tribunale di palermo

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N. 12790/02 R.G. Notizie di Reato
N.
74/05 R.G. Tribunale
Sent. N.
187/08
Del
18/01/2008
Irrevocabile il ___________________
Al P.M. per esecuz. il _____________
Campione Penale n° ______________
Redatta scheda il ________________
TRIBUNALE DI PALERMO
SENTENZA
( artt.544 e segg., 549 c.p.p. )
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Palermo – Sez. 3° penale – composta da:
Dott. Vittorio ALCAMO
- Presidente
Dott. Lorenzo CHIARAMONTE
Dott. Salvatore FLACCOVIO
- Giudice
- Giudice
Alla pubblica udienza del
18/01/2008
mediante lettura del dispositivo la seguente
ha pronunziato e pubblicato
SENTENZA
Nei confronti di:
1.- AIELLO Michele, nato a Palermo il 2 settembre 1953, residente a Bagheria, viale
della Libertà n.79; dal 03/11/2006 sottoposto alla misura del divieto di espatrio e
all’obbligo della presentazione alla P.G.
1
LIBERO/ASSENTE
difeso di fiducia dall’Avv.to Sergio MONACO
2.- RIOLO Giorgio, nato a Piana degli Albanesi il 16 giugno 1959, ivi residente in via
Portella della Ginestra, n. 165; dal 03/11/2006 sottoposto alla misura del divieto di espatrio e all’obbligo della presentazione alla P.G.
LIBERO/ASSENTE
difeso di fiducia dall’Avv.to Salvatore SANSONE e dall'Avv.to Massimo MOTISI
3.- CARCIONE Aldo, nato a Firenze il 28 marzo 1947, residente in Palermo, via Littore Ragusa, n. 22, elettivamente domiciliato per questo processo in Palermo, Piazza
Castelnuovo, n. 26 presso lo studio del proprio difensore di fiducia avv.to Gioacchino
Sbacchi del Foro di Palermo;
LIBERO/ASSENTE
difeso di fid. dall’avv. Gioacchino SBACCHI
4.- BUTTITTA Giuseppa Antonella, nata a Bagheria il 9 luglio 1966, ivi residente in
via G. Rossigni, n. 19, elettivamente domiciliata per questo processo in Palermo, via
Francesco Petrarca, n. 10, presso lo studio del proprio difensore di fiducia, Avv.to
Monica Genovese del Foro di Palermo;
LIBERA/ASSENTE
Difesa di fid. dall’avv. Monica GENOVESE
5.- ROTONDO Roberto, nato a Palermo il 19 giugno 1967, residente a Bagheria, via
Dante, n. 60, in atto libero, elettivamente domiciliato presso la propria residenza
LIBERO/ASSENTE
difeso di fiducia dall'Avv.to Massimo MOTISI
6.- CUFFARO Salvatore, nato a Raffadali (AG) il 21 febbraio 1958, residente a Palermo, viale Scaduto, n. 10/A, in atto libero, elettivamente domiciliato per questo processo presso la propria residenza
2
LIBERO/ASSENTE
difeso di fiducia dall'Avv.to Antonino CALECA e dall'Avv.to Antonino MORMINO
7.- VENEZIA Giacomo, nato a Lentini (SR) il 12 maggio 1950, domiciliato a Torino,
presso il Compartimento di Polizia Ferroviaria, Ufficio II^, via Nizza, n.4, in atto
libero
LIBERO/ASSENTE
difeso di fiducia dall'Avv.to Marcello MONTALBANO
8.- GIAMBRUNO Michele, nato a Monreale il 2 gennaio 1956, residente in Monreale,
via Aldo Moro, n. 84/B, elettivamente domiciliato per questo processo in Palermo,
Piazza Vittorio Emanuele Orlando, n. 36, presso lo studio dell'Avv.Francesco Paolo
Salinas
LIBERO/ASSENTE
Difeso di fiducia dall’avv. Francesco Paolo SALINAS unitamente all'Avv.to Antonino
AGNELLO
9.- OLIVERI Domenico, nato a Palermo il 31 agosto 1957, ivi residente in via Ludovico Ariosto, n. 12, elettivamente domiciliato per questo processo presso la propria
residenza,
LIBERO/ASSENTE
difeso di fiducia dall'Avv.to Ugo CASTAGNA
10.- IANNI’ Lorenzo, nato a Niscemi il 6 ottobre 1951, residente in Bagheria, viale Ingegnere G. Bagnera, n. 18, , elettivamente domiciliato per questo processo presso la
propria residenza,
LIBERO/ASSENTE
3
difeso di fiducia dall'Avv.to Claudio GALLINA MONTANA
MAZZAMUTO
e dall'Avv.to Marco
11.- PRESTIGIACOMO Salvatore, nato a Ficarazzi, il 16 febbraio 1958, ivi residente,
Corso Umberto, n. 588 elettivamente domiciliato per questo processo presso la propria residenza,
LIBERO/ASSENTE
difeso di fiducia dall'Avv.to Pietro MILIO
12.- LA BARBERA Adriana, nata a Palermo, il 20 aprile 1938, ivi residente, via Carrol
Lewis, n. 6/A, elettivamente domiciliata per questo processo presso la propria residenza
LIBERASSENTE
difesa di fiducia dall'Avv.to Salvatore TRAINA
13.- CALACIURA Angelo, nato a Palermo il 14 luglio 1936, ivi residente, via Carrol
Lewis, n. 6/A,
LIBERO/ASSENTE
difeso di fiducia dall'Avv.to Salvatore TRAINA
14.- Soc. DIAGNOSTICA per IMMAGINI VILLA S. TERESA s.r.l, in persona
dell’amministratore giudiziario dott. DARA – costituita –
Avv. Francesco BERTOROTTA di fiducia
15.- Soc. ATM Alte Tecnologie Medicali s.r.l., n persona dell’amministratore giudiziario dott. DARA – costituita –
Avv. Francesco BERTOROTTA di fiducia
PP. CC.
1) LICARI Angela Romina
4
Avv. ZICCHITELLA di fiducia
2) AZIENDA SANITARIA n.6 – PALERMO
Avv. Federico FERINA
3) COMUNE DI BAGHERIA
Avv. Fausto Maria AMATO di fiducia
IMPUTATI
AIELLO MICHELE:
A) per il delitto di cui all’art. 416 bis, commi I, II, III, IV, VI cod. pen. per avere fatto
parte, unitamente ad altre numerose persone (tra le quali PROVENZANO Bernardo,
GIUFFRE’ Antonino, RINELLA Salvatore, EUCALIPTUS Nicolò’, EUCALIPTUS Salvatore, GRECO Leonardo, LO IACONO Pietro, CASTRONOVO Carlo, nel frattempo
deceduto) dell’associazione mafiosa Cosa Nostra, e per essersi, insieme, avvalsi della
forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed
omertà che ne deriva, per commettere delitti contro la vita, l’incolumità individuale, la
libertà personale,il patrimonio, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione
o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e gli altri, per intervenire sulle istituzioni e la pubblica amministrazione, in particolare per avere, tra
l’altro, costituito un punto di riferimento nella zona di Bagheria per tutto lo schieramento mafioso facente capo a PROVENZANO Bernardo, con specifico riferimento:
1)
alla gestione di appalti pubblici e lavori privati;
2)
alla raccolta di informazioni da pubblici ufficiali - tra le quali quelle di cui ai ca-
pi che seguono - finalizzata alla tutela dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra ed in
particolare all’acquisizione di molteplici informazioni e notizie, coperte da segreto - che
lo stesso AIELLO trasferiva, almeno in parte, ad altri esponenti mafiosi tra i quali
EUCALIPTUS Salvatore - concernenti, tra l’altro:
5
•
le indagini svolte dal R.O.S. dell’Arma dei Carabinieri e finalizzate alla
cattura dei latitanti PROVENZANO Bernardo e MESSINA DENARO Matteo ed aventi
nello specifico ad oggetto:
1.
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione
di GUTTADAURO Filippo sita nel Comune di Castelvetrano;
2.
la collocazione da parte di personale del R.O.S. di microspie presso
l’abitazione di EUCALIPTUS Nicolò ed all’interno dell’autovettura in uso ad
EUCALIPTUS Salvatore;
3.
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio e di altro personale del R.O.S.
di apparecchiature di videoripresa, in diverse zone del territorio di Bagheria, volte al
controllo di soggetti sospettati di essere in contatto con PROVENZANO Bernardo, tra i
quali parenti ed affini di EUCALIPITUS Nicolò (MORREALE Onofrio, PIPIA Liborio) e
comunque con rapporti di frequentazione con lo stesso ( tra cui TORNATORE Roberto);
4.
le attività investigative operate da parte di RIOLO Giorgio e di altro perso-
nale del R.O.S. sul territorio di Belmonte Mezzagno nei confronti di PASTOIA Francesco - condannato in via definitiva per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., tra l’altro, in
relazione a condotte di vicinanza con PROVENZANO Bernardo – e di altri esponenti
mafiosi ad esso collegati;
5.
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione
di GUTTADAURO Giuseppe, sita in V. De Cosmi in Palermo, nonché le risultanze di tale attività di indagine dalle quali emergevano elementi a carico del GUTTADAURO e di
MICELI Domenico;
6.
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso la casa cir-
condariale di Ascoli Piceno, finalizzate all’intercettazione dei colloqui periodici effettuati da GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto;
7.
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie a bordo
dell’autovettura di MICELI Domenico;
8.
le attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di LOMBARDO
Giuseppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa;
•
le indagini svolte dallo S.C.O. della Polizia di Stato e finalizzate alla cattura del
latitante MESSINA DENARO Matteo ed aventi nello specifico ad oggetto la collocazione
6
di apparecchiature di videoripresa di fronte all’abitazione di MESI Paola, sita nel Comune di Bagheria;
l’esistenza di contatti di natura confidenziale tra personale appartenente
•
al S.I.S.D.E. ed EUCALIPTUS Salvatore, finalizzati all’acquisizione di notizie utili alla
cattura del latitante PROVENZANO Bernardo;
le indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri ed aventi ad oggetto
•
le attività delle società di AIELLO Michele nel settore della sanità;
le indagini condotte dalla Sezione Criminalità Organizzata della
•
Squadra Mobile di Palermo e dal Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, in
corso nel settembre 2003, relative all’organizzazione mafiosa Cosa Nostra;
l’esistenza ed il contenuto delle dichiarazioni, rese in fase di indagini
•
preliminari e, dunque, in interrogatori coperti da segreto, dal collaboratore di Giustizia
GIUFFRE’ Antonino;
l’esistenza ed il contenuto delle dichiarazioni, rese in fase di indagini
•
preliminari e, dunque, in interrogatori coperti da segreto, dal collaboratore di Giustizia
BARBAGALLO Salvatore e relative allo stesso AIELLO;
il contenuto di biglietti redatti dal latitante PROVENZANO Bernar-
•
do, indirizzati e trasmessi a GIUFFRE’ Antonino, quando quest' ultimo era in stato di
latitanza, rinvenuti e sequestrati nelle date del 16 aprile 2002 e 4 dicembre 2002;
le indagini condotte dal R.O.N.O. del Comando Provinciale dei Ca-
•
rabinieri di Palermo sul conto di AIELLO Michele; nonché le intercettazioni telefoniche
effettuate nei confronti dell’AIELLO e dei coindagati CIURO Giuseppe e RIOLO Giorgio;
3)
al finanziamento di tale organizzazione mediante erogazione di ingenti somme di
denaro contante;
4)
alla concreta disponibilità all'assunzione, presso imprese e società a lui facenti
capo, di soggetti a seguito di indicazioni ricevute da altri componenti dell'organizzazione mafiosa, tra i quali anche i fratelli RINELLA di Trabia ed EUCALIPTUS Nicolò di
Bagheria;
- con l’aggravante di cui al comma IV dello stesso articolo per far parte di
una associazione armata;
7
- con l’aggravante di cui al comma VI dello stesso articolo trattandosi di attività economiche finanziate in tutto o in parte con il prezzo, il prodotto, il profitto di reati;
In Palermo, Bagheria ed altre località del territorio nazionale,fino alla data
del 4 novembre 2003.
RIOLO GIORGIO:
C) per il delitto di cui agli artt. 110 e 416 bis cod. pen. per avere – nella qualità
di sottufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo - concretamente contribuito, pur senza farne formalmente parte, al rafforzamento ed alla realizzazione degli scopi dell’organizzazione di
tipo mafioso Cosa Nostra - i cui componenti si avvalgono della forza di intimidazione
del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva;
per commettere delitti; per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o, comunque, il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, di appalti e
servizi pubblici, per realizzare profitti e vantaggi ingiusti per sé e gli altri - in particolare:
• fornendo - anche attraverso l’impiego di una rete di telefoni cellulari procurati da
AIELLO Michele ed intestati a prestanome, il cui uso era riservato esclusivamente allo stesso AIELLO, al CIURO, al RIOLO ed a pochissime altre persone di fiducia dell’
AIELLO, tra cui CARCIONE Aldo – in maniera sistematica e continua informazioni
coperte dal segreto di ufficio relative ad attività investigative coordinate da questa Direzione Distrettuale Antimafia e svolte dall’Arma dei Carabinieri e dalla stessa Sezione Anticrimine aventi ad oggetto le illecite attività dell’organizzazione mafiosa Cosa
Nostra ed, in particolare:
1) le attività di indagine svolte dal R.O.S. dell’Arma dei Carabinieri e finalizzate
alla cattura dei latitanti PROVENZANO Bernardo e MESSINA DENARO Matteo ed aventi nello specifico ad oggetto:
•
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione di
GUTTADAURO Filippo sita nel Comune di Castelvetrano;
8
•
la collocazione da parte di personale del R.O.S. di microspie presso
l’abitazione di EUCALIPTUS Nicolò ed all’interno dell’autovettura in uso ad
EUCALIPTUS Salvatore;
•
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio e di altro persone del R.O.S. di ap-
parecchiature di videoripresa in diverse zone del territorio di Bagheria volte al controllo di soggetti sospettati di essere in contatto con PROVENZANO Bernardo, tra i quali
parenti ed affini di EUCALPITUS Nicolò (MORREALE Onofrio, PIPIA Liborio) e, comunque, con rapporti di frequentazione con lo stesso (tra cui TORNATORE Roberto);
•
le attività investigative operate da RIOLO Giorgio e da altro personale del
R.O.S. sul territorio di Belmonte Mezzagno nei confronti di PASTOIA Francesco - condannato in via definitiva per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., tra l’altro, in relazione
a condotte di vicinanza con PROVENZANO Bernardo – e di altri esponenti mafiosi ad
esso collegati;
•
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso la casa circon-
dariale di Ascoli Piceno, finalizzate all’intercettazione dei colloqui periodici effettuati
da GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto;
•
le attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di LOMBARDO Giu-
seppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa;
2) le indagini svolte dallo S.C.O. della Polizia di Stato e finalizzate alla cattura del latitante MESSINA DENARO Matteo ed aventi nello specifico ad oggetto la collocazione di
apparecchiature di videoripresa di fronte all’abitazione di MESI Paola, sita nel Comune
di Bagheria;
3) l’esistenza di contatti di natura confidenziale tra personale appartenente al S.I.S.D.E.
ed EUCALIPTUS Salvatore, finalizzati all’acquisizione di notizie utili alla cattura del
latitante PROVENZANO Bernardo;
4) le indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri ed aventi ad oggetto le attività delle
società di AIELLO Michele nel settore della sanità;
5) il contenuto di biglietti redatti dal latitante PROVENZANO Bernardo, indirizzati e
trasmessi a GIUFFRE’ Antonino, quando questi era in stato di latitanza, rinvenuti e sequestrati nelle date del 16 aprile 2002 e 4 dicembre 2002;
9
6) le indagini condotte dal R.O.N.O. del Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo sul conto di AIELLO Michele; nonché le intercettazioni telefoniche effettuate nei
confronti dell’AIELLO e dei coindagati CIURO Giuseppe e RIOLO Giorgio;
7) le attività di indagine svolte dal P.M. nel procedimento contro MICELI Domenico ed altri; in particolare informando AIELLO Michele della collocazione di microspie nell’abitazione di GUTTADAURO Giuseppe e dell’esito di tali attività di indagine; informando MICELI Domenico della collocazione di microspie nella sua autovettura, e, più in generale, dell’esito dell’attività di indagine espletata nei suoi confronti; condotte realizzate attraverso il sistematico contatto con personale in servizio
presso l’Arma dei Carabinieri;
• omettendo di riferire all’Autorità Giudiziaria o ai suoi Superiori i rapporti esistenti
tra l’AIELLO ed esponenti mafiosi di Bagheria (tra i quali CASTRONOVO Carlo, deceduto, GRECO Leonardo ed EUCALIPTUS Nicolò), con il versamento di somme da
parte dell’AIELLO;
• mettendo a disposizione di AIELLO Michele e delle sue attività illecite la sua specifica competenza acquisita nel settore delle telecomunicazioni, in particolare svolgendo
in più occasioni, vere e proprie operazioni di controllo dei locali del Centro Diagnostica per Immagini gestito in Bagheria dallo stesso AIELLO, per accertare eventuali operazioni di intercettazione visiva e sonora effettuate dalla polizia giudiziaria, nonché
provvedendo all’allestimento ed alla manutenzione di apparecchi di videoripresa collocati presso lo stesso Centro;
• prestando in modo sistematico e continuativo attività di ausilio in favore di
AIELLO Michele, attraverso contatti personali e diretti con funzionari della pubblica
amministrazione ed esponenti politici, nonché attraverso l’accesso a dati investigativi
coperti da segreto di ufficio, al fine di favorire la realizzazione di interessi dell’
AIELLO e del suo gruppo nel settore della sanità convenzionata.
- con l’aggravante di cui al comma IV dello stesso articolo per avere concorso
ad una associazione armata, avendo i componenti della medesima la disponibilità di
armi ed esplosivi per il conseguimento delle finalità dell’associazione;
- con l'aggravante di cui al comma VI dello stesso articolo trattandosi di attività
economiche finanziate in parte con il prezzo, il prodotto ed il profitto di delitti;
10
in Palermo, Bagheria ed altre località nazionali fino al 4 novembre 2003;
AIELLO MICHELE, CARCIONE ALDO, RIOLO GIORGIO, BUTTITTA GIUSEPPA
ANTONELLA
IN CONCORSO CON CIURO GIUSEPPE DEFINITO GIUDICATO
SEPARATAMENTE:
D) per il delitto di cui agli artt. 48, 81 cpv, 110, 615 ter, cod. pen., per essersi, in concorso tra loro, l’ AIELLO ed il CARCIONE quali committenti dell’atto, abusivamente
introdotti - in molteplici occasioni, nell’esecuzione di un medesimo disegno criminoso
ed al fine di ottenere informazioni sulle indagini in corso nei confronti di AIELLO Michele, degli amministratori delle società a lui facenti capo e dello stesso CIURO all’interno del sistema informatico di questa Procura della Repubblica, ed in particolare
accedendo ai registri informatici di iscrizione degli indagati e di annotazione delle notizie di reato, protetto da misure di sicurezza;
realizzando la condotta anche con richieste false di accesso ai dati del sistema informatico rivolte a personale di segreteria della Procura delle Repubblica, in tal modo indotto
in errore nell’effettuare l’accesso illecito;
•
riguardando i fatti un sistema informatico di interesse relativo alla sicurezza
pubblica e comunque di interesse pubblico;
•
agendo, il CIURO e la BUTTITTA, nella qualità – rispettivamente - di sottuffi-
ciale della Guardia di Finanza in servizio presso il Centro Operativo D.I.A. di Palermo
e di ispettore componente la sezione di P.G. della Polizia Municipale, entrambi distaccati presso gli Uffici della Procura della Repubblica di Palermo;
•
con l’aggravante di cui all’art. 7 l. 203/91 per l’ AIELLO, il CIURO ed il
RIOLO, avendo commesso il fatto al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra;
Accertato in Palermo, dal giugno 2003 al 4 novembre 2003.
AIELLO MICHELE, CARCIONE ALDO, RIOLO GIORGIO IN CONCORSO CON
CIURO GIUSEPPE GIUDICATO SEPARATAMENTE:
11
E) per il delitto di cui agli artt. 110, 326 co. 1, cod. pen., 7 l.n. 203/1991, per avere, in concorso tra loro e con ignoti:
•
l’ AIELLO ed il CARCIONE, quali istigatori,
•
il CIURO, nella qualità di sottufficiale della Guardia di Finanza in servizio
presso il Centro Operativo D.I.A. di Palermo e distaccato presso gli Uffici della
Procura della Repubblica di Palermo,
•
il RIOLO, quale sottufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri e in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo,
•
il CIURO ed il RIOLO, con violazione dei doveri inerenti alla propria funzione,
ed entrambi e l’AIELLO al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa
Cosa Nostra,
rivelato notizie di ufficio che dovevano rimanere segrete, tra le quali quelle me-
glio specificate ai capi che precedono, sui procedimenti penali pendenti e sulle attività
di indagine in corso dal dicembre 2002 al 4 novembre 2003 nei confronti dell’
AIELLO, degli amministratori delle società a lui facenti capo e degli stessi CIURO e
RIOLO da parte del R.O.N.O. del Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo,
del N.A.S. dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Sezione Criminalità Organizzata della Squadra Mobile di Palermo;
in Palermo e Bagheria dal dicembre 2002 fino alla data del 4 novembre 2003;
BUTTITTA GIUSEPPA ANTONELLA:
F) per il delitto di cui agli artt. 81, 110, 326 1° comma, c.p. per avere – nella sua qualità
di operatore di polizia giudiziaria distaccata presso la segreteria di un Magistrato della
Direzione Distrettuale Antimafia – in concorso con CIURO Giuseppe, in più occasioni,
ed in esecuzione del medesimo disegno criminoso, rivelato ad AIELLO Michele notizie
di Ufficio che dovevano rimanere segrete e concernenti, in particolare, provvedimenti di
iscrizione al Registro Generale Notizie di Reato.
In Palermo, nel corso del 2003.
AIELLO MICHELE E RIOLO GIORGIO:
12
G) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 326 co. 1, cod. pen., 7 l.n. 203/1991,
perché, in concorso tra loro e con altre persone ignote, con più azioni esecutive del
medesimo disegno criminoso, il RIOLO, quale sottufficiale appartenente all’Arma dei
Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo, con violazione dei doveri inerenti alla propria funzione ed al fine di agevolare l’attività
dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra, rivelava all’AIELLO, che a tal fine lo istigava, notizie di Ufficio che dovevano rimanere segrete, tra le quali quelle indicate ai
capi che precedono e più in particolare:
•
le indagini svolte dal R.O.S. dell’Arma dei Carabinieri e finalizzate alla cattu-
ra dei latitanti PROVENZANO Bernardo e MESSINA DENARO Matteo ed aventi nello
specifico ad oggetto:
1)
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione di
GUTTADAURO Filippo sita nel Comune di Castelvetrano;
2)
la collocazione da parte di personale del R.O.S. di microspie presso
l’abitazione di EUCALIPTUS Nicolò ed all’interno dell’autovettura in uso ad
EUCALIPTUS Salvatore;
3)
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio e di altro personale del R.O.S. di
apparecchiature di videoripresa in diverse zone del territorio di Bagheria volte al controllo di soggetti sospettati di essere in contatto con PROVENZANO Bernardo, tra i
quali parenti ed affini di EUCALIPITUS Nicolò (MORREALE Onofrio, PIPIA Liborio) e
comunque con rapporti di frequentazione con lo stesso ( tra cui TORNATORE Roberto);
4)
le attività investigative operate da parte di RIOLO Giorgio e di altro personale
del R.O.S. sul territorio di Belmonte Mezzagno nei confronti di PASTOIA Francesco condannato in via definitiva per il delitto di cui all’art. 416 bis c.p., tra l’altro, in relazione a condotte di vicinanza con PROVENZANO Bernardo – e di altri esponenti mafiosi ad esso collegati;
5)
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso l’abitazione di
GUTTADAURO Giuseppe sita in V. De Cosmi in Palermo, nonché le risultanze di tale
attività di indagine dalle quali emergevano elementi a carico del GUTTADAURO e di
MICELI Domenico;
13
6)
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso la casa circon-
dariale di Ascoli Piceno, finalizzate all’intercettazione dei colloqui periodici effettuati
da GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto;
7)
la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie a bordo
dell’autovettura di MICELI Domenico;
8)
le attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di LOMBARDO
Giuseppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa;
9)
la collocazione di apparecchiature di videoripresa di fronte all’abitazione di
MESI Paola, sita nel Comune di Bagheria;
10)
l’esistenza di contatti di natura confidenziale tra personale appartenente al
S.I.S.D.E. ed EUCALIPTUS Salvatore, finalizzati all’acquisizione di notizie utili alla
cattura del latitante PROVENZANO Bernardo;
11)
le indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri ed aventi ad oggetto le attività
delle società di AIELLO Michele nel settore della sanità;
12)
il contenuto di biglietti redatti dal latitante PROVENZANO Bernardo, indiriz-
zati e trasmessi a GIUFFRE’ Antonino, quando questi era in stato di latitanza, rinvenuti
e sequestrati nelle date del 16 aprile 2002 e 4 dicembre 2002;
13)
le indagini condotte dal R.O.N.O. del Comando Provinciale dei Carabinieri
di Palermo sul conto di AIELLO Michele; nonché le intercettazioni telefoniche effettuate nei confronti dell’AIELLO e dei coindagati CIURO Giuseppe e RIOLO Giorgio;
in Palermo, Bagheria ed altre località nazionali, dal 1999 fino alla data del 4 novembre
2003;
AIELLO MICHELE:
H) per il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 319 e 321, c.p., per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, promesso e dato a RIOLO Giorgio, quale sottufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine
del R.O.S. di Palermo, una retribuzione non dovuta e consistita nel valore di
un’autovettura marca Crysler pari a circa 25 milioni di vecchie lire, acquistata dal
RIOLO presso il concessionario Vidauto di Palermo e pagata dall’AIELLO; nonché nel
14
valore dei lavori e dei materiali per la realizzazione di un’abitazione sita in territorio
del comune di Piana degli Albanesi di proprietà del RIOLO; il tutto a fronte del compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio tra i quali quelli aventi ad oggetto la rivelazione di segreti meglio specificati ai capi che seguono e precedono;
In Palermo, Piana degli Albanesi, Bagheria e altrove dal 1999 al 4 novembre 2003.
RIOLO GIORGIO:
I) per il delitto di cui agli artt. 81 cpv e 319 c.p., per avere, con più azioni esecutive del
medesimo disegno criminoso, ricevuto da AIELLO Michele e nella qualità di sottufficiale appartenente all’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine del
R.O.S. di Palermo, una retribuzione non dovuta e consistita nel valore di un’autovettura
marca Crysler pari a circa 25 milioni di vecchie lire acquistata dal RIOLO presso il
concessionario Vidauto di Palermo e pagata dall’AIELLO; nonché nel valore dei lavori
e dei materiali per la realizzazione di un’abitazione sita in territorio del Comune di Piana degli Albanesi di proprietà del RIOLO; il tutto a fronte del compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio tra i quali quelli aventi ad oggetto la rivelazione di segreti
meglio specificati ai capi che seguono e precedono;
In Palermo, Piana degli Albanesi, Bagheria, e altrove dal 1999 al 4 novembre 2003.
ROTONDO ROBERTO:
M) per il delitto di cui agli artt. 110 e 378 c.p., per avere, in concorso con CUFFARO
Salvatore, aiutato AIELLO Michele, che sapeva sottoposto ad indagini per più ipotesi
delittuose, ad eludere le investigazioni, informandolo, su richiesta di CUFFARO Salvatore, di notizie riservate ricevute dallo stesso CUFFARO e relative all’ esistenza di una
telefonata intercettata, intercorsa tra CIURO Giuseppe e l’AIELLO, nonché dell’ esistenza di indagini nei confronti dello stesso AIELLO, di CIURO Giuseppe e di RIOLO
Giorgio;
In Palermo, il 20 ottobre 2003.
15
CUFFARO SALVATORE:
N) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv. e 326, c.p. per avere – con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso - in concorso con altri soggetti ignoti e con
BORZACCHELLI Antonio, maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in aspettativa perché
eletto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana, rivelato ad AIELLO Michele, anche
con l’intermediazione di ROTONDO Roberto, notizie che dovevano restare segrete perché concernenti i procedimenti e le attività di investigazione in corso nei confronti dello
stesso AIELLO, di CIURO Giuseppe e di RIOLO Giorgio;
in Palermo e Bagheria, il 20 ed il 31 ottobre 2003.
RELATIVO AL PROC.PEN. N.
746/06 R.G.T RIUNITO IN DATA 2/05/2006
CUFFARO SALVATORE:
O) per il delitto di cui agli artt. 110 e 378, commi 1 e 2, c.p., per avere - in concorso con
altri soggetti ignoti, con ROTONDO Roberto e con BORZACCHELLI Antonio, maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in aspettativa perché eletto deputato dell’Assemblea
Regionale Siciliana – aiutato, con le modalità di cui al capo che precede, AIELLO Michele, CIURO Giuseppe e RIOLO Giorgio, sottoposti ad indagine, il primo per il delitto
di cui all’art. 416 bis c.p. e gli altri per il delitto di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p., ad
eludere le investigazioni che li riguardavano;
In Palermo ed altrove, fino al mese di ottobre del 2003.
CUFFARO SALVATORE:
P) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 326, c.p. e 7 l. n. 203/1991, per avere, con
più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso con altri soggetti ignoti e con BORZACCHELLI Antonio, maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in aspettativa perché eletto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana, rivelato a
16
MICELI
Domenico, ARAGONA Salvatore e GUTTADAURO Giuseppe notizie che dovevano restare segrete perché concernenti i procedimenti penali e le attività di investigazione in
corso nei confronti, tra gli altri, degli stessi MICELI e GUTTADAURO, commettendo il
fatto al fine di agevolare l’attività dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra;
In Palermo ed altrove, nella primavera - estate del 2001.
RELATIVO AL PROC. PEN. N.
746/06 R.G.T. RIUNITO IN DATA 02/05/2006
CUFFARO SALVATORE:
Q) per il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 378 commi 1 e 2, c.p. e 7 l. n. 203/1991,
per avere, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, in concorso con altri soggetti ignoti e con BORZACCHELLI Antonio, maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in aspettativa perché eletto deputato dell’Assemblea Regionale Siciliana, aiutato,
con le modalità di cui al capo che precede, MICELI Domenico, ARAGONA Salvatore e
GUTTADAURO Giuseppe, sottoposti ad indagine, il primo per il delitto di cui agli artt.
110 e 416 bis c.p., il secondo ed il terzo per il delitto di cui all’ art. 416 bis c.p., ad eludere le investigazioni che li riguardavano, commettendo il fatto al fine di agevolare
l’attività dell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra;
In Palermo ed altrove, nella primavera - estate del 2001.
RIOLO GIORGIO:
R) per il delitto di cui all’art. 326 c.p., per avere, nella sua qualità di maresciallo
dell’Arma dei Carabinieri, appartenente alla Sezione Anticrimine del R.O.S., rivelato a
BORZACCHELLI Antonio, maresciallo in servizio presso il reparto Operativo del Comando Provinciale di Palermo dei Carabinieri, in aspettativa perché candidato alle elezioni per il rinnovo dell’Assemblea Regionale Siciliana, notizie che dovevano restare
segrete perché relative alle indagini in corso nei confronti di GUTTADAURO Giuseppe
ed, in particolare, l’esistenza di attività di intercettazione dalla quale emergevano elementi pregiudizievoli anche per CUFFARO Salvatore e MICELI Domenico;
17
In Palermo, nel maggio – giugno 2001.
RIOLO GIORGIO:
S) per il delitto di cui agli artt. 326 c.p. e 7 L. 203/91, per avere rivelato - nella sua
qualità di maresciallo dell’Arma dei Carabinieri appartenente alla sezione Anticrimine
del R.O.S. - a MICELI Domenico notizie destinate a rimanere segrete e relative ad attività di intercettazione effettuate nei confronti dello stesso MICELI, indagato per il delitto di cui agli artt. 110 e 416 bis c.p.; commettendo il fatto al fine di favorire l’attività
dell’associazione mafiosa denominata Cosa Nostra;
In Palermo, nella primavera - estate del 2002.
RIOLO GIORGIO:
T) per il delitto di cui all' art. 326 c.p., per avere rivelato - nella sua qualità di maresciallo dell’Arma dei Carabinieri appartenente alla sezione Anticrimine del R.O.S. - a
RALLO Giuseppe e ad ACCETTA Rosalia notizie destinate a rimanere segrete e relative
ad attività di intercettazione effettuate nell’autovettura di MICELI Domenico, indagato
per il delitto di cui agli artt.110 e 416 bis c.p.;
In Palermo, nella primavera - estate 2002.
RIOLO GIORGIO, IN CONCORSO CON RALLO GIUSEPPE E ACCETTA ROSALIA
GIUDICATI SEPARATAMENTE:
V) per il delitto di cui agli artt. 81 cpv., 110, 615 bis, co.1,2,3, cod. pen., perchè, in concorso tra loro e con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso, il RALLO
quale committente, l’ACCETTA ed il RIOLO quali materiali esecutori, il RIOLO agendo
quale pubblico ufficiale, Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri in servizio presso la Sezione Anticrimine del R.O.S. di Palermo, e con violazione dei doveri inerenti alla funzione ed esercitando di fatto, e quindi abusivamente, la professione di investigatore pri18
vato, si procuravano indebitamente notizie attinenti la vita privata di LICARI Angela
Romina, coniuge dello stesso RALLO, notizie che venivano abusivamente apprese attraverso la captazione di conversazioni tra presenti che avvenivano all’interno
dell’abitazione della stessa LICARI, attraverso l’installazione clandestina di apparati
atti all’uso.
In Palermo, nel corso del 2002.
VENEZIA GIACOMO:
A-1) per il delitto di cui agli artt. 378, 61 n. 9, c.p., per avere, con violazione dei doveri
inerenti la sua funzione di Dirigente la Divisione Anticrimine della Questura di Palermo, aiutato AIELLO Michele, che sapeva sottoposto ad indagini per più ipotesi delittuose, ad eludere le investigazioni, omettendo di segnalare alla polizia giudiziaria o alla
competente autorità giudiziaria l’impiego, da parte di AIELLO Michele, proprio al fine
di sottrarsi alle attività di intercettazione telefonica nei suoi confronti, di una rete di telefoni cellulari intestati a prestanome, il cui uso era riservato esclusivamente a lui stesso, a CIURO Giuseppe ed a pochissime altre persone di sua fiducia;
In Palermo, nell’estate e fino al 5 novembre 2003.
VENEZIA GIACOMO:
B-1) per il delitto di cui all’ art. 479 c.p., per avere, nella qualità di Dirigente della Divisione Anticrimine presso la Questura di Palermo, redatto la nota Prot. 903129 Div.
Ant. del 16.10.2003, trasmessa alla Questura di Palermo – Segreteria di Sicurezza, in
evasione della richiesta del CESIS <<di comunicare ogni possibile notizia>> su
AIELLO Michele ai fini del rilascio del nulla osta di sicurezza, falsamente attestando,
nella consapevolezza di indagini in corso a carico dello stesso AIELLO da parte della
Procura della Repubblica di Palermo, l’assenza <<di elementi ostativi per il rilascio>>
del predetto nulla osta.
Fatto commesso in Palermo, il 16 ottobre 2003.
19
AIELLO MICHELE, GIAMBRUNO MICHELE, OLIVERI DOMENICO E IANNI’
LORENZO:
C-1) per il delitto di cui all’art. 416, commi 1 e 2, c.p., per essersi associati tra loro e
con ignoti al fine di commettere, con divisione di ruoli e di compiti, meglio specificati ai
capi che seguono, più delitti contro il patrimonio mediante frode, tra cui quelli indicati
ai tre capi che seguono;
agendo l’ AIELLO quale promotore dell’associazione;
Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dal 1 luglio 1999 al 4 novembre 2003.
AIELLO MICHELE, GIAMBRUNO MICHELE, OLIVERI DOMENICO E IANNI’
LORENZO:
D-1) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 61 nr. 7, 640 p.p. e cpv. nr.1 cod. pen.,
perché, in concorso tra loro e con ignoti, con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso, l’ AIELLO in qualità di gestore di fatto e di titolare della maggioranza delle
quote della società Diagnostica per Immagini – Villa Santa Teresa s.r.l., l’ OLIVERI in
qualità di Responsabile della Radioterapia del Centro gestito dalla suddetta società, lo
IANNÌ ed il GIAMBRUNO in qualità, rispettivamente, di Direttore e di Funzionario medico del Distretto Sanitario di Base di Bagheria, si procuravano in danno della A.U.S.L.
6 di Palermo:
A) un ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in
regime di assistenza indiretta, di ingenti somme non dovute perché erogate a titolo di “rimborso” di prestazioni di radioterapia “conformazionale” anche quando le prestazioni avevano in realtà ad oggetto radioterapie “tradizionali” – nel senso che tutte le prestazioni venivano fatte
pagare ai costi delle terapie confomazionali anche quelle, nella misura
del 40% circa, che riguardavano tumori trattati con terapie tradizionali
– traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L.
n.6 con raggiri costituiti dal formare e presentare documentazione utile
ai fini del rimborso dalla quale risultava falsamente che tutte le presta20
zioni erogate avevano per oggetto la terapia conformazionale, nonché
con gli ulteriori raggiri sottospecificati;
B) un ulteriore ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in regime di assistenza indiretta, di ingenti somme a titolo di rimborso di prestazioni di radioterapia, somme in realtà non dovute perché
lo stesso “ciclo” terapeutico veniva pagato più volte in quanto ogni fattura aveva ad oggetto non un “ciclo” terapeutico completo ma in realtà
una frazione di esso “ciclo”, (con il risultato finale che ogni singola fattura faceva apparire completata la terapia ad un costo di gran lunga inferiore a quello effettivamente percepito: a titolo esemplificativo, per il
tumore alla mammella risulta l’emissione di fattura per ogni frazione di
terapia per lire 18 milioni a fronte di un effettivo esborso per l’intero ciclo di terapia di lire 90 milioni (euro 46.480)); traendo in inganno gli
organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6, con raggiri sottospecificati;
C) un ingiusto profitto consistente nella ripetizione4 dei pagamenti “sine titulo” da parte dell’A.U.S.L. n.6 di somme già in effetti rimborsate dalle
A.U.S.L. di appartenenza dei pazienti (non residenti nel territorio amministrativo dalla predetta A.U.S.L. n.6), traendo in inganno gli organi
amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6 con gli artifizi e raggiri sottospecificati.
Con la precisazione che gli artifici e raggiri consistevano, fra l’altro:
-
nell’uso di documentazione contenente affermazioni non rispondenti
al vero (soprattutto con rferimento al “domicilio sanitario”;
-
nell’uso di documentazione non corrispondente a quella prescritta
(specie per l’uso di fotocopie invece che di originali, come invece
previsto – ovviamente – dalla normativa vigente;
-
nella redazione da parte del Distretto Sanitario di Base di Bagheria
delle proposte di deliberazione di liquidazione che dovevano poi essere adottate dalla A.S.L. 6 con modalità tali da eludere i controlli da
parte della Direzione Generale dell’Azienda.
21
Con l’aggravante di avere cagionate all’A.U.S.L. 6 di Palermo un complessivo danno
patrimoniale di rilevante gravità (nell’ordine di alcune decine di miliardi di vecchie lire).
Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dal 1 luglio 1999 al novembre 2003 (o comunque alla data di emissione dei relativi mandati di pagamento da parte della Pubblica
Amministrazione).
AIELLO MICHELE, GIAMBRUNO MICHELE, OLIVERI DOMENICO E IANNI’
LORENZO:
E-1) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 7, 640 p.p. e cpv. n.1 cod. pen., perché, in concorso tra loro e con ignoti, con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso, l’ AIELLO in qualità di gestore di fatto e di titolare della maggioranza delle
quote della società A.T.M. - Alte Tecnologie Medicali s.r.l., l’ OLIVERI in qualità di Responsabile della Radioterapia del Centro gestito dalla suddetta società, lo IANNÌ ed il
GIAMBRUNO in qualità, rispettivamente, di Direttore e di Funzionario medico del Distretto Sanitario di Base di Bagheria, si procuravano in danno della A.U.S.L. 6 di Palermo
A)un ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in
regime di assistenza indiretta, di ingenti somme non dovue perché erogate a titolo di “rimborso” di prestazioni di radioterapia “conformazionale” anche quando le prestazioni avevano in realtà ad oggetto radioterapie “tradizionali” – nel senso che tutte le prestazioni venivano fatte
pagare ai costi delle terapie conformazionali anche quelle, nella misura
del 40% circa, che riguardavano tumori trattati con terapie tradizionali
– traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L.
n.6 con raggiri costituiti dal formare e presentare documentazione utile
ai fini del rimborso dalla quale risultava falsamente che tutte le prestazioni erogate avevano per oggetto la terapia conformazionale, nonché
con gli ulteriori raggiri sottospecificati;
22
B) un ulteriore ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in regime di assistenza indiretta, di ingenti somme a titolo di rimborso di prestazioni di radioterapia, somme in realtà non dovute perché lo stesso “ciclo” terapeutico veniva pagato
più volte in quanto ogni fattura aveva ad oggetto non un “ciclo” terapeutico completo
ma in realtà una frazione di esso “ciclo” (con il risultato finale che ogni singola fattura
faceva apparire completata la terapia ad un costo di gran lunga inferiore a quello effettivamente percepito: a titolo esemplificativo, per il tumore alla mammella risulta
l’emissione di fattura per ogni frazione di terapia per lire 18 milioni a fronte di un effettivo esborso per l’intero ciclo di terapia di lire 90 milioni (euro 46.480)); traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6; con i raggiri sottospecificati;
C)un ingiusto profitto consistente nella ripetizione dei pagamenti “sine titulo” da parte dell’A.U.S.L. n.6 di somme già in effetti rimborsate dalla
A.U.S.L. di appartenenza dei pazienti (non residenti nel territorio amministrativo dalla predetta A.U.S.L. n.6), traendo in inganno gli organi amministrativi e tecnici della A.U.S.L. n.6 con gli artifizi e raggiri sottospecificati.
Con la precisazione che gli artifici e raggiri consistevano, fra l’altro:
-
nell’uso di documentazione contenente affermazioni non rispondenti
al vero (soprattutto con riferimento al “domicilio sanitario”);
-
nell’uso di documentazione non corrispondente a quella prescritta
(specie per l’uso di fotocopie invece che di originali, come invece
previsto – ovviamente – dalla normativa vigente;
-
nella redazione da parte del Distretto Sanitario di Base di Bagheria
delle persone di deliberazione di liquidazione che dovevano poi essere adottate dalla A.S.L.6 con modalità tali da eludere i controlli da
parte della Direzione Generale dell’Azienda.
Con l’aggravante di avere cagionate all’A.U.S.L.6 di Palermo un complessivo danno
patrimoniale di rilevante gravità (nell’ordine di alcune decine di miliardi di vecchie lire).
23
Fatti commessi in Palermo e Bagheria dall’inizio del 2001 al novembre 2003 (o comunque alla data di emissione dei relativi mandati di pagamento da parte della Pubblica
Amministrazione).
AIELLO MICHELE, GIAMBRUNO MICHELE E IANNI’ LORENZO:
F-1) per il delitto di cui agli artt. 110, 81 cpv., 61 n. 7, 640 p.p. e cpv. n.1 cod. pen., perché, in concorso tra loro e con ignoti, con più azioni esecutive del medesimo disegno
criminoso, l’ AIELLO in qualità di gestore di fatto e di titolare della maggioranza delle
quote della società A.T.M. – Alte Tecnologie Medicali s.r.l., lo IANNÌ ed il
GIAMBRUNO in qualità, rispettivamente, di Direttore e di Funzionario medico del Distretto Sanitario di Base di Bagheria, si procuravano in danno della A.U.S.L. 6 di Palermo, i cui organi amministrativi e tecnici traevano in inganno con artifizi e raggiri, un
ingiusto profitto consistente nella erogazione alla detta società, in regime di assistenza
indiretta, di ingenti somme a titolo di “rimborso” di prestazioni di radioterapia, somme
in realtà non dovute ai sensi della Legge Regionale 88/1980, art.2, dato che nello stesso
comune era attivo ed operante in regime di pre-accreditamento altro centro di radioterapia di un’altra società facente capo allo stesso AIELLO e da lui gestita (Diagnostica
per Immagini – Villa Santa Teresa s.r.l.).
Con la precisazione che gli artifici e raggiri consistevano, fra l’altro:
-
nell’uso di documentazione non corrispondente a quella prescritta
(specie per l’uso di fotocopie invece che di originali);
-
nell’uso di documentazione contenente affermazioni non rispondenti
al vero (soprattutto con riferimento al “domicilio sanitario);
-
nell’uso di documentazione redatta volutamente in modo tale da non
fare risultare che l’oggetto della singola richiesta di pagamento e
della corrispondente fattura non era un intero “ciclo”, ma solo una
parte di esso;
-
nella redazione da parte del Distretto Sanitario di Base di Bagheria
delle proposte di deliberazione di liquidazione che dovevano poi es24
sere adottate dalla A.S.L.6 con modalità tali da eludere i controlli da
parte della Direzione Generale dell’Azienda.
Con l’aggravante di avere cagionato all’A.U.S.L. 6 di Palermo un danno patrimoniale
di rilevante gravità.
Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dal 9 febbraio 2002 (data del preaccreditamento
della Diagnosttica per Immagini s.r.l.) in poi, accertato il 12 novembre 2003
D1- E1-F1 MODIFICATI IN DATA 03/04/2007
AIELLO MICHELE:
G-1) per il delitto di cui agli artt.
319 e 321 c.p., per avere promesso e dato a
GIAMBRUNO Michele, nella qualità di Funzionario medico del Distretto Sanitario di
Base di Bagheria, una retribuzione non dovuta e consistita:
•
nel valore dei lavori di rifacimento e ristrutturazione di un’abitazione sita
nel territorio del Comune di Altavilla Milicia per un valore pari a circa 20 milioni di
vecchie lire;
il tutto a fronte del compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio tra i quali quelli
descritti ai capi F-1), G-1), H-1);
In Altavilla Milicia, tra il 1999 ed il 2000.
GIAMBRUNO MICHELE:
H-1) per il delitto di cui all’ art. 319 c.p., per avere ricevuto - nella qualità di Funzionario medico del Distretto Sanitario di Base di Bagheria - da AIELLO Michele, una retribuzione non dovuta e consistita:
•
nel valore dei lavori di rifacimento e ristrutturazione di un’abitazione sita
nel territorio del Comune di Altavilla Milizia per un valore pari a circa 20 milioni di
vecchie lire;
il tutto a fronte del compimento di atti contrari ai doveri del suo ufficio tra i quali quelli
descritti ai capi F-1), G-1), H-1);
25
In Altavilla Milicia, tra il 1999 ed il 2000.
AIELLO MICHELE:
I-1) per il delitto di cui agli artt.
318 e 321 c.p., per avere promesso e dato a
PRESTIGIACOMO Salvatore, nella sua qualità di pubblico ufficiale poiché dipendente
della A.S.L. n. 6 con la qualifica di collaboratore amministrativo, somme di denaro per
un importo complessivo pari a circa 15 milioni di vecchie lire; a fronte di atti del proprio ufficio, consistenti nell’ accelerare ed orientare positivamente le pratiche di rimborso delle prestazioni sanitarie che le società del gruppo di AIELLO Michele fornivano
ed in relazione alle quali richiedevano il rimborso alla A.S.L. n. 6;
In Palermo e Bagheria, in data antecedente all’ ottobre del 2003.
PRESTIGIACOMO SALVATORE:
L-1) per il delitto di cui all’ art. 318 c.p., per avere ricevuto da AIELLO Michele – il
PRESTIGIACOMO nella qualità di pubblico ufficiale poiché dipendente della A.S.L. n. 6
con la qualifica di collaboratore amministrativo - somme di denaro per un importo
complessivo pari a circa 15 milioni di vecchie lire; a fronte di atti del proprio ufficio,
consistenti nell’ accelerare ed orientare positivamente le pratiche di rimborso delle prestazioni sanitarie che le società del gruppo di AIELLO Michele fornivano ed in relazione
alle quali richiedevano il rimborso alla A.S.L. n. 6;
In Palermo e Bagheria, in data antecedente all’ ottobre del 2003.
AIELLO MICHELE:
M-1) per il delitto di cui agli artt. 318 e 321 c.p., per avere promesso e dato a LA
BARBERA Adriana, responsabile dell’ufficio liquidazione assistenza indiretta presso la
A.S.L. n. 6 di Palermo, una retribuzione non dovuta complessivamente pari a 250 milio26
ni delle vecchie Lire, parte in contanti e
parte in assegni intestati a favore di
CALACIURA Angelo - titolare dell’omonima impresa individuale e coniuge della LA
BARBERA- il tutto a fronte dell’adozione di atti del suo ufficio;
in particolare, consistendo i medesimi:
1) nell’adozione delle proposte di mandato per il pagamento delle prestazioni sanitarie
rese in regime di assistenza indiretta dalla Casa di Cura “Villa Santa Teresa Diagnostica per Immagini e Radioterapia” S.R.L., di cui l’ AIELLO era gestore di fatto e titolare
della maggioranza delle quote, previa verifica della regolarità amministrativa delle relative istanze di rimborso;
2) nell’individuazione di quei crediti - tra quelli oggetto di contenzioso tra la A.S.L. n. 6
e la Casa di Cura “Villa Santa Teresa “ per le prestazioni sanitarie erogate nel periodo agosto-dicembre 2001 - che dovevano ritenersi effettivamente esigibili e che, pertanto, avrebbero potuto costituire oggetto di accordo transattivo, successivamente stipulato in data 04.11.2002 tra la stessa A.S.L. e la predetta casa di cura;
3) nell’individuazione di quei crediti - tra quelli oggetto di contenzioso tra la A.S.L. n. 6
e la
Casa di Cura “A.T.M. “, di cui l’ AIELLO era gestore di fatto e titolare della
maggioranza delle quote, per le prestazioni sanitarie erogate nel periodo agostodicembre 2001 - che dovevano ritenersi effettivamente esigibili e che, pertanto, avrebbero potuto costituire oggetto di accordo transattivo, successivamente stipulato in data
04.11.2002 tra la stessa A.S.L. e la predetta casa di cura.
Fatti commessi in Palermo, dal 1997 al 2002.
LA BARBERA ADRIANA E CALACIURA ANGELO:
N-1) per il delitto di cui agli artt. 110 e 318 c.p., per avere, in concorso tra loro, la LA
BARBERA n.q. di responsabile dell’ufficio liquidazione assistenza indiretta presso la
A.S.L. n. 6 di Palermo, accettato per sé la promessa di una retribuzione non dovuta da
parte di AIELLO Michele e da questi, in adempimento di quanto pattuito, ricevuto somme, complessivamente pari a 250 milioni delle vecchie Lire, parte in contanti e parte in
27
assegni intestati a favore di CALACIURA Angelo - titolare dell’omonima impresa individuale e coniuge dell’indagata - il tutto a fronte dell’adozione di atti del suo ufficio;
in particolare, consistendo i medesimi:
1) nell’adozione delle proposte di mandato per il pagamento delle prestazioni sanitarie
rese in regime di assistenza indiretta dalla Casa di Cura “Villa Santa Teresa Diagnostica per Immagini e Radioterapia” S.R.L., di cui l’ AIELLO era gestore di fatto e titolare
della maggioranza delle quote, previa verifica della regolarità amministrativa delle relative istanze di rimborso;
2) nell’individuazione di quei crediti - tra quelli oggetto di contenzioso tra la A.S.L. n. 6
e la Casa di Cura “Villa Santa Teresa “ per le prestazioni sanitarie erogate nel periodo agosto-dicembre 2001 - che dovevano ritenersi effettivamente esigibili e che, pertanto, avrebbero potuto costituire oggetto di accordo transattivo, successivamente stipulato in data 04.11.2002 tra la stessa A.S.L. e la predetta casa di cura;
3) nell’individuazione di quei crediti - tra quelli oggetto di contenzioso tra la A.S.L. n. 6
e la
Casa di Cura “A.T.M. “, di cui l’ AIELLO era gestore di fatto e titolare della
maggioranza delle quote, per le prestazioni sanitarie erogate nel periodo agostodicembre 2001 - che dovevano ritenersi effettivamente esigibili e che, pertanto, avrebbero potuto costituire oggetto di accordo transattivo, successivamente stipulato in data
04.11.2002 tra la stessa A.S.L. e la predetta casa di cura.
Fatti commessi in Palermo, dal 1997 al 2002.
SOCIETÀ DIAGNOSTICA PER IMMAGINI VILLA S. TERESA S.R.L.:
O-1) in relazione all’art. 5 comma 1 e art. 24, commi 1 e 2, d. legsl. n. 231 del 2001;
per essere l’ente responsabile per il delitto di cui al capo D-1) (ex art. 640 co.1 e cpv.
n.1. c.p.) commesso nel suo interesse o a suo vantaggio da AIELLO Michele nella qualità di soggetto che esercitava anche di fatto la gestione ed il controllo di tale società;
avendo la società conseguito, a seguito della commissione del delitto, un profitto di rilevante gravità con pari danno per l’ente pubblico A.S.L. n.6;
Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dal 1 luglio 1999 al novembre 2003.
28
SOCIETÀ A.T.M. ALTE TECNOLOGIE MEDICALI S.R.L.:
P-1) in relazione all’art. 5 comma 1 e art. 24, commi 1 e 2, d. legsl. n.231 del 2001; per
essere l’ente responsabile per i delitti di cui ai capi E-1 e F-1) (ex art. 640 co.1 e cpv.
n.1. c.p.) commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da AIELLO Michele nella qualità
di soggetto che esercitava anche di fatto la gestione ed il controllo di tale società;
avendo la società conseguito, a seguito della commissione dei delitti, un profitto di rilevante gravità con pari danno per l’ente pubblico A.S.L. n.6;
Fatti commessi in Palermo e Bagheria, dall’inizio del 2001.
Con l’intervento del P.M.
e con l’assistenza della dott.ssa Rosa-
lia Greco, cancelliere
Conclus io ni del Pubblico M inis tero
Il Pubblico Ministero chiede che sia affermata la penale responsabilità di
AIELLO Michele, RIOLO Giorgio, CARCIONE Aldo, BUTTITTA Giuseppa Antonella, ROTONDO Roberto, CUFFARO Salvatore, VENEZIA Giacomo, GIAMBRUNO
Michele, OLIVERI Domenico, IANNI’ Lorenzo, PRESTIGIACOMO Salvatore, LA
BARBERA Adriana, CALACIURA Angelo, nonché delle società Società Diagnostica
per immagini villa S.Teresa s.r.l. e Soc. A.T.M. alte tecnologie medicali s.r.l.;
in ordine ai reati loro rispettivamente ascritti.
Esclusi dalle condotte contestate: per AIELLO Michele al capo A) la raccolta di informazioni da pubblici ufficiali concernenti:
29
• la collocazione da parte di RIOLO Giorgio di microspie presso la casa Circondariale di Ascoli Piceno, finalizzate all’intercettazione dei colloqui periodici effettuati da GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto;
• le attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di LOMBARDO
Giuseppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa;
• l’esistenza ed il contenuto delle dichiarazioni rese in fase di indagini preliminari dal collaboratore di giustizia BARBAGALLO Salvatore e relative allo stesso AIELLO;
Esclusi dalle condotte contestate: per RIOLO Giorgio al capo C) l’avere fornito informazioni coperte da segreto relative:
-
alla collocazione da parte dello stesso RIOLO Giorgio di microspie
presso
la
casa
all’intercettazione
Circondariale
dei
di
colloqui
Ascoli
Piceno,
periodici
finalizzate
effettuati
da
GUTTADAURO Giuseppe dopo il suo arresto;
-
alle attività di intercettazione svolte dal R.O.S. nei confronti di
LOMBARDO Giuseppe, all’epoca detenuto presso il C.D.T. di Pisa;
-
alle indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri ed aventi ad oggetto
le attività delle società di AIELLO Michele nel settore della sanità;
Esclusi dalle condotte contestate: per AIELLO Michele e RIOLO Giorgio al capo G) la
rivelazione di segreti concernenti le attività effettuate presso la Casa Circondariale di
Ascoli Piceno, il C.D.T. di Pisa, nonché per il RIOLO anche le notizie relative alle indagini condotte dal N.A.S. dei Carabinieri sulle società di AIELLO Michele nel settore
della sanità.
Appare altresì evidente che, stante l’unicità del disegno criminoso, debbono essere unificati sotto il vincolo della continuazione i reati contestati in questo stesso processo a
AIELLO Michele, RIOLO Giorgio, BUTTITTA Giuseppa Antonella, VENEZIA Giacomo, GIAMBRUNO Michele, OLIVERI Domenico e IANNI’ Lorenzo e CUFFARO
Salvatore;
Valutati tutti gli elementi di cui all’art. 133 c.p. tenuto conto della ritenuta continuazione, concesse le circostanze attenuanti generiche a ROTONDO Roberto, applicata la di-
30
minuente per la richiesta di rito abbreviato tempestivamente formulata all’udienza preliminare dall’imputato RIOLO Giorgio, si chiede che sia pronunciata condanna:
-
di AIELLO Michele alla pena di anni 18 di reclusione;
-
di RIOLO Giorgio alla pena di anni 9 di reclusione;
-
di CARCIONE Aldo alla pena di anni 5 di reclusione;
-
di BUTTITTA Giuseppa Antonella alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione;
-
di ROTONDO Roberto alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione;
-
di CUFFARO Salvatore alla pena di anni 8 di reclusione;
-
di VENEZIA Giacomo alla pena di anini 3 e mesi 6 di reclusione;
-
di GIAMBRUNO Michele alla pena di anni 5 di reclusione ed euro
1000 di multa;
-
di OLIVERI Domenico alla pena di anni 4 e mesi 6 di reclusione ed
euro 1000 di multa;
-
di IANNI’ Lorenzo alla pena di anni 5 di reclusione ed euro 1000 di
multa;
-
di PRESTIGIACOMO Salvatore alla pena di mesi 9 di reclusione;
-
di LA BARBERA Adriana alla pena di anni 2 di reclusione;
-
di CALACIURA Angelo alla pena di anni 2 di reclusione;
-
della soc. Diagnostica per Immagini Villa S.Teresa s.r.l. alla sanzione
pecuniaria di euro 1 milione 549.000;
-
della soc. A.T.M. Alte tecnologie Medicali s.r.l. alla sanzione pecuniaria di euro 1 milione;
con ogni conseguenziale statuizione in ordine alle pene accessorie di legge, alle spese
del processo ed a quelle di mantenimento in carcere durante la custodia cautelare.
Sichiede che sia disposta la confisca di quanto in giudiziale sequestro.
L’avv. AMATO difensore della P.C. Comune di Bagheria conclude come da comparsa
conclusionale.
L’avv. FERINA difensore della P.C. A.S.L.6 Palermo conclude come da comparsa conclusionale.
31
Conclusioni delle difese
L’avv. Marco Mazzamuto chiede nell’interesse del proprio assistito IANNI’ Lorenzo assoluzione perché il fatto non sussiste, non costituisce reato o per non averlo commesso.
L’avv. Agnello chiede nell’interesse del proprio assistito GIAMBRUNO Michele
l’assoluzione; in relazione al reato di corruzione chiede l’assoluzione perché il fatto non
sussiste o non costituisce reato; per tutti gli altri reati chiede l’assoluzione poerchè i fatti
non sussistono; in subordine l’assoluzione per non aver commesso i fatti; in ulteriore subordine l’assoluzione perché i fatti non costituiscono reato.
L’avv. Salinas nell’interesse dell’imputato GIAMBRUNO si associa all’avv. Agnello e
deposita memoria.
L’avv. Pietro Milio nell’interesse dell’imputato PRESTIGIACOMO Salvatore chiede
che venga assolto dai reati allo stesso ascritto perché il fatto non sussiste ed in subordine
per non averlo commesso.
L’avv. Bertorotta nell’interesse della Società Diagnostica per Immagini Villa S. Teresa e
della Società ATM chiede l’assoluzione perché i fatti non sussistono o non costituiscono
reato, ovvero l’assoluzione ex art.530 co 2 cpp, in relazione all’art.5 ultimo comma del
decreto legislativo nr. 231/01; chiede in subordine l’applicazione dell’attenuante di cui
all’articolo 12 co 2 lett. B) decreto legislativo 231/01; chiede in ulteriore subordine
l’applicazione di una pena pecuniaria il meno afflittiva possibile e, comunque,
l’applicazione di una pena proporzionata al reale grado di responsabilità delle società
predetta.
L’avv. Gallina Montana nell’interesse del proprio assistito IANNI’ Lorenzo che venga
assolto ex art.530 co.1 cpp per aver commesso i fatti.
L’avv. Motisi nell’interesse del proprio assistito ROTONDO Roberto chiede che venga
assolto perché il fatto non sussiste o comunque perché non costituisce reato o per non
averlo commesso.
32
L’avv. Monica Genovese nell’interesse della propria assistita BUTTITTA Giuseppa Antonella chiede che venga assolta da tutti i reati alla stessa ascritti perché i fatti non sussistono, per non averli commessi o perché i fatti non costituiscopno reato. In relazione
all’art.615 tter cp, chiede applicarsi l’art.48 cp e chiede l’assoluzione perché il fatto non
costituisce reato. Chiede in subordine l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche.
L’avv. Montalbano nell’interesse del proprio VENEZIA Giacomo chiede che venga assolto da tutti i reati allo stesso ascritti con la più ampia formula liberatoria.
L’avv. Motisi nell’interesse del proprio assistito RIOLO Giorgio chiede in relazione al
capo c) l’assoluzione perché il fatto non sussiste o perché non costituisce reato; in relazione al capo d) l’assoluzione per non aver commesso il fatto; in relazione al capo e), g),
r), s), t) unificati i reati sottio il vincolo della continuazione il minimo assoluto della pena; in relazione al capo i) l’assoluzione perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in relazione al capo v) l’assoluzione perché il fatto non costituisce reato.
L’avv. Sansone nell’interesse del proprio assistito RIOLO Giorgio conclude associandosi alle richieste dell’avv. Motisi.
L’avv. Castagna nell’interesse del proprio assistito OLIVERI Domenico chiede che venga assolto da tutti i reati a lui ascritti perché il fatto non sussiste.
L’avv. Caleca nell’interesse del proprio assistito CUFFARO Salvatore chiede
l’assoluzioneper non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste.
L’avv. D’Agostino nell’interesse dei propri assistiti CALACIURO Angelo e LA
BARBERA Adriana chiede che vengano assolti dai reati loro ascritti perché il fatto non
sussiste o perché non costituisce reato.
L’avv. Sbacchi nell’interesse del proprio assistito CARCIONE Aldo chiede che venga
assolto in relazione all’art.615 cp perché il fatto non sussiste o non costituisce reato; in
relazione al reato di cui all’art. 326 cp perché il fatto non sussiste.
L’avv. Monaco nell’interesse del proprio assistito AIELLO Michele chiede in relazione
al capo a) d’imputazione l’assoluzione per non aver commesso il fatto; chiede in relazione ai capi c1), d) ed e) l’assoluzione per non aver commesso il fatto; in relazione al capo
g) chiede l’assoluzione per non aver commesso il fatto; in relazione al capo h)
l’assoluzione per non aver commesso il fatto; in relazione ai capi i1) ed m1) chiede la
33
concessione delle circostanze attenuanti generiche il minimo della pena con i benefici
della sospensione condizionale della pena e la non menzione nel certificato del casellario
giudiziale; in relazione al capo g1) chiede la concessione delle circostanze attenuanti generiche, il minimo della pena il beneficio della sospensione condizionale della pena e la
non menzione nel certificato del casellario giudiziale.
L’avv. Greco nell’interesse del proprio assistito AIELLO Michele in relazione ai capi
d1), e1) f1), così modificati all’udienza dell’Aprile 2007, l’assoluzione perché il fatto
non sussiste.
L’avv. Mormino nell’interesse del proprio assistito CUFFARO Salvatore chiede che
venga asssolto da tutti i reati ascrittagli perché i fatti non sussistono o non costituiscono
reato ed in subordine l’esclusione della aggravante contestata (art.7 Legge 203/1991)
34
IN FATTO ED IN DIRITTO
SVOL GIMENTO DEL PROCESSO
Con decreto in data 2 n ovembre 2004 il Giudice p er le Indagini Prelimin ari di Palermo rinviava a giudizio Aiello Miche le,
Riolo Gior gio, Carcione Aldo, Buttitta Giuseppa Antonella,
Rotondo Roberto, Cuffaro Salvatore, Venezia Giacomo, Giambruno Michele, O liveri Domenico, Iannì Lorenzo, Prestigiacomo Salvatore , La Barbera Adria na e Calaciura Angelo, in epigrafe generalizza ti, per rispondere dei reati lor o rispettivamente e/o in concorso ascritti come in rubrica.
