti specifici ( la collocazione d i microspie nell’abitazione di Acquedo lci e nell e macchine degl i Eucaliptus) ma li da tava al giugno del 2003, po co tempo prima dell’attivazione della c.d. rete riser vata. Una ulteriore p ostdatazione della r ivelazione che rientr a perfettament e nel mecca nismo di adeguamento al contenuto delle dichiarazioni rese dal l’Aiello nel corso del suo esame, di poco precedente a quello del Riolo. Essa, pertan to, determ inava la contestazione di quanto rifer ito nel c orso d ell’in terrog atorio del 20 agosto 2004: PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: 443 Allora, guardi, lei è stato interrogato sul punto il 20 Agosto del 2004, siamo a pagina 28 della trascrizione e seguenti l’ultimo interrogatorio, quello durante l’avviso di conclusione, chiesto da lei, eccetera. Allora, P.M.: “ma lei quando io le stavo dicendo: quando gliel’ha detto lei ad Aiello un minuto prima che venisse trovata?” Non leggo tutto l’interrogatorio, si sta parlando di quando lei ha dato queste notizie sulle microspie all’ingegnere Aiello. Domanda: “Un minuto prima che venisse trovata?” Riolo: “No, no, no, nel contesto… nel contesto quando ci siamo incontrati con Aiello e Carcione”. P.M.: “Questo lo sa lei quando vi siete incontrati, io non c’ero”. Riolo: “Cioè aspettate, possiamo fare un discorso”. P.M.: “Quanto tempo è passato?” Riolo : “Risp etto a q uando è stata trovata ?” . P.M.: “Esatto , quanto tempo pri ma?” Riolo: “Rispetto a quando è stata trova ta saranno stati un due mesi buoni, due mesi buoni. Va bene. Lei questa dichiarazione che io le ho letto la RIOLO GIORGIO: Confermo di ave rla de … dett a io… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: No. RIOLO GIORGIO: … Però no n con fermo le da… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Non lo conferma. RIOLO GIORGIO: … Non lo confermo, perch é le date sono queste sicure, perché subito do… successiva… ma proprio pochi giorni dopo …succede c he mi… mi consegnano il cellulare, quindi è Giugno. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: E’ Giugno lei dice. Ma lei mi con ferma almeno che è legato all’in… all’incontro con Carcione…e con Aiello? RIOLO GIORGIO: 444 Si, esatto. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Oh, e lei mi conferma che con riferimento al discorso che lei gliel’ha detto non appena lei sa che Aiello si lamenta delle pretese economiche… RIOLO GIORGIO: Si. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Ma in quest’occasione, durante questo colloquio Aiello le dice anche che Eucaliptus era andato a trovarlo … nella diagnostica? Le ha parlato di visite di Eucaliptus? RIOLO GIORGIO: Si, si, si, si. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Glielo disse? RIOLO GIORGIO: Si. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: In che termini glielo disse? RIOLO GIORGIO: Ma intanto era un po’ così stanco di queste continue visite di… questo personaggio che … ogni qualvolta aveva … delle pretese, e n on ce la faceva più, insomma a sostenere questo… continuo… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Cioè, sia più chiaro, che cosa le dice Aiello di queste pretese? RIOLO GIORGIO: Ma adesso a cercare le parole esatte io non… non gli posso… su per giù mi… mi disse che era stanchi… non ce la faceva più, ormai ogni qualvolta che lui andava aveva sempre qualche cosa, era un po’… gli imponeva di… di assumere personale, e nella…pretese di soldi di… di prestiti di soldi, di… di prestiti di soldi. Questi erano continue… cioè non c’era una volta che per… per esempio queste sono parole mie adesso, che anda445 va… e andava lì per salutarlo: “Ingegnere buongiorno, come sta, arrivederci e grazie”. Non esisteva, ogni volta c’era una pretesa. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: E posti di lavoro. E nel racconto che le fa Aiello, gliel’aveva dati posti e soldi di lavoro? RIOLO GIORGIO: Io questo non gliel’ho chiesto… non me l’ha detto … mi ha detto però che aveva di… delle pretese, quindi evidentemente che aveva dato…Mi disse che aveva già pagato abbastanza. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Ma … gli parlò anche di visite di Eucaliptus in termini di attualità, cioè che stava venendo ancora? Che veniva frequentemente? RIOLO GIORGIO: Si, si, si, che veniva … continuava ancora a venire, per questo gli consigliai di non farsi vedere… tanto è vero che in quel… in quel periodo bi… mi sembra che non tu… la gente by-passava attraverso due controlli, uno sopra all’ingresso e l’altro sotto. Da premettere che io che conoscevo l’ingegnere Aiello non mi lasciavano mai da solo, mi… venivo sempre ad accompagnato fino all’ufficio … dal pers onale lì incaricato. Quindi… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Quindi l’occasione in cui lei dice ad Aiello della collocazione delle microspie, quindi lei dice Giugno 2003 è questo coll oquio, in cui Aiello le dice tutte queste cose. RIOLO GIORGIO: Si. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: E lei gli dice delle microspie come un fatto rivolto al passato o come un fatto rivolto al presente? RIOLO GIORGIO: 446 Era un fatto passato che… che pri… che non sarebbe passato molto tempo, l’avremmo buttato in galera e gli a… gli avremmo tolto questa sta… sta persona di mezzo ai piedi. … PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: E allora, guardi, lei il 20 Agosto del 2004, siamo a pagina 29, su questo argomento ha dato un’altra risposta che è assolutamente compatibile con quella che lei aveva dato sul periodo in cui aveva detto della esistenza delle microspie di Eucaliptus. E allora, guardi, siamo a pagina 29… P.M.: “E allora, io le stavo dicendo parlando della microspia collocata nella Opel Corsa targata BA262BA, intestata a Dell’Anna Stefania, in uso a Eucaliptus Salvatore, figlio di Eucaliptus Nicolò, risulta agli atti dei Carabinieri che questa microspia è stata… ha iniziato per lo meno il 6 Novembre 2002, probabilmente era stata collocata uno o due giorni prima, non lo sappiamo, ed è stata trovata l’11 Marzo 2003”. Riolo: “perché non gliel’ho detto prima?” P.M.: “No , io sto… ho fatto una…”. Riolo: “No, io dico, perché non gliel’ho detto? Non gliel’ho detto? Perché questa benedetta microspia venne fuori dal discorso quando lui assieme al professo re Carcione mi dissero che era taglieggiato. Non ce la faceva più e cose varie. Dico per tranquillizzarlo, del resto fidandomi di una persona che io pensavo che non fosse niente di tutto quello che oggi noi diciamo che sia, mi fidavo, e gli ho detto, quindi, gli ho detto: non ti preoccupare c’è perfino la microspia, anche se vedi se tu sei coscientemente a posto possono parlare, c’hanno… c’è pure una microspia in macchina, falli parlare tranquillamente prima o poi questo va a finire in galera e te lo togli davanti alla scatole, ma solo per questo glielo dico”. RIOLO GIORGIO: Confermo quello ch e ho dett o, m a era … riferito, dottore Prestipino, era riferito a… al perio do precedente, cioè io non 447 è che gli ho detto: vai… potevo dirglielo prima, insomma di questa benedetta microspia. E’ una cosa che mi sono espresso male io, nella… nel… nel linguaggio italiano, non c’è… PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: Guardi, lei quando noi le abbiamo fatto la domanda… qui siamo a pagina 28, le viene chiesto quando gliel’ha detto, lei colloca … il riferimento all’ingegnere A iello della notizia, lei dice di averglielo detto due mesi buo ni prima … del momento in cui la m icrosp ia era stata rinvenuta, tanto è vero che poi dice che stata trovata l’11 Marzo, lei dice un paio di mesi prima, in realtà è rientrato il 17 Gennaio, quindi un po’ meno di due mesi deve ess ere stato, comunque intorno a Febbraio. E poi lei dice: “Comunque, certamente dopo che è rientrato in sevizio . Si, dopo che sono rientrato in servizio, dopo il 17 Gennai o”. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Allora, qui la domanda era sul contenuto della interlocuzione nell’incontro tra Aiello, Carcione, Riolo. E ho letto la dichiarazione che ha res o il maresciallo Riolo in cui parla al presente, in cui dice: “Possono parlare, c’è pure una microspia in ma cchina , falli parlare tranquillamente, prima o poi questo va a f inire in galera e te lo togli davanti alle scatole”. Che è un concetto, non è un prob lema terminologico… PRESIDENTE: Va bene, quindi la… la contestazione del Pubblico Ministero è intanto su questo passaggio, cioè questa frase che lei ha riferito in quel verbale, come detta da lei ad Aiello, alla presenza di Carcione in quell’incontro, lei la conf erma o no? RIOLO GIORGIO: No, no, cioè non pos so confermarla. Io devo dire la verità e nient’altro che la verità e quindi… che l’abbia detta in questo senso no, perch é penso na… cioè che l’abbia detto questa… c’è 448 una registrazione e l’ho detta, attenzione, io sto dicendo che confermo quello che… che sono lì, ma il… il senso era tu… tutt’altro. PRESIDENTE: Quindi lei sta confermando di averla detta al… RIOLO GIORGIO: Di averla detta. Io ho detto ch e c’erano delle microspie, quindi potevano pa rlare tranq ui llamente. Io non ho mai detto l’e sisten za di queste microspie prima di q uella data all’ingegnere Aiello, quindi il fatto che io le ho detto ci sono, può darsi che lo… lo collocavo a un fatto di protagonismo , non lo so, lei che co sa… perché tra l’altro io con l’incontro tra Carcione, Aiello e me, una sola volta è avvenuta e dopo di qu ell’inco ntro io ho… ricevetti il telefono, quindi per questo io faccio questo tipo di colloc azione. PRESIDENTE: Perfetto. Non ha fatto riferimento ad altre, a queste due che già erano trovate nel Giugno del 2003. E questo è un dato. Un altro dato è che in quell’interrogatorio ha detto: “Lasciali parlare in questo momento, cioè al presente”. Quindi facendo riferimento a un’attività in corso, lei ribadisce di non avere detto questa frase e di averla solo riferita al passato? RIOLO GIORGIO: Riferita al pas sato”. L’argomen to, così approfond itamente sviscerato, sembr ava quindi esaurito ma in realt à così non è stato. Ed infatti, a lla successiva udienza del 4 aprile 2006, proprio in apertura di udienza, il Riolo, prima di proseguire nell’esame e nel controesa me delle parti, chiedeva di rendere una dichi arazione spo ntanea nei seguenti termini: RIOLO GIORGIO: Signor Presidente, prima di iniziare vorrei…fare una precisazione, a complemento di quanto è sta… è stato l’ultimo argomento. 449 nell’u ltima udienza, riguardo le microspie. Ecco, io ho p recisamente ricordo di… di queste… di questa situazione e vo… appunto vorrei precisare che è stato tutto un confusionario an… sin tu… dalla… sin dall’inizio del… del… dei miei primi interrogatori in carcere. Io non… non metto… non ho, dunque, può darsi che io l’abb ia potuto anch e dire a Gennaio, a Febbraio, Marz o a Giugno o a Luglio , non… non … io confermo di a verlo de… di… di averlo detto, questo ne sono co… fermament e convinto, e che sono un po’ confuso nella… esattamente nella data, perch é ci sono int errogatori… io andando a ri legger e poi gli inter rogatori addiritt ura del 19 Febbraio a pagina 66, dichiaro che questa confidenza era stat a fatt a all’Aiello dopo che il G reco viene in licenza a Bagheria. quin di è per questo i miei cassettini di memoria co ntinuano a collocarlo lì, però no n è… non posso metter e attenzi one… è possibile che gli abb ia potuto anche dire p rima. Questo è. E nel corso successivo dell’esame l’imputato tornava ancora sul tema: PUBBLICO MINIST ERO: E ce le ha dette: “Eravamo io, l’ingegnere Aiello, il professore Carcione. E si è uscito questo discorso e io ho detto questa cosa”. quando lei… ecco, allora ancoriamo a questo dat o di fatto, quand o lei ha… ha ricordo di questo discorso a tre, sulle presenza di Eucaliptus, era un discorso ch e facevate al prese nte o al passato? RIOLO GIORGIO: E questo è il mio dubbio, ma facile che era anch e al presente … può darsi che era al presente…si, era al presente”. Riassumen do l e var ie di chiarazioni rese dal Riolo sia nei suoi iniziali i nterrog atori che nel corso del suo esame dibattimentale, può con assolu ta certezz a affermarsi che egli ha sempr e e costantemente rico nosciuto 450 l’esistenza della rivel azione all’Aiell o sia della presenza di m icrospie nell’abitazione d i Acquedolci che in una autovettura in uso ai figli di Nicolò Eucaliptu s. Tale dato è incontestato tra le parti, tanto che lo si può ritenere asso dato e certo. Viceversa, il con trasto sussiste a proposito dell’esatta collocazione temporale delle rivelazioni che inc ide non poco sinanco sulla stessa rilevanza penale della cond otta, posto che, in una d elle suddette ipotesi, potrebbe trattarsi d ella r ivelazione di una noti zia già resa altrimenti p ubblica. Non vi è dubbio, intanto, che il Riolo, nel corso degli interrogatori cui è stato sottoposto durante le indagini, abbia spontaneamente colloca to le rivelaz ioni in un momento ben individuato: due o tre mesi pr ima del rinvenimento della microspia e certam ente dopo i l suo rientro in serviz io dal periodo di conged o. Posto, dunque, che il rinvenimento della microsp ia è avvenuto l’11 m arzo 2003 (co me da registrazione in atti) e che il Riolo era ri entrato in servizio il 17 gennaio 2003, la rivelazione ven iva collocata dallo stesso imputato, con certezza, tra la metà e la fi ne del mese di gennaio 2003. In dibattim ento, invece, il Riolo, dopo aver sentito ciò che l’Aiello aveva sostenuto nel cor so del suo esa me, modificava la colloca zione t emporal e della duplice rivelazione e la posponeva al mese di giugno 2003, facendo ricorso al ricordo di un fatto correl ato (l’ attiva zione della rete riservata) di cui, però, non aveva mai parlato prima . A parte l’evidenz a di tale ultima discrasia sul piano logico e della dinamica descrittiva – ancorare dopo anni il ricordo ad un fatto che nel l’immediatezza non veniva neppure citato – appaiono del tu tto ev identi l’effetto adesivo alle dichiar azioni del coimputato Aiello e la descrizione l’utilizz o del tempo presente. 451 del ra cconto con Come si è visto anch e tale aspetto, per quanto appar entemente p oco i ndicativo, è stato oggetto di contestazione e richieste di ch iarimen to ed il Riolo a lla fine confermava che la notizia dell a duplice attività di indagine sull’Eucali ptus era stata da lui ri ferita all’Aiello con riferimento ad un fatto a ncora in corso di acca dimento (e pertanto usando il tempo presente) . Tale modo di descrivere l’azione investigativa (le inter cettazioni ad Acquedolci e sulle automobili) come ancor a in corso di svolgimento appa re del tutto incompatibile con la collocazione della r ivelazione a giugno 2003, cioè oltre tre mesi dopo il rinven imento della m icrospia sulla Opel Cor sa di cui il Ri olo era perfettamente a conoscenza. Ed anzi, posto che il Riolo sa peva perfettam ente che il ritrovamento dell a microsp ia sulla Opel Corsa aveva di fatto paralizzato l’indagin e sugli Eucaliptus, non avrebbe av uto senso logico la sua rassicurazione circa il probabile e quasi imminente arr esto d i Nico lò Eucaliptus. Il fatto, invece, che Riolo avesse tranquillizzato l’Aiello circa il buon esito delle indagini – che sarebbero presto sf ociate nell’arresto del l’inda gato – è un dato compatibile solo con la collocazi one dell’episodio i n un’e poca antecedente rispe tto all’11 marzo del 2003. Ad ogni mod o, il Rio lo, in apertur a della successiva udienza, rendeva una dich iarazi one sponta nea con la quale intendeva chiarire, u na volta per t utte ed a mente più fresca, il senso delle sue paro le e superare le contraddizioni nelle quali era caduto. Appare, peraltro, pro babile che l’esigenza di detto preliminare chiarimento spon taneo sia stata determina ta anche dalla consapevolezza di aver cercato, senza troppa fortuna, un punto fo rzoso di equ ilibrio tra la verità e le esigenze del coimputato Aiello, alle quali il Riolo, per qualche imperscru- 452 tabile mot ivo, er a ancor a sensibile ma non fino al punto di rinunciare alla propr ia attendibilità . Comunque sia, a seguito di dette spontanee dichiarazioni, il Riolo defi niva come possibile la collocazione del fatto nel mese di gennaio-febbraio, cosa che, in considerazione delle sue precedent i insi stenze, appa re già es tremamente significativa. Ad ogni mod o, la rivelazione era avvenuta nello stesso peri odo nel quale l’Ai ello aveva ricevuto le visite dell’E ucaliptus e le sue pressanti richieste che, come si è visto nel dettaglio, si collocano proprio tra fin e gennaio ed i primi di febbraio del 2003. Nonostante le diverg enze, dunque, anche quest’ulteriore elemento fornito dal Riol o depone per la m aggior e attendibilità della pri ma ver sione fornita nel corso delle indagini. Come si è già antici pato, dunque, la ragione sostanziale del mutamento di in dirizzo del Riolo va riconnessa ad un tentativo di aderire alle te si sostenute da Michele Aiello. Questi, invero, nel corso della precedente udienza del 21 febbraio 200 6, sos teneva quanto segue: PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Riolo le ha mai parlato di attività di indagine, attività investigative su Nicolò Eucaliptus? AIELLO MICHELE: Si … Mi ha detto quando si andava nel… siamo dopo che Borzacchelli aveva riferito quelle f amose telefonate, per cui c’era l’ipotesi se poteva essere… qualche cosa derivante da indagini su Borzacchelli, e quindi di riflesso su di me, o da un discorso riguardante l’eventuale pedinamento del signor Eucaliptus, che era venuto presso la nostra struttura nel Maggio a ef fettuare quel famoso esame, mi ha detto: “va beh, non ti preoccupa re perché stiamo … è gente furba, stiamo per arrestarl i. Sono attenzionati”. E mi ha riferito anche il particolare, proprio per dire la scaltrezza… anzi, due cose mi ha detto: una c he a vevano ritrovato … la microspia in m ac453 china, s econdo che u na volta addirittu…m i ha detto pure… no, mi ha detto lui che avevano scoperto le microspie in… Acquedolci e… aut ovettura. Questo… l’uno e l’altro”. PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: No, io le ho fatto un’altra domanda: se le aveva fat to… se Riolo le aveva parlato di installazione, non di ritrovamento. AIELLO MI CHELE: No. Le dico per la terza volta no… mi ha parlato di rit rovamento di microsp ie, non m i ha mai parlato di collocazione.”. Dunque, secondo l a versione for nita dall’Aiello l’oggetto della rivelazio ne era stato il duplice ritrovamento delle microspie collocate nell’ automobile e nell’abitazione di Acquedolci. E’ con tutta evidenza una versione diversa da quella del Riolo, il quale non ha m ai indicato quale oggetto della rivelazione il ritrovamento delle microspie ma la loro collocazione. Tale fatto non contraddice ma rafforza la superiore tesi nella misura in cui il Rio lo, non potendo adeguare del tutto le proprie dichiarazioni a quel le dell’Aiello, le ha mod ificate fino a renderle quanto meno compatibili. Compatibilità che veni va messa in forte crisi dalle cont inue contestazioni del P.M. e dall’obiettiva difficoltà di armonizzare detta tesi con le preced enti dichiarazioni rese. Ma, a ben vedere, la versione fornita in dibattimento dall’Aiel lo era diver sa sinanco da quanto lui stesso aveva sostenuto nel co rso delle indagini e che il P.M. gli contestava puntualmente: PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: Allora, guardi, lei il 19 Maggio del 2004 sul punto ha dichiarato: “cosa le disse con precisione Riolo?” “Il signor Riolo mi disse che e ra seguito il signor Eucaliptus praticamente. Per cui, dico, a parte l’elemento che era, questo suo continuo venire 454 presso i locali della Diagnostica avrebbe comportato certamente dei problemi. Questo era l’argomento in linea del tutto generale per cui si parlava della pericolosità del soggetto all’interno, del soggetto… e quindi il fatto che vendendo alla Diagnostica potesse creare dei problemi. Mi diceva che lui veniva seguito e pedinato, tutte le volte che veniva a Bagheria veniva seguito, e che certamente l’avrebbero intercettato all’interno della… anzi, un giorno mi ha precisato che in occasione di una visita, perché questo signore veniva parecchie volte ad eseguire parecchi esami, di cui troverete certamente… cioè era stato seguito e la moglie si era accorta della presenza di soggetti non ben identificati, però persone che all’interno della struttura andavano girovagando. Alla richiesta esplicita di sapere di cosa avevano bisogno praticamente non hanno risposto e allora lui desumeva da tutto questo che certamente erano persone c he se guivano il signor Eucaliptus”. Poi, sempre il 19 Maggio… AIELLO MICHELE: No, fino ad ora confer mo io, perché praticamente è quello che ho detto io… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Si. AIELLO MICHELE: … Fino ad ora, così ci mettiamo un punto. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Perfetto. Poi, sempre il 19 Maggio, sempre sull’argomento, lei ha detto: “dunque, lui mi parlava che il signor Eucaliptus e tutti i suoi component i familiari, compresi suo genero questo di qua, s ignor e… veni vano seguiti ed erano oggetto d i indagini. Però in particolare tutti i vari particolari… ma che erano attenzionati e seguiti. Su questo si, mi ha parlato della microspia che lui aveva piazzat o nella casa del signor Eu caliptu s in quel di Messina, in pr ovincia di 455 Messina, dove abita va, e che aveva piazzato una m icrospia nella macc hina del figliolo” . Dunque, lo stesso Michele Aiello durante l’interroga torio del 19.5.2004 - quando si tr ovava già agli arresti domiciliari e quindi n on er a più sotto pressione ed in condizioni di se gregazione carcer aria - affer mava, in modo net to, che l’oggetto della rivelazione no n era stato aff atto il ritrovamento delle microspie ma bensì: - l ’esistenza d ell’indagine a car ico degli Eucaliptus; - la collocazione della micros pia pr esso l’abitazione di Acquedolci; - e la coll ocazio ne de lla m icrospia all’inter no di una autovettura del figlio di Nicolò Eucaliptus. Dichiaraz ioni, quin di, perfettamente compatibili con quelle del Riolo e con il re sto delle eme rgenze processuali. Dopo la chiusura delle indagini preliminari e prima della deposizione i n quest’aula, tuttavia , l’ Aiello, presa attenta visione dell’int ero incartament o processuale, si avvedeva sia delle dichiaraz ioni del Ri olo che, soprattutto, del conte nuto dell’inte rcetta zione ambientale eseguita a carico di Sa lvator e Eucaliptu s nel giugno 2004. La cono scenza di tali a tti lo ind uceva a modificare sostanzialmente i l conten uto delle sue precedenti dichiar azioni, trasforma ndo la notizia della collocazione in quella del rinvenimento delle d ue suddette microspie. La motivazione di t ale mutamento è chiarissim a e consiste nella necessità di svuotare l’oggetto della rivelaz ione di ogni possibile conten uto pen almente rilevante e di trasf ormarlo nella mera comu nicazi one di un fatto già di dominio pubblico e, comunque, senz a alcuna possibile incidenza su indagini in corso. Messo di fronte al l’evidenza delle sue contraddizioni attraverso le contestazioni operate da l P.M. insisteva nel suo atteggiamento: 456 AIELLO MICHELE: E allora, senta, a chiarimento di questo, perché c’è un gioco di parole…… In tutto… No? La parte… perché il modo a volte di esprimersi… no perché mi voglio dare una giustificazione. E allora, diamo una risposta che è univoca e che possa… confermo appieno quello ch e ho… ho dichiarato lì, con la precisazione che chi materialmente ha installato la microspia… la microspia se sia stato lui o qualche altro non me l’ha mai precisato. Che ovvio che sono state ritrovate delle microspie precedentemente piazzate da loro come ROS questo me ne ha parlato. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Allora, la domanda che io le avevo fatto e sulla quale io le ho fatto la contestazione è se Riolo le aveva detto, al di là del fatto di chi materialmente vi aveva provveduto, se il suo reparto di appartenenza aveva installato microspie nell’abitazione di Eucaliptus Nicolò ad Acquedolci e nella macchina in uso a Eucaliptus Salvatore. AIELLO MICHELE: Attenzion e, stiamo p arlando… allora, precisiamo ancora meglio. PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: Si o no? AIELLO MICHELE: Parliamo Nel Giugno duemila… no, precisiamo ancora me- glio. Mi fa rispondere p er favore? PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: Eh, prima risponda alla mia domanda. Io poi le faccio le altre domande. AIELLO MICHELE: Ho detto… guardi, le ho spiegato meglio e non si può rispondere, perché qua c’è stato tutto un intero processo su que ste tre parole. Per cui merita, secondo me, che venga chiarito in maniera approfondita… PUBBLICO MINIST ERO PRE STIPIN O: 457 Si, ma… AIELLO MICHELE: … E che mi si dia la possibilità finalmente…di potere parlare. Io allora chiedo, signor Presidente, la po ssibil ità di pote re dare delle spiegazioni su fatti estremamente delicati. (voce sovrapposta) PRESIDENTE: Non mi pare che l’è mai stato…tolta questa pos… AIELLO MICHELE: … Anche su quest’ulteriore domanda… perché mi pare che mi si… che non mi si voglia dare la possibilità di rispo ndere. PRESIDENTE: No, il Pubb lico Ministero le ha fatto una domanda alla quale lei può rispondere con un si e con un n o. Poi… AIELLO MICHELE: Non si può risp ondere con un si o con un no. PRESIDENTE: E allora risponda come è in grado di rispondere. AIELLO MICHELE: E allora, nel Luglio… nel… subito… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: No, però Presidente, mi… le chiedo scusa. Intanto io ho proceduto a una contestazione e se… io pre… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Lei lo co nferma quello che le ho letto? AIELLO MICHELE: Io confer mo in parte quello che h a letto poco fa . PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: No in parte… AIELLO MICHELE: E poi ho detto… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: … Io le ho letto una pagina e mezzo di sue dichiarazioni. 