Sulla scorta del le modalità procedimentali previste dal D.
L.vo n.231/200 1, il G.U.P. rinviava a giudizio a nche la “Società Diag nostica per Im magini Villa S. Ter esa s.r .l.” e la
“Società A.T.M. Alte Tecnologie Medicali s.r.l.”, entrambe costituite, per rispo ndere degli illeciti di cui agli ar tt. 5 e 24
del D. L. vo citato.
All’udienza del 1 febb raio 2005, sentite le parti, veniva dichiarata la con tumaci a degli im putati Carcione, Buttitta,
Cuffaro, V enezia, Giambr uno, Oliveri, Prestigiacomo, La Barbera e Calaciura, ritualmente cita ti e non comparsi nonché
delle due società non costituitesi di fronte a questo Tribunale
nei modi previsti dall’art. 39 D L .vo 231/01.
Indi, alla presenza degli imputa ti Rotondo e Iannì, le parti
sollevavano alc une questioni preliminari, a i sensi dell’a rt.
491 del c.p. p., s ulle quali, sta nte la complessità degli ar gomenti, il Collegio si riservava di decidere.
All’udien za dell’ 8 febbraio successivo, il Tribunale, revocata
la contumacia delle due società a seguito di nuova costituzione in giudizio dell e stesse, scioglieva la riserva dando lettura dell ’ordin anza a llegata al verbale.
Il Presi dente, poi, chiedeva al difensore delle due società costituite se fosse lo ro intenzione provveder e alle incombenze
35
di cui all’ art. 65 del D. L.vo n. 231/01, atteso che si tratta d i
attività ch e devono essere compiute prima della dichiaraz ione
di apertura del dibat timent o.
Il difensor e comuni cava che le soci età non avevano intenzione di chiedere la sospensione del processo, ai sensi del citato
art. 65, non essendo le stesse in condizione di r isarcir e il
danno alle persone offese.
Tuttavia, ai sensi dell’art . 12 c omma 2 lett. b) del D. L.vo n.
231/01, il difensore depositava una relazione proveniente
dagli ammin istratori delle società (nel frattempo mutati a seguito del sequ estro di prevenzione disposto dalla locale Sezione
Misure
di
Prevenzione),
nella
quale
si
dava
atto
dell’avvenuta adozi one di nuovi modelli o rganiz zativi idonei a
prevenire la commissio ne di reati della stessa spec ie di quelli
in contestazione, r iserva ndosi nel prosieguo d i dar conto
dell’operativit à di detti m odelli.
Trattandosi di i ncombenza da espletare prima della dichia razione di apert ura del dibattimento, il Collegio ne prendeva
formalmen te atto.
Esaurite tutte l e questioni preliminari, il P residente dichiarava aper to il dibatt imento e dava lettura per sint esi dei capi
di imputazione ben no ti alle parti.
Indi, il P.M. richiam ando i vari tem i del pro cesso avanzava le
proprie richieste di mezzi di prova , costituite da: esa me dei
testi, i mputati di reato conne sso, testi assistiti di cui alla lista tem pestivamente depositata; pr oduzione dei documenti di
cui all’elenco specifi co allegato nonché la pr oduzione di alcune
sentenze
passate
in
autorità
di
cosa
giudicata
e
l’ammissi one di una per izia avente ad oggetto la trascrizione
di una parte del le intercetta zioni telefoniche ed ambientali
disposte nell’ambito del pr esente pr ocediment o.
Proprio in relazione a tale ultimo aspetto, il P.M. chiedeva a lle altri parti processua li il consenso alla acquisizione delle
trascrizioni del contenuto di parecchie inter cettazioni, già ef36
fettuate a mezzo di perizie disposte in alcuni dibattimenti in
atto in co rso di svolgi mento presso questo Tribunale per fatti
connessi.
Trattandosi
del le
medesime
intercettazioni
disposte
nell’ambi to dell’un ico proced imento originario (dal quale poi,
a seguito di stra lci, so no stati creati diversi procedimenti derivati), in fatti, il P .M., per evidenti ragioni di economia pr ocessuale,
chiedeva
a lle
parti
di
esprimere
il
consenso
all’acqui sizion e ed alla utilizzazione delle trascrizioni già effettuate da i periti n el contra ddittor io delle parti, al fine di evitare lo svolgiment o di ulteriori perizie sullo stesso materiale.
Prima d i prendere in esame le richieste di mez zi di prova delle altre parti è b ene precisare che quasi tutti i difensor i degli
imputati esp rimevano il loro conse nso all’acquisizione ed alla
utilizzaz ione d elle trascrizioni delle suddette inter cettazioni.
Solo pochi difen sori si riservavano di esprimere il loro consenso a seguito della mater iale visione delle suddette trascrizioni.
La part e ci vile A.S.L. n.6 di Paler mo, poi, chiedeva l’esame
dei testi e degli imputati mentr e il Comune di Bagheria chiedeva sola mente l’esame degli imputati.
I difensori degli impu tati insistevano nelle liste rispettivamente depositate (da parte di tutti ad eccezione degli imputati Carcione e Roton do), chie devano l’esame degli imputati e la
produzion e di documenti e di ver bali di prova in altri proc edimenti (Aiello ).
Per il resto le parti non si opponevano alle altrui richieste,
fatta e ccezione per il P.M. che si opponeva al teste Marguglio
della lista dell ’imputa to Aiello, ai testi Carboni e D’Acq uisto
della lista dell ’imputata Buttitta ed a due documenti r ichies ti
dalla difesa di Aiello.
Anche la difesa del Cuffaro si opponeva ai testi Siino, Lanzalaco, Pinett i ed Enea della lista del P.M., dovendo, a detta del
37
difensore, costoro risponder e su temi estranei all’ odierna imputazione.
L’avv. Montal bano, sempre in difesa di C uffaro Salvatore, sollevava, po i, una que stione relativa alla utilizzabilità nei co nfronti del p roprio assi stito solo di alcune intercettazioni disposte nell’ambito dei procedimenti originariamente recanti i
numeri 12790/02 e 6775/03 R .G.N.R..
Il Tribunale, dopo aver concesso alle parti un breve termine
ad horas al fine di consultare i documenti, ammetteva tutti i
mezzi di prova rich iesti dalle parti, con le precisazioni meglio
specificate nel l’ordinanza dettata a verbale.
Per ciò che attien e alla perizia a vente ad oggetto la trascrizione d elle intercettazi oni telefoniche ed ambientali, il Collegio la ammetteva nei limiti di quelle conversazioni che non
erano già state oggetto di perizie dibattimentali o di opposizioni da parte della difesa.
Per pronunciarsi su queste altre conversazioni, il Tribunale
decideva di ri servarsi in attesa che i difensori che ne avevano
fatto richiesta potessero visionar e le trascrizioni.
Allo ste sso modo il Collegio si riservava di decidere sulla
specifica question e sollevata dall’a vv. Montalb ano e relativa
solo ad una par te delle intercettazioni.
All’udienza del 15 febbraio 2005, con ordinanza depositat a ed
allegata al verbale di u dienza (alla quale si ri nvia integralmente), i l Tribu nale rigettava l’opposizione sollevata da ll’avv .
Montalban o e di sponeva procedersi oltre.
I difensori che avevano richiesto un termine per esaminare le
trascrizi oni delle intercettaz ioni scioglievano la riserva dando
il proprio co nsenso all’acquisizione ed alla utilizzazi one delle
stesse,
con
l’un ica
eccezione
costituita
dalla
difesa
dell’impu tato Carcio ne, la quale da va il consenso solo p er le
trascrizioni già depositat e dai periti, riserva ndosi di fa re lo
stesso al mo mento del deposito delle trascriz ioni dis poste nel
38
processo a carico di Borzacchelli Antonio (in corso davanti
alla quarta Sezione d el Tribunale).
Pertanto, il Co llegio, preso atto del consenso di tutte le parti
processuali circa l’acqu isizione e la utilizzazione delle tra scrizioni, effettuate a mezz o di per izie nell’a mbito dei dibattimenti con nessi in co rso davanti ad altre Sezioni di questo
Tribunale,
nendo
la
ammetteva sin d’ora tale mezz o di prova, manteriserva
so lament e
per
le
trascrizioni
disposte
nell’ambi to d el p rocesso Borzacchelli e non ancora depositate
dai periti.
Pertanto, il C ollegio invitava il P.M. a dep ositare le suddette
trascrizi oni su sup porto cartaceo e digitale ed a depositare le
relative bobine in or iginale.
In attesa del deposito anche dell’elenco delle conversaz ioni
residuali di cui il P.M. ha chiesto la trasc rizione, il Tri bunale
si riservava di nomin are un perito e di conferirgli l’incarico.
Avevano, poi, luogo gl i esami dei primi testi del P.M. ed, in
particolare, di Buffa Francesco, Puleo Maria Angela Daniela ,
Grassi Ro berto, Fragano Giuseppe e Cozza N icola.
Il Presid ente, prima degli esami dei testi, faceva presente alle
parti ci vili ed ai difenso ri che, qualora i testi fossero stati inseriti anch e nelle loro liste (come nel caso di Buf fa e Puleo),
gli esami, i controesami ed i riesami sarebbero avvenuti nello
stesso contesto temporale per evidenti r agioni di economia
processuale.
Le parti conco rdavan o con questa impostazione del Tribunale
impegnand osi a seg uire tale indicazione per il r esto del processo.
Nel
corso
spontanee
dell’ udienz a
dichiarazion i
l’imputato
e
le
Aiello
parti
Michele
rendeva
concordavano
per
l’acquisi zione dei verbali relativi ai testi Meccariello, Carollo,
Bubbeo, Mal lia, Ursi, Vivia no e Gattuso (oltre che del verbale
di sommarie inf ormaiz oni del teste Buffa).
39
Pertanto, le par ti rinu nciava no a sentire i suddetti testi ed il
Tribunale revocava l’ordinanza ammissiva delle sudd ette testimonian ze, do po aver disposto l’acquisiz ione agli a tti del
relativi verbal i.
All’udienza del 22 febb raio 2005 il Tribunale , dopo aver ritenuto leg ittimi gli impedi menti dell’imputato Riolo e del dife nsore di Aiello Mich ele, disponeva il rinvio d ell’ud ienza e la
comunicazione della data di rinvio ai soggetti legittimamente
impediti.
Il 24 febbraio 2005 il P.M. esibiva alla difesa di Aiello – che
ne aveva fatto richiesta – il verbale illustrativo della collaborazione di G iuffrè Antonino, segnalando che gli altri collaboratori indicati in lista avevano reso le loro dichiaraz ioni in
epoca di parecchio antecedente rispetto alla legge 13.2.2001
n.45.
Il Tribunale ne dava atto disponend o che dopo l’esame dei difensori il suddett o verbale venisse custodito all’interno del
fascicolo de l P.M. e riser vandosi in ordine alla richiesta relativa ai v erbali degli altri collaboranti.
Indi, il Collegio, a seguito del deposito da parte del P. M.
dell’elen co delle in tercettazioni d a trascrivere, indicava il
nominativ o del perito, nella persona del signor R oberto Genovese, fissan do la data della pros sima udienza per il conferimento dell’ incarico ed invitando le parti a deposita re per
tale data eventuali e lenchi di conversazioni da trascrive re.
Inoltre, veniva parzialmente ammessa la richiesta del P.M. di
acquisizi one al fascicolo di verbali di prove assunte in altri
procedimenti in epoca, ovviament e, successiva ris petto a l
termine di cui all’ar t. 468 c.p.p. .
Pertanto, preso att o dell a conseguente rinuncia delle parti ai
testi Manis calco e Torcivia, il Tr ibunale revocava l’ord inanza
ammissiva nella parte relativa e disponeva proc edersi oltre
con l’escussione dei testi Sancr icca Stefano e D’Amico Antonino.
40
All’udienza del 1 marzo 20 05 veniva conferito a l signor Roberto Genovese l’incarico peritale relativo alla trascriz ione
delle intercettazion i telefoniche ed ambiental i di cui all’indice
prodotto dal P.M..
Indi, i l Tri bunale scio glieva la riser va assunta alla precedente udienza, con l’ordinanza in atti di cui il Precidente dava
lettura.
Le parti, poi, conco rdavano per la produzione di un verbale
di sommarie informazioni rese da Riccio Agostino ed il Collegio ne di sponev a l’ac quisiz ione al fascicolo del dib attimento.
Il P.M., co nseguentemen te, rinunciava all’esame del teste, le
altre par ti prestavano il consenso alla rinuncia, a d eccez ione
della difesa del Riolo che si riservava di pronunciarsi in ordine alla rinuncia, tratta ndosi di teste inserito anche nella
propria l ista.
Si procedeva, poi, all’esame dei testi presenti, Sara niti Biagio, Calabria Rosar ia, Di Fior e Giuseppina, Orobello F rancesco, Salamone Dario e Rinaldo Calogero.
Il dibattimento, quindi, veniva rinviato all’8 marzo successivo
presso l’aul a bunker di Mila no per l’audizione diretta del collaboratore
Antonino
Giuffrè,
richiesta
P.M. e motivata da lla necessità per
espr essamente
dal
la Pubblica Accusa di e-
sibire al Giuff rè alcuni biglietti e documenti.
Alle udienze dell’8 e del 9 marzo, svoltesi presso l’aula bunker in Milan o, aveva luogo l’esame del collaboratore di giustizia Anton ino Giuffrè.
L’esame aveva luogo con tali moda lità in quanto l’Ufficio del
P.M. aveva rich iesto che lo stesso si svolgesse alla presenza
del collabora nte e non tramite video-conferenza, sussistendo
la necessità di esibi re bigliettini e lettere.
All’udienza del 15. 3.2005 il P.M. esibiva a lla d ifesa del Cuffaro ed al Tribunale il verbale illustrativo dei contenuti della
collaborazione del Giuf frè, in adesione a quanto disp osto a
41
Milano dal C ollegi o a seguito di una richiesta in ta l senso
formulata .
Il verbale in quest ione riportava l’esatta e completa indicazione dei temi di prov a concernenti l’imputato Cuffaro per
cui, non essen dovi alcun problema di inutilizzabilità , se ne
disponeva l’a cquisi zione al fascicolo del P.M., com e disposto
dall’art. 16 sexies d ella legge n. 45/ 2001.
Indi, le parti conco rdavano circa l’acquisizione al fascicolo
del dib attimento di alcuni verbali d ei testi Gigliotti e Damiani
ed il Trib unale ammetteva la produzione di detti verbali e di
altri doc umenti richi esti da l P.M. .
Avevano, pert anto, luogo gli esami di Rallo Giuseppe (testimone assi stito) e di Gig liotti Pasquale (indagato di reato c onnesso) ed il Tribunale revocava l’ordinanza ammissiva delle
prove nella parte relativa ai testi Damiani e Sardilli ai quali
le parti concor dement e rinunciava no.
All’udienza del 22 marzo 2005, il Tribunale decideva su una
istanza di dissequestro ava nzata nell’inter esse dell’Aiello ed
avevano luog o gli esami dei testi Leone Gaetano, Calabrò Antonino, Murat ore Salvatore, Catrini Francesco Paolo nonc hé
della testimone assistita Accetta Rosalia.
Indi, il P.M. avanz ava richiesta di sospensione dei termini di
fase delle mi sure cau telari (arresti domicilia ri) riguardant i gli
imputati Aiello e Riol o e le difese si riser vavano di espr imere
il loro parere alla successiva udienza.
All’udienza del 5 aprile 2005, la d ifesa degli imputati Riolo
ed Aiell o si opponeva al la richiesta di sospensione dei termini
di custo dia c autelare, avanzata dal P.M. in relazione ai propri assistiti.
Inoltre, la difesa dell’Aiello ava nzava istanza di produzione di
alcuni articoli di stampa, di cui all’elenco allegato, ed il Tribunale si riser vava di decidere.
Dopo la rinuncia delle parti a l teste Caruso, a veva luogo
l’esame dei testi Ca rtaino Michele e Licari Angela Romina
42
(con acquisizi one della querela a s ua firma al solo fine della
prova dell’esistenza della condizione di procedibilità), nonché
dell’impu tato di reato connesso Giuffrè Francesco.
All’udienza del 12.4 .2005 il Tribunale emetteva l’ordinanza di
sospensione dei termi ni di custodia cautelare, nei termini d i
cui al provvedimento in atti.
Di seguito veniva no escussi i testi Anzelmo Giuseppe, Sozzo
Giovanni, Palombo Paol o e D’Agnelli Sabino e veniva acquisita la rel azione tecni ca a firma degli ultimi due testimoni.
All’udienza del 19.4.2005, dopo l’emissione dell’ordinanza relativa all’istanza di produz ione documentale avanzata dalla
difesa di Ai ello Michele, avevano luogo gli esami dei testi
Grippi Fil ippo, Specia le Felicia, Cittadini E ttore, Amandorla
Santo, Miceli B enedetto e Russo Maurilio.
Indi, il P.M. avan zava istanza d i acquisizione di verbali di
prove dichiarative assunte nell’ am bito di altro procedimento
penale, in relazi one alla quale le difese si opponevano ed il
Tribunale di ri servava di decidere.
All’udienza del 26.4.2005 deponevano i testi Scimeca Alessandro, Lica ta Vito, Mig nosi Maria Elena, Paparcuri Giov anni
e Torres Rosa Maria, mentre l’ indagata di rea to connesso Pellerano Ma rgheri ta si avvaleva della facoltà di non rispondere.
All’udienza del 3.5.2005 il Tribunale scioglieva la riser va ed
emetteva l’ordinanza in atti con r iferimento all’istanza avanzata dal P.M. di acqui sizione dei verbali di prova di altro procedimento.
Indi, dopo l’acquisizio ne del verbale di sommar ie informazioni rese d a Accar di Mar ia nelle mor e deceduta, avevano luogo
gli esami dei testi Cal abrese Girolamo Aldo, Maggio Antonia,
Lo Bue Vi ncenzo e Cucchiara Giuseppe.
Il Coll egio, poi, si riser vava in ordine alla richiesta, avanzata
dalla difesa del l’Aiel lo, di audizione ai sensi dell’art. 195
c.p.p. della si gnora Bertolino Mar ia.
43
All’udienza del 10. 5.2005 veniva escusso il test e Sitzia Ca rlo
mentre i l 17.5.2005, dopo la concessione di una p roroga
chiesta dal perito Genovese, ave vano luogo gli esami testimoniali di Sammartino Giovanni For tunato, Aserio P ietrino e Bignardelli Fabri zio.
All’udienza del 24 m aggio successivo venivano escussi i testi
Pampillon ia Giovanni, Bertini Massimiliano, Pala dino Ale ssandro, Lazzaron e Salvatore, Bona nno Nicolò Celestino, Celia
Eustachio e Men allo Frances co.
Indi, veniva acquisi to un documento su richiesta d el P.M. ed
ammesso il teste Spanu Aldo a seguito di istanza avanzata,
ex art. 1 95 c.p.p., dalla difesa d el Cuffaro.
All’udienza del 31 mag gio 2005, dopo la lettura di una breve
ordinanza relativa ad un a ist anza dell’Aiello, venivano escu ssi i te sti Bu rchia Pina, Licar i Giacinto e Spanu Aldo (ex ar t.
195 c.p.p.).
Indi, sull ’accor do delle part i venivano acquisiti i verbali di
sommarie in formazioni di Gurrera Lelio e di Di Giuseppe Salvatore (nel le more deceduto) ed alcuni documenti prodotti dal
P.M. e dalla difesa d ell’imputato Oliveri.
Poiché le par ti rinunciavano a ll’esame del Gurrer a, il Collegio
revocava l’ordi nanza a mmissiva delle prove nella pa rte relativa al sud detto teste.
Il processo veni va, qui ndi, rinviato al 7 giugno presso l’aula
bunker d i Roma per l’audizione di alcuni collaboratori di giustizia e testi, i n relaz ione a i quali il P.M. a veva espresso la
necessità di esibire alcuni documenti.
Nel corso del l’udienza de l 7 giugno venivano escussi i testimoni Ganzer Giampaolo e De Cap rio Sergio, r ispettivamente
generale comandante del R.O.S. d ei Carabinie ri e tenente colonnello gi à in servi zio presso tale Raggruppa mento, a i quali
veniva esibita varia documentazione.
Indi, ven ivano escussi i collabor atori di giustizia Brusca Giovanni e La Bar bera Gioacchino me ntre all’udienza dell’8 suc44
cessivo avevano luo go gli esa mi dei collaboranti Siino Angelo
e Barbagallo Sa lvator e.
A causa del protrarsi di detti esami l’audizione dell’altro collaboratore Lan zalaco Salvatore, sull’accordo delle par ti, veniva rinviata ad altra data.
All’udienza del 14 g iugno 2005, venivano escussi i tes ti Tomasello An tonino , Scala Vincenzo e Consagra Sergio mentre
l’indagat o di reato con nesso Testa Nicola si avva leva della facoltà di astenersi dal rispondere.
Il proced imento veniva , pertanto, r inviato all’udienza de l 21
giugno success ivo p resso l’aula bunker di Palerm o Pagliarelli,
per l’esame del colla boratore Lanza laco Antonino, il qua le aveva già manifest ato al P.M. la sua disponibilità ad essere
sentito i n tale aula protetta.
Tuttavia, l ’udien za suindicata veniva rinviata a data da sta bilirsi per un impedi mento del collaborator e, c olpito da un
malore il giorno prima della sua a udizione.
All’udienza
del
28
giugno
successivo,
sempre
all’interno
dell’aula b unker di Pagliarelli, iniziava la deposizione di Aragona Salvat ore, pri ma della quale il P.M. e le difese degli imputati
Aiel lo
e
Cuffaro
esprimevano
il
consenso
per
l’acquisi zione di tutti i verbali resi dallo stesso nel corso delle indagi ni.
Le altre difese si riservavano di esprimere il consenso alla
successiv a udienza ed il Collegio, i n attes a del lo s cioglimento
della riserva, disponeva l’acquisizione degli atti solta nto in
relazione alle posizi oni dei sopra indicati imputati.
L’esame ed il controesame dell’Ar agona pros eguivano anche
alle successive udienze dell’8 e del 12 luglio 2005, nel corso
delle qua li le altre parti non prestavano il loro consenso
all’acqui sizion e dei verbali (che, pertanto, restano utilizza bili
solamente nei c onfron ti dell’Aiello e del Cuffaro).
All’esito d ell’audizion e dell’Ar agona, veniva accolta la richiesta avanza ta dal P.M. di sentire, in qualità d i teste di rifer i45
mento ai sensi dell ’art. 195 c.p.p., l’avvocato Antonino Zanghì.
E poiché quest i, presente in aula, manifesta va la propr ia disponibili tà ad essere escusso immediatament e, si dava c orso
al suo esame, all’esi to del quale sia il P.M. che la difesa del
Cuffaro chiedevano di poter esaminare, sempre quale teste di
riferimen to ex art. 195 c.p. p., l’ avvocato Salvatore Caputo.
Il Tribun ale accoglieva la concorde richiesta delle parti disponendo la citazion e del Caputo per la successiva udienza
per evidenti ragioni di continuità .
All’udienza del 19 luglio deponeva, in qualità di testimone ex
art. 195 c.p.p ., Caputo Sa lvator e, il quale rendeva dichiarazioni del tutt o difform i a quelle dello Zanghì, specie in alcuni
punti di partic olare riliev o probator io.
Pertanto, su richiesta del P.M., il Tribunale disponeva il confronto tra il Capu to e lo Zanghì, ottenendo che tale mezzo istruttorio avesse lu ogo immediatamente – grazie anche alla
disponibi lità dell’a vv. Zanghì – all’evident e fine di non rischiare di preg iudiar ne l’efficacia d imostrativa e probatoria.
Al termine del confronto Caputo-Zanghì, il Tribunale, su richiesta del P.M., disponeva un accertamento documentale
avente ad oggetto gli sposta menti del Caputo, all’ep oca dei
fatti sottoposto alla misura di pr otezione della “tutela”.
Indi, dopo il confronto aveva luogo l’esame del colla boratore
di giust izia L anzala co Salvatore, il quale veniva sentito ai
sensi dell’art. 197 bis c.p. p. e cioè quale testimone assistit o
e veniva disposta la produzione di un docum ento su richiesta
della dif esa.
All’udienza del 20 settembre 2005, dopo che il Tribunale dava atto alle parti dell’ avvenuto deposito della perizia avente
ad oggetto la trascrizion e delle intercettazioni telefoniche e d
ambiental i, avevano luogo gli esa mi dei testimoni Vassallo
Renato ed Enea Rosario.
46
All’udienza d el 2 7 settembre 2005, le parti concordavano circa l’acquisizi one al fascicolo del dibattimento delle relazioni
di servizio a firma dei testi Cavallo, D’Acquisto, Villani, Mauro, Baldi e Carboni e rinunciavano all’esame di detti testimoni (ad eccezione di quelli indicati nelle liste delle difese degli
imputati Aiello e Buttitta in rela zione a circostanz e diverse).
Il Tribun ale, pertanto, disponeva l’acquisizione dei docum enti e revocava l’ord inanza ammissiva delle suddette testimonianze, fermo restan do il diritto delle dif ese degli imputati
Aiello
e
But titta
di
i nsistere,
al
momento
opportuno,
nell’audi zione dei testimoni inseriti nelle loro liste.
Indi, aveva luogo l’esame della teste Enrica Pinetti ed il P residente dava atto ch e alcune delle informa zioni richieste ai
C.C. eran o perv enute in cancelleria.
All’udienza del 4 ot tobre 2005 l’imputato di r eato connesso
Ciuro Giuseppe dich iarava di voler si avvalere della facoltà di
non rispondere ed il P.M. chied eva la formale trasmissione
dei verbali rela tivi alle udienze del 12 e 19 luglio nonché di
quelli r elativi all a deposizione dell’Aragona (con le relative
trascrizioni) e dei documenti pervenuti dai C.C. al fi ne di valutare eventuali iniziative di pr opria compete nza ne i conf ronti del teste Sa lvator e Caputo.
Il Tribunal e, non essendo più prevista la trasmissione dei
verbali n el cor so del procediment o, si riservava di provveder e
all’esito dell’ istruzione d ibattim entale, evidenziando come gli
atti richiesti dal P.M. fosse ro pubblici ed a disposizione delle
parti pro cessuali anch e per eventuali inizia tive d i competenza dell’u fficio del P .M..
All’udienza del l’11 ottobre 2005 , il P.M. chiedeva alle altri
parti di espr imere il loro eventuale consens o all’acquisizione
di due trascrizio ni di intercet tazioni ambientali relative a
Guttadaur o Carlo, i difensori espr imevano il loro consenso
mentre la di fesa del l’imputato Cuffaro si riservava di pronunciarsi alla prossi ma udienza.
47
Indi avevano luogo l e deposizioni dei testi Sini Michele, Sparacino Matteo e Del Fr ancese Umberto e, sull’a ccordo delle
parti, si dispone va l’acquisizione di alcune relazioni di serv izio a fir ma di quest’ultimo teste.
All’udienza del 18 ottobre 2005, anche la difesa del Cuffaro
esprimeva il suo consenso all’a cquisizione delle due tr ascrizioni d i in tercettazioni ambientali r elative a Guttada uro Carlo, che p ertanto veni vano a mmesse dal Tribunale.
Di seguito depo nevano i testi Scaf uri Giancarlo, Giovinazzo
Raffaele e Dam iano Anto nio e, sempre sull’accordo delle parti, venivano acquisite tre annotazioni di indagine a firma di
quest’ult imo teste.
L’esame del Colonn ello Damiano pr oseguiva anche all’udienza
del 25 ottobre 2005, all’esito de lla quale la d ifesa di Aiello
chiedeva la trascrizio ne della conversazione ambientale intercettata l’11.3.2003 all’interno dell’automobile di Eucaliptus Salvatore, a meno che la stessa non risultasse già trascritta n ell’ambito d ella perizia disposta nel proce sso Bo rzacchelli (acquisita agl i atti sull’a ccor do delle parti).
Il Tribunale, non essendo state materialmente ancora dep ositate le trascrizion i della perizia di cui al processo Borz acchelli, in vitava il P.M . a dep osita rle, riser vandosi sulla richiesta d ella d ifesa.
All’udienza del 27 ottobre 20 05 si dava atto dell’avvenuto deposito delle trascrizio ni della perizia relativa al processo Bo rzacchelli e, pertanto, il Tribunale invitava la difesa a verificare, attra verso l’esame delle tra scrizioni, la neces sità della
trascrizione della conversazione dell’11.3.2003 e di comun icare le p roprie istan ze alle prossim a udienza .
Indi, il P .M. e la difesa facevano pr esente che il teste Antonino D’Amico (cita to per quella udienza) era gravem ente malato, attualmente e da temp o ricoverato e di certo impossibil itato a deporre a causa della gravità della sua patologia.
48
Indi, sul co nsenso delle parti, si d isponeva l’acquisizione al
fascicolo del dibattimento dei verba li di dichiarazioni rese dal
D’Amico n el corso del le ind agini p reliminari.
Per
quanto,
invece,
atteneva
alla
deposizione
resa
dal
D’Amico nel processo Borzacchelli (in epoca successiva alla
scadenza del termine di cui all’art. 468 c.p.p.), la difesa si
riservava di esprimer e il proprio consenso.
L’udienza p rosegu iva, poi, con l’esame del teste Di Pasquale
Calcedonio e con quelli dei testi Caliò Tommaso e Li Noce Sebastiano.
All’udienza dell’8 no vembre 2005, preso atto del consenso
prestato da tutti i difensori, venivano ammessi i verbali delle
dichiarazioni rese da D’Amico Antonino.
Indi, venivano escu ssi i testimoni Vitale Feliciano, Antinoro
Giovanni e Raso Vito, nonché gli imputati di reato connesso
Lo Iaco no Pietro ed Eu calipt us Salvatore (il quale, tuttavia, si
avvaleva della facolt à di non ris pondere).
All’udienza del 15 novembre 2005 la difesa insisteva nella richiesta
di
trascrizione
della
conversazione
ambiental e
dell’11.3 .2003 ed il P.M. chiedeva un supplemento di perizia
avente ad oggetto la trascr izione della conversa zione del
18.6.2004 alle ore 13,40.
Il Tribunale, null a opponendo reciprocament e le par ti, si riservava di provvedere al la successiva udienza, dopo aver v erificato che le suddette conversazioni non fossero già state
oggetto d i trascrizio ne mediante p erizia.
Indi avevano luog o le test imonia nze di Marino Guido, Tortorici Francesco, Salva to Lidia, Liccar di Filippo (le cui relazioni
di servizio venivano acq uisite sul consenso di tutte le parti)
ed Ape An tonio.
All’udienza del 22 novembre 2005 il Tribunale, sc iogliendo la
riserva, conferiva un nu ovo incarico al perito già in pr ecedenza nominato per la trascrizione delle intercetta zioni
chieste dalla d ifesa dell’Aiello e dal P.M..
49
r i-
Il Presidente, i noltre, comunicava alle parti il deposito del
calendari o delle udienz e già fissa te per il primo semestre
dell’anno 2006.
Nel prosiegu o aveva luo go l’esame del teste Genc hi Gioacchino e, sull’accordo dell e parti, venivano acquisite le relaz ioni
di cons ulenza a firma dello stesso Genchi, nelle parti riepilogative dei dati di tr affico telefonico.
All’udienza del 2 9 novembre 2005 veniva escusso il teste C atalano Guido e veniva acquisito, sull’accordo delle par ti, il
verbale di sommarie informazioni della test e Bigolin Mari a, al
cui esame le parti medesim e rinunciavano (il Tr ibunale revocava l’or dinanz a ammi ssiva delle pr ove nella parte relat iva).
Il 6 dicembre successi vo aveva luogo l’esame del teste Riccio
Michele ed aveva inizi o quello del t este Miulli Michele, il q uale, tuttavi a, si esau riva nel corso della successiva udienza
del 13 di cembre 2005.
All’esito del controesame del Miulli veniva amm essa produzione documentale richiesta sia dal P.M. che dalla difesa e
l’Ufficio del P.M. dava atto dell’avvenuto deposito p resso la
propria segr eteria di att ività integrativa di indagine, consistente nei verb ali delle dichiarazioni del nuovo collaboratore
di Giustizia Francesco Campa nella.
Il Tribu nale, preso atto dell’avvenuto deposito e nulla osse rvando le difese, ammetteva la richiesta del P .M. di esaminare
il neo-co llaboratore, dirett amente ed in un sito protetto diverso da Pa lermo, trattandosi di dichiarazioni intervenute
dopo la s cadenz a del termine di cui all’art. 468 c.p.p..
Nel cor so della medesima udienza gli imputati Aiello e Riolo,
detenuti agli arr esti domicilia ri, dichiaravano di acconsentire
al rinvio della successiva udienza calendata (del 20 dicembre
2005), in adesion e a quanto preventivamente comunicato da i
loro difensori e da q uelli d egli a ltri imputati a piede libe ro.
Pertanto, l’ udienza del 20 dicembre veniva rinvia ta stante
l’astensi one dall e udienze proclamata dalla Camera Penale di
50
Palermo, alla quale tutti i d ifensori degli imputati dichiar avano di aderire.
Su confo rme r ichiesta del P.M., il Collegio, pert anto, sospe ndeva i termini processuali, in ossequio al costante insegnamento
della
giurisprudenza
di
legittimità
(Cass.
SS.UU.
n.1201 d el 200 ??? e succ. conf.) in tema di rinvio dovuto unicamente all’a stensi one dei difensori dalle udienze.
All’udienza del 10 gennaio 2006 veniva acquisito, ai sensi
dell’art. 512 c.p.p., il verb ale di sommarie informazioni del
teste Cipol la Sebastiano, il quale fa ceva pervenire un ulteriore certificato medico dal qual e si evinceva il gravissimo stato
di salute e l’impossi bilità di presenziare in udienza.
Indi, oltre alla produ zione di alcuni docu menti della difesa,
venivano acquisiti, sul l’accordo delle parti, due verbali di i nterrogato rio resi da ll’imputato Rob erto Rotondo, il quale, tu ttavia, si sottopon eva al solo esame della dif esa (avendo il
P.M. rinunciato a seg uito della acquisizione).
Le udienze dei giorni 16, 17 e 18 gennaio 2006 si svolgeva no
presso l’ aula bunker di Firenze per l’audizione del nuovo collaboratore di Giustizia Francesco Campanella .
All’udienza del 24.1 .2006 aveva luogo l’esame dell’imputata
Buttitta Giusep pa Antonella, la cui contumacia, sentit e le
parti, veniva revocata.
All’udienza del 31.1.200 6 il P.M. chiedeva alla difesa del Cuffaro (che chiedeva un termine) il consenso alla produzione di
alcuni atti di i ndagin e ed a seguito dell’audizione del Campanella chied eva, inol tre, l’ammissione, in qualità di testi di
riferimen to ex art. 195 c.p.p., di Bruno Franco, Bruno Giovan Battista, M arussi g Francesco Paolo e Fr icano Pino.
Nulla oppon endo la difesa il Tribunale ammetteva i suddet ti
testi, st abilendo, su ll’accordo delle parti, di sentirli prima
dell’esam e del Cuffaro.
51
Indi aveva inizio l’esame dell’imputato Aiello Miche le che
proseguiva nel corso delle successive udienze del 7, 14, 21,
28 febbra io e 7 , 8, 14 e 15 marzo 2006.
Nel corso dell’udienza d el 7. 2.2006, tuttavia, veniva ammess a
la produzione di alcuni doc umenti del P.M. e della difesa del
Cuffaro ch e si sca mbiava no recipr ocamente il consenso alla
produzion e (con ciò sciogliendo la riserva assunta all’udienza
del 31.1. 2006).
All’udienza del 7 .3.2006 veniva am messa la pr oduzione di diversi documenti prodotti dalla difesa dell’Aiello ed utilizzati
nel corso d ell’esame dello stesso nonché di alcuni documenti
prodotti dal P. M..
All’udienza del 15.3 .2006, dopo la conclusione d ell’esame e
del controesame dell’imputato Aiello, la difesa del Riolo manifestava il prop rio consenso a ll’acquisizione di tutti i ver bali
di dichiarazioni rese dal proprio as sistito, sia nel corso delle
indagini p reliminari che nei dibatt imenti Bor zacchelli e Buscemi-Miceli.
Il P.M. prestava il pro prio consenso mentre la difesa di Aiello
lo negava e le altre parti chiedeva no un termine per interl oquire.
Pertanto, il Tribunale, preso atto del consenso come sopra
espresso, d ichiarava utilizzabili i verbali del Riolo, allo stato,
limitatamente alla sua posizione e con esclusione di quella
dell’Aiel lo.
Indi, ini ziava l’esa me dell’imputato Giorgio Riolo che proseguiva anche all’udien za successiv a del 21 marzo.
In tale circostanza, la difesa del solo imputato Cuffar o prestava il consenso alla acquisizione ed alla utilizzazione dei
suddetti verbali e, pertanto, il Tribunale dichiarava utilizzabili i verba li del Rio lo limitatamente alla sua posizione ed a
quella del Cuffaro.
Sempre il 21 marz o, inoltr e, tutte le parti processuali prestavano il consen so alla acquisizione ed utilizzazione della tra52
scrizione della telefonata del 1.11.2003 tra l’Aiello ed il Riolo
(utilizzata dal P.M. nel corso dell’esame), così come effettuata
dai Carabinieri, r inunci ando a chiedere un supplemento d i
perizia.
All’udienza
del
28
marz o
2006
proseguiva
l’esame
dell’impu tato Riol o Giorgio ed a quella successiva del 4 aprile
avevano inizio i cont roesami delle altre parti.
Sempre in tale udienza, inoltre, veniva acquisita documenta zione su richiesta del P.M. e nulla opponendo le altre parti.
All’udienza
dell’11
aprile
2006
aveva
termine
l’esame
dell’impu tato Giorgi o Riolo e venivano acquisiti, a i sensi
dell’art. 513 c.p.p. e su richiesta del P.M., i verbali di inter rogatorio resi dall’imp utato Carcione, il quale rimaneva contumace anche in occasi one dell’udienza fissata per il suo esame.
All’udienza del 18 aprile successivo, dopo l’ acquisizione d i
atti su richi esta d ella difesa del R iolo e di documenti su istanza della difesa della Buttitta, avevano luogo, come co ncordato tra le parti , le testimonianze ex a rt. 195 c.p. p. di
Bruno Giovan Battista e Bruno Franco.
All’udienza del 26 apri le 2006 l’indagato di reato connesso
Fricano Fra ncesco G iuseppe si avv aleva della facoltà di non
rispondere, si procedeva all’esame dell’altr o indagat o di reato
connesso Paolo Pierfrancesco Marussig e si ammetteva la
produzion e di verbali di prova di altro dibattimento su richiesta d ella d ifesa del Cuffaro.
All’udienza del 2 ma ggio successivo veniva disposta, su richiesta del P.M. e null a opponendo le altre parti, la riunione
al presen te procedimento di altro procedimento a carico di
Cuffaro S alvato re.
Tale procedimento r iguard ava le originarie imputazioni di cui
ai capi N) e P) della co mune richiesta di rinvio a giudizio in
data 1.9. 2004, in ordi ne ai q uali il G.U.P. aveva disposto il
53
non luogo a procedere e la Corte d’Appello aveva invece disposto il rinvi o a gi udizio .
Il nuovo proc edimen to veniv a, pertanto, chiamato da questo
Collegio per la prima volta nel corso dell’udienza d el 2 maggio e, do po l’ ammissi one delle pr ove (compresi tutti i verbali
del presente dibattimento pienam ente utilizzabili nei confronti del Cuffaro), veni va disposta la riunione a questo procedimento su ri chiesta del P.M..
Va detto, infatti, che il nuovo procedimento versava nello
stesso grado e stato (dopo l’ammissione d ei ve rbali) del presente procedimento, che sussistevano evidenti ragioni di
connessione soggettiva, probatoria ed oggettiva (tra ttandosi
di imputazioni connesse alle medesime condott e in contest azione nel present e procedimento) e che la celebrazione di un
ulteriore di battimento per i medesimi fatti sarebbe stata contraria al principio dell’economia processuale.
Nulla opponendo tutte l e parti, dunque, veniva accolta la richiesta di riunione avanzat a dal P.M. ai sensi dell’articolo
491 comma 2 c.p.p., essendo emersa soltanto nel corso del
dibattimento la possibilità di proposizione della istanza di
riunione.
Avendo le pa rti ri nuncia to all’esa me dei testi del P.M. nel
processo ri unito, si pr oseguiva con l’esame degli imputati e
veniva dispo sta, ex art. 51 3 c.p.p., l’acquisizione al fascicolo
del dibattimento dei verbali di interrogatorio resi dagli imputati Prestigiacomo, Ca laciura e La Barbera r imasti contum aci.
Aveva, quin di, iniz io l’esame ed il controesame dell’imputato
Oliveri D omenico che accettava di s ottoporsi all’e same r ichiesto dal P.M. e da altre parti.
All’udienza del 16 maggi o 2006, stante l’accordo di tutte le
parti (compresa la difesa di Aiello), proseguiva l’esame ed il
controesame
dell’Oliveri
ed
iniziava
54
l’esa me
dell’imputato
Iannì Lo renzo che proseg uiva anche all’udi enza del 18 maggio
successivo.
Nel corso della medesima udienza, poi, aveva inizio l’esame
dell’impu tato
Venezia
Giacomo
il
cui
controesame,
sull’accordo dell e parti, v eniva rinviato ad altra data p er
concomitanti impegni proces suali.
All’udienza
del
23
m aggio,
infa tti,
si
svolgeva
l’esame
dell’impu tato Giambruno e si proseguiva con i testi della parte civile A.S.L. 6; in particolare la teste Aiello Francesca si
avvaleva della facoltà di non ris pondere (essendo sorella
dell’impu tato Aiello Michele) mentr e l’indagato di rea to connesso Presti giacomo Vincenz o si sottoponeva all’esame e deponeva al tresì il teste Giammarresi Francesco.
Il 30 maggio 2006 il P.M. chiedeva di produrre alcuni doc umenti sui quali la difesa si riservava di esprimere il proprio
parere e si con cludeva il controesa me dell’imputato Venezia.
Indi
si
prosegui va,
sempr e
sull’accordo
delle
parti,
con
l’esame del teste dall’AS L 6 Scaduto Salvatore ed il processo
veniva rin viato per l ’esame dei restanti testi di detta par te civile.
All’udienza del 6 giugn o 2006, la difesa scioglieva la riserva
ed il Tribunale, stant e il consenso prestato da tutte le parti,
ammetteva la documentazione.
Indi, dopo l’ammi ssione di un teste ex art. 195 c.p.p. , si proseguiva con l’ escussione dei testi della parte c ivile Cuccia
Simone, Varia V incenz o e Di Marco Pietro.
All’udienza del 13.6.2006 veniva revocata la dic hiarazione di
contumaci a dell’imputato Cuffaro, il quale si presentava e,
sull’accordo delle parti, iniziava a render e il proprio esame
che si co ncludeva all a succ essiva udienza del 20.6.2006,
all’esito della qual e lo stesso Cuffaro rendeva anche alcune
spontanee dichi arazio ni.
All’udienza del 27.6 .2006 si svolgeva l’esame dell’ultimo teste
della pa rte ci vile A .S.L. n.6, il dottor Andr ea Dar a, amm ini55
stratore giu diziar io delle cliniche sottoposte a sequestr o di
prevenzio ne.
All’udienza del 4.7. 2006 iniz iava l’escussione dei testimoni
delle dif ese ed , in p articolare, venivano esc ussi i testi Gozzo
Domenico, Palumbo Maria Grazia, Ilardo Licia, Gambino Maria e Mangiaracina Brigida, mentre Manenti Giancarlo, escusso ai s ensi dell’art. 210 c.p.p. , si avvaleva della facoltà
di non ri spondere.
All’udienza dell ’11.7. 2006 il teste Miosi, mar ito dell’imputata
Buttitta, si a vvaleva della facoltà di non rispondere e venivano escussi i testi Barbato Benedetto, Lom bardo Piersanti e
Campanell a Aurelio.
All’udienza del 18.7.2006 venivano escussi i testi R omeo Salvatore, Genduso Sa retto e Maresc a Massimiliano e la difesa
del Venez ia rin unciava ad altri due testi della sua lista.
Il 19 luglio successivo aveva luogo l’audizione dei testi Car rozza Vin cenzo, Rizzo Salva tore e C alascibetta Ser gio.
All’udienza del 19.9.2006 la difesa di Michele Aiello chied eva
la produzione di una serie di documenti meglio indicati
nell’indi ce in atti, il P.M. si opponeva solam ente alla prod uzione dei docume nti nn. 309, 313, 314 e 315 ed il Tribunale
si riservava di pronunciarsi alla su ccessiva udienz a.
Dopo la rinuncia della difesa dell’imputato Venezia a tutti i
restanti testi del la propr ia lista, aveva inizio l’esam e dei testimoni della difesa dell’imputato Aiello.
In particol are, nel corso della medesima udienza venivano
escussi Giammarresi Innocenzo, La Mendola Giovanni, Pa gano Tommaso, Rizzo Giu seppe, Giuliana Francesco Girolamo,
Favazza Gaetano, Panciera Domenico, Artale Maurizio, Calt agirone Alessandro , Guarino Pietro, Castello Maria Rosalia,
Anselmo Giusep pe, Aiello Santo, Rizzolo Rosario, Sciortino
Antonino, Correnti Ro sario e Coniglio Francesco.
All’udien za del 26 .9.06 il C ollegio, sciogliendo la riser va,
ammetteva i documenti richiesti dalla difesa dell’Aiello, con
56
la precisazione che alcuni di essi, aventi natura prettamente
processuale (sentenze ed or dinanze), sarebbero stati utilizzati
limitatamente ai dati estrinse ci e senza riferimento al contenuto moti vazion ale.
Indi,
si
procedeva
all ’escussione
dei
testi
della
difesa
dell’Aiel lo Frica no Francesco (che si avvaleva de lla facoltà di
non rispon dere), C onticello Angelo Fabio, Tomasello Antonino, Lo Bue Giusepp e, Lauricella Guglielmo, Dalla Costa Costantino, Lopes Francesco, Di Fra nco Daniele, Aurilio Fr ancesco, Baron e Antonin o, Angileri Giacomo, Barone Giuseppe,
Martorana Giuseppe, Chiello Antonino e Sancataldo Francesco.
Dopo la conclusione dell’esame del teste Coniglio Franc esco,
iniziato a lla prec edente udienz a, la difesa e le a ltre pa rti rinunciavano al teste Sodano Fulvio ed il tribunale revocava
l’ordinan za am missiva dei testi nella par te r elativa a tale
mezzo di prova.
L’udienza del 3 ottobre 2006 veniva rinviata per diversa composizione del Co llegio dovuta all’a ssenza per malattia di uno
dei suoi compon enti.
All’udienza del 10 ottobre 2006 venivano escussi i testimoni
Marguglio Maurizio, Testa Nicolò (ex art. 210 c.p.p.), Lo Buglio Ant onino, Aiel lo Salvatore, Amari Vito, Maniaci Lorenzo,
Beninati Giacin to, Fricano Fedele e Puleo Antonino, il cui esame terminava alla successiva udienza dell’11 ottobre successivo.
Nell’ambi to
sempre
di
t ale
udienza
si
procedeva
anche
all’udizione dei t estimon i Cusimano Gaeta no ed Aiel lo Michele (solo omonim o dell ’imputato).
All’udienza del 17 ottobre 2 006 venivano esamina ti i testimoni San na Sal vatore, Eucaliptus Nicolò (ai sensi dell’ar t.
210 c.p.p.), Vitale Nicol ò, Di Paola Paolo, Sanfilippo Giacomo, Speci ale Felicia, Naselli Santo ed Orecchia Roberto.
57
Indi, all’udienza del 31 ottobre 200 6 avevano luogo gli esam i
dei
testi
dell a difesa dell’imputa to
Aiello,
Sp anò Sergio,
Sciortino Anto nino, Corsello Berengario, Santospirito Roberto, La Mant ia Gi ovanni , Randazzo Santo, P almeri Pietro, Triolo Giuseppe P aolo, Mangiaracina Leonardo, Calantoni Giuseppe, L o Iacono Fil ippo, Bellar dita Rosario, Orla ndo Vincenzo, Scimeca Filippo , Clemente Benedetto, Giambelluca Giuseppe, Daidone Giuseppe, Nicosia F ilippo e Salett a Biagio.
Il 7 novem bre successivo deponevano Lomb ardo Vincenzo,
Zalapì Domenico, Pelell a Ricca rdo, Raso Francesco, Corso
Guido e Giamman co Giampietro.
All’udienza del 21 novembr e 2006 avevano luogo gli esa mi dei
testi D i Cola Ni casio, Cavasino Giacomo, Riccobono Mario,
Errante Pa rrino Salvatore, Piazzese Vincenzo, Spagnolo Vito
(citato ex art . 195 c.p.p. dal Collegio), Cosentino Maur izio e
Lo Presti Ignaz io.
Indi, la difesa di Aiello rinunciava a tutti i restanti testimoni
della sua lista ed il Tribunale, sul consenso delle parti, revocava tale mezzo istruttorio.
Alla su ccessi va u dienza del 28 novembre, dopo l’emissione di
una ordin anza in merito ad una istanza di restituzione di cose seques trate avanza ta nell’interesse di Riolo Giorgio, la difesa di Cuffaro Salvatore, nulla opponendo il P.M. e le altre
parti, indicava i testi della pr opria seconda lista in relazione
ai quali intendeva in sister e ovvero rinunciar e.
Il Tribunale, pertan to, revocava l’ordinanza ammissiva delle
prove i n ordine ad alcuni testimoni ai q uali la difesa rinunciava e reiterava l’ord inanza ammissiva delle prove, modificando parzia lmente il prov vedimento presidenziale di limitata
autorizzazione del la lista medesima per manifesta sovrabbondanza, sta bilend o, d’intesa con tutte le parti, il numero
esatto de i test i dell a difesa da a ssumere.
Nel corso del la medesima udienza, inoltre, veniv ano escussi i
testi (della lista Cuffar o) Lo Porto Guido, Grana ta Fabio, Cot58
tone Vincenzo, An ia Angelo, Centorbi Gaspare, Cottone Giuseppe e M annino Giuse ppe.
All’udien za del 5 dicembre 200 6 aveva luogo l’esame dei testi
Cimino Michele, Pa locci Gabriella, Alfano Angelino, C entaro
Roberto, Pag ano Alessandro, De Luca Antonio, Giliberti Biagio, Trezza Alessandro, Bullara Ma ria Antonietta e Ciriminna
Saverio.
Il 12 dicem bre successivo, invece, deponevano i tes timoni
della difesa Mormin o Adele, Massinelli Marcello, Golesano
Mario, P arlavecchio Mario, Giacalone Giuseppe, Scimemi Antonino, L i Bassi Giuseppe ed Asciut to Giuseppe.
All’udienza del 19 dicembre 2006, dopo la testimonianza di
Accordino Frances co, Ciotta Giovanni e Ruvolo Giusepp e, il
P.M. comuni cava all e difese il deposito in cancelleria di alcuni verbali di deposizi one e delle r elazioni di perizia depositate
in altro diba ttimento penale, sulle quali ultim e sollecitava il
consenso della difesa per l’acquisizione agli atti.
La difesa del C uffaro, preso atto d el deposito, si riservava d i
prestare il proprio consenso all’acquisizione ed utilizzazio ne
delle perizie i ndicate dal P.M..
All’udienza del 9 g ennaio 2007 venivano escussi i testi Finazzo Giovanni, Di Pace Alber to e Conti Angelo Giuseppe, m entre
il 15 gennaio successivo d eponeva il ministro della Giustizia
Clemente Mastella.
All’udienza del 16 genn aio 2007 la difesa di Cuffaro Salva tore
scioglieva la riserva ed esprim eva il proprio consenso all a acquisizion e ed utilizzazione degli atti richiesti da l P.M. a lle
precedenti udi enze ed aveva luogo l’esame dei testi Cor daro
Salvatore e Dal ia Gia mpiero.
All’udienza del 23 genna io 20 07 si procedeva alla rinnovazione degli atti del dibattimento davanti ad un Collegio diversamente composto, sta nte la prolungata (almeno sei mesi) e
non sicuram ente determinabile assenza della dottoressa Rosini in astensi one obbligat oria per maternità .
59
La medesi ma, d’ intesa con il Presidente del la Sez ione e del
Tribunale, veniva sosti tuita con il dottore Flaccovio, Giudice
della Sezione già formalmente inca ricato di comporre stabilmente il secondo Collegio in rela zione agli altri procedimenti
collegiali.
In forza del costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, veniva, dunq ue, nuovamente avvia ta la sequenza
procedimentale a partire dalla dichiarazione di apertura del
dibattimento (e, dun que, con esclusione delle questioni preliminari) .
Il P.M. chiedev a dichiar arsi l’ut ilizzabilità di tutti gli atti
svolti davan ti al Collegi o nella precedente composizione, riservandosi eventuali ri chieste di prova ulteriori in caso di
dissenso di tal una delle altre parti.
Le parti civili p resenti si rip ortavano ai mezzi di prova già richiesti e prestavano il consenso alla utilizzazione degli atti
istruttori preg ressi.
Allo stesso mod o si pronunciavano le difese degli imputati
Riolo Giorgi o, Carcion e Aldo, Buttitta Antonella , Rotondo Roberto, Ve nezia G iacomo, delle due società im putate nonché di
Prestigiacomo Salvatore (la quale ultima chiede va lo stralcio
della posiz ione del pro prio assistit o in caso di rilevanti incombenze istruttorie chieste dalle a ltre parti).
La difesa di Aiel lo Mich ele, invece, nel riportarsi a i mezzi di
prova già richiesti, lim itava il consenso alla utilizzazione degli
atti
istruttori
pregressi
alle
imputazioni
rientranti
nell’elen co di cui all’ art. 51 co.3 b is c.p.p., mentr e, in relazione ai cap i di impu tazione C1, D1, E1, F1, G1 , I1 ed M1,
non prest ava il consen so e chiedeva procedersi a nuovo esame di alcuni test imoni ed imputati indicati in un apposito elenco all egato al ver bale.
Alla stessa stregua le difese degli imputati Giambruno Mich ele (limi tatamente ai capi da C1 ad H1), Iannì Lore nzo, La
Barbera Adria na e Calaciura Angelo non prestavano il con60
senso alla uti lizzazione dei già esperiti atti ist ruttor i e, non
avendo pr eparato un elenco delle f onti di prova da riassumere, si riportavano a quelle analiticamente indicate dalla d ifesa Aiello.
Infine, la difesa di Oliveri Dom enico prestava il pr oprio consenso fatta eccez ione per i testi Ca talano, Cittadini, Dara ed
Orecchia nonché per l ’esame del pr oprio assistito.
La difesa del Cuffaro, invece, nel riportarsi ai mez zi di prova
a suo tempo rich iesti, chiedeva una “moratoria”, cioè un congruo termine al fi ne di consentire al Collegio nella sua attuale composizion e di poter decidere adeguatam ente (con sufficiente conoscenza degl i atti) anche sulle odierne richieste di
prova ed ai sensi del l’art. 190 bis c .p.p..
A tale proposi to non esprimeva né il proprio consenso né un
dissenso alla ri chiesta avanzata dal P.M., ritenendo di non
essere in condizi one di farlo, s tante il limite imposto dall’ art.
190 bis c.p .p., e si rimetteva al Tr ibunale qua nto alle valuta zioni di cui all’ultima pa rte del primo capover so del suddetto
articolo.
Il Colleg io, tu ttavia, invitava formalmente la difesa di Cuf faro
a pronunciarsi sul l’even tuale consenso, quantomeno in relazione al le due impu tazioni non aggravate e, come tali, non
rientrant i nell’alveo dell’ art. 51 co.3 bis c.p.p.
La difesa Cuffaro, pertanto, non prestava il consenso alla
utilizzaz ione degli at ti in relazione alle suddette imputazioni
non aggravate e si riservava d i indicare l’elenco delle f onti di
prova da riassumere d avanti al nuovo Collegio.
Il P.M., preso atto di q uanto sopra, scioglieva la propria riserva e si ripo rtava ai mezzi di prova già richiesti e la p arte
civile A .S.L. n.6 ch iedeva (sciogliendo l’analoga riserva che
aveva assunto) l’audizione di due te sti Tornanbè e Iacolino.
Il Trib unale, dopo essersi ritirat o in camera di consiglio, emetteva l’o rdinan za in atti e, pur precisando che la richiesta
di rinvio e/o di sospensione del dibattimento, così come a 61
vanzata d alla di fesa Cu ffaro, non rientrava nei ca si tassativamente pr evisti dal cod ice di rito, disponeva un rinvio per
mere ragioni di oppor tunità ed al solo fine di consentire di
assumere una ad eguata decisione sulle richiest e formulate
dalle parti (ivi comp rese q uelle della stessa difesa Cuffa ro).
All’udienza del 30 gen naio 2007, pr eliminarm ente, si dava atto che il difensore di fiducia degli imputati La Barbera e Calaciura aveva inviato una nota scr itta con la quale, divers amente da quanto aveva fatto alla scorsa udienz a il difensore
di ufficio, p restava il consenso alla utilizzazione di tutti gli
atti già compiuti nei confronti dei p ropri ass istiti.
La difesa del Cuffa ro, inoltre, precisava di prestare il proprio
consenso al la utili zzazio ne di tutti gli atti anche in relazione
ai capi di imputazi one N) ed O), fatta eccezione per i testimoni Centaro, Cartain o, Ciriminna, Cicero, Pellerano e per
l’imputat o Roto ndo ch e chiedeva di risentire.
Alla st essa streg ua i difensori degli imputati Aiello, Giambruno, Iann ì ed Oliveri (gli unici ad avere avanzato richiesta
di risen tire a lcuni testi moni e/o imputati) precisavano di
prestare i l loro con senso a lla utilizzazione di tutti gli altri atti istruttori compiuti nella precedente fase processuale, con
la sola eccezione dei testimoni e delle altre parti che chiedevano espr essamente di risentire.
Il Collegio, dopo essersi ritirato in camera d i consiglio, emetteva l’ ordina nza di cui al relativo verbale, confermando le
precedenti ordinanze emesse in tema di ammissione di prove,
sia all’udienza dell ’8.2.2005 che nel prosieguo del dibattimento, ed am metten do le richieste di risentir e i testimoni e
gli imputati nominat ivamente indicati dai difensori degli imputati Aiello , Gi ambruno , Cuffaro, Iannì ed Oliveri nonché i
due testi nuovi richiesti dalla parte civile A.S.L. n.6.
In relazione alla posizione del Cuff aro e limitatamente ai capi
di imputazione P) e Q), il Collegio, preso atto della ma ncata
richiesta di nu ova audizione di fonti di prova or ale da parte
62
della dif esa, n on rit eneva, ai sensi dell’art. 190 bis c.p.p.,
necessario procedere a nuove assunzioni di prove.
Infine, il Tribunale, pr eso at to del consenso intervenuto tr a
tutte le parti, dichia rava, sin d’ora, utilizz abili gli atti precedentemente compiuti davanti al Collegio in diversa composizione, con la sola eccezi one – in relazione agli imputati Aiello
(limitatamente ai capi C1, D1, E 1, F1, G1, I1 ed M1), Giam bruno (l imitat amente ai capi C1, D1, E1, F1 ed H1), Cuffaro
(limitatamente ai capi N) ed O)), I annì ed Oliveri - per i testimoni e gli imputati che costor o avevano espressam ente
chiesto di risen tire nuovamente in relazione alle suddette
imputazioni.
Avuto rig uardo al contenuto dell’ordinanza , veniva concordemente stabilito che, prima di pr oseguire con i testi della
difesa di Cuffar o, si sarebbe proceduto al nuovo esam e dei
testimoni e degli imput ati richiesti dai difensori di Aiello,
Giambruno, Cuff aro, Iannì ed Oliveri.
All’udienza del 6 .2.2007 aveva no, pertanto, luogo i nuovi esami dei testimoni g ià escussi Cittadini Ettore, Cuccia Simone, Catalano Guido, Scimeca Alessandro, Amandorla Santo,
Speciale Felicia , Russo Maurilio, Vitale Feliciano, Di Pasq uale Calcedoni o, Giuffrè Francesco, B uffa Francesco, Puleo Ma ria, Calabria Rosaria, Di Fiore Giuseppina ed Orobello Francesco.
A propos ito delle modalità di svolgimento di tali nuovi esam i
va fatta una precisaz ione di metod o: sulla scorta della pra ssi
consolidata e del co stante insegna mento della giurispr udenza
di legittimi tà, le parti ha nno proceduto spontaneament e a tali esami f ormula ndo so lo doma nde nuove ovvero di specif icazione rispetto a quel le già pos te, atteso che ciascuno dei testi
escussi, a seg uito di domanda pr eliminare del Presidente,
confermava il con tenuto delle r ispettive dichiarazioni già rese
nell’ambi to del presente pr ocedime nto.
63
A tale pro posito, inver o, va chiarit o che, prima di affidare i
testimoni d a risen tire alle parti per il loro esame e contro esame, il Presidente del Collegio chiedeva se costoro ricordassero e confer massero i ntegra lmente il contenuto delle dichiarazioni gi à rese n ell’amb ito del p resente dibattimento alla
presenza delle stesse parti proces suali così come oggi rappresentate, trattando si di prova consacrata in un atto legittimamente acquisito al fascicolo del dibattimento e già dichiarato uti lizzabi le in relazione a tutti gli imputati che hanno prestato il loro consenso.
Poiché tutt i i testimoni dichiaravano preliminarmente di ricordare e confermare i ntegra lmente il contenuto delle loro
precedenti deposizioni, le parti hanno convenuto, spontaneamente e senza alcuna eccez ione, circa il fatto che le ulteri ori domande da rivol gere ai testi moni medesimi dovessero essere caratteriz zate dal requisito della novità rispetto a quelle
già formulate, atteso che il verbale delle compiute testimonianze, a seguito del la conferma, faceva parte del fascicolo
del dibatti mento e poteva ess ere utilizzat o nei conf ronti di
tutte le parti processuali.
Tale concord e determinazione scaturisce, pera ltro, da un costante e consolid ato orientamento della giurisprudenza di legittimità, già affermato dalla Suprema Corte di Ca ssazione
con sente nza della I^ Sezione n. 6922 dell’1 1.5.1992 e ribadito con sentenza resa dalla 2^ Sezione in data 8.7.2002
(n.35445) .
Con la pr ima sentenza la Cor te ha affermato che: “le dichiarazioni
testimoniali
assunte
non
secondo
le
prescrizioni
dell’art. 498 c.p.p. (che prevede l’esame diretto e il controesame dei testimoni), ma mediante semplice conferma, a richiesta
del presidente, delle dichiarazioni già rese in dibattimento, davanti ad un precedente collegio venuto meno per la morte di
uno dei componenti, non sono inutilizzabili, trattandosi non di
prove assunte in violazione dei divieti di legge, ma di prove
64
assunte con modalità diverse da quelle previste dalla legge.
Un tal modo di procedere, poi, pur se non ortodosso, non dà
tuttavia luogo neppure ad alcuna nullità, non essendovi alcuna
norma specifica che lo preveda, non potendosi inquadrare la
violazione in esame in alcuna tra le previsioni di cui all’art.
178 c.p.p.. Ne conse gue ch e esc lusa la inutilizzabilità e la nullità, gli atti in questione non possono che essere considerati
come validi, ancorché irregolari, e quindi legittimamente valutati ai fini del decidere”.
A distanza di dieci anni il S.C. ha ribadito il medesimo principio di diritto , con la seconda sentenza citata che recita: “in
tema di testimonianza, l’assunzione della prova direttamente a
cura del presidente, e mediante la semplice richiesta se il teste
confermi o meno le dichiarazioni già rese in una precedente fase del dibattimento, non può dirsi c onforme alle regole che disciplinano la prova stessa, perché non si articola con domande
su fatti specifici (art. 499 comma primo c.p.p.), tende a suggerire la risposta (art. 499 commi primo e secondo c.p.p.) e, c omunque, viola la disposizione per la quale – salvi alcuni casi
particolari – le domande sono rivolte al testimone direttamente
dalle parti processuali (art. 498 comma primo c.p.p.). Va esclusa, nondimeno, la ricorrenza della sanzione di inutilizzabilità
(art. 191 c.p.p.), posto che non si tratta di prova assunta in
violazione di divieti posti dalla legge bensì di prova assunta
con modalità diverse da quelle prescritte, così come va esclusa
la ricorrenza di nullità, posto che la deroga alle norme indicate
non
è
riconducibile
ad
alcuna
delle
previsioni
delineate
dall’art. 178 del codice di rito”.
Orbene, la con ferma da parte del testimone del contenuto di
un verbal e di prova leg ittima mente acquisito al fascicolo del
presente dib attimento e già specif icatament e indicato come
utilizzab ile per
tutte l e altre pa rti processuali,
ai sens i
dell’art. 511 co.5 c.p.p ., compor ta, a giudizio dello scr ivente
Collegio, che la prova sia stata regolarmente acquisita al
65
giudizio e che, a seguit o della integrale conferma, diventi utilizzabile anche n ei confr onti delle parti che hanno chiesto il
nuovo es ame.
Queste ultime, per altro verso, hanno pres o parte attiva mente alla formazione della prova medesima mediante l’esercizio
del diritto all ’esame ed al controesame del testimone.
Ed in sede di nuov o esame dello stesso testimone sulle medesime circost anze, non subiscono alcun pregiudizio al loro diritto di difesa, posto che sono sta te ammesse a rivolgere al
teste tutt e le doman de che ritenevano, a condizione che si
trattasse di domande rileva nti e dotate del requisito della novità rispetto a quell e già poste e per le quali è intervenuta
una piena conferma delle risposte da parte della fonte testimoniale.
Il superiore orient amento, del resto, è stato spontaneamente
condiviso da tutte le parti, le quali nel corso dei nuovi es ami
si sono attenu te a tali criteri senza neppure bisogno che il
Presidente ovve ro il Collegio si pronunciassero sul punto.
Oltretutt o, a ben vedere, ritiene questo Tribunale che una d iversa soluz ione non si a neppure ipotizzab ile sia avuto riguardo ai so pra richiamati pr incipi di diritto, affermati in
modo costante, consoli dato ed univoco dalla Cassazione da
quindici an ni a questa parte che, s oprattutto, in relazione ai
principi g eneral i dell’o rdinamento ed alla coer enza interna
del sistema.
In
tal
senso,
è
appena
il
caso
di
evidenziare
come
l’affermazione di una di versa soluzi one interpreta tiva risulterebbe
conf iggente
con
il
principio
della
concentrazione
dell’atti vità g iurisd izionale, finendo per trasformar si, al di là
delle intenzioni, in un o strumento dilatorio e di dispersione
di un material e prob atorio legittimamente acquisi to e pienamente utilizzabile.
Infine, avuto riguardo alla coerenza inter na del sistema, va
solo osser vato come una diversa soluzione risult erebbe in
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contrasto con i l disposto dell’ar t. 238 co.1 e 2 bis c.p. p., in
forza del q uale è ammessa l’acquisizione dei verbali di prov e
dibattimentali di altro procedimento e le stesse possono ess ere utilizzate contro l’ imputa to se il suo difensore ha partecipato alla loro assunz ione.
Orbene, se il sistema processuale consente la piena utilizzazione di verbali di pro ve dibattimentali di altro procedimento
penale, come tali form atesi dina nzi a giudici del tutto diversi,
alla sol a con dizion e che il difensore dell’imputato vi abbia
partecipato,
sar ebbe
illogico
ed
incoerente
negare
l’utilizz abilità di pro ve legittimam ente acquisite nell’ambito
di questo stesso p rocesso penale ed alla presenza de i difensori di tutte le o dierne pa rti processuali, specie se questi
hanno e sercitato appieno il loro ma ndato sia nella prima fase
dell’istruzione che in quella attuale mediante la poss ibilità di
porre dom ande n uove a i testimoni.
Sulla scorta di tali princi pi di ordine processuale, fat ti propr i
dalle pa rti (che hanno ri volto solamente domande nuove ovvero di precisazione r ispetto al contenuto delle precedenti
deposizioni acquisite agli a tti e ritenute utiliz zabili) e che, in
questa sede , il Collegio intende solamente precisare, nel corso dell’ udienza del 7.2.2007 si svolgevano i nuovi esam i dei
testi Corso Guido, Erra nte Parri no Salvator e, Giamma nco
Pietro, Amari V ito, S caduto Salv atore, Piazzese Vincenzo,
Prestigiacomo Vincenzo, Di Marco Pietro, Varia Vincenzo, Anzelmo Giuse ppe, Ciri minna Sa verio, Consagra Sergio, Schembri Giulio, Co sentin o Maurizio, Scaffidi Adriana e Dara Andrea.
Indi le parti rinunciavano ai testi Maniaci e Beninati, prestando il pro prio consenso alla utilizzabilità delle lor o precedenti deposizioni ed i l Collegio revocava l’ordinanza ammissiva di tali prove prendendo atto del consenso alla utilizzabilità dei verbali.
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All’udienza del 1 3 febbraio 2007 venivano esc ussi i testi Riccobono Mar io, Cart aino Michele, Grippi Filippo, Iacolino Salvatore e Tornambè Maurizio e la difesa della parte civ ile
A.S.L. n.6 chiedeva di produrre a lc uni docum enti.
Il 20 febbraio successivo, dopo una ulterior e richiesta di
produzion e documentale della suddetta parte civile, le parti
rinunciav ano a Pe lleran o Margherita (il cui esame veniva r evocato), l’ imputa to di reato connesso Ciuro Gius eppe si avvaleva della facol tà di non rispond ere e si procedeva alla deposizione del teste Centaro Roberto.
Indi, ave vano lu ogo gl i esami degli imputati Aiello, Oliveri e
Giambruno e le p arti c oncordemente rinunciavano a quelli di
Cuffaro e Iannì.
All’udienza del 27 febbraio 2007, preso atto dell’ulterior e rinuncia all’esame dell’ imputa to Rotondo, il Collegi o revocava
l’ordinan za ammissiva d ei mezzi di prova a i quali le parti
concordemente avevano rinunciato.
Indi,
s tante
l’in tegral e
consenso
manifestato
dalle
pa rti
all’utili zzazio ne, per ciascuno dei capi di imputazione, di tutti gli atti a quel punto contenuti ne l fascic olo del dibattim ento, il Tribunale ne anticipava l’utilizzabilità ai fini del decidere, salvo eventuali successive deter minazioni.
Si ripren deva, pertanto, il pe rcorso processuale interrotto al
momento della sosti tuzione del componente del Collegio e venivano escussi i testi, citati dalla difesa Cuffaro, Enea Gi useppe, Riela An drea, Helg R oberto e Garraffo Calogero.
Indi, il Coll egio ammett eva la produzione documentale richiesta dall a A.S.L. n.6 nelle precedenti udienze nonché quella,
appena a vanzata dalla difesa Iannì.
All’udienza del 6 marzo 2007 avevano luogo gli esami dei testimoni Esposi to Arturo, Federico Francesco, F algares Vincenzo, Caldareri Sigi smundo e Granà Mariano.
Il 13 marzo successivo deponeva no i testi Manganelli Antonio, Giusti no Fabri zio, De Venuto Gianluca, Leone Gaetano,
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Salvi Fi lippo, Midili Salvatore, Far ruggia R osolino, Cesarini
Francesco e Riolo Gio rgio (omonimo dell’imputato) .
Indi, preso atto della rinuncia delle parti all’esame d el teste
De Gennaro, il Tribu nale r evocav a l ’ordinanz a ammissiva delle prove ne lla parte relativa e, sta nte l’assenza di altri test imoni, rin viava ad altra data.
All’udienza del 20 m arzo 200 7 avevano luogo gli esami de i testimoni del la difesa Biti Giampaolo e Giammarva G iovanni, al
cui esito, sul consenso di tutte le parti, veniva acquisita la
relazione di co nsulen za tecnica a firma dei testi.
Indi, le p arti ri nuncia vano ai testi Morra e C oviello e veniva
revocata l’ordi nanza ammissiva delle prove in parte qua.
All’udienza del 27 marzo 2007, sta nte il consenso del le parti,
venivano acquisiti i verbali delle deposizioni e delle dichiarazioni rese dal collaborator e di giustizia Cusimano Mario, al
cui esame le medesime parti rinunciavano.
Avevano, pertanto, luogo le deposizioni dei testimoni Gualdi
Carlo, Cirillo Francesco , Correnti Rosario e Russo Stefano e
l’udienza veniva rinvi ata per l’esame degli ultimi testimoni
delle difese e pe r le eventuali richieste ai sensi dell’art. 507
c.p.p..
All’udienza d el 3 april e 200 7 si svolgeva la testim onianz a
dell’ex mini stro Giuseppe Pisa nu ed il P.M. dava avviso del
deposito di u na nuova a ttività inte grativa di indagine e pr ocedeva alla modi fica, ex art. 516 c.p.p., dei capi D1), E1) ed
F1) di imputazione contestati agli imputati Aiel lo, Iannì,
Giambruno ed Oliveri.
Su richi esta dello stesso P.M. il Tr ibunale disponeva la notifica del verbale contenente la modifica delle imputazioni agli
imputati assenti (ad eccezione dell’Aiello, pr esente) ed il P residente, dopo aver dato avviso alle parti interessate dei loro
diritti ai sensi dell’ar t. 519 c.p.p. , rinviava il diba ttimento
per un termine di almeno venti giorni.
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Dopo un rinvio determina to dal mancato compimento dei
termini di legge da lle notifiche, all’udienza del 3 maggio 2007
i difensori degli impu tati interessa ti dalla modifica dell e imputazioni avanzavano le lor o richieste ai sensi dell’art. 519
c.p.p. e, sul recip roco consenso, tutte le parti avanzavano le
richieste ex ar t. 507 c.p.p. .
Il Coll egio, pertanto, dava lettur a dell’ordinanza ammissiv a
delle prove ai sensi dell’art. 507 c. p.p. e conferiva ai dottori
Giuseppe Glorioso e Nicola Ribolla l’incarico peritale nei ter mini di cui al relati vo ver bale.
Preso atto del co nsenso prestato dalle parti, poi, venivano
acquisite alc une relazio ni tecniche a firma del p rofessore
Giuseppe N ovelli , del dr . Giova nni Fulantelli e della d.ssa
Contessin i, mentre la difesa si riservava di presta re il consenso an che su alcun e inter cettazioni delle quali il P.M. aveva chiest o la t rascrizione mediante perizia.
All’udienza dell’ 8 maggio 20 07 la difesa scioglieva la riserva
e, stante il consenso delle parti, si acquisivano alcuni atti e
si revocava l’ord inanza ammissiva delle testimonianze dei testi La Gi oia e Vinci.
Sempre su l consenso del le parti si acquisiva no le trascrizioni
delle
in tercet tazion i
ambientali
eseguite
nell’amb ito
dell’indagine c.d. “Go tha” e, conseguentemente, si rend eva
inutile di sporre la tra scrizione delle stesse mediante perizia
dibattimentale.
Indi aveva luogo l ’esame del teste De Santis Antonino, dirigente del la locale Qu estura.
All’udienza del 15 maggio 2007 si conferiva al signor Roberto
Genovese
l ’incar ico
per itale
a fferente
alla
trascrizione
dell’inte rcetta zione ambientale del 10.8.2001 sulla cui acquisizione n on era inter venuto il consenso tra tutte le parti.
Quindi si proseguiva con l’esame d ei testimoni Dara Andrea,
Biti Giampao lo, Di Marco Pietro e dell’indagato di reato connesso Iuculano Sebastiano assistito dal difenso re di fiducia,
70
veniva acquisi to un verbale sul consenso delle parti (sommarie informazioni di Imburgia Giovanni) e veniv a amm essa,
sempre ai sensi dell ’art. 507 c.p. p., la deposizione di Mineo
Cristofor o rich iesta dalla difesa di Aiello Michele.
All’udienza del 22 maggio 2007 avevano luogo gli esami testimoniali di Todaro G iacomo, Politi Enrico, Di Costanzo Fabrizio, Amari Gaspare e Tantillo Giuseppe mentre alla s uccessiva udienza de l 29 maggio, dop o l’acquisizione di due documenti prodotti dal P.M ., deponev ano i testi Falautano L uigi, Mineo Cristoforo, Priolo Antonino e Piazz ese Vincenzo.
Indi,
sull’ accord o
delle
par ti,
aveva
luogo
l’ esame
dell’impu tato Michele Aiello in relazione solamente alle modifiche delle imputazio ni oper ate da l P.M..
All’udienza del 5 giug no 2007 deponevano i testimoni Eucaliptus Alessandro, Ozz ello Franca, Dolce Sebastiano, Buttiglione R occo e Scan carello Franco, si acquisiva documentazione rich iesta da lla dif esa dell’imp utato Venezia e si ammetteva ex art. 195 c.p.p. la deposizione di Lo Greco V ito.
Il 12 g iugno successivo, dopo l’esa me del Lo Gr eco, deponeva
Boccalino
Fran cesca
e
l’im putato
Presti giacom o
rendeva
spontanee dichi arazio ni.
All’udienza del 1 9 giugn o 2007 veniva ammessa var ia documentazione ed avevano luogo le deposizioni di Leone Anton ino, dei periti G lorioso Giuseppe e Nicola Ribolla e dei consulenti di part e Vermiglio Francesco ed Errante Pa rrino Salva tore mentre il 26 g iugno successivo deponevano Colajanni
Giorgio e Scali a Giuseppe.
Il 9 lu glio 2007, dopo l’acquisizione di document azione prodotta dalla difesa dell ’imputa to Venezia, le parti rinunciavano formalmente ad ogni ulterior e e/o residua richiesta e co nvenivano circa l’opportu nità di inizi are la discussione dopo la
pausa feriale.
Il Trib unale, pertanto, dichiarava utilizzabili gli atti acquisiti
al fascicolo del dibattimento, dichiarava chiusa l’is truzione
71
dibattimentale e, preso atto di quanto sopra, rinviava la discussione.
All’udienza del 18 settembre inizia va la requisitor ia del Pubblico Mi nistero che proseguiva alle udienze del 1 8 settembre
pomeriggi o, 19, 25 mattina e pome riggio, 26 settembre, 1 ottobre, 2 ottobre matt ina e p omeriggio.
Le parti civili ed i difensori degli imputati discutevano alle
successive udienze del 9 mattina e pomeriggio, 10 e 13 ottobre.
All’udienza del 15 ottobr e si dava atto della presentazi one, da
parte della dif esa Cuffa ro, di una istanza di rimessione del
processo, ai sensi dell’art. 45 c. p.p. .
Il Tribunale, pertanto, ai sensi dell’art. 46 3° co. c.p.p., disponeva la trasmission e immediata dell’istanza con i relativi
documenti alla Corte di Cassazione e, per le mot ivazio ni di
cui all’ordinanza i n atti, disponeva procedersi oltre nella discussione, in attesa del pr onunci amento della Corte.
In concl usione di tale ar gomento deve aggiunger si che, con
provvedi mento del 14 dicemb re 2007, la Cassazione dichiarava inammi ssibil e la r ichiesta avanzata dal Cuffaro.
Le arringhe di fensive proseguivano alle udienze del 23, 30,
31 ottobre , 6, 12, 13, 14, 19, 2 0, 27 novembre, 4, 10, 11
mattina e pomerigg io, 1 2, 17, 18 dicembre 2007, 9, 10, e 16
gennaio 2 008.
All’udienza d el 18 gennaio, dop o due giorni di camera di consiglio, il Trib unale dava l ettura del dispositivo in atti.
PREME SSA
I criteri di valutaz ione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia
Poiché nell’amb ito del presente processo il Collegio è chiamato a v agliare il contenuto delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giust izia, occorre preliminarmente fare un breve
72
excursus in ordine alla valutazione della c.d. chiam ata di
correo, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale di questi
ultimi an ni.
Tale materia, com'è noto, è disciplinata dall’art. 192 c.p.p.
che, al terzo comma, ai fini della valutazione della prova, così reci ta: " Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo
reato o da persona imputata in un procedimento connesso a
norma dell'art. 12 sono valutate unitamente agli altri elementi
di prova che ne con fermano l'attendibilità.".
Anche per la collocazione di tale norma tra le disposizioni
generali sulle prove, può in p rimo luogo affermarsi che è stata riconosciuta a lla dichia razione del corr eo la natura di prova legale rappresentativa, sufficiente per sorr eggere una sentenza di cond anna, sia pure a cond izione che risulti affiancata da altri convergenti e lementi di prova (v. Cass. S.U.
6.12.1991, Scala, Cas s. Pen. 1992, 757 e numerose altre
successive conf ormi).
La completa va lutazi one della chia mata, tutta via, non può di
certo prescindere dalla valutazione della credibilità soggettiva del dichiarante ri spetto al fatto descritto come commesso
insieme all'accu sato ovvero soltanto da quest' ultimo, eventualmente in co ncorso con altri soggetti.
Occorre, cioè, analiz zare la sua per sonalità, le sue condizioni
socio-economich e e familiar i, i suoi rapporti co n i soggetti
accusati, le ragioni della decisione di confessare e di accusare altri.
E in tale contesto bisog na far riferimento ad asp etti spe sso
delicati quan to signifi cativi della chiamata, tra cui la prec isione, la coerenza, la costanza e la spontaneità (v. Sezioni
Unite del la Corte di Cassazi one, 21 ottobre 1992, Marino).
La confessione del chiamante, ad esempio, anche per via delle gravi con seguen ze che ne derivano, non soltanto penali (si
pensi al coi nvolgi mento di parenti in vendette c.d. trasversali), in assenza di elem enti contrari, rappres enta di certo un
73
indizio di sincerit à e di genuinità, s pecie se corr elato al ruolo
ricoperto nella consu mazione dell'illecito.
Essa, è ovvio, deve essere scevra da qualsiasi interesse verso
determinati esiti del processo che possano soddisfare, ad esempio, eventu ali desideri di vendetta nei confronti dell'accusato o rispon dere a ben calcolati scopi personali.
In proposito, si potrebb e obbiett ar e che tutti i collaboratori
sono con eviden za "interessati" p erché, nell'accusa re altri
soggetti, sarebbero spinti dall'ansia di sfuggire alle pesanti
conseguen ze pena li connesse alla loro anteatta condotta illecita, spesso avente per oggetto fatti gravissimi, anche di sangue.
Le loro dichiara zioni, quindi, in quanto connesse al desiderio
di conseguir e importanti benef ici, d ovrebbero senz'alt ro essere disatt ese.
Tale ar gomentare, però, è soltanto suggestivo e non può di
certo ess ere co ndiviso.
Il Tribu nale ben s a che la recente legislazione premiale ha
previsto un a notevo le serie di vantaggi, ricav abili dalla collaborazione, ch e va nno da misure di protezione e di assistenza
per il collaboratore e per i propr i familiari (ar tt. 9 e 10 d.l.
15.1.1991, conv. in L. 15.3.1991, n. 82) alla custodia in luoghi diversi dal carcere a nche per le persone in esecuzione di
pena (artt. 13 e 13 bis d.l. cit., v. anche d.l. 306/1992), dalla
prevision e di misure alternative a l carcere (art.
13 ter d. l.
cit.) all a concreta di minuzione di pena (art. 630, V comma,
C.P.; art. 74, VII comma, D.P.R. 30 9/1990; artt. 3, 6, 7, 8 L.
29.5.1982, n. 3 04).
Trattasi di un a vera e propr ia istituzionaliz zazione di un interesse che non può affa tto essere di per sé indice di mendacio e che non crea al cuna presunz ione di non credibilità.
Il disinter esse, quindi, non va riguardato com e genera le assenza di scopi ma, p iuttosto, come indiffer enza rispetto alla
posizione proce ssuale del soggetto accusato.
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Ulteriore ed i ndiret ta co nferma di ciò si rinviene prop rio nella condizi one richiesta dal terz o comma dell’art. 192 c.p.p.
(“altri elementi di prova”), dal momento che il legislatore ha
riconosci uto al le dichiarazioni del chiamante in correità, o in
reità, u n'affidabilità intrinseca diversa e m inore di quella a ttribuita alla sempl ice testimonianz a e ciò per ché le persone
sono tant o più credib ili quanto meno sono interessate.
Del resto il dubbio sull’assoluto d isinteresse della chiamata
in corre ità,
giustifica la massima di esper ienza
seco ndo cui
una disposiz ione di tal genere, diversamente dalla testimonianza, no n può i n nessun caso integrare, d i per sè sola, un
grave indizi o di colpevolezza se non sia corroborata da riscontri estrins eci idonei a suffra gar ne l’attendibilità.
A tal riguardo bisogna ricordar e che la massima di esperienza in questione
- già enucleata dalla giurisprudenza della
Suprema Corte nell a vig enza del codice abrogato (v. per tutte,
Cass. S ez. I, 22.12.1986 n. 4221, imp. Alfano) - non ha soltanto un fo ndamen to razionale, ma trova una indiretta e precisa conferma neg li artt. 351 e 363
dell’attuale codice di
procedura penale, attin enti alla fase delle indagini preliminari.
Tali norme, inver o, dispo ngono che le persone indaga te per lo
stesso reato, o per reati connessi o collegati solta nto sot to il
profilo p robatorio con il fatto per cui si proc ede, non possono
essere es aminate senz a l’assistenza di un di fensore.
Esse, pertanto, riconoscono ai sopr aindicati soggetti una posizione particolare che li d istingue dai testimoni e che, se da un la to - li sot topone al rischio di rendere dichiara zioni a
sé sfavor evoli, sia pure con l’assist enza di una adeguata difesa - dal l’altro - pu ò, di conver so, indurli a coinvolgere terzi al
fine di occultare od attenuare le loro effettive responsabilità,
così da qualificare come sospette le loro dichiarazioni.
La legislazion e premiale, inoltre, non richiede che il dichiarante man ifesti pentim ento ef fettivo, prevedendosi solta nto
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un concreto contributo alle inda gini fornito con l'intento d i
dire la verità (v. Cass. Sez. II, 27.4 .1989 Ca pitaneo, in Cass.
Pen. 1990 /1734).
Sicchè, in tema di dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia, il cd. “pentimento”, collegato nella maggior parte dei casi a
motivazioni utilitaristiche ed all’intento di conseguire vantaggi
di vario genere, non può essere assunto ad indice di una metamorfosi morale del soggetto già dedito al crimine, capace di
fondare un’intrinseca attendibilità delle sue propalazioni. Ne
consegue che l’indagine sulla credibilità del cd. “pentito” deve
essere compiuta dal giudice non tanto facendo leva sulle qualità morali della persona - e quindi sulla genuinità del suo pentimento - bensì attraverso l’esame delle ragioni che possono
averlo indotto alla collaborazione e sulla valutazione dei suoi
rapporti con i chiamati in correità, nonchè sulla precisione, coerenza, costanza e spontaneità delle dichiarazioni. ( Cass.
Pen. Sez. I, sent. 06954 del 17/3/1997, im p. Cipolletta ed altro.
La giur isprudenza, comunque, a fianco del disinteresse, come
sopra intes o, ha individua to altri elementi su cui fonda re un
positivo giudiz io di attendibilità intrinseca.
Tra
questi
la
spontaneità
e
la
costanza
(Cass.
sez.
I,
25.6.1990, Bar bato, Cass. Pen. 1991, II, 314), la reiteraz ione
senza contr addizio ni (Cass. sez. II, 15.4.1985 in Mass. Cass.
Pen. 1985/1 70287) , la logicità (C ass. sez. I, 29.10.1990 Di
Giuseppe) e l'ar ticola zione, ovvero la molteplicità di contenuti desc rittivi (Cass. sez. I, 30.1.1992, n. 80 Abbate), nonché
la personal ità' del di chiarante, il suo passato ed i ra pporti
con le person e acc usate (Cass. Sez. I, 22.1.1996, n. 683), anche se “un apprezzamento
negativo della personalità dei
chiamanti in correità non vale, di per sè, ad escluderne la credibilità intrinseca” (Cass. Sez. 6, 19.4.1996, n.4108).
Secondo
la
Suprema
Corte,
inoltre,
la
va lutazione
cir ca
l’attendibilità intr inseca di un collaborante, già ritenuto at76
tendibile in alt ro proced imento def inito con provvedimento irrevocabil e, no n può prescindere dagli elementi di prova già
utilizzati
nel
procedimento
esaurito
(Cass.
Sez.
5,
11.11.1995, n.11084).
Ed in ordine all’eventuale “desiderio di vendetta” nei confr onti di altri corr ei o d i soggetti diversi, anche appartenenti alle
istituzio ni, la Suprema Cor te ha sottolineato che “il giudice di
merito ha il potere-dovere di verificare l'esistenza e la gravità
di eventuali motivi di contrasto fra accusatori e accusati,
te-
nendo tuttavia presente che l'esito positivo di un tale riscontro
non
può,
di
per sè, determinare come automatica e necessa-
ria conseguenza l’inattendibilità
tanto indurre il giudice stesso ad
delle
accuse, ma deve sol-
una
particolare attenzione
onde stabilire se, in concreto, i motivi di contrasto accertati
siano tali da dar luogo alla suddetta conseguenza” (Cass. sez.
I, 31.5.1995 n . 2328).
In conclusione, come af fermato dalla Corte di Cassazione con
una sen tenza non recente ma pur sempr e att uale (Sez. I,
25.6.1984 in Cass. Pen. 1986, 114 9), la credibilità soggettiva
generica del dichiaran te può in concreto essere des unta dalle
modalità della chiamata, dal suo sviluppo, dalla sua strutt ura, dal suo contenuto, da lla sua ca usale e dalle conseguenze
sulla pos izione processuale dello stesso chiamante.
Le dichi arazioni del chiamante devono, poi, essere valutate
con la ri cerca di con vergenti elementi di riscontr o.
L’art. 192 c .p.p., in fatti, r ichied e che la chiama ta di corr eo
sia
aff iancat a
da
elementi
ester ni
idonei
a
confermar ne
l’attendibilità ci oè da fatti storici che, se anche da soli non
raggiungono il valo re di prova autonoma di responsabilità del
chiamato in correità ( altrimenti sarebbero essi stessi sufficienti a provarn e la colpevolezza), c omplessiv amente considerati e valutati , risultin o compatibili con la chiamata in cor reità e di questa raf forzativi (cass. Pen., sez. VI, 19 gennaio
1996, n. 661, Agresta ed altro).
77
D’altrond e, tali riscontr i, secondo la costante giurisprudenza,
possono ess ere di qualsiasi tipo e natura (Cass. Sez. I,
26.3.1996, n.3070; Ca ss. S.U. 6.12.1991, Scala, cit.).
La rego la, cioè, impon e al giudice di rinunciare a valersi delle
notizie fornite da un chiama nte in correità, pur se riconosciuto intrinsecamente attendibile, ogni volta che non sia
stato acquisi to neanche un altro elemento integr ativo di prova a cari co dell'accusato (cf r. Cass. pen. se z. VI, 24 agosto
1990, n.11769, Piacen ti).
Quanto alla n atura di tale riscontro, è ovvio c he può non
trattarsi d i un elemen to probatorio sufficiente a rappresentare il fatto o di una prova distinta d ella colpevolezza, dovendo
piuttosto essere rinven uto in qualsiasi elemento certo ed idoneo ad off rire serie gara nzie cir ca l'attendibilità del chiamante.
La manc ata predeterminazione delle categorie utilizzabili a
tal fine conferma i l principio della libertà del riscontro, in
quanto il concet to di “altro elemento di prova” può essere riferito non solo a qualsiasi elemento orale o reale, ma anche
agli indizi.
E per vero, il secondo comma della norma in questione li
considera idonei a d imostrare l' esistenza di un f atto, purché
gravi ( consistenti, resi stenti alle obiezioni e, quindi, attendibili e convincenti), preci si (cioè, non generici e non suscettibili di diversa interpretazione altrettanto o più verosimile,
quindi non equivoci ) e concor danti (non contrastanti tra loro
e con a ltri dati o elementi certi - v. Cass. Sez. Un. 3. 2.1990
Belli, Sez. I del 27.3.1991 in C.E.D. RV. 187113).
Ed a conferma di ciò la Suprema Corte ha agg iunto che “se e'
vero che la sola chiamata di correo non e' suf ficiente per pervenire
ad un giudizio di colpevolezza, e' anche vero che il ri-
scontro probatorio estrinseco
non
deve avere la consistenza
di una prova sufficiente di colpevolezza, essendo necessario,
invece,
che
chiamata di correo e riscontro estrinseco si inte78
grino reciprocamente e, soprattutto, formino oggetto di un giudizio complessivo” (Cass. Sez. 6, 13.2.1995 n. 1493), nonchè,
più di recente: “La chiamata di correo, che deve avere i requisiti della credibilità e dell’attendibilità intrinseca, ha valore di
prova e non di mero indizio, sempre che venga confermata nella sua attendibilità, da “altri elementi di prova” (che devono
essere
tanto
più
consistenti,
quanto
meno
radicale
sia
l’accertamento sulla credibilità e sull’attendibilità intrinseca, e
viceversa); e gli altri elementi di prova possono essere di qualsiasi tipo e natura, purchè logicamente idonei alla conferma
dell’attendibilità, conferma che deve, poi, riguardare la complessiva
dichiarazione
del
coimputato
relativamente
all’episodio criminoso nelle sue componenti oggettive e soggettive, e non ciascuno dei punti riferiti dal dichiarante” (Cass.
Sez. I, n . 1801 del 25 febbraio 19 97, Bompressi ed altri).
Il riscontro esterno alla attendibilità
della chiamata
può
provenire anche da el ementi rigua rdanti fatti diversi d a quelli
specificamente confermati, quando possa stabilirsi un collegamento fra gli stessi (Cass. Sez. 5, 14.7.199 5, n.1 798).
E non v'è dubbio che tra le altre p rove orali debbano essere
inserite anch e le dichiara zioni, eventualment e pure accusatorie, di altri coimputati del medesimo reato o di imputati in
procedimenti connessi , dichiarazioni che, se coinc identi in
ordine alla commissione del reato, ben possono dimostra re
l’attribu ibilità di questo ad un determinato soggetto (Cass.
Sez. I, 3 0.1.19 92 Alt adonna CED. RV. n. 190 647).
Ed è di tu tta evidenza che il chiamante in correità ha percezione e cono scenza del fatto delittuoso per ché vi par tecipa direttamente, sicché la ver ifica concernente la sussistenz a del
riscontro estrinseco non si pone con quelle particolari e più
rigorose connotazioni che distinguono, invece, la c.d. chi amata in reità, caratter izzata dalla estraneit à del dichiara nte
al fatto-reato attribuito ad altri soggetti (v. Cass. 27.2 .1993,
Cusimano, Cass. sez. V , sent . n. 4 144 del 17/12/1996, Man79
nolo) ed invero, “le regole da utilizzare ai fini della formulazione del giudizio di attendibità della dichiarazione variano a
seconda che il pro palante riferisca vicende riguardanti solo
terze persone, accusate di fatti costituenti reati, limitandosi
così ad una “chiamata in reità”, ovvero ammetta la sua partecipazione agli stessi fatti. L’assenza di ogni elemento confessorio in pregiudizio del chiamante richiede, invero, approfondimenti estremamente più rigorosi, così da penetrare in ogni
aspetto della dichiarazione, dalla sua causale all’ef ficacia
rappresentativa
della
dichiarazione stessa.”(Cass.
sez.
VI,
sent. n. 7627 d el 30/ 7/1996 , Alle ruzzo ed a ltri).
L'element o estr inseco di riscontro, poi, è stato r avvisato anche nel la r icogniz ione di cose, nel riconoscimento fotografico,
negli accertamenti di polizia giudiz iaria, nei lega mi esistenti
tra il soggetto accu sato e altri soggetti facenti pa rte del medesimo sodalizio, nel l’accertata disponibilità di immobili dettagliatamente descritti come luoghi di consumazione di reati,
a condi zione, ovvi amente, che tali elementi sia no oltre che
certi, "anche univocamente interpretabili
come conferma del-
l'accusa” (v. Cass. Pen., Sez. I., 31.10.1980, Guarneri; Cass.
Pen. 14.12.1990 n. 16464).
Si pone, a qu esto punto, il problema della verifica della
chiamata all orché questa rigua rdi più episodi delittuosi attribuiti allo stesso ovvero a più imputati.
Al riguardo, non v'è dubbio che il raggiunto giudizio di fondatezza di una o più accuse non può spiegare effet ti su altre
non riscontrate dichiarazioni della stessa pe rsona, attes o che
non può di certo escludersi che, tra tante dichiarazioni vere,
il dichiarante ne abbia i nserito una non vera, voluta mente o
in modo d el tutto inconsapevole.
In sostanza, occorre valutare la chiamata in modo analitico,
con riferimento ad ogn i singolo f at to e ad ogni singola attribuzione di respo nsabilità, così com e afferma to dalla Corte di
Cassazion e con la nota sentenza n. 80/1992 (Sez. I, Abba te),
80
secondo cui non
può inferirsi dalla provata attendibilità di
un singolo elemento la comunica bilità di tale giudizio per
traslazio ne all'intero r acconto “... residuando dunque l'inefficacia probatoria delle parti non comprovate o, peggio, smentite,
con esclusione di reciproc he interferenze totalizzanti”.
Ed ulteriore conferma a tale impostazione vie ne indirett amente data da una pronuncia delle Sezioni Unite della Corte
di Cassazi one che ha escluso l’applicabilità dell’art. 192,
commi III e IV, c.p.p. alla sfer a cautelare (Ca ss. Sez. Un.
1.9.1995
n.
11 ,
imp.
Costantino
ad
altro),
in
quanto,
dall’esame della rubri ca dell’ar ticolo e delle specifiche disposizioni dei prim i due commi, si evince che la nor ma non è
applicabile nel la fase delle indag ini preliminari.
In detta fase, nella q uale non è necessario acquisir e la prova
della piena colpevolezza dell’indagato ma solo il “fumus” della stessa, la chiama ta in correità, ad avviso della Suprema
Corte, va apprezzat a alla stregua d el solo art. 273 c.p.p., che
impone la valutazione circa la sussistenza di gravi indizi d i
colpevolezza.
Questi sono costitu iti, come osserva il Supremo Collegio, da
quegli e lementi a carico, di natura logica o ra pprese ntativa,
che non va lgono d i per sé a provare oltre ogni dubbio la r esponsabil ità dell’indagato e, tuttavi a, conse ntono, per la loro
consisten za, di prevedere che, attraverso la futura acquisizione d i ul teriori elementi, sara nno idonei a dimostrare tale
responsabilità, fondando nel fr attempo una qualif icata probabilità di col pevolezza.
Conseguen temente é, anzitutto, necessario che l’attendibilità
dell’accu sa venga valutata intrinsecamente, sotto il prof ilo
dell’apprezzamento della precisione, della coerenza interna e
della r agione volezz a, per cui lo spessore d ell’attendib ilità intrinseca della ch iamata é influenzato dal tipo di conoscenza
acquisita dal chiamante in r elazione alla partecipazione od
alla presenza a lle vi cende cui il chiamante si riferisca.
81
Per quan to, poi, attiene al profilo dell’attendibili tà estrinsec a
della ch iamata - os servano le Sezioni Unit e - il giudice deve
appurare se sussistan o o meno elementi obbiettivi che la
smentiscano e se la s tessa sia conf ermata da riscontri e sterni
di qualsi asi natura, rappresentativi o logic i, dotati di tale
consisten za d a resistere agli elementi di segno opposto eventualmente dedotti dall’accusato.
Concludon o le S ezioni Unite con la menziona ta decisione che
“...in questa prospettiva è sufficiente una conferma ab extrinseco della credibilità della chiamata, considerata nel suo complesso, attraverso una serie di riscontri che per numero, precisione e coerenza, siano idonei a confermare quantomeno le
modalità obbiettive del fatto descritte dal chiamante, in modo
da allontanare, a livello indiziario, il sospetto che costui possa
avere mentito”.
Ne consegue che no n è, invece, indispensabile che i riscontri
riguardin o
in
modo
specifico
la
posizione
soggettiv a
del
chiamato, poich é l’assenza di questo ulteriore requisito nell’ipotesi in cui non risultino elementi contra ri al coinvo lgimento di costu i - non esclude, di per sé, anche pe r la naturale inco mpletezza delle indagini, l’attendibilità complessiva
della chi amata, una volta che la stessa sia stata a ccertata sia
sotto il profil o intrinseco, sia - nei termini anzid etti - sotto
quello estrinseco.
Orbene, se tale argomentare può essere valido nella fase delle
indagini prelimin ari e ai fini dell’a dozione di misure cautelari, non può certamente trovare a pplicazione per quanto riguarda
la
valutazione
della
chiamata
di
correo
ai
fini
dell’affermazio ne di responsabilità nel corso del dibattimento.
In questo caso, argomentando proprio dal “dictum” della Suprema Corte, riemer ge a chiare lettere quel principio, sancito
dai commi III e I V dell’art. 192 c.p .p., che impone una valutazione delle dich iarazioni rese dal coimputato del medesim o
reato o da persona i mputata in un procedimento connesso
82
“unitamente ad altri elementi di prova che ne con fermino
l’attendibilità”.
Infine, va preci sato ch e parti colare idoneità conva lidante va
riconosci uta, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, al le converg enti chiam ate in correità successive (cd.
chiamate in corr eità plurime ); sul p unto la Suprema Corte ha
affermato il princ ipio secondo cui, quando sussistono più
chiamate in correità, “ognuna di tali chiamate mantiene il proprio carattere indiziario ed ove siano convergenti verso lo stesso
significato
probatorio,
ciascuna
conferisce
all’altra
quell’apporto esterno di sinergia indiziaria, la quale partecipa
alla verifica sull’attendibilità estrinseca della fonte di prova“
(cfr. Cass., Sez. I, 1.8.1991 n. 84 71, Cass. Pen. Sez. VI , 16
marzo 199 5, n. 2775, Grippi).
Altrettan to consolidato è, del resto, il principio secondo cui,
quando il riscon tro co nsiste in altr a chiamat a di correo, non
è necessario pre tender e che q uesta abbia a sua volta il beneficio della convalida a mezzo di ulteriori elementi esterni
giacché, in tal caso, si avrebbe la prova desiderata e non sarebbe necessari a altra operazione
di compar azione o verif ica
(cfr. Cass. n. 80/ 92); pret endere l’ autosufficienza pr obator ia
del riscontro equi varreb be infatti
a render e ultronea la
chiamata di correo. Fin o ad arriva re alla conclusione, du nque, che “il riscontro può' consistere in un'altra
chiamata di
correo poiché' ogni chiamata e' fornita di autonoma efficacia
probatoria e capacita' di sinergia nel reciproco incrocio con le
altre. Da ciò' deriva che una affermazione di responsabilità'
ben può' essere f ondata sulla valutazione unitaria di una pluralità' di dichiarazioni di coimputati, tutte coincidenti in ordine
alla commissione del fatto da parte del soggetto” (Cass. Sez. 4,
6.3.1996, n.4108; Cass. Sez. 6, 16. 3.1995 n.2775; Cass. Sez.
2, 5.4.1995 n.4941).
Quanto, p oi, ai p arametri ed ai criteri di valutazione della reciproca attendibil ità, nel caso di coesistenza e convergenza di
83
fonti prop alatorie, la predetta giur isprudenz a ha ritenuto di
valorizzarnee la contestualità, l’autonomia, la reciproca sconoscenza, la convergenza almeno sostanzia le, t anto più cospicua quanto più i racconti siano ricchi di contenuti descrittivi, e in genere, di tutti quegli elementi idonei ad escludere fra udolen te co ncerta zioni ed a conf erire a ciascuna
chiamata i tranquill izzant i connotati della autonomia, indipendenza ed ori ginali tà.
Non può essere sottaci uto, al rigua rdo, che eventuali discordanze su alcuni punti possono, nei congrui casi, addirittura
attestare l’auto nomia delle var ie propalazioni in qua nto “ fisiologicamente assorbibili in quel margine di disarmonia normalmente presente nel raccordo tra più elementi rappresentativi” (cfr. Cass., Sez. I, 30.1.1992 n. 80).
In sostanza, pertan to, “in tema di chiamata in correità é bene
ammissibile la cosiddetta “frazionabilità”, nel senso che la attendibilità della dichiarazione accusatoria
anche se denegata
per una parte del racconto, non ne coinvolge n ecessariamente
tutte le altre che reggano alla verifica giudiziale del riscontro;
così come, per altro verso, la credibilità ammessa per una parte dell'accusa non può significare attendibilità per l’intera narrazione in modo automatico” (Cass. Sez. 6, 10.3 .1995 n.4162;
Cass., Sez. 6, 25.8.1995, n. 9090).
Ad avviso della Corte, inoltre, “l’esigenza che le medesime,
per costituire riscontro l’una dell’altra, siano convergenti non
può implicare la necessità di una loro totale e perfetta sovrapponibilità (la quale, anzi, a ben vedere, potrebbe
essa stessa
costituire motivo, talvolta, di sospetto), dovendosi al contrario
ritenere
necessaria solo la concordanza sugli elementi essen-
ziali del "thema probandum", fermo restando il potere-dovere
del giudice di esaminare criticamente gli eventuali elementi di
discrasia, onde verificare se gli stessi siano o meno da considerare rivelatori di intese fraudolente o, quanto meno, di suggestioni o condizionamenti di qualsivoglia natura, suscettibi84
li di inficiare il valore della suddetta concordanza” (Cass. Sez.
I, 26.3.1996, n.3070, cit. ; Cass. Sez. I, 7.2.19 96, n.1428;
Cass. Sez . I, 3 1.5.1995 n.2 328).
Recentemente la Cassazione a Sezioni Unite è intervenuta
nuovamente nella present e materia con la nota s entenz a in
data 12 luglio 2005, ric. Ma nnino.
Detta rilevante pro nuncia è st ata r ichiamata dal Collegio nella parte d ella mo tivazi one riguarda nte i principi in materia di
concorso esterno nel reato di partecipazione all’ associ azione
di tipo mafioso.
Tuttavia, pu r avendo la Corte di legittimità affrontato precipuamente tale argom ento, vale la pena di evidenziare come la
stessa, nella parte fin ale della motivazione, abbia rib adito, in
modo assai significativo,
un nuovo ed importante arr esto
proprio in mater ia di paramet ri di valutazione della chiamata
di correo nel reato a ssocia tivo.
Ed invero, a tale specifi co proposito le Sezioni Unite hanno
affermato i l seguen te principio: “Secondo i rigorosi criteri legali dettati dall’art. 192/2 c.p.p., gli indizi devono essere, infatti, prima vagliati singolarmente, verificandone la valenza
qualitativa individuale ed il grado di inferenza derivante dalla
loro gravità e precisione, per poi essere esaminati in una prospettiva globale ed unitaria tendente a porne in luce i coll egamenti e la confluenza in un medesimo, univoco e pregnante
contesto dimostrativo: sicchè ogni ‘episodio’ va dapprima considerato di per sé come oggetto di prova autonomo onde poter
poi ricostruire organicamente il tessuto della ‘storia’ racchiuso
nell’imputazione”.
In buona sostanz a, secondo la Corte di legittimità, in una
prima fase del p ercorso valutativo complessivo deve procedersi al riscontro in ordine alle varie frazioni d i condotta singolarmente considerate ed, in un secondo m omento, si deve
ricomporre il ragionamento prob at orio, procedendo alla di-
85
samina complessiva di tutti i singoli elementi già presi in esame.
Da ciò consegue che, se nel primo momento valutativo occorre porre la massima attenzione alla validità ed idoneità dei
singoli elementi di risco ntro a car attere individualizzante in
relazione a ci ascuna fr azione di condotta, nella disa mina
complessiva la valutazione non può che essere contestualizzante
ed
onnicomprensiva
rispetto
al
r uolo
ricoperto
dall’impu tato in seno al sodalizio mafioso ed al suo specifico
apporto contrib utivo.
In tal senso, inver o, appar e chiar o l’orientamento della Corte
di Cassaz ione
“Limitando l'esame della doglianza alla sola posizione del
Madonia e, quindi, alla circostanza della riunione tenuta nell'abitazione del Troia, (alla quale aveva comunque, preso parte
oltre il predetto Madonia anche il Galatolo Vincenzo),
... os-
serva, in proposito, questa Corte di legittimità che deve correggersi l'erro re di in cui è incorsa la Corte di Assise di Appello
che ha ritenuto che “non poteva essere elevato al rango di prova, non essendo suf fragata da ulteriori elementi, la dichiarazione del collaborante Onorato di aver preso parte ad una riunione operativa presso l'abitazione di Tullio Troia, nel corso
della quale - presenti Madonia, Salvatore Biondino - si era organizzata l’attività criminosa e si erano definiti ruoli e condotte dell'attentato. L'errore della Corte è di aver ritenuto che ogni
circostanza di fatto riferita dal collaborante di giustizia debba
essere, riscontrata laddove, invece, il riscontro, naturalmente
individualizzato, ben può, anzi deve, riguardare la condotta o
uno dei segmenti della condotta, aff erente lo specifico episodio
delittuoso (nella specie: il reato di strage)”
(Cass. Sez.II 6 maggi o 2004, Riina Salvatore).
Orbene, nella va lutazi one delle risultanze dibattimentali ed,
in modo particol are, della deposizione del Giuffrè, il Coll egio
si è attenuto ai sopraddetti r icevut i principi, eff ettuando una
86
valutazio ne cong iunta sia delle caratteristiche soggettive e
dell’atte ndibil ità intrinseca del dichiarante che ricercando, in
concreto, gli elem enti di riscontro estrinsec i sia in ordine a l
fatto addebitato che in ordine alla posizione soggettiva del
chiamato.
I c riteri di valutazione della prova crit ica
Il presente procedimento penale comporta la disamina di una
serie assai complessa ed articolata di ipotesi delittuose poste
in essere da num erosi imputati singolarmente ovvero in concorso di volta in vol ta tra soggetti d iversi.
Parecchie di tal i imput azioni, come si vedrà appresso, risultano dimostrate attraverso forme tipiche di prova della responsabil ità penale degli imputati.
Per alcune di esse, viceversa, l’ist ruzione diba ttimentale ha
fornito un materiale proba torio che si comp one essenzia lmente di indizi, cioè di quel la forma di “probatio minor” caratterizzata, rispetto all a prova dir etta , da una minore capacità
persuasiva.
Ciò non toglie, tuttavia, che anche la prova indiziar ia possa
essere posta a fondamento di una giudizio di condanna, a
condizion e che sussistano i requisiti di legge e che la valutazione critica del Giudice se gua i pa rametri fissati dalla giurisprudenza di legittimità in subiecta materia.
Per tal e ragione appare necessario svolgere una br eve premessa p roprio in relazi one a i criteri di valutaz ione della prova indiziaria ai quali si far à richia mo nell’esam e delle singole
fattispecie del ittuose.
La prova logica, defini ta più p ropriamente pr ova critica, è costituita da quella traccia sensibile rappresentativa di un fatto che però non coincide con il “thema prob andum”, ma consente di ri salire ad esso sec ondo l’elabora zione mediata da
regole di in ferenz a - tra le quali particolare importanza a s87
sumono le regole d i esper ienza - ovvero da proposizioni che
consenton o di giu ngere dal fatto noto a quello ignoto mediante l’util izzazi one dei pri ncipi dettati dalle leggi della s cienza o
della
logica
formale
o,
ancor a,
secon do
i
risultati
dell’esperienza acquisita nella valutazione delle azioni umane.
Dunque, l’indi zio ha un proprio ed autonom o significato cui
si aggiu nge un a capa cità dimostr ativa solo event uale r ispetto
agli elem enti del fatto da provare, inerendo a d esso il rischio
della eventuale plura lità di deduzioni possibili, rischio determinato dalla regol a di inferenza prescelta .
Una regola che, per sua ontologica natura, non possiede il
requisito d ella cer tezza probante, r imanendo soggetta ad una
variabilità d i esiti diversi in considerazione dei fattori oggetto
di valutazione, i quali, in ipot esi, potrebbero anche portare a
scartare una massi ma di esperienz a basat a sull’ “id quod plerumque accidit”, per anda re a trov are spiegazione nell’a tipico
o nell’eccezion e.
Come
è
n oto,
l ’art.
192
comma
II
c.p. p.
statuisce
che
l’esisten za di un fatt o può esser e desunta da ind izi, a cond izione che quest i sian o gravi, precisi e concor danti.
Se ne desume che la prova critica non è ancora prova ma è
suscettib ile di diventarlo quando concordi con altri eleme nti
indiziari che abbi ano i cara tteri della gravità, della precisione e della concordanza verso lo stesso risultato euristico.
Le Sezi oni Unite (Cass. 4.2 .92 n. 6682, p.m. in proced. Musumeci) hanno afferm ato il principio che “nella valutazione di
una molteplicità di indizi è necessaria una preventiva valutazione di indicatività di ciascuno di essi – sia pure di portata
probabilistica e non univoca – sulla base di regole col laudate
di esperienza e di criteri logici e scientifici, e successivamente
ne è dov eroso e lo gicamente imprescindibile un esame globale
e unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa
di ciascun elemento probatorio possa risolversi, perché, nella
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valutazione complessiva, ciascun indizio si somma e si integra
con gli altri, sì che il limite della valenza di ognuno risulta superato e l’incidenza positiva probatoria viene esaltata nella
composizione unitaria, in modo da conferire al complesso indiziario pregnante ed univoco signific ato dimostrativo, per il quale può af fermarsi conseguita la prova logica del fatto”.
Quindi, l’indizio può essere utilizzato per trarre dalla cir costanza che esso rap presenta la prova dell’esistenza di un fa tto non noto, da provare, solo a condizione che r isponda ai tre
indicati requisiti di cu i alla definizione legislativa ex art. 192
c.p.p..
La giurisprudenza di legittimità ha chiar ito che un indizio
preciso è quello - definito da lla dottrina come ne cessar io –
non generico e no n suscettibile di diversa interpretazione altrettanto o pi ù verosimil e. Esso, pertanto, deve avere i car atteri dell’ univocità e della certezza, quest’ult ima intesa come
accertata verificazione storico-naturalistica della circostanza
che lo costitu isce, non essendo logicamente desumibile un
fatto ignoto da un fatto a sua volta ipotetico (Ca ss sez. I
24.6.92 n. 9700, Re; Cass. sez. II 9.2.95 n. 5838, p.m. ed
Avanzini) .
La gravità dell’i ndizio sta ad indica re la sua cap acità di resistenza alle obie zioni formulate in senso demolitorio, nel senso che l’ indizi o deve esser e atte ndibile e convincente in quanto pertinente al “thema prob andum”, nonché dotato di ca pacità dimostrativa rispett o ad esso, che ricorre quando vi sia
tra i due fa tti, quello noto e q uello ignoto, un nesso di rilevante con tiguità logi ca (Cass. sez . IV 25.3.92 n. 5356, Di
Giorgio).
Il requisito della concordanza, infine, impone che la verifica
circa la con cluden za a certezza del fatto vada saggiata non
singolarmente, per ciascuna circostanza indiziante che sia
grave e preci sa, m a sim ultaneamente, nel senso che è necessario procedere ad una va lutazione complessiva di tutti gli
89
elementi presuntivi che pr esentino singolarm ente una positività parziale, o almeno potenziale, di efficienza probatoria
(Cass. s ez. IV 25.1.93 n . 2967, Bia nchi; Cass. sez. IV 2.2. 95
n. 4965, Lenoci).
Pertanto, il rig oroso ed obiettivo accertament o del d ato ign oto, cui è po ssibile per venire su base indiziaria, deve esser e lo
sbocco n ecessi tato e strettamente consequenziale, sul piano
logico giurid ico delle prem esse indiziarie in fatto, con esclusione di ogni altra soluzi one prosp ettabile in termini di equ ivalenza o di alternat ività.
Il giudizio conclusivo, in altre parole, deve essere l’ unico
possibile alla stregua degli eleme nti disponibili, secondo i
criteri di razionalità dett ati dall’esp erienza umana (Cass. sez.
I 20.10.94 n . 118, Ol iveri; Cass. sez. II 8.2.91 n. 6461, Ventura).
Secondo un p rimo indiri zzo, i req uisiti della p recisione e della concordan za non possono coesistere in ciascun ind izio da
valutare, dato che, ove uno di essi possegga quello della precisione intesa nel senso della necessarietà a condurre al fat to
ignoto, sul piano l ogico, di per sé e da solo risulterebbe id oneo e suff iciente a provare il fatto ignoto (Cass. sez. I V
26.4.96 n. 8662, p.m. in proced. Piscopo); al contrario sol o
in presenza di più indizi , nessuno dei quali fornito del req uisito
della
p recisi one,
sar ebbe
necessario
pervenire
ad
un’operaz ione logico-concettuale di complessiv a valutazione
degli stessi sotto la r egia della regola di esperienza assunta
dal decidente (Cass. sez. VI 13.12 .9 1 n. 2398, Grillo).
Si osse rva, anche, che nell’ampia categoria degli indizi è possibile annoverare, oltre quelli dotati di una implicita valenza
indiziante (e q uindi argomentativi), anche quelli che di per sé
non hanno alcuna capacità indiziante, ma l’acq uistano in
forza di dimostrazion e, come effetto cioè del ragioname nto
argomentativo elabora to dal Giudice.
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Per tale motivo i l giu dizio sulla gr avità, precisione e concordanza deve essere condotto sulla base di una valutazione unitaria e non atomizzata di tutti gli elementi oggetto di co nsiderazio ne, in modo da consentire di riempire le lacune c he
ciascun eleme nto fatalm ente possiede in sè e che rapprese ntano, sul piano dedutti vo, il limite della capacità del singolo
fatto noto di dimostrare l’esistenza di quello ignoto (Cass.
sez. I 5. 3.91 n. 3150 , Calò).
Altra giurisprudenza sottolinea che la prova indiziaria debba ,
in ogni caso, esser e costituita da una pluralità di indizi
(Cass. sez. I 8.3.00 n. 7027) e che il vaglio su ciascun indizio, al fi ne di accertar ne la precisione e la gravità, vada condotto anzitutto sep aratam ente e solo in un secondo momento,
soprattutto per quel che riguarda la gravità, anche congiuntamente, potendo la gravità degli uni acquistare spessore
dalla accertata gravità degli altr i.
In quest’ottica, i requi siti della gra vità e della precisione sono da riten ersi intrinseci a ciascun indizio, nel senso che ognuno deve possedere di per sé, isolatament e considerato, il
carattere della univocità e della certezza, laddove so lo la
concordan za viene ad essere estrinseca, andando misura ta
con gli a ltri indizi che tutti debbono convergere verso lo stesso risult ato probatorio (Cass. Di Giorgio, ci t.)
Ancora, si sostiene che a fronte di una p luralità di indizi
l’esame di ci ascuno di essi d ebba essere pr ima d i tutto “parcellare, in modo da identificarne tutti i collegamenti logici possibili ed accertarne, quindi, la gravità, che è inversamente proporzionale al numero di tali collegamenti, nonché la precisione
che è direttamente proporzionale alla nitidezza dei suoi contorni, alla chiarezza della sua rappresentazione, alla fonte diretta
o
indiretta
di
conoscenza
dalla
quale
deriva,
all’attendibilità di essa”.
Da ultimo è necessario proced ere alla sintesi finale, acc ertando se gl i ind izi esaminati s iano concordanti, cioè possano
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essere col legati a d una sola causa o ad un solo ef fetto e collocati tutti, arm onicamente, in un unico contesto, dal quale
sia possibile log icamen te desumer e l’esistenza o l’inesistenza
del fat to da provare (così Cass. sez. VI 23.2.85 n. 736, Doria ;
Cass.
sez.
VI
25.3. 97n.
1327,
Martinese;
Cass.
sez.
VI
30.5.94 n . 9916, Di Dato).
Recentemente, anch e le Sezioni Unite della Corte di legittimità (Cass. 1 2.7.05 , Manni no, n. 337 48) si sono pronunciate in
materia dei criteri legali di valutaz ione della pro va indiziar ia
che devon o esser e utiliz zati dal Giudice nell’operazione logica
tendente al le verifica dei singoli elementi indicati com e sintomatici di una speci fica condotta di reato.
Secondo i crit eri detta ti dall’ art. 192, comma II, c.p.p., che
devono essere valutati rigorosamente, gli indiz i vanno prima
vagliati sin golarmente, in modo da verificar ne la valenza qua litativa i ndividuale ed il grado di inferenza derivant e dalla loro gravità e precisione, per essere poi esaminati in una prospettiva globale e unitari a, atta ad evidenziarne i collegamenti e l a confluen za in un medesimo, univoco e pregnante contesto dimostrativo, si cché “ogni episodio va dapprima considerato di per sé come oggetto di prova autonomo onde poter poi
ricostruire
organicamente
il tessuto
della
storia
racchiusa
nell’imputazione”.
In questa prospettiva, non è conse ntito, attraverso il metodo,
pur corretto , di lettura unitaria e complessiva dell’intero
compendio pro batori o, dare rilevanza anc he a queg li indizi
che, analiticamente considerat i, sa rebbero ciascuno incerto,
impreciso e non gra ve e dunque pr obatoriamente ininfluente,
ma che, nell’insieme, appaiono tr a loro raccordabili e coerenti con la narrazione storica de lla vicenda come ipotizzata
dall’accu sa.
Un siffa tto metodo di assemblaggio e di mera sommator ia degli eleme nti in diziari , che si proponga così di colmare il deficit argom entativo int rinseco di ciascuno di e ssi, violerebbe le
92
regole giuridiche i mposte nell’int erpretazione dei risultati
probatori .
La valutazione della prova costituisce, infine, il momento inferenzial e che dalle pr emesse probatorie conduce a lla proposizione da provar e, dove, nella presente fattispecie sottop osta
al vagl io d ibattimentale, le premesse sono cos tituite da elementi di carattere esclusivament e logico/indiziario e le regole
inferenziali non posson o che consistere nelle massime di esperienza , in tese come repertorio di conoscenza dell’uomo
medio offerto d al sen so com une.
Le massim e di es perien za sono, difatti, generaliz zazioni empiriche tratte, con procedimento induttivo, dall’esperienza
comune, che, indipendenti dal singolo caso considerato, sono
capaci di fornire informazioni relat ive a c iò che nor malmente
accade secon do l’ “id quod plerumque accidit” in un dato contesto spa zio-temporal e.
Esse, pertant o, costitu iscono regole extr anorma tive prees istenti al gi udizio che si distinguono dalle mer e congetture
per il fatto che i l loro contenuto viene, in ogni caso, sottoposto, a verifi ca empirica, sicché viene formulata come regola
d’esperienza, regolare e ricorrente, generalmente riconosciuta
ed accettata nel contesto storico-geografico esistente (Cass .
sez. II, 16.9.03 n. 39985).
Il ragion amento probat orio viene a llora ad essere caratterizzato dall ’utili zzazio ne di regole di inferenza, il cui gra do di
attendibi lità e di persuasività è r imesso alla precisione della
nozione di sen so comun e confluita nelle relative massime d i
esperienza adottate, caratterizzandosi per un ragionamento
di tipo squisi tamente induttivo- abduttivo, basat o cioè sulla
probabilità ep istemi ca, che è quella relativa al grado di fondatezza di un’ipotesi, la quale deve presentarsi intrinsecamente coerente e congr uente r ispetto ai fatti, in considerazione del le pro ve a favore e di quelle cont rarie acquis ite al
giudizio.
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Al fine di val utare tal e grado di fondatezza, appare altresì rilevante, n ei processi indiziari, l’accertamento della causale
del delitto, l a qual e deve porsi non già qua le ulteriore indizio
ma quale elemento di r accordo e di potenziamento della efficienza probatoria deg li indizi già acquisiti.
La giurisp rudenz a precisa, in prop osito, che l’obbligo di accertare la cau sale è tanto più cogente quanto meno sono ritenuti gravi, precisi e concordanti gli indizi, attenuandosi, al
contrario , in misura pr oporzionale alla ritenuta gr avità, precisione e concordanza e quindi alla loro complessiva efficienza probatoria. (Cass. sez. I 14.11.95 n. 12422, Antinozzi).
Nella causale, difa tti, il valore sintomatico della pat ernità
dell’azio ne è connaturato alla diretta partec ipazione del suo
autore al processo fo rmativo della volontà di una condotta.
In quest’ottica si aggi unge che il movente ha non solo la capacità di esaltar e gli elementi indiz iari di carattere oggettivo,
facendoli convergere in un quadro unitario di r iferimento, ma
è esso stesso dotato dell’autonoma capacità di m anifestare
ciò che sen za la sua corretta valutazione restereb be scon osciuto (C ass. sez. V 14.11.92 n. 2 381, p.m. e Madonia).
Per cui, “l’accertamento della causale del delitto, quando si
tratti di un processo con elementi probatori di natura soltanto
indiziaria, deve essere puntualmente perseguito, in quanto
l’identificazione della causale assume, in tal genere di processi, specifica rilevanza per la valutazione e la coordinazione logica delle risultanze processuali e, di conseguenza, per la formazione del convincimento del giudice in ordine ad una ragionata certezza della responsabilità dell’imputato” (Cass. sez. VI
22.1.97 n. 5 649, Domina nte; Cass. sez. I 30.11.95 n. 1428,
p.g. in proced. Ri ggio; Ca ss. sez. I 17.3.94 n. 4589, Giannetti), a meno ch e dagli altr i elementi indiziari emerga già in
modo certo l a sua responsabilità (Cass. sez. I 14. 12.95 n.
685, Savasta; C ass. sez. I 2.5.97 n. 8559, Dr agone).
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Da ultimo, le Sezi oni Unite (Cass. 30.10.03 n. 45276, Andreotti; conf. Cass. sez. I 28.11.95 n. 567, p.m . in proced. Mula )
hanno ribadito il p rincipio per il quale “la causale, pur potendo costituire elemento di conferma del coinvolgimento nel
delitto del soggetto (nella fattispecie interessato all'eliminazione fisica della vittima), quando per la sua specificità ed esclusività converge in una direzione univoca, tuttavia, conservando
di per sé un margine di ambiguità, funge da elemento catalizzatore e rafforzativo della valenza probatoria degli elementi
positivi di prova della responsabilità, dal quale poter inferire
logicamente, sulla base di regole di esperienza consolidate e
affidabili, l'esistenza del fatto incerto - l'attribuibilità del crimine all'imputato - soltanto a condizione che, all'esito dell'apprezzamento analitico di ciascuno d i essi e nel quadro di una
valutazione globale d'insieme, gli indizi, anche in virtù della
chiave di lettura offerta dal movente, si presentino chiari, precisi e convergenti per la loro univoca significazione”.
Dunque, a i fini della verifica della responsa bilità penale nei
processi indiziar i, l’accertamento della causale risulta di decisiva imp ortanza, poten do valere ad arricchire e raccordare
gli elementi di un quad ro probator io che tuttavia appaia ancora non univocamente orient ato a ll’affermazione di responsabilità, per diveni re ta nto più essenziale a fronte di un co mpendio indiz iario non solo equivoco ma di per sé anche impreciso, incert o e la cunoso.
E’ evidente ch e in una tale ipot esi, ove neppure si fosse in
grado di pe rvenir e all ’individuazione di una causale dell’agire
dell’impu tato, la prospettiva accusatoria si a ppales erebbe
gravemente incompleta.
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Cenni generali in ordine al reato di partecipazio ne ad associazion e di tipo mafioso (art. 416 bis c.p.)
Con la fattispecie incriminatrice di cui all’art . 416 bis c.p. il
legislato re ha voluto introdurre uno strumento giuridico che,
tipizzand o comportamenti, metodi e finalità perseguite dalle
organizzazioni crim inali mafiose secondo le manifestazioni
concrete di tal i fenomeni nella realtà socio-criminale, consentisse d i superare l’inadeguatezza, ai fini r epressivi, del
generico sc hema no rmativo della comune associazione per
delinquer e.
Poiché, tutt avia, il reato di cui all’art. 416 bis c.p. sotto il
profilo
st rutturale
prende
le
mosse
dal
protot ipo
dell’asso ciazio ne per delinq uere semplice, è bene svolgere
una sint etica premessa sui ter mini generali e comuni alle
due fatti specie.
Elementi costitu tivi del reato di associazione per delinquere,
in generale, sono la formazione e la permanenza di un vinc olo associativo continu ativo fra almeno tre per sone, a llo scopo
di commettere una serie indeterminata di delitti, con la pr edisposizione comune dei mezzi occorrenti per l a realizzazione
del program ma delin quenziale e con la permanente consapevolezza di ciascu n associato di far parte dell’illecito sodalizio
e di essere disponibile ad operare per l’attua zione d el comune programma crimi noso (v. per t utte Cass. Sez. I sent. n.
6693 del 1979, ric. Pino; Cass. Sez. I sent. n. 3402 del 1992,
ric. Niccolai ed altri).
E’ ricorrente in giurisprudenza l’orientamento second o cui
“l'associazione per delinquere si caratterizza per tre fondamentali elementi, costituiti:
- da un vin colo associativo tendenzialmente permanente, o
comunque stabile, destin ato a dura re anche oltre la realizza zione dei delitti con cretamente programmati;
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- dall' indeterminatezza del programma criminoso che distingue il reato associativo dall'accordo che s orregg e il concor so
di person e nel reato;
- dall' esistenza di un a str uttura or ganizzativa, sia pur minima, ma idonea e sopratt utto adeguata a realizzare gli obiettivi crimino si presi di mir a” (Cass. Sez. I sent. n. 10107 del
1998, ric. Rossi e al tri).
Si è comunque chiarito (Cass. Sez. I sent. n. 709 del 1993,
ric. Beni ed altro) che l’a ssociazione per delinquere non è necessariamente
un
o rganismo
formale,
sostanziandosi
nell’accettazione, da parte di almeno tre p ersone, di una disponibili tà ed un impegno permanenti a svolgere determinati
compiti, al fin e di realizzare fatti delittuosi.