458 AIELLO MICHELE: Io detto confer mo… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Lei confe rma o no? AIELLO MICHELE: … Le mie dichiarazioni ad eccezione del fatto che lui non mi… non mi ha mai detto li ho collocate io personalmente. Ovviamente si parlava di microspie che erano state ritrovate nel mese del Giugno/Luglio 2003. Perché questo è importante. Lui me ne parla… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Allora, un di… un discorso è il ritrovamento, che è un evento, altro evento è la circostanza della installazione. Allora, parliamo prima della installazione. AIELLO MICHELE: Perfetto. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: La domanda non è se Riolo le ha detto chi materialmente, cioè se il maresciallo Francesco, il maresciallo Giuseppe, il maresciallo X o Y. Se Riolo le ha detto che il suo reparto… inteso lui… era questo il senso, avevano installato nell’ambito delle indagini su Eucaliptus … una microspia… ad Acquedolci, a casa di Eucaliptus Nicolò, ed una microspia in una autovettura in uso a Eucaliptus Salvatore. Intanto se erano state inst allate queste due microsp ie. Questa è la domanda, è chiara. AIELLO MICHELE: Posso? PRESIDENTE: Si, può rispondere. AIELLO MI CHELE: Quando ovviamente il… il maresciallo Riolo dice “lavoriamo” non è che lavoriamo… è il suo gruppo che lavora, quindi… qu indi è s contat o che lavora il ROS. E su questo non ci piove. Qua ndo mi dice: “ hanno trovato una mi… 459 noi ci lavoria mo e hanno rit rovato una microspia”, se ci lavora i l ROS è ovvi o che ce l’ ha piazzato il… il… ce l’hanno p iazzata loro. Ora, materialmente chi, quando vanno, il giorno, l’ora, il minuto di quando l’hanno piazzato io non lo so, non l’ho mai saputo, non… non… me l’avete chiesto un mare di volte e vi ho risposto sempre alla stessa maniera. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Allora, di fro nte a questa risposta io reitero la contestazione. AIELLO E allora io dico questo: quando è avvenu… quando sono state fatte queste confidenze a me da parte del signor Riolo? (voce sovrapposta) PRESIDENTE: Esatto. La domanda del Pubblico Ministero è chiara, la contestazione pure. Se lei vuo le rispond ere, per favore. AIELLO MICHELE: Io ho risposto signor Presidente. PRESIDENTE: Va beh, se non ha nulla da aggiungere…rimane… rimane la contestazione. AIELLO MICHELE: … Ho detto che conf ermo che lui mi ha parlato per quanto riguarda il ritrovamento, mi ha detto che stava lavorando il suo gruppo , per ò io materialment e non so l’ora, il giorno , la d ata e chi ha installato queste microspie. PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Allora, io le contesto, a seguito della sua risposta in relazione alla domanda che le ho fatto, la sua risposta all’interrogatorio del 19 Maggio 2004, esattamente pagina 87 della trascrizione. E lei risponde: “lui mi parlava ch e il signor Eucaliptus e tutti i suoi componenti familiari, compresi suo genero, questo di qua signor e… venivano seguiti ed erano ogge tto di indagi ni. Però in particolare tutti i var i particolari… ma che erano attenzionati e seguiti. M i ha parlato 460 della micro spia che l ui aveva piazzato nella case del signor Eucaliptus in quel di Messina, in provincia di M essina dove abitava, e c he aveva piazzato una microspia nella macchina del figliolo ”. 19 Maggio 2004, pagina 87 della trascrizione. AIELLO MICHELE: Che lui me ne abbia parlato e lo confermo per l’ennesima volta. E’ un modo improprio di dire le cose ma materialmente la certezza o che mi abbia detto “li ho collocato io” io questo non lo so se li ha collocati lui personalmente. PRESIDENT E: Permane la contestazione.”. Dunque, dall a disamina critica del sopra richiama to passo dell’esam e quest’ult imo dell’ Aiello di appare confondere evidente le il acque tentativo di concentrando l’attenzi one su part icolari che non gli erano stati chiesti (ad esempio i l reparto di appartenenza ovvero l’identità della persona fi sica ch e aveva collocato le due microspie) per sviare l’attenzione dal pun to centrale della contestazione che non solo questi ha eluso ma che ha a nche contraddetto introducendo il riferimento al ritrovamento e non all’installazione delle microspie. Di fronte all’o bietti va difficoltà di armonizzare esigenze di fatto inco mpatib ili, addirittura, l’imputato si mostra va inso fferente alle contestazion i del P.M. chiedendo d i “poter finalmente parlare” come se qua lcuno f ino a quel mome nto glielo avesse i mpedito e di menticando, al contrario, che il pr oblema caso mai era connesso all’eccesso di dichiarazioni contr astanti rese e n on a l fa tto che gli era stato impedito di spiega re le proprie ragioni . Sotto altro p rofilo , poi , l’Aiello, in ciò seguendo l’altr o esp ediente dia lettico descrit to, posponeva nel tempo l’epoca della rivelazio ne d ella notizia, collocandola, per la prima volta, nell’estate del 2003. 461 PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: La domanda è questa: quando Riolo le ha riferito di aver installato queste microspie? AIELLO “Siamo nell’estate del 2003, siamo quando praticamente dopo il periodo c he abbiamo… viene Borzacchelli a trovarmi in Diagnostica. Quindi io lo colloco proprio dopo la campagna del… e lettorale delle provinciali del 2003.” Ancora una volta, pertant o, un palese tentativo di stravolg ere, contro og ni logica, il senso delle precedenti dichia razioni in ossequio alla sopra descr itta prepondera nte esigenza difensiva. Ed infatt i, anche questa parte delle dichiar azioni è ris ultata in contrasto con l e sue stesse pr ecedenti d ichiarazioni tanto che il P. M. procedeva a nuove ed ulteriori contestazioni: PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: E allora, anche qui procedo a contestazione. E’ lo stesso verbale Pre sidente, le stesse pagine: questo siamo veramente nell’e state del… nell’estate del 2003 diciamo. Nel 2003 certamente. Mi parlava in relazione alle visite che era un elemento pericoloso questo di qua, dove figurati che: “praticamente anche noi… io sono andato a collocare le microspie sia a casa sua che nella macchina del figliolo”. Siamo prima del l’estate però. S aremo nel periodo Marzo/ Aprile.” P.M.: “dell’anno scorso, d el 2003 ?” Aiello: “dell’ anno scorso. Non mi ricordo preciso magari il mese ma prima dell’estate”. All ora, lei qui ribadisce ovviamente che … Riolo aveva detto: “io sono andato a collocare le microspie sia a casa sua che nella macchina”, e poi colloca … questa informazione a Marzo/Aprile del 2003. AIELLO MICHELE: E allora, in ordine alla dat a Marzo non c’ent ra compl etamente niente. … 462 AIELLO MICHELE: Non confe rmo. Dunque, una ulterio re si tuazione di stridente e netto contrasto tra due dichiarazioni rese, con pari convinzione e forza, da Michele Aiello e che non si è potuta r icomporre, permanendo una divergenza evidente le cui motivazioni eziologiche sono state dian zi ricostruite. Si tratta di un atteggiamento strumentale reso evid ente dalle attente con testaz ioni del P. M. ed in contrasto c on la stessa realtà processuale ch e non può essere facilmente sovver tita. Un’ennesima ri prova di questo atteggiam ento si rinviene nell’ultima par te del l’esame dell’episodio in questione: PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: lei ha mai riferito, ha mai rivelato a Salvatore Eucaliptus che in una delle autovetture a lui in uso era stata collocata una microspia? AIELLO MICHELE: Questo ne lle tante fa vole, nel mio processo no. A parte ogni con siderazione circa il richiamo alle f avole che appare poco opport uno, va detto che, proprio su questo episodio, le risultanze pr obatorie sono risultate a utonome ed univocamente si gnificative. Ed invero, n el caso in e same non sono emersi meri indizi, supposizi oni o teori e ma prove autonome del fatto che l’Aiello abbia riferito la notizia appresa agli Eucaliptus. Quello che è stato appen a ricostruito, infatti, è il quadro delle emergenze dichiarati ve risultanti dai due principa li prot agonisti del la vicen da (Riolo ed Aiello), posto che Salvatore Eucaliptu s si è avvalso della facoltà di non rispondere e suo padre non ha fo rnito alcun significativo elemento. Prima di passare ad esamina re l’intercettazione cui si f a riferimento occorre esamin are il quadr o delle indagini, così come è stato r iferit o dal C olonnello Da miano che le ha coordinate. 463 Secondo qu anto ri ferito dal teste, fin dal momento della scarcerazione di Nicolò Euca liptus (20 ottobre 2001) erano state avviate d elle in tercettazioni sulla sua utenza cellulare e nel successivo mese di g iugno del 20 02 erano state installa te microspie p resso l’abitazione di Ac quedolci. Una di dette mi crospi e era stata rinvenuta, il 23 agosto 2002, da Nicol ò Eucaliptus in occasione di un trasloco, quando sposta ndo u n tavolo di pla stica questi aveva trovato un apparato collocato nel piede del tavolo stesso. Verso la fine del 2002 il gruppo tecnico coordinat o dal Riolo si era occu pato anche di collocare delle microsp ie al l’interno di tre autovetture in uso a Salvatore Eucaliptus, una L ancia Y10, una Opel C orsa e una F iat Punto. L’install azione sulla Opel, in particolare, aveva avuto luogo esattamente il 6 novembre 2002 ed, a differenza degli altri apparati, aveva dato immediatamente ottimi risultati investigativi. Ciò in quanto Salvatore Eucaliptus utilizzava pref eribilm ente detta autovettur a anche quando a ndava a pr elevare il padre nelle occasi oni in cui questi benef iciava di permessi per recarsi in Bagheria. Come si è visto in precedenza, infatti, proprio in alcune di tali occasio ni - 20 gennaio, 21 gennaio, 31 gennaio, 8 feb- braio ed 11 febbraio 2003 - all’interno della Opel Corsa erano state captate e registrate impor tantissime conversazioni tra i due Eucaliptus che riguar davano per l’appunto l’Aiello e che avevano avuto luog o in coincidenza con le loro visite negli uffici dell a Diag nostic a. Ma gli esiti dell e int ercett azioni sulla Opel non erano limitati a questo, sia pur ri levante, risultato investigativo ma si estendevano anche ad ulteriori risultanze rigua rdanti, questa volta, il c.d. “perco rso dei pizzini” di Bernard o Provenzano. A titolo di esempio, i l Colonnello citava l’episodio del settembre 2002 quando Salvator e Eucalip tus si era recato, su inca464 rico del padr e, in Casteldaccia per incontr are Giuseppe Vi r- ruso, uno dei p rincipali “p ostini” del Provenzano. Tale preziosa fonte di acquisizione di notizie e di prove, tuttavia, veniva bruscamente interrotta, l’11 marzo 2003, a seguito del rinvenimen to propr io della microspia installata sulla Opel C orsa. Riferiva il te ste che in tale da ta era stata intercetta ta un’ultima conv ersazi one che documentava le fasi del ritrov amento della microspia da parte di Alessandro Euca liptus, fra tello di Salvatore. Il Colonn ello Da miano r iferiva di un’attività di r icerca della microspia, app arsa in tutta la sua evidenza dall’ascolt o della registrazione. Non, dunq ue, un rinvenimento ca suale, in occasione di un guasto al l’impi anto elettrico o q uant’altro, ma proprio una ricerca di qualcosa , dapprima focaliz zata su un f ilo e poi sulla stessa mi crospi a che, appena individuata, smetteva di trasmettere. Il Colon nello Damiano, poi, per dimostrare ulter iormente che si era trattato di una attività di ricerca non casuale ma derivante da una fuga di notizie, citava un episodio che appare sintomati co delle particolari preca uzioni che gli Eucaliptus avevano adottato proprio in coincidenza con l’11 m arzo 2003. Proprio a cavallo di ta le data, infatti, gli Eucaliptus avevano sostituit o con tempor aneamente ben due utenze cellulari so ttoposte ad in tercettazion e, con ciò dimostr ando di nutrire la preoccupazione di ess ere intercetta ti. Il teste Damian o, poi , confermava il dato dell’assenza del Riolo per mala ttia dal 16 settembre 2002 fino al 16 gennaio 2003, sal vo un breve intervallo nel mese di ottobre. Come si è detto anche il maresciallo Leone e gli altri componenti d el gr uppo tecnico conferma vano che, durante la sua assenza per malattia , avevano sempre tenuto al corrente il Riolo delle att ività in corso e dei lor o svilupp i. 465 Orbene, d opo aver ricostruito il quadro obiettivo delle circostanze relative al con testo investigativo di riferimento può passarsi ad esami nare l’elemento di prova che sgombra il terreno da ogni in certezza e che chiar isce come siano andate ef fettivamente le cose. Si tratta, com e già si è anticipato di una intercettazione ambientale r egistrata nel la sala colloq ui della ca sa circondari ale Ucciardon e tra Salvat ore Eucaliptus ed i fa miliar i. E’, quind i, come ha sottolinea to correttamente il P.M., attraverso la stessa viva voce di Salvatore Eucaliptus che si p erviene al definiti vo chiarimento dello stato delle cose, pur essendosi questi avval so in udienza della facoltà di non rispondere. Lo stesso Salvatore Eucaliptus, infatti, dirà alla compagna Stefania Dell ’Anna ed agli altri par enti presenti in sala coll oqui che e ra stat o proprio Michele Aiello ad a vvisar lo dell’esis tenza dell a microspia nella sua automobile e che lo aveva fatto pri ma che quest a venisse ritrova ta. Con la completa sin cerità di chi parla con le persone più ca re senza alcun t imore di p oter essere ascoltato, Salvatore Euca liptus, d unque, ha af fermato: - che la notizia gli er a stata effettiva mente riferita; - che la fonte di detta rivelazione era per l’appunto Michele Aiello; - che tale rivelazione doveva colloca rsi in epoca antecede nte al rinven imento della micro spia. Ed allora d avvero appare chiaro la centralità di tale emerge nza processuale che non è un mer o riscontro ma una prov a piena ed autonomamente significativa del fa tto in sè. Essa, ci oè, d imostra il fatto della rivelazione della notizia segreta da parte dell’Aiello agli Eucaliptus in un momento a ntecedente ris petto al rinvenimento della microspia, con ciò confermando in modo autonomo le dichiarazioni fornite dal collaboratore An tonino Giuffrè a proposito della contropr e466 stazione forn ita a “cosa nostra” da Michele Aiello e rappr esentata d al fornire n otizie riservate su indagini in corso. Sulla scorta di quanto appreso dallo stesso Riolo è sta ta, poi, confermata una continu a attività di rivelazione all’Aiello di svariate notizi e segrete relative ad indagini in cors o. L’element o di prova in esa me, consente, pertanto, di affer mare con assoluta certezza che l’Aiello ha, a sua volta, rivelato almeno un a di d ette n otizie ad esponenti di “cosa nostra ”. La conversazione è quella carpita mediante l’intercettazione ambiental e effettuata press o la sala colloqui dell a locale casa circondar iale “Uccia rdone” tra il detenuto Salva tore Eucali ptus ed i suoi familia ri il 1 8 giug no 2004. Essa, pertanto, costitu isce, sotto il profilo della gerarchia delle prove, una pro va autonoma, valida e pienamente utilizzabile di un fatto storico e non un mero elemento sintoma tico o di risc ontro a quan to sostenuto dal collaborator e Giuf frè. Venendo al con tenuto di detta conversazione occorre, in primo luogo, evidenzi arne la pa rticolare natura , posto che si tratta di dial oghi con fidenziali tra Salvatore Eucaliptus (appena tr atto in a rresto ) ed i suoi par enti, in particolare la madre, il fratel lo Francesco Eucaliptus e la compagna Stefania Dell’Anna (oltr e al l oro bambino). Il fatto che gli in terlocutori non avessero il sospetto di pot er essere intercettati ed il tenore stesso del dialogo contribu iscono a far rite nere detta conversa zione assolutam ente spontanea e, come t ale, dotata di un’elevata valenza pr obator ia. Il dial ogo p rende le mosse da tutta una ser ie di fatti fa miliar i e personali di nessun interesse e prosegue con l’a nalisi di alcune vicende procedurali che attengono alla nomina dell’avvocato d’ ufficio e di quello d i fiducia ed alla convalida del fermo ed all’emissione del titolo custodia le. In particol are (v. p ag. 43 e ss.) veniva sottolineato come, con il provv ediment o di f ermo, al Salvatore Eucaliptus fosse stato nominato un avvocato d’uffic io (l’avv. Rosanna Vella) mentre, 467 in realtà, a ll’int erroga torio di garanzia aveva partecipato l’avvocato Gallo che, nel fr attempo, era stato nomina to dai suoi parenti. Ad un certo punto del dialogo, Salvatore Eucaliptus tranquillizzava i parenti dicen do di essere sereno e di avere la coscienza a p osto in quanto non aveva fatto nulla di male (pag.46). Subito dopo il f ratello Francesco fa ceva riferimento a gli a rticoli di sta mpa che avevano tr attato la notizia dell’arresto del congiunto e ne seguiv a il seguente dialogo testuale: Francesco: minchia, no giurnali spissu ha nisciutu (sei uscito spesso su l gior nale, n.d.e.), sei famoso Salvo: s e? Madre: ma tutti dici: “ma chi è, dici, fineva di travagghiari e cincu e vinticinqu e e cincu e menza già era a casa” (ma cos’è… fin iva di lavora re alle 17,25 ed alle 17,30 già era a casa, n.d .e.) Francesco: ti fanno l’articoletto a solo, ti fanno l’articoletto a solo Salvo: ancora? Francesco: se Stefania: c’è ancora? Francesco: perché col fatto, tipo dice, int ercett azioni con … Aiello Salvo: Aiello, io? Francesco: nel giorn ale c’è scr itto che t u gli hai detto… che gli hai confermat o che… Madre: stsss (cer ca di zittire i figli) Francesco: ma chi c’è, chi è? Salvo: ch e cosa? Stefania: ah si, che avevi conferm ato… Salvo: da micro spia? Francesco: ( annuisce) Stefania: … che la mi crospia te l’ aveva det to Aiello 468 Francesco: tu… dice c he glielo hai detto t u Salvo: quella del la mia m acchina gli ho det to, ma iddu mu rissi, io ci l’appi a cunfirmari, picchì iddi u sannu, già a priori Stefania: eh, hai visto che avevo ragione? Avevo detto a Ignazia che l’avvocato ce l’aveva detto, quando era uscito, che lui aveva detto di si Francesco: …i liggivu no giurnali, tutti sti cosi… Salvo: iddu mu rissi, si, picchì iddi u sannu, quindi è inutile ca… Orbene, la disamina del significato letterale di dett o dialogo è univoca e non con sente int erpretazioni anche solo parzialmente div erse. La noti zia che i presenti stanno commentando è cost ituita dal fatto che sul giornale, come riferisce Fr ancesc o Eucaliptus, c’era scr itto che Salvatore Eucaliptus aveva confermato qualcosa a prop osito di una microspia agli inquir enti: Francesco: nel giornale c’è scritto che tu gli hai detto… che gli hai confermato che… Madre: stsss (cer ca di zittire i figli) Francesco: ma chi c’è, chi è? Salvo: ch e cosa? Stefania: ah si, che avevi confermato… Salvo: da microspia?. Di quale tipo di conferma si tratta sse lo chiarisce immedia tamente Stefania Dell’A nna, dicendo: “che la microspia te l’aveva detto A iello”. Dunque, sul giornale er a stato p ubblicato un art icolo nel quale vi era scritto che Salvatore Eucaliptus, in se de di interrogato rio di garanzia, aveva conf ermato che la notizia della presenz a di una microspia dall’Aiel lo. 469 gli sarebbe stata da ta I parenti in visita, per tanto, chiedevano spiegazioni in pr oposito al loro congi unto per ver ificare se quanto scritto sul giornale fosse vero o meno. Il fratello Francesco, infatti, quasi con sorpresa insisteva dicendo: “tu… dice che glielo hai detto tu” e Salvatore Eucaliptus spiegava immediatamente come erano andati i f atti in sede di interro gatori o: “quella della mia macc hina gli h o detto, ma iddu m u rissi, io ci l’appi a cunfirmari, picchì iddi u sannu, già a priori”. Pertanto, in prim o luogo, chiariva di quale microspia egli aveva parl ato, precisan do che si trattava di quella che era installata nella sua ma cchina (cioè nell’Opel Corsa, l’automobile che, di fatto, egli utilizzava come emerso da lle indagini) . Fatta questa precisazio ne – che delimita il campo lasciando sottintendere la presenza a nche di altre microspie – Salvatore Eucaliptu s aggiungeva testualmente (tradotta la fr ase in italiano): “quella della mia macchina gli ho detto, ma lui me lo ha detto, io glielo ho dov uto confermare, perché loro lo sapevano, già a priori”. Appare assolu tamente chiaro ed inequivoco quanto Salvatore Eucaliptu s ha detto ai suoi parenti: egli in sede di interr ogatorio aveva dovuto co nfermare che la notizia della presenza della mi crospi a nella su a automobile gli era stata data da Aiello e questo perch é gli inquir enti (“loro”) già ne erano, a priori, a conoscenza. La difesa, co n una tesi suggestiva quanto infondata, ha s ostenuto che la conferma da ta dall’Eucaliptus sarebbe stata suggerita da qualcuno, ed in particolare dal suo avvocato, sulla scorta della dizione “ma iddu mu rissi”. A giudizi o del Tribun ale si tratta di una interpreta zione errata sia sot to il profilo della struttura lessicale che alla luce del conte sto di alogico comp lessivo. 470 Ed invero , il si gnifica to della frase nel suo complesso è sol o uno: l’Eucaliptus ha dovuto confermare che la notizia della presenza di una microspia nella sua automobile gli era stata data dall’A iello in quanto gli inquirenti già ne avevano le prove a priori. Il superiore inciso (“ma iddu mu rissi”), pertanto, conferma che era stat o pr oprio l’Aiello a dar e la notizia nel senso che: “quella della mia macchina gli ho detto, ma (veramente) lui (Aiello) me lo ha detto, io glielo ho dovuto confermare, perché loro lo sapevano, già a priori”. Quindi il sogget to del la frase è Michele Aiello ed il complemento ogg etto l a noti zia della prese nza della microspia. Tale significato, si badi bene, non muta anche forzando l’interpr etazione del la suddetta espressione dialet tale. Anche a voler accedere all’errata lettura difensiv a, infatti, tale inciso starebbe ad indicare che l’avvocato presente all’interrogato rio di ga ranzia avrebbe detto all’Aiello che la notizia era già no ta a priori agli inquirenti e che, pertanto, non c’era motivo di smentirla: “quella della mia macchina gli ho detto, ma lui (l’avvocato) me lo ha detto, io glielo ho dovuto confermare, perché loro (gli inquirenti) lo sapevano, già a priori”. In quest o caso , dunq ue, il soggetto (“iddu”) sarebbe l’avvocato ma il com plemento oggetto necessaria mente dovrebbe identificarsi nel fatto che gli inquir enti già avevano conoscenz a altr imenti della notizia. Neppure per tale via , pertanto, può stravolger si il significa to della fr ase f ino al pun to di sostener e che l’Eucaliptus sia stato indotto dal suo avvocat o a rendere una falsa d ichiara zione al fine d i scag ionarsi. Anche p erché l’Euc aliptus non si era aff atto scagionato ma aveva amm esso l a ricezione della notizia da parte di Aiello. Ciò posto va ribadito che, a giudizio del Tribunale il primo modo di inter pretare tale inciso è l’unico corretto dal punto 471 di vista sem antico e tenuto conto del tipico modo di dialogare in dialet to siciliano . La stretta correl azione tra il r iferimento ad “Aiello” contenuto nella domanda di Stefania Dell’Anna e l’immediata risp osta “lui me lo ha detto” fornita a bruciapelo dall’E ucalip tus, invero, dep ongono univo camente in tale direz ione. Si tratta, del r esto, di un serrato d ialogo tra più interlocutori, moti vo per cui si deve tenere conto dell’affermazione che ha determinato la risposta di Salvatore Euca liptus. E, nel caso in esame, tal e affermazione immediatamente precedente è il ri ferimento che Stefania Dell’ Anna aveva fatto a lla ricezione della no tizia della pr esenza della micr ospia da parte di Michele Aiello: “ che la microspia te l’aveva detto Aiello”. Per cui l’i mmedia ta risposta “ lui me lo ha detto” non può che riferirsi proprio ad Aiello. Nel passo successi vo del dialogo intercettato si compr ende da dove l’Aiello ha tratto lo spunto per tentare di intorbidare le acque con il riferimento al presunto suggerimento dell’avvocato. Ed inv ero, subito dop o la Dell’Anna aggiungeva: “eh, hai visto che avevo ragione? Avevo detto a Ignazia che l’avvocato ce l’aveva detto, quando era uscito, che lui aveva detto di si…”. Dunque, la Dell’Anna si vantava con i parenti di avere ben compreso quanto rifer ito loro dall’avvocato subito dopo l’interro gatori o e cioè che il suo compagno, in quella sede, aveva co nfermato la provenienza della notiz ia dall’Aiello. Ed il Salvatore Eu calipt us le risponde: “iddu mu rissi, si, picchì iddi u sannu, quindi è inutile ca…”. E’ evidente, tuttavia, che il riferim ento all’ulteriore conferma avuta d all’avvocato fuori da l carcere costituisce un fatto del tutto autonomo e di verso da quello oggetto dell’espressione dianzi esaminata. 472 Secondo l a Stefania Dell’Anna, invero, anche un’altra fonte aveva auton omamen te sostenuto che il suo compagno aveva ammesso la circostanza di aver e appreso dall’Aiello la noti zia della mic rospia. E tale f onte era costituit a appunto dal legale pres ente all’interrogato rio di garanzia e che, dopo aver incontrato i parenti in attesa fuor i dal car cere, li aveva informati del contenuto dell’ interrogator io stesso riferendo, tra l’ altro, della superiore conferma fa tta da Salvatore Eucaliptus. E quest’ul timo ri badiva la circostanza, face ndo anc ora una volta rif erimento al fa tto che gli inquirenti avevano già altre prove del fatto, motivo per il qua le la sua conferma non a vrebbe ca mbiato le cose. L’unico sen so logico di tale ulteriore espressione coincide, ancora una volta, con la sopra richiamata interpreta zione e non consen te di co llegare frasi che si riferiscono a d episod i di fatto diversi. Poiché gli inquirenti erano già a conoscenza altrimenti del fatto che la notizia er a sta ta riferita dall’Aiello, Salvatore Eucaliptus non avrebbe avuto alcun motivo di negare ciò che era già stato autonomamente dimostrato, anche per non aggravare l a sua posizi one. L’intero dial ogo, a gi udizio del Collegio, ha un solo significa to ed una sola chiave di lettura sia sotto il profilo semantico che avuto r iguard o all’i ntera costruzione del dialogo ed al comune senso lo gico. Esso dimostra e dà conferma, attraverso le stesse parole di Salvatore Eucali ptus, che la notizia gli era pervenuta da Michele Aiello. Ma, a ben vedere, il superiore dialogo intercettato r efluisce anche sull ’aspet to, appa rentemente tanto controverso, della collocazi one temporal e della rivelazione. 