E' dunqu e sufficiente che tale a desione dia vita a un organismo
plurisoggettivo
che,
indipendentemente
da
eventuali
forme ester ne, sia i n grado di avere una volontà autonom a rispetto a quella dei sing oli e di svolgere una condotta collettiva, sintesi delle con dotte individuali, al f ine di realizzare il
programma criminoso.
Da ciò, in fatti, deriva no il danno immediato per l’ordine pubblico ed il pericolo p er i beni che costituiscono l’ oggett o giuridico dei delitti programmati, poiché l’impegno collettivo,
consenten do di util izzare immedia tamente gli uomini disponibili e le strutt ure appositamente predisposte, agevola la realizzazione dei delitti-scopo.
Nel definire i caratteri della condotta tipica di partecipa zione, la giurispruden za di legittimi tà (Cass. Sez. I sent. n.
7462 del 1985 , ric. Ars lan) ha precisato che “il nucleo strutturale indispensabile per integrare la condotta punibile di tutti i
reati di associazione, non si riduce ad un semplice accordo
delle volontà, ma richiede un "quid pluris", che con esso deve
saldarsi e che consiste, nel momento della costituzione dell'associazione, nella predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione di delitti e, successivamente, in quel
97
minimo di contributo effettivo richiesto dalla norma incriminatrice ed apportato dal singolo per la realizzazione degli scopi
dell'associazione. Quello, cioè, che ha rilevanza non è che l'accordo venga consacrato in atti di costituzione, statuto, regolamento, iniziazione o in altre manifestazioni di formale adesione, ma che in conseguenza delle manifestazioni di volontà dei
singoli si realizzi, di fatto, l'esistenza della struttura prevista
dalla legge e, una volta costituita l'associazione, il contributo
apportato dal singolo si innesti nella struttura associativa ed
in vista del perseg uimento dei suoi scopi”.
Secondo il con solida to orientamento della giurisprudenza (v.
Cass. Sez. I sent. n. 3492 del 1988, ric. Altivalle) la materialità dell a condotta tipica del delitt o di partecipazione ad associazion e criminosa si concreta nel compit o o nel r uolo, anche generico, ch e il so ggetto svolge o si è impegnato a svolg ere, nell'ambito dell'organizzazione, per portare il suo contributo all'esi stenza e al rafforzament o del sodalizio criminoso,
con la con sapevolezza e la volontà di far parte dell'organizzazione condividendone le finalità.
La Suprema Corte ha sottolineato che, per la integraz ione
del reat o in esame, occorre l’aff ectio societatis scelerum, cioè
la consapevol ezza del soggetto di avere assunto un vincolo
associati vo crim inale che perma ne al di là degli accordi particolari relativi alla realiz zazione dei singoli episodi delittuosi
(cfr. Cass. Sez . I sent. n. 1332 del 1991). L’af fectio societatis
si correla, quindi, alla consapevolezza del soggetto di inserirsi in un'associazione criminosa e di innestare la propria condotta nell'assetto or ganizz ativo ed operativo di essa (cfr.
Cass. Sez . V sent. n. 2543 del 1993 ).
In quest’ottica, la g iurispr udenza di legittimità (Cass. Sez. VI
n. 16164 del 1989, ric. Romano) ha evidenziato che “per ritenere sussistente la compartecipazione al delitto di associazione per delinquere, non è su fficiente l'accordo p er la realizzazione di uno o più delitti tra quelli che formano oggetto del co98
mune programma di delinquenza; occorre invece la dimostrazione della volontà dell'agente di entrare a far parte dell'associazione e apportare un concreto contributo alla realizzazione
del comune sco po criminoso per la realizzazione del quale l'associazione è stata costituita”.
Si è c onseguentemente specificato che il criterio distintivo
del delitto d i associa zione pe r delinquere rispe tto al concorso
di persone nel reato consiste essenzialmente nel carattere e
nel modo di svolgersi dell’accordo criminoso, che, nel concor so di persone nel reato (a nche continuato) avviene in via occasionale ed a cciden tale, essendo diretto alla commissione di
uno o più reati determinati (eventualmente ispirati da un
medesimo dis egno crim inoso), con la realizzazio ne dei quali
si esaurisce, mentr e nell ’assoc iazione per delinquere è diretto
all’attuazione di un più vasto pr ogramma criminoso, per la
commissio ne d i una seri e indeter minata di de litti, con la
permanenz a di un vincolo associativo tra i partecipanti, ciascuno dei quali ha la costante consapevolezza di essere ass ociato al l'attu azione del p rogramma criminoso, anche indipendentemente ed al di fuori della effettiva commissione dei singoli reati programmati (v . per tutte Cass. Sez. I sent. n. 3402
del 1992, ric. Niccol ai ed altri; Cass. Sez. V sent. n. 3340 del
1999, ric. P.M. in pr oc. Stolder ed altri).
L’esisten za di un siffatt o vincolo associativo, pur non potendo evincersi dalla sola commissi one di fatti criminosi (Cass .
Sez. VI sent. n. 67 28 del 1989, ric. Calvano), può essere comunque desunt a anche da facta concludentia, quali la continuità, la frequenza e l ’intensità dei rapporti tra i soggetti,
l’interdi penden za delle loro condotte, la predisposizione dei
mezzi fi nanzia ri e la stessa e fficienza dell’organizzazione (cfr.
Cass. Sez . VI sent. n . 7789 del 19 87, ric. Gravosio).
La Suprema Corte (Ca ss. Sez. VI sent. n. 11446 del 1994, ric.
Nannerini ) ha espli citato che “per quanto riguarda il dolo del
delitto di associazione per delinquere è necessario che vi sia
99
da parte dell'agente la coscienza e la volontà di compiere un
atto di associazione, cioè la manifestazione di "affectio societatis scelerum" come tale, e la commissione di uno o più delitti
programmati dall'associazione non dimostra automaticamente
l'adesione alla stessa. Tuttavia l'attività delittuosa conforme al
piano associativo costituisce un elemento indiziante di grande
rilevanza ai fini della dimostrazione della appartenenza ad essa quando attraverso le modalità esecutive e altri elementi di
prova possa risalirsi all'esistenza del vincolo associativo e
quando la pluralità delle condotte dimostri la continuità, la
frequ enza e l'intensità dei rapporti con gli altri associati. Anche la partecipazione ad un episodio soltanto della attività delittuosa programmata può costituire elemento indiziante dell'appartenenza all'associazione, ma in tal caso il valore di tale
indizio è sicuramente ridotto ed è necessario che dalla partecipazione al singolo episodio sia desumibile l'affectio societatis
dell'agente, e che essa sia fonte di penale responsabilità a carico di chi la mette in atto. Quando infatti il soggetto abbia fornito un contributo alla realizzazione di un unico episodio rientrante nel programma associativo e a tale contributo non venga
riconosciuta rilevanza penale, il valore indiziante ai fini della
appartenenza all'associazione diventa minimo ed insuf ficiente
ad un riconoscimento di responsabilità”.
Con
riguardo
alla
prova
dell’adesione
del
soggetto
all’associazion e per delinquere, è stato pr ecisato che “una
volta accertato il carattere penalmente illecito di un determinato organismo associativo, la spendita di una qualsiasi attività
in favore di esso, con il beneplacito di coloro che nel medesimo
organismo operano già a livello dirigenziale, non può che essere ragionevolmente interpretata come prova dell'avvenuto inserimento, "per facta concludentia", del soggetto resosi autore di
detta condotta nel sodalizio criminoso, nulla rilevando che, secondo le rego le interne di quest'ultimo, la medesima attività
100
non implichi, invece, di per sé, il titolo di sodale” (Cass. Sez. I
sent. n. 11344 del 19 93, ric. Algr anati ed altri).
Con riferimento all'elemento soggettivo del delitto di par tecipazione, la giu rispru denza ha altresì evidenziato che si tratta
di un reato a dolo specifico; occorre quindi, oltre a lla « coscienza e volontà di apportare quel contributo richiesto dalla
norma incriminatrice», anche la consapevolez za «di partecipare
e di contribuire attivamente con esso alla vita di un'associazione, nella quale i singoli associati, con pari coscienza e volontà,
fanno convergere i loro contributi, come parte di un tutto, alla
realizzazione del programma comune, divenuto, così, "causa
comune" dell'agire del singolo e dell'ente» (Cass. Sez. I sent.
n. 7462 del 1 985, ric. Arsla n, che ha aggiunt o: "naturalmente
non è necessaria la conoscenza reciproca di tutti gli associati,
poiché quel che conta è la consapevolezza e volontà di partecipare, assieme ad almeno altre due persone aventi la stessa
consapevolezza e vo lontà, ad una società criminosa strutturata
e finalizzata secondo lo sch ema legale").
****
Conforme ai suesposti principi è anche la def inizione della
condotta tipica di partecipazione all'associazione di cui all'art. 416 bis c.p. , la cui ricostr uzione esegetica è stretta mente
connessa
alla
de scrizione
normativa
dell'apparato
strutturale e delle fina lità che car a tterizzano il fenomeno mafioso.
Come è stato osservato i n dot trina ed in giurisprudenza, l'associazion e di ti po mafioso è qualificata dai mezzi usati e dai
fini perseguiti.
Ciò che, invero, costituisce l’eleme nto peculiar e di detta organizzazi one rispetto alla comune associazione per d elinqu ere sono le specifiche finalità pr eviste dalla nor ma in esame e
la tipizzazione dei metodi utilizzati per il raggiungimento dei
detti fin i.
101
Ed invero i l sistematico ricorso alla forza di intimidazione del
vincolo associativo e della condizione di assoggettame nto e di
omertà che ne deriva costituisce elemento specializzante rispetto al la fat tispecie di cui all’art. 416 c.p. .
In
proposi to,
non
può
non
rilevarsi
che
alcuni
fini
dell’asso ciazio ne in argo mento, pur non essendo in sé considerati il leciti (per es. acquisizione del contr ollo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, ecc.) assumono connotazione di illiceità in vir tù del “modus operandi” tipicamente utiliz zato.
Il legislatore, n el tipi zzare tale metodo al comma III dell’a rt.
416 bis c.p., ha inteso reprim ere tutte quelle manifestazioni
(dirette o implici te) con le quali d eterminate organizzazioni
criminali riescono ad i ncuter e timore determinando un diff uso stato di co azione p sicologica tale da costringere chi la subisce a comportam enti non volut i (assoggettamento) e, comunque, d i reti cenza o tacita connivenza (om ertà).
Pertanto, sul piano strettam ente processuale e probatorio,
l’esisten za di una str uttura or ganizzativa connotata dagli elementi sopra descritt i potrà configurarsi come di stampo
mafioso quando si a stata dimostra ta la capacità della stessa
di estri nsecare una forza di intimidazione sufficientemente
diffusa e tale da produr re, nel contesto terr itoriale ed ambientale ove essa opera, assogget tamento ed omertà.
Con riferimento alla struttura d ell'organizz azione criminale,
l'art. 416 bis c.p. descri ve analiticamente il metodo e le modalità di compor tamento dell'associazione media nte il riferimento a tre paramet ri caratterizz anti: l'autonoma for za di intimidazione promanante dal vincolo associativo e le conseguenti co ndizio ni di assoggettamento e di omertà (cfr. Ca ss.
Sez. VI sen t. n. 7937 del 1995, r ic. Monaco ed altri, secondo
cui “il reato di cui all'art. 416 bis c.p. … si caratterizza dal lato attivo per l'utilizzazione, da parte degli associati, ai fini del
raggiungimento degli scopi del sodalizio, della forza intimida102
trice derivante dal vincolo associativo in sé stesso, e dal lato
passivo per la conseguente condizione di assoggettamento e di
omertà dei singoli”).
Si tratta di tre elementi che sono coessenzia li per la configurabilità del reato in esame, rappresentano i principali fattori
di stabilità della struttura or ganizz ativa del potere ma fioso, e
costituiscono l'a pparato strumentale posto nella disponibilità
degli associati per la rea lizzazione degli scopi de ll'illecito sodalizio.
Il programma crimin oso richiesto per l'esistenza del reato di
cui all'art. 41 6 bis si ident ifica nelle finalità tip iche dell'or ganizzazi one mafiosa, previst e alternativamente dalla norm a
incrimina trice: la commissione di delitti, l' acquisizione della
gestione o del contr ollo di attività economicamente rilevanti
anche attraverso il condizionamento della pubblica a mministrazione, la coercizione elettorale ed il procacciamento di
voti, il conseg uiment o di indebite utilità di ogni genere.
Come è stato rile vato in dottrina, le suindicate finalità, oltre
ad integrare il dolo specifico che qualifica le singole condotte
associati ve, c aratte rizzano la struttura dell'ente associativo,
alla quale sono indissolubilmente collegate.
La giurispr udenza di legittimità (C ass. Sez. VI sent. n. 1793
del 1994, ric. De Tom masi ed altri) ha sottolineato che le finalità dell'associazione di ti po mafioso, previste nel l'art. 416
bis c.p., hann o caratter e alternativo e non cumulativo, anche
perché, con la previsione, fra gli scopi del sodalizio mafioso,
del control lo di atti vità economiche, il legisla tore ha mir ato
ad ampliare l'am bito ap plicativo d ella fattispecie, estendendolo, come si è detto, anche al perseguimento di attività in sé
formalmen te lec ite.
Nel delin eare l e differenze tra l’associazione per d elinquere e
l’associazione di ti po mafioso, la Suprema Corte (Cass. Sez. II
sent. n. 5386 del 1994, ric. Matr one ed altri) ha precisato
che “la figura delittuosa prevista dall'art. 416 bis c.p. si di103
stingue da quella di cui all'art. 416 c.p., oltre che per l'eterogeneità degli scopi che l'associazione mira a realizzare, e
quindi dell'oggetto del programma criminoso, per il ricorso alla
forza di intimidazione dell'associazione per il conseguimento
dei fini propri della medesima.
Tale forza di intimidazione del vincolo associativo è un elemento strumentale, e non già una modalità della condotta associativa, e non neces sariamente deve essere utilizzata dai singoli
associati né estrinsecarsi di volta in volta in atti di violenza fisica e morale per il raggiungimento dei fini alternativamente
previsti dalla disposizione incriminatrice, in quanto ciò che caratterizza l'associazione di tipo mafioso e le altre a questa assimilate è la condizione di assoggettamento e di omertà che da
detta forza intimidatrice, quale effetto, deriva per il singolo sia
all'esterno che all'interno dell'associazione”.
Al riguar do, si è espl icitato che l'insorgere nei terzi della situazione di soggezione può der ivare "anche soltanto dalla conoscenza della pericolosità di tale sodalizio" (Cass. Sez. I
sent. n. 3223 d el 199 2).
Una volta di mostrata la sussistenza di una organizzaz ione
caratteri zzata da un apparato str utturale-strument ale basato
sull'intimidazi one, sull'assoggettamento e sull'omertà, e da
almeno una dell e suindicate finalità, occorre, per afferma re
la respo nsabili tà del singolo, prova re la sua consapevole appartenenz a al sodalizio e la sua ad esione al progr amma associativo.
La condotta punibile deve considerarsi realizzata se risultano
dimostrati, sul piano oggettivo, l’inseriment o strutturale del
singolo in u na siffatta organizza zione, e, sul piano soggettivo, l’affectio societatis, cioè la consapevolezza e la volontà di
far parte dell'illecito sodalizio, cond ividendone gli scopi.
Da più parti si è evidenziato che , nel reato in esame, la condotta punibi le non si riduce al semplice accor do delle volo ntà, ma si sostanzia nel cont ributo effettivo ed attuale ap por104
tato dal singol o all'esistenza ed al rafforza mento dell'entità
associati va nel suo complesso, in f unzione della realizzazione
degli scopi dell'organ izzazione criminale attra verso i metodi
che sono propri di essa.
La giurisprudenza della Cassazione ha, invero, stabilito il
principio della centr alità del contributo pres tato dal sog getto
nella ricognizione critica dell’e sistenza o meno di detto delitto.
Va ritenuto, infatti , partecipe il soggetto che fornisca un
“contributo concreto, specifico, consapevole e volontario, a carattere indifferentemente occasionale o continuativo, purchè
detto contributo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della
conservazione
o
del
rafforzamento
dell’associazione
e
l’agente se ne rappresenti, nella forma del dolo diretto, l’utilità
per la realizzazione, anche parziale, del programma criminoso”
(da ultimo, Cass. SS.UU., Carnevale).
Si è, quindi, affermato che “ fa parte di una associazione mafiosa chi presti un consapevole contributo alla vita del sodalizio di cui conosca le caratteristiche, sapendo di avvalersi della
forza di intimidazione del vincolo associativo e delle condizioni
di assoggettamento e di omertà che ne derivano per realizzare
i fini previsti dall'ultima parte del terzo comma dell'art. 416 bis
c.p.” (Cass. Sez. VI sent. n. 5649 del 1997, Dominante ed altri).
Come è stato osservat o in dottrina, la condotta d el partecipe,
per assumere rilevanza penale, deve potersi ricondurre ai
principi di material ità e di of fensività che informa no il nostr o
ordinamen to, esclud endo la illiceità di meri atteggiamenti
psicologici.
Pertanto la pr ova della partecipazione del singolo all'associazione di tipo ma fioso non può esa urirsi nella dimostraz ione
di un'adesion e monosoggettiva di carattere form ale o ideale,
ma deve estendersi alla ver ifica dell'apporto, anche minimo,
105
ma comunque non i nsignificante, a rrecato alla vita dell'associazione.
Un contributo idoneo a raffor zare il sodalizio criminale, che
integra la condotta tipica prevista dall'art. 416 bis c.p., è
certament e ravvisabile
nell'inserimento
del
sogg etto nell a
struttura organizzativa dell'associa zione, con la r elativa assunzione di un ruolo e di talune funzioni all'i nterno della
stessa.
Non occo rre, i nvece, la prova che il partecipe abbia concretamente esplica to le fu nzioni assegnategli, poiché l'inserimento del sing olo nel tessuto organizzativo del sodalizio si
risolve i n un rafforzam ento de ll'associazione, i cui esponenti
acquistan o la possibi lità di avvalersi di quel soggetto quando
sia uti le ricorrere al la sua op era (cfr. sul punto Cass. Sez. I
sent. n. 13008 del 1998, secondo cui “ai fini dell'affermazione
di responsabilità di taluno in ordine al reato di partecipazione
ad associazione di stampo mafioso, non occorre la prova che
egli abbia personalmente posto in essere attività di tipo mafioso, ess endo, al contrario, sufficiente la sola sua aggregazione
a un'organizzazione le cui obiettive caratteristiche siano tali da
farla rientrare nelle previsioni dell'art. 416 bis c.p.”).
Trattandosi di un a condotta a for m a libera, il contributo alla
vita dell'associazione può consistere in un'attiv ità materiale
ovvero i n un apporto morale.
La soglia minima del contributo pa rtecipativo penalmente rilevante è ravvisabi le nella manifest azione di impegno, con cui
il singolo mette l e propr ie ener gie a disposizione dell'orga nizzazione crimina le, am pliandone la potenzialità op erativa.
Un contr ibuto partecipativo consistente nella seria manifestazione di di sponibilità in favore dell'associazione mafiosa è
certament e ravvisabile nell'ipotesi in cui il soggetto abbia
prestato il "giura mento" di mafia, poiché un simile atto solenne assume valore vi ncolante all'interno del sodaliz io criminoso.
106
Sul punto, l a Suprema Corte (Cass. Sez. IV sent. n. 2040 del
1996, Brusca) ha affermato che “nell'assunzione del la qualifica di uomo d'onore - significativa non già di una semplice adesione morale, ma addirittura di una formale applicazione alla
cosca mercé apposito rito (la cosiddetta "legalizzazione") - va
ravvisata non soltanto l'accertata "appartenenza" alla mafia,
nel senso letterale del personale inserimento in un organismo
collettivo, specificamente contraddistinto, cui l'associato viene
ad appartenere sotto il profilo della totale soggezione alle sue
regole ed ai suoi comandi, ma altresì la prova del contributo
causale che, seppur mancante nel c aso della semplice adesione non impegnativa, è immanente, invece, nell'o bbligo solenne
di prestare ogni propria disponibilità al servizio della cosca
accrescendo così la potenzialità operativa e la capacità di inserimento subdolo e violento nel tessuto sociale anche mercé
l'aumento numerico dei suoi membri”.
L'avvenuta affiliazione r ituale dimostra la partecipazione d el
soggetto all'associazio ne di tipo mafioso indipendentemente
dall'attività in seguito concretamente svolta, ed anche qualora egli successivamente non abbia occasione di esplica re
specifiche mansi oni (cf r. Cass. Sez. I sent. n. 4148 del 1994,
ric. Di Martino, secondo cui “ l'affiliazione a "Cosa Nostra",
data la natura totalizzante di tale organizzazione, implica necessariamente l'eff ettivo far parte della medesima con accettazione delle su e rego le e finalità al fine di ampliarne la sfera di
influenza e di favorirne la realizzazione delittuosa con la permanente messa a disposizione della propria attività: conseguentemente per l'integrazione della fattispecie associativa di
cui all'art. 416 bis c.p. non occorre che ogni partecipe si renda
protagonista di specifici atti delittuosi attraverso i quali il sodalizio raggiunge i suoi scopi”).
D'altra parte, la mancanza di una rituale affiliazione, e la
stessa ci rcostanza ch e, secondo le regole proprie del sodalizio, il soggetto non sia d a considerare un assoc iato a pieno
107
titolo, non escludono la configura bilità della condotta ass ociativa.
In proposito, la Suprema Cor te (Cass. sent. n. 1130 7 del
1993, ric. Sa ntoriello) ha rilevato che “in tema di reati di associazione è del tutto irrilevante, ai fini del riconoscimento o
meno dell'intervenuta adesione di taluno al sodalizio criminoso, il fatto che, secondo le regole proprie di quest'ultimo, il
soggetto non sia da considerare un associato a pieno titolo,
dovendosi invece aver riguardo soltanto all'obiettività della sua
condotta, onde verificare se essa sia o meno rivelatrice, alla
stregua della logica e della comune esperienza, di una adesione che, nei fatti, si sia comunque realizzata” (v. anche Cass.
Sez. I sent. n. 4355 del 1994, ric. Costantino, secondo cui "ai
fini della sussistenza del reato di partecipazione ad associazione criminosa di tipo mafioso non bisogna avere riguardo alle
modalità di organizzazione interna del gruppo criminoso, ma
valutare sotto un profilo esterno e con riferimento a regole di
esperienza e non alle regole del sodalizio, se sussista, o non,
la partecipazione diretta nel gruppo, in base ai rapporti che
sussistono fra i vari soggetti, e l'attività a favore del gruppo,
nella consapevolezza della sua esistenza, da parte del soggetto indagato, seppure qualificato come esterno").
Tale princi pio ha assun to ancor a maggiore rilevanza in considerazio ne dell ’evoluzione nel tem po delle regole di “cosa nostra”, la quale, al fine di contrasta re il fenomeno delle collaborazioni di giu stizia, sin da gli iniz i degli anni 90’ ha limit ato al massim o il ricor so alle procedure di forma le af filiazione
per evitare un’ eccessiva circolazione di notizie al suo interno.
Anche da tale fenomeno discende l’ affermazione della centralità del contributo in f unzione della sua idoneità causale r ispetto al l’evento giuridico.
E’ stato inf atti eviden ziato che "la condotta di partecipazione
all'associazione per delinquere di cui all'art. 416 bis c.p. è a
forma libera, nel senso che il comportamento del partecipe può
108
realizzarsi in forme e contenuti diversi, purché si traduca in un
contributo non marginale ma apprezzabile alla realizzazione
degli scopi dell'o rganismo: in questo modo, infatti, si verifica la
lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice, qualunque sia il ruolo assunto dall'agente nell'ambito dell'associazione; ne consegue che la condotta del partecipe può
risultare variegata, differenziata, ovvero assumere connotazioni diverse, indipendenti da un formale atto di inserimento nel
sodalizio, sicché egli può anche non avere la conoscenza dei
capi o degli altri affiliati essendo su fficiente che, anche in modo non rituale, di fatto si inserisca nel grup po per realizzarne
gli scopi, con la consapevolezza che il risultato viene perseguito con l'utilizzazione di metodi mafiosi" (Cass. Sez. II sent. n.
4976 del 1997, ric. P. M. e Accar do; v. anche Cass. Sez . I
sent. n . 482 del 1989, ri c. Stabile, secondo cui “la fattispecie
della partecipazione all'associazione di tipo mafioso è a forma
libera, perché il legislatore non descrive in modo particolare la
condotta tipica, enunciandone le note che valgono a caratterizzarle, ma si limita ad affermare che commette il reato "chiunque ne fa parte".
Ne deriva che la condotta di partecipazione, che può assumere
forme e contenuto variabili, consiste sul piano oggettivo nel
contributo, purché apprezzabile e concreto, sul piano criminoso
e quindi nella realizzazione dell'offesa tipica agli interessi tutelati dalla norma incriminatrice, qualunque sia il ruolo che
l'agente svolga nell'ambito associativo”).
L'adesione all'associazi one di tipo mafioso può, conseguentemente, desu mersi da facta conclu dentia, cioè da comporta menti, del più var io contenuto, che arrechino un apprezzabile
contributo alla vita dell'o rganizzazione criminosa, ponendosi
come con cause dell'evento giur idico del r eato, e denotino la
presenza dell'affectio societatis.
In dottrina si è evidenzia to che l 'af fectio societatis è di certo
ravvisabile nelle ipotesi in cui la condotta del soggetto integr i
109
un cont ributo (si a pure m inimo) all'esistenza d ell'ente associativo, abbia carattere continuativo e risponda preva lentemente agli inter essi del sodalizio, in assenza di un apprezz abile movente a utonomo; peraltr o, a nche una condotta avente
carattere epi sodico e rispondente prevalentemente ad un autonomo interesse proprio del soggetto potrà qua lificar si come
partecipazione al reato associativo, qualora a rrechi alla vita
dell'organizzaz ione d elittu osa un sif fatto tipo di contrib uto.
E’ stato, infatti, chi arito che “ai fini della configurabilità del
reato di partecipazione ad associazione mafiosa, non è sempre
necessario che il vincolo associativo fra il singolo e l'organizzazione si instauri nella prospettiva di una sua futura permanenza a tempo indeterminato nell'associazione, ben potendosi
configurare forme di partecipazione destinate a una durata limitata nel tempo e caratterizzate da una finalità che, oltre a
comprendere l'obiettivo vantaggio del sodalizio criminoso, coinvolga anche il perse guimento da parte del singolo partecipe di
vantaggi ulteriori, suoi personali, rispetto ai quali il vincolo associativo può assumere anche, nella prospettiva del soggetto,
una funzione meramente strumentale” (Cass. Sez. VI sent. n.
5649 del 1997, ric. Domi nante ed altri; v. pur e Cass. Sez. VI
sent. n. 36851 del 1998, ric. Cortes, secondo cui “ai fini della
configurabilità del reato di partecipazione a un'associazione
per delinquere comune o di tipo mafioso, non è necessario che
il vincolo tra il singolo e l'organizzazione si protragga per una
certa durata, ben potendo, al contrario, ravvisarsi il reato anche in una partecipazione di breve periodo”).
Occorre, evidentemente, che il "p artecipe di f atto" sia accettato da gli altri membri del sodalizio, ma l'accettaz ione può
desumersi, oltre ch e da un formale riconoscimento r ispondente alle regole interne dell'associazione , anche da fatti
concluden ti: è quin di sufficiente l'accettazione o l'effettivo
sfruttamento, da parte degli altri a derenti all'or ganizzazione,
del contr ibuto che il soggetto si è impegnato a pres tare.
110
Secondo il consolid ato orienta mento della giurisprudenza,
l'elemento soggetti vo del reato di cui all'art. 416 bis c.p. è
rappresen tato dal dolo specifico, ca ratterizzato dalla cosciente volon tà di part ecipar e all'associazione di tip o mafioso con
il fine di rea lizzarne il par ticolar e programma e con la per manente consapevol ezza di ciascun associato di far parte del
sodalizio criminoso e di essere disponibile ad operare per
l'attuazi one del comu ne programma delinquenziale con q ualsivoglia condotta i donea alla conservazione ovvero al raff orzamento della struttura a ssociativa (Cass. Sez. I sent. n.
2348 del 1994, ric. Clementi).
Si tratta di un delitto a dolo specif ico, poiché la condotta tipica presen ta una essenziale p roiezione teleologica verso finalità, l a cui compiuta realizzazione si colloca oltre il momento con sumati vo del reato.
In merito alla struttur a della fattispecie delittuosa , la Suprema C orte (Cass. Sez . I sent. n. 1 2358 de l 1990, r ic. Aglieri
ed altri) ha chiarito che il reato di partecipa zione ad associa zione per delinque re, anche di sta mpo mafioso, è monosoggettivo, essendo costituito da lla condotta della singola per sona che entra a far parte del so dalizio; la partecipazione,
quindi, di per sé no n dà luogo ad una figura di concorso, essendo possibile, come si dirà di qui a breve, solo un concorso
eventuale.
Va, ulteriormente , rilevato che le fattispecie di reato di cui
all’odierno
processo
presuppongono
l’esistenza
dell’asso ciazio ne mafiosa “cosa nostra”, dato questo incontrovertibile, in quanto accer tato at traverso numerose sente nze definitive rese ne ll’ambito di svariati pr ocedimenti penali
aventi ad ogg etto fatti delittuosi gravissimi, più o m eno recenti, r icondu cibili alla suddetta medesima matrice associativa (cfr., tra le prime, la sentenza della Suprema Corte di
Cassazion e, S ezione prima penale, in data 30.1.1992, nel
111
procedimento contro Abbate Giovanni ed altri, c d. primo maxi-processo).
Nell’ambi to del presente processo, inoltre, il P.M. ha pr odotto
agli atti varie sentenze, passate in autorità di cosa giudicata,
che dimostrano l’esistenza e l’oper atività di “cosa nostra” in
Sicilia.
Da ciò discende che, nell’affr ontar e le singole posizioni d egli
imputati, può sicuramente d arsi per dim ostrat a, i n mo do
tanto
certo
qu anto
incontrovertibile,
l’esistenza
e
l’operatività della suddetta associazione, le cui caratteristiche ed i cui metodi operativi sono s tati accerta ti, in modo definitivo, attraverso un ventennio di sentenz e passate in giudicato.
Di seguito, in un ap posito capitolo della presente sentenza,
si è te ntato di ricostruire, in modo necessariamente sintetico,
le suddet te caratteri stiche, per cui si rimanda all a lettura di
detta parte del la motivazione al fine di delineare i tra tti peculiari d i tale specifica organizzazione.
Le aggrav anti di cui ai commi IV e VI dell’art. 416 bis c.p.
Per quanto attiene alla ricorrenza dell’aggra vante di cui al
comma IV dell’art. 416 bis c.p., l’a ssociazione di stampo mafioso denominata “cosa nostra” (come si è già avuto modo di
dire) c ostitu isce il paradigm a tipico del reato in contestazione che è st ato i ntrodotto proprio per sanzionare penalmente
questo specifico feno meno associativo.
Essa è, per definizi one, munita di quei caratteri e requisiti
che il legislatore ha trasfuso nella formulaz ione normativa
quali elementi costitu tivi del reato di associazione di tipo
mafioso.
Di talchè, di scuter e oggi se Cosa Nostra sia o meno caratt erizzata da ll’uso della “forza di intimidazione del vinc olo associativo” dal quale derivi “una condizione d i assoggettamento
e di omertà” o se essa sia finalizzata agli scop i crimina li ti112
pizzati nel dettato normativo, appare quanto meno fuori lu ogo e pleo nastico.
Essa, per così dire, non corrisponde solamente al pa radigm a
normativo ma rappr esenta il fenomeno storic o e sociale che a
questo ha dato luogo.
La partecipazione a tale particolare sodalizio, per tanto, comporta la neces saria sussistenza degli elementi obiett ivi del
reato in contestazion e così come di quelli soggettivi.
A ben vedere, infa tti, la dif fusione delle molteplici acquis izioni giudiziarie e delle notizie di cronaca re lative alla vita ed
all’attività di cosa nostra è stata tale almeno negli ultimi
venti anni che nessuno può seriamente sostenere di non conoscerne l’esistenza, le modalità op erative e gli scopi illeciti.
Ciò compo rta che l’aderire sotto q ualunque forma a tale associazion e fornendo in suo favore un contributo significativo
e rilevante rappr esenta una consapevole forma di accettazione delle regole e di condiv isione delle finalità di cosa nostra.
Ai fini del la confi gurabi lità del reato di cui all’art.416 bis
c.p., in fatti, non è necessario, perc hé si re alizzi la c ondizione
di partecipazione dei singoli associati, che siano effettivamente ragg iunti u no o più di quegli scopi a lterna tivamente
previsti dalla norma.
Né è necessario dimostrare che cia scuno d ei compartecipi utilizzi in concreto la forza di intimidazione ovve ro consegua
per sé o per al tri un profitto ad un vantaggio economico - patrimonial e.
Ciascuna condotta può, infatti, assumere for me e contenuti
diversi e variabili e non deve necessariamente integrare da
sola tu tti i parametri del dato normativo; ciò che conta, al
contrario , è che essa con sista in un effettivo contributo - apprezzabile e concreto sul piano causale - all’ esiste nza od al
rafforzam ento dell’associazione stessa che dei s uperiori parametri è certamente dotata.
113
Sulla scorta di u n anal ogo per corso logico e giuridico, la giurispruden za di l egittimità ha introdotto il principio della comunicabil ità dell’ aggravante del possesso o dell’uso delle armi (comma IV) anche ai compa rtecipi non armati.
Sin dall e pri me pr onuncie in materia successive a lla L .
n.19/90
(Cass. Sez.V I, 6.12.94, Imerti; sez.I, 30.1.92, Al-
tadonna, Sez. II, 15.4.9 4, Matrone) la Cassazione ha, infatti,
stabilito ch e “l’aggravante prevista dall’art.416 bis comma
quarto c.p. si comunica ai compartecipi dell’associazione criminosa solo se essi ne abbiano conoscenza o la ignorino colpevolmente o la ritengano inesistente per errore determinato da
colpa. La prova di tale conoscenza o conoscibilità ...può essere
fornita anche per deduzioni logiche sulla base del materiale
probatorio acquisito”.
A partir e dalla pronuncia della Sez . I del 18 aprile 1995 (ric.
Farinella), la S.C. ha fissato un ulteriore principio prop rio in
relazione all a tip icità dell’ associazione cosa nostra: “con riferimento alla stabile dotazione di armi della organizzazione mafiosa denominata Cosa Nostra può ritenersi che la circostanza
costituisca fatto notorio non ignorabile”.
Ed ancora si v. Cass. sez. I n. 130 08 del 28.9. 98, cit.: “in tema di partecipazione ad associazione di stampo mafioso, la
circostanza aggravante prevista dall’art. 416 bis, comma quarto, cod. pen., è configurabile a carico di ogni partecipe che sia
consapevole del pos sesso di armi da parte degli associati o lo
ignori per colpa” (fattispecie r elativa all’associazione per delinquere di stamp o mafioso denominata “cosa nostra”, in rif erimento alla quale la S.C. ha affermato che , data la sua stabile dotazi one di arm i, questa costituisca fatto notorio non
ignorabil e).
Tale orientamento dei g iudici di legittimità – ribadito nel co rso degli ultimi an ni dalla Cassazione e pienam ente condiviso
dal Collegio - porta a ritenere certamente sussistente anc he
114
nei casi di specie l’aggravante di cui al IV comma dell’art.416
bis c.p..
Alla stessa stregua, il Collegio ritiene che nel caso di specie
siano emersi specifici e plurimi r ife rimenti che consentano di
accertare la sussistenz a anche dell’aggravante di cui al VI
comma dell’art. 416 bis c.p. .
Per un verso, i nfatti, è altrettanto notorio che gli enormi capitali pr ovento dalle attività tra dizionali di “cosa nostr a” (estorsioni , traffico di stu pefacenti et c. etc.) sono stati da questa
reinvest iti
in
diversi
settor i
economici
in
Italia
ed
all’estero.
Sin dall’in troduz ione della legislazione in mater ia di misure
di prevenzione antima fia (legge R ognoni-La Torre) l’azione
della
magistratura
è
sta ta
indirizzata
proprio
all’individuazi one, al sequestro ed alla confisca di tutti quei
beni mobili ed imm obili, aziende e società opera nti nei più
disparati settori economici che hanno cos tituito il reimpiego
degli
ing enti
capitali
frutto
delle
attività
tipiche
dell’organizzaz ione c osa nostra.
Come, peraltro, si evidenzia nel capitolo apposito della p resente motivazione, tale capacità di inquinamento del tessuto
economico ed imprenditoriale costituisce una delle caratteristiche peculiari prop rio di “cosa nostra”.
La vicenda delle imprese di Michele Aiello, per molti aspetti,
né è una ripro va specifica nella misura in cui dimostra come
l’operatività di “imprenditor i-clienti” legati a “cosa nostra” da
quello che la giur isprud enza ha d efinito un tipico “patto di
protezion e” costituisca una forma di inquinamento del libe ro
mercato e della vita economica.
Se, infatti, una iniziativa economica può espandersi e produrre mag giori r edditi proprio per l’inserimento del suo titolare nell’organizzazione maf iosa ovvero per l’esistenza di un
simile accordo di protezione, si realizza quel condizionamento
115
di ampi settori dell’at tività impr enditoriale che rappresenta
una delle carat teristiche intrinseche di “cosa nost ra”.
Tali ini ziative imprendito riali, invero, risultano realm ente f avorite da qu elle con dizioni di assoggettame nto e da quelle
penetrant i e variegate for me di infiltrazione nel tessuto economico e sociale riferib ili all’orga nizzazione mafiosa ed ai
suoi esponenti.
Di talchè risult a evidente che, a questo punto, sono le imp rese stesse e la ricch ezza tramite esse creata che vanno ritenuti il frutto del vincolo associat ivo e quindi dell’attività illecita, indipendentemen te da origina rie o sopravvenute situazioni di riciclagg io di proventi di a ltri delitti scopo.
La fattispecie del con corso ester no in associazi one mafiosa
La disamina in diritto della complessa fattispecie del c.d.
concorso esterno nel reato di a ssociazione per d elinquere di
tipo mafios o non può ch e prendere le mosse dalla
assunta
decisione
dal le Sezioni Unite con la sentenza DEMITR Y del
1994 (c.c. 5 ottobre 1994, deposito 28 dicembre 1994).
Ed invero, detta
grande
tazione
pronuncia ha rappresentato
elabo razion e della materia,
che
comprende
per
completezz a
percio '
come
sia
per
la
mole
di argomenti,
e
prima
di
trat-
ben
si
d ebba costituire il documento
di
partenza p er una ricognizione, sia pure di sintesi degli orientamen ti
dottrinali
e
giur isprudenz iali
successivi,
compresi quelli piu' recenti.
Nell'affe rmare
il
principio
corso esterno
nel
stampo mafioso, la
della
configurabilita'
S.C.
ha
sottolineato
tuale materiale, nel senso che il
apporto
con-
reato di associazione per delinquere di
ruoli tra il pa rtecip e al l'associazione
cui
del
la
e il concorrente even-
primo
e'
colui
quot idiano, o comunque assiduo,
116
diver sita' dei
senza
il
l'associaz io-
ne
non
raggiung e
la
dovuta
i
suoi
speditezza;
scopi
o
non
li raggiunge
con
e', insomma colui che agisce nella
"fisiologia", della vi ta corr ente dell'associazione, mentre il secondo
e',
per defin izione, colui che non vuol f ar par-
te dell'a ssocia zione
e
che l'associazione non chiama "a far
parte", ma al
quale
temporanei
un deter minato
nel
in
momento
in
si
cui
rivolge
sia
ruolo
la "fisiologia"
in fibr illazi one, attrav ersando una
per
essere
superata,
per
richiede
colmare
sia,
vuoti
soprattutto,
dell'associazione entra
f ase
"pat ologica"
il contributo
che,
temporaneo,
limitato anch e ad un unico interv ento, di un esterno;
somma
e'
il
in-
sog getto che occupa uno spazio pr oprio nei
momenti di emergenza della vita associativa.
Con tale decisione son o sta te disa ttese le tesi sostenute in
diverse sentenze delle se zioni
sez.
I, 13.06.1987;
CLEMENTI,
sez.
18.05.1994;
DELLA
semplici (v. ad es. CILL ARI,
ABBATE,
I,
sez.
27.0 6.1994;
CORTE,
sez.
I,
27.06.1994;
MATTINA,
sez .
I, 03.06.1994),
le
I,
quali
- con argomenti sostanzialmente simili – avevano sostenuto
che non vi sar ebbero ragioni per differenziare la condotta
materiale
del
co ncorrente
eventuale rispetto a quella
di partecipazio ne.
Secondo le
Sezion i
identificabile
con
Un ite
il
il
concorrente
eventuale
partecipe, in quanto
l'atteggiamento psicologico
ponibili alla condotta ed
di
“la
non e'
condotta e
quest'ultimo non sono sovrap-
all'atteggiamento
psicologico
del
concorrente eventuale”.
L'element o
dalla tip ica
materiale
del
reato
associativo
e'
costituito
condotta di partecip azione, che com porta la
stabile per manenz a
del
vincolo
e, quindi si realizza
nell 'essere
associativo
e
sentirsi
tra
parte
gli
autori
dell'asso-
ciazione, in essa "stabilmente inca rdinati".
Il concorren te eventu ale non e' colui che pone
condotta
tipica
della
in
essere
la
par tecipazione, ma una diversa
117
condotta
atipica
che, per esse re rilevante “deve contri-
buire - atipicamente - alla realizzazione della condotta tipica
posta in essere da altri”.
Tale
condotta
atipica
e' qualificata
come concorrente dal
fatto ch e si estrin seca ponendo <<a disposizione>>
dei
partecipi
ma
<<il
pr oprio
contrib uto>>,
non <<stabile>>,
<<circoscritto nel tempo>>, pur essendo tale da <<consentire agli altri di continuare a dar vita alla condotta tipica, alla stabil e perm anenza del vincolo>>.
Quanto all 'atteg giamento psicologico, osservano le Sezioni
Unite nella senten za Demitry che,
se
quello
del
esprime
“la volonta' di far parte dell'associazione,
volonta'
di
contribuire
alla realizzazione
ci oe',
di
col ui
che
con
la
degli scopi di es-
sa”, l'atteggi amento psi cologic o d el concorrente
(e
partecipe
eventuale
“vuole dare un contributo senza far
parte dell'associazione… offre, da' una condotta atipica perche' mette a disposizione non il suo voler far parte, il suo incardinarsi stabilmente nell'associazione, sebbene il suo
porto
staccato,
l'organizzazione
atipica
avulso,
....” )
finalizz ata
za un animus
a
e'
indipendente
quello
dalla
che
permea
ap-
stabilita' della
condotta
fornire l'ap porto or ora descritto, se n-
p arteci pativo,
ma
“con la volontaria consa-
pevolezza che la... sua azione contribuisce all'ulteriore realizzazione degli scopi della societas sceleris”.
Sempre in base ai pri ncipi fissati nella sentenza Demitry,
inoltre, n on può pretendersi
debba po sseder e
lo
stesso
che
dolo
il
concorrente
esterno
di colui che fa parte del-
l'associazione, ossia i l d olo specifico, (la volonta' di reali zzare i fini propri dell'associazione).
A
parte il d ato, acquisito dalla dottrina piu' autorevole
proposto
"anche
da
r ecenti
contributi
sul
(ri-
dolo specifico
studiato nelle vari e categorie di reati") secondo il quale “si
puo'
avere
specifico",
concors o
essendo
con
dolo
sufficient e
118
generico
che
il
in un reato a dolo
concorr ente
abbia
“la consapevolezza che altri fa parte e ha voglia di far parte della associazione e agisce con la volonta' di perseguirne
i fini”, le due
forme
di
dolo
(quelle del partecipe e quella
del concorrente ) non sarebbero sovrapponibili.
Infatti, il concorrente potrebbe, al contrario
pe,
del
parteci-
“disinteressarsi della strategia complessiva (dell'asso-
ciazione),
degli
obiettivi
che la stessa si propone
di
pe rse-
guire”.
Ma
po trebbe anche averli presenti, senza che
questo
quid
pluris faccia m utare il ru olo dell'esterno, che non fa parte o
non vuole o non e' ri chiesto come socio.
La sua condo tta si lim ita, secondo le SS.UU., a “contribuire
alle fortune dell'associazione”.
Tali con siderazioni il S.C. ha fissato sia con riferimento al
concorso morale che a quello materiale, con ciò superando
anche la cd. tesi in termedia, che f iniva con l’ammettere solo il co ncorso event uale m orale m a non quello materiale.
Se, invero, va r itenuto amm issibile il concorso morale a titolo di dolo
specifi co non si può escludere – secondo la sen-
tenza Dem itry - che anc he il concorso materiale si a concepibile a tale titolo psicol ogico.
Anzi, a ben vedere, il dolo
(morale
o
materiale)
spec ifico
si diff erenzierebbe
del
concorrente
da quello del par-
tecipe perche' l'og getto del primo sarebbe carente d'una parte cons istente dell'oggetto del secondo: la volonta'
di
far
parte dell' associ azione. Residuerebbe cosi' solo l a possibilita'
di concorrere volendo fornire un contributo alla realizzazione << degli scopi dell'associazione>>.
Alla luce di tale criteri o
si capirebbe anche per che' il con-
corrente potrebbe po rre in esser e
condotte
che
potrebbero
integrare anche il delitto di favoreggiamento aggravato ex
art.
7
d.l.
n. 152 del 1991 (conv. nella
1991).
119
legge
n. 2 03 del
Si trattera ' solo di accertare se, in concreto, quel delitto rilevi ex se oppure se esso contrib uisca <<alla stabilita' de l
vincolo associativo e al perseguim ento degli scopi dell'associazione>>.
La
sentenza
Dem itry, inoltre, cerca
zione epistemologi ca della dif ficolta'
di
fornire una spiega-
- propria della giuri-
sprudenza - di pervenire alla piena ammissione
del
concor-
so esterno materiale.
La ragion e risie derebb e nell' esistenza
di
un maggior distac-
co tra la posizio ne dell'esterno concorrente sul piano morale
ri spetto
dotta
al
suo
materiale:
pari che concorre att raverso
qu est'ultima,
una
per il f atto di costitui re
conun
appoggio all e attivit a' di parte cipazione, si porrebbe con
queste in r apporto di immediatezza, e, pertanto, di possib ile confus ione.
Gia'
l'uso del criter io di tempora neita' del contributo pe r-
metterebbe
di
tale risultato
ra vvisar ne
si
con
evidenza la diversita', ma a
potrebbe pervenire anche a ttraverso una
migliore messa a punto dei confini tra le due figure astratte.
La
m otivaz ione respi nge poi la tesi in base alla qua le ne l-
l'art. 418 cod.
pen.
ti) l'espressione <<al
(che
di
p unisce
fuori
l'assistenza agli associa-
dei casi di concorso nel rea -
to>> debba essere in teso come sinonimo d i <<concorso necessario> >
e
non
anche
come
di concorso eventuale (ex
art. 110 cod. p en.).
Infine,
la motivazione pa ssa a meglio delimitare quella con-
tiguita' gi a'
affermata
tra
le
due condotte materiali
in esame (partecipaz ione e concor so materia le).
Il distin guo consisterebbe nel ricorso ad un apporto te mporaneo (anche consist ente in un solo int ervento) allo scopo di riportare l'associazione
significa
che
il concorrente
alla
sua
normalita'.
Cio'
potrebbe intervenire - ove ri-
chiesto dall' associ azione - o in una temporanea scopertur a
di ruolo (“temporanei vuoti in un determinato ruolo”) o in un
120
momento di patolo gica fi brillazione dell'organismo
associati-
vo (come nel caso dell'aggiustamento di un pr ocesso relativo ai com ponenti dell 'associazione).
La finali ta' sar ebbe
q uella di mantenere in vita il soda lizio
criminoso. In altre parol e
rente
eventu ale
lo
"spazio"
materia le appare
proprio
essere
genza nella vita dell'associazione e non
del
quello
lo
concor-
dell'em er-
spazio
della
"normalita'", occupa bile da uno degli ass ociati.
L'anormal ita', la patologia puo' esigere anche un contr ibuto che, pu r
restando
episodico,
unico,
consente
“all'as-
sociazione di mantenersi in vita, anche solo in un determinato
settore, onde poter perseguire i propri scopi”.
La sentenza Demitry ha costituito un sicuro punto di riferimento nella giurisprudenza, attira ndo, tuttavia, molte critiche e manifest azioni di dissenso nella dot trina.
Il punctum dolen s principale è sempre stato costituito dalla
ritenuta inco mpatib ilita'
generale tra le norm e sul concorso
di perso ne (art. 110
segg.
e
c.p.) e le figure del reato
necessariamente plurisoggettivo.
Secondo l e voci criti che, la
sentenza
Demitry non
avrebbe
superato il nodo della suddetta incompatibilità, soprattut to
in considerazione del principio di tassatività,
in fattispeci e
(come quelle associative) dotate di scarsa ef ficacia
descrit-
tiva.
Il rischi o di in correr e in a ree di indeterminatezza della fattispecie, secondo la critica, diventerebbe assai consistente
specie quando si tratta
di identificare un "concor rente even-
tuale" i n una condotta di "pa rtecipazione"
in
u na
cond otta
cio e'
ad
associazione,
la cui definizione e' considerata
spesso tautolog ica.
Oltre a ciò, le criti che sono state fondate sulle
incompat i-
bilita'
e
strutturali
t ra
la
condotta associ ativa
la
nor-
mativa sul con corso di per sone, nonché sulla difficile conci-
121
liabilità della co mpartecipazione ad
un
delitto
permanente
che non sia essa stessa permanente.
Anche sotto il prof ilo dell'elemento
soggettivo
del rea to, la
soluzione data dalla sentenza Demitry è stata ritenuta non
soddisfacente:
solo
per
il concorrente esterno
l'oggetto
del do lo puo' non est endersi a tutte le circosta nze comprese nella fattispecie incriminat rice, ma il dolo addirittura
non
puo' comprendere gli eleme nti essenziali del r eato, e
cioe'
"l'affectio"
e'
di fficile
ed il conseguimento dei fini sociali, sicche'
c ontestare
zioni Unite,
manca
che,
al
nella
ricostruzione
concorrente
esterno
delle
anche
Seuna
parte del dolo generico tipico del fatto associativo e cioe' la volonta' di associ arsi, di entrare nell'orga nizzazione.
Ulteriori critiche sono state mosse alle SS.UU. sia per ciò che
attiene al raffronto con le cond ot te
dei
soggetti
307/418
esterni
agevolatrici rea lizzate
all'associazione
criminosa
(art.
c.p. e ar t. 7 d.l. 152/91, (ed anche art. 378, com-
ma 2 e 416 ter c.p.) che in relazione alla difficile individuazione del l'anti nomia
"fisiologia /patologia
della
vita as-
sociativa ".
La giurispruden za di l egittimità e di merito, invece, si e'
pressoche' un iformata ai contenuti e ai principi espressi nella pronunci a delle Sezioni Unite del 1994, senza
(se
si
eccettua
la
sen tenza
VILLECCO)
compiere
alcuna rielabora-
zione dei medesimi.
A titolo di esempio possono
(sez.
VI,
27.0 3.1995 ),
MANNINO
(SS.UU.,
13.06.1997),
25.06.1999),
(sez.
SIBILLA
MONTALTO
(sez.
V,
CABI B
(sez.
V,
122
V,
ALFANO
10.11.199 5),
(sez.
23.04.1997),
(sez.
I,
(sez.
V,
VI,
NECCI
05.01.1999),
TRIGIL I
06.02.2000),
CANGIALOSI
FRASCA (sez. I, 17.04.2002).
sentenze
DOMINANTE
VI, 2 5.06.1999),
FRASCA
VI, 15.05.2000),
(sez.
le
(sez.
27.09. 1995),
(sez. VI, 07 .03.1997),
CUSUMANO
citar si
(sez. VI,
PANGALLO
22.12.2000),
Il dibattito giurisprudenziale in tema di concorso esterno e'
stato riaperto a seguito della sentenza VILLECC O (sez. VI,
c.c. del 21.09.2000 , deposito del
23.01.2001),
mossa
da l
dichiarato intento di verificar e la "tenuta" della DEMITRY.
La senten za e' cosi' massimata (218330):
“In
tema di associazione per delinquere di tipo mafioso (art.
416 "bis"
cod .
115 cod. pen.
esterno
pen. ), il contributo disposto degli artt. 110 e
preclu de
o eventuale,
zione nei momenti di
la configurabilita' di un concorso
atteso
crisi
o
profilo oggettivo e soggettivo,
che
l'aiuto portato all'associa-
fibrillazione
la
condotta
integra,
sotto
il
del "far parte" del
sodalizio criminoso”.
La sentenza Vil lecco ha ripreso le tesi degli indirizzi giurisprudenziali precedenti (sia quello negazionista che quello
cd. intermedio che nega il solo concorso eventuale materiale),
giung endo
a
delineare
una
soluzione negatoria
del
concorso estern o attraverso un'ipotesi basata sulla necessita' di risolv ere
le aporie contenut e nella sente nza delle Se-
zioni Uni te, di cui h a prospettato un ripensa mento.
Le Sezioni Unite del la S.C. di Cassazione sono ritornate sul
punto del con corso esterno in associazione mafiosa con la
nota sentenza del 30.10.2002/21.5. 2003, ric. Carnevale.
In sostanza con tale importate pr onuncia la Corte ha confer mato il prin cipio secon do il quale “in tema di associazione di
tipo mafioso e' configurabile il concorso
"esterno",
precisazione che assume la qualita' di concorrente
con
la
"esterno"
nel reato di associazione di tipo mafioso la persona che, priva dell'affectio societatis e non essendo inserita nella
tura
organizzativa dell'associazione,
fornisce
strut-
un concreto,
specifico, consapevole e volontario contributo, purche' questo
abbia
vazione
un'effettiva
o
del
rilevanza causale ai fini della conser-
rafforzamento dell'associazione e sia comun-
que diretto alla realizzazione, anche parziale del programma
criminoso della medesima”.
123
La Corte, p relimi narmen te, ha riso lto la q uestione della natura del deli tto di par tecipa zione
ad
associazione
per
de-
linquere e in p artico lare a d associa zione mafiosa.
Definendo inaccettabi le la tesi della natura monosoggettiva
del delitto di partecipazione
luno in un'associazione
non
(perche'
l'inclusione di ta-
puo' dipendere solo dalla vo-
lonta' di colui che all'associazione
intende
aderire, m a ri-
chiede anch e quella di tutti gli altri associati o di coloro che
li rappresentan o), le SS.UU. hanno ritenuto che tutti i reati
associati vi so no sem pre reati
vale
a
concorso
necessar io,
a dire, fattispecie plurisoggettive proprie.
Con la conseguenza che
l'appar tenenza di taluno ad una as-
sociazion e criminale dipende anche dalla volonta' di coloro
che gia' partecipano all'organizzaz ione esistente.
E a tal fine possono rilevare certamente le regole del sodalizio, anche se l' esistenza dell'accordo
solo
puo'
di fatto: purch e' da fatti indicativi
risultare
pure
di una volonta' di
inclusion e del soggetto par tecipe.
Non si
tratta
di
valorizzar e
esclusivamente
le regole
<<statutarie>> dell'associazione, ma di valutare in concreto
l'effetti va volonta' deg li
associati,
come
reato dol oso, an che quando quest a
avviene
volonta '
in
possa
ogni
desu-
mersi dal rispetto di regole o pra ssi criminali.
Pertanto “ la
necessita'
di
ricorrere alle norme sul concorso
eventuale deriva appunto dall'esigenza di assegnare rilevanza penale anche a contributi
significativi
resi all'organizza-
zione criminale da parte di chi non sia in essa considerato incluso dagli associati. Se il reato associativo, infatti, e' un reato a concorso necessario, la
volonta'
collettiva di inclusione
e' determinante; ma non puo' farsene
derivare l'irrilevanza
penale di comportamenti significativi sul piano causale e perfettamente consapevoli”.
“ L'art.
110
c.p.
cons ente
di
assegnare rilevanza penale
appunto a condotte diverse da quella tipica e cio' nondime124
no necessarie o almeno utili, strumentali alla consumazione
del reato. D'altra parte le norme sul concorso di persone nel
reato sono di carattere
generale
e come tali possono essere
applicate a qualsiasi ipotesi di reato, e questo rilievo e' valido
anche per le ipotesi di reato
"associativo", dove il modell o
legale gia' pre vede la partecipazione di piu' soggetti. Ne discende
quindi
che
la
difficolta'
di applicare le norme sul
concorso a quest'ultima tipologia di reati non deriva dal fatto
che essi siano plurisoggettivi”.
“ Certo,
il
c oncors o
in fattispecie strutturate con model-
li monosoggettivi (come il
quegli aspetti
furto, o l'omicidio) non presentano
particolarmente problematici che si rinvengono
invece quando il
reato e' gia' strutturato come plurisogget-
tivo, ma queste intuibili difficolta' non rendono percio' solo
<<indistinguibile>> la
condotta
del
concorrente
da
quella
del partecipe, ne' poss ono ingen erare
il
sosp etto
che attra-
verso il meccanismo degli articoli 110
e
416
c.p.
bis
resti
violato il principio di tassativita' o determinatezza della fattispecie
penale,
che
costituisce uno dei fondamenti
dell'ordi-
namento. Si sa che tale principio e' rispettato, quando
la
fattispecie raggiunga il grado di determinatezza necessario
e
suf ficiente
a consentire di individuare, ad interpreta-
zione compiuta, il tipo di fatto dalla norma disciplinato.
E
il
grado
di determinatezza, nel caso dell'art. 416 bis, e'
tutto sommato raggiunto, perche' il legislatore, lungi dal limitarsi a rimandare
ad
un generico concetto di consorteria
mafiosa, individua condotte sufficientemente tipizzate (quelle
di cui al primo e al secondo comma della disposizione), onde
la
vocazione
estensiva propria della
norma
di cui
al-
l'art. 110 c.p. appare pur sempre ancorata a precisi riferimenti normativi”.
Con riferimento alla presunta a tipicità dell’apporto causale
del sog getto conco rrente le SS.UU. hanno stabilito che: “ nella prospettiva dell'art. 110 c.p.,
125
l'apporto
causale
o
stru-
mentale del conc orrente e' per definizione atipico. E non e'
possibile pretendere di tipizzare solo per il c oncorso esterno in
associazione cio' che per definizione non e' tipizzabile in nessun altro caso di concorso.
Questa
limitazione non ha alcuna giustificazione, a meno
di escluderla per tutti i reati plurisoggettivi, cio' che e' invece negato dalla dottrina e dalla giurisprudenza minoritaria.
Esatta appare pertanto la tanto criticata impostazione data al problema
dalla
sentenza
DEMITRY,
come
la ricerca
della tipicita' della condotta del partecipe a fronte della ritenuta atipicita' della condotta concorsuale (metodo peraltro
gia' anticipato nella sentenza GRACI, Sez. I, 01.09.199 4).
La tipolo gia della con dotta di partecipazione e' delineata
dal leg islato re
parte
sotto
l'espressione
di un'associazione
di
comma 1). Te nuti pr esenti
tipo
i
mafioso"
connotati
ciazione mafiosa dal terz o comma
416 bis,
assegnati
all'asso-
si
416
bis,
impegna
deve
a
u n con tributo alla vita del s odalizio, avva lendosi
sapendo
del
fa
(art.
dell'art.
intendersi che "fa par te" di questa chi
stare
"chi unque
di
vincolo
potersi
avvalere)
associativo
e
della
delle
forza
pr e(o
di intimidazione
condizioni
di assoggetta-
mento e di omerta' che ne deriva no per realizzare i fini previsti.
Al co ntempo, l'individuazione di una espressione come " fa parte" non puo' che alludere ad una condotta che puo' assumere forme e contenuti diversi e variabili cosi' da delineare
una tipica figura di
reato "a forma libera", consistendo in un
contributo apprezzabile
e
concreto,
sul
piano
causale,
al-
l'esistenza o al rafforzamento dell'associazione e, quindi, alla realizzazione dell'offesa tipica agli interessi tutelati dalla
norma incriminatrice.
Sicche'
a
quel
"far
parte"
dell'associazione,
che
qualifica
la condotta del partecipe, non puo' attribuirsi il solo significato di condivisione meramente psicologica del programma cri126
minoso e delle relative metodiche, bensi' anche quello, piu'
pregnante, di una concreta
riale all'interno
assunzione
della struttura
di un ruolo mate-
criminosa, manifestato da un
impegno reciproco e costante, funzionalmente
struttura
orientato
e alla attivita' dell'organizzazione
alla
criminosa:
il
che e ' e spressione di un inserimento strutturale a tutti gli
ef fetti in tale organizzazione nella quale si finisce con l'essere
stabilmente incardinati.
Ne
de riva
che, se a quel "far parte" dell'associazione si
attribuisce
il significato teste' detto, non puo' non affermarsi
che da
p unto di vista logico la situazione di chi "entra a
un
far parte di una organizzazione" condividendone vita e obiettivi, e quella di chi
pur
non
entrando
a
farne
parte
ap-
porta dall'esterno un contributo rilevante alla sua conservazione e al suo raf forzamento, sono chiaramente distinguibili.
Non
vi
e'
pertanto
nessuna
difficolta'
a dare corpo giur i-
dico a questa diffe renza rilevabile nella realta' utilizzando le
rispettive
categorie
normative della partecipazione e del
concorso event uale di persone
nel
reato,
conclusione alla
quale e' approdata la sentenza DE MITRY.
Con
la
conseguenza che non coglie nel segno l'obiezione se-
condo cui la
ata
da
condotta di partecipazione, cosi' come deline-
detta pronuncia
(condotta
tipica consistente nel "far
parte", quindi – si dice - "in un essere"), si trasformerebbe in
una sorta di reato di posizione,
in
guisa
immaginabile un conco rrente esterno
che
che
non
sarebbe
materialmente
"contribuisce solo a far parte". Vero e' invece che la sentenza
DEMITRY ha ben delineato la figura del partecipe,
duandone
la
condotta
tipica,
non
indivi-
certamente nell'assun-
zione di uno "status", ma nel contributo arrecato al sodalizio
criminale
da
chi
"e'
stabilmente
incardinato
nella
struttura associativa con determinati, continui compiti anche
per settori di competenza".
127
Facendone correttamente conseguire che ben si
correre
zione)
dall'esterno
con
chi
sta
(cioe'
non
puo'
c on-
facendo parte dell'associa-
all'interno nella consumazione del reato
associativo, il quale percio' resta "il medesimo reato", come esige
appunto
l'art. 110
c.p.,
e
non
si trasforma, come ta-
luno paventa, in un reato "diverso" da quello previsto dall'art.
416 bis c.p.”.
A giudizi o del S.C., inoltre, dai p rincipi fissati nella sentenza
Demitry non d eriva alcuna antinomia
linguistica
e
concet-
tuale tra autor e e pa rtecip e.
“Nella
fattispecie
tipica
di
parte
speciale (come l'art. 416
bis) autore e partecipe coincidono: il "partecipe" e' l'autore
della condotta
di "partecipazione". In altre parole, come si e'
acutamente osservato,
il
senso: in un primo senso
termine
"partecipe" ha un duplice
(concorso eventuale) e' contrapposto
all'autore; in un secondo senso
(fattispecie
tipica
di
parte
speciale) si identifica con l'autore”.
Né sussiston o incompatibilita' strutturali tra le due condotte in esame, posto che “la diversita' esistente, tra la struttura
permanente del reato di associazione
e
quella del concorso
eventuale, non determina affatto incompatibilita' tra le due fattispecie. L'art.
110 c.p. si affianca, nel caso di specie, ad un
reato, la cui consumazione
e'
legata non solo all'esistenza
dell'associazione, ma anche
al
sorgere
l'of fe sa all'ordine pubblico, e nu lla
e al permanere del-
impedisce di considerare
che il permanere di tale offesa possa essere determinata anche dall'aiuto portato da un soggetto estraneo al
sodalizio, in
determinati momenti della vita dell'organizzazione”.
Un altro importante principio fissato dalla sentenza Carneva le è, senza dubbi o, costituito dalla non necessaria protrazione nel temp o (o addi rittur a ind efinitività) dell’apporto causale del concorrente esterno.
Ed invero, secon do i Giudici di legit timità: “ ne'
rio
che
l'apporto
stesso
perduri
128
per
e' necessa-
l'intera permanenza
dell'associazione, non dovendosi, infatti, confondere l'aspetto
del potenziale riconoscimento del contributo esterno in un
qualunque
momento della vita dell'associazione, con quell o
della sua durata.
Non
contrasta
pertanto
reato associativo
con
la
struttura
permanente
del
il fatto che la manifestazione di volonta' cri-
minosa del concorrente esterno si esaurisce nel momento della
sua espressione.
Del resto neanche per il partecipe e' necessario che il vincolo associativo
permanenza a
si
instauri in prospettiva di una sua futura
tempo
indeterminato.
vuto modo di chiarire (Sez. I,
Questa Corte ha gia' a-
31.05.1995,
MASTRA NTUONO)
che ben p ossono , al contrario, ipotizzarsi forme di partecipazione destinate, ab origine, ad una durata limitata nel tempo”.
Dalla ricogn izione cri tica della m otivazione della sentenza
Carnevale si ricava, poi, una più che convincente affermazione in tema di distinguibilità di condotte descritte mediant e il
loro orien tamento causa le (altr o p unto sul quale sono state
avanzate critic he alla sentenza Demitry).
Ed invero: “
Quanto
all'obiezione,
di tipizzazione causale"
fondata
sulla
"dinamica
(che sarebbe la medesima rispetto ad
entrambe le figure del concorrente
e del partecipante, con le
consegue nze che ne sono state tratte,
dianzi
replicarsi che del ragionamento ad essa
riportate),
sottesa
ad
inesatta e' proprio la premessa e cioe' che condotte
mediante
stinguibili:
il
loro
se
orientamento
cosi'
fosse,
il
causale
concorso
puo'
essere
descritte
non sarebbero
di-
eventuale sarebbe
impossibile in tutte le fattispecie causalmente orientate, a cominciare dall'omicidio. Il vero e' che l'impostazione che muove dall'unicita'
del
processo
causale
per n egare
in
tali
casi operativita' al concorso di persone porta all'insostenibile esito secondo
cui
in
non avrebbe possibilita'
tutti
di
i
reati
causali a forma libera
esprimersi la funzione incrimina-
trice dell'art. 110 c.p., poiche' sarebbe suf ficiente ripercorre129
re il processo causale per ricomprendere entro la fattispecie
incriminatrice tutte le condotte rilevanti sul piano eziologico e meritevoli di pe na. Illuminante e' l'esempio che se ne
fa, e cioe' il caso di colui che fornisc e la pistola all'assassino:
si e' correttamente rilevato che "qui il
presiede
alla tipizzazione
processo
della condotta
di
causale che
chi spara e di
chi fornisce la pistola e' il medesimo, nondimeno
il
comp lice
che ha dato l'arma all'esecutore materiale dell'omicidio verra'
incriminato naturaliter a titolo di concorso e, soprattutto,
rea-
lizza una condotta che gia' sul piano causale e' pienamente
distinguibile dall'altro"”.
Senza
dubbi o
di
l’orientamento
notevole
espr esso
rilievo
dalle
SS.UU.
appare
al
Collegio
anche
in
relazione
all’aspet to dell’elem ento soggettivo della presente fattis pecie.
La Cassazion e, invero, dopo avere chiarito che
l'elemento
l'aspetto del-
so ggetti vo nel reato associativo e' ca ratter izza-
to dall a con sapevo lezza e dalla volonta' di associar si con lo
scopo di contr ibuire alla realizzazione del progr amma
del-
l'associazione, ha affer mato che le due forme di dolo (quella
del partecipe e quella del concorrente) non appaiono sovrapponibili,
o
almeno non lo sono
perfettamente,
cosa
che consente an che per l'aspetto in esame la piena config urabilita' del c oncorso esterno.
Con la sentenza Carnevale le SS.UU. hanno condiviso le conclusioni alle quali sul punto era pervenuta la pr onuncia Demitry, soffermando si, tuttavia, a r ivisitare e precisar e ulteriormente le ragioni di dir itto ad esse sottese : “Il concorrente
eventuale e' l'artefice di una condotta atipica e, dunque, non
potra' volere che la sua condotta e non la condotta tipica
partecipe. Egli intende dare un consapevole volontario
tributo,
ne,
e
se nza
quindi
tuttavia
in
voler
del
con-
far parte dell'associazio-
modo staccato, avulso indipendente dalla
stabilita' dell'organizzazione, e, sotto questo preciso angolo visuale,
il
suo
atteggiamento psicologico e' completamente di130
verso da
quello
del partecipe, che invece si muove con la vo-
lonta' di far stabilmente parte del sodalizio”.
In sostanza, la Co rte ha ribad ito che, pur essendovi nelle due
condotte pien a coi nciden za volitiva quanto all'a pporto contributivo, sussiste una diversita' d ei due atteggiamenti ps icologici,
dal
momento
che
quello
del
partecipe e' a rric-
chito propri o dall'elemento dell'af fectio societatis, che, invece, per definizione e' estraneo all'apporto del concor rente
esterno.
Inoltre, come già aff ermato nella sentenza Dem itry dalle Sezioni
Unite:
“nella ipotesi di associazione
per
delinquere
di stampo mafioso non e' affatto richiesto che il concorrente abbia anche la volonta' di realizzare i fini propri dell'associazione,
esse ndo sufficiente che abbia la consapevolezza
che altri fa parte e ha voglia di far parte dell'associazione e agisce con la volonta' di perseguirne i fini".
Tuttavia, nella sentenza Carneva le la Corte ha a ggiunto e
precisato che “ ciò non vuol dire che il concorrente esterno non
voglia
il
suo contributo e non si renda conto che questo con-
tributo gli
zione;
viene
richiesto
ma, semplicemente,
consapevole di cio', pur
per
che
il
agevolare
la
associa-
concorrente esterno pur
consapevole
di
agevolare,
con
quel suo contributo, l'associazione, puo' disinteressarsi della strategia complessiva di quest'ultima,
la
stessa
si
propone
di conseguire.
concorrente esterno puo' anche avere
buire
alla
realizzazione
dei
degli
obiettivi che
Aggiungendosi
che
il
la volonta' di contri-
fini dell'associazione,
senza
che questo faccia mutare il suo ruolo di esterno”.
Le SS.UU., cioè, recependo in pa rte le critiche mosse al precedente arresto giurisprudenziale, hanno chiarito, con maggiore incisività, che entrambe le condotte (quella del partecipe e quella del concorrente esterno) debbono essere finalisticamente orientate verso il medesimo evento che poi è q uello
tipico del reat o al quale si concorre.
131
E poiché “n el reato di associazione per delinquere l'e vento e'
la sussistenza ed op erativita' del sodalizio, siccome idoneo
a violare l'ordine pubblico ovvero gli altri beni giuridici tutelati dalle particolari previsioni
legislative,
la
cui
attuazione
avviene attraverso la realizzazione del programma criminoso.
Ne consegue - di necessita' - che non puo' postularsi la figura di un
concorrente
esterno,
soltanto la consapevolezza
nel
che
cui
altri
agire
agisca
sia
con
presente
la volonta'
di realizzare il programma di cui sopra.
Deve, al contrario, ritenersi che il concorrente esterno e' tale quando, pur estraneo all'associazione, della quale non intende far parte, apporti un contributo che "sa" e "vuole" sia
diretto alla realizzazione,
magari
anche
parziale,
del pro-
gramma criminoso del sodalizio”.
“La conclusione cui qui si perviene, quanto al profilo soggettivo della
fattispecie
concorsuale, e' che, in definitiva, il di-
scrimine tra concorso e partecipazione risiede essenzialmente nel segmento dell'atteggiamento psicologico che riguarda la
volonta' di far parte dell'associazione”.
Affermando tale principio, dunque, la Corte ha postula to,
nell'atte ggiamento psicologico del concorrente esterno, pur
sempre la ricorrenza
di
un dolo diretto ed, in tal modo, ha
superato le c ritich e avanzate alla sentenza Demitr y con riferimento a d un elemento soggettivo eterogeneo e
comunque
equivoco (defin ito “dolo di contribuzione o di agevolazione”).
Per altro verso , la sentenza Carnevale appare est remamente
significativa in quest o proce sso (in cui sono state contestate
ipotesi d i favo reggiamento aggravato), in quanto ha affr ontato
la tematica del concorso esterno anche in modo sistematico,
raffrontandola con una serie di
dotte
agevolative
rea lizzate
norme
da
che colgono
soggetti
con-
esterni all'ass o-
ciazione crimi nosa: dall'art. 307 c.p. all'art. 418 c.p., dall'art.
416
ter
c.p.
al
secondo comma dell'art. 378 c.p., f i-
132
no all'aggravante prevista all'art. 7 del d.l. 152/91 , convertito nella legge 203/91.
La Corte, infatti, ha esa minato anche alcuni rilievi mossi alla
sentenza D emitry e fondati sulla c onsiderazione in base alla
quale l’esistenza di queste norme dimostrer ebbe come il legislatore, quando h a inteso punir e
condotte
di "fia ncheg-
giamento" lo ha fatto introducendo specifiche
nor me
incri-
minatrici, delle quali non vi sareb be stato bisogno se da vvero i comportamenti in q uestione fossero sta ti punibili a
titolo di concorso es terno nel reato associativo.
Sullo specifico punto l e SS.UU. hanno osser vato che “quanto
alle
disposizioni
c.p.,
decisivo
degli
e'
artt.
il rilievo,
307/418 c.p. e 378 comma 2
piu'
volte
e anche
di
recente
sottolineato dalla giurisprudenza di questa Corte (v., da ultimo, Sez.
V,
20.02.2001,
CAN GIALOSI),
che
tali
norme
sono tutte pertinenti al rapporto tra l'agente e i singoli associati, senza alcuna interferenza, dunque, con la tematica del
concorso eventuale, che configura una relazione tra esterno e
gruppo ne l suo comples so.
In particolare va osservato:
a)
senza
(anche la
necessariamente
sentenza
dover avvalorare la tesi di quanti
DEMITRY)
fanno
leva
sull'inciso
"fuori
dei casi di concorso nel reato" con cui si aprono gli artt. 307
e 418 c.p. (e pure
addirittura
l'art.
270
un riconoscimento
ter
esplicito
c.p.),
per
ammettere
del concorso esterno
nel reato associativo gia' da parte del legislatore, e' da considerare che le fattispecie in esame incriminano l'aiuto a singoli
associati che non puo' essere confu so,
ne'
svalore, ne' sul piano del fatto, con l'aiuto
organizzazione: peraltro il loro ambito di
sul
piano del di-
prestato
all'intera
applicazione e' li-
mitato ad alcuni contributi di modesto spessore,
che
tale
connotazione conservano anche dopo le modifiche apportate
dall'art. 5 bis d.l. 18.10.2001, n. 374, convertito, con modifiche, dalla L. 15.12. 2001, n. 438;
133
b) analogo discorso va fatto per il favoreggiatore, il cui ausilio peraltro
si
sostanzia
in
una condotta
di
disturbo
al
retto funzionamento dell'amministrazione della giustizia, rivolta a favore di
fatto
tra
taluno
e
gli investigatori
del concorrente esterno
tributo
tale
e
nel
da
mutare
l'inquisito,
reato
prestato all'organizzazione
il
rapporto
mentre
associativo
criminale
e
di
l'apporto
e' il confunzionale
alla realizzazione dei suoi scopi….
Infine,
a negare che la previsione dell'aggravante di cui al-
l'art. 7 cit.
possa essere incompatibile con la configurabilita'
del concorso esterno,
stanno
ragioni che colgono la par-
ticolarita' della fattispecie. La circostanza e' incentrata infatti
su di un dato esclusivamente
soggettivo.
Per
la
sua
integrazione non e' quindi richiesto che lo scopo si sia concretizzato in un esito di effettivo raff orzamento
(Cass.
Sez.
avvenga
il
concorso
VI,
13.11. 1996,
delitto
ev entuale,
cosi'
P.M. e MANGO ).
aggravato
come
del
gia'
sodalizio
Quando
cio'
potra' affiancarsi
affermato
al
dalla sentenza
DEMITRY”.
Non può sfugg ire come le superiori autorevoli precisazioni, in
tema di differenz iazione delle diverse condotte integranti autonome ipotesi di reato, refluiscano sull’odierna fattispecie,
nella quale gli impu tati sono chia mati a rispondere, a vario
titolo, sia di partecipazi one (Aiello) che di concorso ester no
in associaz ione mafi osa (Riolo) che di favoreggiamento aggravato (Cuf faro).
Ovviamente, gli aspetti specifici di ciascuna condotta sar anno affront ati ed approfonditi nel pr osieguo, dovendosi limit are lo s pazio di qu esta premess a all’ indicazione dei principi di
diritto ai quali il Col legio si è ispirato nella valutazione complessiva ed organica della presente fattispecie processuale.
Proseguen do la disamina dei principi affermat i dalle SS.UU.
della Cassazione n ella mot ivazione della sentenza Carnevale,
deve agg iungersi che il Supremo Collegio si è sofferm ato an134
che sulla puntuale defi nizione dell’antinomia “fisiologia - patologia” della vita associ ativa che tanto ha colpito l’opinione
pubblica e gli interpreti a seguito della sentenza Demitry.
Come si è già evi denzia to, infa tti, nel tentativo di fissare il
limite
esterno della condotta concorsuale,
mitry
aveva qualificato il contributo del concorrente
no
c ome
pertinente
alla
patologia
la
della
sentenza
De-
ester-
vita associativa,
in quanto lo stesso sarebbe intervenuto in un momento di
“fibrillazione” dell' ente.
La sentenza Demitry , tuttavia, aveva riser vato solo pochi accenni alla pr oblematica della patologia dell'agir e associativo,
tanto che l' argomento della “fibrillazione” aveva finito per assumere piu' ch e altro carattere esemplificativo e per suscitare un interesse maggiore r ispetto a lla sua
reale
importanza
nell'econ omia del ra gionamento seguito dalle Sezioni Unite.
Per esigenz e di completezza, va detto che già la successiva
elaborazi one
giurisprudenziale
aveva precisato
meglio il
concetto di stato di difficolta' d el sodalizi o delinquenziale,
con ciò contribuendo a chiarire il significa to
al
da
attribuire
termine “fib rillaz ione”, di per sé efficace ma metaforico e
non troppo tecn ico.
Si e' cosi' affermato che il concorrente esterno, consa pevole di tale situa zione, interviene per soccorrere
zione
in
l'associa-
q uanto tale (S ez. II, 13 giugno 1997, DOMINANTE)
di talche' e' stato, ad esempio, r itenuto un associato este rno
(Sez. I, 8 febbraio 1999, CR NOJEVIC) colui che abbia
svolto, in
alcune occasioni a favore della organizza zione de-
linquenzi ale, la atti vita'
vole
di
procacciatore d i risorse
interp rete,
fina nziarie
1999, TRO NCI), u tili per la vita
ed
il
ovvero
(Sez.
di
consape-
VI,
2 marzo
funzionam ento
del-
l'associazione.
Insomma, occorre una "concreta
idonea
a
contribuire
mantenimento
in
attivita'
al potenziamento,
vita del sodalizio mafioso,
135
collaborativa
consolidamento,
in
correlazione
a
congiunturali
esigenze
del medesimo" (Sez. VI, 4 settem-
bre 2000, PANGA LLO).
Sulla scia di dette pron unce, la giurisprude nza di legittimità
anteceden te alla sen tenza Carneva le ha fissato due princip i
di notevole signif icato:
da
non è affatto necess ario
“fibrillazione”)
si a
la to,
che
tale
sterno, l'associazione
tro
un
lo
che,
è stato accertato che
stato di difficolta' (o di
senza
andrebbe
il
soccorso
inevitabilmente
dall'eincon-
all a sua estin zione.
Per altr o verso, che non e' affatto richiesto che il contributo
possa
venire
solo
da
quel
soggetto e da nessun altro
(Sez. V, 23.04.2002, APICELLA).
Sullo specifico argom ento sono ritornate le SS.UU. con la
sentenza Carnevale, precisando che “il vero problema e' invece
nella
qualita'
individuazione
idoneo
a
del livello di intensita'
considerare
il
o
di
concorso dell'agente come
concorso nel reato di associazione per delinquere.
Si e' osservato a riguardo che il contributo, in quanto diretto all'associazione,
non
quando sia minimo
o
puo'
che
impercettibile
rafforzamento del sodalizio
giovare
alla
criminale:
estende parossisticamente l'area
del
sempre
anche
conservazione o al
ma in questo caso si
concorso
invece il contributo deve essere veramente
eventuale. Se
notevole,
allora
andrebbe apprezzato in proporzione alle dimensioni dell'associazione criminale, al grado di f un zionalita' operativa, all'intensita' del suo radicamento nel territorio sociale e
analoghi
parametri:
dossale
ch e
n'organizzazione
piu'
con
e'
la
conseguenza
vasta,
anche
efficiente,
ad
altri
qui paravincente u-
criminale, piu' diventa ristretta l'area del
contributo giuridicamente apprezzabile del concorrente eventuale.
Tali
rilievi non appaiono pero' concludenti, a ragione dell'evi-
dente empirismo cui si ispirano.
136
Certo,
non
trare tout
ogni contributo portato all'associazione puo' riencourt
nello
schema del concorso eventuale. Anche
qui dovranno esaminarsi
i
luce dei principi generali
letti ed interpretati dal particola-
re
angolo
dati
fattuali
della condotta alla
visuale imposto dalla interazione tra l'art. 110 e
l'art. 416 bis c.p..
Ed allora dovra' dirsi che, se nel reato associativo il risultato della condotta tipica e' la conservazione o il rafforzamento del sodalizio
illecito
risultato: rafforzamento
(comunque
"dell'entita'
complesso" o "mega-evento
ra
voglia
chiamarsi
associativa
associativo"
nel
o
tale
suo
anco-
"dinamica organizzativo-funzionale dell'ente criminale"),
qualora l'eventuale concorrente,
ne llo
specifico
caso, possa
ritenersi con sicurezza estraneo
all'organizzazione sulla base
di quei rilievi che su questo specifico argomento si e' avuto cura di esporre, lo stesso risultato deve
esigersi
condotta: con cio' si vuol dire che il contributo
concorrente
doneo,
in
esterno
deve
poter
dalla
sua
richiesto al
essere apprezzato
come
i-
termini di concretezza, specificita' e rilevanza,
a
determinare, sotto il profilo causale, la conservazione o il rafforzamento dell'associazione. Ne
deriva
decisivo la circostanza che sia stata posta
che
in
non
ha
essere
pes o
un 'atti-
vita' continuativa o comunque ripetuta, ovvero un intervento
occasionale e non istituzionalizzato. Si tratti di attivita' continuativa o ripetuta, si tratti invece di una singola prestazione,
dovra'
valutarsi
esclusivamente
se
la pluralita'
o
l'unica
attivita' posta in essere, per il grado di concretezza e specificita' che la distingue e per la rilevanza causale
che e-
sprime, possa ritenersi idonea a conseguire il risultato sopra menzionato”.
Né, secon do il ragionam ento seguito dalle SS.UU., tale giudizio (cioè quello teso a dimostrare la reale incidenza
di
una
singola con dotta o anche di piu' condotte sulle sorti di una
associazi one criminale) rischia d i fondarsi su di una “proba137
tio
diabolica”, poiché
l'accertamento
nel concorso esterno non comporta,
del
di
per
nes so
causa le
se', d ifficolta'
maggiori di quanto puo ' compor tar e l’individuazione
di
un
caso di condo tta interna .
Secondo la sentenza
Carnevale, invero, “anche sotto il profi-
lo in esame, quella della configurabilita' della concorrenza
esterna in un reato associativo e' pertanto una operazione
interpretativa sicuramente compatibile con gli standard attuali,
riconosciuti
legittimi
terminatezza
ed
de jure condito,
elasticita'
degli
dei margini di de-
istituti
giuridico-penali
previsti nel nostro ordinamento”.
A tal proposit o, va anche aggiunto che le SS.UU., ne ll’intento
dichiarato di spe cificar e meglio le caratteristiche del contributo richiesto al concorr ente esterno e dello st ato di disagio
dell’asso ciazio ne, ha precisato ulteriormente che “appare
tresi'
evidente
spettro
delle
che
non e' riconducibile, all'interno
condotte
punibili
di
al-
dello
concorso eventuale,
la
sola "contiguita' compiacente" o "vicinanza" o "disponibilita'"
nei
riguardi
del
sodalizio
o di suoi esponenti, anche
di
spicco, quando a siffatti atteggiamenti non si accompagnino
positive
attivita' che abbiano fornito uno o piu' contributi
suscettibili, secondo i parametri prima accennati, di produrre un oggettivo
apporto
di
rafforzamento
o
di conso-
lidamento sull'associazione o anche su un suo particolare settore.
Occorre, in altre parole, il compimento di specifici interventi indirizzati a questo fine.
Cio' che conta, infatti, non e' la mera disponibilita' dell'esterno
a
conferire il contributo richiestogli dall'associazione,
l'ef fettivita' di tale contributo, e cioe' che
a
seguito
bensi'
di
un
impulso proveniente dall'ente criminale il soggetto si e' di fatto attivato nel senso indicatogli”.
In conclu sione, le S S.UU. hanno sintetizzato i principa li criteri ermeneutici da seguire, esprimendosi nei seguenti te rmi138
ni: “dalle considerazioni che prec edono deriva che sono due i
limiti di configurabilita' di concorso eventuale nei reati associativi:
-
per
un verso l'accertamento dell'inesistenza dell'affec-
tio societatis e di uno stabile inserimento nella struttura associativa;
-
pe r
altro
verso , la significativa rilevanza strumentale
dell'apporto reso dal concorrente esterno, nei termini oggettivi e soggettivi sopra illustrati.
Sicche'
la
prova del concorso esterno nel reato di associazio-
ne (in particolare,
i
riscontri
individualizzanti delle distinte
chiamate in correita' o in reita' dei collaboratori, attraverso
la cd. "convergenza
del
molteplice")
non puo' che riguar-
dare gli elementi costitutivi della fattispecie come individuata, e deve pertanto avere per oggetto lo specifico contributo,
consapevole, effettivo e causalmente
idoneo
recato dal con-
corrente alla conservazione o al rafforzamento
zione
ed
dell'associa-
alla realizzazione della medesima”.
I principi i n que stione sono stati, ancor più recentemente,
riaffermati dalle Sezi oni Unite della Cassazione nella sentenza emessa il 12 luglio 2005, n.33 748, imp. Mannino, laddove
si ribadisce che: “Assume...la veste di concorrente esterno il
soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa e privo dell’af fectio societatis
(che quindi no n “ne fa parte”), fornisce tuttavia un concreto, specifi co, cons apevole e volontario contr ibuto, sempre
che questo ab bia una effettiva r ilevanza causale ai fi ni
della co nserva zione o del raffo rzamento delle capacità
operative dell’associazione (o, p er quelle operanti su larga
scala come “cosa nostra”, di un suo particolare settore e ramo
di attività o articolazione territoriale) e sia comunque diret to
alla realiz zazione, anche parziale, del progr amma criminoso della me desima ”.
139
Le SS.UU., dunque, nel tornare a r ibadire – ancora una volt a
– l’opzione ermeneutica favorevole in linea di principio alla
configurabilità d ell’au tonoma f attispecie di concorso est erno
o eventua le nei reati associativi, puntualizzano alcuni aspe tti
e fissano ulteriori requisiti della materia, soprattutto, come
si vedrà, in tema di “patto di sca mbio politico-mafioso”.
Analizzan do nel dettaglio il per corso logico ed ar gomentativo
seguito dal la sente nza, va detto che le SS.UU. hanno, in via
prelimina re, chiarito che, per potersi affermare il superiore
principio , occorre che sussistano tutti i req uisiti strutturali
che caratterizzano il nucleo centrale del concorso di persone
nel reato e cioè: “da un lato, che siano realizzati, nella forma
consumata o tentata, tutti gli elementi del fatto tipico di reato
descritto dalla norma incriminatrice di parte speciale…… e
dall’altro, che il contributo atipico del concorrente esterno, di
natura materiale o morale, diverso ma operante in sinergia con
quello dei partecipi interni, abbia avuto una reale efficienza
causale, sia stato condizione “necessaria” per la concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la produzione
dell’e vento lesivo del b ene giuridico protetto…”.
“La particolare struttura della fattispecie concorsuale comporta, infine, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa, nei momenti della rappresentazione e della
volizione, sia tutti gli elementi essenziali della figura criminosa
tipica sia il contributo causale recato dal proprio comportamento alla realizzazione del fatto concreto, con la consapevolezza e
la volontà di interagire sinergicamente con le condotte altrui
nella produzione dell’evento lesivo del “medesimo reato”.
In altre parole, il concorr ente esterno, pur essendo sprovv isto dell’affectio societatis (e cioè de lla volontà di far parte del
sodalizio), deve essere consapevole dei metodi e dei fini
dell’associazione (a prescindere d alla condivisione, a vversione o indifferenza per siffatti metodi e f ini) e si deve rendere
140
compiutam ente conto dell’efficacia causale della sua attività
di sosteg no.
A tale ultimo proposito, inoltre, le SS.UU. hanno riconosciuto
le difficoltà in trinseche all’accerta mento dell’effettivo nesso
condizion alistico tra la condotta e la realizzazione del fatto di
reato in generale.
E tuttavia
“ritiene il Collegio che non sia affatto sufficiente
che il contributo atipico – con prognosi di mera pericolosità ex
ante – sia considerato idoneo ad aumentare la probabilità o il
rischio di realizzazione del fatto di reato, qualora poi, con giudizio ex post, si riveli per contro ininfluente o addirittura controproducente per la verificazione dell’evento lesivo”.
“D’altra parte – continua la Corte – ferma restando l’astratta
configurabilità dell’autonoma categoria del concorso eventuale
“morale” in associazione mafiosa, neppure sembra consentito
accedere ad un’impostazione di tipo meramente “soggettivistico” che …. autorizzi il surrettizio ed indiretto impiego della
causalità psichica c.d. da “raff orzamento” dell’organizzazione
criminale….”.
Ed a proposito dell’affermazione in base alla quale il criterio
di imputazione causale dell’evento cagionato dalla condotta
concorsuale co stituisce i l pre supposto indispensa bile di tipicità della discipli na del concorso di persone nel reato e la
fonte ascrittiva della resp onsabilità del singolo concor rente,
secondo i l classico m odelli condizionalistico della spiegazione
causale dell’e vento, le SS.UU. hanno anche fatto riferimento
al progetto 2001 della Commissione Grosso ed a quello 2005
della Commissione Nordio di riforma della parte generale del
codice penale.
Anche in vir tù di tal e richiamo, la Corte ha posto l’acc ento
sulla centralità del positivo accerta mento di un apporto causale sign ificat ivo da parte del concorrente.
Venendo, poi, al caso specifico in esame – quella p articolare
forma di contiguità all a mafia comunemente definita come
141
“patto di scambio politico-m afioso” – il S.C. ha preso in esa me l’ipotesi di un accordo in forza del quale un personaggio
politico, sen za essere organicamente inserito come partecipe
nelle logiche org anizza torie del sodalizio criminoso, s’impegni
a strumentalizzare i poteri e le funzioni collegati alla s ua posizione pubblica a van taggio dello stesso sodalizio, assicurandone così, dall’ester no, l’accesso ai circuiti finanziari ed
al controllo del le risorse economiche, ovvero rend endo una
serie di favo ri qu ale co rrispettivo d el richiesto procacciamento di voti.
Orbene, in ter mini generali, le Sezioni Unite hanno ribadito il
principio i n base al quale, in un sif fatto patt o di scambio politico-mafioso, è cer tament e configurabile il concor so esterno
nel reato di associaz ione d i tipo mafioso.
E ciò in perfetta adesi one ai principi più volte affermat i dalla
stessa Cassaz ione in numerosi procedimenti ( cfr . Sez.V,
16.3.2000,
Frasca;
Sez.VI
15.5.2000,
Panga llo;
26.5.2001,
Al legro;
Sez.V,
13.11.2002,
Gorgone;
Sez.V,
Sez.I,
25.11.2003, Cit o e Sez.I, 4. 2.2005, Micari).
A tale proposito, tu ttavia, le SS. UU. hanno aggiunto: “in linea
di principio non può escludersi, inf atti, per questa particolare
tipologia di relazioni collusive con la mafia che anche la promessa e l’impegno del politico di attivarsi, una volta eletto, a
favore della cosca mafiosa possano già integrare, di per sé, gli
estremi del co ntributo atipico del concorrente eventuale nel delitto associativo, a prescindere dalle successive condotte di esecuzione de ll’accordo valutabili sotto il profilo probatorio”.
“D’altra parte, la scelta legislativa di incriminare con la nuova
fattispecie dell’art. 416 ter cod. pen…… l’accordo elettorale politico-mafioso in termini di scambio denaro/voti non può essere
intesa come espressiva dell’intento di limitare solo a questa
fattispecie l’ambito di operatività dei variegati patti collusivi in
materia
elettorale
con
un’associazione
142
mafiosa,
negandosi
dunque rilievo penale ad ogni altro accordo diverso da quel tipo di scambio”.
“Si intende affermare che neppure un’ampia e diffusa frammentazione legislativa in autonome e tipiche fattispecie criminose dei vari casi di contiguità mafiosa….. sarebbe comunque
in grado di paralizzare l’espansione operativa della clausola
generale di estensione della respon sabilità per i contributi atipici ed esterni diversi da quelli analiticamente elencati…”.
Dunque, l a Cassazione ha affer mato ed ammesso l’ astrat ta
configurabilità dell e regole d el concorso eventual e anche per
l’ipotesi di accordo politico-m afioso diverso dallo scambio
denaro/voti.
Tuttavia – e qui sta a giudizio del Collegio il più r ilevante elemento di novità rispetto alla precedente elaborazione giurisprudenziale – vanno fissati con nettezza i requisiti di tale
fattispecie, con particolare rigua rdo al dolo ed all’efficacia
causale del con tributo atipico del concorrente esterno.
A tale rigu ardo le Sezioni Unite ha nno testualmente afferm ato: “non basta certamente la mera “disponibilità” o “vicinanza”,
né appare sufficiente che gli impegni presi dal politico a favore
dell’associazione mafiosa, per l’aff idabilità e la caratura dei
protagonisti dell’accordo, per i conn otati strutturali del sodalizio criminoso, per il contesto storico di riferimento e per la specificità dei contenuti del patto, abbiano il carattere della serietà e della concretezza. Ed invero, la promessa e l’impegno del
politico (ad esempio, nel campo – pure oggetto dell’imputazione
– della programmazione, regolamentazione e avvio di flussi di
finanziamenti o dell’aggiudicazione di appalti di opere o servizi
pubblici a favore di particolari imprese) in tanto assumono veste di apporto dall’esterno alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione mafiosa, rilevanti come concorso eventuale
nel reato, in quanto, all’esito della verifica probatoria ex post
della loro e fficacia causale e non già mediante una mera valutazione prognostica di idoneità ex ante…, si possa sostenere
143
che, di per sé , abbiano inciso immediatamente ed effettivamente sulle capacità operative dell’organizzazione criminale, essendone derivati concreti vantaggi o utilità per la stessa o per
le sue articolazioni settoriali coinvolte dall’impegno assunto”.
Dunque, second o detti principi, non è suf ficiente la mera “disponibili tà o vicinanza”
del politico in favore d el sodalizio
mafioso ma occorre che il Gi udice accerti, attraver so una rigorosa verifica probatoria effettuat a ex post e non ex ante ,
che il suddetto patto politico-mafioso abbia prodotto risultati
concreti i n termin i di reale raffor za mento e/o consolid amento
dell’asso ciazione o di una sua ar ticolazione.
Appare eviden te, pertan to, la novità metodologica in tema di
criteri di val utazio ne della pr ova, costituita dal richia mo fo rte alla necessità di una ve rifica ex post dell’efficacia causal e
dell’apporto forn ito dal politico che, conseguentemente, non
può trad ursi in un a mer a attestazione di disponibilit à ma deve concretiz zarsi in atto positivi qualifica bili in term ini di
rafforzamento d el sodalizio mafioso.
Ed, a tale proposito, la Cassazione si spinge oltre: “con
l’avvertenza,
peraltro,
che,
laddove
risulti
indimostrata
l’ef ficienza causale dell’impegno e della promessa di aiuto del
politico sul piano oggettivo del potenziamento della struttura
organizzativa dell’ente, non è c onsentito convertire surrettiziamente
la
fattispecie
di
concorso
materiale
oggetto
dell’imputazione in una sorta di – apodittico ed empiricamente
inafferrabile – contributo al rafforzamento dell’associazione
mafiosa in chiave psicologica…”.
Concluden do, infine, le SS.UU. hanno fissato il seguente
principio di dir itto ch e riassume le superior i argomentazioni:
“è con figurabile il concors o esterno nel reato di associazione di
tipo mafioso nell’ipotesi di scambio elettorale politico-mafioso,
in forza del quale il personaggio politico, a fronte del richiesto
appoggio
dell’associazione
nella
competizione
elettorale,
s’impegna ad attivarsi una volta eletto a favore del sodalizio
144
criminoso, pur senza essere organicamente inserito in esso, a
condizione che:
a) gli impegni assunti dal politico, per l’affidabilità dei protagonisti dell’accordo, per i caratteri strutturali dell’associazione,
per il co ntesto di riferimento e per la specificità dei contenuti,
abbiano il carattere della serietà e della concretezza;
b) all’esito della verifica probatoria ex post della loro efficacia
causale risulti accertato, sulla base di massime di esperienza
dotate di empirica plausibilità, che gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per
sé, a p rescindere da successive ed event uali condot te esecutive dell’accordo, sulla conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale
o di sue articolazioni settoriali”.
Orbene, dall’ esame critico d ella sup eriore motivazione pare di
poter con cluder e che, per potersi r itenere a ccertata la pa rtecipazione a titol o di concorso ester no e/o eventuale nel reato
di associazione di tipo ma fioso di un esponente politico, sia
necessario dimostrare in primo luogo che, tra quest’ultim o ed
i membri del sodalizio ma fioso, sia stato stipulato un patto
che abbia i caratteri della serietà e della concretezza.
Ciò posto, se in dipen denza di tale patto siano seguiti, da
parte
d ell’esponent e
politico,
atti
concr eti
esecutivi
dell’acco rdo ch e abbi ano com porta to un raf forzamento delle
capacità operati ve del sodalizio mafioso ovviamente deve ritenersi integrata l’i potesi criminosa in esame.
Più difficolto sa, in vece, appar e, alla luce dei sopra r ichiama ti
principi d i diritto fissati dalle SS.UU., la disam ina delle fattispecie nell e quali non siano emerse con evidenza probatoria
condotte esecutive dell’ accordo stipulato tra il politico e gli
esponenti dell’ organi zzazione.
Ed invero, a tale pr oposito, la Ca ssazione, nell’enuncia re il
suddetto pr incipio di diritto, ha postulato la necessaria verifica che
“ gli impegni assunti dal politico abbiano inciso effet145
tivamente e significativamente, di per sé, a prescindere da
successiv e ed e ventuali condotte esecutive dell’accordo,
sulla conservazione o sul raf forzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni
settoriali”.
Tale affermazione sembra, invero, puntare l’attenzione sulla
rilevanza degli im pegni assunti dal l’esponente politico al fine
di consentire un rafforz amento delle capacità operative del
sodalizio mafi oso, anche a prescindere da successive ed eventuali condot te esecutive dell’ accordo stipulato.
Al di là dell e difficoltà concr ete sul piano strettamente probatorio che derivano dal l’applicazione di tale princip io di diritto
(come tale astrat to e generale), sembra potersi concluder e
che anch e l’im pegno dell’uomo politico, sancito a ttraverso un
patto con gli espon enti dell’orga nizzazione ma fiosa e non sfociato in successive condotte attuative dello stesso, possa ritenersi rilevante di per sé al fine di integrar e l’ipotesi delittuosa in discussione.
Tale co nclusione, del resto, app ar e avvalorata da un precedente passaggio del la motivazione della sentenza Ma nnino,
nel quale la Corte ha afferma to che “il politico, concorrente esterno, viene in tal modo ad interagire con i capi e i partecipi
nel funzionamento dell’organizzazione criminale, che si modula
in conseguenza della promessa di sostegno e di favori mediante le varie operazioni di predisposizione e allocazione di risorse umane, materiali, finanziarie e di selezione strategica degli
obiettivi, più in generale di equilibrio degli assetti strutturali e
di comando, derivandone l’immediato ed effettivo potenziamento dell’efficienza operativa dell’associazione mafiosa con riguardo allo specifico settore di influenza”.
Va, comunque, esclu sa la rilevanza della mera “disponibilità”
o “vicinanza” dell’esponente politico, anche nel caso in cui la
stessa abbia ingenerato nei mem br i del sodalizio mafioso un
ragionevole affid amento sulla stessa ed un potenziale incre146
mento dell’infl uenza interna all’or ganizzazione di coloro che
ritengano di po ter co ntare sul soste gno del politic o.
Tuttavia, può ritenersi i ntegra ta la fattispecie la ddove gli i mpegni assunti d al pol itico – e suggellati da un pa tto politicomafioso avente i caratter i della serietà e della concretezza –
“abbiano inciso effettivamente e significativamente, di per sé,
a prescinde re da succe ssive ed eventuali condotte esecutive dell’accordo, su lla conservazione o sul rafforzamento
delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o
di sue articolazioni settoriali”.
Di talchè, an che a prescindere d all’accertata commissione di
atti e cond otte con crete e d attuative dell’accordo, le SS.UU.
ritengono possibile l ’integrarsi della fattispecie in esame, a
condizion e che, all’esito di una verifica proba toria ex post,
possa affermarsi che gli impegni assunti dall’esponente politico, di per sé, “abbiano inciso immediatamente ed effettivamente sulle capacità operative dell’organizzazione criminale,
essendon e derivati concreti vantaggi o utilità per la stessa o
per le sue articolazioni settoriali coinvolte dall’impegno assunto”.
Con specifi co riguardo all’elemento soggettivo richiesto per
integrare la fattispeci e, invece, si afferma che “la particolare
struttura della fattispecie concorsuale comporta, quale essenziale requisito, che il dolo del concorrente esterno investa,
nei momen ti del la rap presentazione e della volizione, sia
tutti gli elementi essenziali della figura criminosa tipica
sia il contri buto caus ale reca t o dal proprio comportamento alla realizzazione del fat to concreto, co n la consapevolezza di interagire, sinergicamente, con le condotte altrui nella produ zione dell’ evento lesivo del “medesimo reato”. E, sotto questo profilo, nei delitti associativi si
esige che il concorrente esterno, pur sprovvisto dell’affectio
societatis e cioè della volontà di far parte dell’associazione,
sia altresì consapevole dei metodi e dei fini della stessa (a
147
prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indiffer enza per siffatti metodi e fini, che lo muovono ne l foro interno) e si renda compiutamente conto dell’efficacia causale della sua at tività di so stegno, vantaggiosa per la
conservazione o il raff orzamento dell’associazione: egli
“sa” e “vuole” ch e il suo contri buto sia diretto alla realizzazion e, anche pa rziale, del programma cri minoso del
sodalizio ”.
Va, tutta via, fatta una ulteriore e f inale notazione proprio in
tema di eleme nto soggettivo del reato, aspetto della fattispecie che, invece, rileva sommamente nella valutazione cr itica
che impeg na il Tribun ale in relazione alla posizione del Riolo.
La Corte rego latrice nell’ambito della sentenza Mannino si è
riallacciata ai pri ncipi di diritto già espr essi sempre dalle
medesime SS.UU. nelle sentenze già esaminate, precisando
che: “quanto al momento rappresentativo ed a quello volitivo
dell’e lemento soggettivo del reato, si è già detto che il dolo deve investire sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice
sia il contributo causale recato dalla propria condotta
alla conservazione o al rafforzamento dell’associazione mafiosa, ben sapendo e vo lendo il conc orrente esterno che il suo
apporto è diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio.”.
E criticando il percorso argomenta tivo della sentenza impugnata nella pa rte in cui effettuava un riferimento al dolo eventuale r itenut o poco compatibile con i suddetti presupposti
del dolo così come ricostruito sulla scorta del duplice coefficiente psicol ogico (rappresentazione e volizione sia del fa tto
tipico ch e dell ’efficienza causale del proprio contributo).
Le superiori precisa zioni, a giudiz io del C ollegio, appaiono
imprescindibili al fin e di indicare quei principi di diritto ai
quali ci si in tende
richi amare prima di proceder e alla rico-
gnizione critica delle singole emergenze processuali.
148
Ed invero, l’analisi congiunta delle odierne contestazioni,
nelle quali sono var iamente modula te le diverse forme di contributo (p arteci pazion e, conc orso e sterno, fa voreggiamento…)
che un sog getto a gente può fornire ad una associazione mafiosa quale “cosa nostra”, ha imposto la necessità del sopra
riferito chiarim ento pr eliminare relativo per l’appunto ai criteri ermeneutici che il Tribunale intende por re a fondamento
della propria decisio ne, anche allo scopo di delineare i caratteri di ciascuna condotta e d i sgombrare il terreno da possibili equivoci interpr etativi.
Il rapporto “co sa nostra” – politic a - impresa
Come si accennava dianzi, all’esito della premessa in diritto
sui presupposti legali, i ntrinseci e peculiari, dell’asso ciazione
mafiosa in genere e di “cosa nostra ” in particolare, una delle
caratteri stiche proprio di tale organizzazione è certamente
costituit a, si n dalle sue origini, dalla ca pacità intr inseca di
confondersi col tessuto sociale, politico ed imprenditoria le.
In adesione al la presso cchè unanime opinione di storici, st udiosi e sociologi , i giudi ci che hanno esaminato tale fenomeno, attraverso le più note e rilevanti pronunce giur isprudenziali in materia (pa recchie delle q uali prodotte agli atti di
questo processo), han no individuato
in questa ca pacità la
vera scr iminante tra “cosa nostra” siciliana e le altre forme,
pur radicate e complesse, d i criminalità organizza ta.
Non è certo q uesta l a sede per un’analisi del fenomeno in
termini generali – col rischio di sconfinare ben ol tre i limiti
intrinseci di una sentenz a penale – e non è intenzione del
Collegio esporsi al r ilievo dell’eccessivo ricorso a presupposizioni ovvero a teoremi sociologici o vagamente storiografici.
Tuttavia, appare d overos o sottolineare, in chiave critica ed
unicamente final izzata all’apprezza mento dei fatti oggetto del
presente processo, il contesto
149
complessivo nel cui alveo il
rapporto tra mafia, politica ed impresa si è sviluppato ed
evoluto n el corso degli ultimi tem pi.
E ciò in quanto molti dei principa li accadimenti p resi in esame,
nel
cor so
dell’odierno
processo,
si
iscrivono,
per
l’appunto , all’interno di tale comp lesso rapporto che sovente
è stato, vuoi per un difett o di comprensione del fenomeno
vuoi intenzionalmente, equivocato.
Nell’affr ontare tale com plessa problematica in modo critico
ed asettico occ orre evitare di fa rsi fuorviare da falsi ed ingannevoli appro cci metodologici.
La funzione del la disamina propria di una sentenza penale
deve essere quella di vaglia re criticamente i fatti, i com portamenti ed i fenom eni allo scopo di renderli semplici e com prensibili a tutti e d i del ineare nettamente ciò c he costituisce
soggezion e, soppo rtazio ne, accettazione consa pevole ovvero
adesione rispetto all ’esistenza ed all’operato di “cosa nostra”.
In tal senso, il fatto, storicamente documentato e giudizia lmente accertato, che tra la ma fia e settori im portanti della
politica e del l’impresa vi sia stato e vi sia un rapporto profondo e d, in molti casi, struttura le non deve contribuire a delineare un quadr o di indifferenziata mafiosità della politica e
dell’impr enditoria, sottraendo i singoli alle propr ie responsabilità penali.
La verità è ch e “cosa no stra” ha , sin dalle sue or igini, stabilito un continuativo rappo rto con settori inquinati della po litica e dell’impr endito ria al lo scopo d i fare a ffari, di controllare
il terr itorio e di mantenere soggiogate le forz e vive e dina miche della Sicil ia.
Un siffatt o rappo rto si fonda sulla disponibilità di singole
persone f isiche che si prestano per brama di potere , per avidità, per convin zione subculturale e per qualsivoglia altr a ragione squi sitamente indi viduale a sostenere “cosa nostra” ed
a fare affari con ess a.
150
Sulla scorta dei recenti arresti giurisprudenziali nonché di
svariati elementi di prova emersi nel corso del presente dibattiment o (si pensi, ad esempio, alle deposizioni di Angelo
Siino, Antonino Giuffrè, Francesco Campanella e Salvatore
Aragona) può afferma rsi che “cosa nostra”, negli anni interessati dall e presen ti indagini, ha addirittura intensificato
questo rapport o tri laterale di coop erazione con esponenti politici e del mo ndo dell’impr esa.
L’esisten za di tale rad icato intreccio, infat ti, ha consentito
all’organ izzazione, ad esempio, di interferir e sui meccanismi
di erog azione del la spesa pubblica e di gestir e in modo illecito il settore d ei pubblici a ppalti.
E’ agevo le co mprend ere come tali due specifici aree di intervento rappresentino per “cosa nostra” un obiettivo ben più
importante rispetto a tante altre attività delittuose tipiche,
finendo per costituire un livello “alto” di operat ività che coinvolge sol o i vertici dell’organizzazione.
Al di là dei traffici delit tuosi e del controllo del territorio, i nfatti, l’orien tamento dei meccanis mi della spe sa pubblica e
l’influen za nel settore degli appa lti pubblici ha consentito
all’organ izzazione di condizionar e alla fonte l’int era economia
della reg ione, mortifi cando il liber o mercato ed accrescendo
al contem po il suo ru olo di contropotere “istituzionale” .
Per la crea zione ed il manteniment o di tale status quo, “cosa
nostra” ha continuato a stipulare accordi espliciti e/o taciti,
diretti e/ o mediati con esponenti politici ed imprenditori, l avorando alacremente alla costruz ione di una rete di interessi
convergenti in g rado di governar e i processi economici ai
massimi livelli.
Si tratta – lo si ripet e - di un livello elevato di aff ari e relazioni che, peraltro, l’organizzazione ha difeso con la massim a
attenzion e e pervicacia, non esitando ad eliminare fisicamente tutti coloro i quali vi si opponevano dall’interno o che cer-
151
cavano di disvelarne dall ’ester no i connotati me diante att ività invest igative e giudizia rie.
Appartien e pr oprio alla storia giudiziaria ed alla cr onaca siciliana il dato ineludibi le degli omicidi eccellent i di uomini politici che, in vario mod o e da op posti schi eramenti, hanno
cercato - d avvero e non attra verso vuoti proclami - di rompere dall’i nterno tale meccanismo.
Così come altrettante vittime possono contarsi tr a quegli imprenditori che, volendo , da posizioni in verità all’ epoca assai
isolate, affermare il princip io del libero mercato, hanno tentato di operare al di f uori dei meccanismi tradizionali di inquinament o del settor e dei pubblic i appalti.
L’esisten za di tali relazioni strutturali con espone nti istituzionali è di certo la principale ra gione per la qua le, nonostante gli i ndubbi suc cessi conseguiti da llo Stato nel contra sto a “cosa nostra ” - tra i quali v anno se nz’altr o inseriti gli
arresti dei latitanti Provenzano e Lo Piccolo – quest’ultima è
tuttora attiva con tu tto il suo poter e condizi onante.
“Cosa nos tra”, peraltr o, negli ultimi anni ha anche cercato di
infiltrar si anco ra più profondamente nel settore politico ed in
quello imprendi toriale, non limitandosi più a stabilire accordi
ed a pianificare str ategie complessive con esponenti di detti
settori ma, addirittura, divenendo parte attiva della politica e
dell’econ omia.
E’ noto, ad esempi o, come “cosa nostra”, già in un non più
recente passato, abbia tenta to di costituire un proprio movimento polit ico organizzato su base regionale ed a bbia candidato suoi ade pti alle elezioni col chiaro intento di scavalcare
le logiche classi che del rappor to con singoli esponenti dei
partiti p olitici tradizionali.
Inoltre, app are assa i rilevante quanto riferito dal collaboratore Antonino Gi uffrè e, soprattutto, dal Campanella a propos ito di tutta una seri e di candidatur e alle elezioni politiche ed
amministr ative origin ate dall’interno del sodalizio mafio so.
152
In tempi recenti, dunq ue, “cosa nostra” non solo ha proseguito sulla strada della stipula di a ccordi – dir etti ovvero mediati - co n uomini po litici eletti nelle fila dei partiti ma ha anche
creato del le candidature che, sin dalla loro origine, sono r isultate struttu ralmen te connotate in chiave mafiosa.
E ciò in qu anto si tratta d iretta mente di candidatur e di uomini
d’o nore
ovvero
di
persone
“a
disposizione”
dell’organizzaz ione, al le quali quest’ultima ha fornito un avallo preliminare fondato sulla stipula di precise intese alle
quali dar e esec uzione all’esito dell’ elezione.
In tal senso, appare assai rilevante quanto riferito dal Campanella con riguardo sia alla propria esp erienza personale
che alle vicende, ad esempio, del Consiglio comunale di Villabate ch e, non ostant e i ripetuti sc ioglimenti per infiltr azioni
mafiose, è risu ltato composto nella maggior parte dei casi da
consiglieri espressi direttamente dalle varie componenti della
famiglia mafiosa locale.
Altrettan to significativo risulta, poi, il quadro ricavabile dalle
convergenti d ichiarazioni del Campanella, dell’Aragona e del
Giuffrè a proposi to delle recenti vicende politiche regionali e
dell’esis tenza d i una r ete art icolat a di relazioni, sia dirette
che mediate, tra “co sa nostra” e numerosi esponenti politici
locali.
I retroscena del le candid ature di va ri soggetti (ad esempio, di
Domenico Miceli, di Giuseppe Acanto, di Ant onio Borzacchelli
ovvero la mancata cand idatur a dell’avv. P riola), l’ esistenza d i
accordi pre ventivi e trattative diret te o mediate tra esponenti
di rilievo del sodalizio mafioso ed uomini politici di altrettanto rilievo in ambito istituzionale dimostrano il livello di intersecazi one tr a “cosa nost ra” e la politica locale .
Altrettan to interessante risulta, poi, il mutamento delle modalità di tali rappo rti, sempr e più spesso intra ttenuti at traverso i nterme diari spen dibili ed apparentemente avulsi da
153
rapporti acclarati co n il sodalizio mafioso (qua li ad esempio
lo stesso Miceli).
Per altro verso, deve aggiungersi come l’organizzazione mafiosa si sia, nel corso degli anni, altrettanto impegna ta in un
processo di progr essiva inf iltrazione nel settore delle imprese, vuo i cr eando proprie realtà imprenditoriali vuoi imponendosi come socio di fatto mediante prestanome in numer ose
compagini societar ie, con ciò finendo per influenzare le scelte
delle imp rese e per g estirle dall’ interno.
Di seguito si svilupperà una analisi specifica proprio sugli
arresti della gi urispru denza di legit timità in tema di rapporto
tra sing oli imprendi tori ed orga nizzazione mafiosa, alla cui
lettura di rimanda.
Di certo si può affermar e che la posizione degli imprenditori
operanti in Sicilia, di conseguenz a, è divenuta sempre più
delicata, in quanto costoro non sono più esposti soltanto al
rischio d i subi re estorsioni ma anche a quello, ben più grave,
di venire espro priati di fatto delle loro aziende.
Tale stato di cose, inoltre, rende a ncora più diff icile valutare
la condo tta ed il r uolo di tali imp renditori, posto che costoro
possono cont inuare a rimanere vittime della criminalità organizzata, suben done le vessazioni, ovvero divenire corresponsabil i dolosamente coscienti del rafforza mento di “cosa
nostra”.
L’importa nza e la centr alità per “cosa nostra” del rappor to
col mondo politico e dell’impresa appare evidente attraverso
la disamina cri tica dell e convergenti deposizioni del Siino,
del Giuffrè, del Campanella e dell’Aragona.
Costoro, invero, pur da posizioni a ssai diverse tra loro, hanno evidenziato, in m odo del tutto unanime, come l’attenzione
alle dinam iche politico -imprenditor iali da par te dei v ertici locali (Guttadauro, Mandal à etc.) ovvero del v ertice assoluto
(Provenzano) d el sodalizio mafioso sia stata sempre elevatissima.
154
Sia il Provenzano che i var i capi mandamento, infatti, hanno
dimostrato, anche e soprattutto in tempi recenti, di avere
delle vere e proprie strategie p oliti che da attuar e attrav erso
la pianif icazio ne di stabili accor di – diretti ovvero media ti attraverso propri inter mediar i - con vari esponenti p olitici.
A tale propo sito lo stesso Antonino Giuffrè, nel corso del suo
esame dibattimenta le, ha precisato, da un’osserv atorio verticistico intern o all’ organi zzazione, che la strategia politica del
Provenzano è stata fondata su quel principio della “sommer sione” di “cosa nostr a” che taluni osservatori avevano già teorizzato dall’esterno mediante analisi criminologic he.
In aperta rottura con la strategia stragista messa tragic amente in atto dal Riin a, dal Bagarella e da altri corleonesi
negli anni 9 0’, l’idea del Provenza no era quella del ritorno
all’anonimato e d all’invisibilità di “cosa nostra”, la quale doveva continuare ad operare, come e più di prima, ma senza
atti eclatanti in grado di determinare l’inevitabile reazione
dello Stato.
In tale dire zione, egli ha cercato di valorizzare alcuni sogge tti, tra i qual i cert amente il Guttad auro (capo del manda mento mafioso di Branca ccio), che dim ostravano una particolare
capacità di instaurare rapporti sotterranei, tanto effettivi
quanto scarsamente visibili, con esponenti p olitici.
Attenzion e così elevata da comportare una scrupolosa valutazione delle caratt eristiche intrinseche degli uomini politici e
degli intermediari che dovevano dimostrare assoluta disp onibilità e capaci tà di mediazione e di moderazione.
Anche gli intermediari, infatti, dovevano rispondere a tali caratterist iche, posta l a deli catezza d el loro ruolo di tramite tra
gli esponenti di “cosa nostra” e quelli del mondo politico, a lcuni dei quali preferiva no non avere rapporti diretti con la
criminalità ma per l’appunto mediati da soggetti appa rentemente pul iti e spendibili.
155
Tale rapporto, poi, appare ancora più struttur ale nel settore
delle piccole e medie amministraz ioni locali, nelle quali il
sindaco e i con siglieri comunali sovente sono addirittura diretta espressio ne delle famiglie maf iose loca li.
A tale proposi to è sufficiente ricordare quanto riferito dal
Campanell a a proposito del fa tto che dietro a quasi tutti i
consiglieri comu nali di Villabate vi fosse un uomo d’onore e
ciò nono stante il r ecente scioglimento di quel Comune proprio per infilt razion i mafiose.
Emerge con chiar ezza, i noltre, che il rappor to mafia-politica
non si fonda sol o sul sostegno elettorale da parte di “cosa
nostra” in favore d i questi candidat i ma, a nche e sopr attutto,
sulla organizzazion e e sulla pia nificazione degli appalti pubblici e d egli a ffari.
Non deve, per tanto, stupire se q ualche candidato espressione
di singole articolazi oni dell’ organiz zazione possa non risult are eletto, atteso il probabile relativo ridimensionamento della
capacità di condiz ionamento della pubblica op inione ed, in
ogni ca so, l’elevato n umero dei ca ndidati soste nuti dalle varie compo nenti dell’o rganizzazione stessa.
Ciò che assume particol are rilievo, a giudizio del Collegio, è
la preventiva pianificazione di una serie di affari da compiere
attraverso
l’uom o
politico
sostenuto
e,
sopratt utto,
l’orientamento indebito dei meccanismi della spesa pubblica,
reso possibile dalla disponibilità di questi politici ed ammin istratori locali a favorir e imprese legate a “cosa nostra” sia
nell’aggiudicaz ione degli appa lti che nel finanziamento di operazioni commerciali attraverso le risorse comunitarie, nazionali e regio nali (come dimostra, ad esempio, la vice nda dei
centri commerciali di Villabate e Brancaccio che si vedr à di
seguito).
Anche attraverso la ricognizione critica delle odierne emergenze di battimentali, non vi è dubbio, invero, che il primario
interesse di “cosa nostra” sia divenuto per l’appunto l’illecita
156
veicolazione
dei
fondi
pubblici
(c.d.
legge
488,
contratti
d’area, patti ter ritori ali etc. etc.) verso iniziative economiche
“gestite” direttamen te da pr opri esponenti con l’ausi lio ed il
concorso interessato di politici, a mministra tori locali ed im prenditori.
Nel corso del presente pr ocesso, in particolar e, è emerso con
tutta e videnza ch e i vertici dell’or ganizzazione mafiosa era no
interessati ad ottenere appalti per opere pubbliche e ad avere
finanziat e operaz ioni speculative, ad esempio, nel settore turistico-albergh iero
(si
pensi,
ad
esempio,
a lle
iniziative
nell’isol a di Pantelleri a) ovvero in quello dei centri commerciali e polifunzional i (Brancaccio e Villabate).
Il rapporto mafia-politica, dunque, non si limita all’aspetto
elettoral e ed a quello del c.d. vot o di scambio – che certamente continuano a permanere - ma si è concentra to con la
massima attenz ione sulla pianifica zione sistematica di af fari
da realiz zare e di appalti da orie nta re.
Il primar io interesse di “cosa nostr a” oggi è, dunque, p rodurre enormi utili intercetta ndo ed or ientando, gr azie alle complicità dianzi indicate, tutti i principali flussi di spesa pubblica nel l’isol a.
Ed i p iù importan ti fl ussi di spesa pubblica, come è noto, sono costitui ti dagli a ppalti p er la r ealizzazione di opere pubbliche, dal fi nanziamento di operazioni di riqualificazione del
territori o e d agli invest imenti nel settore della s anità pubbl ica e privata.
Quello che storicamente è sempre stato il precipuo interesse
di “cos a nostra” (inserirsi là dove sussiste ricchezza per speculare a pro prio van taggio), dunq ue, rimane a ncora oggi il
perno
attorn o
a
cui
ruota
il
livello
alto
di
operatività
dell’orga nizzaz ione.
Con l’ovvi a considerazio ne, tuttavia, che quest’ultim a ha adeguato e modulato i propri mecca nismi di intervento illecito,
157
concentrando il propri o interesse anche verso i moderni sistemi di finanziamento dell’ econom ia pubblica.
E poiché uno d ei principali flussi di spesa pub blica riguarda
sicuramen te il settore della sanità, non può stupire l’elevato
interesse dimostr ato da Provenzano e da altri esponenti di
“cosa nostra” in tale direzione.
A tale proposi to appare significativo il richiamo fat to dal collaboratore Antonino Giu ffrè, il quale ha descritto l’estremo
interesse del Provenz ano ad investire nella sanità privata.
In sost anza appare chi aro come, almeno in alcuni settori tanto delicati quanto rilevanti dell’economia f inanziata con risorse p ubbliche, “cosa nostra” abbia deciso di imporre un
proprio ruolo ege mone ri spetto al mondo politico ed imprenditoriale,
approfittando
del
progressivo
scadimento
della
classe politica e della natura mera mente af farist ica dei nuovi
accordi.
Tutti i sogget ti coi nvolti nel nuovo rapporto mafia-politicaimprendit oria, inve ro, appaiono accomunati dal comune int eresse alla mera gestione del potere ed all’arricchimento personale.
Di guisa che il li vello alto dell’operato di ta li settori deviati
della soci età sic iliana r appresenta la massima espress ione
del potere di “cosa nostra” che, con tali sis temi, esprime la
propria v era fo rza di intim idazione e di condiziona mento.
I recenti arresti di alcuni importa nti capi storici latitanti potrebbero mutare, anche solo in parte, tale contesto ma, di
certo, non pot rebber o sovvertire una tendenza che appare
molto rad icata.
Tali riflessioni nascono anche dall’ attento e sistem atico esa me delle risu ltanze d el presente dibattimento, vuoi con riferimento alle dichiarazioni rese da alcuni soggetti (Ar agona) e
da numerosi collaborato ri di giust izia (Siino, Giuf frè, Campanella ed a ltri) vuoi avuto riguar do alle intercetta zioni a cquisite agli atti.
158
Anzi, per molti versi, proprio il presente processo costituisce
uno di quei rari esempi di ricostruzione giudiziaria, tanto nitida quanto concr eta, di questo spaccato criminale di alto
profilo, caratterizzato dall’intreccio mafia - politica – aff ari –
coperture istituziona li.
Intreccio che è eme rso con non poche difficoltà proprio per la
delicatez za de lle tematiche e per i ruoli ricopert i dagli imputati.
Nonostante i reiter ati tenta tivi di inquinamento e di ridimensionament o delle prove, tra gli at ti del pr ocesso appare in
trasparen za un sistemati co condizionamento di una parte del
mondo pol itico ed imp renditoriale.
Dal quale dipende u n obiettivo sca dimento della qualità della
vita sociale, connesso al peggior am ento del livello delle oper e
pubbliche, dei prog etti d i riq ualificazione territ oriale e della
sanità.
Anche il tema delle fu ghe di notiz ie su ind agini r iservate e
coperte dal segreto in vestigativo e/o istruttorio, per buona
parte presente tra q uelli oggi a ll’esame del Collegio, non è
per nulla una n ovità nella storia di “cosa nostra”.
A ben vedere, anzi, esso costituisce uno dei fili condut tori
che caratteriz za la vita di questa or ganizzazione sin dai tempi
più remoti e rap presen ta un ulteriore aspetto dell’intreccio
tra politica-af fari-mafia ed economia che si sta esaminando.
Basti pensare, addirittura, alle vicende del c.d. ra pporto
Sangiorgi , stilato dal Que store di Palermo Ermanno Sangiorgi
tra il 18 98 ed il 190 0.
Già da allora
risultava chiar a l’esistenza di fughe di notiz ie
riservate da part e di apparati infedeli dello Stato e la coper tura fornit a a “cosa nostra” da importanti esponenti del
mondo pol itico ed istituzionale.
E’ fin troppo a gevole r itener e che, anche e soprattutto grazie
a questa intri cata e sottile rete di f iancheggiatori e conniventi istituzionali, l’organiz zazione mafiosa sia riuscita ad appa 159
rire invinc ibile ed o nnipotente ed i capimafia latitanti imprendibil i e quasi leggendari.
Se è vero, in fatti, che la conoscenza è potere, senza dubbio
alcuno il potere di “cosa nostra” nel corso degli anni si è notevolment e accresciu to anche grazie alla sua capacità di infiltrarsi all’i nterno degl i apparati statali e di carpir e notizie
riservate da pa rte di rappresenta nti infedeli delle istituzioni.
In tal modo possono spiegarsi anche alcuni fatti eclatanti
come il perdurare per decenni dello stato di latitanza di alcuni boss , l’esistenza di delitti irr isolti a distanza di lungo
tempo e la preventiva conoscenza di indagini ed iniziative investigative da parte delle Autorità.
Ad ulteri ore riprova di tale assunto vale la pena di notare
come, in questi ultim i anni, alc uni soggetti con incarichi istituzionali sono stati condannati e/o giudicati per essersi
messi a disposizione di “cosa nostra” ovvero di suoi singoli
esponenti .
Poliziotti, carabin ieri, magistrati, uomini politici, funzionari
ed ammi nistra tori pubblici sono stati v ariamente giudicati
nel temp o proprio per q uesto tipo di responsabilità, a dim ostrazione d i quanto importa nte possa essere per un “contropotere” com e “cosa no stra” il poter disporre della compiacenza di uomini apparentemente schier ati sul fronte opposto.
Il presente processo , dunque, si innesta in un solco che sotto
l’aspetto fattuale è assai risalente nel tempo m a che quasi
mai è stato p ossibi le ricostruire in un modo così attento e
puntuale.
Il rapporto tra “cosa nostr a” e gl i imprenditori
Avuto riguar do alla principale cont estazione formulata a carico dell’imputato Aiello, deve anche osservarsi come le condotte di part ecipazione o di c oncor so ester no nel reato di cui
all’art. 416 bis c. p. possano configurarsi in relazione alle di160
verse forme di mani festazione d el rapporto tra associazione
criminale ed imprendi tori.
Non sfugg e al Collegio l’estr ema d elicatezza della materia in
esame, po sto ch e, come si è specificato dia nzi, svolger e attività d’impresa nell a specifica realtà economica siciliana com porta diffi coltà maggiori rispetto a quelle zone del Pa ese in
cui esistono cond izioni fisiologiche di libero mercato e di effettiva concorr enza.
La presen za incombent e di “cosa nostra” da sempr e ha costituito un freno all’espansione ed a llo sviluppo dell’economia
della Sicili a, proprio perché una delle sue caratteristi che intrinseche è ra ppresentata dalla ca pacità di condizionamento
delle i mprese e del commercio p er scopi di mero arricchimento indebito.
Il condizionamen to dell’economia, poi, si è concretizzato non
solo nell’i mposiz ione del pizzo ma anche nel pro gressivo tentativo di impad ronirsi di taluni sett ori imprenditoriali (ad es.
la fornitu ra di calcestru zzo, il movimento terra per conto terzi etc. etc.) e di in tromettersi nei normali meccanismi del libero mercato.
La costante pres enza e l’efficace operativit à di “cosa nostra ”
hanno, p ertanto , influito sulla capacità degli imprenditori di
agire i n modo lib ero ed incondizionato e li ha nno sovente indotti a r elazio narsi, in qualche modo, con essa.