473 Appare, inf atti, ch iaro che l’ Eucaliptus ha fornito una prec isa conferma del fatto di essere stato inform ato dall’Aiello prima del rinveniment o della microspia. Solo in tal m odo può, invero, int endersi la dom anda fatta dalla Dell’An na ( “che la m icrospia te l’aveva det to A iello”) e l’immedi ata risposta di Salvatore Eucaliptus (“..quella della mia ma cchina gli ho dett o, ma iddu mu rissi, ..”). E, del resto, la tesi dell a collocazione temporale della rivela zione in un a fase antecedente rispetto al rinvenime nto della microspia dell’1 1 marzo 2003 ha trovato p lurime conferme nell’intero compendio processuale. Il Riolo, intanto, non solo aveva, con certezza e spontaneamente, col locato tale episodio tr a il gennaio ed il febbraio del 2003 ma, do po essere caduto in contraddizione a seguito delle numerose ed insistenti contesta zioni del P.M. , altrettanto spontaneamente era tornato indietro amme ttendo di essersi potuto confo ndere ed ancorando l’epoca della r ivelazione a quella delle visite dell’Eucaliptus p resso la Di agnostica (cioè nello stesso periodo) . Anche l’Ai ello, da parte sua , aveva in una prima fase collocato il momento dell’ acquisizione d ella notizia da parte d el Riolo in siffatto periodo, decide ndosi a mutare il contenuto delle sue dich iarazioni solo dopo aver a vuto cognizione degli el ementi a suo car ico e per esigenze puramente strategiche. Egli, p erò, ha sempre sostenuto (una delle poche costanti) di non aver mai più incontr ato Nicolò Eucaliptus dopo i quattro incontri avvenuti il 20 gennaio 2003, il 21 gennaio 2003, il 31 gennaio 2003 e l’11 febbraio 2 003. Ed ha a lungo insistito nel colloca re la richiesta della som ma di denar o ava nzata da Nicolò Eucaliptus in coincidenza con l’ultimo dei lo ro incontri. Come si è già visto tale affermazione è stata smentita da lle emergenze processuali e sinanco dalle stesse affermazioni dell’Eucaliptus che, viceversa, ha sostenuto di avere richie474 sto la somma di denaro già nel corso del primo incontro del 20 gennaio. Circostanza questa co nfermata appieno dalla conversaz ione intercettata alle 19.45 del 21 gennaio 2003, nella quale si fa un espl icito rife rimento alla richiesta della s omma di venti milioni che, di cons eguenza, doveva essere stata richiesta già nel corso d ell’in contro del giorno precedente, esattamente come sostenuto da Nicolò Eucaliptus. A tale prop osito va ricor dato come il Riolo a bbia, a lla fine, collegato l’epoca della ri velazione della notizia alle continue e pressanti richieste avan zate da gli Eucaliptus nei confronti dell’Aiel lo e d elle quali questi si era lamentat o con lui. Richieste che sono avvenute tra il 20 gennaio e l’11 febbraio 2003, nel corso delle quattro visite che gli Eucaliptus ave vano fatto a Mich ele Aiello. Appare, quindi, del tutto verosimile che l’Aiello abbia riferito agli Eucal iptus l a notizia appresa entro l’11 febbraio 2003, visto anc he che dopo, per sua stessa ammissione, non li aveva più vi sti. Oltre c he sotto l ’aspetto della verosimiglianza e della log ica, tale interpreta zione appare coerente anche con il senso finale delle dichiarazion i rese dal Riolo e, per certi versi, anche dallo stesso Aiell o. Il Riolo, dunqu e, app ena rientrato in serviz io riferiva la notizia segreta al l’Aiello, il quale si lamentava con lui delle continue ed attuali visi te degli Euca lip tus. Quindi tra il 17 gennai o e la fine di quel mese, posto che le prime due visite sono del 20 e del 21 gennaio e la terza del 31. Prima del l oro ulti mo incontro Mic hele Aiello, dunq ue, aveva a sua volta rivelato la notizia agli Eucaliptus, come dimostr ato con assolu ta certezza dall’intercettazione ambie ntale in carcere dianzi esamin ata. 475 E che non si tratti di una mera supposizione ovvero solo di una delle tan te possibili teorie alternative lo dimostra un u lteriore element o obiettivo dal contenuto inequivoca bile. Come è stato ri ferito dal Colonnello Damiano, proprio d opo l’11 feb braio 2003, data dell’ultim o incontro tra l’Aiello e gli Eucaliptu s, non eran o state più r egistrate sulla Opel Corsa conversaz ioni di rilievo ed un mese dopo la microspia veniv a rimossa i n modo non casuale ma intenzionale. Dunque, la m icrospia ch e aveva, più di ogni altra, consentito di inte rcettare im portan ti notizie, tanto da essere considerata dagli investigatori un a vera “miniera d’oro”, non aveva captato più alcuna conversazi one avente un qualunque sign ificato esattamente a partire dal momento nel quale l’Aiello aveva, per l’ultima vo lta, incontr ato gli Eucaliptus. Se si trattasse di una coincidenza sarebbe, a giudizio del Tribunale, davvero sorpr endente ed inusuale. In realtà, p erò, non si è trat tato per nulla di una mera coincidenza ma dell’ulteriore riprova dell’avvenuta rivelaz ione della notizia dall’Aiello agli Eucaliptus nel corso del loro ultimo incontr o, del contenuto dell’intercetta zione ambientale registrata nella sala coll oqui del carcere Ucciardone, del senso logico dell’un ica ricostruzione plausibile nonché d elle co nvergenti dichiaraz ioni rese, dopo il loro arresto, dai due im putati Aiello e Riolo e solo in dibattimento modificate per evidenti inten ti speculativi che nulla hanno a che fare con l’accertamento della verità . Ulteriorm ente conferm ativa appar e la circostanza della non immediata rimozione della microspia dall’automobile degli Eucaliptu s. Ci si potrebbe, in vero, chiedere la ragione della mancata rimozione della micro spia immediata mente dopo l’apprensione della not izia segreta e della conseguente at tesa di circa un mese prim a di procedere in tal senso. 476 Posto che la rimozione non è stata puramente casuale, come chiarito dalla deposiz ione del test e Damiano e dallo stesso contenuto del la r egistrazione in atti, la ragione di tale ritardo riposa nel l’ovvia intenzione degli E ucaliptus di impedire a gli inquirent i di collegare il ritr ovamento della microspia alla visita presso la Diagno stica d ell’Aiello. Di certo gli Eucal iptus, pur continuando ad utilizzare l’Opel Corsa p er i loro sp ostamenti, non parlavano più all’interno dell’abitacolo ovvero discutevano apposta di fatti assolutamente generici e, per altro verso, avevano sostituito due utenze cellular i, dimostra ndo chiaramente di essere stati avvertiti dell’es istenz a di intercettazioni a loro carico. Dopo un mese dal l’ulti mo incontro con l’Aiello, gli Euca liptus procedeva no finalmente alla rimozione della microspia in m odo che nulla potesse col legare tale evento alla persona di M ichele Aiello, autore dell a rivelazione come dim ostrato dalla suddetta intercettazione ambientale. In tal modo e per l’effetto di tali condotte, dunque, veniva disattivata l’unica mi crospia che aveva fornito importantissimi elementi di prova nei co nfronti degli Eucaliptus, dell’ Aiello e degli stessi compo nenti il circuit o di protezione della latita nza del Provenza no. E, di co nseguenza, veniva vanif icata una r ilevante indagine antimafia che avrebbe potuto portare ad importanti risultati per l’int era collettività. Se, pertanto , questa è l’unica ricostruzione corretta sotto il profilo logico-temporal e ed ader ente al comples so dell e emergenze processual i, deve concludersi per la certa r ilevanza penale dell a condotta di entrambi gli imputati sia in relazione ai rispettivi reati di rivelazione di notizie segrete che per quanto concerne i riflessi in ordine al reato a ssocia tivo nelle forme a ciascuno di essi contestate (e per il Riolo, come vedremo, di versam ente q ualificate). 477 Va, invece, esclusa la ri levanza della notizia r elativa alla p resenza di una microspia all’ interno dell’abitazione di Acqu edolci. In coerenza risp etto alla superiore ricostruzione, invero, tale notizia risulta rif erita tra la fine di gennaio ed i primi giorni di febbraio 2003, a distanza di mesi dall’effettivo rinvenime nto della microspia, avven uto il 23 a gosto 2002 in occasione di un trasl oco e, perta nto, in condizioni che lasciano ritenere plausibile la natura casuale di dett o ritrovamento. Ciò premesso, possono esaminarsi gli altri episodi di rivelazione di notizie da parte del Riolo all’Aiello, iniz iando, per ragioni di connessi one di argomenti, dalle altre notizie riguardanti pur sempre il cla n Eucaliptus. In particolare, Gio rgio Riolo, sempre a proposito della fa miglia Eucali ptus, con fessava di avere informato Mi chele Ai ello anche dell’esi stenza di contatti di natura confidenziale tra Salvatore Eucal iptus e personale del S.I.S.D.E.. Si trattava, pi ù specificatamente, di contatti, ovviament e informali, finalizzati ad acquisire notizie utili allo scopo d i per venire alla cattura dell’al lora la tita nte Bernardo Provenza no. Il Riolo collocava tale ulteriore rivelazione nello stesso contesto fattuale e temporale precedente e la giustifica va con la sua inten zione di tra nquillizzare l’ Aiello che si m ostrava preoccupato delle continue visite degli Eucaliptus: “In un momento di… di crisi che aveva l’ingegnere, che era molto preoccupato sempre su… per questo fatto, io gli dissi stare tranquillo per ché c’era anche addirittura sul… all’interno di… di questa po… famiglia che erano un po’ strani, c’era la… il figlio che faceva il collaboratore del SISDE, e quindi figuriamoci di che cosa aveva da… da preoccuparsi. Potevano dire solamente che anda… che richiedevano il pizzo l’ingegnere, quindi se non aveva… lui era tranquillo inso… di stare tranquillo perché non aveva nulla da… di… di preoccuparsi”. 478 Il Riolo aveva, a su a vo lta, appreso la notizia dal suo comandante, il quale, al rientro dal periodo di congedo per malattia (17 gennaio 2003) laconicam ente gli aveva r iferito di avere saputo di un “con tatto” nel frattem po stabilito dai servizi segreti con uno d egli Eucaliptus. Subito dopo avere appreso tale notizia, egli l’ aveva confidata all’Aiell o e ciò era avvenuto nello stesso contesto nel quale gli ave va p arlato dell a microspia installata sull’autovettura di Salvatore Eucaliptus. Dunque, si tratta di una ulterior e conferma del fatto che tutte queste rive lazion i si collocavano proprio tra la fine di gennaio e la metà di febbraio d el 2003. Dal canto suo anche Michele Aiello, durante il suo esa me dibattiment ale, conf ermava di avere appreso dal Riolo che il figlio di Eucaliptus “apparteneva al SISDE e che praticamente era stato… era un collaboratore. Era un collaboratore del SISDE.” Ovviamente l’Aiello po sponeva anche questo episodio al s uccessivo m ese di giugno del 20 03 per esigenze di coerenza con quanto rifer ito a proposito della microspia ad Acquedolci e nell’auto vettura. Ciò che con ta, comunqu e, è che entrambi gli imputati ab biano ricono sciuto – e per una volta non sment ito – il fatto obiettivo della rivelazione della notizia. Notizia che, per altro verso, è risultata del tutt o autentica, come precisato sempre dal Colonnello Damiano e dal C apitano Sozzo, i quali hann o riferito che dall’ascolto delle utenze di Salvator e Eucali ptus erano effettivamente emerse alcune telefonate con numeri intestati ai servizi di informazione ed, in particolare, a fun zionari del S .I. S.D.E.. Si trattava d i cont atti informativi finalizza ti alla cattura del Provenzano, come pera ltro veniva confermato anche da una intercettazione ambientale captata il 26.1.2 003 sull’autovettur a Opel Corsa in uso a Salvatore Eucaliptus. 479 Dunque er a una rivela zione di una notizia vera, comunque coperta da segreto e cer tamente idonea a determinare un serio pregiudizio alle indagini eseguite, da qualunque apparato dello Stato, allo sco po di pervenir e alla cattura di Bernardo Provenzano. Né può ritenersi ch e la notizia rivelata, proprio per la sua natura, n on avr ebbe potuto compromettere alcuna indagine. Come è noto, infatti, le varie forze di polizia sono sempre state impegnate nella ric erca attiva de i più pericolosi latitanti di mafia e presso l a Direz ione Distrettuale Antimafia di Paler mo vi sono sempre stati dei fascicoli riguardanti le indagini f inalizzate alla ricerca ed alla cattura d i costoro. Sul pia no prettamente informativo e non investigativo, poi, i servizi segreti, nell ’adempimento d ei loro compiti istituziona li, si occupano di r eperir e notizie che, qualora riscontrate, finiscono per esser e riversa te nelle superiori indagini di P.G. e possono contribui re all’ottenim ento dell’agognato risultato operativo. Di talchè, la condotta di un soggetto che obiettivamente determini una compr omissione di ta le attività istituzionale di ricerca di dati informa tivi da parte dei servizi segreti cost ituisce senz’alt ro un fatto penalmente rilevante, in quanto idoneo a determina re un concreto vulnus per le indagini finalizzate alla ca ttura dei latitanti medesimi. A maggior rag ione se si considera che il reato di rivelazione di notizie seg rete è un reato di per icolo, per cui, ai fini della sua con figurazione, non è richiesto che si sia verificato un danno effettivo al le indagini ma è sufficiente dimostrare l’esisten za di un potenziale pregiud izio alle stesse. Un ultimo aspe tto di tale episodio va esaminato anche per le sue refluenze s u altr i spec ifici f atti di rivela zione di notizie. Come si rileva dall’ esame complessivo della deposizione del Riolo, la rivelazion e della not izia era stata indotta dall’atteggiamento dell’Aiello, il quale, fingendo una smisur a480 ta preoccu pazion e rispetto alle r ichieste degli Eucaliptus e sollecitando l’istin to a micale e p rotettivo del sottuf ficiale, di fatto lo induceva a fargl i confidenz e violando i suoi obblighi istituzio nali. Del resto l’Aiello, dispo nendo di ca pacità e strumenti di convincimento notevolmente superiori a quelli del Riolo, era in grado di adottare stra tegie sottili a l fine di indurlo a vincere le sue (poche per la verità) resistenze ed a farsi rivelare ogni cosa su uno specifico soggetto adducendo di temerne le attività o le pretese. Qualora, dun que, l’Ai ello avesse voluto sapere qualche cosa che riguardasse u n determinato soggetto, gli era sufficiente, come il pr ocesso ha dimostrato, iniziare a pa rlarne col Riolo, magari mostrando t imori e preoccupazioni, di modo da riuscire, sen za sforzi particolari, a d ottenere ogni infor mazione immediata mente o al lim ite dopo che il Riolo stesso si fosse informato . Anche di tali aspetti soggettivi deve tenersi conto al fine di accertare l’esistenza del ruolo di istigatore, formalmente contestato all’Aie llo nei capi di imputazione. A giudizio del Collegio, infatti, il significato profondo ed autentico d ell’istigazi one in un delitto di tal genere e, soprattutto, in un siffatto contesto non può ravvedersi in una plateale manif estazi one di induzione da parte dell’Aiello ma va percepito nei dettagli di un r apporto persona le sper equato ed intriso di specificità. Diversamente da quanto si sarebbe verificato poi per le indagini relative alla persona od a lle società dell’Aiello - situazioni nelle quali il sottufficia le aveva un altro genere di consapevolezza e di intran eità di ruolo - il Riolo anda va sollecitato con prudenza ed astuzia allo scopo di ottenere rivelazioni di notizie riguardanti a ltri fa tti e persone. Doti – la prudenza e l’astuzia – che di certo non difettavano all’Aiell o, il quale, r icorrendo 481 talora anche all’auto- commiserazione e solleci tando l’ istinto di protezione del Riolo, riusci va ad ottenere da lui tutte le notizie che lo interessavano. Se non si comprende quest o passa ggio delle complesse dinamiche interpersonal i tra i due imputati si rischia di banalizzare l’ana lisi della que stione dell’istigazione alla mera int erpretazion e della frase rico rrente “che fate di buono … che fai di buono?” con la quale l’Aiello di solito dava l’avv io ai ra cconti del Riolo. Le capacit à induttive e persuasive dell’Aiello gli consentivano di solle citare, att raverso vari meto di, la rivelazione di notizie segrete d a parte del Ri olo, addirittura anche riuscendo (come in questo caso) ad orie ntarne l’oggetto ver so determinat i obiettivi. Su questo rilevan te aspetto prop rio della contesta zione del reato di cu i all’ar t. 326 cod pen. - il ruolo di istiga tore dell’Aiel lo - si tornerà in occasione dell’esame di ognuna delle notizie oggetto di ri velazi one. Proseguen do l’analisi dei vari episodi di rivelazione, appa re opportuno , per esigenze di continuità di disa mina, passare in rassegna le altre notizie relative al contesto familiare degli Eucaliptu s. In particolare, ci si riferisce alla rivelazione dell’esistenza d i attività investigative in corso sui d ue generi di Nicolò E ucaliptus, Onofr io M orreale e Libor io Pipia, entrambi interessati ad attività imprenditoria li con sedi localizzate nei pressi di Piazza Aguglia a Bagh eria. Nel corso dell’esame dibattimenta le, Gior gio Riolo, riprendendo temi g ià sp ontaneamente co nfessati nel corso dei suoi primi int errogatori, confermava di avere rivelato all’Aiello l’esisten za di due telecamere, da lui stesso installate in piazza Aguglia ed indir izzate verso la sede di un supermercato gestito d a Lib orio P ipia e verso quella della CONSUDTIR, società cui era i nteressato Onofrio Morreale. 482 Nel corso della lunga ricostruzione delle modalità tecniche con le qual i era stata installata la telecamer a or ientata verso il supermerca to del Pipia, il Riolo ed i testi di P.G. si sono dilungati in una serie di particolari che non mette conto r ichiamare pedissequame nte in quanto poco significativi. In estrema sintes i, può dirsi che il Riolo aveva escogitato un’escamotage consistente nel collocare la telecamer a all’interno di un vecchio secchio a bbandonato sopra il tetto di un rud ere. Il secchio originale era st ato temporaneamente sostituito con uno identico appositamente realizz ato ma quasi subito si er a verificato un malfunzionamento della telecamera. All’atto del nuovo tentativo di sost ituzione della telecamera, il personale d el R.O .S. si era avveduto della sparizione del secchio che era stato lasciato sul tetto in sostituzione del primo. Tale sospetta coin cidenza aveva costretto il rep arto investiga tivo ad i nterro mpere definitivamente tale tipo di attività. In relazione a tale primo episodio, il Riolo dapprima ribadiva di avere rivelato all ’Aiell o: - l’esisten za di una atti vità di indagine in corso di svolgim ento e non già esaurita ; - l’utilizzo di u na tel ecamera occultata in un secchio; - l’obietti vo sul quale era p untata la telecame ra, il super mercato di P iazza Aguglia; - ed infin e il nome dell’in dagato, Lib orio Pi pia, genero di Eucaliptus. Tali circostanze obiettive della rivelazione venivano espressamente conf ermate nel corso dell’udienza del 4 aprile 2006 dal Riolo (v. p ag. 45 e ss. della trascrizione). Tuttavia, all’ud ienza su ccessiva d ell’11 aprile 2006 il Riolo tentava di confondere l e acq ue: “ … Non mi ricordo di aver detto del cavo … della telecamera. Ho parlato con l’ingegnere Aiello di questa attività che avevamo l’indirizzo di questo super483 mercato, questo si, lo confermo di averlo detto, ma delle attività tecniche…”. Ad ogni modo, nonostante tale inge nuo tentativo, la sostanza delle dichi arazioni rese in udienza dal Riolo appare pienamente confermativa di quanto sostenuto nel corso dei pr ecedenti interrogatori. Per altro verso anch e Michele Aiello, all’udienza del 21 febbraio 2006 , confer mava di avere ricevuto detta notizia sia pure in modo meno dettagliat o: “ Mi ha detto che attenzionavano un supermercato del genero del signor Eucaliptus. Un supermercato..” , aggiungendo anche che, per quanto aveva compreso, si tr attava del Morreale. Orbene, sulla scor ta di quanto emerso non vi è dubbio che una rivelazio ne di una notizia segreta vi sia stata, che sia stata contestuale rispe tto all’esecuzione delle opera zioni tecniche e che abb ia rigua rdato tutti gli aspetti essenziali della vicenda (nome del l’inda gato, luogo e tipologia dell’obiettivo, ricorso ad una telecamera occultata). La notizia rigu ardava anche in questo caso una indagine effettivamente in corso nei termini e nei modi descritti e sulla quale il R.O.S. puntava molto non solo per l’interesse investigativo su scitat o dal Pipia ma anche al fine di accertar e il c.d. percorso dei pizzini del Provenza no e pervenire all’individuazi one del suo covo. Ed invero, a tale proposito il Colonnello Damiano spiegava l’importanza che il suo reparto attr ibuiva alle indagini tecniche su entrambi i gen eri di Nicolò Eucaliptus, Onofrio Morr eale e Liborio Pipia: “come … ho detto prima, iniziammo a saggiare la famiglia Eucaliptus da un punto di vista investigativo in un momento in cui Nicolò Eucaliptus e Monreale Onofrio sono detenuti … cominciammo a guardare i profili investigativi relativi a l’altro genero, Pipia Liborio, in funzione proprio di quella rivalutazione che avevamo fatto, giusta o sbagliata che poi fosse , della famiglia Eucaliptus. Questa iniziale attività non 484 diede per la verità un esito particolarmente vivace per le idee che vol evamo perseguire, però men tre eravamo in fase di costruzione … nel Novembre del 2001, da Caltanissetta arriva questo spunto verso Casteldaccia…l’aver individuato Panno Andrea di Casteldaccia. Per cui andiamo nell’immediato a provare di vedere se vi è relazione tra gli uomini di Casteldaccia e gli uomini di Bagheria.” E, si badi b ene, ch e, come i fatti storici hanno poi puntualmente dimostra to, l’ intuiz ione del Colonnello Damiano e dei suoi uomi ni non era a ffatto errata . Pur non attraverso la per sona del Pipia, il c.d. per corso dei “pizzini” di Provenzano transitava davvero anche da Bagheria, come sarebbe stato poi accertato nella successiva inda gine “Gra nde Mandamen to”. La rete di protezione delle com unicazioni del Provenzano fa- ceva varie tappe da Vitto ria fino a Casteldaccia e coinvolgeva numerosi sogget ti qu ali Salvator e Martorana di V ittoria , Pino Pinello, G iuseppe Virru so e Andrea Panno di Casteldaccia (località adiacente a Bagheria). Inoltre, come si vedrà di qui a bre ve, l’intuizione relat iva ai due generi dell’Eucalipt us era risultata cer tamente corret ta con riferimento ad On ofrio Morreale. Nello stato emb rional e di dette successive ind agini, dunque, ritenere ch e il percorso dei pizzini potesse transitare anche attraverso esponenti della famiglia Eucaliptus era una opera zione logica e plausibi le che aveva trovato pieno conforto nei successivi svil uppi. Come precisato dal teste Damiano, l’indagine era partita dal Pipia (an che perché il Morreale si trovava ancora detenuto) ma ben presto e ra stata rimodulata ed indirizz ata sul Mor reale, in par ticolar m odo dopo che era stato documenta to un suo incontro con Giovanni Panno di Casteldaccia, soggetto ritenuto un anello dell a catena di passaggio delle comunicazioni del Provenzan o: “…. avevamo cominciat o prima per 485 quelle di Pip ia e poi invece in realtà, come ho detto, nel breve tempo ci siamo spostati dr itti su Monr eale Onofrio. L’acceler azione, e quindi la messa in o pera di tut te queste attività, è proprio successiva all’incontro di cui ho fatto riferimento tra Monreale Onofrio e Panno Giovanni, che accade il 18 Febbraio del 2002, proprio perc hé quell’incontro poteva segnare, nelle logiche di ragionamento che provavamo a fare in quel periodo iniziale di ricerca dei biglietti di Provenzano, cadeva proprio nella zona dove op eravano Monreale O no frio e Pipia Liborio. E quindi da quella data partono tutte le… p arte tutta una serie di attivit à tendenti a mettere una telecam era che ci consentisse l’osservazione su le… sull’ingresso dell’attività di Pipia Liborio e tutta quell’attività che ci consentisse di verificare cosa accadeva all’interno della Consud Tir di Monreale Onofrio….. Sostanzialmente la nostra configurazione prevedeva una telecamera che potesse guardare l’ingresso della società di Pipia Liborio e un’altra telecamera che prendeva di filato la Consud Tir di Monreale Onofrio.”. Pertanto, come conferma to anche dal teste Sozzo, era stata varata la suddetta operazione tecnica che era stata interro tta per la sparizio ne del secchio. L’esame delle varie o perazioni di installaz ione e re- installazione, per qu anto poco interessante, appare rilevante al dive rso fine di indivi duare i temp i dell’ operazione e m etterli a confronto con l’epoca della rivelazione che lo stesso Riolo indicava nei mesi di febbraio o mar zo del 2002. A tale prop osito il teste Sozzo: “… ho segnato le date, il 26 Febbraio del 200 2, abbiamo eseguito la prima operazione diretta sul posto . … siamo saliti con delle scale… sul tetto di questa casa diroccata e abbiamo condotto fino al punto in cui avremmo poi successivamente installato la telecamera abbiamo condotto il cavo che s erviva per fornire l’alimentazione necessaria per far funzionare questa telecamera…. il 6 Marzo del 486 2002 andiamo ad eseguire l’installazione, la fisica collocazione del secchio, ci rechiamo nuovamente su… ed è il secondo intervento diretto su questa casa diroccata. Senonchè è accaduto che ben presto, dopo pochi giorni, che io ricordi dopo uno o due giorni, il… la telecamera contenente il secchio subì un malfunzionamento, si bloccò… demmo luogo a un nuovo intervento tecnico diretto sul posto, cui pure partecipò personalmente il Riolo, e questa volta lo scopo dell’attività era quello di prelevare nuovamente… rimuovere da quel punto il secchio nel quale avevamo occultato la telecamera e sostituirlo con un simulacro, … andiamo lì, togliamo il secchio guasto, ne rimettiamo un altro che abbia l’aspetto analogo, lo verniciamo nella stessa maniera, portiamo via il secchio contenente la telecamera per provvede re alle necessarie riparazioni tecniche. E questo avviene il… l’11 Marzo. … il 12 Marzo, quindi il giorno successi vo a questa o perazio ne, durante un’altra attività che il personale aveva in corso a Bagheria, passando da lì g uardano e si accorgono che il secchio che noi avevamo co llocato in quel punto come simulacro … era sparito, era stato rimosso…. nei giorni seguenti installammo la telecamera sull’altro obiettivo che c’era vicino, quella sulla Consud Tir.” ha concluso il ca pitano SOZZO. Come si è già anticipato, l’ altro obiettivo investigativo era costituito da Onofrio M orreale che, nelle more, er a stato anche scarcerato. L’attività nei suoi con fronti era sta ta anticipata e concentrata dopo l ’incon tro ch e questi aveva avuto proprio con Gi ovanni Pa nno, persona ggio r ivelatosi coinvolto nelle indagini sulla rete di comunicazione di Provenzano. Del resto Onofrio Mor reale era, anche per altri versi, ritenuto un uomo d’onore in ascesa nell’or ganigramma della famigl ia mafiosa di B agheri a ed a suo carico, come si ric orderà, aveva anche reso dich iarazio ni il collabor atore Antoni no Giuffrè che lo ha descritto nei seguenti term ini: “La storia di Onofrio 487 Monreale – ha detto GIUFFRE’ - è un pochino lunghetta. Onofrio Monreale nasce come uno sbandato di Bagheria negli anni ‘80, cioè faceva parte di un gruppo rapinatori. Poi piano piano questo gruppo è il gruppo di Onofrio Monreale e sarà avvicinato. Diciamo che que sto gruppo e, suc cessivamente, una parte di questo gruppo faranno parte del gruppo di fuoco di Bagheria, per quanto riguarda poi gli anni… la fine degli anni ‘80 e inizio degli anni ‘90, fino quando diciamo che Onofrio Monreale diventerà il punto di riferimento ben preciso della famiglia mafiosa di Bagheria e, in modo particolare, della corrente di Provenzano con riferimento a Nino Gargano e a Nicola Eucaliptus. Per essere bre vi, diciamo che… nel 1993 dovremmo essere, Onofrio Mon reale sa rà accompagnato a Palermo nella zona di Pag liarelli da Pietro Lo Iacono e alla presenza di Provenzano, di Pietro… gli Aglieri… Pietro Aglieri e Carlo Greco, Onofrio Monrea le sarà co mbinato e tenuto segreto ai più della famiglia di Bagheria. Da allora, diciamo che Onofrio Monreale ha avuto un ruolo sempre più importante all'interno della mafia di Bagheria e del Provenzano stesso. P rego. P.M. – Perché doveva essere… perché è stato tenuto segreto? Lei ha detto che è stato tenuto segreto, è stato combinato ma è stato tenuto segreto ai più; perché? GIUFFRE' - Diciamo che in quel periodo su Bagheria la situazione come famiglia non era… vi erano delle ostilità, non c'era stata ancora una pacificazione, perciò per i più diciamo che Onofrio M onreale per u n periodo di tempo è stato un uomo d'onore riser vato e che è stato usato poi dal gruppo del Provenzano. Poi sul campo diciamo che discorso si allargherà, quando il Pro venzano unific herà la famiglia di Bagheria. Prego. P.M. – Lei ha conos cenza di rapporti diretti tra Onofrio Monreale e Pro venzano in epoca più recente? GIUFFRE’ - Onof rio Monreale… mi sembra d'averlo detto, era… 488 già quando io freque ntavo… l'ultimo periodo, anche da latitante, era fidanzato con la figlia di Nicola Eucaliptus. Quindi, per questo discorso, diciamo che l'Onofrio, dato che è stato combinato alla pres enza del Bernardo Provenzano stesso, diciamo che è dive ntato il pupillo di Bagheria e di Provenzano.”. La prima attivi tà tecnica a suo carico aveva rigua rdato la sede della CONSUDTIR che all’epoca si trovava ancor a in piazza Aguglia d i Bagh eria. Dette indagini, co sì come quelle concernenti il Pip ia e l’abitazi one di Acquedolci non aveva consentito di ottenere alcun risultato utile per le inda gini e per la ca ttura del Provenzano. Tuttavia, verso l a fine del 2003 e, comunque, certamente dopo l’arresto di Riol o e di Aiello, essa, a differenza di quanto accaduto f ino a qu el mome nto, avrebbe porta to a notevoli r isultati. Ed invero, nel dicembre 2003, quando la sede della CONSUD TIR era stata t rasferita da Piazza Aguglia ai nuovi locali sulla SS 113, erano state collocate nuove telecamere grazie alle quali erano stati raccolti r ilevanti elementi. Nella nu ova sede della CONSUDTI R vi er a un ampio piazza le che veniva osservato tramite una sofisticata telecamer a che, sia pur e da notevole distanza, consentiva di effettuare riprese video. E, proprio sul pia zzale d ella CONSUDTIR di lì a poco era stato documentato un passaggio d i un “pizzino” in occasione di un incontro del Morreale con Nicola Mandalà ed Ezio Fontana, uomin i d’on ore della vicina f amiglia maf iosa di Villa bate. Tornando alla questione della rivelazione della notizia, va precisato che, anche in questo ca so, il Riolo ha c onferm ato le proprie pr eceden ti dich iarazioni, confessando di avere rive lato ad Aiello, tra il feb braio 489 ed il marzo del 2002, l’install azione di una telecamera orientata verso la sede di piazza Aguglia. Anche in questo ca so la circostanza era assolutamente vera e riguardava un a operazione di indagine attualmente in cor so di esecuz ione. Di certo pot rebbe sospettar si che la sottrazione e/o comunque la sparizion e del secchio ed il sostanziale fallimento di entrambe le in dagini possa essere stato determinato da una ulteriore fuga di not izie ad opera dell’Aiello in favor e degli Eucaliptu s. Non vi è dubbio, inf atti, che la circostanza dell’ improvvisa sparizion e di un vecchi o secchio abbandona to da parecchio tempo sopra un tetto di lamiera p roprio in coincidenza con lo svolgimen to delle suddette attività tecniche a ppaia assai singolare e talmente fortu ita da suscitare più di qualche sospetto. Allo stesso modo, il co mplessivo atteggiamento del Morreale è risultato così circosp etto ed attento da lasciare fondatamente sospettar e che q uesti fosse stato informato dell’esistenza di indagini ed int ercett azioni a suo ca rico. Basti pensare che q uesti nella nuova sede della CONSUDTIR non si tratte neva mai a parlare all’ interno del piccolo ufficio ma, anche in pien o inverno, rimaneva all’aper to ed effettuava i suoi in contri passeggiando con i vari interlocutori. A riprova d i tale atteggia mento pr udente e circospetto va ribadito come gli investi gatori siano riusciti a docum entare il passaggio del pizzino durante l’inc ontro con Mandalà solo facendo ric orso ad una speciale telecamera collocata a centinaia di m etri d al piazzale della CONSUDTIR. L’esame di tutti questi dati e delle eccessive anomalie riscontrate induce, pert anto, a sospett are che l’Aiello avesse potuto mettere sull’avviso, anche in questo caso, gli Eucaliptus. Tale conclusion e, tuttavia, pur apparendo plausibile e, come si è visto attraverso la deposizione del Sozzo, cronologic a490 mente com patibi le con l’epoca della rivelazione, non può ritenersi del tutto certa e lascia spazio a teoriche soluzioni d i segno diverso. Potrebbe, ci oè, essersi trattato di una sfortuna ta concatenazione di circostanze casuali, di fisiologici intoppi nello svolgimento di attività tecni che per lor o natura delicate ovvero di atteggiam enti di pruden za d ettati dalla consapevolezza di essere sogg etti alle attenzioni investigative delle forze dell’ordi ne a causa delle proprie parentele e dei precedenti penali. Pertanto, pur condi videndo la forza della suggestione che ne ha determinato il convincimento, non può concordarsi col P.M. quan do attribuisce i successivi svilupp i e successi investigativi al venir meno, attraverso gli arresti del 5 novembre 2003, del cana le informativo costituito dal duo Riolo-Aiello. Come detto si tratta di una tesi estremament e pla usibile ma non certo dell’uni ca tesi sostenibile e, pertant o, se ne deve dare atto senza pervenire alle stesse conclusioni d el P.M.. Ma, come si è più volte ribadito, tutto ciò non toglie nulla alla penale rilevan za della suddetta rivelazione, posto che, in ogni caso, si tratta dell’i ndebita comunicazione di una notizia segreta e su una in dagine effettivamente a ncora in cor so di svolgimen to. Trattandosi di un tipico reato di pericolo, infatti, non deve pretendersi che l’esito infausto delle due indagini sia cons eguenza della condotta di rivelazione, essendo sufficiente la mera po ssibilità d i un pregiudizio anche solo potenz iale alle indagini medesi me. Pregiudiz io poten ziale che, nell’ipotesi in esame, certamente ricorre, come è dimo strato anche dagli importa ntissimi sviluppi i nvestigativi che sarebbero emersi proprio continuando ad indagare nella direzione degli Eucaliptus e del Morreale. 491 Altro aspetto di notevole rileva nza in punto di diritto è quello dell’atti vità di istig azione posta in essere dall’ Aiello nei co nfronti del Riol o anch e nel caso in esame. Secondo qua nto riferito dallo stes so Riolo, le rivelazioni da lui fatte all’A iello erano s caturite d alle sue lamentele cir ca la figura di Nicolò Eucaliptus e dei suoi familiari. Egli, pertanto, aveva inteso tranq uillizzare l’Aiello rif erendogli del compl esso di attività che il R.O.S. aveva in corso sul nucleo fami liare degli Euca liptus, esattamente secondo lo schema dianzi esaminato a proposito dei metodi e delle ca pacità dell’Aiell o di suscitar e le rivelazioni del sottufficia le. Altro episodio di rivelazi one di notizie coperte da segreto confessato spontan eament e dal Riolo è quello concer nente la collocazi one di micr ospie presso l’a bitazione estiva di Filippo Guttadaur o in C astelv etrano. Secondo l o schem a classificatorio utilizzato dal P.M. tale episodio si iscrive, insieme a quello riguardante la signora Mesi di cui si dirà subito dopo, nel filone delle notizie riguardanti le indag ini fi nalizzate alla cat tura del la titante trapanese Matteo Messina Denaro . E si collega, comunque, alla per sona di Michele Aiello in quanto i l Fil ippo Guttadauro per un verso era legato al Messina Den aro per averne sposato una sorella e pe r altro vers o era abitant e nella zo na di Bagher ia e fratello di Giuseppe Guttadaur o, il medico che ricopriva il ruolo di capo del ma ndamento mafioso di Brancaccio, di cui in questo processo ci si è a lu ngo occupati . Il Riolo r icostruiva questo episodio fin dai suoi prim i inter rogatori chiarendo che a veva riferito all’Aiello di avere collocato delle micr ospie nella casa estiva di Castelvetrano del Filippo Guttadauro. Ancora una volta, con puntualità e secondo gli ormai consueti schemi com portam entali, era sta to proprio l’Aiello a suscitare in l ui la rivela zione della notizi a coperta da segreto. 492 Anzi il caso in esame rappresenta, in qualche modo, l’esordio dell’Aiel lo nel fare ricorso a tale stratagem ma, posto che il fatto si colloca tra la f ine del 1998 e gli inizi del 1999 e, comunque, poco do po l’avvio del lor o rapporto e l’assunzione della mog lie del Riol o presso la Dia gnostica. Nell’occo rso, l’Aiel lo ra ccontava al Riolo di avere ricevuto varie vis ite d i Filippo Guttadauro, il quale, in occasione di alcuni esa mi diagnosti ci, gli aveva avanzato richieste di tipo economico , cosa che lo a veva preoccupato parecchio pr oprio per le ca ratter istich e specifiche del soggetto. Ed il Riolo, vuoi per la gratitud ine dovuta all’Aiello p er l’assunzi one della mogli e vuoi per comprensione del suo stato d’animo così preoccupato e teso, si determina va a rivelargli che, in quel torno di tempo, il suo reparto stava investigando sul conto del Guttadauro e che lui persona lmente aveva collocato delle microspie nella sua abitazione estiva di Castelvetrano. Nel corso del suo esame dibattimentale il Riolo, sia pure a seguito di con testazione, confer ma va e ribadiva il contenuto delle sue precedenti dichiarazioni, limitandosi a precisare che la prima collocazione delle microspie era avvenuta nel corso dell’estate del 99’ e che l’anno seguente vi era stato un ulteriore accesso. Entrambi gli interventi erano stati coordina ti dal Colonnello Sini ed erano finali zzati alla ricerca del latita nte Messina Denaro, in consid erazio ne dei rapporti di affinità esistenti col Guttadaur o e dell’ubicazione della suddetta casa estiva (Castelvetrano si trova in provincia di Trapani ed è uno dei luoghi di pr ovenienza de l latitante). In sintesi, l’attività tecnica era consistita nell’installazione di diverse microspie, sia dentr o la ca sa che fuori, le quali, tuttavia, non avevano mai funziona to bene a caus a dei disturbi e delle i nterferenze provocati da altri appar ati collocati dalla Polizia di Stato. 493 Tale circost anza, in un primo tem po, non era nota al suo reparto tant o che non si compr endevano appieno i motivi del malfunzionament o generalizzato delle microspie. Era stato pr oprio lui a scoprire che il difettoso ritorno del segnale e ra d etermin ato dalle contemporanee analoghe attività tecniche poste in essere da i colleghi della Polizia . Nella surrichiamata circost anza egli aveva confidato all’Aiello dell’esis tenza delle inda gini sul Filippo Gutta dauro e sulla collocazi one delle microspie nella sua casa estiva d i Castelvetrano. Tale rivelazio ne er a avvenuta in c oincidenza con il periodo nel quale Fili ppo Guttadauro si r ecava dall’Aiello ed, a suo dire, gli avanz ava pr etese di natura economica: Riolo: “q uesto del fr atello prima nel… nel 2000”. P.M.: “ah, già nel 2000 le chiedeva Aiello se c’erano interce… attività di indagine su Guttadauro, quello che stava a Bagheria se capisco?” Riolo: “no, no, no, è c he s e c’erano… attenzione, chiedeva siccome se lo trovava là e gli faceva delle proposte, che a me non mi disse che co sa voleva, era molto arrabbiato e dice: <come devo fare io ad allontanare questo?> Gli dico: <basta che lo fai entrare, ma in questi termini non…>” “Che proposte gli faceva, estorsive in sostanza?” “Sicuramente, ma non me lo disse mai”. “Non gli disse mai? Lei capì così, non perc hé glielo sto dicendo io?” “ No, no, io capii. C’è una persona che gli va continuamente a bussare dietro la porta. P.M.: … E quando lei dice “io questo lo sto investigando, gli abbiamo messo le microspie, eccetera”, glielo dice subito dopo? RIOLO: Subito do po, per cercare di… di capire e satta- mente che cosa voleva . La coll ocazion e temporale dell’episodio er a, dunque, chiarissima, per nulla incerta e ribadita in modo coerente, posto che il Riolo anche in dibattimento confermava quant o aveva spontaneamente riferi to nei suoi pr imi inter rogatori. 494 Eppure, secondo il consueto schem a dianzi a lungo esaminato, le dichiaraz ioni del Riolo subiv ano una pa rziale modifica, proprio su qu esto s pecifi co aspetto, a seguito dell’ascolto delle dichiarazioni rese da Michele Aiello nel corso dell’ esame da lui reso poche udienz e prim a. L’Aiello, invero, all’udien za del 21 f ebbraio 2006, dichiar ava: PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: … Senta, le ha mai riferito Riolo di attività investigative, indagini, sulla persona di Guttadauro Filippo, indagini in corso a Castelvetrano o a Bagheria? AIELLO MI CHELE: Mai e poi mai. Che era noto che Guttadauro Filippo era un perso naggio mafios o su questo non c’è dubbio, ma per quanto r iguarda abitazioni… ch e lui mi diceva: “ma qu esto di qua è un tipo attenzionat o perché è un noto mafioso” questo si, riten go me ne abbia parlato, ma di microspie in casa Gutt adauro Filippo nella maniera più assoluta.” Dunque, l’A iello, pu r non negando di aver potuto discutere accidentalmente co l Riolo delle visite del Guttada uro, escludeva di avere sa puto della collocazione di mic rospie nella sua abitazion e estiva e sottolineava il f atto che, dat e le caratt eristiche del soggett o, er a del tutto p revedibile che potesse essere indagato. Per altro ve rso l’Aiell o ri feriva il dialogo col Riolo al 1 marzo del 200 1, i n cor rispon denza con la pubblicaz ione sui giorna li della notiz ia del ri trovam ento di una microspia collocata all’interno del cimitero e nelle adiacenze della tomba di Fra ncesco Messina D enaro, padre del la titante Matteo. Da un lato, pertanto , una chiara delimitazione dell’oggetto della rive lazion e, con esclusi one della parte concernente l’install azione delle microspie e, sotto l’aspetto temporale, una precisa collocazione in un’epoca successiva at traver so 495 un riferimento ad un elem ento cronologico certo (la noti zia pubblicata sui quotidiani). Orbene, prend endo le mosse dal contenuto delle dichiarazioni rese e più volte ri badite in modo coerente dal Riolo nel cor so dei suoi interrogatori, da vvero non si comprende in che modo questi abbia potuto modificare in tal modo le sue dichiarazioni nel corso del dibattiment o, quantomeno sotto l’aspetto del riferimento tempo rale. Appare, i nvero, impossibile che un ricordo colloca to all’epoca iniziale della su a conoscenza con l’Aiello e p oco d opo l’assunzi one della mogl ie – 1999 o al massimo 2000 – possa in dibattimen to trasformarsi in un altro ricordo, questa volta non solo risalente a circa due anni dopo (1.3.2001) ma, addirittura, ancor ato ad un fatto mai rifer ito prima se non dall’Aiel lo. Ed appare an cora più incompr ensibile come si p ossa logicamente a mmettere che tale nuova versione dei f atti non sia s olamente una passiva ed adesiva acquiescenz a rispetto al percorso ind icato poco prima d all’Aiello nel corso del suo esame. Eppure, quasi con ca ndore, il Riolo, dopo a vere conferm ato in pieno il resto delle sue sempre pre cise affermazioni, aggiu ngeva: “Noi siamo dopo il ritrovamento della microspia al cimitero.”. Il fatto che, a fronte di una precisa collocazione tempor ale ancorata ad un dato spontanea m ente rif erito (l’assunzione della moglie e l’inizio della sua conoscenza con l’Aiello), il Riolo a bbia introdotto, con altrettanta apparente sicurezza , un diver so ricordo spingendosi fino a collegarlo ad un altro fatto (la no tizia giornali stica) mai prima rifer ito spiega chia ramente ch e si tratta di un atteggiamento inteso al solo fine di compia cere l ’Aiello. Ancora una volta, com unque, deve evidenzia rsi come il Riolo, dopo essere stato messo a lungo in difficoltà dalle continue contestazioni operate dal P.M., abbia fatto una parziale mar496 cia indiet ro finendo per a mmette re di aver potuto far e confusione. Tale con clusivo atteggiam ento del Riolo assume una certa rilevanza sotto il profilo della utilizzabilità degli elementi di prova a carico dell’Aiello. Posto, infatti, che i verbali di interrogatorio del Riolo non possono essere util izzati a f ini di prova nei suoi confr onti, a causa del manca to consenso all’utilizzazione, le versioni dei fatti alle quali può farsi richiamo r imangono solo quelle riferite dall’imputato nel corso del suo esame dibattime ntale. Ed in tale sede deve registrarsi come, dopo le surrifer ite evoluzioni connesse esclusivamente a lla collocazione temporale della ri velazione (ed a n ient’a ltro), il Riolo non abbia smentito le precedenti dich iarazioni, né l e abbia con certezza sostituite con altre di n uovo e diverso contenuto ma abbia , sostanzialm ente, forn ito due descr izioni dello stesso fatto senza saper dire con sicurezza quale delle due fosse quella ver a. Di talchè, il Collegi o è chiam ato a d esaminarne gli svi luppi, gli andament i e le motivazioni di entrambe le versioni al fine di individ uare quella che appare più attendibile e coerente rispetto al resto del le risu ltanze. Ed allora, prendendo le mosse proprio da queste ultime, va detto che il Maggiore Sini ha confermato le attività investiga tive nei termin i e nei tempi descr itti dal Riolo, aggiungendo che effettivamente esse non avevano dato i risultati sperati. L’obietti vo pri ncipal e dell’ indagine era la cattura del latitante Messina Denaro, l a cui sorella Rosalia era sposata col Gutta dauro. Le attività di installazi one di micr ospie erano davvero avvenute in due m omenti d istinti collocabili sempre nei mesi di agosto del 1999 e del 2000. A parte le difficoltà con nesse all’a ccavallamento dell’indagine con quella paral lela svolta dalla Polizia di Stato ed i conseguenti difetti di funzionamento dei rispettivi apparati tecni497 ci, il dato di rilievo e ra stato rappr esentato dalla circostanza per la quale i fr equentatori della casa di Castelvetra no de l Guttadaur o quasi sempre si mettevano a parlare all’aperto ed adottavan o molte precauzioni (V. anche la deposizione del Maggiore Gianca rlo Scafuri). Dunque, la not izia riferita all’Aiello era, ancora una volta, d el tutto vera e r elativa ad una indagi ne in corso di svolg imento al momento dell a rivelazione. Tale ultimo dato di o rdine tempora le, pur in pr esenza di due contemporanee versioni contrastanti fornite dal Riolo, deve ritenersi altrettanto cert o e dimostrato, atteso che l’ unica versione accet tabile è risultata quella f ornita per prima dall’impu tato. Intanto, per l e suddette considerazioni in tema di pedissequo adeguamen to delle prop rie dichiar azioni a quelle poco p rima rese dall’Aiello ed a lle continue e manifeste illogicità nella concatenazione d ei ricordi ancora ti a fatti storici diversi, l’ultim d ei qua li mai neppur e cita to in precedenza. In secon do luogo per ché lo stesso Riolo, in diba ttimento, ha continuato a descri vere l a sua rivelazione all’Aiello utilizza ndo i verbi al tempo presente, così lasciando chiaramente ritenere l’attualità dell’o ggetto della rivelazione rispetto alle indagini. Infine, Giorgio Riolo ha sempre riferito di essere stato indotto a fare la suddetta rivelazione dalle fortissime preoccupazioni manifestategli dall’ Aiello e dalla sua volontà di rassicurarlo dicendogl i ch e vi era no i ndagini in corso a carico del Gut tadauro che avreb bero potuto condur re al suo arresto (co sa che avrebbe posto defi nitiva mente fine al travaglio dell’impr enditore). Orbene, è del tutto evidente che questo intento rassicuratorio non avreb be avu to alcu n senso logico qualor a il Riolo avesse già avuto la consapevolezza dell’indagine. 498 del sostanziale fallimento In altre parole, i ntanto il Riolo poteva tranq uillizz are l’Aiello in quant o l’indagine fosse ancor a in corso e non definitivamente fallita. In quest’ultimo caso il Riolo non avrebbe potuto dare all’Aiell o alcuna tranquillità ma, a nzi, ulteriori motivi di preoccupazione, posto che a carico del Guttad auro non era stato possibile accertare alcunché. Ed allora, sulla scorta di tutte le superiori considera zioni, deve pervenirsi all a con clusione della preferibilità della prima version e fornita dal Riolo in ord ine all’aspetto della coll ocazione cronolo gica d egli a ccadimenti. Detta versione, in fatti, è a pparsa logica, coe rentemente ribadita ed in piena armonia con tutt e le altre risultanze sia fattuali (l’esatta ricostr uzione dell’andamento delle ind agini riferite dai testi di P.G .) che tempora li (si pensi che l’inizio del rapporto di lavoro della moglie del Riolo risale proprio ad un periodo corr ispond ente all’estate del 1999, momento della prima collocazi one delle microspie). Mentre, a l contr ario, l a parziale modifica operata solo in dibattiment o è risul tata illogica q uanto alle cor rette m odalità di ricostruz ione dei fatti ed alla collocazio ne dei ricordi per relationem rispetto ad al tri avvenimenti e, soprattutto, motivata dalla sola esig enza di ad eguarsi al contenuto delle precedenti dichiar azioni rese dal coimputato Aiello. Ciò posto, perta nto, ricor rono tutti gli elementi tipici del reato di rivelaz ione di notizie segrete, atteso che si tra tta di un fatto assolutamente vero, avente natura riservata e relativo ad attività di indagi ne ancora in co rso di svolgimento, con la conseguen za del rischio di un potenziale pregiudizio per l’indagin e medesima. Sotto quest’ultimo aspetto non possono condividersi le osservazioni della dife sa dell’Aiello in tema di assoluta prevedibilità dell’esistenz a di indagini sulla persona di Filippo Guttadauro a motivo dei su oi precedenti e delle sue parentele. 499 Non vi è dubbio alcu no che questi fosse all’epoca un soggetto sul quale, co n ogni probabilità, le forze di polizia potessero svolgere indagi ni ed accertamenti. Ma ciò che rileva, ai fini della configurabilità del reato in esame, non è questo ma bensì l’esistenza di una rivelazione di una notizia vera, specifica e su indagini ancora potenzialmente soggette ad essere pr egiudicate. Per quanto, dunque, potesse lecita mente rite nersi prevedibile lo svolgimento di indagi ni sul c onto del Gutta dauro, non vi è dubbio che l a notiz ia dell’ installazione di microspie nella casa estiva di Castelvetrano costituiva un elemento cognitivo del tutto specifi co e mu nito de l car attere della novità ris petto a generic i sospetti e ad aspettative indeterminate. Il fatto, poi, che proprio in quel periodo il Guttadauro si trovava al soggiorno obblig ato in località Aspra di Bagheria e, pertanto, non pot eva frequentare Castelvet rano, a ncora una volta non incid e sull a rilevanza della condotta, posto che l’attivit à di indagine era finalizzata alla ricerca ed alla cattura del latita nte M essina Denaro e la casa sottoposta a co ntrollo er a ritenuta u n possibile luogo da questi frequenta to. Né rileva l’altra osserva zione difensiva in forza della quale non sar ebbe emersa la dimostrazione che i frequentatori della casa del Gutt adauro parla ssero all’aper to in quanto preventivamente avvertiti dell’esistenza di microspie. Ancora un volta va riba dito che per configurare il reato in questione non è per nulla necessario dimostrare un reale ed effettivo preg iudizi o per le indagini, essendo al contra rio su fficiente accertare l’ esistenza di un rischio potenziale . Pertanto, l’atteggiamento circospetto delle persone pr esenti in quella cas a potrebbe esser e indicativo di un pr eavviso specifico pervenuto dall ’Aiello così come dell’adozione di normali e fisiolog iche pr ecauzioni da parte di chi sosp etta di poter essere co ntrollato. 