Spesso, in fatti, i confini tra la condizione di mero assoggettamento, di condivi sione pa rziale e temporanea di intenti ed,
infine, di ad esione consapevole e volontaria alle regole stabilite da “cosa nostra” risulta dif ficile da tracciare con sufficienti ma rgini di cer tezza.
Alla lu ce de llo stato attuale de lla g iurisprud enza di legittimità e di merito sul punto, in generale può affermar si che assume sicuramente rilevanza penale il modus operandi degli
imprendit ori collusi che instaura no una stabile relazione
clientelare con gli espo nenti mafiosi, contraendo con essi un
161
accordo attivo reciprocamente vantaggioso (“patto di protezione”), da cui derivano obblighi vicendevoli di colla borazione
e di scambio, in vista del conseguimento di interessi convergenti e condivi si.
Questi sogget ti, i n sostanza, intr attengono con gli uomini
d'onore un rapporto stabile e continuativo di interazione,
fondato sull a cooper azione reciproca e su legami personali di
fedeltà e di fi ducia.
Dagli imp renditori che hanno instaurato un simile rapporto
di scambio (e che q uindi fr uiscono di una prot ezione attiva),
il gruppo mafioso pretende prestazioni diffuse, che possono
assumere il contenu to più vario (ad esempio, offerta di informazion i, accesso a determinati circuiti politici e finanziari, ospitalità per latitanti, testim onianze di comodo, buste
d’appoggi o co n offerte previamente concordate in occasione
di gare d ’appalto e così via).
Nella condo tta degl i imprenditori collusi lega ti da una relazione clientelare a "cosa nostra" (c.d. im prenditori clienti),
per giurisprudenza costante, sono riscontr abili gli estremi
della partecipazione all’associazione di tipo mafioso.
Anche la dottrina, i nvero, ha evidenziato che assumono significatività e concl udenza in termini di affectio societatis diversi elementi della condotta: la sua valenza di cooperazione e
di rilevante vantaggi o reciproco, il suo esplicarsi in pr estazioni di ffuse in fa vore del sodalizio mafioso, il carattere a ltamente personalizzato del r apporto clientelare di scambio, la
sua natura st abile e con tinuativa, l’intrecciarsi delle finalità
individuali dell’impr enditore con le finalità associative.
L’organiz zazion e mafiosa , sfruttando in modo continuativo le
prestazio ni dif fuse offerte dall’impr enditore, finisce per riconoscergli un ruolo di sistematico c onferimento al sodalizio di
tutti i vantag gi ri collegabili alla sua posizione professionale e
sociale.
162
Alle stesse conclusi oni è pervenuta la giurisprudenza di legi ttimità, che h a consid erato come “vera e propria partecipazione interna” la condo tta di un impr enditore che “per sfuggire
alle illecite pressioni esercitate sulla sua impresa dalla malavita locale, ritenne (…) miglior partito allinearsi con i diversi
gruppi camorristici di volta in volta emergenti (…) pur di conseguire i vantaggi che, in termini economici e di sicurezza
nell’e sercizio della sua attività, gli derivavano dalla possibilità
di muoversi nell’orbita delle potenti organizzazioni criminali
dominanti nel territorio, nelle quali finì per ritrovarsi interamente coinvolto condividendone finalità e metodi di azione”
(Cass. Sent. del 25 a gosto 1994, r ic . Amato).
Non vi è dubbi o, infatti, che un siffatto tipo di imprenditore
agisca con la pi ena con sapevolezza di far parte di un sistema
criminale (del quale condivide implicitamente le modalità ed
agevola il ragg iungimento degli scopi) che gestisce in modo
irregolar e, ed esempio, il sistema dei pubblici appalti ed, in
generale, i mec canismi di er ogazione delle r isorse pubbliche.
Tale condivisione di intenti gli consente di ridurre al minim o
il rischio d’ impresa e di beneficiar e, insieme a “cosa nostra”
nel suo insieme, dei vantaggi, sia economici che operativi,
che derivano da tale complesso si stema criminale.
Come già si è accennato, tutt avia, anche all’ imprenditore
“cliente” son o ri chieste delle c ontr o prestazioni nec essarie e
confacenti alle regol e interne del sodalizio mafioso “cosa nostra”.
Ad esempio, dall’esperienza giudiziaria (v., nel presente processo, le dichia razion i sul p unto d i Angelo Siino e Antonino
Giuffrè nonch é pa rte delle sentenze definitive prodotte) emerge come tutti gli imprenditori – anche quelli “vicini” e sinanco quelli formal mente affiliati
- siano tenuti al pagam ento
della “m essa a posto”, i n favore della famiglia mafiosa terr itorialmen te competente, in occasione di lavori da eseguire in
un determinato contesto locale.
163
Da ciò deriva, co me logica conseguenza, che il solo fatto di
versare il piz zo non con sente di escludere la natura mafiosa
di una impresa e del suo titolare.
Difatti, come è noto, esistono imprese costrett e a pagare
somme di denaro a tito lo di p izzo e/o di tangente che operano stabilmente in combutta o in società con esponenti mafi osi ed imprese che si limit ano a subire detta imposizione solo
per sopravvi vere e senza avere alcun altro rapporto con “cosa
nostra” ed i su oi adepti.
Sotto tale profilo, dunque, la tesi sostenuta dall’Aiello, come
si vedrà, non appare esaustiva e conducente.
Posto che il pag amento del pizzo è un onere obbligatorio richiesto a tutti gli imprenditori operanti in determ inati settori, siano essi legati a “cosa nostra” o sue vittime, il fatto di
avere versat o somme a tale titolo ad esponenti di detta organizzazion e non cos tituisce, di per sé solo, elem ento di valutazione in grado di escludere la p artecipazione di un impr enditore all’ associ azione mafiosa.
A
meno
di
non
voler
riconoscer e
che
anche
gli
uomini
d’onore-i mprend itori pa ghino in quanto subiscono la forza di
intimidaz ione della loro stessa or ganizzazione criminale (divenendo quindi vittim e di se stessi).
Occorre, cioè, profondere un ulteriore sfor zo allo scopo di
comprendere se il ver samento della “messa a posto” costituisca una forma adesiva di f inanziamento ovvero i l mero frutto
di una violenta e/o m inacciosa imp osizione.
Come si vedrà megl io in seguito, il complesso delle emergenze
processuali dimost rerà come, nel caso dell’Aiello, si sia tra ttato della consapevole adesione a d un “patto di protezione”
con “cosa nostra” i cui caratteri peculiari saranno oggetto d i
ulteriore appro fondim ento.
Tra le due c ategorie dianzi descritte (l’imprenditore cliente e
quello vittima), inoltre, ne esiste una terza che rende ancora
164
più complessa ed arti colata la valutazione delle cond otte in
un’ottica prett amente penalistica.
Ci si riferisce al compo rtamento di quegli imprenditori collusi
ma lega ti da una rel azione solo strumentale a "cosa nostra"
(c.d. imp renditori strumentali).
Si tratta di soggetti che instaur ano con "cosa nostra" un accordo limitato nel tempo e definito nei contenuti, negoziando
caso per c aso l’eventu ale reiterazione del patto secondo le esigenze conting enti.
Essi accettano di collaborare con gli esponenti mafiosi sulla
base di una co nsiderazione utilit aristica del contesto am bientale in c ui svo lgono la loro attività.
Le interazioni tra i mafi osi e questi imprenditori sono regola te dalla logi ca del lo scambio ed escludono una comunanza
che non sia di natura economica: nonostante l’intesa raggiunta, ciascun a delle parti mantiene la propria peculiare fisionomia e conserva interessi differenti, anche se complementari t ra di loro.
La motivazione contin gente d ell’imprenditor e rima ne quindi
autonoma rispet to all e finalità pr op rie del sodaliz io mafioso.
Nelle condotte degli i mprenditori “strumentali”, di regola,
non
sono
riscont rabili
gli
estremi
della
partecipazione
all’associazion e; p ossono, però, ra vvisarsi i requisiti del concorso esterno quan do i l rap porto di scambio da essi instaurato sia f unzion ale al conseguimento di un reciproco va ntaggio
economico ed induca l’imprenditor e a fornir e all’associazione
criminale prestazioni utili, in misura considerevole o c omunque non in differente, al mantenimento ed al raffor zamento
della sua struttura, organizzazione ed attività.
Appare coerente con qu esta impostazione l’or ientam ento della Suprema Corte (Cass. Sez. I sent. n. 84 del 1999, ric. P.M.
in proc. Cabib), secondo cui, laddove manchi una cond izione
di inelu ttabile coartazio ne suscettibile di far considerare il
soggetto
come
vittima
di
165
e storsioni,
la
cond otta
dell’impr enditore
che,
nell’attivarsi
per
l’acquisizione
dell’appalto di un’opera pubblica, a bbia contemporaneamente
instaurat o rapporti con il ceto politico-amminist rativo (per
assicurarsi l’aggi udicaz ione del contratto) e con or ganizz azioni camorristiche (per rimuovere gli ost acoli all’esecuzione
dei lavori, accol landosi un progr ammato costo concordato
sulla base di un “patto di protezione”) deve ricondursi, rispettivam ente, all’art. 416 bis c.p . se vengono accertati la
compenetr azione e l’in quadramento nell’organismo criminale,
oppure alla fattispecie del concors o ester no, se si riscontra
l’esisten za di un contributo consa pevole e volontar io per il
mantenimento e il con solida mento dell’organizzaz ione mafiosa.
Sempre più di frequent e dall’espe rienza giud iziaria emerge
una precisa con ferma a quanto sostenuto, ne ll’ambito del
presente processo, dal collabor ator e Antonino Giuffrè a proposito dell’attivarsi spontaneo e preventivo della maggior
parte degli imprendi tori, i qual i, prima ancora di ricevere
qualche sp ecifica minaccia, si r endono parte diligente cercando un in termed iario per “metter si a posto” in relaz ione ad
una determinata opera da realizzare.
Tali imprenditori, ci oè, essendo ben consap evoli delle regole
stabilite dal sodalizio, si attivano in via preventiva dimostrandosi “a disposizione” per stabilire un accordo preciso
con gli e sponen ti mafiosi.
Appare ben chi aro ed evidente come, in ta li casi, il pagamento della “messa a posto” non viene vissuta come una ingiusta
vessazion e, ma viene condivisa ed accettata, quasi come regola di vita, allo scopo di ottenere a tutti i costi un guadagno.
Il criterio del reciproco vantaggio e della condivis ione (stabile
od occasion ale) dell a regolamentazione illecita stabilita dal
sodalizio consente, quindi, di distinguere il modus operandi
dell’impr enditore colluso da quello del c.d. imprenditore “su166
bordinato”, le cui attività sono sottoposte a l vessatorio controllo dei mafiosi mediante il meccanismo della estorsione e
della protezion e passiva.
L’imprend itore subordina to, inver o, è assoggetta to a "cosa
nostra" attraverso un rapporto, non intera ttivo e condiviso,
ma
fondato
sulla
mer a
intimida zione
che
determina
per
l’azienda costi innaturali senza alcun reale beneficio.
Da tale ti po di imprendi tore l’orga nizzazione mafiosa pretende prestazi oni speci fiche, consistenti di solito nel pagamento
di somme di denaro , senza offrirgli, in cambio, nulla di concreto, se non una garanzia (peraltro del tutto p rovvisoria e,
sovente,
anche
a leatori a)
di
poter
continuare
a
svolger e
l’attività econ omica.
Fornisce, cioè, protezione da pericoli che essa stessa det ermina o paventa.
La finalizzazione della condotta ad ottenere condizioni di
vantaggio consente di delineare con chiarezza, a nche sul piano del disva lore penale, la differenza tra l’imprenditore colluso e la vittim a delle estorsioni mafiose: la collusione si inserisce in un’ottica di tipo sinallagmatico, dominata dal “do ut
des”, ed ali menta la circolarità del ritorno di utilità reciproche tra impresa e criminalità orga nizzata, riflettendosi negativamente sull’int ero mercato, di cui vengono alterati gli equilibri e falsati i meccanismi.
Per gli imprenditori subor dinati si verifica, invece, una situ azione d i co strizione e non di cointeressenza, che è tale da escludere ogni responsa bilità penale (cfr. in tal senso Cass.,
Sez I, 11 ot tobre 2005 n.46652, imp. D’Orio, secondo cui “In
materia di partecipazione ad associazione di stampo mafioso è
ragionevole considerare “imprenditore colluso” quello che è entrato in rapporto sinallagmatico con la cosca tale da produrre
vantaggi
per
entrambi
i
contraenti,
consistenti
per
l’imprenditore nell’imporsi nel territorio in posizione dominante
e per il sodalizio criminoso nell’ottenere risorse, servizi o utili167
tà; mentre è ragionevole ritenere “imprenditore vittima” quello
che soggiogato dall’intimidazione non tenta di venire a patti
con il sodalizio, ma cede all’imposizione e subisce il relativo
danno ingiusto, limitandosi a perseguire un’intesa volta a limitare tale danno. Ne consegue che il criterio distintivo tra le due
figure è nel fatto che l’imprenditore colluso, a differenza di
quello vittima, ha consapevolmente rivolto a proprio profitto
l’essere venuto in relazione con il sodalizio mafioso”).
All’interno della su perior e ricostr uzione giurisprudenziale del
rapporto mafia-impres a va inserita , sia pur e in questo passaggio i n ter mini solo genera li, l a f igura ed il ruolo di Michele Aiello .
Come
apparirà
più
evident e
nella
succe ssiva
disamina,
l’Aiello ha certament e stipula to un tipico “patto di protezione” con “cosa n ostra” dotato di alcuni car atteri impr escind ibili quali la costanza e l’ invariabilità nel tempo e la sinallagmatici tà del le reciproche prest azioni.
Deve, i nvero, escl udersi che l’imputato fosse costretto, di volta in volta, a n egoziare i termini contrattuali del proprio rapporto di i nteraz ione con il sodalizio, come nel caso del c. d.
imprendit ore strument ale.
Anzi, dalla istruzio ne dib attimenta le è rimasto dimostr ato (e
confermato dalla stessa a mmissione dell’imputato sul punto)
che
l’associazione
mafiosa
e
l’Aiello
avevano
concordato
un’entità di “messa a posto” (7 milioni di lire per ciascuna
strada interpoder ale) che è r imast a tale per oltr e dieci anni,
senza nemmeno un adeguamento economico o una modif ica
integrati va.
Inoltre, lo stesso B ernardo Provenzano (all’epoca latitante e
capo asso luto e riconosciuto di “cosa nostra ”) aveva previsto
uno speciale sistema di veicolazione interna delle autorizzazioni e dei pagamen ti che, transitando dirett amente dalla sua
persona, era stato applicato per tutte le strade interpoderali
168
eseguite in anni ed ann i di attività ed in tutto il territorio
della reg ione.
Alla stessa stregua è rimasto dimostrato, come meglio si dirà
in segu ito, come le due parti contr aenti il patt o di protezione
si siano assicurate vicen devolmente delle prestazioni di sicuro rilievo per i loro reciproci interessi.
L’inquadramento della figur a dell’Aiello negli schemi previsti
dalla giurisprudenza di legittimità, dunque, appare univocamente orientato verso i l pa radigm a dell’imprenditore colluso
che ha con tratto un patto stabile con l’orga nizzazione ma fiosa nella piena consapevolez za di fornire delle contropres tazioni fun zionali al co nseguimento, anche pa rziale, dei suoi
obiettivi criminali.
Va aggiu nto, inoltre, com e le emergenze p robatorie ab biano
delineato la figura di Mic hele Aiell o come quella di un grande
tessitore di relazi oni inte rpersonali che, anche al di là del lecito, e rano finali zzate, in modo str umentale, allo sviluppo del
proprio g ruppo di imprese.
A parte i l circuito relazionale con esponenti politici (ad es. lo
stesso Cuf faro), istituzionali e della Pubblica Amministrazione, l’impu tato ha dato chiara prova di riuscire ad avvicinare
e “tener e buon i” pressocchè tutti i soggetti che, in q ualche
modo ed a qu alsiasi livello, avessero un ruolo nello svolgimento della sua attività imprenditoriale.
Da Iann ì, a Prestigiacomo, dalla La Barb era e Calaciur a a
Venezia, da Gi ambruno a numerosi altri funzionari, tutti erano stati avvicinati dall’Aiello che, attraverso un variegato
sistema di corrutt ele, promesse di assunzioni di parenti e favori di vario gen ere, aveva costruito un reticolo di protezione
attorno ai suoi affari.
Sotto un certo profilo, tale modo di agire dell’Aiello è riscontrabile anche nelle sue modalità di interazione con “cosa nostra, con la quale egli ha sc elto di venire a patti, nell’ottica
169
di un ulteriore passaggio funzionale allo sviluppo imprenditoriale che ha tanto pervicacemente ricercato.
E con essa, come vedr emo, ha stipulato un patto di protezione che prevedev a, a fronte del pagamento di somme di dena ro
tutto sommato assai modeste rispetto al suo giro di affari e
del pas saggio di impor tantis sime notizie riservate, di ottenere
sicurezza , protezi one, facilitazioni con le famiglie mafiose de i
numerosi l uoghi dove apriva i suoi cantieri e , soprattutto, libertà di operare in tem pi estremamente più rap idi e con modalità standardizzate, cir costanze che per un imprenditore
costituiscono un enor me vantaggio rispetto alla concorrenza.
Tutti questi aspetti sa ranno oggetto di un, ben più articolato,
approfondimento che si sv ilupperà, di qui a breve, in relazione
alla
contestazione
principale
di
partecipazione
all’associazion e di tipo mafioso.
La posizi one di Michele Aiello
Poiché Michele Aiello è chiamato a rispondere di numerosi
reati et erogen ei e comun que fondati su piani probatori talora
solo parzialm ente coincidenti, l’ana lisi critica della sua posizione processuale necessariamente comporta una ripartiz ione
delle pri ncipali tematiche in vari ca pitoli.
La prima e più grave contestazione avanzata nei suoi confronti atti ene al reat o di partecipazione all’a ssocia zione mafiosa “cosa n ostra” ex art. 416 bis, commi I, II, III, IV, VI cod.
pen..
In precedenza il Collegio ha preso in esame alcuni aspetti d i
diritto aventi porta ta generale che qui devono, ovviamente,
intendersi espressamente richiamati per la loro stretta attinenza al caso.
In parti colare, si inten de fa re riferimento alla disamina del
reato
di
partecipazio ne
all’associazione
di
tipo
mafioso,
dell’ipot esi di concorso nel suddett o reato, delle problematiche affer enti al c.d. “i mprenditore mafioso”, del percorso giu170
rispruden ziale concern ente, in mod o particolare, l’evoluz ione
e l’operatività dell ’associ azione denominata “cosa nostra” in
Sicilia e dei criteri int erpretativi delle dichiara zioni dei c.d.
collaboratori di Giustizia.
Per
le
loro
evidenti
implicazioni
rispetto
alla
posizione
dell’Aiel lo, i suddetti principi di diritto costituiscono la b ase
concettuale e la piattaforma giur isprudenz iale dalle quali
muove l’a nalisi criti ca svolta da questo Trib unale.
Prima di entr are nel merito delle a cquisizioni probatorie appare, tuttavia, opportuna una ulteriore premessa di ordine
sistemati co r iguardante il tenore letterale e la struttur a del
capo di i mputaz ione sub A), così come formulato da l P.M..
A Michele Aiello, invero, viene contestata la partecipazione
all’associazion e mafiosa “cosa nost ra” unitamente ad alcuni
pericolosi uomi ni d’onore che nel te mpo hanno ricoperto ruoli
anche di primari o rilievo in seno al sodalizio, tra i quali spicca sicuramente Bernard o Provenzano, come è noto, per parecchi an ni al vertice assoluto di de tta associazione.
Come si vedrà, lo specifico ruolo contestato all’im putato consiste sostanzialment e nell’aver operato p er diversi anni in
modo da rapprese ntare una “cerniera” tra gli uomini d’onore,
il mondo d ell’impresa, la pubblica amministr azione ed alc uni
importanti settori dell a vita politica ed amministrativa nonché un prezioso informa tore in or dine a numerose iniziative
di indagine in corso di svolgimento sia sul sodaliz io mafioso
che sulla latit anza dei suoi capi più pericolosi.
Sotto il profilo dell a struttura del capo di imputa zione, più in
particolare, la contestaz ione del reato associativo si a rticola
in alcune preci se e ben determinate frazioni di condotta,
consisten ti in:
1) gestione di appalti pubblici e lavori priva ti;
2) raccolta di infor mazioni da pubblici ufficiali fina lizzata alla tutela dell’organi zzazione mafiosa “cosa nostra” ed in particolare l’a cquisizione di molteplici informazioni e notizie,
171
coperte da segreto che lo stesso Aiello trasferiva, almeno in
parte, ad a ltri esponenti mafiosi tr a i quali Eucaliptus Salva tore;
3) finanz iamento di tale organizzazione mediante l’erogazione
di ingenti somm e di denaro contante;
4) concreta d isponi bilità all'assunzione, pr esso imprese e società a lui facent i capo, di soggetti segnalati d a componenti
dell'organizzaz ione m afiosa, tra i q uali anche i fra telli Rinella
di Trabia ed Eucaliptus Nic olò di Bagheria.
Tali articol azioni della cond otta partecipativa possono, pertanto, inquadrarsi si stematicamente in due diversi settori di
intervento: il primo connes so al r uolo ed all’attività di imprenditore svolta dall’im putato e l’altro a quello di “fonte riservata” in g rado di for nire preziose inform azioni su indagini
in corso di svo lgimen to.
In entramb i i casi si tratta di condotte che qualifi cano in
modo pecul iare la posizione dell’Aiello, il quale ha rappresentato per vari moti vi un punto di riferimento estremamente
prezioso per l’ associ azione “cosa nostra”.
Ed invero, per quanto attiene allo specifico profilo imprenditoriale, l’Aiello – quale imprenditore leader nel settore della
sanità pri vata e nella rea lizzaz ione delle str ade di penetrazione agraria (c.d. strade interpoderali), autore di una asc esa
economica che lo h a visto anche divenire il primo contribue nte siciliano – stip ulando un c.d. patto di p rotezi one con “cosa
nostra”, ha ri coperto un ruolo di primaria importanza per tale associ azione, confermato dal diretto e personale coinvolgimento di Bern ardo Provenzano nella sua “gestio ne”.
Altrettan to se non addirittura an cor più rilevante appa re,
poi, l’altro specifico aspetto della sua condotta partecipativa,
connesso all ’attività di acquisizione e di rivelazione di inf ormazioni riserva te, coperte dal segreto d’inda gine.
Ovviamente si i ntende fare r iferimento non alla rivelazione
delle
inform azioni relative alle indagini e d ai procedimenti
172
penali a carico dello stesso Aiello e delle sue impr ese (oggetto
di altre impu tazion i nel l’ambito del presente processo) ma di
tutte q uelle notiz ie ri servat e aventi ad oggetto le attività di
investigazione con dotte – da varie articolazioni della forze
dell’ordi ne ed, in particolare, da l Raggruppamento Operativo
Speciale dei Carabin ieri - nell’ambito delle attiv ità di contrasto a “cosa n ostra” in g enerale ed alle att ività di ric erca dei
latitanti Bernardo P rovenz ano e Matteo Messina Denaro più
in partic olare.
Anche in questo caso appare evidente l’importanza assoluta
del ruolo ricoper to da ll’imputato per “cosa nostra” e per i
suoi verti ci, attesa l’estrema dif ficoltà di reperire soggetti in
grado di riuscir e ad ottenere infor mazioni coperte dal massimo segreto provenienti dall’inter no delle Istituzioni ed, in
particolare, d alle diverse str utture investigative oper anti sul
territori o.
Complessi vamente
considerato,
d unque,
l’a pporto
fornito
dall’impu tato a ll’associazione in parola risulta così for temente intr iso d i connotazioni peculiari connesse proprio alle caratterist iche del la sua persona, del suo ruolo sociale ed i mprenditoriale, del suo fi tto complesso di r elazioni interpers onali (a partire dal semplice bur ocr ate, dal carabiniere o dal
dipendent e dell a P.A. per finire al grand commis, al professore universit ario ovvero al Presidente della Regione), da renderlo pressocchè unico o, quantomeno, non facilmente sostituibile.
All’esito della compiu ta istr uzione dibattimentale, le pa rti
hanno fornit o due ricostruzioni antitetiche de lla figur a e del
ruolo di Michel e Aiello.
Il P.M. ha so stenut o che l'ingegner e Michele Aiello ha stabilito un vero e proprio “p atto di protezione” con l’organizzaz ione
mafiosa, quan tomeno a partir e dai primi anni 90, ed, in modo parti colare, con i ver tici della famiglia m afiosa di Bagheria
173
e con l’al lora capo asso luto dell’int era “cosa nostra”, Bernardo Provenzano.
Tale pat to di protezione, sem pre secondo la pub blica accusa ,
è stato modul ato secondo il paradigma tipico dello sc ambio di
utilità tra l’im prendi tore mafioso e l’organizza zione, nel se nso che il pr imo frui sce dell’appoggio dell'associazione per
conseguir e, attraverso una sistema tica alterazione delle nor mali regole di mercato fonda ta sulla violenza e sulla prevaricazione, uno sviluppo economico ed una posizione di potere
altrimenti certa mente non conseguibili e,
di converso,
è
chiamato a forn ire una controprestazione che avvantaggia il
sodalizio mafioso sia sotto l’aspetto finanziario che sotto altri
e diversi profili, talora ancor più significativi.
Nel caso dell ’Aiello tale controprestazione si sa rebbe estri nsecata attr averso l e varie condotte specifica te nel cap o di imputazione e cioè:
- nell’impegn o a finanziare l’organizzazione attr averso il
versamento sistematico di cospicue somme d i denaro in favore
delle
sue
articol azioni
ter ritoriali
di
competenza,
nell’ambi to del sistema della c.d. “ messa a posto” ovvero mediante spontanee elargizioni indipendenti d alle attività in
corso;
- nell’impeg no all’ass unzione di personale segna lato dagli uomini d’on ore ed all’eventuale accettazione di forniture
(inerti, movimento terra etc. etc. ) da parte di imprese vicine
all’organ izzazione;
- nell’impegno ad assicurare una funzione di tra mite
con espon enti p olitici, pubblici amministrat ori locali ed altr i
rappresen tanti delle Istituzioni;
- ed, infine, nell’impegno a reperir e e trasmettere informazioni r iserva te su at tività di indagine in corso sia in tema
di ricerca di latitan ti che su “cosa nostra” in generale.
L’esisten za di detto patto, secondo il P.M., delinea la figura
di un impren ditore e di un uomo di potere che ha messo a n174
che al serv izio della mafia la pr opria attività e le proprie specifiche competenze e che, conseguentemente, è divenuto partecipe co nsapevole dell’associazione mafiosa “cosa nostra ”.
Viceversa, la tesi sostenuta dallo stesso imputato nel corso
del suo lunghissimo esame, si fonda sul tentativo di dim ostrare un suo ruol o succube d i fronte al sodalizio mafioso, il
quale lo avrebbe costa ntemente vessato e sottoposto ad estorsioni e pretese i ndebite di ogni tipo.
Attraverso lo scrutinio critico delle emergenze pr ocessuali, a
giudizio del Collegi o, la dicotomia tra le due tesi contrapp oste – se cioè l’Aiel lo sia stato una vittima o un complice di
“cosa nostra” – va serenam ente risolta in modo univ oco mediante l’ adesio ne all ’impostazione accusatoria.
A tale conclusione il Tribunale è pervenuto non in forza di
congetture o della maggiore o minore suggestività dei rispettivi percorsi interpretativi seguiti dalle pa rti ma sulla scor ta
della ricognizione del le numerose prove emerse nel corso del
dibattimento.
Si tratta, in veri tà, di un autentico comple sso probatorio
fondato su dich iarazi oni di collaboratori di giustizia, a ttività
investigative, riscontri individualizzanti, dichiarazioni rese
da test imoni, cons ulenti ed imputati di quest o processo ed
altri co imputa ti ex art. 210 c.p.p. , conversazioni oggetto di
intercettazioni telefoniche od ambientali e di documenti.
Tutte queste eterogenee fonti di pr ova, infatti, esaminate secondo i sudde tti p arametri fissati dalla giurispr udenza di legittimità h anno for nito un quadro complessivo e sistematico
che ha un ivocamente confermato la tesi acc usator ia.
Tale disamin a dell’imponente complesso di prove non si è basata su una visione puramente contestualizzante ma si è articolata veri ficando un a ad una le varie f onti secondo i ricevuti prin cipi di diri tto stabiliti dalla più recente giurisprudenza di legittimità.
175
Fatta quest a dover osa prem essa, a giudizio del Collegio occorre avviare il ragi onamento interpretativo prendendo le
mosse dalle dich iarazio ni rese nei confronti dell ’Aiello da
parte del colla borato re di giustizia Antonino Giuffr è.
In relazione al reato in esame, invero, dette dichiar azioni,
vuoi per il livel lo di estrema attendibilità del chia mante vuoi
per la loro ampiezza e complessità, costituiscono il nece ssario punto di pa rtenza della presente disamina.
Del resto, come ha pr ecisato lo stesso P.M., proprio le dichiarazioni rese dal Giuff rè hanno costituito lo spunto iniziale
delle indagin i a carico di Michele Aiello, trattandosi di una
vera e pr opria chiamata di correo, immediatamente verificata
attraverso ulterior i ed estrinseci elementi di riscontro individualizzan ti.
Prima di ent rare nel merito d elle specifiche dichiar azioni rese
dal collaborato re, tu ttavia, occor re descriver e, sia pure sinteticamente, la figura ed il ruolo di Antonino Giuffrè e poi esaminare il suo percorso collaborativo e gli esiti sin qui conseguiti a seguito della sua collabor azi one con lo Stato.
Quella di Anton ino Giuffrè, infatt i, è senza alcun dubbio una
delle princi pali collaborazioni di c ui la magistratura italia na
si sia potuta avval ere ed anche una delle più recenti e q ualificate in consideraz ione della dura ta e della posizione di assoluto vertice ricoperta dal collaboratore in seno a “cosa nostra”.
L’esame prelimi nare d ei superiori aspetti, dunque, risulta
imprescindibile allo scopo di dimostrare l’elevato livello di attendibili tà intr inseca d el dichiarante, così come richiesto
dalla giurisprudenza di legittimit à.
Agli atti del presente p rocesso sono stati acquisiti, sul consenso delle parti , alcuni documenti di sicuro interesse e rilievo, quali il c.d . verbale illustr ativo della collaborazione
(come è noto previsto dalla più recente normativa in materia
di collab orazione con la Giustizia) ed alcune sentenze, passa176
te in autorità di cosa giudicata, nelle quali è già stata positivamente valutata l’attendibilità intrinseca ed estrinseca del
Giuffrè.
Anche sulla scorta d i detti d ocumenti emerge che il Giuffrè
Antonino, dopo essere stato tratto in arresto il 16 aprile 2002
a seguito di un lun go periodo di la titanza, ha iniziato a collaborare con l’au torità giudiziaria nel successivo mese di
giugno 2002.
Dopo l’assunzio ne degli imp egni pr evisti dalla l.n. 45/2001 e
la sottoscrizio ne del verbale illustr ativo della collaboraz ione,
il Giuffrè è stato am messo in via definitiva allo speciale programma per i collaborator i di giustizia, se nza m ai dare adito
ad alcun rilievo disciplina re.
Prima ancor a di rendere le proprie dichiarazioni, Antonino
Giuffrè ha co nsentito agli inq uirenti (v. deposizioni di ???) di
ottenere n ell’im mediato importanti sviluppi investigativi nella
ricerca d i lati tanti anche attra verso il rinvenimento, su sua
precisa indicazione, di numer osi b iglietti – i c.d. “pizzini” –
provenien ti dir ettamente da Bernardo Provenzano.
Inoltre, ha, sen za alcuna indecisione, ammesso tutta una serie di reati dei quali er a accusato e ne ha disvelato numer osi
altri in relazi one ai quali non era neppure sospettato e della
cui esist enza g li inq uirenti erano a ncora all’oscur o.
Il Giuffrè ha, poi, reso dichiarazioni, sia nella veste di imputato di re ato co nnesso che in quella di imputato, in pressocchè tutti i più imp ortanti processi svolti negl i ultimi anni su
“cosa no stra” sicili ana, consent endo di ottenere la co ndanna
definitiva di u n numero not evole di esponenti mafiosi.
Nell’ambi to di detti processi, il suo prezioso contributo coll aborativo è stato valu tato positivamente da diversi organi giurisdizion ali che h anno unanimemente riconosciuto l’eleva to
livello della sua attendibilità intrinseca.
Agli atti d el p resente pr ocesso, sul consenso delle parti, sono
state riversate alcun e di d ette sentenze, ed in par ticola re:
177
- la sentenza in data 6 maggio 2004 (doc. n. 28 della produzione del P.M. all’udienza del 10 maggio 2007) con la quale la
Corte di Cassaz ione ha confermato la decisione della Corte di
Assise di Appello di Ca ltanissetta in data 8 luglio 2003 contro Riin a Salvatore e altri, imputati del fa llito attentato dell'Addaura, commesso il 21 giugno 1989 nei confronti di Giovanni Falcone (nell a quale, tra l’altro, si dà a tto del ruolo
verticistico in sen o a “cosa nostra ” ricoperto dal Giuffrè già
da epoca precedente alle st ragi de l 1992-1993);
- la sentenza in data 27 febbraio 2 003 (doc. n. 10 e 11 della
suddetta produzione del P.M.) con la quale la Corte di Appello di Palermo , confermando la condanna di La Barbe rà Nicolò
per il reato di partecipazione all’a ssociazione mafiosa, quale
appartenente alla famiglia mafiosa di Mezzojuso, ha r iconosciuto p iena attend ibilità ed ha attribuito significativa ril evanza alle dichiarazioni con le quali il Giuffrè ha ricostruito i
suoi rappo rti con Sp era Benedetto e con Provenzano Ber nardo (indicando luoghi, modalità, tempi ed oggetto delle numerose riun ioni di vertice tenutesi in territorio di Mezzojuso) e
con altri i mportanti capimaf ia, tra i quali Cannella Tomm aso
e Lipari Giusep pe;
- la sentenza in data 12 dicembre 2003, definitiva in data 22
novembre 2006
(doc. n. 16 e 17 della suddetta produzione
del P.M.) con l a qual e il G.U.P. pr esso il T ribunale di Palermo, a seguito di giudi zio abbrevia to, ha condannato Lipar i
Giuseppe ed al tri im putati per il reato di cui all’art. 416 bis
c.p., ribadendo il giudizio di p iena attendibilità del Giuffrè,
che aveva tra l’al tro descritto le attività di un ristretto gruppo di uomini d’onore fedelissimi a Bernardo Provenzano;
- la sentenza i n data 27 febbraio 2004, confermata in app ello l’11 febbraio 2005 (doc. n. 1 2 e 13 della cita ta pr oduzione
del P.M.) con la quale il G. U.P. presso il Tribunale di Paler mo
ha condannato per il reato di par tecipazione all’associazione
mafiosa “cosa n ostra” Rine lla Diego ed altr i appa rtenenti alle
178
famiglie mafi ose di Trabia e d i Ter mini Imerese, confermando
la pien a attendibi lità del collaboratore ed anche il suo ruolo
di capo del mandamento m afioso di Caccamo fino al suo ar resto.
L’esame congiunto delle sud dette motivazioni consente di affermare come in ordine al collaboratore Giuffr è si sia già
formato e cr istall izzato , sulla scor ta delle aut onome valutazioni di p iù Autorità Giudiziarie, un conver gente giudizio di
piena attendib ilità intri nseca, basato sulla serietà del suo
impegno collaborativo, sulla valenza qualitat iva delle sue dichiarazioni, s ulla loro costanza, linearità, conducenza e pr ovenienza.
Come si dirà nel prosieguo, tale giudizio ampiamente positivo
va ribadito e confermato anche in questa sede, posto che la
collaborazione del Giuffr è è apparsa connotata da alcune caratterist iche che, per molt i versi, la rendono quasi unica nel
panorama delle collaborazioni di ex uomini d’onore con lo
Stato.
Antonino Giuffrè, invero, al momento del suo arres to era ca po del mandamento di Caccamo, il cui territorio di influenza
è notoriamente assa i esteso, ed er a uno dei pr incipali collaboratori e dei fedeli ssimi del capo assoluto di “cosa nostra”,
Bernardo Proven zano, all’epoca la titante.
Nonostante le difficoltà operative connesse allo stato di latitanza di ent rambi, il Giuffr è si teneva in strettissim o contatto con il Proven zano, sia attr averso i c.d. “pizzini” (termine
oramai di venuto di uso comune dopo l’arresto del Provenzano) che i due si scambiavano con frequenza quasi giornaliera
attraverso una fitta rete di favoreggiatori, sia mediante incontri dirett i ch e si verificava no con cadenza dapprima settimanale e poi all’incirca q uindicinale.
Il Giuf frè, peralt ro, era un “corleonese” d’adozione nel senso
che tradiz ionalm ente er a da sempr e rimasto vicino a l Proven-
179
zano, s in da i tempi i n cu i questi non era ancor a il capo ind iscusso de ll’int era organizzazione mafiosa.
Tra i due capi, pertanto, sia per la vicinanza di età che, soprattutto , per la comunanza di intenti e la condivisione delle
strategie generali di “cosa nostra” sussisteva , fino al 16 aprile del 2002 (data dell ’arresto del Giuffrè), un profondo rapporto di amiciz ia e confide nza, sia sul piano personale che su
quello strettamente diri genziale rispetto alle dinamiche del
sodalizio mafioso.
Tale rapporto è risul tato comprova to in modo inequivocabile
dall’impo nente mole dei “pizzini” rinvenuti e sequestrati sia
al momen to dell’arr esto che dopo l’avvio della collaborazione
del Giuffrè (e proprio grazie alle sue indicaz ioni).
Si tratta di decin e di bigliettini che i due boss si erano
scambiati n egli ultimi tempi e che il Giuffrè ave va conservato
per avere prova delle decisioni adottate dal Provenzano o con
lo stesso concordate.
Tale premessa a ppare del tutto indispensabile allo scopo di
comprendere sia il livello verticistico del ruolo ricoperto dal
Giuffrè
all’interno
di
“cosa
nostra”
che
la
profondit à
e
l’intensi tà del rappor to di am icizia e di confidenza che lo l egava al Provenz ano.
Pertanto, nel valutare quelle affer mazioni riferite dal Giuffrè
in quanto apprese direttam ente dal Provenzano, si deve tenere conto dello spesso re intrinseco del collabor atore e del rapporto pri vilegiato ch e lo l egava al Provenzano.
Questi due f attori , se congiuntam ente valutati, danno la cifr a
del livello di atten dibili tà che deve riconoscer si alle parole
del colla borato re.
Si tratta, in vero, di confidenze della massima ser ietà che d ue
capi storici di “cosa nostra” legati da un profondo rapporto
personale si sc ambiavano nel corso di riunioni estre mamente
rischiose attes o lo stato di latitanz a di entr ambi.
180
Ovvero che si comu nicava no mediante il ricorso ai pizz ini per
la consegna dei quali era stata messa in piedi una rete di favoreggiatori talm ente com plessa ed articolata che in nessun
caso (fatta eccezion e del l’arresto dei due) le forze di polizia
sono mai riusci te ad interce ttarne uno.
Come appare chiaro, un siffatto contesto non lascia spazio ad
alcuna possibil ità che i due si sia no scambiati informazioni
false o peggio anco ra millanterie, posto che entr ambi erano
tenuti al vincolo dell a verità e che anche una sola menzogna
avrebbe s catena to con seguenze fac ilmente intuibili.
Del res to n on vi er a al cuna ragione che i d ue s i mentissero
(cosa ovviamente mai accaduta secondo il Giuffrè), atteso che
entrambi er ano lega ti da un ant ico e profondo rapporto di
amicizia e tradi zional mente si er ano sempre trovati sullo
stesso fronte interno alle dinamiche di “cosa nost ra”.
In conclusio ne, dunq ue, il colla boratore Giuff rè per il ruolo
verticistico ricoperto si no al suo a rresto, per la durata della
sua appartenen za a “cosa nostr a”, per il livello apicale delle
sue con oscenze, per il rappor to costante e diretto con Be rnardo Provenzano e con altri im portanti uomini d’onore, per
le cara tteristiche quali tative del suo apporto collaborativo e
descritti vo (costanza, logicità, coer enza) deve ritenersi intr insecamente attendibile, alla luce dei parametri fissati dalla richiamata giurispruden za di legittim ità.
Né un siffatto giudiz io può risultare minimamente sca lfito
dalla circo stanza, dedotta dalla difesa, che il Giuffrè dura nte
la sua carcerazione avrebbe avuto la possibilità di leggere su
alcuni qu otidiani, ed in particolar e sul “Giornale di Sicilia”,
notizie concern enti M ichele Aiello.
A tale conclusione d eve sicuramente pervenirsi sulla base d i
un argo mento logico e cronologico del tutto inequivocabile : la
collaborazione del Giuffrè è stata a vviata e si era già, per così dire, cristallizzata in epoca assai precedente al 6 novembre
2003, data a partire dalla quale i mezzi di inf ormazione han181
no cominc iato ad occuparsi d ella f igura di Michele Aiello in
relazione a “cosa nost ra” (cioè a partire dal moment o del suo
arresto).
Il Giuffrè, invero, ha sottoscritto il verbale illustrativo della
collaborazione (in atti) in data 11 d icembre 200 2 ed in quella
sede ha reso tutte le di chiarazioni riguardanti l’Aiello che poi
ha puntualmente ri badito nel cor so del suo esame diba ttimentale.
Da ciò conseg ue ch e il termine di 180 giorni, imposto dalla
legge al collaboratore per rendere le sue dichiarazioni, era
decorso parecchio tempo prima de ll a data - 6 novembre 2003
- a partire dalla qu ale egli, in ipotesi, avrebbe potuto leggere
sui quotidiani le notizie relative all’arresto d ell’Aiello per associazion e mafiosa.
Di talchè deve, senza alcun dubbio, escludersi che le dichiarazioni rese dal collabor atore Giuf frè in ordine all’imputato
Aiello possano essere state a nche minimamente influenzate
e/o condizionate dall’ester no att raverso gli organi di stampa.
E ciò soprattutto tenuto conto del fatto che le sue dichiar azioni in ordine alla figu ra dell’Aiello non hanno mostrato alcun difetto di pr ogressione accus atoria ed er ano già state
circoscri tte e cristallizzate molto tempo p rima dell’arresto
dell’impu tato.
Prima di entrare n el mer ito specifico delle dichiarazioni rese
nell’ambi to del presente pr ocesso dal Giuffrè, occorre premettere qualche b reve cenno sulla vita criminale e sul ruolo ricoperto dal col laboratore all’interno dell’associazione “cosa
nostra”.
Sull’accordo delle parti al presente fascicolo è stato acq uisito
il verbale di prova di un altro dib attimento (quello svoltosi
davanti al Tribunal e di Termini Imerese a carico di Biondolillo Giuseppe ed altr i) nella parte r iguardante , per l’ appunto,
le notizie personali di carattere generale riferite dal Giuffrè,
182
al chiaro sco po di evitare una lunga reiter azione delle medesime circostanz e da p arte del collab oratore.
In tale parte della deposizione il Giuffrè ha ricostruito il pr oprio percorso criminale all’interno di “cosa nostra”, spiegando le circosta nze, i tempi e le motivazioni della sua affiliazione alla suddetta organizzazione mafiosa e la progressiva acquisizion e di ruoli dirigenziali che lo hanno por tato ad essere
nominato “rappresenta nte” del ma ndamento mafioso di C accamo e compon ente eff ettivo della c.d. commissione provinciale di “cosa nostra”.
Il Giuffrè, inoltr e, ri feriva del ruolo speciale r icoper to d opo
l’arresto di Salvatore Riina (9.1.93), allorqua ndo Bernar do
Provenzano aveva ini ziato a guidare l’orga nizzazione avvalendosi di un ristret to numero di uomini d’onore di al to livello,
tra i quali certamente spiccava lo stesso collabora tore.
Infine, il Giu ffrè indica va i principali fatti dei quali si era reso autore nel corso dei suoi molti anni di militanza attiva
nell’organizzazione e precisava le modalità del suo arresto ed
il percorso personale che lo aveva portato ad assumere la
scelta di colla borare con l'Autorità giudiziar ia.
A tale proposito deve osservarsi come, pur nella consa pevolezza della sostanziale indifferenza dei motivi che possono
indurre un s oggett o a scegliere la via della collabora zione, la
ricostruz ione del perco rso i ndividuale seguito dal Giuffr è, la
serietà e la costan za del suo appor to all’A.G. appaiono davvero degni di not a pro prio per le caratteristiche soggettive del
dichiaran te e per il corrett o compor tamento process uale.
Ed invero, n ella valutazione delle caratteristiche intrinseche
del col laborante va ten uto conto de l ruolo di vertice assoluto
ricoperto dallo stesso nell’organigr amma dell’intera orga nizzazione “cosa n ostra”.
Il Giuffrè, infatti, entrava a far parte di tale organizzazione
fin dal 1980, anno in cui fu combinato come uomo d’ onore
183
della famig lia di Caccamo e divenne immediatamente il d elfino del vecchio ed autorevole boss della zona Cicci o Intile.
Già nel 1987, dopo u n breve interregno di Diego Guz zino,
Giuffrè succedeva ad Intile nella carica di reggente del mandamento di Caccamo, dapprima informalmente e subito dopo
con investitura ufficiale.
In tale veste il Giuffrè diventava componente sta bile della
commissio ne pr ovinciale pa lermitana di “c osa nostra” ed a ssumeva il controllo totale su un ter ritorio tanto vasto quanto
importante dal punto di vista stra tegico per l’orga nizzaz ione.
Latitante fin dal 1 994, il Giuffrè, per sua stessa ammissione,
ha preso parte attiva all e iniziative assunte dai più alti livelli
del sodalizio fin o al 16 aprile del 2002 quando venne tratto
in arresto dalle forze dell’ordine.
Ma, al di là dei ruoli di vertice ricoperti e della partecipazione ai più elevati livelli decisionali d ell’organizzazi one, ciò che
forse ai fini del presente giudizio caratterizza maggiormente
la figura del G iuffrè è il suo r app orto di intima amicizia e
confidenz a con colui che negli ultimi quindici anni, in modo
particolare, è stato il cap o assoluto di “cosa nostra”, Bernardo Provenzano.
Giuffrè, infatti, è stato i l vice del Provenzano, con il quale intratteneva un intenso rapporto epistolare e si incontra va
all’incir ca una volta ogni quindici-venti gior ni.
Nel corso di tali appun tamenti ovvero attraverso il frequente
scambio epistola re, i due boss concordavano strat egie, risolvevano ca si con creti ( messe a post o di aziende, pr oblemi interni all’ organiz zazion e etc.) e si scambiavano notizie e confidenze di assoluta segrete zza e significatività per l’intera “cosa nostra”.
Al di là del r uolo apicale e della ca ratura soggettiva del Giu ffrè, non vi è dubbio che la circostanza di avere intrattenuto
questo t ipo di rapporti con Bernard o Provenzano fino ad epo-
184
ca recentissima (aprile del 2002) r ende la sua collaborazione
per molti aspet ti uni ca ed irripetibile.
Oltre a ciò, ovviame nte, deve tenersi conto del tipo di apporto
fornito immediatame nte dal collaborante, il quale si è attiva mente adoperato al fine di consentire agli inquir enti la cattura del Provenza no (come è noto latitante da oltre 40 anni) del
quale h a an che fornito – unic o ca so nel corso di questi decenni – un aggiornato ident ikit.
Inoltre, il Giu ffrè f orniva numer ose indicazioni circa p ericolosi uomini d’ onore ed affiliati non ancora conosciuti dalle
forze dell’ ordine e cir ca beni ed attività economiche costituenti il frutto del rei nvestimento dei capitali di provenienza
illecita dell’o rganiz zazion e.
Il Giuffr è, poi , ammetteva la sua diretta partecipazione alle
fasi decisionali ed esecutive dei più terribili delitti consumati
negli ultimi vent i anni da “cosa nostra” (si pensi alle stra gi
del 1992 ed a numero si omicidi) e si spingeva fino a confessare la commissione di numer osi episodi criminosi de l tutto
ignoti ag li inq uirenti.
Queste caratt eristiche soggettive del collaboratore, in uno
con una precisi one degna senz’altro di nota (è stato escusso
dal Colleg io per otto ore a l giorno ed in più giorni consecutivi
senza dare il minimo segna le di incertezza o di contraddizione) non hann o deluso le legittim e aspettative connesse al
ruolo di vertice già ricope rto dal Giuffrè.
E’ del resto evidente e logico attendersi da un personaggio di
tal fatta un livell o di collabor azione adeguato al suo “rango”
mafioso per poterne inferire un giudizio di p ositiva e globale
attendibi lità.
E il Giuffrè, per le ca ratter istiche intrinseche dimostrate, per
l’atteggi amento processuale assunto, per il livello contenutistico e l’attualità del le propa lazioni, per la coerenza e la linearità del c ontributo, per l’unicità della fonte pr incipa le di
molte conoscenze (Provenzano), pe r le ammissioni fatte ed i
185
risultati ch e ha fatto conseguire agli inquirenti ha dimostrato
piena e s icura attend ibilità.
Ciò posto, va detto che, nel presente dibattimento, il Giuff rè
ha, sia pure in sintesi, ricostruito il suo rappor to con il Provenzano e l a fitta ed impenetrabile (sino a quel momento) rete di fedeli collaboratori che assicuravano la veicolazione dei
“pizzini” e gar antiva no il permanere del suo stato di latita nza.
E propri o gra zie al le pr ecise indicazioni r ese dal Giuffrè, le
indagini f inalizz ate alla cattur a del Provenzano hanno subito
quella decisiva svolta ch e ha consentito di pervenir e alla sua
cattura, ponendo fine a cir ca quar anta anni di latitanza.
Come si è detto, il Giuffrè all’atto d el suo arresto, avvenuto il
16.4.2002, era in possesso di alcuni “pizzini” e lettere provenienti da o dir etti a Bernar do Provenzano.
In particol are, una lettera era stata scritta da lui s tesso in
stampatello ed era diretta al Prove nzano mentre un’a ltra, ancora
chiusa
e
sigilla ta,
gli
er a
appena
pervenuta
da
quest’ult imo.
Il dato, direttamente riscontra bile attraverso la disamina del
verbale di sequestro ed i documenti in atti (esibiti al collab oratore
dur ante
il
suo
esame ),
conferma
l’affermazione
dell’attu alità e d ella frequenza dei rappor ti tra i due uomini
d’onore che e rano rispettivamente il capo assoluto ed uno dei
principali vice -capi dell’i ntera organizzazione.
Qualche
tempo
dopo
essersi
deciso
a
collaborare
(il
15.6.2002), il Gi uffrè in dicava agli inquirenti anche un nascondigli o annesso al casolare dov e era stato arresta to, nel
quale egli teneva occultato un ba rattolo contenente diversi
altri biglietti e lett ere di Provenzano.
Spiegava il collabora tore che er a sua abitudine conservare la
corrispon denza all’incirca dell’ultimo anno in modo da avere
la prova do cumentale delle istruzioni ricevute dal Provenzano
e di pot ersi, così, giustificare in caso di eventuali problemi o
186
richieste d i chiarim ento da parte di altri uomini d’onor e o
dello stesso Pr ovenzano.
In tale sorta di archivio venivano custoditi i principali affari
di “cosa nostra” che r iguardavano le problematiche più comuni e frequen ti, quali le c. d. “messe a posto” degli imprenditori che esegui vano ap palti in Sicilia, i rendiconti delle
somme di den aro da ver sare o da richieder e e tutte le questioni che riguardavano af fari e ra pporti tra f amiglie ed uomini d’onore.
Lo scambio d i lettere e “pizzini” tra i due boss avveniva sempre a mezzo di interm ediari di assoluta fiducia, quali, ad esempio, Umina Gi oacchi no, fratello di Umina Salvatore, capo
della fami glia di Vicari , presso il cui casolar e il Giuffrè aveva
trascorso gli ultimi due anni di latitanza ed era stato arrest ato.
Nell’ulti mo p eriodo prima del suo a rresto i c.d. “postini” (cioè
gli intermediari ne lla veicolazio ne della corrispondenza) era no proprio l’ Umina Gioacchino (o il figlio) che passava la posta a Ci ccio Episcopo, il quale la consegnava a sua volta a
Ninni Ep iscopo che la f aceva avere direttamente al Provenz ano.
Anche la posta proveniente da quest’ultimo, a detta del Giuffrè, seguiva lo stesso percorso mentre in precedenza poteva
alternati vamente passare anche attraverso Benedet to Spera
(prima d el suo arresto a vvenuto nel 2001) ovvero tale La Barbera di Mezzojuso (l a cui sentenza di condanna definitiva è
stata acq uisita agli atti, come si è già detto in precedenz a).
Oltre all o scambio ep istolare, poi, Giuffrè e Provenzano si incontravan o personalm ente all’incirca ogni venti giorni in luoghi spesso diversi, con modalità di assoluta segretezza ed a
mezzo del l’opera di u omini del tutto fidati.
Diversi incontri erano avvenuti in territorio di Bagher ia – che
era la “roccaf orte” di Provenza no, il paese che prediligeva e
dove aveva trascorso gr an parte della sua latitanza – in vari
187
luoghi t ra i quali anche la ca sa di Nicolò E ucaliptus, in territorio di Ciminna attraverso E piscopo e Tolent ino, uomini
d’onore di quel la famigl ia ovvero in altri paesi ed, in precedenza, si nanco a Palermo.
Fino al 2001 talora gli i ncontri erano anche a tre con la partecipazio ne di Benedetto Spera ma di solito erano presenti
solo il Giuffr è ed il Pr ovenzano, il quale, specie negli ultimi
anni, era sol ito “bonificare” le automobili ed i luoghi degli
appuntamenti attraver so uno strumento (scanner) che portava con sé.
Giuffrè specif icava che quella della sicurezza era una de lle
principali preoccupazioni del Prov enzano, il quale ripeteva
sempre, sia oralmen te che nella corrispondenza, che bisognava stare sempre vigili e controllare tutti i luoghi frequentati da uomini d’onor e e latitanti.
Le principali pre occupa zioni riguar davano la presenza di microspie per l’effettua zione di inter cettazioni ambientali c he
potevano
essere
state
occultate
dalle
forze
dell’ordine
all’interno delle auto vetture ovver o degli apparati elettr ici
degli imm obili dove a vvenivano gli incontri.
Le preoccup azioni d el Provenzano erano iniziate fin dai primi
anni 90’ (quando in effetti tali mezzi di ricerca delle prove si
erano diffusi) tan to che erano state chieste informazioni anche ad uomini d’ onore di cosa nostra americana che da più
tempo avevano a che fare con tali metodologie di indagine.
Nel 1996 lo stesso Giuff rè aveva regalato al Provenzano uno
strumento rudimentale p er la ricer ca delle microspie ma solo
nel 2001 questi si era dotato fina lmente di un apparecchio
molto più sofisticato che, come si diceva dianz i, portav a
sempre con sé ed uti lizzava personalmente per “bonif icare” le
auto e gli immobili usati per gli incontri.
Il Provenzano raccomandava, a detta del Giuffrè, di prestare
particolare attenzione alla presenza di opera i della Telecom
ovvero dell’ Enel, di piccoli furgoni, di pali della luce sui qua li
188
potevano essere state collocate telecamere, di coppiette appartate in automob ile e sinanco di cacciatori (durante il periodo venatori o ovvi amente) perché in tut ti i casi si poteva
trattare di tent ativi delle forze dell’ ordine di effettuare intercettazion i o ri prese audio-video.
Ma non sempre le p reoccupazioni del Provenzano era state,
per così dire, generi che e via via sempre più assillanti; in diversi casi – come si ch iarirà meglio nel prosieguo della motivazione - i l Provenzano aveva indicato al Giuffrè luoghi ben
precisi dove egli era venuto a sapere che era state disposte
delle intercett azioni .
In particola re il Giuffrè indicava l’a zienda agricola dei fratelli
Umina di Vicari, le abitazioni o i casolari di Episcopo e Tolentino a Ciminna, un immobile ubicato in Mezzojuso dove a
volte s i erano incontrati ed una strada in territorio di Ciminna
dove
eran o
state
montate
delle
teleca mere
per
l’osservazione dei veicoli.
In questi luoghi il Provenzano era venuto a sapere che le forze dell’or dine av evano in corso intercettazioni o ser vizi specifici di osservazione e, pertanto, invitava il Giuffr è a far fare
particolare attenzione agli uomini d’onore che li freq uentav ano abitualmente.
Una di queste seg nalazioni era stata, peraltro, oggetto di una
lettera i nviatagli dal Provenzano e sequestr atagli proprio in
occasione del suo arr esto.
Si tratta di una letter a scritta dal Provenza no con la usua le
macchina d a scrivere nella q uale il boss fa rifer imento a possibili intercetta zioni presso l’azienda agricola di Carmelo Umina in territorio di Vicar i e si ra ccomanda la massima attenzione da parte di tutti gli uomini d’onore intere ssati.
Il Provenzano aveva anche indicato la fonte dalla quale a veva
appreso tali informazio ni riservate, indicandola nella famiglia
mafiosa di Bagheria ed, in particolare, negli uomini d’onore
Nino Garg ano e Nicolò Eucaliptus.
189
Le puntuali in dicazioni fornite dal Giuffrè, come dichiarato
dai testi di P.G., hann o consentito di ricostruire tale rete ristretta di postini e colla boratori del Provenzano (Pietro Lo
Jacono e O nofrio Morreale di Ba gheria, i La Barber a di Mezzojuso, Pin o Pinello di Baucina, i fratelli Episcopo ed Angelo
Tolentino di Ciminna ), i quali sono stati tratti in arresto (e
talora gi à giud icati con sentenze anche definitive).
Ad ulteriore riprova dell ’attualità e della precisione delle n otizie riferite dal Giuff rè, vale la pena di evidenziare come lo
stesso Provenzan o, diven uta pubblica la notizia della collaborazione del Giuffrè nel mese di settembre 2002, avesse trasferito i l luog o dell a sua latitanza evidentemente temendo di
poter ess ere arrestato (com e rifer ito dagli inquirenti).
In ordine all e superi ori dichiarazioni rese dal Giuffrè sono
stati acquisi ti puntual i ed individualizzanti elementi di riscontro.
In particolare, il test e Colonnello Antonio Damiano riferiva i
risultati investigativi conseguiti d al R.O.S. dei C.C. sulla
scorta proprio delle precise indicazioni fornite dal collaboratore.
Si fa riferiment o specifi catamente alla indagine denomina ta
“Grande Mandam ento” che ha por tato agli arresti di tutti i
componenti della suddetta rete di f iancheggiatori e fedelissimi del Provenzano (agl i att i sono stati acquisiti la richiesta di
rinvio a gi udizio , il decr eto che ha disposto i l giudizio ed il
dispositi vo del rela tivo giudizio abbreviato) e che ha costitu ito lo spunto invest igativo per giungere, a seguito di ulteriori
accertamenti, anche alla ca ttura del Provenz ano stesso.
Prima di entra re nel merito delle dichiarazioni r elative alla
persona di Michele A iello, il Giuffrè traccia va un quadr o generale del ra pporto speciale che legava Bernar do Provenzano
alla citt à di Bagheri a (luogo ove l’ Aiello vive ed opera e dove
hanno sede le sue imprese).
190
Secondo G iuffrè, Bagh eria era stato da sempre, ma in modo
particolare dal 2 000 in poi, il ve ro punto di riferimento per il
Provenzano ch e ne aveva fatto la sua “roccaforte” ed il luogo
dove aveva a lung o trascorso la latitanza (affidandosi quindi
agli uomini d’on ore locali) e stabilito – come si dirà - anche i
suoi interessi econom ici principali.
Lui stesso negli ann i 80’ aveva pa rtecipato a diversi appuntamenti con il Provenzano nel territorio di Bagheria, in svariati luo ghi tr a i quali sicuramente una casa di Nicolò Eucaliptus e vari casolari e scant inati (analitica mente indica ti nel
corso del l’esame dell a part e civile).
Gli appuntamenti erano organizza ti tramite uomini d’onore d i
Bagheria vicin i da sempre al Provenzano, quali Nino Gargano, Nicolò Eucali ptus, Leonardo Greco, Pietro Lo Iacono e poi
Onofrio M orreale.
Si trattava di una fazione di “cosa nostra” bagherese di gran
lunga dominante e, comunque, sempre fedele al Provenzano,
del quale aveva curato la latitanza per vari anni nel corso del
decennio 1980-1 990.
Leonardo Greco era un uomo d’onore “storico” di Bagheria
che gesti va una azienda (la I.C .R.E.) ubicata all’inizio del paese nei cui locali era stato allestito, nel corso della guerra di
mafia dei primi anni 80’ , un “campo di sterminio” di “cosa
nostra”, ovvero un luogo dove sistematicamente venivano
commessi omicidi e sciol ti nell’acid o o sepolti i cadaveri degli
avversari elimi nati.
Altri uomini d’o nore ba gheresi di particolar e spessore cr iminale ed importanza nel corso degli anni 80’ e 90’ erano Nino
Gargano e Nicolò E ucaliptus, mentr e nei primi anni 90’, dopo
l’arresto d i costoro, era salito alla ribalta Pietr o Lo Iacono,
anch’egli uo mo d’onore formalmente combinato e punto di riferimento sia p er Provenzano che per la stesso Giuffrè.
Negli ultim i tempi, poi, era subentr ato anche Onofrio Mor reale (genero di Nico lò Euca liptus) che, dopo un passato da de191
linquente com une, era entrato nell’ orbita del Lo Iacono e de l
suocero e da costoro avvicinato a ll’organizza zione.
Nel corso del 1993 il Morreale era stato accompagnato in località Pag liarelli dal L o Iacono e, nel corso d i una riunione
alla pres enza di Pro venzano, Carlo Greco, Pietro Aglieri, er a
stato “combinat o” com e uomo d’onore riservato.
Negli anni successivi il Morreale sarebbe poi diventato uno
dei più fedeli p unti di rif erimento per il Provenzano a Bagheria.
Per delineare ulteriormente il cont esto dei principa li uomini
d’onore di Bagheria vicini a Provenzano, il Giuffrè indicava
anche Giammanco Nicol ò ed il fratello Vincenzo.
Il primo era capo del l’Ufficio tecnico del Comune di Baghe ria
mentre il secondo faceva l’imprenditore edile ed era stato s ocio e prestanome di Provenzano che fin dagli anni 80’ aveva
deciso di investire a Bagheria.
Conclusivamente, du nque, Bagheria, cioè la città dove l’ Aiello
risiede ed ha operato con le sue aziende, costituiva una vera
e propria enc lave di Bernardo Provenzano, dove questi a lungo ha vissuto dura nte l a sua latitanza e che ha controllato
personalm ente ed in modo quasi autarchico.
Antonino Giuffr è, poi , riferiva tutta una se rie di circostanze
relative alla persona di Michele Aiello ed alle sue att ività economiche, sof ferman dosi dapprima sulla sua personale c onoscenza del l’imputato e del di lui padre Gaetano e spiegando nei minimi dettag li le relazioni che Michele Aiello aveva
nel tempo stabili to con “cosa nostra” bagherese e con Bernardo Provenzan o.
Tale quadro c omplessivo, come vedremo, consente di acc ertare e ricostruire l’esistenza d el “patto di protezione” che ha l egato l’Aiello a “cosa nostra” con l’avallo personale dello s tesso Proven zano.
Tale patto, secondo il tipico schema sinallagmatico che lega
un imprenditore all’organiz zazione, prevedeva la pr otezione
192
sistemati ca e l’ausilio della seconda in favore del primo, il
quale, tuttavia, assumeva in modo pienamente consapevole
una ser ie d i obblighi che, nel caso dell’Aiello, consistevano
nel finanziar e il sodalizio mediante il versamento volontario
di somme di denaro
ed il pagamento delle c.d. “messe a po-
sto” in r elazio ne ai vari lavori s volti nel territor io siciliano,
nella disponibilità all ’assunzione di soggetti segna lati dagli
uomini d’ onore e, soprattutto, nella rivelaz ione di notizie coperte dal segreto investigativo circa le indagini in corso
sull’orga nizzazione in generale e su Bagheria e Bernardo Pr ovenzano in modo particolare.
La dimostrazione dell’esistenza di tale patto sistematico e
continuativo contr ibuisce, in modo inequivocabile, ad ind icare Michel e Aiell o come un imprenditore di fatto organico
all’organ izzazione ma fiosa.
Nell’affr ontare il contenuto specifico delle dichiara zioni r ese
dal Giu ffrè su M ichele Aiello occorre premettere, per ragioni
di ordin e sistematico, q ualche breve considerazione sulle f onti dalle quali il collaboratore ha tratto le notizie riferite.
Ad una prima analisi appare, invero, evidente com e la stragrande mag gioranz a delle indicazioni fornite dal collaborante
siano il frutto della sua personale e diretta conoscenza dei
fatti descritti.