500 Nulla di tutto questo incide sulla penale rilevanza della condotta dianzi accertata, posto che certamente il Riolo ha fatto una rivelazi one di un fatto v ero, specifico e segre to all’Aiello, che la stessa è stata suscitata ed indotta d al comportamento di quest’u ltimo ed è avvenuta in un momento temporale compatibile con un poten ziale inquinamento delle ind agini. Vi è poi u n ulteriore episodio di rivelazione di una not izia che riguar da sempr e le indagini finalizzate a lla ricerca ed alla cattura del latitante Matteo Messina Denar o. Anche in questo caso si tratta di una confessione resa da l Riolo subito dopo il suo arre sto e riguardante notizie riservate in merito alle indagi ni svolte dalla Polizia di Stato ed aventi ad oggetto la collocazione d i una telecamera d i fronte all’abitazione di Paola Mesi, sita sempre nel Comune di Aspra vicino a Bagheria. Nel corso del suo esame dibattime ntale il Riolo riferiva che nel mese di giugno 1999, era and ato a trovare l’Aiello alla Diagnosti ca ins ieme al maresciallo Borzacchelli. Dopo che i tre erano insieme, veniva introdotto un argomento che rigua rdava i frat elli Mesi. Si trattava di Maria Mesi per par e cchio tempo legata sentimentalmen te al latitante Matteo Messina Denaro e, come vedremo, con dannata anche per averlo stabilmente ospitato proprio n ella sua abi tazione di via Milwaukee ad Aspra. Nonché di Paola Mesi e Fra ncesco Mesi che erano dipendenti di Michele Aiello , cosa che, a giudizio del Borzacchelli, era assolutamente da evitare proprio per i rapporti che legavano questa famiglia al su ddetto latitant e mafioso: RIOLO: “… “due fratelli … due dipendenti, i fratelli MESI, Paola MESI ed un altro”… dalla sua struttura per non rovinare l’immagine della diagnostica, aggiungendo che si trattava di persone s otto controllo da parte dei Carabinieri, che il M.llo DI CARLO gli aveva già fatto una perquisizione e che erano 501 guardati a vista da una telecamera posta davanti all’abitazione”. Dunque, il Bor zacchelli, mostrando di voler proteggere l’Aiello, cercava di convincerlo a licenziare i Mesi che, a causa della loro paren te, avrebbero potuto metterlo in imbarazzo. Ma, l’Aiello, secondo la ricostruzione resa nel cor so dell’esam e dal Riolo, era già a conoscenza di tale argome nto per averlo appreso dalla stessa Me si e sollecitava i due sottufficiali ad effettuare u na verif ica sui luoghi p er riscontrare se davvero vi fosse un a telecamer a installata di fronte a casa di costei. Ed invero, aveva spiegato l’Aiello che la stessa Paola Mesi si era più volte lamentata con lui del fatto che, subito dopo aver ricevuto qua lche ospite in ca sa, la polizia si era puntualmente presen tata per effett uar e dei contr olli con banali scuse. Ciò aveva insosp ettito la Mesi che, dato il rapporto di confidenza che lo legava all’Aiello (basti pensare che fa ceva parte della c.d. rete riservata), si era rivolta a lui per un aiuto. L’Aiello, pertanto , collega va tale lamentela con la conferma appena r icevut a dal Borzacchelli e si recava sul posto con i due sottufficial i per verificar e la rispondenza al vero della presenza della teleca mera. Tutti e tre, dunque, si erano recati, a bordo nella macchina dell’Aiel lo, in via M ilwaukee ad Aspra di fronte ca sa Mes i. Ivi il Riolo aveva co ncretamente accertato la presenza di una telecamera occultata dietro ad un involucro ed avente le tipiche caratteristich e di colloca zione degli apparati di osserva- zione ed intercettazi one di immagini. Sorgeva, poi, a tale prop osito una lunga disquisizione sui sistemi di rilevament o utilizzati dal Riolo, atteso che quest i, in un primo mo mento, aveva detto di avere all’ uopo fatto uso di un analizzatore di spettro mentre in dibattimento nega va la 502 circostan za sostenendo di aver e fatto finta di usa re uno strumento sofisticato mentre, in realtà, si tratta va di un banale televisore portatile. Di seguito tale passaggio viene r ip ortato ma sin s’or a appare opportuno ev idenziare come si tratti di un elemento del tutto indifferente, p osto ch e l’unica cosa che ass ume rilevanza è l’esisten za di u na bonifica, comunq ue effettuata da l Riolo, ed il ritrov amento della telecamera occultata. In dibattimento il Riolo rifer iva: “No, io non avevo lo strumento in realtà… l’analizzatore di spettro, avevo un televisorino che… ch e seguivo quando andavo a accompagnare i miei figli al campo per… aspettavo, prendevo per… per… guardavo la televisione, il moni… i televisorini portatili, quelli che sa… s’attaccano con l’accendisigari.” … “Anche se poi io nel… durante l’interrogatorio ho detto cosa diversa. PUBBLICO MINIST ERO: Ma, aspetti. RIOLO GIORGIO: No, e va beh, c’è… le sto dicendo… RIOLO GIO RGIO: … La verità è questa che sto dicendo. Ad ogni modo la verif ica si era svolta nei seguenti termini: RIOLO: “…… siamo andati all’Aspra, siamo entrati ne… nella strada, e in realtà di fatto c’er a una scatola lì, distaccata dal mur o, distaccata dal muro perché c’era… ricordo come particolare che c’era… è come se avessero rifatto la facciata, ecco. E quindi questa scatola non era attaccata bene al palo, ma era … era distaccata, era messa in… in modo obliquo, era stata distaccata….però si… si capiva che era una… che era una telecamera, pe rché c’era l’antenna messa, posta dietro, quindi a… a distanza si… si notava che era una telecamera quella lì.”. 503 Pertanto, in og ni caso, il Riolo, sulla base della propria esperienza e competen za ed attraverso una verifica diretta sul p osto, aveva accertato l a presenza di una telecamera puntata in direzione d i casa Mesi e lo aveva confermat o all’Aiello ed al Borzacchelli. E tanto è sufficiente, a g iudizio del Collegio, allo scopo di a ccertare una condotta del Riolo finalizzata a disvelare un fatto investigativo ( dando conferma della presenz a della teleca mera) connesso a d una indagine, come si vedrà, in quel mo- mento ancora in corso, anche prescindendo dal tipo di r ilevamento eseguit o nell o specifico d al Riolo. Sotto altro profil o, assume un ce rto rilievo accertare con precisione l’aspetto dell ’assunzione d ell’iniziativa di procedere alla sudd etta verifica: PUBBLICO MINIST ERO: Guardi, andiamo con ordine, partiamo dall’inizio, intanto lei dice che fu Borzacchelli a dire andiamo a vedere, no? Guardi lei il 15 Mag gio 2004, le leggo tutto il pezzo, allora. Pubblico Ministero, pagina 26 e seguenti: “Torniamo un attimo indietro ai discorsi su Paola mesi, quando Borzacchelli dice ad Aiello ch e lui rischia di rovinare la società, perché Paola Mesi è sottoposta a indagini, queste indagini sono segrete evidentemente”. Riolo: “Se queste sono segrete, lui mi disse che era stata posta una telecamera davanti all’abitazione della Paola Mesi, e cose varie”. P.M.: “Lui Borzacchelli?” Riolo: “Borzacchelli. E cos e varie. Io ci passai ed in eff etti là verificai che c’era”. P.M.: “Che c’era una telecamera, quindi non era una… una frottola”. Riolo: “Non era una frottola, questo glielo dissi pure ad Aiello che si era preoc cupato, nel senso: non è che poi mi danno fastidio pure a me tutte queste discussioni”. P.M.: “Perché lei gli disse che la telecamera guardavo la… guardava Paola Mesi e non guardava a lui?”. Riolo: “No, che c’era questa telecamera in questa via”. P.M.: “M a lei perché ci passò? Cioè di testa sua o fu mandato?” Riolo: “No, mi fu chiesto da 504 Aiello ed in compagnia di Borzacchelli ci passammo assieme”. P.M.: “Quindi, lei Borzacchelli…”. Riolo: “Tutti e tre”. Quindi da come ha dichiarato, andiamoci per punti, non c’è dubbio che Bo rzacchelli che a lei da lei, non c’è dubbio che eravate tutti e tre insieme, non c’è dubbio del discorso che Borzacchelli: dice questi sono pericolosi, sono sotto indagine, sono un obiettivo, eccetera, eccetera”. Però qui è Aiello che gli elo chiede di effettu are questa… di dire andiamo, qui come… per come lo dic e lei fu Aiello a dirlo. RIOLO GIORGIO: Dottore Prestipino, penso che non cambia una virgola. Viene… cioè nel senso che è possibile… è pos sibile che me l’abbia anche pot uto chiedere l’ingegnere Aiello … fra Borzacchelli ed Aiel lo e cioè “quelli sono… li devi allontanare” è po… possibile che me l’abbia potuto chiedere, ma è vero allora sta sit uazione, ecco, è possibile, cioè non è che cambi a qualche cosa secondo me , poi… PRESIDENTE: Maresciallo, lei dovrebbe evitare di diciamo di… di dire quello che pensa a proposito dell’esistenza di divergenze, di contestazione, perché questo poi lo valuteranno le parti e… RIOLO GIORGIO: Si, si. PRESIDENTE: … Soprattutto lo valuterà il Tribunale. RIOLO GIORGIO: No, ma io cioè sono stanco signor Presidente. ….. PRESIDENTE: Però qua ci sono due punti di vista diversi, perché come lei poco fa… secondo la versione che lei ha fornito poco fa, sarebbe stato Borzacchelli che di fronte alle titubanze, alle incertezze diciamo di Aiello che diceva: “Ma non ci credo che possano essere pericolosi, che siano…”. Avrebbe detto: “Andiamo che ti 505 faccio vedere che c’è la telecamera” questa è una versione. Un’altra cosa invece è dire che fu Aiello a dire a lei e a Borzacchelli: “Andiamo che voglio andare a vedere questa situazione”. Lei se lo ricorda quindi? RIOLO GIO RGIO: Io me lo r icordo questo fatto, m a mi ricordo che è stato Borzacchelli che… è normale che nella discussione magari ab bia messo o… o la curio sità anche all’Aiello andia… allora a stu punto andiamo a vedere se è vero quello che mi dico o meno… Poi è possibile, è poss ibile che m e… me l’abbia… ma perché era… … PUBBLICO MINIST ERO: No, mi segua, che Borzacchelli, come ha detto questa mattina sia andato lì, abbia detto: “Bisogna allontanare i Mesi, sono oggetto di indagine” eccetera, eccetera, poi vedremo anche perché, questo indubbiamente corrisponde esattamente a quello che lei aveva già dichiarato anche nella fase delle indagini. Poi lei qui quando assumete l’iniziativa diciamo, mentre girate per Bagheria, di andare fino ad Aspra in macchina, per vedere se era vero o meno, p er ve dere se c’era questa telecamera, lei qui ha detto: “Fu chiesto da Aiello di andare…” e dice: “In compagnia di Borzacchelli ci passammo”. RIOLO GIORGIO: E’ possibile. È possibile. Pertanto, sia pure a seguito di contestazioni e dop o alcune indecisioni connesse alla stanchezza, il Riolo conf ermava quanto dichi arato nel corso dei suoi primi interrogatori, ammettendo che l’iniziativa di recarsi sul posto era stata assu nta da Michele A iello. Per altro verso , come si è anticipa to in premessa, il Riolo sosteneva che la notizia era stata inizialmente riferita dal Borzacchelli m a che la stessa era solo una confer ma per l’Aiello, 506 il quale ne er a già a con oscenza aut onomamente a seguito dei sospetti che la stessa Paola Mesi gli aveva già conf idato. A tale conclusione, però, si per viene attra verso un per corso accidentato, posto che nei primi interrogatori lo stesso Riolo aveva in dicato in Aie llo la prima fonte della notiz ia: PUBBLICO MINIST ERO: Va bene. Perché vede poi lei lo ha ribadito anche il 15 Maggio del 200 4, e siamo a pagina 72 e seguenti dell’interrogatorio, viene domandato: “Questa notizia chi l’ha dat a, chi ha detto andiamo a ved ere se c’ è questa, Aiel lo?” E lei dice: “Aiello”. E poi spiega anche il motivo. Eh, io infatti le avevo chiesto, se lei aveva ricordo di qualche particolare che aveva riferito Aiello in questa circostanza, lei ha detto di no. Si ricorda se Aiello le disse qualche circostanza particolare che era accaduta e che induceva la signorina Mesi ad avere dei particolari sospetti? Riolo: “Si, forse , non vorrei sbagliare, forse adducendo che ogni qualvolta che … c’erano visite, c’era subito qualche or gano di Po lizia ch e… vi andava a fare la perquisizione. E ssendo di… che… ch e… che era questo Quindi ogni qualvolta i Mesi ricevevano persone a casa, c’e ra subito un contr ollo d i Polizia. PUBBLICO MINIST ERO: Eh, quindi, questo lei da chi lo sente dire? … RIOLO GIORGIO: Dall’inge gnere Aiello . PUBBLICO MINISTERO: Ecco, ques ta cosa che a lei dice l’ingegnere Aiello , all’ingegnere Aie llo da ch i era stata riferit a? Glielo dice l’ingegnere? … RIOLO GIO RGIO: Dal mares ciallo Di Carlo. PUBBLICO MINISTERO: 507 Allora, guardi, è sempre lo stesso punto della… 15 Maggio 2004 e siamo sempre a pagina 72. PUBBLICO MINISTERO: “Questa notizia chi l’ha data? Chi ha detto andiamo a vedere se c’è questa… Aiello?” Riolo: “Aiello, perch é aveva il sospetto che lì davan ti ogni volta che diceva qualche cosa, cioè qu ello che gli r iferiva la Mesi ad Aiello era che ogni volta che lei ch e andava qualcuno, che qualcuno andava lì, subito gli andavano . Quindi sicurament e c’era una telecamera”. Poi, P.M.: “Ho capito. Ecco io volevo sapere una cosa, lei con la Mesi di questa cosa ha parlato?” Riolo: “No, no mai”. P.M.: “Quindi che la Mesi dicesse questo a lei chi lo dice?” Riolo: “Aiello ”. P.M.: “Aiello”. Va bene. P.M.: “Per chiarire, la mesi ad Aiello spiega i suoi sospetti perché ogni volta che lei riceveva una visita in casa poi queste persone ricevevano perquisizioni, accertamenti?” Riolo: “No, un controllo”. P.M.: “C ontrolli di Polizia?” Riolo: “Controlli di Polizia si”. Quindi lo conferma… RIOLO GIO RGIO: Confermo, confe rmo. Proseguen do nella rico struzione fornita in aula, il Riolo aggiungeva: PUBBLICO MINISTERO: Allora, si, siamo all’in terrogator io del 7 Giugno 2004, 7 Giugno 200 4 pagin a 54 e seguenti, e lei proprio su questo punto, maresciallo ha detto, Riolo: “Ci siamo messi in macchina, e siamo andati a fare un giro, e io la identificai perché e ra messa, la telecamera, era molto vistosa. Anche perché – qu esto è il punto – anche perché l’ Aiello tra l’altro, cio è la Mesi avrebbe riferito ad Aiello che tempo addietro av evano visto persone che montavano questa cassettina, cioè gente che non erano deg li elet tricisti, erano evidenti che non erano elettricisti e quindi il vicinato avrebbe detto che c’era st a cosa ch e avevano messo”. È ve ro? 508 RIOLO GIO RGIO: Confermo. Alcune parzi ali confer me, come sempre frutto di un ridimensionamento della valenza auto accusatoria delle proprie precedenti dich iarazi oni, provenivano poi dallo stesso Michele Aiello. AIELLO: “B orzacchelli assieme a Riolo lo avevano invitato a fare una passeggiata in macchina con loro, perc hé in quel periodo tentavano di allontanare la… dipendente Mesi dalla struttura. E per c onvincermi di questo una delle cause ch e po rtava avanti il Borzacchelli e ra quello che il… il… la Mesi era… la famiglia Mesi era attenzionata. Ma di questo già era un fatto noto io dico, perché già in quel momento il fratello si era dimesso dal… era asse… era partito, credo, non mi ricordo b ene.”. In primo luogo, quindi, l’ Aiello smentiva di avere assunto lui l’iniziat iva di andare in macchina a d Aspra ad effettuare una sostanziale bon ifica sui luoghi. Ed inoltre, agg iungeva che in que l momento (giugno 1999) solo Paola M esi era ancora alle sue dipendenze, atteso che il fratello Francesco si era già dime sso il 26 a prile 1999. AIELLO:“Siamo in macchina e praticamente Riolo dice che se lui vuole ha la possibilità tramite uno scanner, un telef oni… un televisorino non mi ricordo bene quale parola abbia utilizzato, se vuole di andare a verificare la presenza o meno di una… di una telecamera nei pressi dell’abitazione Mesi. …. “una specie di… di scatolina, … di scarpe, una cosa del genere di quelle dimensioni…. lui mi ha detto che aveva la possibilità se voleva tramite un televisorino contenuto all’interno di questa scatola, verificare la presenza delle telecamere, se lui voleva poteva farlo.” Ma, stravol gendo il senso di qua nto lui stesso av eva in precedenza af fermat o, l’Aiello negava decisamente che fosse sta509 ta effettuata sul posto una verifica cui era seguito il rinvenimento di una telecamera. E ciò, co me sempre, aveva determinato la contestazione del P.M.: PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPINO: Allora, le contes to, lei su quest o punto è stat o sentito il 19 Maggio 2004 , 96 e seguenti, e lei dice, le leggo soltanto i pezzi delle sue affermazioni: “Le ripeto, direttamente ne ha parlato Borzacchelli direttamente, proprio per quanto riguarda il discorso de lla signorina Mesi. Eravamo una sera praticamente col signor Riolo, ero io al si… assieme al signor Riolo e al signor Borzacchelli, e praticamente il signor Borzacchelli viene fuori con quest o discorso che la signorina Mesi lavorava presso il mio studio, il fratello lavorava presso la mia azienda, e ra pericoloso per me. Il signor Borzacchelli riferisce che e ra la famig lia Mesi sottopo sta ad ind agine, per il discorso praticament e dei rapporti con i Guttadauro, pe rché una… una sorell a della signorina Mesi, l’altra sor ella, Ma ria lavo rava presso la Sud P esca e quindi era sottopos ta praticamente ad indagine per quanto riguarda la ricerca e la cattura del latitante Messina Denaro”. P.M.: “Questo lo dice Borzacchelli?” Aiello: “Il Borzacchelli. E praticamente viene… avere queste persone all’interno dell’azienda che lavorano può costituire pregiudizio per le mie aziende. Infatti disse: vedi stai attento perché questi qua vengono controllati, sono controllati, anzi no vengono, sono controllati”. Poi io le faccio… viene fatta la domanda: “Che cosa è successo?” E lei dice: “No, niente, non è successo niente, qualcuno andò a smontare… oppure io sono andato, oppure io l’ho detto infatti, in macchina, me l’hanno detto in macchina questo discorso. Mi han no praticamente po rtato in macchina, e il si gnor Riolo mi ricordo che aveva l’attrezz atura in m acchina, praticamente di ce: vedi se io voglio po sso in q ualsiasi istante passando da un posto, 510 vedere ef fettiv amente, mettermi in collegamento con la telecamer a”. Pubblico Minister o: “E l’hanno fatto?” “E l’hanno fat to”. “Dav anti a lei?” “Davanti a me”. P.M.: “E dov’era sta telecamera? ” Aiello: “Ad Aspra, praticamente presso l’abitazione della signo rina Mesi”. Questa è la contestazione, lei la conferm a o no quest e dichi arazioni…” PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: “E l’hanno fatto?” Aiello: “E l’hanno fatto”. P.M.: “Davanti a lei?” Aiello: “Davanti a me”. P.M.: “E dov’era questa telecamera?” Aiello: “Ad Aspra, praticamente presso l’abitazione della signorina Mesi”. Io voglio sapere se conferma o meno questo tratto delle dichiarazioni che vengon o contestate. AIELLO MICHELE: Io ci v ado al cont rario, così… così come sono scritte là non li confermo… Be nissimo , così come sono scritte non li confermo.”. Anche in q uesto caso, dunque, l’Aiello ha da pprima cercato di rendere dichiarazio ni parzialmente diverse e poi, dopo essere stato messo di fronte ad un co ntrasto specifico, ha finito per limitarsi a non confermare. A fronte di que sto comp lessivo qua dro di risult anze, la difesa dell’Aiel lo ha sosten uto che si s arebbe trattato di una notizia già nota e priva del carattere di novità e di segret ezza. E ciò in qu anto, ad esem pio, Fr ancesco Mesi era già stato tratto in ar resto nel dicembre 1998 per favoreggiamento del latitante Messina Den aro, al quale avrebbe fatto da autista. Nel successivo mese di apr ile 99’ egli si era dimesso da d ipendente d ell’Ai ello ed i l 20.5.99 a veva patteggiato una pena per la suddetta imputazione. Di talchè il co involg imento della f amiglia Mesi nelle vicende della latita nza del Messina Denaro erano già emerse prima del giugno 99’, epoca nella quale pacificamente si colloca 511 l’episodio del la rivelazi one della notizia e della verifica in via Milwaukee. E sempre secondo l a tesi dif ensiva, le indagini su France sco Mesi erano inizia te addirittura nel 95/96 mentre quelle a carico della sorella Maria addirittur a l’anno prima , a seguito di una vacanz a che questa aveva trascorso con il latitante in una local ità non meglio individua ta . I testi Bonanno e La Barbera della Polizia di Stato, in effetti, riferivano che la telecame ra davanti casa dei Mesi era stata installata verso la metà del 1997 e disinstal lata ne l mese di giugno 1999, in coincidenza con la conclusione delle indagini. A giudizi o del Tribun ale, pur in considerazione delle osservazioni difen sive, è cer to che al momento della rivela zione l’indagin e era ancora in corso di svolgimento. Ciò è dimostrato intanto dalla presenza della telecamer a che il Riol o ha affermato di avere comunque individuato con assoluta certezza . La stessa, dunque, ancora non er a stata rimossa a dimostrazione ch e, a prescindere dai risult ati effettivamente conseguiti, l’indagine in quel momento era ancora in corso. Del resto, Maria Mesi, la compagna di Messina Denaro, ancora si t rovava in stato di libertà e sa rebbe stata tratta in ar resto solo nel corso del 2000, ad ulteriore dimostrazione dell’attu alità delle invest igazioni nel mese di giugno 1999. Va, poi, evidenzi ato come le indagini sulla casa di via Milwaukee di A spra non fosser o affatto prive di fonda mento ma, al contrario, avessero colto esatt am ente nel segno. E’ stato, infatti, accertato che, fino a poco tempo prima del giugno 99, il l atitan te Matteo Messina Denaro aveva davvero utilizzato quell’appa rtamento quale suo nascondiglio. A parte le puntua li e riscontr ate dichiarazioni del collabora- tore Anton ino Giuf frè (ch e aveva r iferito di avere appreso dalla voce di Be rnardo Provenzano che il Messina Denaro aveva 512 trascorso buon a parte della latita nza nella zona di Aspra e Bagheria) , son o proprio gli atti del processo a Maria Mesi che dimostran o l’esattezza di quella intuizione investigativa . In particolare, a tal fine appare illuminante la disamina della motivazio ne de lla sentenza del 29 marzo 2001, prodott a ag li atti ed, ovviamente, passat a in a utorità di cosa giudicata, con la quale il Tribu nale di Palermo condanna va Maria Mesi per aver m esso a d isposiz ione del latitante Matteo Messina Denaro l’abitazion e familiare ubicata in via Milwaukee n. 49 di Aspra. Tale disamina consente di stabilir e che: - effettivamente erano st ati svolti dei servizi di oss ervazione da parte del S.C .O. della Polizia di Stato a mezzo anche di una telecamera installata , a partire dal 20 febbraio 1997, d avanti la casa dei Mesi di via Milwaukee 49; - tali riprese erano fi nalizzate all a cattura de l lati tante Matteo Messina Denaro ch e ivi era stato osp itato dall’imputata, come è rimasto dimostrato dal fatto che, in sede di una perquisizion e eseguita il 14. 6.2000, erano stati r invenuti effetti personali del l atitan te; - la Mesi era stata, sempre in de tta data, tratta in ar resto e fino a quel m omento, dunq ue, le attività di indagine erano proseguit e in f orma del tutto segr eta. Tali elementi di fatto, accerta ti da una sentenza penale definitiva, conferm ano l’attualità de ll’interesse investigativo nei confronti dei M esi al giugno 1999. Costoro, pertanto, al di là delle vicende giud iziarie di Fra ncesco Mesi , avevano o spitato nella comune abitazione per un determinato per iodo un latitante del calibro del Messina Denaro, il quale, con estr ema probabilità, aveva lasciato quella casa solo nel m ese di gennaio 1999. Di conseg uenza n el giug no 99 i Mesi avevano tutto l’interesse a sapere se nei loro confronti e, soprattutto, in relazione alla 513 loro abit azione vi fossero indagini da parte delle for ze dell’ordi ne. Ciò è ulteriorment e avvalorato da lle preoccupazioni manifestate da Paola Mesi all’Aiello a proposito di talune strane visite de lla Polizia in casa loro, spesso con scuse bana li e dopo che c’erano state del le vis ite. Pertanto, qui il punto non è, come sostenuto dalla difesa, stabilire se l’ interesse investiga tivo sui Mesi fosse ancora attuale o già esaurito – e come si è visto non lo era affatto almeno fino al 14 giu gno dell’ anno successivo (2000) – ma comprendere se e fino a che p unto la specifica notizia dell’esis tenza di una telecamera p untata sull’ingresso della loro abitaz ione pot esse essere un elemento cognitivo di rilievo o meno per i Mesi. Ed ovvia mente era un a notizia che, proprio per la sua specificità, aveva un valore inestimabile per costoro ed era del tutto nuova. Anche in quest a vicenda, poi, appa re estremamente prob abile che Michel e Aiello abbia a sua volta rive lato la notizia dell’esis tenza della telecamera a Paola Mesi. A tale univoca conclu sione deve pervenirsi considerando la natura intim a dei rapporti tra l’Aiello e la Mesi che non si limitavano al mero rapporto professionale. Un rapport o di vicinanza e di fiducia tale che la Mesi era stata inserita da Michele Aiello nel ristrettissimo novero dei membri della sua rete riser vata. Orbene, a fronte di u n rapporto così intimo e personale, appare davvero i mproba bile che l’Aiello, dopo avere avuto conferma dal Riolo dell’ esistenza di una telecamera, a bbia taciuto tale notizia a Paola Mesi che gli aveva confidato le sue preoccupazioni propri o circ a la possibile esistenza di indagini sulla sua abita zione. Come sempre, tuttavia, ta le ulteriore accertamento non è affatto indispensabile, essendo suf ficiente per la configur abili514 tà del reato di cui all’art. 326 cod. pen. la prova della rivelazione dal Riolo all’A iello di una notizia segreta a vente le sopra richi amate caratteristiche. L’ulterio re passaggio dell a notizia dall’Aiel lo ai Mesi, pur apparendo di solare chiarezza presuntiva, non è necessario che venga uni vocamente accertato. Ciò posto, va dato atto dell’accertamento giudiz iale anche di altre rivelazioni di notizie in qua lche modo sempre collegate con il contesto terri toriale di Ba gheria e con gli E ucaliptus. Anche in questi casi s i tratta sempre di spontanee ammissioni di fatti pena lmente rilevanti da parte del Riolo nel corso dei suoi interr ogatori successivi all’ arresto. Una di dette notizie concerne la collocazione di una telecamera in agro di Bagheria, anzi, per la pr ecisione, pr oprio in contrada Con sona e quind i assai vicino all’a bitazione della famiglia Eucaliptus. Si trattava, nella specie, di un ob iettivo inves tigativo denominato, all’interno del la Sezione An ticrimine, come “ZIO TOM” e che r ientra va sempre nel coacervo delle indagini finalizz ate alla ricerca ed alla cattura di Berna rdo Provenzano. L’imputato Riolo r iferiva nel corso del suo esam e di avere i nstallato, prima d ell’ag osto 20 02, una telecam era su un palo della luce ed una microspia esterna in contr ada Consona di Bagheria nei pressi di u na villa di pertinenza di un sogget to conosciuto come lo “Zio Tom”. Dopo aveva rivelato al l’Aiello che si stava occupando di montare una telecam era su un palo della luce in contrada Consona ed, in mod o particolare, in dir ezione di una villa “ubicata in alto”. Anche in questo caso la rivelazione non era stata spontanea da parte del Riolo ma suscitata d all’Aiello, il quale, con la scusa di alcu ni problemi elettrici, aveva ce rcato di sapere se alcuni oper ai dell’E NEL che era no stati visti in quella zona fossero d avvero tali o meno. 515 Ed infatti : RIOLO: “ Ho appreso per quale motivo me lo abbia chiesto, che c’erano stati dei prob lemi di co rrente, qualche operaio aveva… riferito all’ingegnere Aiello che c’erano quelli dell’Enel ch e stavan o lavorando nella palificazione sovrastante il cantiere di via Consona di proprietà dell’ingegnere. E mi parlava appunto di… di questa situazione che gli avevano causato, che avevano visto insomma queste… queste persone lì, e io gli ho… l’ho rassi curato che ero io a… che avevo montato un se… una telecamera lì per un oggetto non… non… non so, non mi ricordo se era… un oggetto, in dir ezione di… di una pe… di una persona che… che aveva la villa là sopra.”. A seguito della seguente contesta zione: Ri olo: “Si, perché me lo chiese, dice che avevano visto armeggiare personale, avevano monta to questa scatola”. P.M.: “Lei gli disse ad Aiello non solo che non riguardavano lui, ma chi riguardava, cioè la villa dello zio Tom?” Riolo: “Si, lui infatti l’ho detto che lui glielo spiegai e mi fece… - po i lei dice – penso che abbia capito, lui ha capito”. Il Riolo rispon deva: RIOLO: Confermo, si. Dunque, a seguito di una specifica domanda e della connessa contestaz ione, i l Riolo confer mava di avere rivelato all’Aiello anche il sopra nnome, “Zio Tom”, dell’obiettivo investigativo. Ciò che rileva, ad ogni mod o, è che l’indicazione fosse c orretta e riferita in modo tale da consentire all’Aiello, buon conoscitore del lu ogo, di ind ividua re il soggetto proprietario della villa in questione (ubicata nella parte alta di contr ada Consona che non è un luogo sovraf follato) anche a prescindere dal nomignolo abit ualmente utilizz ato all’interno del R.O.S. che all’Aiello non di ceva nulla. Il Riolo, dunque, ha confermato in pieno il suo precedente racconto tran ne che per un solo d ato – la comunicazione del 516 soprannome “Zio To m” – che, guarda ca so, è l’unico che l’Aiello, nel suo esame, aveva smentito. Ed invero, questi all’udienza del 21 febbraio 2006 negava d ecisamente di avere saputo dal Riolo il nome del soggetto interessato dall’at tività tecni ca. In relaz ione a tale argomento l’Aiello confermav a di essere stato lui a prendere l’argomento con il Riolo, visto che aveva saputo dai suoi oper ai della pr esenza d i alcuni addetti dell’ENEL che stavano lavorando su un palo in contrada Co nsona vici no ad un lor o cantiere. A seguito di tale intervento, peraltro, si erano verificati dei temporanei malf unzion amenti nelle linee elettriche o telefoniche del suo can tiere ubicato nelle vicinanze. A quel punto il Riol o gli aveva rif erito che in realtà non si trattava di veri operai dell’ENE L ma di suoi colle ghi che avevano instal lato una telecame ra per controlla re la via di accesso all a casa degli Eucaliptus. Sul punto ha riferito, poi, anche il Colonnello Damiano, il quale confermava l ’effettiva esist enza delle attivita’ investiga tive rive late d al Riolo all ’Aiello. Si trattava di indagini su tale Domenico Di Salvo – all’interno del R.O.S. soprann ominat o “Zio Tom” – che aveva una villa proprio nella parte alta di c ontrad a Consona e che era rit enuto in contat to col Provenzano: “noi lo investigammo poiché vi erano delle indicazioni di un… di… del collaboratore [PULCI] come (INCOMPREN SIBILE) Calogero. che lo una pers ona vicino a Bernardo inquadrava Pro venzano. Nell’attività di verifica e di accertamento che svolgemmo, poiché ci accorgemmo che Di Salvo era anche in società, in pregresse so cietà, assieme a Napoli Giovanni e Insinna Loreto, questo dato che assurgeva da questa comune presenza in una società, ce lo aveva fatto ritenere un potenziale soggetto in contatto con il latitante. 517 L’attività tecnica era stata avviata tra la fine del 2000 e l’inizio del 2001 ed era consistita a nche nella collocazione di una telecamera, insta llata dall’imputato su un palo della luce. Orbene, anch e in questo caso, il Riolo ha rivelato una notizia segreta, autentica ed in grad o di determinar e un serio ed attuale pregiudiz io all e inda gini in corso. Questo episod io (caratterizzato, peraltro, dall’ulteriore connotato d ell’assunzione dell’iniziativa da parte dell’ Aiello) è stato ricostr uito da entrambi gli imputati in modo sostanzialmente convergente. L’unica div ergenz a tra le loro d ichiarazioni r isulta del tutto insignifi cante ed i rrilevante posto che la conosc enza del s oprannome de l Di Salvo non avreb be avuto alcun valore per l’Aiello. Questi, però, è stato informato dal Riolo del fatto che era stata collocata una telecamera su un palo della luce, la cui esatta posizione egli er a evidentemente in grado di individuare perfettamente, posto che in zona aveva un cantiere e che i suoi dipen denti g li avevano ben s pecificato il punto esatto dove gl i ope rai d ell’ENEL erano sta ti visti armeggiare sui fili elettrici. Di conseguen za l’Aiell o aveva individuato la villa di fronte al palo in questio ne senza nessun bisogno del dato, puramente interno al R.O.S. e d ininf luente , relativo al soprannome del Di Salvo. In conclusione di tale argomento va solo evidenziato come, sulla base di q uanto ri ferito da l teste Damiano, il Di Salvo fosse in co ntatto proprio con quel Carlo Castronovo che l’Aiello ha semp re indi cato come l’unico perc ettore delle m esse a posto da l ui pag ate all’organizzazione. Passando ad altro argom ento sempre collegato alla rivelazione di notizie circa attività tecniche di inda gine nella città di Bagheria, deve aggiungersi quanto confessa to dal Riolo a 518 proposito d i una ulteriore rivelazione concernente l’esercizio di macell eria g estito dai fr atelli Tor natore. Come è stato spi egato dai testi di P.G. escussi, costoro rappresentavano un r ilevante obiettivo investigativo anche in quanto già coi nvolti in un procedimento penal e per favoreggiamento della latitanza di Pietr o Aglieri, importante capo di “cosa nostra” arr estato nel 1996, f iglioccio di Berna rdo Provenzano e cap o della fa miglia mafiosa di Santa Ma ria di Gesù. Prima di entrare nel merito dell’episodio va chia rito come, nel caso in esame, non si sia p otuto accertare con certezza una vera e propria attivi tà di istigazione da parte dell’Aiello, il quale, pe raltro , aveva anche un interesse di tipo personale ad acquisire la notizia. Motivo per cu i non può affermarsi l a responsabili tà del l’Aiel lo anche per tale condotta, pur non potendosi distinguere la stessa d alle altre condotte contestate al punto n.3 del capo G) della rubrica. Tale punto specifico d ell’imputazione sub G), inver o, contie ne in sé la contestazione di più condotte accomunate tra lor o ed in relazio ne alle quali l ’Aiello va se nz’altro condannato, fatta eccezione però propri o di q uella a ttualmente in esame. Tanto premesso va detto che, fin dall’inizio dei suoi interrogatori, il Riolo riferi va d i un’attiv ità tecnica che rig uardava la macelleria dei Torn atore, sita in C orso But era d i Bagheria, e dei problemi di trasmissione del segnale causati dall’accavallamento tra gli apparati del R.O.S. e q uelli di altre forze di polizia ch e indagavano sulla segreteria di tale D’Amico, espon ente dell’U.D.C. di Bagheria, che era adiacente al suddetto eserci zio di macelleria. Tuttavia, il Riolo – con ciò dimostr ando ulteriorm ente la cor rettezza d el suo i niziale atteggiamento processuale - non ha mai las ciato spazi o all’indiv iduazione di una possibile a ttività di istigazio ne da parte dell’ Aiello, posto che ha sempre riferi519 to di averg li ri velato tale notizia in modo spontaneo e per un motivo ben p reciso che lo r iguardava personalme nte e dire ttamente. Egli, invero , aveva discu sso dell’ esistenza delle due indagini concomita nti e di dette interfer enz e tecniche con il Borzacchelli ed il maresciall o Di Carlo, i quali si trovava no già in una posizio ne di aperto contrasto con l’Aiello (specie il Bo rzacchelli ). Costoro avevan o detto al Riolo di a vere intenzione di sfrutt are l’esistenza delle microspie presso la segreteria politica del D’Amico per far voluta mente registrare delle conv ersazi oni che tirassero in ballo nega tivamente l’Aiello, al chiaro scopo di far scattare indag ini su di lui. Dunque, l’Aiello ha ri cevuto la notizia senza averne istigato la rivelazione ed avendo peraltro un valido motivo di tipo personale ad acquisir la. L’insufficiente dimostrazione del r uolo di istigatore, a giudizio del Collegio, fa per venire alla sopra indicata conclusione che viene specificata in motivazione non potendo essere fatta oggetto di u na autonoma indicazione nel dispositivo, attese l e modalità congiun te della formulazione del punto n.3 del capo G) della rubrica. Per quanto attiene, i nvece, a lla posizione del R iolo deve pervenirsi a concl usioni senz’ altro diverse. Questi, invero , ha conf essato di avere r ivelat o una noti zia che certament e è risultata autentica, come si ricava sia dalle testimoni anze dei t esti di P. G. che dalla stess a, sia pure parziale, a mmissione d ello stesso Aiello, il quale ha confermato il fatto storico limitando il ricordo ad una microspia e non a d una telecamera. Quanto all’epoca della rivelazione, se è vero che lo stesso Riolo la coll ocava ne l maggio 2003 e, quindi, in una fase successiva allo svolg imento delle inda gini sul D’Amico (ar restato già il 13.12.200 2), non può sostenersi che le stesse fosse ro 520 del tutt o concluse a nche in rel azione al filone dei fratelli Tornatore, alla luce di qua nto riferito dai testi escussi. Devono, pertanto, ritenersi sussistenti tutt i i pr esupposti legali del reato in contestazione, limitatamente alla posizione del Riolo. Altro importante e pisodio di rivelazione di notizie segrete confessato dal Riolo è qu ello relativo alle indagini tecniche in corso di esecuzione sul l’abit azione del noto p regiudicato m afioso Francesco Pastoia, uomo d’onore di spicco della f amiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno già legato da fortissim i rapporti di ami cizia con Be rnardo Provenza no (all’ep oca ancora lati tante). Nel corso del suo esame dibattimentale il Riolo confermava quanto riferito nei suoi pr ecedenti interrogatori, r ibadendo che, nel corso d el 2003, aveva installato a Belmonte Mezzagno tre t elecamere ch e inter essavano l’abitazione di Pas toia. L’indagin e era di tipo, per così dire, preventivo, nel senso che il Past oia era an cora detenuto ed, i n vista della sua prossima scarcerazione, er a stato preparato il terreno inve stigativo a suo carico. Nel corso dell e oper azioni di collocazione delle telecamere, egli allo scop o di trasfer ire il segnale, aveva monta to dei ripetitori salendo su alcuni tralicci della luce. Anche di questa sua attività di indagine aveva parl ato all’Aiell o: PUBBLICO MINIST ERO: Che cosa ha detto all’ingegnere Aiello? RIOLO GIORGIO: Ma c’è stata un’occasione che non mi facevo vedere più spesso, non ci… non ci vedevamo non… e mi chiese: “Ma che cosa… come mai, che sta succedendo che non ti fai più v edere?”. … che ero impegnato a Belmonte Mezzagno in un’attività che mi stava facendo impazzire e non avevo tempo per… per passare a salutarlo. 521 PUBBLICO MINIST ERO: Ho capito. Senta, lei fece il nome di Pastoia all’ingegnere? RIOLO GIORGIO: Si. L’Aiello, dopo aver sentito il nom e del soggetto interessato dalle indagini, aveva replicato chiedendo se si trattasse di uno che “aveva dei camion”, nel sens o che gest isse un’azienda di traspor to con mezzi pesanti. Circa l’ epoca della rivel azione, lo stesso Riolo r iferiva che il fatto si era verificato dopo l’attivazione della c.d. rete riservata e, quindi, nella seconda metà del 2003. In effetti, osserva il Tri bunale, si tratta dell’ ultima rivelazi one in ordin e di temp o fatta d al Riolo all’Aiello, in un momento, peral tro, nel quale egli d oveva avere ben chiaro quali sospetti si erano adden sati sul suo interlocutore. L’aspetto prettamen te soggettivo sa rà oggetto di una successiva di samina da parte del Collegio, ma, sin da questo punto del ragionam ento, occorre segnalar e come tale condotta, essendo la più recente, costituisca un momento di discrimine nella val utazion e complessiv a delle rivelazioni di notizie segrete poste in essere dal R iolo. Dal canto suo Michele Aiello ha negato decisamente di aver appreso il nomi nativo del soggetto sottoposto alle indagini tecniche: PUBBLICO MINIST ERO Senta, Riolo le ha mai riferito di attività investigative nei confronti di Francesco Pastoia di Belmonte Mezzagno? AIELLO MI CHELE: Nella man iera p iù ass oluta, no”. Circa l’eventuale cono scenza del Pa stoia, tutta via, l’Aiello aggiungeva: “Ma per i miei ricordi e da un punto di vista cartaceo era un a utotra sportat ore della ditta Buttitta… della cava Buttitta c he traspo rtava gli inerti al mio impianto sino al 1986, sino a quando ci siamo… anzi ’87 perché poi ci 522 siamo comprati anche noi il… il semirimorchio per il trasporto inerti. In primo luogo , dun que, deve riscontrarsi una posizione di netto ed in sanabi le contrasto tr a le dichiarazioni dei due imputati sul punt o specifi co della rivelazione del nominativ o del Pastoia quale o bietti vo delle investigazioni. Contrasto che, tuttavia, può esser e agevolmente risolto alla luce della log ica e del contenuto stesso d elle dichiar azioni rese da parte d i entrambi gli imputati. Il Riolo , invero - che no n conosceva il Pastoia e non sapeva di quale attività lecita si occupasse - ha riferito che im mediatamente l’Aiel lo gli aveva chiesto se il Pastoia avesse dei camion. Si tratta di un particol are che lo stesso Aiello ha dimostrato di conoscere, pos to che, anche nel suo esame, ha subito collegato il nominativo Pastoia a quello di un autotrasportatore che operava presso la cava Buttitta. Appare, pertanto, di solare evidenz a come il Riolo abbia rif erito un dato cogniti vo di cui non poteva in alcun modo disporre (p osto che non sapeva nulla del Pastoia) se non ne avesse davvero parlat o con l’Aiello che, invece per sua stessa ammissione, quel dato ben conosceva. Ed allora deve rit enersi più plausibile e logica la versione fornita dal R iolo, stante l’esatta corrispondenza dello specif ico element o di con oscenz a così come appreso dall’Aiello e da questi in volontariamente conferma to. Ciò posto, an che in ques to caso, la notizia riferita dal Riolo si è rivelata autenti ca e relativa ad indagini effettivame nte in corso di svolgi mento. I testi Damiano e Russo, invero, hanno spiegato che, nell’ambi to di in dagini a vviate già in epoca pr ecedente, nel marzo del 2003 era stata d ecisa a nche la collocazione di una serie di apparati tecnici tra 523 i quali alcune m icrospie all’interno delle due abitazioni d i Belmonte Mezzagno e tre telecamere di lunga p ortata . Il Colonnel lo Damian o, poi, confer mava che si trattava di una attività preventiva posta in essere soprattutto in vista della scarcerazione del boss, avvenuta solo il 13 giugno 2004 e, comunque, finalizzata sempr e alla cattura del Provenzano. Fino al 13 giugno le attività tecniche non avevano fornito alcun elemen to di ri lievo ed, addiri ttura, il 14 giugno 2004, cioè all’in domani del ritorno a casa del Pastoia, gli apparati tecnici avevano smesso di funzionare per assenza di segnale. L’indagin e del R.O.S., dunque, pur così anticipatamente preparata, si era ri velata un totale f allimento e non certo per mancanza di int eresse dell’ obiettivo investigato. Lo stesso D amiano, infatt i, aggiungeva che il Pastoia era stato sottoposto a fermo il 25 gennaio 2005, ma esclusivamente sulla scorta degli elementi raccolti a suo carico d alla Polizia di Stato nello stesso torno di tempo. Appena d ue giorni dopo l’esec uzione del fermo, e pertanto il 27 gennaio 2005 , il Pastoia si toglieva la vita in carcere. Dal complesso deg li elementi raccolti a suo carico e dalle sentenze in atti (cfr. sen tenza di condanna della Corte di Appello di P alermo in data 13 luglio 2001 e decreto con il quale il 25 ottobre 1999 sempre la Corte di Appello gli aveva applicato le misure di prevenzione, acquisiti al fascicolo del dibattimento) si ri cava che il Pa stoia er a un personaggio centr ale all’interno di “cosa no stra” ed in st retto contatto con Bernardo Provenzano, del qu ale er a uomo di fiducia e collabor atore. Ancora una volt a, dunque, sussist ono tutti i parametri normativi e legal i del reato in contesta zione, posto che la notizia su indag ini co perte dal massimo segreto è risulta ta de l tutto vera ed è stata rivelata nella sua interezza mentre queste erano an cora in pieno svolgimento con un notevole rischio di potenzial e compromissione dei loro esiti. 524 Emerge, inoltre, anche in questo caso, quella tipica attività di istigazio ne che l’Aiello, costantemente nel tempo, ha dimostrato d i sap er porre in essere al fine di ottenere le rivelazioni del Riolo. Per il resto, le o sservazioni della difesa attengono ad un momento successivo a quello della commissione e del perf ezionamento del reato di cui all’art. 326 c.p., atteso che si fondano sulla d imostra zione dell’imp ossibilit à della successiva ed ininfluente ulteri ore rivelazio ne dall’Aiel lo al Pastoia. Come più volte ribadito, non occorre che sia dimostrata l’esisten za di un effetti vo pregiudizio per le ind agini in corso oggetto di rivela zione, essendo suff iciente accer tare la possibilità di un da nno po tenziale per le stesse. Nel caso di specie, appare chiar o come una notiz ia di tal fatta potes se determin are il sostanziale fallimento delle indagini a carico del Past oia, cose che, poi, di fatto si è verificata senza che ciò debba nece ssaria mente f arsi rica dere sull’Aiello. Certo anche su questo episodio rimangono forti sospetti che ciò possa esse re accad uto ma non è emersa una prova certa ed univoca. Pertanto le obi ezioni difensive la sciano inalterato il quadr o delle emergenze in merito al reato così come contes tato. Dopo aver passato in rassegna le condotte di r ivelazione di notizie segret e che han no trovato p untuale confer ma dibattimentale e che, di conseguenza, hanno determinato la condanna di entrambi g li imputati coinvolti, può senz’ altro pa ssarsi ad esami nare alcu ni altri episodi che, vicevers a, non sono risu ltati sufficientemente dimostrati. In primo luo go, vi è da segnala re una confessione-chia mata in corre ità del Riolo che, diversamente dalle altre, non ha trovato riscontro nel le alt re emergenze processuali. Si tratta dell ’episo dio riguardante l’acquisizione, da parte dello stesso Riolo, di un floppy-disk contenent e la trascr izione dei “pizzini” che Bernar do Provenzano aveva scritto ed in525 viato ad Antoni no Giuf frè e che, grazie a questi, erano stati rinvenuti e sequestrati. Cioè della trasposizione in formato informatico dei suddetti documenti che la Sezio ne Anticrimine stava, in quel frangente, sottoponend o ad una ap profond ita attività di analisi e di riscontro. Secondo il Riolo tale floppy-disk gli sarebbe stato consegna - to dal C apitan o Sozzo, per fargli esaminare il file in questione. Il Riolo, tuttavia, in base a quanto riferito in dibattimento, non avrebb e mai aperto il documento e, di conseguenza, non ne avrebb e mai appreso il contenuto. Ciò aveva comportato una contestazione delle precedenti dichiarazioni da par te d el P. M.: “… Siamo a pagina 7 della trascrizione, parlando proprio di questo floppy disk, lei dice, la domanda era… è questa, se aveva letto, aperto, eccetera. E lei dice: “Sul computer a casa mi sa che una volta l’ho acce… l’ho passato, perché c ercavo un floppy vuoto, tanto è vero che gli chiesi ai miei ragazzi di cancellarmi. Sicuramente avete trovato un sacco di floppy con delle intestazioni, però non c’era niente, perché me li feci cancellare, perché mi servivano i floppy vuoti”. In conc lusion e, du nque, l’imputato sosteneva d i avere anche potuto aprire il floppy-disk ma non per le ggerne il contenuto ma perché ne cercava uno vuoto su cui lavorare. Già tutto questo appare al Collegio davvero incomprensibile ed illogico, posto che si trattava del materiale docum entale di maggiore in teresse investigativo in quel momento , cosa che rende inverosimile un simile disinteresse da parte del Riolo. Ma il R iolo a ggiung eva di avere anche parlato con l’Aiello di detto f loppy –disk e di avergli offer to la possibilità di leggere il contenuto della corri spondenza tra il Provenzano ed il Giuffrè m a che questi aveva rifiutato l’offerta: “Era preoccupato dico: “Guardi di non preoccuparsi” perché io ero in pos526 sesso di… tutte le dichiarazioni, io … senza sapere che cosa c’era, di tutte le dichiarazioni di Giuffrè … di cui del l’ingegnere Aiello non se ne parla assolutamente, “quindi di che cosa ti preoccupi, stai calmo – dice… io gli faccio – se vuoi te lo posso anche far e leggere il floppy, il contenuto del floppy.” In modo ancora più inver osimile, però, l’Aiello si sarebbe rifiutato di leggere il fi le in questione: “No, non l’ha aper… perché mi… anche… anzi mi rispose addirittura dice se… aveva fiducia in me di non… “Una volta che… che l’hai letto tu che… che importanza h a”. Dunque, M ichele Aiello che da mesi stava cercando, disperatamente ed attra verso il ricor so a varie metodologie illegali, notizie circa l’esatto contenuto delle dichiarazioni del Giuffrè e che aveva di conseguenza un enorme interesse a legger e il contenuto dei “piz zini” scambiati tra Provenzano e Giuf frè, si sarebbe, invece, rifiu tato di farlo mostrando un ap atico disinteresse. Si tratta di un a rico struzione del tutto priva di coerenz a e di logicità che n on riscontra in alcun modo la confessione del Riolo ma che, a nzi, l a indeb olisce significati vamente. Ma, a ben vedere, la con fessione e l a chiamata in correità del Riolo su biscono un’u lteriore duplice smentita proveniente dal Capitano Sozzo e, per quel che vale, dallo stesso Michele Aiello. Quest’ultimo, invero, negava secc amente che il Riolo gli avesse mai offer to di visionare un simile floppy-disk contenente le trascrizioni letterali delle missive oggetto della corrispondenza Prove nzano-Giuffrè. Si tratta di una smentita che, se isolata, a vrebbe, ovviamente, ben poco valore in considerazi one dello scarsissimo livell o di attendibilità che può riconoscersi all’Aiello, il quale ha costantemen te men tito a l Tribunale. 527 Ma se connessa alla qua lifica ta smentita pervenuta dal Capitano Giovanni Sozzo fini sce per assumere un, sia pure, residuo valore signi ficati vo, se non altro come mero element o di riscontro. In buona sostan za, invero, il Capitano Sozzo ha negato di avere mai consegnato a Riolo alcun floppy -disk contenente il suddetto materi ale do cumentale. Pur non negando, e sinanco lasciando trasparire, il proprio imbarazzo di comandan te di un reparto nel quale si annidava un traditore che non er a stato individuato, il Sozzo ricostruiva l’and amento delle indagini su detti doc umenti e precisava di non avervi mai coi nvolto il Riolo. Addirittu ra, nel corso di un visita t ardo pomeridiana d el Ri olo nella sua stanza, ricorda va anche di avere “ri dotto ad icona” il file contenente detti doc umenti proprio perché li riteneva segretissimi e no n voleva condividerne la visione col sottufficiale. In considerazione d ell’elevato gra do di attendibilità che va senz’altro riconosciuto al Cap itano Giovanni Sozzo, la piena smentita dell a tesi sostenuta da Riolo induce a ritenere non adeguatamente riscontra te la conf essione e la chiamata di correo dell’imp utato. Quanto, poi, al fat to che il Riolo avrebbe potuto teoricamente entrare in possesso altriment i del floppy-disk in questione non pare opport uno im morare oltre. Intanto, per ché non è questa la versione dei fatti confessa ta dal Riolo ed oggetto della p resente attività di verifica e di riscontro attraverso le complessive emergenze processuali. Ed inoltre, poiché si tratta di una possibilità teorica frut to di una supposizione probabilistica che non tr ova a lcun riscontro concr eto ed individualizzante. Rimangono agli atti l e dichiarazioni del Sozzo, del Damiano, del De Venuto e degli altri colleghi del Riolo che, in modo sì convergente ma generico, ric onoscono la possibilità che qu e528 sti potesse entrare teo ricamente in possesso di quel mater iale. Non, dunque, la pro va autonoma d i un fatto specifico e ben determinato e nemmen o il riscontro alle dichiar azioni confessorie del Riolo che h anno un contenuto tutt’affatto diverso. Ne conseg ue ch e la confessione r esa dal Riolo sullo sp ecifico punto è sta ta smentita dalle attendibili e contrarie aff ermazioni del Capitano Sozzo. Di consegu enza, anche la sua chiamata in correità nei confronti di Michele Aiello ( punto n.12 del capo G della rubrica) va ritenuta non sufficientemente riscontrata, tanto da deter minare l’assolu zione dell’imputato in relazione a tale condotta. Tra gli ulteriori episodi non riscontrati a sufficienza va senz’altro inser ito anch e quello concernente la collocazione di microspie nel l’abitazione di Giuseppe Guttadauro, ubica ta in questa via D e Cosm i (di cui lungamente ci si occupa a proposito dei reati contestati anche al Cuffa ro). Il fatto è oramai ampia mente noto e riguarda l’installazione da parte del Riolo , tra l’estate 199 9 e l’estate 2000, di diverse microspi e all’interno dell’appar tamento del Guttadaur o ed il ritrovamento di un a di esse in data 15 giugno 2001. La prima circo stanza ch e va segnalata riguarda la collocazione tempora le di tal e rivel azione che, a sentire tutti i pr otagonisti della vicenda, ha avuto luogo nel mese di ottobr e del 2003. Ben due anni d opo, q uindi, rispe tto al ritrovamento della microspia ed all a interr uzione di q uelle indagini a carico del Guttadaur o. A differenz a degli al tri episodi fin q ui esaminati, dunque, nel caso in esame la rivela zione ha a vuto luogo ben oltre il limite della possibile incidenza sulle inda gini che, a quel momento, erano del tutto esaur ite e non inq uinabili più di quanto già non lo fo ssero state ad opera di a ltr i. 529 Da ciò discend e inevitabilmente la non p unibilità di detta condotta di rivela zione, stante la mancanza del presupposto legale della possibilità d i deter minare un concreto vulnus ad indagini ancora in co rso. Non solo, i nfatti , la not izia, all’atto della rivelazione, era già ampiament e nota da ol tre due anni ma l’indagine aveva già subito un insanabile pregiudizio a causa di coloro i quali (Riolo, Borzacch elli, C uffaro, Miceli, Aragona e lo ste sso Guttadauro) avevano co ntribuito alla rivelazione della notizia medesima prima del 15 giugno 2001. Se, dunque, tali consideraz ioni sgombrano il ter reno da ogni plausibile dubbio circa la penale responsabilità dei due odierni imput ati, allo stesso modo, per coerenza di ragionamento, devono portare ad una ulter iore conclusione. La rivelazi one all’ Aiello non può costituir e, neppure in via meramente teori ca, un a ipotesi di fuga di notizie alternativa a quella univocamente ricostruita nell’apposita parte della motivazio ne. Si tratta, semmai, di uno sfogo del Riolo avvenuto in un momento nel qual e la f uga di notizie a veva già ampiamente concluso il suo percorso plur isoggettivo, la microspia era stata rinvenuta e l’indagine er a stata pregiudicata da oltre due anni. Sfogo prin cipalm ente determina to dal risentimento nei confronti del Borzacchelli, reo, secondo il Riolo, di aver rivelato la notizia al Cuffa ro e, quindi, di avere determ inato la sua circolazi one, attraverso il Miceli e l’Aragona, fino allo stess o Guttadaur o. Semmai proprio questo potrebbe rit enersi l’oggetto della notizia nuova rivelata all’Aiello: non tanto l’esistenza delle microspie in casa Guttadauro quanto il percorso della fuga di notizie che aveva por tato alla f ine il Guttadaur o a venire a conoscenz a del fatto segreto. 