Sotto t ale p rofilo , quella del Giuffrè appar e come una ver a e
propria chiamata in cor reità fondata su dati di fatto, condotte spec ifiche e circo stanze dallo stesso vissute direttamente
sia per il personale rapporto intercorso con l’Aiello che per il
ruolo verticistico a lun go ricoperto nell’ambit o del mandamento di Caccam o.
A fronte di dett e propalazioni sono stati raccolt i numerosi e
convergenti elemen ti di riscontr o individualizzanti che consentono di ritenere corroborata app ieno la suddetta chia mata
di correo alla luce dei richia mati pr incipi giurisp rudenziali in
193
materia di cri teri di valutazione delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia .
Tale pri mo coacervo di d ichiarazioni, si badi bene, costituisce
materiale probat orio pi ù che sufficiente per pervenire alla affermazion e della p enale resp onsabilità dell’Aiello in ordine al
reato in esame, sia sotto il profilo della intrin seca consistenza del dato probatorio così come riscontrato in modo individualizzan te che alla l uce delle altre autonome ma convergenti
emergenze processuali .
Per alt ro ve rso, una parte residua delle dichiara zioni rese dal
Giuffrè tecn icamen te sono de relato anche se provengono da
una fonte particolarmente qualifica ta – Bernardo Provenzano
– ed appaiono avvalorate dal ruolo verticistico ricoper to in
seno all’or ganizz azione sia dalla fonte che dal dichiarante e,
soprattutto, dal profondo rapporto di amicizia e correità che
ha legato entrambi.
Pertanto, pur se de re lato, le affermazioni riferite dal Giuf frè
in quanto apprese d iretta mente dal Provenzano vanno valuta te alla luce sia dello spessore intrinseco del collaborator e che
del rapporto pr ivileg iato che lo legava alla sua “fonte” Provenzano.
Questi due fattori, se congiuntamente valutati, dimostr ano il
livello di atten dibilità che deve riconoscersi alle parole del
collaboratore anche in r elazione a tale specifica pa rte d elle
sue dichi arazio ni.
Più specificatamente, secondo il complesso racconto del collaboratore, Bernardo Provenzano d iverse volte gli aveva parlato di Mi chele Aiello, confidandogli parecchi fatti e circostanze ch e riguardava no l’odierno imputato.
Come si vedrà si tratta di confidenze della massim a segretezza, atteso che l’Aiello, per il rilevante ruolo imprenditoriale
svolto proprio a Bagheri a e per quello di fonte di notizie riservate con ami cizie nel l’ambito istituzionale, era per il Provenzano una pedi na fondamentale del suo sistema di poter e
194
che non voleva “bruciare” né condividere con altri membri
dell’organizzaz ione m eno fidati del Giuffrè.
A specifica conferm a di tali confidenze sussiste un duplice e
ben preciso riscon tro documentale costituito da due scritti
sequestrati al Giuffrè al momento del suo ar resto in data
16.4.2002.
Nel corso dell’esame avvenuto (anche per l’esigenza di esibire
tali docu menti) presso l’aula bunker di Milano, al Giuffrè venivano mostr ati due distinti documenti: una letter a scritta a
macchina datata 25.4. 2001 ed un appunto manoscritto a
stampatello.
Il Giuffrè p recisava ch e la lettera gli era pervenuta dal Provenzano ed era stata scritta utilizzando la solita ma cchina da
scrivere che questi abitualmente a doperava per tutte le missive.
Alla ste ssa il Provenza no allegava 21 milioni delle vecchie lire
precisando al Giuffrè che si tratt ava di soldi che gli aveva
fatto avere Michele Aiell o come corrispettivo della “messa a
posto” per la realizzaz ione di una strada interpoderale nel
territori o del mandamento di Cacca mo.
Poiché i l Giu ffrè era ca po del ma ndamento di Caccamo e,
quindi, titolar e dell a “com petenza territoriale” sul luog o dove
l’Aiello aveva real izzato l a strada interpodera le, il cor rispett ivo della c.d. messa a posto andava consegna to a lui, esattamente come aveva fatto il P rovenza no.
L’altro appunto m anoscr itto er a stato, invece, op era dello
stesso Giu ffrè e si riferiva, a suo dire, all’indicazione di lav ori edili eseguiti sempre dall’Aiello in due diverse contrade ricadenti n el territori o di San Maur o Castelverde.
Tale appunto gli era ser vito per parlarne con Provenz ano e
chiedergli di farsi da re dall’Aiello i soldi della messa a posto
da girare per competenza alla famiglia di San Maur o Castelverde.
195
Successivamente a qu ell’incontro, effettivamente, il P rovenzano gli aveva con segnato di persona il denaro che lo ste sso
poi aveva dato ai respon sabili della famiglia mafiosa di quel
centro.
Tale duplice riscontro documentale conferma l’esistenza tra il
Giuffrè ed il Pro venzan o di colloqui sia epistolari che diretti
aventi ad og getto proprio le attivit à di Michele Aiello e, pertanto, as sume un a sicur a valenza e significatività in tale direzione.
Ulteriori ri scontri di polizia giudiziaria sul contenuto di det ti
pizzini saranno esaminati nel prosieguo dell a motivazione.
Giuffrè, tutt avia, non si è limitato ad a vere notizie di Aiello
direttamente da Bernardo Prove nzano – cosa accaduta ma in
parte min ima – ma ha conosciuto personalme nte ed assai bene l’impu tato Aiello.
La cono scenza risaliva addirittura agli anni 80’ quando Michele Aiello in tratteneva ottimi r apporti con i fratelli Guzzino
Antonino e Diego (entrambi uomini d’onore di Caccamo ed il
secondo, per un breve lasso di te mpo, anche aspirante reggente di quel manda mento) e la vor ava con il pa dre Gaetano
che Giuffrè chiamava confid enzialmente “Zù Tanu” avendolo
conosciuto personalmente e frequentato.
Questi era un im prenditore edile di Bagheria che av eva svolto
la sua attivi tà per lung hi anni ed era stato molto “vicino” a
Cosimo Lanza, altro uo mo d’ onore storico di quel centro,
successiv amente scomparso ed ucciso con il metodo della
“lupara bianca” (come confermato d allo stesso collaborante).
Per far comprender e lo spessore del personaggio, il Giuffr è riferiva che Cosim o Lanza nel 1985 era stato nomina to, insieme a Franco Baiamonte , “corregge nte” della famiglia mafiosa
di Bagheria.
Faceva parte, tuttavia, i nsieme ai fratelli Mineo di una fazi one interna a Bagheria che all’epoca si trovava in contrapp osi-
196
zione a quella vicina a Provenzano, rappresentata dal Gargano e dall ’Eucaliptus.
In base a q uanto riferitogli dagli uomini d’onore locali ed anche dal lo stesso Provenzano, Ga etano Aiello era stato sicuramente in società con i Mineo e molto probabilmente pure
con Cosimo Lanz a.
All’incir ca nel 1986, tutta via, dopo la sparizio ne di Cosimo
Lanza aveva a vuto avvio una sanguinosa faida tra la fazione
vicina al Provenzano e quella contr apposta cui si è fatt o riferimento prima.
Stabilita, infine, l a predomina nza della prima fa zione – que lla
vicina al Provenz ano - Gaetano e Michele Aiell o si erano venuti a trovare in difficoltà in quanto privi del sostegno e della copertura mafiosa fo rniti loro sino a quel momento dal
gruppo perdente.
Le iniziative assun te da Gaetano Aiello e da suo figlio da quel
momento in poi erano state chiaramente indiriz zate a “passare dall’altra sponda” ed a trovare r iparo e sostegno attraver so
gli uomini vici ni al Provenzano che avevano oram ai il controllo presso cchè egemoni co di Bagheria.
Tale operazion e era stata avviata da Gaetano Aiello – ottimo
conoscitore delle d inamic he ma fiose – allo scopo di prot eggere e far svilu ppare l’atti vità in via di espansione del figlio e,
come ci terr à mol to a sottolinear e lo stesso Giuffrè, sarà dallo stesso Michele Aiello completat a e portata a com piment o.
Giuffrè si era personalmente occupato di Michele Aiello per la
prima vo lta agli inizi degli anni 90’ in due occasioni ben precise che lo stesso collabora nte ha descritto ne i minimi part icolari.
Subito prim a o subito dopo il suo arresto (a vvenuto nel
1992), era dovuto intervenire nella sua veste di capo mandamento di Caccamo per u na questione relativa ad una str ada
interpoderale di q uel centro che interessava ai fratelli Libe rto, uomin i d’on ore di quella famiglia.
197
I lavori per la reali zzazione della strada i nterpoderale erano
stati proget tati da temp o ma non si riusciva ad eseguirli per
una serie di pr oblemi di ord ine bur ocratico-amministrativo.
Il Giuffrè era venu to a sap ere che, in realtà, tali lavori era no
ostacolati da Antoni no Guzzino, uomo d’onore ed as sessore
presso il Comun e di Caccamo nonchè fratello di Diego Guzzino, importante uomo d ’onore di que lla famiglia.
Il Guzzino , sfruttando anche le sue influenz e politiche ed il
suo ruol o di assessore com unale, faceva in modo di ostacolare l’es ecuzio ne dei lavori poiché a ppoggiava il suo amico di
lunga data Michele Ai ello che, nello specifico settore, aveva
una parti colare competenza.
A Giuff rè, pertan to, era stato richiesto un intervento dai fr atelli L iberto, uo mini d’onor e della sua stessa f amiglia, i quali
gli avevano segnalato l’opp ortunità di interessare l’ingegnere
Aiello di B agheria allo scopo di ottenere il f inanziamento e
l’esecuzi one della strada.
Egli era dovu to ovviamente intervenire a tutela del suo prestigio di capo del m andamento maf ioso di Caccamo ed, attraverso gli uomini d’on ore di Bagheria, aveva contattato Michele Aiello il quale si era messo subito a sua d isposizione.
Dopo l’intervento del Giuf frè i lavori erano stati af fidati
all’Aiell o (il qua le aveva anche riprogettat o l’intervento), i
problemi si era no immediatament e dissolti e la strada era
stata eseguita in brevissimo tempo con piena soddisfaz ione
dei fratelli Li berto.
Ma, senz a dub bio, a detta del Giuff rè l’episodio più significativo di quel torno di tempo era consistito nella dazione della
somma di 100 m ilioni d i vecchie lir e da parte dell’Aiello a Nicolò Euca liptus.
Tale not izia g li er a stata confidata proprio dall’Eucaliptus, il
quale gli aveva manifestato tutto il suo stupore per quel gesto dell’Aie llo, in quant o si era trattato di una dazione non
collegata ad al cuna messa a posto o richiesta estorsiva .
198
Era stata, infatti, un a iniziativa spontanea di Michele Aiello
che, in o ccasion e del Natale, voleva dimostr are tutta la sua
vicinanza e solidar ietà ai detenuti della famiglia mafiosa di
Bagheria.
Sul punto , tra le altre cose, il Giuf frè riferiva:“In modo particolare, ci sarà un discorso che mi è restato particolarmente impresso: che mi dirà dell'avvicinamento del Michele Aiello a loro, cioè al nostro gruppo e nello stesso tempo c'è un fatto importantissimo, che siamo nelle vicinanze del Natale, però, Signor Presidente, non ricordo se sia il ‘91 ma è probabilmente
che lo sia… E Nicola, con un certo stupore, l’Eucaliptus mi dice
“sai, l'ingegnere Aiello oltre ad essersi messo nelle nostre mani, nell'avvicinarsi delle festività natalizie per la nostra famiglia e per i carcerati in modo particolare ci ha of ferto la somma
di 100 milioni” di allora. Diciamo che questo è un discorso che
mi è rimasto particolarmente in mente e
mi serve, se ce n e
fosse di bisogno, di spinta a portare avanti Michele Aiello nell'ambito di Cosa Nostra, in modo particolare di Bagheria. Questo diciamo che è uno dei motivi più importanti che mi porta a
metterlo delle mani dell'astro nascente di Cosa Nostra di Bagheria, Pietro Lo Iacono, che poi siamo sempre nel contesto
Provenzano”.
Nel corso del contro esame e nel prosieguo della sua deposizione il Giuffrè ribadiva ulteriormente la natura a ssolut amente s pontan ea e svincolata da qualsiasi costrizion e della
dazione di tal e cospicua (specie in relazione all’epoca del fa tto) somma di denaro:
GIUFFRE’:
“Signor Presidente, l'ingegner Aiello non è ch e pi-
glia i 100 milioni così, che sarebb e troppo bello, ma sempre
questo è un investimento sul futuro perché appositamente l'ingegner Aiello ha di bisogno perché ha tanti lavori già nelle zone di Caccamo e in tante altre parti…
PRESIDENT E: Però, mi scusi se la interrompo, questi sono lavori per cui lui già paga la messa a posto?
199
GIUFFRE':
Non c'entra, Signor Presidente … il discorso della
tangente è uno e il discorso dei cento milioni è tutto un altro
discorso”.
L’Eucaliptus, inoltr e, rif eriva al Giuffrè che, con tale gesto,
l’Aiello si era ul teriorm ente avvicinato alla lor o fazione l asciando concl udere al collaborator e che il difficile e lungo
percorso di “passaggio di sponda” avviato da Gaetano Aiello
al fine di agevolare suo figlio si er a perfezionato con tale elargizione da p arte proprio di Michele Aiello.
In tale occasione, dunque, Giuffrè, per la prima volta, veniva
messo a conoscen za da un importante uomo d’onore di Bagheria ch e Michele Aiello, al d i là delle amicizie e degli a ffari
del padre con esponenti di “cosa nostra”, si era personalmente “avvicinato” alla corrente mafiosa bagherese che faceva
capo a Provenzano.
Tuttavia,
dopo
qual che
anno
e,
precisamente,
a
seguito
dell’arresto di Nicolò Eucaliptus (a vvenuto nel 199 3), Michele
Aiello era nuo vamente rimasto privo di protezione ed appoggio a causa della lontananza da l territorio degli uomini
d’onore ai quali era “vicino”.
Con espressione tanto colorita quanto efficace, il collaborante afferm ava che l’Aiel lo era rimasto “orfanello” e, pertanto,
aveva tent ato di avvicinarsi allo stesso Giuff rè, avendolo conosciuto personalmente e sapendo dello spessore e del r uolo
che ricopriva nell’organigr amma mafioso ed, in par ticola r
modo, del la sua vicin anza a Bernardo Provenzano.
Tra l’altro testualmente il Giuffrè riferiva che Aiello: “si era
avvicinato al gruppo dell’Eucaliptus e del Provenzano. E che
poi probabilmente - e saremo nel ’93 - dopo l'arresto di Nicola
Eucaliptus, all'ingegner Aiello … ci mancherà il punto di riferimento basilare che era quello di Nic ola Eucaliptus. L'ingegnere
Aiello sa perfettamente che io faccio parte del grupp o del Provenzano. Michele Aiello sa perfettamente che faccio parte e sono legato in modo particolare a Nicola Eucaliptus, sa che sono
200
in modo particolare legato a Nino Gargano e automaticamente
si viene a rivolgere a me. Ci abbiamo il discorso di entrata
grosso modo que llo de lla strada, poi ci abbiamo il discorso delle conoscen ze che va a suo padre e diciamo che per un periodo
di tempo su Bagheria quasi quasi che diventerò io il punto di
riferimento di Michele Aiello. Del discorso informerò il Provenzano e dopo un periodo di tempo … si era affacciata la figura
del Pietro Lo Iacono, sento il dovere di mettere il Michele Aiello
nelle mani di un'altra persona giusta, tra virgolette, nel discorso mafioso di Bagheria”.
L’Aiello, dunque, lo aveva incontr ato e gli aveva chiesto espressame nte di poter stare “v icino” a lui, nel senso di p oter
avere il Giuff rè come punt o di riferimento per tutto ciò che
aveva attinenza con l e dinamiche m afiose.
Il Giuf frè, non avendo com petenza diretta sulla fam iglia mafiosa di B agheri a, aveva parlato di tale argomento con il Provenzano, dimostran do ancora una volta il suo rispetto assoluto per le reg ole interne a “cosa nostra”.
Ed invero, com e riferiva lo stesso collaborante, “mettersi nelle
mani” l’Aiello per lui che non avev a competenza diretta sul la
famiglia mafiosa di Bagheria sarebbe stato comportam ento
censurabile e n on rispettoso delle regole dell’organizzazione.
Così il Giuffr è ne aveva parla to direttamente al Pr ovenzano, il
quale era già st ato in formato dall’Eucaliptus della dazione
spontanea d i 100 milioni di lire e gli aveva dimostrato di conoscere m olto bene la figur a e la posizione di Michele Aiello.
Il Proven zano, asserendo che l’Aiello era una persona “di cui
ci si può affidare”, gli aveva suggerito di “metterlo nelle mani”
di Piet ro Lo Iaco no, u omo d’onor e di Bagheria c he godeva della fiduci a di entrambi.
Fu così che per un breve periodo (all’incirca un mese),
d’intesa con il Provenza no, lo stesso Giuffrè si “mise nelle
mani” transitoriamente l’Aiello – con il qua le aveva anc he fat-
201
to alcuni i ncontri presso i suoi uffi ci - e subito dopo lo affidò
al Lo Iacono.
Lo
stesso
Giuf frè
aveva
or ganizzato
un
incontro
pre sso
l’ufficio di Michele A iello ed, in t ale occasione, lo aveva presentato al L o Iacono dicendogli che per tutte le vicende che
riguardavano l’or ganizzazione m afiosa egli doveva rivolgersi
sempre ed imman cabilm ente al Lo I acono.
Appare mol to impo rtante s ottolineare la significatività in
chiave mafiosa di tale presentazione, posto che, come confermato sia dall’im putato che dallo stesso Lo Jacono nel corso del dibattimento, costoro si conoscevano bene già da molto tempo prima di tal e occasione.
Tale cir costan za, in vero, non solo è stata confermata dallo
stesso Aiello ma anche da Lo Iacono Pietr o, il qua le, pur nella veste di imputato di reato connesso, ha affer mato di conoscere l’ Aiello sin da qu ando entrambi erano bambini e di avere collabor ato con lui, n el corso degli anni 80’, nella gestione
della squadra di calcio di Bagheria.
E poiché un a no rmale prese ntazione tra persone che si con oscono da moltissi mi anni non avrebbe avuto alcun senso logico, non può ch e riten ersi, in adesione a quanto r iferito dal
Giuffrè, che tale presen tazione sia avvenuta secondo le m odalità t ipiche di “cosa nostr a” e cioè attra verso un membro
dell’organizzaz ione ( il Giu ffrè) che, conoscendo la qualifica
mafiosa d i due soggetti , li “presenti” formalmente garantendo
che si tratta della “stessa cosa”, cioè di membri del sodalizio.
Il Giuffrè, dunque, dopo aver seguito personalmente per breve tempo l’A iello, lo aveva affid ato, su indicazione dello stesso Provenzano, al Lo Iacono, uomo d’onor e della famiglia d i
Bagheria e, come tale, competente a “gestir e” Aiello e le sue
attività imprenditori ali che proprio in quel centro avevano
sede.
Del resto, lo stesso Giuf frè evidenz iava come il Pietro Lo Iacono fosse già all ’epoca un uomo d’onore della famiglia ma202
fiosa di Bagheria ch e, come tale, gli era stato formalmente
presentato all’inizio degli anni ’90 e che, dopo l’arresto di Nicolò Eucaliptus, era salito a lla “rib alta di cosa nostra” bagherese e si era person almente occup ato della latitanza di Ber nardo Provenzan o al q uale era molto vicino.
Dal 1994 in avan ti il collaborator e non aveva più personalmente incon trato l’ Aiello ma ne aveva costantemente seguito
gli svilup pi e le vicende sia per i lavori che questi avrebbe
eseguito nel territori o del suo mandamento che a motivo della sua vici nanza a l Provenzano ed ai rappresentanti della f amiglia mafiosa di Bagh eria.
Il rappo rto di “vicinanza ” dell’Aiello con il Lo Iacono si era
poi protratto al meno si no a tutto il 2001 e si era svolto senza
alcun pr oblema ed a ll’interno della famiglia mafiosa di Bagheria.
Il Giuffrè chiariva che, attraverso tale particolare ra pporto, il
Lo Iacono si occupava di tutte le attività che l’ Aiello doveva
sviluppare nel territorio di Bagheria così come dei la vori che
doveva svolgere al di fuori di quel comprensor io.
Pertanto, se l’ Aiello aveva intenzione di realizzar e una strada
interpoderale in un qualunque ambito territor iale doveva
chiedere al Lo Iacono l’autorizz az ione preventiva, di mod o
che questi si rivolgesse al Provenz ano per informarlo ed ottenere il via libera o a nche un intervento agevolativi e protettivo.
A proposito delle strade inter poderali il Giuff rè riferiva che
l’Aiello aveva dei con tatti (“era ammanigliato”) all’interno del
competente assessor ato regionale e che ve niva privilegiato
nell’ottenere i finanziamenti.
Ed era anche fortemente sost enuto presso alcune amministrazioni locali, come nel caso del Guzzino Antonino per il
Comune di Caccamo.
Tale reticolo di rapp orti istituzionali in uno ai suoi a ppoggi
mafiosi lo avevano, in sostanza, fat to diventare qua si un mo203
nopolista nel settore della realizzazione delle stradelle interpoderali che aveva eseguito in num ero assai rilevante.
Allo stesso mod o, tuttavia, prima di iniziare un lavoro in un
altro territor io, l’Aiello doveva comunicare la c ircostanza al
Lo Iacono ed al Provenza no, i quali contattavano i responsabili della fami glia ma fiosa locale.
Alla fine dei lavo ri in tal modo a utorizzati, l’Aiello doveva
versare al Lo I acono il denaro della “messa a posto” e questi
lo consegnava direttamente al Provenzano, il quale, a sua
volta, lo face va recapitare ai responsabili delle varie famig lie
locali.
Su indicazione dello stesso Provenzano si era sta bilito che
l’Aiello versasse la somma fissa di sette milioni di lire per
ciascuna s trada i nterpoderale (atteso che, come vedremo, si
trattava di fin anziam enti a tetto fisso e non di importo variabile).
Sul punto Giuffr è affermava: “Michele Aiello nel momento in
cui si accingeva a costruire una determinata strada, parlava
con Bagheria, Bagheria o con Pietro Lo Iacono o con altri che
c'erano in quel periodo faceva pervenire al Provenzano, e il
Provenzano, se erano quelli discorsi che dovevo fare io, me lo
passava a me. Successivamente, sempre per le stesse mani,
finito il lavoro, il Michele Aiello mi faceva pervenire, tramite
sempre lo stesso passaggio, i soldini che poi io a sua volta facevo pervenire alla famiglia o alle zone … dove ricadeva il lavoro”…
… “Il discorso parte da Aiello… nello specifico, Aiel lo - Pietro
Lo Iacono, Pietro Lo Iacono - Provenzano, Provenzano - me per
quanto riguarda la messa a posto. Stesso discorso e stesso
passaggio per quanto riguarda i soldini”.
Tali modalità, stabili te dal Provenzano, erano state diretta mente verif icate da llo stesso Giuffr è in relazione a lavori es eguiti dal l’Aiello in territo rio di Caccamo.
204
In più di una occas ione, infatti, egli aveva parlato con il Pr ovenzano dell a richiesta preventiva dell’Aiello di effettuare lavori nel suo ter ritorio di competenza e, dopo lo “sta bene”,
aveva ricevuto, sempre per il tr amite del Provenzano e del Lo
Iacono, le somme pagate dall’Aiello a titolo di “messa a posto”.
E’ il caso di r icorda re che rispetto a tale affe rmazione del
Giuffrè è stato raccolto dagli inquirenti un risc ontro preciso
ed individu alizzan te, costituito dalla lettera del Provenza no
alla quale era allegata l a som ma di 21 milioni di lire per lavori eseguiti dall’Aiello nel territorio di competenza del mandamento mafios o di Caccamo (oltr e all’appunto manos critto
dal Giu ffrè e relativo ad ulteriori lavori eseguiti sempre
dall’Aiel lo in quella zona) .
L’ammontare della so mma (21 milioni per tre strade), pera ltro, corr ispond e esattamente ad un multiplo dell’importo della singola messa a posto (7 milioni di lire) indicato dal collaboratore.
Tuttavia, a ben vedere, l e suddette modalità di “messa a posto” dell’Aiel lo er ano si curamente a nomale rispett o alle regole
generali dell’organizzazione.
Come è ampiament e noto nell’ esper ienza giudiziar ia in m ateria e c ome è stato con cordemente affermato in q uesto proce sso sia dal Giuffrè che dal Si ino e d al Brusca, il responsabile
della
fam iglia
di
appartenenza
dell’imp rendit ore-mafioso
normalmen te vers a le somme della messa a posto direttamente nelle mani dell’omo logo capo della famiglia mafiosa ter ritorialmente compe tente per il lavoro da eseguire.
Tali dazi oni normalmen te non transitavano da Ber nardo Provenzano, il quale, prop rio per il suo ruolo ver ticistico e per lo
stato di latitanza, non poteva di certo costituire il tramite di
tutte le transa zioni rel ative all’intero coacervo di messe a posto versate in Sicili a.
205
Nel caso di Aiello, invece, con modalità ta nto significative
quanto an omale, le messe a posto dovevano essere preventivamente assen tite diret tamente da l Provenzano, per il tr amite
del Lo Iacono, e le somme versate dovevano successivam ente
transitare sempre dal le mani del vertice assoluto di “cosa nostra”.
Come si vedrà, a nche questa circostanza conf erma e ribadisce il partico lare ruo lo svolto d all’ Aiello nel per sonale sistema di pot ere di Bernardo Provenza no.
In relazio ne alla procedu ra della “messa a posto” in generale,
poi, il collaborante rife riva – in ciò specificata mente cor roborato dalle conve rgenti dichiarazioni del Brusca e del Siino come si trattasse di una regola indefettibile di “cosa nostra”
che andava appl icata sempre e com unque ed anche ad imp rese direttamente ricon ducibili ad uomini d’onore.
La regola stab iliva ch e alla famiglia mafiosa del luogo dove
era stata appal tata l’esecuzione di un’opera pubblica ovver o
si doveva realizzare un lavoro edile di un certo rilievo (come,
ad esempio , una str ada interpodera le) andava sempre riconosciuta una somma di denar o, solitamente comm isurat a ad
una
certa
percentuale
rispetto
all’entità
del
lavor o
o
dell’appalto.
Talora, oltre a tale somm a veniva a nche stabilito se l’impresa
si dovesse necessaria mente avv aler e di piccole ditte locali per
l’effettu azione di al cuni lavori in sub-appalto (come ad es. il
movimento terra o i nol i di attrezzature) ovvero pe r le forniture di i nerti o calc estruzzo.
La messa a post o ser viva per compensare la famiglia locale
del “disturbo” che l’impr esa arrecava al territorio e, pertanto,
costituiva una regola ch e nessuno doveva inf ranger e, a pena
di
severe
sanzioni
(mi nacce,
danneggiam enti
e
sinanco
l’eliminazione fisica dell’i mprenditore sleale).
Ciò valeva anche per le imprese direttame nte od indiretta mente riconduci bili ag li stessi uom ini d’onore ed anzi in tali
206
casi valeva a m aggior ragione, in quanto costoro, facendo
parte del sodaliz io, dovevano ben conoscere l’esistenz a di tale
regola di condotta ed applicarla spontaneamente.
Sinanco impr ese direttamente rifer ibili a Bernardo Provenzano
–
cioè
al
più
importante
uomo
d’onore
in
seno
all’organ izzazi one – avevano versato la messa a posto alle
famiglie locali, essendo consentita, al m assimo, la possibilità
di rico noscere uno scon to sul prezz o da pagare per rispet to al
particolare ru olo all’epoc a ricoperto dal Pr ovenza no medesimo.
A tale prop osito il Giuffr è rifer iva testualmente: “riguarda tutti, anche imprese di uomini d'onore. Quando io ho detto “tutti”,
intendo riferirmi a tutti. Cioè le posso tranquillamente dire a
mo’ di esempio che il Provenzano Bernardo, a metà, attorno agli anni ‘90, sul finire dell'89, aveva fatto un lavoro tramite
Enzo Giammanco nella zona di Castronovo di Sicilia. La prima
cosa che ha fatto, mi ha chiesto quanto doveva versare … e
stiamo parlando di Provenzano. Anche se io poi, diciamo, per i
fatti miei, sul Provenzano non ho fatto versare nessuna cifra,
però…tutti devono versare, prendendosi un lavoro, una determinata tangente. Tutt'al più, per cercare di essere un po chino
più precisi, quando si vuo le rispettare… ché c'è un uomo importante, una determinata persona, si ci fa qualche sconto. Questo
sì.”.
Per quanto attien e ai la vori ed agli appalti eseguiti dall’Aiello
al di fuori del territo rio di Bagheria, poi, il Giuffrè aggiungeva che, per sua diretta conoscenza (si pensi ai lavori eseguiti
in territorio di Caccamo) e per averlo appr eso da l Provenzano, questi si era sempre atten uto a tale re gola ed aveva agito
secondo le sopra richi amate moda lità esecutive, nonostante
fosse vicino in modo organico alla famiglia mafiosa di Bagh eria ed al lo stesso Pr ovenza no.
A questo punto del la disa mina della deposizione di Antonino
Giuffrè, a gi udizio del Collegio, occorre prendere in esame
207
quanto r iferito dal collab orante a proposito delle iniziative
dell’Aiel lo nel settore della sanità privata.
Il Giuffrè r iferiva di aver e saputo da Pietro Lo Iacono c he
l’Aiello aveva intenzione di a prire un centro clinico di a lta
specializ zazione nella città di Bagheria.
L’apertura di tale a ttività era stata “molto sponsorizzata” in
ambito mafioso e, a detta del Lo Ia cono, “era a disposizione”
per tutto quel lo che avrebbe potuto interessare allo ste sso
Giuffrè.
Lo stesso Lo Iacono gli aveva riferito che all’affare erano interessati sia la famigl ia maf iosa di Bagheria che il Provenzano
(nell’occ asione appellato, come sovente accadeva, “u’ ziu”)
personalmente.
Antonino Giuffrè, quindi, a veva in più occasioni parlato con
il Provenzano di q uesta iniziativa dell’Aiello ed aveva avuto
conferma del suo interessamento all’affare.
Vale senz’altro la pena di osservare, tuttavia, come lo stesso
Giuffrè abb ia più volte ribadito il concetto che sia il Provenzano che la famigli a mafiosa di Bagheria seguivano con attenzione,
sponsorizza vano
e
tutelavano
le
intraprese
dell’ingegnere Aiello, ed in particolar modo quelle in materia
sanitaria, senza, t uttavi a, affermar e apertis verbis che queste
costituivano un canale di riciclaggio o di reinvestimento per
le finanz e mafi ose.
Agli atti non si ri nviene una sola af fermazione del Giuff rè nel
senso dell’investimen to iniziale di somme di denaro da parte
del Provenzano ovver o degli uomini d’onor e della famiglia d i
Bagheria nel le imprese dell’imputato e, pertanto, non è questo uno dei temi del presente processo.
Tale precisazi one appare doverosa in quanto la difesa, con
argomentazioni a ssai suggestive, ha, in più passaggi, evidenziato l a lacunosità e la ma ncanza di risc ontri logici ed indiziari a q uesta afferm azione.
208
Proprio per tale motivo è il caso di sottolinear e sin d’ora come il se nso u nivoco delle afferma zioni del Giuffrè no n sia
quello sostenuto dalla difesa ma, al contrario, quello che dinanzi si accenn ava.
Secondo il Giuffrè, il Provenz ano – che di Bagheria era stato
a lungo il dominus al di là delle str ette competenze territoriali – e gli esp onenti m afiosi della fa miglia locale erano interessati alle attività dell’Ai ello non in q uanto vi avevano investito
direttamente lo ro capitali ma poiché si tr attava di un influente imprenditor e le cui attività da tempo si sviluppavano
in modo esp onenziale, creavano sul territor io ricchezza e p osti di la voro e finan ziavano l’or ganizzazione.
Lo svilup po imprendito riale dell’Aiello, pertanto, andava sostenuto e tutelato in quanto costituiva una importante riso rsa per il Provenzano e per la famiglia mafiosa di Ba gheria .
L’Aiello, dunque, per “cosa nostra” non era un socio di f atto o
un mero prestanome ma un “punto di riferimento” nel settore
economico -imprenditor iale, tanto da divenir e, con espress ione usata dallo stesso Giuff rè, il “ fiore all’occhiello” di Provenzano e dei mafiosi di Bagheria.
Un soggetto, cioè, che aveva un background qualificato (il padre Gaetano) e che si era avvicinato spontaneam ente al sodalizio, dimostran do per un verso di conoscerne e condividerne
almeno in parte le final ità (il sostegno alle famiglie dei detenuti) e per altro v erso di volersi a doperare in modo concreto
mediante la dazione dell a somma iniziale di cento milioni di
lire e di succe ssivi e sistematici finanziamenti.
Con tale sogge tto, dunque, secondo il Giuffrè era stato stipulato un vero e proprio patto di reciproca convenienza che, tra
le altre cose, prevedeva l’interessamento di “cosa nostra” a lle
iniziative dell’i mputato sicuramente in termini di sostegno e
di tutela ma no n anch e necessariamente di supporto finanziario o di rei nvesti mento di capitali di illecita provenienza.
209
Peraltro, dopo gli arresti di alcuni imprenditor i bagheresi –
Gino Scianna e Giammanco – che avevano c ostituito la testa
di ponte del Provenzano nel mondo dell’impresa, in quel ce ntro la figura di Aiello er a divenuta fondamentale per il capo
di “cosa nostra ”.
Il Provenzan o, per altro verso, aveva anche un altro e concomitante in teresse di tipo p ersonale alla suddetta iniziativa,
essendo da tempo malat o di prostata e necessita ndo di continui accertamenti diag nostici.
Attraverso queste due diverse, a utonome ed autorevoli fonti,
dunque, il G iuffrè era venuto a conoscenza che nell’i niziativa
delle cliniche private dell’Aiello erano interessa ti, nei termini
sopra descritti, sia l a famiglia mafiosa di Bagher ia che personalmente lo stesso Provenzano.
Tale
circo stanza
gli
avev a
fatto
comprendere
app ieno
l’importanza del ru olo dell’Aiello, tr attandosi di una rilevante
iniziativ a economi ca che veniva direttamente sostenuta in
ambito mafioso.
Come si di ceva d ianzi, a domanda della difesa il Giuffrè precisava che tra l’Aiel lo,
l’organizzazione ed il Pro venzano in
prima persona sussisteva un rapporto sinallagm atico di reciproco interesse munito del car atter e della sistematicità e della continuità nel tem po.
Per un ver so l’Ai ello a veva il vantaggio di pot er contare su un
unico accordo, costante nel tempo ed efficace per tutti i lavori che eseguiva in qu alunque zona della Sicilia.
Era, dunque , coadiu vato nell’ottenere il via liber a per i lavor i
da eseguire nei vari co muni siciliani, e nelle c. d. “messe a
posto” mediante la creazione di un peculia re sistema g estito
personalm ente d al Provenzano.
Del resto, l’ Aiello, f atti salvi i casi ecceziona li, non poteva essere sistematicamente di spensa to d al versamento della “messa a posto”, in quanto, com e è noto, a tale pratica erano sog-
210
getti tutti gli imprendit ori anche q uelli formalmente affiliati
all’organ izzazione.
Ma poteva essere segnalato e “seguito” per evitargli ogni altr a
possibile imposizi one delle varie famiglie mafiose locali a titolo di forniture di materia li, di noleggio di macchi nari ed attrezzatur e, di piccoli sub-appalti quali il movime nto te rra e
gli scavi ed, infine, di assunzione di persona le.
L’esisten za di un meccanismo speciale di
“messa a posto”
predisposto appositamen te per l’Aiello costituiva un indubbio
vantaggio per quest ’ultim o, atteso che si riducevano i tempi
per ott enere l’autorizzazione ad eseguire i lavori e si ver sava
sempre la stessa somma di denar o, evitando così lunghe e
defatiganti con trattazioni.
Allo stess o modo a ppare e vident e la vantaggiosità connessa
al fatto che tale sistem a fosse valido ed utilizzabile per tutti i
lavori eseguiti n elle varie pr ovince siciliane , cosa che ovviamente snelliva le procedure ed i tempi favorend o di fatto il
lavoro dell’Aiello.
Si pensi, inver o, all a situazione nella quale si sarebbe venuto
a trova re l’ Aiello senza i benefici c onseguent i al patto stipulato con “cosa nostra”.
Limitando la ri flessi one alle sole strade interpoderali, egli avrebbe dovuto, in so stanza , per ognuna delle 289 strade realizzate, contattare un referente mafioso in Bagheria ovvero
un
intermediario
dell’inte ra
S icilia,
diretta mente
farsi
nei
autorizzare
luoghi
di
più
volta
disparati
in
volta
all’esecuzione dei lavo ri, contra tta re l’importo delle singole
“messe a post o” per ciascuna strada, concordare eventuali altre richieste (sub-appalti, forniture, assunzioni etc. etc.) delle varie famiglie locali ed, infine , a d esecuzione dei lavori, far
pervenire in sicurezza il denaro ai vari destinatari.
Se questo fosse stato il contesto nel quale l’Aiello avrebbe
dovuto realizzare le strad e interpoderali, quasi sicura mente
211
ne avrebbe potute eseg uire molte meno e sicur amente cor rendo rischi e pagando somme maggiori.
Tutti i sop ra descritti va ntaggi l’imputato li ha conseguiti
proprio in con seguen za del patto da questi stipulato con “c osa nostra”, di talchè non può condividersi la tesi difensiva in
forza della quale l’Aiell o, es sendo stato com unque costr etto a
pagare il pi zzo, non avrebbe r icavato alcuna utilità da tale
accordo.
Come si è detto, il fatt o mat eriale di pagar e una somma a titolo di “messa a posto” non costituisce di per sé il discrimine
tra una vittima ed un sodale, posto che, come concordemente
riferito dal G iuffrè, dal Brusca , dal Siino e dagli altri collab oratori escussi nel presente dibatt imento, anche gli uomini
d’onore erano e sono tenuti a risp ettare tale indefettibile regola inte rna del sodalizio.
Da
ciò
consegue
che,
qualor a
un
impr enditore
conosca
l’esisten za di dett a prassi m afiosa ed attivamente si adoperi
per pagare il pizzo, non come violenta e minacciosa espressione d i un ’organ izzazione la cui forza di intimidazi one egli
subisce, ma come g iusto adempimento cui conseguono anche
vantaggi da parte di un sodalizio nel qua le si riconosce, il
mero pagamento del den aro non può consider arsi come univoca espression e del ruolo di vittima del soggetto attivo.
A meno di non vole r con sidera re vittime della loro st essa organizzazi one anche gl i uomini d’onore che, in caso di lavori
da loro stessi eseguiti, versano il pizzo.
Tornando ai reci proci vantaggi derivanti dall’accordo, per altro verso, il Provenza no e “cosa nostra” ottenevano altr ettanti
sicuri ri torni dal patto stipulato con l’imput ato.
In primo luogo, costo ro sapevano di poter contare su un canale di finan ziamento sicuro, rilevante e, soprattutto, costa nte nel tempo, i cu i pro venti potevano esser e reinvestiti nelle
attività illeci te tipiche del soda lizio.
212
Canale di finanziam ento costituito – si badi bene – non da un
qualsiasi imprenditore ma da uno dei primi contribuenti sic iliani, co me tal e pubblicamente conosciuto.
E, sul fatto che tale cir costanza fos se ben nota sia al Provenzano che agli esponenti della fam iglia mafiosa di Bagheria
non può davvero d ubitar si, a ttesa la notorietà della figura
dell’impu tato ed il numero di lavori eseguiti in tutta la Sicilia
(circostanza ben nota ai s uddetti p er via del pagamento delle
“messe a posto”).
Oltretutt o, lo stesso Aiello nel cor so del suo esame ha fatto
riferimen to
all’evidenza
del
suo
sviluppo
in
Bagheria:
“Sull’attività della diagnostica da quando la diagnostica è cominciata a diventare dal 1997 in poi, all’incirca, io ho cominciato a pagare e si è notato a Bagheria, perché quando si passava da via Città di Palermo angolo via Dante, non si trovava
neanche un parcheggio, perché la media di pazienti che affluiva alle nostre strutture era circa cinquecento pazienti al giorno,
fra diagnostica e radioterapia, per cui materialmente c’era proprio l’ingorgo di tra… si notava la… la presenza della diagnostica a Bagheria. Non… non è sfu ggito questo, per cui mi hanno chiesto che evitare di avere danneggiamenti alla diagnostica, dovevo pagare il pizzo di 25.000.000… 50.000.00 0 delle
vecchie lire che …” (ud. 21.2. 2006).
I suddetti esponen ti di “cosa nostra”, poi, potevano trarre notevoli vant aggi ed un prezioso giovamento anche dai rapporti
con var i esponenti del mondo istituzionale che l’Aiello intratteneva senza des tare sospetti in virtù della sua immagine di
imprendit ore e “perso na dalla faccia pulita”.
Per l’orga nizzaz ione uno dei prim i vantaggi di tale inserime nto dell’imputato all’interno del cir cuito istituziona le, ovviamente, era costit uito dal complesso meccanismo di ca ptazione di notizie riservate sulle indagini in corso che, come vedremo, almeno in par te l’Aiello ha sicuramente tr asmesso ai
membri dell’associazi one mafiosa.
213
Altri indubbi vantaggi per l’ organizzazione derivavano, poi,
dalla possibil ità di ott enere assunzioni di parenti ed amici
presso le strutture sanitarie dell’imputato che notoriam ente
assumeva no molta man o d’opera anche in vista dell’aper tura
della nuova clinica n ei loc ali dell’ex hotel “a’ Zaba ra”.
Tornando alle dichiarazioni del Giuffrè, corre l’obbligo di richiamare un ulteriore passaggio relativo alle at tività sanitarie svolte dall ’imputato.
Ed invero, in concl usione dell’excursus descrittivo a vente ad
oggetto le cliniche dell ’Aiello, il Giuffrè aggiungeva che la futura sede di una di dette cliniche era ubicata presso l’ex hotel “a’ Zabara”, ubicato sulla S. S. 113 appena fuori del centro
di Bagheria “su lla destra andando in direzione Palermo”.
Anche tale a pparen tement e insignificante detta glio, tutta via,
aveva una connotazione maf iosa e si iscriveva nelle dinamiche inter ne all a fami glia ma fiosa di Bagheria.
Ed invero, spiegava il Giuffr è, che l’hotel “a’ Zabara” era
“l’anti-Zagarella”, nel senso che era il principale albergo c oncorrente dell’ oramai famoso hotel Zagarella sito nelle vicinanze di Bagheria in località Sant a Flavia.
L’hotel Zagarella era stato di pr oprietà d ei cugini Nino ed Ignazio Salvo, uomi ni d ’onore e per parecchi anni noti gestori
delle e sattorie in Sicilia, in cointer essenza con Nino Gargano
e con quell a fazione della famiglia mafiosa di Bagheria che
faceva ri ferimento a Provenzano.
L’hotel “a’ Zabara ”, invece, era storicamente sotto l’influenza
di esponen ti dell a fazione a suo t empo (anni 80’) avv ersa che
si erano pure interessati alla gestione del Grand Hotel di
Termini Imerese (ricadente nel territorio di competenza del
Giuffrè).
Secondo il Giuffrè, la circostanz a che l’hotel “a’ Zabara” fosse
stato acqui stato dal l’Aiello aveva significato che la fazione
dominante di Bagh eria facente cap o a Provenz ano era riuscita “ad impossessarsi” anche di quest’albergo.
214
Tornando a descriver e lo specifico ruolo rivestito dall’Aiello,
nella sua veste di i mprenditore or ganico a “cosa nostra”, di
interfaccia con amb ienti del mondo politico ed is tituzionale e
di fonte di notizie riservate su indagini in corso, il Giuffrè
descriveva nel dettag lio il patto di protezione che lo legava
alla fami glia m afiosa di Bagheria ed al Provenzano.
Quanto all’ importanza di “avvicinar e” un imprenditore del calibro di Aiello, sino a stabilire una relaz ione
di autentica
compenetr azione org anica, Giuffrè riferiva: “Da parte di Cosa
Nostra … c'è un discorso di natura economica importantissimo
che va dal discorso della tangente, che va dal discorso della
fornitura dei mezzi, inerti, ferro, cemento …
movimento terra,
trasporti… E c'è ancora un altro motivo importantissimo che si
ripercuote su un discorso di potere
… Cioè questo connubio
che si viene a creare tra Cosa Nostra e la parte imprenditoriale, automaticamente acquisisce una certa forza Cosa Nostra
perché s frutterà alcuni imprenditori per trarne dei vantaggi,
non solo econ omici ma anche favori che poi vanno ad interessare altri organi dello Stato...... “Aiello interessava nel discorso imprenditoriale, cioè interessava perché – ripeto, ancora
una volta - erano in crisi alcuni personaggi di Bagheria e interessavano personaggi nuovi nel discorso imprenditoriale che
poi andrà a sfociare nei discorsi della Diagnostica … discorsi
che vanno ad interessare contatti politici con i vari Assessorati
e così via di seguito. E tutto questo, tranquillamente anche da
parte di Aiello c'è stato”; …. “L’Aiello ormai faceva parte appositamente del gruppo di potere più importante di Bagheria, ..
era una pedina del Provenzano e della famiglia con cui giustamente l’Aiello era particolarmente legato. … nel momento in cui
Aiello entra a fare parte non da mafioso ma diciamo che appoggia quel gruppo mafioso, deve portare avanti quella strategia di quel gruppo avanti sia da un punto di vista imprenditoriale, sia da un punto di vista sociale sia da un punto di vista
prettamente politico”.
215
Michele Aiell o, poi, non solo aveva tratto innegabili vantaggi
dalla costant e protezio ne assicura tagli da “cosa nostra ” bagherese e, addirittura, da Ber nar do Provenzano in persona
ma aveva strett o rapporti anche con uomini d’onore di altre
famiglie, ed, in particol are, con i fratelli R inella di Trabia
(territor io vicino a quello di Bagheria).
Il “rappr esentante” della f amiglia mafiosa di Trabia, spiegava
il collaboratore, a ll’epoca era Salva tore Rinella, che, insiem e
ai
fratelli
Diego
e
Piero,
si
occupava
della
gestione
di
quell’importante centro rientrante nel mandamento mafioso
di Caccam o, come detto capeggiato dallo stesso Giuffrè.
Per tal e rag ione, ovviamente, il Giuffrè a veva costanti e frequenti contatti con i fra telli Rinella ed anche con il Salvatore
Rinella che in quel momento era lat itante.
Da costoro aveva saputo che l’Aiello, già da molto tempo, aveva stabilito un buon rapporto con Salvatore Rinella che era
proseguit o, attraverso l’intermediazione dei fratelli, anche
durante l a sua latita nza.
In part icolare, Pi ero Rinella si era recato sovente a trovare
l’Aiello nei suoi uffici di Bagheria per assicur are cont inuità a
tale rapp orto.
Il Giuffr è non solo era stato informato di questo dallo stesso
Salvatore Ri nella ma era stato anche richiesto di “autorizza re”, nell a sua veste di ca po del ma ndamento mafios o, il mantenimento di un rapporto che coinvolgeva uomini d’onore d i
una famig lia di versa rispetto a quella di Bagheria.
In virtù dei buoni r apporti esistenti tra le due fa miglie mafiose, il Giuffrè aveva, pertanto, autorizzato il R inella a continuare ad intra ttenere il r apporto con Michele Aiello per quegli affa ri che in qualche modo rientravano in quel contesto
territori ale.
Per un certo periodo , poi, l’Aiello a veva intrattenuto rappor ti
di protezione con i fratelli Guzz ino di Cacc amo, uomini
216
d’onore che lo av evano sostenuto nelle inizi ative concer nenti
le strade interpodera li realizzate in quel terr itorio.
A tale proposito il colla boratore ha anche specificato che
l’esisten za di detti rappor ti con uomini d’onore era particolarmente util e all’Aiel lo per pianificare e realizzare le strade
interpoderali.
La sua vicinanz a a tali importanti esponenti locali di “cosa
nostra” gli serv iva, infa tti, per individuare le stra de da realizzare, convincere i proprietar i frontisti a cos tituir e una associazion e inter poderale, a nomina re un presidente “affid abile” ed a dare a l ui l’incarico di p rogettare e realizzare le opere.
Nel caso d ei Guz zino, i noltre, per la zona pr oprio di Caccamo
– dove al controllo del Giuffr è sfuggiva ben poco – il loro appoggio era stato fondam entale per consentire all’Aiello di realizzare le strade (ch e, come vedremo, sono state numerose).
L’esisten za del sostegno di detti s oggetti e della protezione
assicurat a da “cosa nostra ” aveva di fatto reso possibile a
Michele Aiello di sta bilire quasi un monopolio in tale specifico settore econ omico.
Tale circostanza non sol o gli era stata confer mata dai suoi
referenti ma fiosi bagh eresi e dallo stesso Provenzano ma anche da alcuni imprendit ori concorr enti dell’Aiello che, a più
riprese, si eran o lamen tati di tale stato di cose che, in pratica, non consentiva loro di lavorare con la stessa f acilità.
Per far comprende re a fondo tale ostilità da parte dei conco rrenti dell ’Aiell o, il Giuffrè r iferiva di un caso specif ico e mo lto significativo che ben conosceva perché verificatosi proprio
nel suo t errito rio di competenza.
Giuseppe P anzeca, uomo d’onore della famiglia di Caccamo,
nipote di Loren zo Di Gesù (uno dei capi storici della zona) ed
imprendit ore anch’eg li, si era lame ntato con il Giuffr è del fatto che, pr oprio nel suo paese, non riusciva a realizzare strade interp oderal i, men tre l’Aiello ne faceva in continuazione.
217
E, nonosta nte la for male qua lifica di uomo d’onore del Pa nzeca ed i suoi importanti legami parentali, tale sta to di cose
non si era mini mamente modif icato.
Inoltre, sempre nel terri torio di Caccamo, si era verificata la
vicenda, cui già si è fa tto cenno dianzi, della stra da inte rpoderale cu i eran o inte ressati i fra telli Liberto.
Tale vicend a contri buisce a dimostrare ulteriormente come
anche lo specifi co settore della realizzazione delle strade interpoderali costituisse oggetto d i diretto i ntervento e di gestione da parte di “cosa no stra”.
I fratelli Liberto eran o, invero, uomini d’onore della famiglia
mafiosa d i Cacca mo particolar mente vicini a l Giuf frè ma invisi ai fratelli Gu zzino, i quali, per vecchi rancori connessi alla
elezione del collaborator e a capo del mandamento, gli erano
stati da sempre ostil i.
I Liberto erano interessati alla realizzazione di una strada interpoderale che confin ava con un loro terre no agricolo in territorio di Caccamo ed il cui pr ogetto era stato presentato da
persone d iverse dall’ Aiello già parecchi anni prima.
Tale pro getto, tutta via, giaceva inevaso probabilmente per
l’ostilit à dei fratelli Guzzino che esercitavano un forte controllo su lle in iziative dell a zona .
A tale proposito il Giuffrè riferiva: “non se ne era fatto completamente niente perché addirittura probabilmente per i bastoni messi tra le ruote da parte del Guzzino. … si nota facilmente che il tutto in quella circostanza dipendeva dall'ingegnere Guzzino: le strade che si dovevano fare e quelle che non si
dovevano fare. Cioè nel momento in cui vi erano dei discorsi di
natura politica che interessavano… la strada immediatamente
si faceva; viceversa se c'erano dei discorsi di natura politica, e
non so lo, p erché lì non c 'erano discorsi di natura politica, Signor Pre sidente. C'erano discorsi di contrasto all'interno della
famiglia mafiosa di Caccamo. Siccome i rapporti tra me, il Liberto - che io mi sono permesso di dire che ha avuto una certa
218
delega da parte mia a muoversi su Bagheria - e i Guzzino non
erano buoni, quindi la strada non si faceva”.
Stando così le cose, i Liberto si erano rivolti al Giuffr è sollecitando un suo i ntervento e questi, nella sua veste di capo
mandamento, non p oteva consentire che tale richiesta, pr oveniente da suoi uomi ni fidati e pe r un’iniziativa in territorio
di Caccam o, non trova sse alcuna considerazione.
Peraltro, l a richiesta dei Liberto era ben precisa, nel senso
che costoro si erano già informati ed aveva no chiesto al Giuffrè di intercedere pro prio su Michele Aiello di Ba gheria per
riuscire ad ottenere la realizzazione della strada.
Antonino Giuffrè, pert anto, era intervenuto personalmente,
dapprima i nformando il Provenza no e chiedendone l’avallo, e
poi parla ndo della qu estione con Nicolò Eucaliptus, com petente sul territorio di Bagher ia e su Michele Aiello in particolare.
A tale proposito il Giuffrè riferiva: “da un punto di vista prettamente tecnico come sono andati i fatti, io non lo so, perché
non l'ho seguito. So per certo che immediatamente… nel momento in cui io ho passato il discorso a Bagheria, … tramite
Bagheria, abbiamo contattato Michele Aiello. Michele Aiello si è
messo a disposizione …
farà tutta una nuova progettazione,
manderà i tecnici del suo ufficio tecnico - che era un uf ficio
tecnico abbastanza importante - e faranno tutti i rilievi…… nell'arco di qualche anno, la strada è stata fatta”.
Tale episodio, dunque, conf erma come le dinamiche mafiose
contemplassero anche il settore delle strade interpoderali e
come l’int ervento dell’A iello – attr averso mod alità ed intermediazion i mafiose - sia risultato decisivo al fine di sblocca re l’impasse e di con sentire la re alizzazione, in tempi sorprendentemente brev i, di una strada che, pur interessando
degli uomini d’o nore, era rima sta nel dimenticatoio per diversi anni.
Il collaboratore Gi uffrè, inoltre, riferiva di ulteriori inter venti
219
tipicamen te mafio si finalizzati a consentire la realizz azione di
altre strade int erpoderali sempre nel territorio di sua competenza.
Si trattava di alcune stradelle nelle contrade Pergola, Manchi
e Santa Maria di Caccamo che interessavano tali Muscia ,
soggetti vicini alla locale famiglia mafiosa, nonché di un’altra
strada ch e inte ressava lo stesso Diego Guzzino.
Con riferim ento ad altre zone del territorio del suo mandamento il Giuffr è aggiung eva che l’Aiello aveva realizzato strade sia nel terr itorio di Mistretta che in quello di C iminna .
In conclusion e della disamina del contenuto delle dichiarazioni r ese d al Gi uffrè in ordine a Michele Aiello, appare evidente come si tratti di una autentica chiam ata in correità,
posto che il collaboratore ha indicato l’imp utato - costantemente ed a più riprese anche a seguito delle domande in controesame d elle altre par ti – come un imprenditore or ganico a
“cosa nostra” e direttamente in contatto con diversi uomini
d’onore di Bagh eria e, soprattutto, con Bernardo Pr ovenza no
del quale era divenuto “il fiore all’occhiello”.
Le sopra rich iamate dichiara zioni del collabor atore Giuffrè
devono, per tanto, essere esaminate alla luce dei riscontri individualizzanti forniti dalla pubblica accusa.
Tale oper azione, ovvia mente, deve essere svolta in forza dei
criteri di val utazio ne delle dichiarazioni rese dai collaboratori
di giustizia e dei relativi principi di diritto richiamati in precedenza nonch é dei principi in materia di prova indiziaria
anch’essi presi in esame dal Collegio nel capitolo a tale argomento dedicato.
Tutti i suddetti princi pi di diritto fissati dalla giurispr udenza
di legittimità devono int endersi in questa sede espressamente
richiamati in quanto costituiscono la base metodologica fatta
propria e segui ta dal Tribunale.
Con specifico riferim ento alla va lutazione dei riscontri a carattere i ndividualizz ante, in particolare, va solame nte ribadi220
to come, second o l’insegnamento d ella Cort e di legittimità, in
una prima fase del percorso valut ativo complessivo deve pr ocedersi al ri scontro in ordine alle varie frazioni di condotta
singolarmente considera te ed, in un secondo momento, si deve ricomp orre il ragion amento probatorio, p rocedendo alla disamina complessiva di tutti i singoli elementi già presi in esame.
Da ciò consegue che, se nel p rimo momento valutativo occo rre porre la massima attenzione alla validità ed idoneità dei
singoli elementi di risco ntro a car attere individualizzante in
relazione a ci ascuna fr azione di condotta, nella disa mina
complessiva la valutazione non può che essere contestualizzante
ed
onnicomprensiva
rispetto
al
r uolo
ricoperto
dall’impu tato in seno al sodalizio mafioso ed al suo specifico
apporto contrib utivo.
Nel caso specif ico dell’imputato Michele Aiello il ruolo ricoperto e l’apporto for nito all’associazione va riguardato con riferimento al l’atti vità di imprenditor e organico a “cosa nostra”
in virtù del suddetto patto di protezione ed alle attività d i finanziamen to del sodalizio e di r ivelazione di notizie segrete
riguardan ti ind agini in cor so.
Pertanto, le dichiarazion i di Antonino Giuf frè vanno risco ntrate con riferi mento all’esercizio dell’attività imprenditoriale
esercitata dall’Aiello nell’ottica delle specifiche prestaz ioni
dallo stesso assicurate a “cosa nostra” in esecuzione del
suddetto patto di pro tezione e cioè, nello sp ecifico:
1) l’attività di finan ziamento (spontaneo o secondo il suddetto schema di “m essa a posto”);
2) la disponibilità ad assumer e in qualità di suoi dipe ndenti
soggetti segnalati da esponenti ma fiosi; e, soprattutto,
3) la disponibilità a fornire informazioni e notizie coperte da
segreto
investigativo
in
relazione
ad
indagini
in
corso
sull’orga nizzazione in g enerale e sulla ricerca dei latitant i
Provenzano e Me ssina Denaro in modo particolare.
221
In primo luog o le dichiarazioni del Giuffrè sul ruolo impre nditoriale dell’ imputa to hanno fa tto riferimento a i suoi inizi
quando an cora era attivo il padre, Gaetano Aiello.
Il collabora tore ha, invero, chiarito il contesto relazionale di
Gaetano Ai ello, specifi cando dell’esistenza d i cointeressenze
economich e con membri autorevoli della famiglia mafiosa di
Bagheria, quali Cosimo Lanza e i f r atelli Mineo.
Lo stesso Michele Ai ello, all’udienza del 21 febbraio 200 6,
forniva alcune sostanziali conferme circa l’esist enza dei rapporti tra il padre ed i sudde tti uomini d’onore di Bagheria,
pur, ovviamente, cerca ndo di inquadrare gli stessi all’interno
dello sch ema ti pico d ella relazione vittima-carnefice.
Il padre, in partico lare, gli aveva spiegato che per ogni lavoro
da eseguir e in qua lunque parte del territorio regionale era
necessario pagare una tangente sempre e comunque nelle
mani dei mafiosi di Ba gheria.
In particolare, per ogni str ada int erpoderale andava versata
la somma di sette m ilioni di lire, esattamente come riferito
dal Giuffrè sul lo specifico punto.
Sino alla sua m orte, avvenuta il 5. 12.1992, suo padre si er a
personalm ente occupato di tali ra pporti ed aveva cercato d i
tenerlo f uori dalle vicende tipica mente mafio se.
Nonostante ciò, era stato proprio il padre Ga etano a prese ntargli nel 1985 Ant onino Giuffrè, in occasione della r ealizz azione di due strade i nterpoderali in territorio di Caccamo.
In tal modo, dunqu e, egli aveva conosciuto il Giuffrè che avrebbe nuovamente incontrato nel corso del 1993, dopo la
scomparsa del padre, esattamente come riferito dal collaboratore.
Quanto ai rap porti tra i l padre ed i noti fra telli Mineo, l’Aiello
riferiva che “la storia dei Mineo è la storia della mafia di Bagheria” e confermava la circostanz a per la quale l’ impresa di
suo padre aveva fatto parte (a suo dire contr o la sua volontà)
222
di una associazione temporanea di imprese insieme ad una
ditta dei Mineo.
A tale p roposi to una significativa conferma dell’esistenza di
detti rapport i di cointeressenza (for zata o meno) è venuta dal
testimone Domen ico Pan cera, già consulente di Ga etano Aiello e componen te (come si vedrà) del collegio si ndacale di una
delle società d ello s tesso imputat o.
All’udienza del 19 giugno 2006, il Pancera riferiva che Gaetano Aiello aveva d ovuto “soggiacere a delle richieste di cointeressenza” nelle sue attività impr enditoriali da parte del senatore Ignazio Mineo di B agheria (poi ucciso in un r egolamento di conti mafioso).
Anche secondo il teste, comunq ue, detta cointeressenz a era
stata “sub ita” dal Gaetano Aiello, il quale aveva anche citato
in giudizio il Mineo.
Tale ultima circosta nza veniva addotta dal teste come la prova della vessazione subi ta, secondo una tesi in verità poco
credibile, att eso che è molto infr eq uente che la vittima di una
imposizione mafiosa dia luogo addirittura a d una controve rsia civile con il proprio a guzzino.
Ad ogni modo, n ell’ottica della ricerca del riscontro esterno,
il dato ass erito dal Giuffr è – l’esistenza di cointeressenze economiche tra Gaetano Aiello ed i Mineo - è stato sostanzia lmente confermato sia dallo stesso imputato che dal teste
Pancera, i quali, p ur nel l’ottica vessatoria dianzi riferita, non
hanno potuto ch e conf ermarlo.
E,
del
resto,
non
avrebbero
potuto
fare
altro,
attesa
l’esisten za si a di una scrittura privata che di una causa civile che riguar davan o per l’appunto la vicenda del raggr uppamento di imprese tra il Gaetano Aiello ed il Mineo.
Si trattava, dunque, di un dato oggettivo innegabile che, come tale, non è stat o negato ma riferito secondo una chiave d i
lettura – la vessazio ne mafios a – che è rimasta solo labial-
223
mente affermata e ch e rapp resenta va l’unica soluzione praticabile in chiave difensiva sul punto.
Un altro punto centrale delle dichiarazioni del Giuff rè riguarda il r uolo domina nte svolto d all’Aiello nella progett azione e realizzazione dell e strade di penetrazione agraria, in
particolar modo in provincia di Palermo ma anche in altre
province siciliane.
Prendendo le mosse pedissequamente dalle dichiarazioni d el
collaboratore, occorre verific are, nell’ottica tipica d ella ricerca del riscontro, alcun e circostanze di fatto: l’esistenza di un
ruolo dominante dell’Aiel lo in tale specifico settore d’impresa
sia in general e che, sop rattutto, con specifico riferime nto alle
strade eseguite nei territor i di Caccamo e Ciminna, l’effettiva
possibili tà che questi fosse favorit o (“ammanigliato”) dai suoi
rapporti
privilegiati
con
taluni
funzionari
della
P.A.,
l’esisten za di int erventi di tipo mafioso a suo fa vore e le vicende relative ad alcune stra de in particolare, quale quella
dei fratelli Li berto ed altre cita te dal Giuffrè .
Sin d’ora si può affer mare che la disamina che segue darà
plurime e convergenti conferme alle dichiara zioni del collaboratore, l e quali sono risultate convalidate d a elementi e sterni
di varia natura e provenienza.
In primo luogo, occor re esaminare gli esiti delle indagini effettuate sul pun to dal maggiore Stefano Sancricca e dal maggiore Mi chele Miulli , i quali, rispettivamente alle udienze de l
24 febbraio 2005 e del 6 dicembre 2005, hanno rifer ito sulle
società attr averso le quali l’Aiello ha operato nel settore delle
stradelle interpoderali , le relative compagini e le vicende che
ne hanno caratt erizzato la gestione.
Il maggiore Michele Miul li, in p articolare, riferiva sulle diverse strade interpoderal i eseguite dalle imprese dell’Aiello sia
in provincia di Pal ermo che nelle a ltre province siciliane ed,
in particolare, in qu elle di Messina e Trapani.
224
I dati numer ici forniti dal Miulli s ono sta ti confermati dalla
copiosa docu mentaz ione offerta dalle parti, da quella sequestrata all’imputato e dalle dichiarazioni rese da llo stesso Michele Aiell o e da uno dei suoi geometri di fiducia, Antonino
Puleo, per cui, almen o su di essi, non sussiste contestaz ione.
Come si dirà , tuttavia, sulla signif icatività dei dati numerici
relativi alle stra de interpoderali realizzate dall’Aiello rispetto
alla sua ded otta posizione dominante di merca to, le valutazioni del le parti sono risultate d iver se.
L’oggetto de lla duplice verifica pr obatoria attiene, dunq ue,
alla posi zione di “quasi monopolio” dell’Aiello, come sostenuto
dal Giuffrè, ed a lla possibilità che questi venisse in qualche
modo favorito rispetto agli imprenditori concorrenti.