530 Ed invero, per quanto segr eta anc he detta notizia stava oramai per diveni re pu bblica e, comunque, non era connes sa ad un’attivi tà d’ufficio del Riolo ma alla confessione di una sua personale respo nsabilità per fatti pregressi. Ad ogni modo, in considerazione delle superiori osser vazioni, dell’epoca e del con tenuto stesso della rivelazione non può che pervenirsi all’assol uzione di entrambi gli imputat i dai reati loro rispet tivamente ascritti in r elazione a tale condotta. Alle stesse concl usioni deve, poi, pervenirsi anche in relazione alle condotte connesse alla rivelazione di notizie concernenti i colloqui del Guttadauro presso il ca rcere di Ascoli Piceno e le intercettazioni ambienta li presso il C.D.T. di Pisa. In entrambi i casi si tratta di inizia li confessioni rese sempre dal Riolo che, evidentemente, non devono aver trova to riscontri individualizzanti , atteso che lo stesso P. M. ha di fat to rinunciato a provare l’esistenza dei fatti ed ha chiesto l’assoluzione di ent rambi gli im putati in relazione a tali condotte. Residua, poi, solo un ultimo episod io di rivelazione che attiene alla collocaz ione di una microspia a bordo dell’autovettur a di Domeni co Miceli. Anche in quest o caso il dato di p artenza è cost ituito dalla confessione resa dal Riolo, il quale ammetteva di avere, dapprima nel corso di alcuni incontri avuti con il dottore Giuseppe R allo e poi con lo stesso Domenico Miceli, rivelato l’esisten za di indagini a car ico di quest’ultimo e l’install azione di un a microspia nella sua autovettura. Dopo tali rivelazioni, che avevano avuto luogo tra maggio e luglio-ag osto 2002, egli ne aveva parlato anche con l’Aiello confermando lo stesso dato fattuale. Si tratta, tuttavi a, di una riv elazione collocabile in un momento te mporale nel quale l’indagine si era gi à conclusa con l’arresto del Miceli e, di conseguenza, era divenuta di pubblico domini o. 531 Pertanto, pur trattandosi di una notizia autentica, la stessa non può ritenersi idonea a determinare, a nche solo in via potenziale, un intralcio ad indagini ancora in corso di ese cuzione. Sulla scorta d elle so pra richiama te consider azioni in diritto, dunque, gli imputati vanno assolti anche da tale specifica condotta, loro in con corso contesta ta al capo G) punto n. 7. Per completezza di analisi in tema di rivela zione d i notizie segrete, va detto che al punto n. 1 1 del capo G) il P.M. ha richiamato una con dotta, già contest ata anche agli stessi Aiello e Riolo al p receden te capo E), c he attiene, per l’appunto, alla cont estazi one del reato di cui all’art. 326 c.p. in relazione alle notizie concernenti le “indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri ed aventi ad oggetto le attività delle società di AIELLO Michele nel s ettore della sanità”. Alla stessa streg ua, anche l’episodio riportato al punto n. 13 del med esimo capo G) – “indagini condotte dal R.O.N.O. del Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo sul conto di Michele Aiello…” – rientra tra quelli già oggetto di speci fica contestazione sempre al precedente capo E) dell’epigraf e. Di tali ripetizioni deve solamente darsi atto, posto che la valutazione critica dell e suddette condotte va affrontata nella parte della motivazi one che attiene alle fughe di notizie riguardanti l’Aiello e le sue aziende. E ciò anche per esi genze di ordine sistematico, posto che, fino a questo moment o, ci si è occupati di rivelazioni fatte da l Riolo all’ Aiello m a su fatti, persone e condotte del tutto avulse da lui e dal le sue attività imp renditoriali. Orbene, esaurito l’aspetto connesso alle sistematiche rivela zioni di notizie dal Riolo all’Aiello, può passarsi a tracciare un bilancio riassuntivo d i quanto si è detto sinora a proposito delle risp ettive moda lità di partecipazione all’associazione mafiosa, reato che a tal i due imputati è stato contestato sia pure in g uise diverse. 532 Per quanto attiene la posizione di Michele Aiello già si è in buona parte ri costru ito il perimetro giurisprudenziale all’interno del quale va valutata la sua posizione di imprenditore legato all’org anizza zione “cosa nostra” da uno stabile “patto di protezi one” avente natura sinallagmatica e car atteristiche di reciproco vantaggio per i contraenti. Dopo avere esa minato i diversi livelli di compenetrazione di un imprenditore rispetto a “cosa nostra” ed ave re distinto tra imprenditori vittime, imp renditori s trumentali ed imprenditori collusi si è ricostr uito il tipo di patto che ha legato l’ Aiello a tale sodalizi o. Si è v isto come tale patto sia stato particola rmente qualificato a m otivo anche dei ruoli ricop erti dai contraenti nei rispettivi ambi ti operativi . Esso, inoltre, è ris ultato munito di una serie di caratter i intrinseci ch e lo fanno r itenere certa mente idoneo ad integrare l’ipotesi delittuosa in contestazione. Si fa riferimen to ovviamente alla sua stabilità e durata , alla diffusione ed alla particola re pregnanza e spec ificità delle prestazio ni fornite ed all’intreccio dei rispettivi obiettivi che ciascuno dei co ntraen ti si è prefissato. Del resto, l ’esame del complesso d elle emergenze processuali ha reso chiaro come l’Aiel lo abbia avuto la volontà di stabilire relazioni con tutti i suoi interlocutori, creando attorno a lui una rete fatta di funzionari pubblici (Iannì, Giambruno, Prestigiacomo, La Barbera, Calaciura e Venezia) e di ap partenenti alle forz e di poli zia giudiziaria (Ciuro e R iolo) sistematicamente cor rotti con donativi, favori ed assunzioni. Ovvero ancora di espon enti istituzionali, amministratori di U.S.L. (come nel caso del Manenti al quale lo stesso Aiello ha ammesso di avere dato una somm a di denaro in vista del p reaccreditamento) ed uomi ni politici come lo stesso Salvatore Cuffaro che, com e si vede nell’apposito capitolo de lla sentenza, ha di mostrato in concreto un interessam ento p er il buon 533 esito delle in traprese dell’ Aiello che è andato molto a l di là dell’ammissibil e e fi nanco del lecito. Dunque, una delle cara tteristiche del modus operandi proprio dell’Aiel lo era costitu ita dal creare forti lega mi nelle relazioni interpersonali con tutt i quei soggetti che, a qualunque titolo, potevano i nfluire sullo sviluppo d ella sua attività imprenditoriale. Legami da cementare con operazioni di varia corrut tela che, talora, magari posson o anche apparire di poco rilievo ma che certament e son o state sist ematic he e multi direzionali tanto da creare davvero un centro di potere di ind ubbio riliev o. Nell’ambi to di tale f orte esigenz a d i creazione di legami soggettivi in grad o di facilitare il proprio operato e lo sviluppo delle sue aziende, l’Aiello, evidentemente, ha ritenuto utile stipulare un ulteriore ac cordo proprio con quello che d i sicuro costituisce il primo ostacolo per un imprenditore siciliano: l’organizzazion e mafi osa “cosa nostra”. In tal senso egli ha per primo manif estato la propria p ersona le dispo nibilità ed ha a ssunto l’iniziativa del contatto attr averso la dazione spon tanea della somma una tantum di 100 milioni d i lire, di cu i a lu ngo si è discettato. E, pur ovviamente sen za eclatanti formalismi ma in modo subliminale e riservato, ha acconse ntito a farsi “gestire” da l Provenzano e dai principali esponenti della famiglia mafiosa di Bagheria, stipu lando un patto di protezione adattato in modo specifico alle proprie esigenze e peculiarità. Senza, per questo, divenire necessariamente un mer o prestanome di costoro o un riciclat ore di denaro di illecita provenienza ma man tenendo un certo livello di autonomia anche a causa della sua peculiar e rilevanza per il sodalizio sia in termini econ omici che di fonte di apprensione di notizie riservate. Di talchè, l’essenza intrinseca del patto riposa anche nella convergenza delle reciproche 534 esigenze e nell’a ccettazione biunivoca di una relazione tra due contraenti accomunati dalla volont à di ottimizzare il raggiungimento dei rispettivi obiettivi grazi e al r ilevan te apporto dell’altro. Ed allora d avvero si comprende e si apprezza la singola rità e la rilevanza di det to patto bilaterale e sinallagmatico che non può consi derarsi un f atto consueto e frequente. Del resto, come si è anticipato tr a le premesse genera li di questa sentenza, una delle caratteristiche peculiari di “cosa nostra”, che l ’ha r esa d iversa da tutte le altre organizzazioni di tipo mafi oso, è senza dubbio la camaleont ica capa cità di insinuars i, pro prio attraver so rapporti come quello in esame, nel set tore econom ico-produttivo ed in quello della pol itica e della pub blica amministrazione. Attraverso, cioè, patti di protezione come quello stipula to con Michele A iello con moda lità tanto sottili q uanto r iserva te ed apparentemente invisi bili. La valutazion e del la r eciproca rilevanza d el patto per i soggetti cont raenti, tuttavia, va estesa anche al contenuto specifico delle contro-prestazioni che queste, in mod o sinallagmatico, si sono assicurate a vicend a nel corso del tempo. Si potrebbe d i certo discettare a lungo circa la vantaggiosità per un imprenditor e di venire a pa tti con chi fornisce p rotezione da mali che esso stesso mina ccia di procurare o di fatto procura. Questa, si sa , è un’altra delle caratteristiche di “cosa nostra” che, tuttavia, è divenuta da decenni così endemica nel tes suto sociale e radicata nelle coscienze degli operator i economici da non destare quasi più alcuna sorpresa. Di certo è proprio “cosa nostra” a creare quei pericoli e q uelle minacce a front e dell e quali essa stessa off re protezione agli imprendit ori. Di talch è ogn i impr enditore è tenut o a pagare una entità che, al tempo stesso, è aguzzino e salvatore, problema e soluzione. 535 Ma non essendo questa la sede per analisi di tipo sociologico, occorre limitarsi ad una disamina quanto più possibile asettica ed obiettiva della realt à del mondo dell’impresa in Sicilia nel corso degli ultimi decenni e prendere a tto che la situazione dianzi descritta , per q uanto paradossale, ra ppresenta la “normalità” con la quale deve confrontarsi ogni imprenditore operante i n questa regione. La necessaria co nseguenza è che st ipulare un patto di protezione con “cosa no stra”, anche meno articolato e complesso di quel lo in esam e, no n è affatto illogico ma anzi del tutto coerente con la fisio logia della vita economica siciliana, pur trattandosi di un fat to penalmente rilevante e m oralmente deprecabi le che, per fo rtuna, in tempi recenti viene sempre più compr eso co me tal e dagli imprenditori. In un siffatto contesto, risult a più chiaro il motivo dell’enor me conven ienza per Michele Aiello di stipulare un patto di protezione d irettamente con il Provenzano. Non si tratt a solo di ottenere protezione da possibili ritorsi oni, minacce, estorsion i o danneggiamenti ma, soprattutto, di poter contare sul sostegno dell’or ganizzazione mafios a per pianificare e r endere più rapido ed agevole lo sviluppo delle proprie a ttivit à impr enditoriali. Come si è detto, il patto stipulat o, ad esempio, prevedeva il pagamento di una somma fissa, par i a set te milioni delle vecchie lire, a tito lo di messa a posto per ciascuna strada int erpoderale, ovunque ed in qua lunque tempo realizza ta. Orbene, appare evidente il dato obiettivo dell’economicità della somma richiesta e, soprat tutto, della sua immutabilità nel corso di ben più di u n decennio, fattori che di certo costituiscono un van taggio di tipo economico, am piamente dimostrato dai marg ini di utile che l’Aiello ha potuto trarre dalla realizzaz ione dell e stradelle interpoderali e che hanno rappresentato un a del le cause del rapido sviluppo finanziar io delle sue azien de. 536 Allo stesso modo , poter contare su un sistema di “messa a posto” person alizza to e coordinato dal Provenza no in persona è un fa tto ch e, nell’otti ca tipica d ell’imprenditore, costituisce un vantaggio in commen surabile in termini e conomici. Ancora più di favore appare il tr attamento per le att ività sanitarie, in relazi one all e quali lo stesso Aiello ha ammesso di avere pa gato una somm a pari a 25.000,00 euro a titolo di messa a p osto annuale. Non è chi n on veda, alla luce dei dati forniti dall’esperienza giudiziar ia in materi a e delle dic hiarazioni rese in diba ttimento dai col laboratori di giustizia, come l’entità economi ca di dett a somma di denaro sia quantomeno risibile in relazione al valor e intrinseco dell’attività economica svolta e degli enormi fa tturati real izzati dalle due struttur e sanitarie. Come si vedrà meglio nella pa rte relativa ai reati in mate ria sanitaria, la Villa San ta Teresa s.r.l. e la A.T.M. s.r. l., esattamente nel periodo al q uale si rif erisce l’ Aiello, fattur avano rispettivamente: - ne ll’ann o 20 02 la Vil la Santa Teresa risulta aver fatturato 32 milioni d i euro e l’A.T.M. 24 milioni di euro, pe r un totale delle due strutture pari a 56 milioni di euro. - nell’ann o 2003 i fatturati amm ontano risp ettivamente ad euro 38 milioni per la V.S.T. e ad euro 12 milioni per l’A.T.M., per un compless ivo dato pari ad euro 50 m ilioni di euro. Lo stesso Aiello in un passaggio del suo lungo esa me, poi, confermava che l’importanza economica ed il livello di sviluppo dell e sue st ruttur e erano a tutti note e ben apprezzabili anche visivament e, atteso che “ non si riusciva nemmeno a trovare un parcheggio” vicino alle stesse e che “venivano visitati 500 pazienti al giorno”. Ma perché dunque Miche le Aiello, il primo o comunque tra i primi con tribuenti dell’intera Sicilia per diversi anni, già esecutore di centi naia di stra de inter poderali in diverse provin537 ce, con un numero eno rme d i dipendenti a car ico, titolare di due imprese operan ti nel ricco settore della sanità privata e che notor iamente lavor avano a pieno regime realizzando circa 50 milioni di eur o l’anno di fa ttura to, avrebbe dovuto versare a titolo di messa a posto una cifr a corrispondente a quella pagata da un pi ccolo supermercato di provincia? Appare chiara ed eviden te la sperequazione del suddetto da to economico specie in raffronto a qua nto emer ge dalle risultanze dei più recenti process i per maf ia ed estor sioni svoltisi in questo Trib unale (alcune delle cui sentenze sono state prodotte in atti d al P.M.) e da l patrimonio di comune conoscenza. Come risul ta da tal e complesso di conoscenze, una somma annuale pari a 25.000,00 eur o vie ne usualmente versata d ai titolari di piccole officine a rtigiane, da super mercati di modesta entità e col locazi one ovver o anche da bar o altri esercizi commer ciali bene a vviati e posizionati. Ma se il riferimento al comune pat rimonio di conoscenze derivante dall’ esperienza giudiziaria dovesse ritenersi insufficiente o presuntivo , ci si può ra ppo rtare ai dati ricavab ili dal c.d. libro mastro dell a famiglia di Bagheria sequestrato a Giuseppe Di Fiore e d i cui si è già a mpiamente detto. Ed in questo caso si tratta, ovviamente, di rifer imenti assolutamente certi, avente un pieno va lore probante, attuali rispetto al l’elem ento in verif ica e provenienti proprio dalla stessa famigli a di Bagher ia alla quale l’Aiello versava la suddetta somma di denaro, tant o da r appresentare un elemento di paragone diffici lmente eguagliabile per contestua lità e connessione. Orbene, dalla disamina degli impor ti indicati nel suddetto libro mastro e d alle indicazioni fornite a tale prop osito da i testi di P.G., può evincer si facil mente che diverse realtà d’impresa assai più piccole di quelle dell’Aiello (addirittura una impresa di pompe funebri di Bagheria, indicata nel do538 cumento come “becchino”) versavano mensilmente somme pari a circa 1.50 0,00 euro, pari a 18. 000,00 euro annui. Che l’impresa IFOR versava mensilmente una somma solitamente pari a 2.500,00 euro (ma con singoli pagamenti mens ili talora an che di 5.000,00 euro) pari ad un importo complessivo addirittura ben superiore a quello paga to dall’Aiel lo. Ovvero che un’altra attività di modesta entità, nella specie un campett o sportivo, versava ben 5.000,00 euro per Natale ed altrettanto per Pasqua per un totale di 10.000 ,00 euro annui. Come appare del tutto evidente, si tratta di parametri economici che, pur essendo coevi e rif eriti al mede simo contesto gestional e e territ oriale, risultano sproporzionati per eccesso rispetto alla modesta cifra versat a dall’Aiello. Se, poi, addirittura, dovesse applicarsi per relationem il riferimento pe rcentu ale del le c.d. messe a posto, unanimemente rivelato d ai coll aboratori di giustizia per i la vori edili, tra il 2% ed il 3% del v alore dell’opera, si perver rebbe a ben a ltri riferimen ti valoriali. Ed invero, pren dendo a base il fatturato annuo, pari all’incir ca a 50 milion i di eur o per le sole attività sanitarie, ed applicando l a percentuale del 3%, si otterrebbe una somma annu a par i a 1.500. 000,00 euro, di gran lunga sproporzionata ai 25.000,00 euro di fatto pagati. Ed a concl usioni del tu tto analoghe si perver rebbe prendendo come valore di riferim ento quello del patrimonio aziendale dell’Aiel lo. Di certo non sfugge al Trib unale che si tratta di una percentuale che sol itamen te viene a pplicata per appalti pubblici o lavori edil i di una certa entità e non per determinare la messa a posto di aziende che erogano servizi. Tuttavia, il livell o di sproporzione rispetto a quanto versato (per sua stessa ammissione) dall’imputato è tale da far co mprendere in mod o esau stivo l’opportunità del riferimento. 539 L’Aiello, pertanto , subiva di cer to un trattamento economico di favore dall’organizzazione mafiosa “cosa nostra”, che, come si sa, non è universalm ente nota proprio per la sua filantropia. Ma, come si è d etto, l ’utilità dell’Aiello, in un’ottica prettamente imprenditoriale e mana geriale, era anche e soprattut to quella di poter pr ogrammare le pr oprie attività sa pendo c he non si sarebbe verif icato alcun intoppo con “cosa nostra”, fatti sal vi i f isiologici incident i di percorso. Le modalità fisse ed immutabili del sistema st udiato dal Provenzano proprio per l’Aiello e dal primo gestite in prima persona, in fatti, eran o garanzia assoluta di continuità gestionale e di velocizzaz ione d ei tem pi di lavorazione. Di talchè l ’imputato ben poteva pr ocedere con più iniziative contemporaneamente ed in modo spedito, facend o aff idamento sulle positive con seguenze del pa tto in esame. Un altro aspetto di eccezionale rilievo che mette conto di ev idenziare, a gi udizio del Collegio, è quello r elativo alla dura ta nel tempo d elle modalità contrattuali pattuite col Pr ovenza no. Ed invero, anche solo r imanendo a quanto ammesso dall’Aiel lo, questi tra i l 1987 ed il 2003 aveva potuto contare su modalità operative fi sse per l’intero territorio siciliano e su costi prestabiliti ed immutati nonostante gli anni tr ascorsi, senza alcun bisogno di negozi ar e, volta per volta e provincia per provincia, i singoli lavori da eseguire e le richieste accessori e. Anche queste, infatti, rientrano negli indubbi vantaggi che l’Aiello ha tratto dal patto stipulato con il sodaliz io, posto che, a differ enza di quanto accade abitualmente per tutti gli altri imprenditori, qu esti non doveva, di volta in volta, subire ulteriori pretese da parte delle varie famiglie mafiose locali. Si è già d etto, infatti, che queste ultime solevano avanzare richieste di vario genere agli imprenditori che si recavano nel 540 loro te rritor io p er eseguire del lavori, quali, ad esem pio, l’assunzi one di alcu ni lavor atori precari, l’affidamento di sub-appal ti, forniture di calcestruzzo ed inerti, il noleggio a freddo o a caldo di mezzi meccanici a ditte di pertinenza di esponenti mafio si locali. Appare, dunque, chiar o di quale enorme risp armio di tempo e di denaro l’ Aiello abbi a potuto b eneficiare avendo stipulato l’accordo di cui si è detto . Ulteriori vanta ggi, po i, l’imputato li ha tratti dal fatto stesso di veni rsi a trovare in una simile posizione rispetto ai vertici di ”cosa nostra”, come si è visto a proposito di quanto rifer ito dal Giuffrè in tema d i risoluzione di possibi li contr asti locali per la g estion e dei lavor i delle stra de interpoderali e di pref erenza da accorda re alle sue imprese in ambienti vicini all’organ izzazione. Sotto tali ul timi pro fili vale la pena di richiama re l’episodio descritto dal Giuffrè a proposito dei contra sti per le strade interpoderali in t erritorio di Ca ccamo e quanto c oncordemente riferito dal Br usca e dal La Barb era circa la strada in territorio d i Altofonte. A fronte di tutti quest i vantaggi l’imputato ha fornito altrettante co ntro-p restaz ioni a “cosa no stra”, la quale ha custo dito con cura l’Aiello, financo ev itando di metterlo in imbarazzo con alcu ne ri chiest e di assunzione di par enti diretti di esponenti mafiosi (cfr. Nic olò Eucaliptus), ed ha protetto costantemente l o svil uppo d elle sue iniziative economiche, nella piena consapevolezza dell’import anza di potersi giovare dell’apporto di un ta le imprenditore. Sotto tale pr ofilo, pertanto, può concludersi che il Provenzano, il Giuffrè ed i vertici della famiglia mafiosa di Bagheria “volevan o” che l’ Aiello facesse par te del loro sodaliz io e ne proteggevano e raffo rzavano in ogni modo l’attività, essendo ben consci della sua importanza strategica per la loro organizzazion e. 541 L’apporto dell’imputato , come si è detto, si è est rinsecato secondo almeno tre di rettrici fondamentali pe r il soda lizio: la disponibi lità all e assun zioni di personale, il costante finanziamento eco nomico e, soprattutto, il reperimento di notizie segrete sulle princi pali attività di indagine svolte dal R.O.S. a carico del Provenzan o, de l Messina Denaro, dell’Eucaliptus, del Pastoia e d i vari esponenti mafiosi. Ed è chiaro che tale ruolo inf orma tivo, attesa la sua delicatezza, poteva essere affidato solo a soggetti di particolare f iducia. Dall’esam e deg li atti pro cessuali deve concludersi che l’Aiello abbia, con co stanza e continuità, assicurato il reper imento, attraverso il Riolo, di numerose notizie segrete concernenti le più rilevanti indagin i in corso da parte delle strutture di eccellenza nelle investigazioni antimafia. E che, almeno in un caso, è rimasto provato al di là di ogni ragionevole dubbio che tale a ttività incessante di ricerca di notizie segret e non fosse fine a se stessa ma, viceversa, univocamente finalizza ta alla successiva comunic azione delle notizie apprese ai membri del soda lizio mafioso. Tale speci fica co ntro-p restazione aveva un ec cezionale valore per “cosa nostra” posto che, nel corso dell’istruzione dibattimentale, è r imasto a mpiame nte documentato come l’acquisi zione di in formazioni riser vate sulle inda gini in cors o (e su quelle di tipo tecn ico in particolare) fosse un settore di particolare interesse per l’organiz zazione mafiosa e per il Provenzano in p ersona. Addirittu ra proprio nel caso di quest’ultimo sono emerse prove sia dichiara tive (Giu ffrè) che s oprattutto documentali (i c.d. pizzini) che dimostrano come le attività di asc olto, videoripresa, osservazi one ed inter cetta zione fossero una vera e propria o ssessione. Del resto , non può far si a meno di evidenziare quello che è un dato obietti vo oramai inequivocabile e confermato sia da 542 questa che dalle al tre indagini a vario titolo ricostruite nel corso del l’istr uzione dibattimentale. Uno dei prin cipali stru menti investigativi che ha consent ito di trarre in arresto i capi latitanti di “cosa nostra” nonché di accertarn e le dinam iche interne, ricostruirne gli organi- grammi attuali ed, i n una parola, di contras tare il fe nomeno mafioso è senza dubbio costituito proprio da lle intercettazioni ambien tali, telefoniche e dalla video-sorveglianz a. In un siffatto contesto generale, disporre di un valido, affida bile e continuo can ale infor mativo interno al R.O.S. ha costituito un elemento d i forza contrattuale di straordinaria ril evanza c he ha reso pressocchè unico l’apporto di Michele Aiello. Le indag ini di questo processo non consentono di aff ermare con certezza che Bernardo Provenzano non è stato tratto in arresto per decen ni, pur continuando a vivere ed operare a pochi chil ometri da Pal ermo, grazie all’ausilio ed a l contributo di Michele A iello. Ma certamen te consen tono di acc ertare che il Provenzano ha potuto conseg uire questo incredibile risultato solo a motiv o delle p rotezioni di cu i ha goduto e dei piccoli o gr andi informatori che gl i hanno rivelato notiz ie riservate sulle indagini in corso. Ed anco ra, consen tono di a ccertar e che l’Aiello, tra il 1999 ed il 2003, ha certamen te raccolt o un numero ass ai consistente di notizi e segrete ed, almeno in un caso, ne ha rivelato il conten uto agli espon enti mafiosi più vicini al Pr ovenza no, mentre in pa recchi altr i casi è emer sa una eleva ta p robabilità che ciò sia accaduto. Tale con tributo non occasionale e per facta concludentia si è rivelato per il Provenzano e per l’intera “cosa nostra” di vita le rilevanza . Già lo stesso collab oratore Antonino Giuffrè ha descritto, con la solita puntualità, l ’”ossessione” del Provenz ano: “Quest o 543 diciamo ch e era forse forse l'argomento pi ù importante che veniva trat tato dal Provenzano stesso e che raccomandava sempre di stare attenti, cioè raccomandava sempre di stare attenti a parlare. Raccomandava sempre di stare attenti negli spostamenti. “Parlare” perché vi erano microspie, negli spostamenti perché spesso e volentieri erano state ubicate delle telecamere durante i percorsi ch e si facevano, anche a volte in zone interne. Diciamo che a volte probabilmente esagerava, però… cioè, aveva le idee abbastanza chiare della pericolosità sia per quanto riguarda i discorsi delle microspie sia per quanto riguarda i discorsi delle telecamere, e che spesso e volentieri magari da parte di altre persone si sottovalutavano, che magari lì si discuteva e poi ben preso se lo dimenticavano. Posso tranquillame nte dire che poi, nell'ultimo periodo, si è cercato di attre zzarsi con delle apparecchi ature idonee pe r il ritrov amento di microspie. Lo st esso B ernardo Provenzano, tutte le volte che veniva dalle mie part i, faceva un attento… un’attenta ricognizione delle stanze dove noi ci mettevamo per discutere. Prego.”. Il Giuffrè, inoltre, confermava il fa tto che il Provenzano, come dallo stesso riferi togli, riceveva notizie segrete su indagini in corso: “Sempre il Provenzano, delle telecamere ma non solo. Spes so e volentieri diceva che vi erano anche dei punti di osservazione e non solo in quella zona, punti che andavano ad interessare probabilmente - se ricordo bene - la zona di Cutrano (GODRANO) e nello stesso la zona di Ciminna. Probabilmente anche un'azienda, se ricordo bene, di un certo Riggio o qualche cosa del ge nere. Cioè bene o male di tutto il contest o dove il Provenzan o si muoveva, diciamo che bene o male lo stesso era p ari pa ri informato .”. Ed, a detta dello st esso Giuffrè, anche l’ormai famoso pizzino relativo al casale dei fratelli Umina nasceva da una precisa informazione ricevuta da l Provenzano e non solamente da una sua i ntuizione. 544 La circosta nza, per altro, veniva confermata da i testi di P.G. escussi che ha nno riferito come, effettiva mente, il casale e l’azienda zootecnica dei fr atelli Umina in territor io di Vic ari fosse, proprio in quel per iodo, interessata da attività di video-ripresa ed intercettazione, a piena riprova del fatto che il Provenzano era stato informato in modo corretto e tempestivo. Il Giuffrè, per correttezza, ha semp re ammesso di non essere a conoscenza diretta del la fonte o delle fonti di cui il Provenzano si era giovato dur ante la sua latitanza, ma ripeteva più volte ch e, per quanto appr eso dallo stesso Provenzano, le notizie, addirittura fin dagli anni 80’, gli provenivano sempre da Bagheria: “Io sapevo che da sempre vi era un discorso che porta va Bagheria e un discorso che risale addiritt ura agli anni Ot tanta. E il discorso era… ne erano beneficiari diciamo coloro ch e se ne occupavano, in modo particolare Nino Gargano prima e Nicola Eucaliptus successivamente. Tant'è vero che in più di un’o ccasione io stesso attingo notizie… cioè, ricevo delle missioni di informare dei mafiosi che da lì a breve ci saranno dei blitz, degli arresti. In modo particolare mi ricordo un fatto portato avanti dal Provenzano e dal Nino Gargano, attorno… PRESIDENTE - Scusi se la interrompo, signor Giuf frè, per capire meglio, per puntualizzare quello di cui stiamo parlando. Il Pubblico Ministero ha fatto riferimento poco fa, su sua indicazione, a degli avvisi orali e scritti che venivano da Provenzano di una sua particolare preoccupazione per possibili intercettazioni ambientali, microspie, intercettazioni telefoniche eccetera. Poi le ha chiesto se ho capito bene la fonte di queste notizie, cioè se il Prov enzano avesse solo una preoccupazione generale e se avesse delle fonti particolari? GIUFFRE’ - Ho d etto io su Bagheria, in mo do particolare. PRESIDENTE – Su Bagheria che cosa intende in particolare, cioè si riferisce a Gargano ed Eucaliptus? 545 GIUFFRE’ - Il discorso parte da lì, Signor Presidente, che io in un periodo sono stato chiamato dal Provenzano e dal Gargano per avvertire, e c'è un particolare ben preciso, il Farinella Giuseppe che dovevano… attorno all'87 dovremmo essere. Io andrò in missione per andare ad avvertire… PRESIDENTE – Quindi, Provenzano le disse che av eva notizie direttamente da Gargano prima e da Eucaliptus dopo, da Bagheria ? GIUFFRE’ – Cioè, in que lla zona diciamo, da sempre…. PRESIDENTE - Gli passavano delle notizie? GIUFFRE’ – Perf etto. Dunque, proprio Nicol ò Eucaliptus che “aveva nelle mani” l’Aiello e da questi a veva certam ente ricevuto la notizia relativa alla presenza di una m icrospia nell’autovettura del figli o Salvatore, era sta ta una delle fonti di Bagheria che avevano arricchit o le conoscenze del Provenzano e che ne avevano prolungat o lo stato d i latit anza. Ancora un a volta , dunqu e, pur non emergendo la prova positiva di un fatto co ncreto e deter minato, si rileva una conca tenazione l ogica e temporale di indizi plurimi e conver genti che lasci a rifl ettere. Nel prosieguo dell ’esame dibattim entale il Giuffrè chiarirà ancor meglio il senso delle sue parole: PRESIDENTE - Siccome abbiamo parlato di un canale informativo che riguardava Bagheria, e Lei l'ha diciamo personalizzato nelle figure di Gargano e di Eucaliptus. Ora l'Avvocato le chiede: dopo che sono stati ar restat i, Lei sa se vi furono ancora no tizie giun te a l Pr ovenzano da Bagh eria relative ovviament e ad indagini e arresti ? GIUFFRE’ - Su que sto ho rispost o anche ieri , Signor Presidente, dicendo d i sì, … Sono notizie poi che apprendo direttamente dal Provenzano, e non ho più di scorsi diciamo personali e dir ettamente su Bagheri a. PRESIDENTE – Ma il Provenzano gliene parlò di questa cosa? 546 GIUFFRE’ – Ques to? Certo. PRESIDENTE – Quindi anche dopo il ’91 e ’92? GIUFFRE' – Perf etto, perfetto. PRESIDENTE - Fino in tempi recenti? GIUFFRE’ – Perf etto. PRESIDENTE - Fino in tempi recenti? GIUFFRE’ - In modo pa rticolare poi, attor no al 2000”.. Dunque, l’appr ovvigi onamento di notizie da Bagheria era proseguito i ndistu rbato anche dopo l’arresto del Garga no e dell’Eucaliptus e, per quanto a conoscenza del Giuffrè, si era protratto almen o fino al 2000. La ricostruzione del complesso delle risulta nze processuali, in un’ottica con testua lizzante e non parcellizza nte, consente di affermare ch e, almeno in un cas o, la fonte bagherese delle notizie se grete di cui si sono giova ti il Provenzano ed i suoi uomini è stata costituita dall’Aiello e che, in parecchi altri episodi, vi è un elevato grad o di pr obabilità che ciò si sia potuto ripetere. E, come s i è detto, si trattava di notizie su indagini in corso tutte au tentiche, provenienti da una fonte qua lificatissima all’interno del grup po tecnico del R.O.S. ed attuali di guisa che le indagin i stes se erano potenz ialmente soggette ad essere compromesse o del tutto vanifica te. Così cont estual izzato , il rapporto tra il Riolo e l’Aiello assume connotati propri di estrema rilevanza anche per l’organizzazion e mafiosa che si giovava di tale importante canale informativo. E se l ’acquisizion e e la ( almeno) p arziale rivela zione di dette notizie ad espon enti del soda lizio rappresentano uno dei contributi obiettivi e ri levant i forniti dall’Aiello, la condotta di aver costantemente infor mato quest’ultimo circa indagini segrete in corso costituisce uno dei perni fondamentali della contestazione di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, avanzata al Ri olo al capo C) della rubr ica. 547 Appare, per tanto, necessar io approfondire ulteriormente i caratteri e la n atura del rapporto Aiello-Riolo, a llo scopo d i comprendere fino in fondo i singoli ruoli e le rispettive r esponsabil ità sia sotto il pr ofilo oggettivo che soggettivo. Il dato di pa rtenza di tale disamina non può che essere cost ituito dalla mera constatazione del fatto che il disvelamento di tutti gli ep isodi di rivelazione di notizie segr ete si deve all’immediata confessione del Riolo. Confessione, come si è dett o, sincera e su fatti dei quali l’imputat o no n era nepp ure sospettato e riguardanti episodi rivelatisi poi t utti v eri e r iscontrati (salvo qualche fisiologica imprecisi one). Delle modal ità del ra vvedimento del Riolo, del suo tormentato percorso interiore e della parziale modifica dibattime ntale delle s ue dichiarazioni in adesione a quell e dell’Aiello si è già detto dianzi. In questa sede va, tuttavia, rimarcato come, tra le tante circostanze vere e positivamente riscontrate fornite dal Riolo, ne emerga una senz’al tro non credibile. Quella, cio è, secondo la quale egli avrebbe, per ben quattr o anni, fornito all’Aiello notizie e informazioni sulle iniziative investigative più i mporta nti del pr oprio repar to di appar tenenza per p uro spi rito di protagonismo ovver o “per pavoneggiarsi” e senza ricevere in cambio un apprezzabile ritorno economico. In realtà, nella prospettiva soggettiva del Riolo, stabilire tale tipo di rapporto co n l’Aiello signif icava entr are in contatto con una realtà relazionale e di potere enormemente più grande rispett o a quella che gli era consona e, di conseguenza , poter coltivare a spetta tive di assunzioni, favori, pr estiti, raccomandazi oni etc. etc. Di fatto, del resto , buo na parte di tali effetti p ositivi si erano già concretiz zati nell’immediato ed il Riolo avrebbe fatto bene 548 a chiedersi la ragio ne di tutta questa disponibilità da parte dell’Aiel lo. Di certo, tali effett i non derivava no dalla capacità di “pavoneggiarsi” del Riolo né dalla ingenuità dell’Aiello, il quale, in questo processo, tutto ha dimostra to meno che di esser e un ingenuo. Del resto, come cor rettam ente è stato osser vato dal P.M., a gli atti del p rocesso è emersa, in tutta la sua inequivocabile chiarezza, la riprova della inver osimiglianza di detta tesi. Si intende fare riferimento alla vicenda della cattura dell’allora lat itante Salvatore Rinella, tratto in arre sto in questa vi a Pitr è il 6 marzo 2003. In sintesi si tratta di una brillante operazione di polizia giudiziaria eseg uita dal R.O.S., nella quale il Riolo ha svolto, senza alcun dubbio, un ruolo centr ale al fine di pervenire alla catt ura del latitante, all’ep oca a capo della famiglia mafiosa di Trabia. Il Colonnello D amiano ha ricostruito lo svolgimento dell’indagine e le mod alità tecniche predispost e dal Riolo grazie alle quali si è potuto raggiungere un così importa nte risultato i nvestigativo . Orbene, il Riolo, pur avendo avuto questa volta davvero tutte le ragioni per potersi vantar e con l’Aiello di aver svolto un ruolo determ inante nel la cattura di un pericoloso lati tante e dopo anni di continue rivelazio ni, non riferiva nulla di tale indagine all’im prendi tore bagherese. Attraverso le contest azioni operate dal P.M., si ricava che il Riolo, ne l corso dell’i nterrogatorio del 26 aprile 2004, aveva negato decisamente di avere fatt o una simile r ivelaz ione all’Aiell o. Tale dato se analizzato isolatamente avrebbe potuto passare inosserva to ma, inseren dolo nel contesto dei rapporti con l’Aiello e delle continue rivelazioni a questi fatte dal Riolo , si rivela assai in teressante. 549 Al punto che il P.M ., dando prova di notevole ca pacità di analisi del materi ale p robatorio, ne spiega va il significato secondo l’ottica accusat oria nell’ambito della memoria che d epositava a conclu sione delle indagini, nella quale è dato leggersi: “RIOLO ha infatti curato, tra il febbraio ed il marzo 2003, la collocazione di una telecamera nei pressi di un edificio in uno dei cui appartamenti, il 6 marzo 2003, è stato tratto in arresto Salvatore RINELLA, capomafia di Trabia, già condannato all'ergastolo per omicidio, anch'egli elemento di spicco dell'o rganizzazione mafiosa Cosa Nostra. Pur essendo nel pieno de l periodo in cui i rapporti tra RIOLO e AIELLO avevano trovato sviluppo, RIOLO, per sua stessa am- missione, non ne ha fatto cenno alcuno ad AIELLO. Nel corso dell'interrogatorio reso il 26 aprile 2004, RIOLO, sul punto, alla domanda sollecitato se avesse mai riferito ad AIELLO di tale attività per la cattura del latitante RINELLA, ha significativamente risposto: "No, no mai, completamente, completamente, tant’è…". La risposta di RIOLO è assai significativa per più motivi. In primo luogo perchè rivela la piena consapevolezza di RIOLO che le sue indebite rivelazioni non sono rimaste senza conseguenza, "tant'è" che quando le notizie sulle indagini sono rimaste riservate hanno avuto buon esito, proprio come nel caso della cattura di Salvatore RINELLA. In secondo luogo, la mancata rivelazione ad AIELLO delle notizie sulle indagini tecniche avviate per la cattura di RINELLA, fa giustizia delle ragioni sempre addotte da RIOLO a giustifi- cazione del proprio comportamento ("l'ho fatto per protagonismo"). Se davvero a spingere RIOLO fosse stata questa non meglio precisata smania di protagonismo, mai si era presentata una occasione così ghiotta per darvi sicuro sfogo come quella verificatisi in occasione delle attività tecniche su RINELLA. Tra l'installazione della telecamera e la cattura del latitante sono infatti trascorsi pochissimi giorni: segno evidente non soltanto 550 di quanto esatta fosse stata l'idea investigativa che aveva determinato la scelta di collocare la telecamera proprio nel luogo in cui poi era stata installata, ma - soprattutto - di quanta perizia fosse stata adoperata nell'esecuzione dell'attività tecnica, curata da RIOLO, il cui operato aveva dunque consentito di poter osservare, a notevole distanza, le finestre dell'appartamento ove aveva trovato rifugio Salvatore RINELLA, riconosciuto non appena si era affacciato da dietro le persiane e catturato la sera successiva. Ebbene, nè prima nè dopo l'arresto di Salvatore RINELLA, RIOLO ha mai fatto vanto con AIELLO delle attività tecniche che aveva personalmente curato e grazie alle quali era stato conseguito un così brillante risultato investigativo. Uno strano modo di dare corso alle pro prie smanie di protagonismo.”. Al momento della conclusione delle indagini preliminari, dunque, entrambi gl i imp utati ha nno potuto apprezzare in che modo tal e argoment o fosse st ato logicamente utilizzato contro di loro dall’Ufficio della pub blica accusa. E, di c onsegu enza, hanno potuto or ganizzare una linea difensiva comune modifica ndo nei rispettivi esami dibattimentali le propri e precedenti dichiarazioni. Secondo un o schem a esattamente opposto a q uello utilizzato per tutti gli altri episod i di rivela zione confessati dal Riol o e parzialmente ammessi dallo stesso Aiello nella fase inizia le delle indagini. Nel caso in esame, cioè, i due im putati, dopo aver sostanzialmente negato la r ivelazione d i detta notizia, avevano preso atto che tale negazione si era rivelata un elemento a loro carico. Ed allora, no n sol o ne affermavano l’esist enza ma ne sottolineavano proprio l’aspetto delle vanterie con le quali il Riolo l’avrebbe riferita. All’udienza del 4 apr ile 20 06: PUBBLICO MINIST ERO: 551 Ho capito. Senta, e dal momento della installazione, poi lei ha saputo che questa attività ha avuto un buon esito, no, dico che il Rinella era stato catturato ovviamente. RIOLO GIORGIO: No, grazi e a me . PUBBLICO MINIST ERO: Come? RIOLO GIORGIO: Grazie a me. PUBBLICO MINIST ERO: Si, si certo, grazie a… “. Alla domanda se avesse riferito le modalità di tale indagine all’Aiell o, il R iolo r ispondeva: “ Io ho sempre detto di no , però in effetti a… a… quando è venuto fuori dal giornale gliel’ho detto…. si, ne abbiamo parlato dopo… dopo l’arresto sicur amente .”. A riprova del mutato atteggiamento degli imputati nel senso dianzi i ndicato è su fficiente es aminare quanto rifer ito dall’Aiel lo sul punto: PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Senta, Riolo le ha mai riferito circostanze, notizie relative alla cattura del latitante di uno dei fratelli Rinella, Salvatore Rinella? AIELLO: Ma una volta mi ha pa rlato ma in termini che si vantava, quando è successa l’operazione era cont entissimo e diceva lui che gr azie a lui erano riusciti a cat turare a Rinella. PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O: Così le ha detto? AIELLO MI CHELE: Si. A seguito di tale ri sposta il P.M. operava la seguente cont estazione: 552 PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO: Guardi, lei sul punto è stato interrogato il 19 Maggio 2004: P.M.: “U n’altra domanda e poi torniamo a Giuffrè. Quando è stato arrestato Rinella, è stato oggetto di discussioni con Riolo, di commenti?” Aiello: “Mi ha parlato dell’arre sto lui, ma semplicemente com e fatto di cronaca”. P.M.: “N on le dis se che era stato lui a collocare anche qua telecamere e cose?” Aiello: “Mi ha detto come fatto di cro naca, mi parlat o dell’arrest o, lui me ne ha parlato dell’ar resto e bast a”. A seguito della contestazione l’Aiello rispond eva a sua volta: AIELLO: Si era vantat o… No, no… PUBBLICO MINISTERO PRESTIPIN O: Eh, lei oggi ha aggiunto…… due particolari. AIELLO MICHELE: E allora, confermo pienamente quello che c’è scrit to lì, punto. Intend o precisare ed aggiungere pure che per i miei ricordi e i miei ricor di lui era estremam ente euforico per q uello che era avvenuto, in quanto praticamente se ne vantava. “. Quindi anche l’Ai ello, che nelle indagini si era lim itato ad una conferma mi nimale dell’episodio senza aggiungere al cun commento, in di battim ento per un verso confermava le sue precedenti dichiar azioni ma per altro verso pretendeva di arricchirle con un’unica e reiterata notazione concernente il fatto che il Riolo si era va ntato di tale successo investigativo, cioè propri o aggiun gendo quell’elemento che gli serviva p er smontare l a tesi a ccusatoria chiaramente esp ressa nella memoria sur richiamata. Appare, d unque, chiaro al Tribuna le come, anche in questo caso, il dupl ice e con vergente revirement manifestato dagli imputati non sia di certo il frutto di una mera ca sualit à ma, piuttosto , l’ulteriore dimostrazione di quell’atteggiamento processuale che, ciascuno a suo modo e per le proprie ragioni 553 individuali, il Riolo e l’Aiello hanno consapevolmente assunto. Anzi, il fatto che, in q uesto caso, il duplice mutamento di dichiarazioni si sia mosso in una direzione esattamente opposta a quella tante volte percorsa dagli imputa ti medesimi conferma e dimostra i n ma niera def initiva quanto si è sin qui sostenuto . E tornando al meri to delle dichiarazioni in esame, esse dimostrano che n ell’atteggiamento del R iolo non vi era alcuna motivazione connessa al suo desiderio di “pavoneggiarsi” o di vantarsi agli o cchi dell’Ai ello. Ma, poiché tutte le azio ni umane volontarie hanno una causa ed una motivazione intrinseca, anche la condot ta del Riolo – fornire all’Aiello, per quattro anni ed in sva riate occasioni, notizie riservate sul le indagini in corso – deve ave rne una. Ed infatti, all ’esito del presente giudizio è emersa la dimostrazione univoca e logicamente convincente della motivazi one che ha spint o il Riolo ad assume re questo comportamento. Come semp re, occorre partire dall’inizio della vicenda. Il Riolo era stato presentato all’Aiello dal mar esciallo Borza cchelli, figura sordida di ricattator e ed, al contempo, di coo rdinatore di reti di protezione attorno a soggetti potenti. Questi, inver o, dapprim a entrava in contatto con imprenditori, alti dirigent i pubblici , uomini politici - magari anche per ragioni connes se al le attività di indagine che doveva svolge re a loro carico – e ne diventava amico, ne conquistava la f iducia e si presentava ai loro occhi come una sorta di agent e segreto in gr ado di conoscer e preventivamente notizie sulle i ndagini in corso e, quin di, di proteggerli dal rischio penale o dagli effetti m ediatici che dalle stesse potevano derivare. Nel presente processo, pur non essendo il Borzacchelli imputato, è emerso con chiar ezza come questi abbia adottato tale modus operandi quan tomeno nei confronti dell’Aiello e del Cuffaro. 554 Dopo essere divenuto una persona di fiducia di entrambi, infatti, il Borza cchelli aveva lunga mente insistito sui rischi potenzialmente d erivan ti dalle indagini della magistratura e, per converso, sull’util ità di prevenirle e di neutralizzarne gli effetti a nche a costo di commetter e delle illegalità. Di guisa che i suoi “protetti” potessero d i fatt o conseguire una sostanziale impunità proseguendo in tutta sicurezza le rispettive carriere di imprenditore o rappresentante polit ico. Ovviamente, i servizi offerti dal Borzacchelli prevedevano un ritorno per l’ambizioso ex mar esciallo, il quale aveva l’intenzi one di arricchirsi grazie all’Aiello e di fare una brillante carriera politi ca attr averso il Cuffaro. Obiettivi , peraltr o, in parte raggiunti dal Borzacchelli, la cui ascesa è stata inter rotta non cer to dalle denunce dell’Aiello ma dalle indagi ni svolte dai suoi ex colleghi e, forse , dal suo stesso eccesso di ambizione. Con specifico riferimento all’Aiello, poi, va notato come il Borzacche lli, esattamente come usa fare “cosa nostra”, talora creava lui stesso i per icoli dai quali proteggere il facoltoso imprendit ore, ma questa non è la materia del presente processo. Ciò che mette conto di evidenziare in questa sede è che sia stato propri o il Borzacchelli a pr esentare il Rio lo all’Aiello come un sot tufficiale del R.O.S. esperto e particolarmente competente nel setto re delle intercettazioni telef oniche ed ambiental i, cioè propr io uno dei più delicati e pericolosi per la rete d i protezione costr uita dallo stesso Borzacc helli. L’eziologia del rappo rto personale tra l’Aiello ed il Riolo contribuisce a chiarire la natura stessa di detto rapporto che certament e non è mai stato di amicizia ma di collaboraz ione e di recipr oca convenienza. Come si diceva dian zi, il Riolo, immediatamente e non dopo un certo lasso di tempo (come sar ebbe stato logico immagin a- 555 re), di veniva di centrale importanz a per l’Aiello e da questi riceveva favori di ri levant e importa nza. Pressocch è subito dopo la loro conoscenza, l’Aiello a ssumeva a tempo indetermina to la moglie d el Riolo e poi avrebbe assunto anche un suo fr atello. Si tratta di due assunzioni e, quindi, di un favore tutto sommato non eccessivamente oneroso per l’Aiello (che aveva ce ntinaia di dipend enti) m a per il Riolo erano fatti risolutivi e determinanti nella vi ta quotidiana e nella disastrata economia della sua famigli a. Altrettan to immedi atamente l’Aiello lo inseriva nel suo giro personale di con oscenze facendogli conoscere persone importanti qua li il Cuffaro e parecchi altri imprenditor i ed esponenti istituzi onali, lo a iutava erogandogli talora piccoli pr estiti in contanti o risolvendo problemi pratici grazie alla sua posizione di potere (si pensi ai la vori di ristr uttura zione di una sua abitazione ru rale in agro di Piana degli Albanesi). Poco do po gl i faceva a vere, attraverso la concessionaria d i automobili Vida uto, un a autovettur a Chrysler che era sì usata ma del n on irrileva nte valore di 25 mili oni di lir e (specie in considerazione dell’epoca e del valore della vecchia moneta) . Orbene, il Riol o avrebbe di certo dovuto chiedersi il motivo per il qual e l’Aiel lo gli a veva mostr ato, fin da subito e con eccezionale generosità, tutta questa riconoscenza. Tutti questi favori, aiuti, d onativi, interessamenti e presentazioni dovevano, per forza di cose, avere una spiega zione. Posto che l’Aiello non era un filantropo e che il Riolo non era il prototipo de l biso gnoso o dell’indigente al quale fare della solidarietà ma un sottu fficiale in servizio a ttivo in un corpo di eccellenza del l’Arma de i Carabinieri, doveva pur esserci una ragi one per la quale il primo faceva tutto q uesto in fa vore del secondo. E perché il Riolo pensa va di poter e avere una posizione di così alto ril ievo nella vita e per gli interessi dell’Aiello se, come 556 ha detto lui stesso, era un misero sottufficiale che aveva difficoltà ad arrivare a fine mese con lo stipendio e questi era, invece, un ricco e potente imprend itore che egli conside rava quasi onn ipoten te? La spiegazione univoca e logica ovviament e c’è, così come sussiston o tutte le rag ioni per a ffermare che a nche Giorgio Riolo ne fos se del tutto consa pevole anche al momento iniziale del suo rapporto con l’Aiello. La loro, infatti, er a una relazione basata, sin da subito, sulla reciproca convenienza e sullo scam bio di fa vori. In consi derazione delle evidenti differenze socio -economiche tra i due, l’Aiello era in grado di d are al Riolo tutto ciò che a questi mancava sotto il profilo della sicurezza familiare, del sostegno economic o, della ris oluzione di problemi contingenti, dell’introduzi one in ambienti a lui preclusi e della conoscenza di al tri u omini d’aff ar i o esponent i politico- istituzio nali i n grad o di aiutarlo a loro volta . Mentre il Riolo, da parte sua, e specialmente all’inizio del loro rapporto, era in grado di dare solo una cosa a ll’Aiello e nient’altro: le noti zie sulle indagini segrete svolte dal suo reparto. Egli, infatt i, non disp oneva di un giro di conoscenze nell’ambi to lav orativo e tra i colleghi paragonabile a quello del Borzacchelli ( come si vedrà a nche nel caso dell’ indagine del N.A.S.), né svo lgeva a ltro tipo d i indagini ed, in sostanza , come lui stesso ha ri conosciuto, non aveva alcuna altra contro-prest azione da dare in cambio all’Aiello. L’unica risorsa – prez iosissima, però, per l’Aiello – di cui disponeva era no le notizie in tempo reale sulle più importanti indagini in corso da parte del R.O. S. ed, in particolare, proprio sugli strumenti principali di esecuzione delle indag