La tesi difensiva sul punto si fonda sull’inesistenza di una
qualsivoglia posiz ione dominante in tale specifico settore e
sull’assoluta impossibili tà di alcun favoritismo, attesi i rigidi
criteri cron ologici di trattazione delle pratiche di finanzia mento da parte della P.A..
Allo scopo di verificare nel detta glio entrambi tali aspetti e di
valutare appieno la significatività di taluni elementi di riscontro, è necessario premet tere una disamina del complesso
sistema di finanzi amento delle str ade int erpoderali per poi
passare ad esami nare criticamente i dati numerici delle strade realizzate dall’A iello e la possibilità che questi sia stato
favorito rispetto ai concorrenti.
Tale disamina si fonda sui documenti in atti, sulle dichiarazioni del maggiore M iulli, s u quelle di numerosi funzionari
dell’Assessorato all’Agricoltura e, come si vedrà, anche su
quelle del geom etra Puleo e dello stesso Aiello.
Il maggiore M iulli ha ri costruito, nei suoi diversi passa ggi, il
complesso iter amministra tivo che, in estrema sintesi, prevedeva la costituzione di una asso ciazione interpode rale, la
presentazione del p rogetto tecnico e l’inserimento delle sing o-
225
le domand e di fin anziamento in un “programma di interve nto” adott ato dall’Assessora to regionale Agricoltura e Foreste.
Quindi segu iva l’ap provazione da parte della Giunta regionale
di governo del programm a di intervento suddetto (uno appr ovato nel l’anno 1985 ed uno nel 1991) e, dopo gli accert amenti
istruttori e l’acqu isizio ne dei prescritti pareri, l’ammissione
della doman da al finanziamento ed, infine, la liquidazione
mediante decreto (cui faceva seguito un mandato) che veniva
riscosso direttamente da l Pr esidente dell’associazione int erpoderale o da un suo procur atore speciale.
Dalla disamin a congiun ta dei testi di P.G. e dei funzionari
dell’Assessorato region ale all’Agricoltura (ad es. i signori
Lauricell a Guglielmo , Dalla Costa Costantino, L opes Francesco, Di Franco Dani ele e Naselli Santo) si è avuta conferma
del suddetto iter amministrativo e burocratico rigua rdante i
finanziamenti region ali p er la realizzazione delle str ade interpoderali.
Sulla scorta della nor mativa di riferimento all’epoca vigente,
la legge regiona le n.215/33, le istanze per il finanziame nto
delle strade dovevano essere presentate dalle singole associa zioni interp oderali interessate attraverso i rispettivi Pr esidenti in veste di legali rappresenta nti.
All’istan za d ovevan o essere allega ti il progetto esecutivo, una
relazione tecni ca, un computo metrico delle voci di spesa, le
piante tecniche, gli e ventua li nulla-osta d ei competenti uffici
(ad es. del Gen io Civile) nonché una dichiarazione sostitutiva
di
atto
di
notorietà
con
la
quale
il
Presidente
dell’asso ciazio ne attestava l’ inesistenza di pregiudiz i antima fia a suo carico.
Inoltre, andava alleg ato un nulla-osta del Comune territorialmente competente che riguardava l’impegno ad assicurare
la manutenzion e dell a str ada realizzanda da par te di detto
ente.
226
Sulla scort a delle istanze presenta te dalle varie associazioni
veniva redatto un elenco secondo un rigido ordine cronologico, previsto dall a legge p roprio per evitare favoritismi nei
confronti di alcune a ssociazioni a scapito di altre.
Ogni volt a che l’Assessore al ramo e la Giunta regionale
stanziavano delle som me per le strade interpoderali veniva
formata una graduatori a (sempre in base all’ordi ne cronologico suddet to) delle istanze che p otevano beneficia re dei finanziamen ti pubblici, che - è bene precisarlo -
erano in mi-
sura fissa, n el senso che avevano un tetto massimo pr estabilito (nel tempo passato da 350 milioni a 500 milioni di lire
per ciascun pro getto) .
Tale graduatori a non poteva essere modif icata a seconda
dell’even tuale esclusi one di qualc he progetto per mancanza
dei requisiti tecnici e/o burocratici, essendo al limite previsto lo scorrimento d ella stessa in caso di presenza di fondi
non ancora assegnati.
Tuttavia, come è stato concordemente chiarito dai vari funzionari ci tati dal la stessa difesa, p oteva ben a ccader e che un
progetto collo cato prima in gr aduatoria venisse finanziato
dopo un altro p rogetto successivo.
E ciò per d ue ragioni fondamentali: per un verso in quanto i
progetti venivano a ssegna ti a funzionari diversi, i quali, ovviamente, avevano tem pi autonomi ed individuali di “la vorazione” de lle pratiche.
E, per altro verso, in quanto dette pratiche venivano assegnate no n una alla volta ma a gruppi, di guisa che, q ualora
una istanza fosse stata carente di documenti o di allegati,
l’iter ammini strati vo avrebbe necessitato di un tempo maggiore rispetto ad un a ista nza successiva ma del tutto completa.
Accadeva normalmente, quindi, che una pratica ritenuta incompleta o carente di docum entaz ione venisse esitata d opo
227
un’altra prat ica, successiva nell’or dine cr onologico, ma fornita di tutti i r equisiti.
Tale sistema trovava la sua giustificazione nell’esigenza di
non bloccare l’in tero iter di tutti i progetti a causa della pr esenza di una ist anza incompleta
o abbisognevole di ulteriori
passaggi burocr atici.
Tuttavia, in concreto, tale situazione determinava la frequente violazione d el cri terio legale del r igido ordine cronologico.
Una volta ch e le istan ze venivano ammesse a finanzia mento,
le associazioni inter podera li dovevano eseguire i lavori in economia senza beneficiare di alcuna anticipazione da parte
dell’assessorato.
Di fatto, dunque, le imprese realizzatrici delle opere (compresa quella dell’ Aiello) anticipavano le spese necessarie p er
l’esecuzi one dei lavori in attesa di venire ripagate al momento dell’erogazi one del fina nziamento.
Questo, infatti, era par i al 90% delle somme previste nel progetto e, di fatto, copri va l’ intero a mmontare delle spese sostenute, posto che, come ha confermato lo stesso geometra
Puleo ( tecnico di fiducia dell’Aiello che ha seguito l’it er di
pressocch è tu tte l e str ade dallo stesso rea lizzate), le associazioni interpoderali non venivano mai chiamate in c ausa per i l
versamento teorico del restante 10 %.
Qualora, poi, tr a la fa se di r edazione del progetto e del computo metrico e quella d i eff ettiva realizzazione delle opere
trascorre va parecchio tempo, era ammessa la possibilità di
adeguare i costi ai nuovi prezzi indicati nei c.d. pr ezziari regionali.
Tuttavia il tett o massimo del finanziamento non poteva essere comunque superato, di guisa che il progetto, in tale cas o,
andava rim odulato con un sostanziale ridim ensionamento di
alcune delle opere da realizzare.
228
Quando le opere eran o concluse la P.A. effettuava sui luoghi
una verifica della corrispondenza tra i lavori eseguiti e quelli
riportati nel progett o.
Quindi veniva erogato il f inanziamento direttament e al Presidente dell’a ssocia zione inte rpoder ale ovvero ad un suo procuratore sp eciale incar icato del rit iro delle som me.
In ogni caso , il Pres idente doveva, prima dell’incasso, presentare un certificato a ntimafia rila sciato a suo nome.
Infine, il Presid ente o vvero il procuratore speciale provvedevano a pagare alla ditta o alle ditte che avevano realizzato i
lavori in econo mia le somme di lor o spettanza.
Sulla base di quanto riferito dai f unzionari, il dato di maggiore s ignificativi tà ch e deve t rar si dall’esame di tale iter
amministrativo è costituito dalla possibilità che, di fatto, ta lune pratiche veni ssero trattate ed esitate prima di altre precedenti quanto ad ordine cr onologico di presentazione.
E ciò non, ovviamen te, per motivi di ordine privato o p referenziale – sar ebbe stato singola re c he i funzionari amme ttessero l’esistenza di favoritismi da loro, in ipotesi, commessi –
ma propri o per l e suesposte r agioni di ordine tecnico e burocratico che costituivano la fisiologia del suddetto iter.
Tale dato è stato fornito in modo univoco da tutti i funzionari
sentiti n el corso del dibatt imento, citati, peraltr o, dalla stessa difesa.
In tali termini si sono, i nfatti, concordemente espressi i testi
Santo Naselli ( di cui si dirà anche dopo per i suoi rapporti di
amicizia con l’Ai ello), Guglielmo La uricella e Costantino Dalla
Costa, tutti, per ragion i del loro uff icio pubblico, muniti della
massima competenza su l punto.
Tale circostanza, e mersa in modo convergente dalle suddette
fonti qu alificate smentisce del tut to la tesi dif ensiva della assoluta im possib ilità di derogare al rigido ordine cronologico
di trattazione delle varie istanze.
229
E, si badi b ene, si tr atta di un dato essenziale che alla fine
non ha potuto negare neppure uno dei più preziosi collaboratori dell ’Aiello, il geometra Antonino Puleo.
Nonostante la sua veste di imputa to di reato connesso e la
palese predi sposiz ione favorevole nei confronti dell’Aiello (per
ovvie ragion i di amicizia e riconoscenza), sina nco lo stesso
Puleo ha finito per ammettere che, fermo restando il criterio
cronologi co di riferimento, poteva accadere che una pratica
in concreto venisse esitata prim a di un’a ltra prece dente (v.
udienza d el 10.10.2006).
Ferma rest ando, dunque, la possibilità che l’Aiello usufruisse
di una “corsi a preferenziale” rispe tto agli impre nditor i concorrenti occorre approfo ndire l’ esa me dei riscontri emersi in
ordine al la sua posizi one di “qua si monopolio” riferita dal
Giuffrè sia avuto riguar do alle str ade interpoder ali eseguite
nelle varie pro vince indicate che, soprattutto, nelle zone ricadenti n el mandament o mafioso di Caccamo.
Indubbiamente un autonomo riscontro a tale asseverazione è
giunto dalle dichiarazi oni rese dal collaboratore di giust izia
Angelo Siin o, uomo d’onore ed imprenditore che, come precisato nel capitol o allo stesso dedicato, ha per un certo periodo
operato come gestore del complesso sistema di spartizione illecita degli appalti pubblici.
Vuoi per le car atteristiche soggettive del collaboratore che
per le sue specifiche competenze in materia di opere pubbliche e “messe a po sto” da par te delle imprese operanti sul territorio siciliano, le confer me provenienti dal Siino appaiono
di sicuro rilievo.
Per altr o verso, è o pportuno sottolineare come a gli atti del
presente processo sian o state acquisite due sentenze divenute defin itive nelle quali è stata a f fermata l’attendibilità intrinseca del collaboratore e la sua specif ica compet enza nel
settore concernente per l’appunto il rapporto tra “cosa nostra” ed il mon do del l’impresa.
230
Si tratta del le sen tenze della Corte di Appello di Palermo in
data 19 ottob re 1999 nei confronti di Guccione Leoluca +1 e
del Tribu nale di Paler mo in data 2 marzo 2002 nei confronti
di Simone Castello.
Sulla scorta delle mo tivazioni d i tali sentenze e delle considerazioni svolte dal Coll egio nel capitolo relativo al Siino d eve
ribadirsi tale convergente giudizio di sicura attendibilità del
collaboratore che oramai da v ari anni ha fornito preziosi contributi all’A.G. i n numerosi processi molti dei quali definiti
con sente nze passate in giudicato.
All’udienza dell’8 giugno 2005, a pr oposito dell’imputat o Aiello, il Siino riferiva di no n averlo mai incontra to o conosciuto
personalm ente, ma di averne sentito parlare da Serafino Morici e Lor enzo V accaro, uomini d’onore a lui particolarm ente
vicini.
Il fatto si ri colleg ava alla realiz zazione di una strada interpoderale che il Siino aveva intenzione di realizzare accanto ad
un terreno ag ricolo di sua madr e in contrada Cerasa di Mo nreale.
Detto terreno era servi to da una strada ster rata realizzata su
di un tratto di ferrovia che avrebb e dovuto esse re costruita
ma che in rea ltà n on er a mai stata completata con la posa in
opera dei bina ri (e, quind i, nulla ostava a lla sua tras formazione in strada di pe netrazione agr aria).
Poiché col tem po la strada si era via via danneggiata, nel
1997 il Sii no a veva manda to il Morici a d informar si pr esso
l’assesso rato regional e competente per verificare la possibilità di ottenere un finanziamento per la realizza zione di una
strada in terpod erale.
Il Morici, di r itorno dall’assessora to, gli riferiva che “l’unico
modo per avere fatta la strada era rivolgersi all’ingegnere Aiello di Bagheria”.
Il Siino si a dirò molto n el sentire tale risp osta poiché riteneva di non doversi “necessariamente” rivolgere ad alcuno in
231
considerazione del ruolo che aveva svolto nel sistema di spartizione mafiosa deg li appalti pubblici e dei favori che aveva
fatto.
Va, invero, evidenz iato come nel 1997 il Siino avesse già subito un pro cesso p er associazione mafiosa e che, in virtù del
ruolo centr ale dallo stesso ricoperto nel corso degli a nni 80’
e sino all’inizio degli anni 90’, riteneva di dover esser e tenuto
in altissi ma consideraz ione anche e soprattutto in ambito
mafioso.
Il fatto che la sua rich iesta per un lavoro, peraltr o abbas tanza banale, non potesse trovar e accoglimento se non attraver so l’Aiello lo aveva, perta nto, m olto indispett ito.
Il Siino testualmente riferiva: “mi venne a dire subito dopo,
dice: “ANGELO, guarda che per avere fatta la stradella a
CERASA l’u nica persona che ti devi rivolgere è a BAGHERIA”,
“a BAGHERIA chi?”, “AIELLO”, “ma scusami ma AIELLO chi?”,
“’u ‘ngegne re AIELLO”, al che insomma ero un po’ esacerbato
dal fatto di essere stato in galera, di essere trattato male e...
così e me ne arrivai con una forte espressione e h o detto: “ma
chi cavolo è questo AIELLO o la fa o non la fa”…..
e va be’,
vedremo chi è questo Ingegnere AIELLO, bagarioti, “e va be’, dissi – di BAGHERIA, ora lo vediamo”.
Pertanto, aveva convocato Lorenzo Vaccaro al quale aveva
manifestato tut ta la sua r abbia per tale imposizione che non
sopportava.
Il Vaccaro, tuttavia e con sua grande sorpresa, gli rispondeva
testualmente: “sarbati u’ ferru” cioè “metti a posto la pistola”,
nel senso di calmarsi e non metter si contro l’Aiello.
Il Vaccaro mede simo gli riferiva che l’Aiello era molto vicino
allo “z io” (Bernardo Provenzano) per cui se aveva intenzione
di mettersi contro di lui doveva prima parlarne dir ettamente
con Provenzano.
232
Con un’altra es pressio ne tanto colorita quanto sintomatica, il
Vaccaro gli diceva: “stai attento perché ti rompi le corna… vai
a sbattere!”.
In considerazion e del tenore della risposta del Vaccaro (il
quale per altro dopo poco venne ucciso), il Siino la sciava perdere l’inizi ativa di realizzar e da sé la strada inter poderale
anche p er le alt re vi cende che lo avrebbero di lì a poco int eressato.
Una ulteri ore e converg ente conferma sul punto in esame è
stata, poi, fornita da un altro collaboratore di giustizia escusso ne l corso del dibattimento, Salvatore Barbagallo.
Le sue dichi arazioni – peraltro relative prop rio alla zona di
Caccamo - sono anch e riportate nella sentenz a definitiva della Corte di Assise di Pal ermo in data 13 m arzo 1999 contro
Cottone Andrea e altri ed in quella del Tribunale di Palerm o
in data 2 mar zo 2002 nei conf ronti di Simone Castello, entrambe ac quisit e agli atti.
A proposito d i dette di chiaraz ioni va adeguatamente evidenziato come le stesse si ano state r ese per la prima volta da l
collabora tore nel 19 95 e, perta nto, in epoca del tutto non sospetta,
in
quanto
ant ecedente
di
parecchi
anni
rispetto
all’emerg ere dell a figura dell’Aiello nel panoram a delle indagini di mafia.
Le indicaz ioni del Barbag allo per ta le ragione assumono sicuramente una certa valenza, tenuto conto d ella loro autonomia
rispetto al resto delle successive emergenze e del fatto che
vengono in rilievo non come ulteriore chiamata in c orreità ma
alla stregua di un semplice riscontro esterno alle succ essive
dichiarazioni del Giu ffrè.
All’udienza dell ’8 giug no 2005, Salvatore Barbagallo ricostruiva i suo i rapp orti di conoscenza con Michele Aiello, ris alenti agli inizi degli anni ’80, in occasione di una fornitura di
calcestruzzi per una strada che lo stesso doveva realizza re
nei pressi di Caccamo .
233
L’Aiello si era rivolto alla “C alcestruzzi Termini”, impresa di
chiara estrazion e mafiosa dove il Barbagallo lavora va in veste
di collaboratore ammi nistrativo.
Nei primi anni 80’ l’ Aiello aveva richiesto altre for niture di
calcestruzzo alla sudde tta ditta anche per ché aveva realizzato e conti nuava a reali zzare “moltissime strade interpoderali
nella zona di Caccamo”.
Intorno al 1986 il Ba rbagallo era anche stato incaricato da
Giuseppe
Panzeca
di
andare
a
Bagheria
pr esso
l’ufficio
dell’ingegnere Aiello per ritirare dalle sue mani una busta
contenente dei soldi.
Come si ricorderà, il Panz eca era proprio l’ uomo d’onore e
l’imprenditore di cui ha rifer ito il Giuffrè, aggiungendo anche
del suo personale risentim ento nei confronti dell’Aiello per la
sua posizi one di monopolio nella realizzazione de lle strade
interpoderali in terr itorio di Cacca mo (famiglia ma fiosa alla
quale il Panzeca apparteneva).
Il Barbag allo aveva a ppreso dal Panzeca che si trattava di
soldi dovuti per una “messa a posto” rela tiva a str ade interpoderali eseguite dal l’Aiello proprio a Caccamo.
A tale propo sito il G iuseppe Panzec a - che si occupava anche
lui, insieme a tale Priolo , di stra de interpoderali - si era platealmente la mentato con il Barbagallo del numero, a suo gi udizio, eccessi vo di str ade che l’ Aiello realizzava nella zona di
Caccamo e del fatto che, ogni qual volta egli aveva intenzione
di costruire un a strada, finiva per farla sempre l’Aiello.
Appare evidente come anche tale indicazione fornita quasi
dieci anni prima dal Barbagallo confermi appieno qua nto riferito, anni dopo ed au tonoma mente, dal Giuffrè, il qua le aveva indi cato p roprio nel Panzeca uno degli imprenditori mafiosi che si lamenta vano dell’eccessiva presenza dell’Aiello
nella zon a di C accamo.
Dopo il ritiro del la busta col denaro, il Panzeca aveva detto al
Barbagall o che l ’Aiello “aveva un’esclusiva sulle strade inter234
poderali un po’ su tutta la provincia di PALERMO, in particolare sul mandamento di CACCAMO, aveva realizzato o doveva
realizzare, ora questo non lo so con precisione, comunque si
trattava di strade interpoderali e ancora non si era presentato
a pagare, nel sens o non è andato lì da nessuno a dire se poteva farlo e quanto doveva pagare”.
Risulta, pertanto, co nvalidata in modo del tutto sovrapponibile anche l’afferma zione fat ta da l Giuffrè a proposito del
“quasi mon opolio” che l’Aiello aveva in genera le ed in quel
territori o in modo pa rticola re.
Il suddetto episodio, tuttavia, aveva avuto anche un ulteriore
seguito: dopo qualche giorno dopo, infatti, il Panzeca avev a
mandato nuovamente il Barbagallo dall’ingegnere Aiello per
restituirgli la busta ricevuta pochi giorni prima.
Come spiegatog li dal Panzeca si trattava della restituzione
del denaro della “messa a posto” disposta a seguito di un ordine diretta mente pro veniente da Bernardo Provenzano, il
quale “proteggeva” personalmente l’ Aiello.
E’ corretto precisare come tale ultima parte della ricostruzione del Barbag allo non a bbia trovato conferma ne lle dichiarazioni rese dal Giuffrè, il quale, nella veste di capo di quel
mandamento mafioso, avrebbe d ovuto essere a conoscenza
del fatto.
Pur potendosi trattare di una circostanza sfuggita ai ricordi
del Giuffrè (che si è o ccupato nella sua lunga vita criminale
di una autentica mi riade di mess e a posto), tale porzione del
racconto for nito dal Bar bagallo non può, dunque, costituire
riscontro alle dichiarazioni del Giuf frè.
Tuttavia, come appar e chiaro, si tr atta dell’unico momento di
distonia tra le suddette dichiarazioni risultate del tutto convergenti pur se au tonome e r ese in tempi e contesti assolutamente d iversi .
Ed invero, la convergenza rispetto al ruolo imprenditoriale
egemone svo lto dall’Aiello nella realizzazione delle stra de e di
235
quelle in territorio di Caccamo in modo pa rticolare nonché al
risentimento del Pan zeca in relazione a ta le circostanza appare asso lutamente ch iara ed in equivoca.
Da ciò deve conc ludersi che l’apporto fornito in questo processo dal collaboratore Barbagallo, nella specifica ottica ed
entro i limiti del riscon tro c onverg ente rispetto alle dichiarazioni rese dal Giuffr è, deve considerarsi valido ed utile.
Solo per dovere di compl etezza deve aggiungersi come il Barbagallo abbia an che res o una aut onoma dichiarazione concernente un elemento di fatto diver so rispet to a q uelli narrati
dal Giuffrè.
Si tratta, p ertanto , no n di un elemento da valutare alla stregua dei parametri tipici del riscontro ma della autonoma
chiamata in cor reità.
Il Barba gallo, a pr oposito del ruolo egemone svolto dall’Aiello
nel settore dell a reali zzazione del le strade interpoderali in
territori o di Caccamo, invero, ha aggiunto di avere a ppreso
tale cir costanz a anche da un altro imprenditore della stessa
zona, Dolce S ebastiano, in occasione dell’appalto per la realizzazion e del parco urbano di Cacc amo, tra la fine degli anni
’80 e gli inizi del ’ 90.
All’udienza del 5 giugno 2007 , dep oneva, perta nto, in qualità
di imputato di reato connesso, il Dolce Sebastiano, il quale
ha escluso di aver mai parlato con Salvatore Barbagallo della
gestione dei lav ori nella zona e di avere fatto riferimento ad
un siffatto ruo lo del l’Aiello.
A tale proposito va, tuttavia, sottolineato come la deposizione
del Dolce, sia per le caratteristiche soggettive del dichiarante, che per il suo specif ico ruolo processuale (ex art. 210
c.p.p.) che, i nfine, per le modalità stesse con le quali è sta ta
resa, no n appare idonea a costituir e una smentita pienamente attendibile.
Il Dolce, invero , pur avendo costituito una associazione di
imprese propr io co n il Panzeca p er la realizzazione del parco
236
urbano di Cacca mo (come riferito dal collaboratore), si è
spinto si no a n egare quasi di aver c onosciuto il Ba rbagallo.
Tuttavia,
anche
sulla
scorta
d elle
dichiar azioni
rese
da
quest’ult imo a suo carico, lo stesso Dolce ha ritenuto di
chiedere l’applicazione della pena per il reato di concorso esterno in associaz ione mafiosa, co mmesso in concorso anc he
con lo stesso Barbag allo ( v. la sentenza definitiva del GIP
presso il Trib unale di Pa lermo in data 14 maggio 1999, acquisita agli atti).
La superiore a nalisi non è certamente finalizz ata ad attribuire una autonoma valenza probat oria alla chiamata del Barbagallo ma a sottolineare adeguatamente come la presunta
smentita pro venien te dal Dolce non appaia chiara e positivamente app rezzab ile.
Del resto, si era già premesso che le dichiarazioni del Barbagallo in questo processo si ritengono rilevanti solo ed escl usivamente al fine di costituire un riscontro a quelle del Giu ffrè.
Ed, in tale specifica ottic a, le stesse, in virtù del principio
della fraz ionabilità della dichiaraz ione resa d a un collabora tore, risu ltano sufficientemente
attendibili per le
ragioni
dianzi so ttolin eate.
Esse, infatti, sui du e aspetti oggetto dello specifico esame –
la presenza i mprend itoriale dell’Aiello in regime di quasi monopolio nella zon a di Caccamo e la posizione indispettita di
Giuseppe Panzeca – sono risultate coerenti e perfettame nte
sovrapponibili in termini di risco ntro.
Come si è vist o e come si vedrà ancora nel prosieguo, entrambi tali profili, pera ltro, appaiono confermati non solamente d alle dichiarazion i del Bar ba gallo ma anche da ulteriori, purimi ed autono mi, elementi di valutazione.
Tra questi ulti mi van no senz ’altro ricomprese anche le d ichiarazioni rese da un altro imprenditore della zona di Caccamo, S ebastiano Iuculano, escusso all’udienza del 15 mag237
gio 2007.
Ed invero, la dep osizio ne dell’inda gato di reato connesso Sebastiano Iucula no (il quale non si è avvalso della facoltà d i
non risp ondere), pur non rappresentando certa mente una
prova diretta di un fatto, appare, tuttavia, significa tiva allo
scopo di riscont rare l e dichiarazioni di Giuffrè a p roposito
del ruolo egemone svolto dall’Aiello nella realizzazione delle
strade interpo derali e del ma lcontento degli imprenditori
concorren ti.
Va premesso ch e lo Iuculano è stato chiamato a deporre dopo
che nel corso di una intercettazione ambientale del 10 agosto
2001 erano state registra te alcune sue afferm azioni relative
proprio al ruolo premi nente dell’Aiello nel settor e delle strade
interpoderali.
Lo Iuculano, piccolo imprenditore edile e sostenitore pol itico
dell’U.D.C. ed, in par ticola re, dell’on.le Cintola, nel corso
della sua deposizione si è rivelat o molto credibile e sincero.
Pur nella semplicità dei suoi mezzi espressivi, egli è apparso
lineare e coe rente nel sostenere i fatti a sua conoscenza e
non si è lasciato mettere in difficoltà dalle incalzanti dom ande rivoltegli n el con troesame.
Anzi la sua attendibil ità è risultata avvalorata dalla spontaneità e dall’atteggiamento semplice e diretto con il quale ha
affrontato le d omande delle parti.
Per quanto concerne l e strade interpoderali lo Iucula no riferiva di averne real izzate solo tre nel corso della sua lunga a ttività, l ’ultima dell e quali nel corso del 1996.
Si trattava d i una stra da in contr ada Malluta di Cerda (non
lontano da Caccamo), l uogo di sua provenienza e residenza,
per l’approvazione della quale era no insorte parecchie diff icoltà pre sso l’ uffici o del Genio civile.
In particolare, il reg gente dell’uff icio, l’inge gnere Cr istofor o
Mineo ( di or igine bagherese), aveva sollevato una serie di osservazioni tecnich e, tanto da determinare lunghi ritardi e da
238
far insorgere nello I uculano il sospetto che si tr attasse di ostacoli vol utamente frapposti e non connessi a reali carenze
progettuali.
Stanco di tali ritardi lo Iuculano si era per sonalmente recato
presso l’u fficio del Mineo e, dialogando con alcuni imprenditori casu alment e ivi presenti, aveva avuto conferma che “per
fare la strade interpoderali bisognava rivolgersi all’ing. Aiello”.
Era, infatti, opinione comune tra i suoi colleghi im prenditori
che il Mineo favorisse i progetti presentati dall’Aiello, riservando l oro u na corsia preferenzia le che li portava ad un r apido ottenimento del parere favor evole.
Esasperato da tale stato di cose, lo Iucula no si era lamentato
platealmente con i l Min eo ed aveva anche fatto rif erimento ai
presunti favori riservati da questi all’Aiello.
Dopo essere stato accom pagnato a forza fuori dalla stanza
del Mineo , lo Iuculan o era stato richiamato ed aveva ottenuto
“improvvi sament e” il parere favorevole al suo progetto.
Tutti gli ostacoli tecni ci, cioè, d’incanto erano stati supera ti
ed il suo progetto, lu ngamente ritardato, era stato, seduta
stante e senza alcuna integrazione, esitato favorevolmente
dal Mineo .
Tale circostanza e l ’estemporaneo scambio di opinioni con i
colleghi presenti confermavano nello Iuculano altre voci che
aveva sentit o da varie font i a proposito del fatto che l’Aiello
svolgeva un ruol o quasi egemonico nella rea lizzazione di tale
tipo di opere g razie ai favori ed agli appoggi di cui godeva.
Alle doma nde del difen sore proprio dell’Aiello lo Iuculano,
pur non ricordando i no mi dei soggetti con i quali aveva in
varie occasioni discusso di tale ar gomento, insisteva nel sostenere le pr oprie ra gioni e finiva per afferma re che “chiunque, pure un bambino di sette anni, sapeva che per fare le
strade bisognava rivolgersi all’ing. Aiello” e che, in quegli anni, bastava inform arsi nell’ambiente degli imp renditori per
avere con ferma di ciò .
239
Tale voce gen eraliz zata, del resto, a giudizio dello Iucul ano
trovava risco ntro nel numer o di strade realizzate dall’Aiello
rispetto agl i altri imprenditori suoi concorrenti, i quali, a suo
giudizio, n on avevano mezz i o capacità infer iori ma non riuscivano ad avere appr ovati i loro progetti.
A
proposi to
del l’esistenza
di
eventuali
imposizioni
dell’impr esa Aiell o lo Iuculano rifer iva testualmente: “Imposizione no, ma imposizione… … a livello di consigli, così, … a
gente di solito ormai lo sappiamo tutti… lei vive na Sicilia, o
sapi benissimo. Puru lei che è avvocato mai c’è capitato s’ave
accattare na casa e ci ricino: “avvocato, picchì un s’arrivolge o
tizio?” Che è l’imposizione? A società siciliana è fatta accussì.
Si parrava, non era un’imposizione, era un suggerimento. Rice:
“a vo fare a strata? Rivolgiti o ngigniere Aiello” . Accussì.”.
Tale stato di cose, a giudizio dello Iuculano, era deter minato
dalle amiciz ie (come nel caso del Mineo) e dalle protezioni politiche e mafiose dell’Aiello.
E proprio partendo da tale suo per sonale convincime nto egli
aveva, n el corso del la conversazione ambientale intercettata,
espresso i giudi zi e fatto le af fermazioni che erano state registrate ne i termini su rriferiti.
Il dato rappresen tato dalla deposiz ione dello Iuculano, come
appare chiaro , non costituisce una prova diretta a carico
dell’Aiel lo (né tan tomeno del Mineo), ma contribuisce a ricostruire il clim a generale ed il contesto nel quale gli imprenditori vivevano il rapp orto d i concorr enza con l’Aiello.
E, si badi ben e, non si tr atta di mera invidia per i successi
imprendit oriali di qu est’ultimo, ma di una generalizz ata opinione che si fond ava su voci ricorr enti in varie province siciliane e conferm ate dal numer o impressionante di strade rea lizzate dall’Ai ello m edesimo.
Infine, per completezza di analisi, va detto che il teste di riferimento ex art . 195 c.p.p., Cristofaro Mineo, ha in parte
240
smentito le dich iarazi oni rese dallo Iuculano, almeno in relazione all a vicenda dell’acceso diverbio inter corso tra i due.
Ciò nonostante, deve sottolinears i come la deposi zione del
Mineo si a risultata oltrem odo incerta, talora contraddittoria
e poco convincente in considerazione del tenore delle risposte
fornite dal teste.
Questi, in vero, a p roposito dell’ elemento centrale della sua
deposizione – per l’appunto l’epis odio del diverbio con lo Iuculano – dapprima asse riva di non ricordare nulla, poi m odificava la risposta di cendo di poterlo escludere ma solo in
quanto egl i non aveva rapporti dire tti col pub blico, p oi ancora, dopo es sersi contrad detto anche a tale ultimo prop osito,
finiva per escludere del tutto e con certezza l’episodio in qu estione.
Ma la deposizion e del Mineo è risultata poco attendibile nel
suo complesso proprio per lo stesso atteggiamento del teste
che è appa rso a più ripr ese in evidente diff icoltà e che sovente è caduto in contraddizione su d iverse cir costanze (ord ine
cronologi co degli affari, modalità del rilascio dei pare ri del
Genio Civile, r apporti con i progettisti delle ditte inter essate
alla realizzazione delle strade, num ero dei pr ogetti present ati
dall’Aiel lo etc. etc.).
Certament e, tuttavia, dalla deposizione del Mineo si tr aggono
alcune, ind irette e certamente non volute, conferme alla deposizione schietta e linear e dello Iuculano.
Il Mineo, in partico lare, ammetteva di conoscere l’Aiello che
talora l o andava a trovar e nel suo ufficio e che aveva eseguito
il maggior numero di strade interpoderali durante la sua
permanenz a al G enio C ivile (circa il 20/30% d el totale).
Nonostante ciò, però, i l Mine o escludeva di avere m ai discusso con l’Aiello delle sue pratiche che, addirittura, in un primo tempo non sapeva neppure indicare quantitativamente e
definiva “qualche lavoretto” a fronte di centinai a di proget ti
presentati ed a pprovati.
241
Poi, dopo aver sosten uto che il suo ufficio si att eneva rigida mente all’ordine cronologico di protocollo delle pratiche (man
mano
che
le
stesse
pervenivano
dall’assessorato
all’agricoltura), finiva con l’affermare che le stesse veniva no
esitate se nza alcun ordine cronologico ma in base ai tempi e d
alle inco mbenze di ci ascun funzionario delegato.
Infine, riferiva che il suo ufficio, in caso di diff ormità progettuali, quasi mai espri meva un par ere negativo ma restituiva
brevi manu ai progettisti gli elabora ti tecnici con le co rrezioni
apposte dai funzionari, a ffinché gli stessi proget tisti li rielaborassero correttamen te e li riprese ntassero.
Tale dato appare confermativo di quanto riferito dallo Iuculano a proposito di alcuni progettisti che “andavano e venivano” dall’ufficio con le copie dei pr ogetti e degli elabor ati.
Così come risulta con fermato il dato della possibile preferenza accordata all’Aiello , posto che non veniva rispettato un
ordine cronologico nel la trattaz ione degli affari ma i vari funzionari addi rittura “suggerivano” informalmente le correzioni
da apportare ai tecni ci e non esp rimevano formalmente un
parere negativo ovver o con prescr izioni.
Ciò posto in ordine ai riscontri in merito al duplice profilo
dianzi più volte rich iamato, va svolta una ulteriore analisi a
proposito del l’effettiva incidenza delle imprese dell’Aiello sul
“mercato” delle strade interpoderali siciliane e di quelle della
provincia di Pa lermo in par ticolar e.
Tale disami na si rende necessar ia al fine di verificare criticamente la tesi sostenuta dallo stesso imputato nel cor so del
suo lungo esame dibattimentale.
In buona sost anza, in vero, il nucleo centrale della tesi d ifensiva si fonda sull’ asserzione della inesistenza obiettiva di un
ruolo egemone dell e imprese Aiello in tale settore, come si evincerebbe dall’ana lisi dei dati ufficiali d elle strade realizzate
in Sicilia.
Ove dimostrata tal e tesi, nell’ott ica dell’imputato, esclud e242
rebbe a pri ori la po ssibilità che l’ Aiello sia stato agevolato
vuoi da compi acenti funzionari che, soprattutto, da fenomeni
di protez ione e/o imp osizione da pa rte di “c osa nostra”.
E smentirebbe, ovviamente, quanto sostenuto dal collabora tore Giuffrè e dalle altre fonti di pr ova che ne hanno corroborato le dichiar azioni.
Nel sostenere detta tesi, l’im putato Aiello, all’udienza dell’8
marzo 2006, ha qu antific ato sia il numero di progetti di strade interpoderali presentati che que llo delle strade realizzate:
“abbiamo presentato 1080 progetti,
289…
ne abbiamo realizzato
in quota percentuale rispetto a quelli presentati da noi,
siamo sull’ordine del 20 %”.
Il geometra Puleo, con ancora maggiore precisione, ha specificato che i p rogetti presentati era no stati 105 8 e quelli r ealizzati 289, di talchè, in ef fetti, la p ercentuale risulta non del
20% ma all’inci rca del 27%.
Inoltre, l’imputato ha anche quantificato l’incidenza percentuale delle strade reali zzate dalle sue impr ese r ispetto al dato
complessivo relativo sia a tutto il territorio siciliano che a
quello della provincia di Palerm o in modo particolare: “se si
guarda il dato Palermo possiamo arrivare anche a una percentuale del 30% rispetto alle opere globalmente finanziate … sul
dato globale regionale noi potremmo essere in ordine al 10%
orientativo .. non ho i dati ufficiali … potrei anche discostarmi…”.
Ed inoltre agg iungev a: “ho il dato ufficiale di tutte le strade interpoderali che sono state finanziate dall’Assessorato Regionale Agricoltura e Foreste. E sono 2151 strade complessivamente
realizzate nel territorio siciliano … cioè tutte le strade interpoderali realizzate nel territorio della regione siciliana sono
2151. Que lle da noi realizzate sono 289”.
E’, dunque, lo stesso Aiello che ha indicato una percentuale
del 30% d elle strade realizzate dalle sue imprese in provincia
243
di Palermo rispetto al num ero com plessivo delle strade finanziate ed eseguite in detto contesto territoria le.
E l’impu tato lo ha fatto evidentemente ritenendo che tale
percentuale fosse così modesta da dimostrar e l’inesistenza di
una sua posizione ril evante di mercato.
In verità, a giudizi o del Collegio, tenuto conto del numero
delle s trade realizzate e delle imprese che erano attivamente
impegnate in tal e specifico settore, il fatto che il solo Aiello
abbia eseguito ben il 30% delle str ade della provincia di Palermo non appare un dato numerico insignificante né tampoco in evi dente contra sto con la tesi accusator ia.
Ma anche a vol ersi att enere al dato fornito dallo stesso imputato (il 30% del totale delle stradelle interp oderali fina nziate
e realizzate nell a provi ncia di P alermo), tale incidenza, in
uno con l ’incremento esponenziale rispetto al decennio precedente ( di cui si dirà appresso), a ppare oltremodo signif icativa.
E ciò a mag gior ragion e se si pone mente al f atto che, sulla
scorta dei dati numeri ci, non risulta che alcun altro singolo
soggetto imprenditor iale abbia ricoperto una simile e /o paragonabile posizione do minante sul m ercato.
Ed invero, deve nota rsi come, a f ronte della singola pos izione
dell’impu tato, attestata all’incirca al 30% del mercato, il resto delle s trade ri sultan o realiz zate da un numero consistente di imprese, senza che sia emer sa alcuna a ltra posiz ione
assimilab ile a que lla dell’Aiello in termini di incidenza nel
settore.
Ad ulteriore con ferma di ciò, ba sta considerar e le dichiara zioni degli al tri due imprenditori - escussi nel pr esente diba ttimento - che si occupavano attiv amente di realiz zazione di
strade di penet razion e agraria.
Sebastiano Iuculano, invero, riferiva di aver realizzato solo
tre strad e addirittura tra il 1982 ed il 199 6 e Nicolò Testa
244
aggiungeva di aver costruito solo 8/10 strade, tutte peraltro
fuori dal la provincia di Pa lermo.
Ma la tesi accu satori a, inver o, risulta vieppiù confer mata se
si approfondisce più nel dettaglio l’esame dei suddetti dati
numerici.
Tale operazion e si rende necessaria in qua nto la generica indicazione de i dati complessivi rischia di non tenere conto del
perimetro temporale all’interno del quale va condotta la verifica.
Come è stato rip etutam ente chiar ito, invero, il ruolo egemone
dell’Aiel lo in tale settore si sarebb e instaurato solo a partire
dai primi anni 90’ e, cioè, dal momento del suo avvicinamento al contesto ma fioso di Bagheria ed alla stipula del patto di
protezion e di cui si è detto.
L’esame acritico di tutti i dati r elativi ai progetti presentati
ed alle strade realizzate dall’Aiello – e quindi anche di quelle
precedenti rispetto agli anni 90’ – rischierebbe di non costituire una verifi ca precisa e puntuale della circostanza oggetto del ri scontro.
Di talchè appare necessario procedere anche ad una disaggregazion e del dato numerico complessivo, all’evidente scopo
di verifi care se, a partire dai pr imi anni 90’ in avanti, vi sia
stato un reale incremento della “produttività” delle imprese
dell’impu tato.
A tale prop osito, il maggiore Miulli ha quantificato il dato
complessivo dei progetti approvati e ammessi al finanziamento nel decenn io 1993/2003 nell’intera Regione, prec isando
che si tra ttava di 727 proget ti dei quali ben 181 er ano stati
realizzat i da M ichele Aiello.
A parte la valut azione dell’incidenza percentua le di dette
strade r ispetto al numer o totale d i quelle finanziate, appare
estremamente signifi cativo evidenziare il dato complessivo
delle str ade realizzate nel decennio precedente dall ’Aiell o.
245
Come precisato sempre dal ma ggiore Miulli, nel periodo intercorren te tra i l 26 settembre 1991 ed il 26 febbraio 2002
l’Aiello aveva real izzato 181 strade, mentre tra il 24 ottobre
1979 ed i l 15 ottobre 1990 ne aveva realizza te solo 108.
Appare, perta nto, indubi tabile, trattandosi di dati puramente
numerici, come tr a i due decenni suindicati si sia verificato
un increme nto eno rme delle strade realizzat e dalle imprese di
Aiello, p ari al 75% ri spetto al periodo preced ente.
Al di là dei d ati complessivi, dunque, rimane dimostrato in
modo
inconfutabile
che
le
impr ese
dell’Aiell o,
a
partire
dall’anno 19 93, hanno incrementato in misura considerevole
(il 75%) il numero del le str ade realizzate.
Tale circostanza appare univocamente confer mativa d ella tesi
sostenuta dall’accusa e fondata sulle precise indicazioni fornite dal col laboratore Giuffr è a proposito dello sviluppo delle
imprese dell’Aiello a pa rtire dal momento del suo avvicina mento a “cosa n ostra”.
Ma, a ben vedere, essa risulta ancora più significativa in relazione propr io a quel contesto territoriale, la provincia di
Palermo ed, i n particolare, la zona di Caccamo e cent ri limitrofi, cui ha fatto specific o riferimento il Gi uffrè.
Ed invero, sulla scorta dei dati emersi agli atti, risulta che
nella zona d i Ca ccamo e Montema ggiore Belsito, le imprese
dell’Aiel lo a vevano realizzato, da l 1991 in poi, un totale di 29
strade, delle quali 19 a Caccamo e 10 a Montemaggiore Be lsito.
Deve
notarsi
come,
nel
medesimo
contesto
territoria le,
l’Aiello, tra il 1979 ed il 1991, avesse realizzato complessivamente n ei due centr i appena 6 strade.
In tale caso, pertanto, si è registrato un imponente incremento percentuale, atteso che nel decennio in esame l’Aiello ha
realizzat o un numero d i strade cinque volte ma ggiore r ispetto a quel le del decen nio precedente.
246
Nella zo na di Ciminn a, invece, - dove sia il Giuffrè che il Provenzano avevano personalmente operato negli ultimi a nni le imprese di Mich ele Aiello avevano realizzato in totale 20
strade int erpoderali, delle quali solo 4 fino al 1 992, 3 nel
1993 e be n 13 d al 1997 al 2002.
Anche ta li ultime i ndicazioni numeriche e percentuali, dunque, conferm ano l’incremento esponenziale nella realizzazione
di
strade
interpoderali
da
parte
delle
impres e
dell’impu tato a partire dai primi anni 90’ in poi, proprio nelle
zone direttamente specificate dal Giuffrè e che questi conosceva molt o bene in virtù del ruol o di capo del mandam ento
mafioso di Cacc amo.
E, complessivamente considerati, tutti i suddetti dati oggett ivi corro borano la tesi dell’esistenza di una posizione predominante in detto settore d’im presa da parte dell’imp utato
Aiello, esattamen te come sostenuto dal collaboratore Giuffrè
e confermato da Angelo Siino, Salvatore Barba gallo e Sebastiano Iuculano .
E’ inoltre rimasto di mostra to come tale posizione dominante
si sia via via accresciuta a pa rtire dal 1991, in coincidenza
con il momen to dell’avvicinam ento dell’imputato a “cosa nostra”.
E come la stessa si sia manif estata in modo particolare proprio in quel le zo ne della provincia di Pa lermo maggiormente
controllate dallo schieramento mafioso più vicino a Bernardo
Provenzano.
Entrambe tali circo stanze smentiscono la tesi difensiva proprio per la loro esatta conducenza rispetto a quanto sostenuto dai collaboratori di giustizia.
Ed invero , pur v olendo riconoscere all’Aiello una competenza
tecnica e burocratica nella gestione delle pratiche di finanziamento delle strade interpoderali superiore alla media dei
suoi conco rrenti (dato aff ermato m a non dimost rato),
non si
comprende come mai la stessa abbia porta to i suoi fr utti solo
247
a partire da un determinato momento in poi ed esclusivamente nelle zone do ve maggiore era l’influenza de l Provenzano e
della famiglia mafiosa di Ba gheria .
Né, tenuto conto del com plesso delle convergenti dichiarazioni dei suddetti colla boratori, appare verosimile che la scelta
dell’impr esa avvenisse in modo spontaneo ed incondiz ionato
da parte dei Presidenti delle varie associazioni interpoderali
(come pur e sostenuto dall’imputato nel corso del suo esame).
In primo luogo, in fatti, deve considerarsi come, sulla scor ta
di quan to un animemente emerso dall’istr uzione diba ttimentale, erano le stesse im prese che andavano alla ricerca delle
strade da reali zzare e che convincevano i propr ietari c.d.
frontisti a co stitui re una associaz ione interpoderale a vente
come unico sco po la presentazione del relativo progetto, la
cui realizzazione ovv iament e veniva loro affidata.
Non si trattava, dunqu e, di una scelta che veniva effettuata
da una person a giuridi ca già esistente, la quale sondava il
mercato alla ri cerca del le migliori condizioni economiche e
tecniche.
Al contrario era l’impresa che, dopo aver convinto i singoli
proprietari a cos tituire l’a ssocia zione, proponeva di realizzare
la strada senza alcun costo da pa rt e loro.
Tale
meccanis mo
no n
esclude
a ffatto
–
come
sostenuto
dall’impu tato – la possibilità di interferenz e, eventualmente
anche di tip o mafioso, sulla scelta dell’impresa da par te dei
proprietari.
Pur in mancanza di un a specifica contestazione sul punto,
tale circo stanza assume rilevanza proprio per il tenore delle
dichiarazioni dell’Ai ello.
Questi,
i nvero,
ha
lun gamente
sostenuto
come
la
scelta
dell’impr esa fosse di iniziativa dei proprietari e del tutto scevra da ogni possibile condiziona m ento esterno nel tentativo
di smenti re l’assunto del Giuffrè a tale proposito.
Nel corso d el dibattimento sul punto ha reso dichiar azioni il
248
collaboratore Barbagal lo, il quale non si è limitato a fornire
notizie de relato ma ha descritto fatti caduti sotto la sua esperienza d iretta, maturata a seguito della sua vicinanza
all’impresa di Giu seppe Panzeca di Caccamo, che, come de tto, si occupava di strade interpoder ali.
Riferiva il collabor atore: “di solito era l’impresa che andava a
cercare queste associazioni, ad esempio io ricordo che quando
uscì DI GESÙ Lorenzo dal carcere mi diede l’incarico di prendere
tutte le cartine topografiche ... di una certa zona della
provincia di MESSINA e lì segnare ... alcune strade che lui mi
aveva indicato e dove potevano nascere delle nuove associazioni …. ad esempio tra CERDA e MONTEMAGGIORE BELSITO,
una l’abbiamo fatta di sana pianta, nel senso c he abbiamo riunito i proprietari, siamo andati a fare il tracciato, abbiamo scelto la strada e tutte cose e lì sempre in questa... discorso di
MESSINA, anche lì veniva fuori il nome di AIELLO MICHELE
che in quella zona già era interessato lui a... a strade interpoderali.”
La circostanz a per la quale l’iniziativa veniva solitamente
presa dai tecnici delle imprese ovv ero dagli stessi im prenditori è st ata anche con fermata da numerosi Presid enti di associazion i interpoder ali cit ati dalla difesa de ll’Aiello.
Costoro, invero, con specifico riferimento alle imprese di
Aiello ed ai tecnici di sua fiducia, i geometri Puleo e C usimano, hanno confermato quanto riferito dal Ba rbagallo.
E’ il caso di Filippo Lo Iacono, Presidente di una associazione
interpoderale della zona di Mistretta, ci ha detto che dei lavori (eseguiti nel 1999) si era occupato il geometra Puleo c onosciuto trami te t ale Colantoni: “Siccome io dovevo fare questa strada e mi hanno detto di parlare con questo geometra …
Colantoni dice: “ci sunnu sti geometri chi fanno fare queste
strate”. E allora un giorno me l’hanno presentato a Mistretta,
mi hanno chiesto i documenti che dovevo fornire e c e l’ho dati.”
249
Anche Rosario Bell ardita , Pr esidente di un’associazione che
ha realizzato una strada nel 1999 in territorio di Reitano, ha
riferito di essersi rivolto, sempre per il tr amite dello stesso
Colantoni , al geo metra Puleo che si era occupato di tutto fino
all’otten imento del f inanziamento.
Allo stesso mo do Vincenzo Orlando, Presidente di un’altra
associazi one interpo derale, confer mava che per ottenere il finanziamen to di una strada
nella z ona di Ventimiglia di Sici-
lia, con trada Traversa, si era rivolt o all’impresa di Aiello Gaetano, per ragioni di pregressa conoscenza, il cui tecnico
(sempre i l Puleo) si era occupato di tutto.
Ancora più significative appaiono poi le dichia razioni di Filippo Scimeca, P residente di due associazioni che a vevano ottenuto il finanziamento per rea lizz are altrettante strade interpoderali nella zon a di Ca ccamo.
Costui riferi va che era stato il geometra Puleo a suggerire di
costituire due distinte associazioni e di presentare due diverse domande perché la lunghezza della strada era ta le che non
poteva essere finan ziata nell’ambito di un unico progetto, ma
ne occorrevano due.
Ancora più chiaro risu lta tale modo di procedere sulla scor ta
delle dichiarazioni di tale Giuseppe Daidone, Presidente di
ben cinque associazioni interpoder ali che hanno ottenuto la
realizzaz ione di altre ttante str ade nelle zone di Marineo,
Monreale e Sant a Cristina Gela.
Anche i n ta l ca so i l geometra Puleo aveva suggerito ai diretti
interessati di costituire più associazioni per f ar finanz iare
cinque lot ti, post o che il costo complessivo dell’opera si aggirava sul miliar do di lire.
Saletta B iagio, infin e, Presidente di due
associazioni inter-
poderali nel la zona di Cacca mo e Montemaggiore Belsito,
confermava tale dato, rifer endo che erano stati i ge ometri Puleo e Cusimano (presentatigli dall’a rchitetto Nicosia) ad indicare la necessari a costit uzione di due diverse associazioni
250
per reali zzare u n’unica strada i cui costi non potevano essere
coperti da un solo fi nanziamento.
E proprio lo stesso architetto Filippo Nicosia r iferiva di essere stato President e di diverse associazioni per la r ealizz azione di strade in zone r icompr ese nel territorio comuna le di
Caccamo, tra le quali la nota associazione Allegra dei fratelli
Liberto,
e di e ssersi r ivolto a tal fine all’ingegnere Michel e
Aiello ed ai geometri Puleo e Cusimano.
Ma le dichia razion i del Nicosia assumono rilievo anche per
altri asp etti.
Egli, inver o, riferi va di avere ricevuto parecchie richieste da
parte di proprietari agricoli della zona e di aver loro suggerito di rivolgersi ai geom etri Puleo e Cusimano, i q uali si occ upavano di tutti gli a spetti delle varie pratiche.
Inoltre, spiegava che: “Guardi, le dico questo, c’è stato un periodo che si potevano presentare… perché con il geometra Cusimano e Pule o … guardavamo l’ICM, quindi la topografia del
terreno, e vedevamo dov’è che c’erano anche la possibilità di
presentare qualche domanda per qualche strada, e c’è stato un
periodo in cui io come presidente mi mette… facevo istanza per
una strada, perché fino a una certa data, che ora non so, perché non curavo pro prio le cose da questo punto di vista, non
c’era bisogno di essere f rontisti della strada, successivamente
poi bisognava essere frontisti, ecco perché sicuramente in
qualcuna dove io avevo presentato istanza precedentemente,
poi successivamente si è dovuto cercare la persona, vedere chi
erano gli interessati per poter realizzare … questa strada in
quanto frontisti della strada”.
Quindi, secondo il Ni cosia, non solo l’inizi ativa pa rtiva da i
geometri d ell’Aiello ma addiritt ura costoro, col suo aiuto, individuavano su lla ma ppa catastale le strade per le quali er a
possibile o ttener e i finanziamenti e convinceva no i proprietari a cost ituire le associazioni ed a presentare le istanze.
251
Tale affermazione co rrobora appieno il contenuto delle dichiarazioni de l coll aboratore Barbagallo, il qua le, in tempi
non sospetti, aveva d escritto esattamente tale stat o di c ose.
L’architetto Nicosia , peraltro, pur essendo di Montema ggiore
Belsito ed avendo ricoperto la car ica di p reside nte di mol te
associazi oni senza essere propr ietario fr ontist a (come era
possibile fare almen o sino ad un certo mom ento), dichiarava
di non conoscere i fratelli Liberto pur avendo presieduto
l’associazione Allegr a e di non aver conosciuto Antonino Guzzino (che addirittura era st ato assessore comunale a Cacc amo).
Egli, cio è, confermava che i P residenti delle associazioni interpoderali nemmeno conoscevano i termini generali delle iniziative che assu mevano, pr oprio in quanto di tutto si occupavano l’Ai ello ed i suoi fidati collaboratori Puleo e Cusim ano.
E si b adi b ene che an che lo stesso Puleo – certamente soggetto non ostile a ll’Aiello – ha conf ermato come quasi semp re
l’iniziat iva di contattare i proprietari veniva assunta da lui
che si occup ava di tu tti gli aspetti connessi alla pratica da
presentare.
Ciò posto, va an che esaminata l’indicazione for nita dal Giuffrè a p roposito pro prio di Ant onino Guzzino, ind icato come
uno dei sosten itori delle iniziative dell’Aiello in territorio di
Caccamo e zone limitro fe, allo scopo di ver ificare se, anche
su tale specific o passaggio, siano o meno emersi elementi di
riscontro .
In primo luogo si è avu ta conferma da parte dei testi di P.G.
del fatto che An tonino Guzzino er a fratello di Diego Guzzino,
uomo d’onore di spicco della f amiglia mafiosa di Caccamo, a
lungo in posizion e di contrasto con Antonino Giuffr è e con i
suoi uomi ni di fiduci a proprio come i fratelli Lib erto.
252
Per altr o verso, dallo stesso esa me dell’Aiello – in ciò corroborato pedissequamen te dal Puleo – si trae una (certamente
involonta ria) conferm a della tesi sostenuta d al Giu ffrè.
All’udienza del 21 febbraio 2006, invero, l’Aiello ha f ornito
due importanti conferme: p er un verso riconosceva di avere
incontrato personalm ente, verso la fine dell’estate del 1 993,
Antonino Giuffrè, i l qua le lo era andato a trovare presso i
suoi uffi ci di Bagher ia.
Come si ricorderà, il collaboratore aveva riferito di avere incontrato personalmen te per l’ultim a volta Michele Aiello proprio all’ incirca nel 1993 e che detto incontro era avvenuto nei
suoi uffici di Bagheria.
In second o luog o, l’Ai ello confermava l’esistenza dei buoni
rapporti intrat tenuti con Antonino Guzzino in q uel torno di
tempo e della loro collabora zione proprio nel settor e delle
strade in terpoderali (altra circostanza sostenuta dal collaboratore).
La conoscenza con l’ingegnere Guzzino risaliva a parecchi
anni prima, quando questi dirigeva l’ufficio lavori pubblici
del Comune di Bagheria, e si era sviluppata sia sul piano
personale che proprio su quello relativo alle strade interpoderali.
In particola re, l’Aiello specificava d i aver realizza to una strada inter poderale in territ orio di C accamo, in una zona dove
l’ingegnere Guzz ino aveva una villetta (in contrada Sa n Felice
o San Rocco).
Inoltre, testualmente l’Ai ello riferiva: “Aveva appreso il signor
Giuffr è,
che
era
venuto
l’ingegnere
Guzzino,
assieme
ad
un’impresa, all’interno del mio studio e che in qualche modo li
stavamo aiutando per una strada interpoderale…. E c’è venuto
a minacciare di brutto che non dovevamo completamente avere
a che fare… e questo è stata la seconda volta e l’ultima volta
che ho visto a questo signore, che si chiama Giuffrè Antonino”.
253
La visita del Giuffrè era stata di p oco successiva ad un episodio pr eceden te ch e l’Aiello descriveva così: “alcuni giorni
prima la visita del signor Giuffrè, era venuto presso il mio studio l’ingegnere Antonino Guzzino che ormai era una larva umana, perché era ormai era quasi terminale. Con il fratello
dell’ingegnere Guzzino, poi ho appreso lì che si chiama Diego,
e con un ’impresa, che aveva bisogno di essere aiutato a redigere una contabilità finale di una strada interpoderale. … Mi
sono chiamato il geometra Puleo, è sceso e praticamente se ne
doveva occupare lui in ordine ad aiutarlo a redigere questa
contabilità finale”…. “Non so come è venuto a saperlo il signor,
noto collaboratore mafioso, Giuffrè questa cosa, passa qualche
giorno e si presenta il signor Giuffrè … Mi viene letteralmente
a minacciare…personalmente e poi anche al geometra Puleo,
che avevo chiamato per spiegargli un po’ le cose come andavano, prop rio sul fatto perché stavamo aiutando in qualche modo
l’ingegnere Guzzino…. abbiamo tentato in ogni… di spiegare a
lui che no n si trattava di chissà di che cosa d’aiuto, ma semplicemente un aiuto che… stava dando il geometra Puleo per
quanto riguarda l’impostazione di un computo metrico, né più e
né meno, non ha voluto sentire ragioni …”.
Il sopra descrit to epi sodio è stato indicato spont aneamente
dall’Aiel lo all’ eviden te scopo di me ttere in risalto la violenta
intimidaz ione d a lui subita ad opera di Antonino Giuffrè, in
tal modo evidenz iando il suo ruolo di vittima e quello di carnefice ri copert o dal collaboratore .
Tuttavia, esso, al di là delle intenzioni dell’ imputato, for nisce
una interessante co nferma dei rapp orti citati secondo una tipica chia ve di lettura delle dinamiche mafiose.
Deve, infat ti, rico rdarsi come il Giuffrè, all’epoca del fatto
narrato, ricopr isse da alcuni anni la carica di capo del ma ndamento m afioso di Ca ccamo.
Di tale mandament o mafioso faceva parte anche Diego Guzzino, fratel lo dell’Antonino, il quale, per questioni legate pro254
prio alla nomina del Giuff rè a capo mandamento (ruolo al
quale anch’egli aspira va), era sin dal 1984 in una posizio ne
di aperto contrasto con quest’ultim o.
Ed invero, dopo l’arresto di Ciccio Intile, Salva tore Riina av eva deciso , nel 1987, di nominare il Giuff rè al vertice del
mandamento, susc itando il risentimento e l’invidia del Guzzino, il quale era sempre rimasto suo acerrimo rivale.
La reazione del Giuffrè ( così come riferita d all’Aiello) appare,
pertanto, del tutto coerente con tale situazione interna al
mandamento di Caccamo e con le logiche mafiose, atteso che
questi non poteva certo vedere di buon grado l’ista urarsi di
un rapporto di sostegn o e collabora zione tra il suo rivale mafioso ed il titolare di un grosso gruppo imprendit oriale che,
in quel m omento , oper ava ne l territorio di sua competenza.
Ma, a ben vedere, l’e pisodio riferito dall’imputato rientr a perfettament e nel le di namiche interne al sodalizio mafios o anc he
sotto un altro p rofilo che, come vedremo, corrobor a perfettamente quanto riferito dal Giuffrè.
Si ricorderà co me, proprio all’incir ca nell’esta te del 1993, il
Giuffrè, d’in tesa con Bernardo Provenzano, aveva gar antito il
passaggio di Mich ele A iello “dalle mani” di Nicolò Eucalpitus
a quelle di Pietro Lo Iacono, al q uale aveva “p resentato” in
termini mafio si l’imputato che pur e questi conosceva sin da
bambino ( come confermato da entra mbi i dir etti interessati).
La
motivaz ione
di
detto
affidamento
in
chiave
dell’Aiel lo ad un uomo d’onor e della famiglia
mafiosa
di Bagheria
trovava la su a ragi on d’essere nel r ispetto delle r egole interne
di “cosa nostra”.
Ed invero, in ba se a tali regole, poiché Aiello era originario di
Bagheria ed operava in tale centro, solo un uom o d’onore di
tale cittadina poteva assum erne la gestione ed “a verlo nelle
mani”.
Lo stes so Giuffrè, che aveva cert amente tanto da guadagna re
continuan do ad avere “nelle sue m ani” l’Aiello, aveva avverti255
to tale necessità, peraltro, perfett amente condivisa dal Provenzano.
Se, dunque, l’Ai ello doveva necessa riamente – in ossequio alle regole di “cosa nostr a” – essere nelle mani di un rappresentante della famigl ia di Bagheria , non si sarebbe potuto in
alcun mod o accettare o permettere che Diego Guzzino, uomo
d’onore della fami glia maf iosa di Caccamo, assumesse tale
specifico ruolo .
Tanto
più
che
il
Guzzino
apparteneva ,
in
posizione
sott’ordi nata, al mandamento dello stesso Giuffrè, il q uale
era stato ga rante del suddetto pass aggio di consegne, c ol benestare del Prove nzano, ed aveva d i buon grado rinunciato a
continuar e a gestire direttamente l’Aiello e le sue imprese.
Allora, in con clusio ne, partendo da ll’esame del superiore episodio così come spontan eamente r ivelato dall’ Aiello, si può
affermare , con sufficienti margini d i certezza indiziaria, come
una reaz ione così pl atealmente violenta da parte del Giuffrè
appaia log icamen te più compatib ile con la sopr a descritta situazione inter na al mandamento mafioso piuttosto che con le
spiegazioni for nite dallo stesso Aiello.
Non appare, infatti, plausibile che il Giuffrè possa aver e intimidito pesantemente l’Aiello, sino al punto di minacciarlo
di morte, solo per quella che lo stesso imputato ha d efinito
come un a “e pisodica consulenza di poco conto” fornita al Guzzino.
Mentre, al contrari o, ri sulta assai più verosimile e, comu nque, più a derent e alle d inamiche mafiose ritenere che una
così pesante re azione (ammesso che sia mai esistita) sia stata
determinata dalla precisa volontà di dar seguito alle decisioni
assunte dai vertici di “cosa nostra” in ossequio alle sue regole interne ed, al contempo, dall’esigenza di non pregiudicare
la leadership del G iuffrè all’interno del suo mandamento.
Ciò posto, in meri to alla ricerca del riscontro in ordine alla
prima asserzione del Giuf frè – l’esistenza di una situazione di
256
“quasi monopolio” delle im prese d ell’Aiello nel settore della
realizzaz ione delle str ade interpoderali – può passarsi a
prendere in esame la second a affer mazione del collabora tore.
Come si è già anticipato, infatti, il Giuffrè ha sostenuto di
aver verific ato perso nalmente l’esistenza di un rappor to preferenzial e tra l’Ai ello e taluni funzionari della P.A., grazie al
quale l’i mputat o poteva rafforzare la suddetta posizione dominante di mercato.
Il Giuffrè, peraltr o, non si era limitato a d apprender e tale
stato di co se ma lo aveva direttamente riscontrato in occ asione di alcuni in terven ti
effettuati sull’imputato allo scopo
di veloci zzare l’iter della realizzazione di a lcune strade che
interessavano sog getti a lui vicini, quali i fratelli Liberto ed i
fratelli Muscia di Caccamo.
A fronte di tale tesi sostenuta dal collaboratore, Michele Aiello ha negato in modo netto e deciso di aver potuto eserc itare
una qualunque influenza sia sui funzionari addetti all’esame
delle prati che di fin anziam ento che sui tempi dell’iter am ministrativo.
E ciò in quanto i meccan ismi automatici e rigida mente cronologici dell’iter ammin istrativo sudd etto non avrebbero in alcun caso co nsentito un suo intervento vo lto ad accelerare le
pratiche in ipotesi s egnalategli dal Giuffrè.
A tale proposito, il Collegio ha già esaminato, nei suoi term ini essenzial i, l’iter amm inistra tivo relativo alle pratiche di finanziamen to delle str ade interpoderali.
E, se è vero che le fonti norm ative (in particolare la L.R.
30.4.91 e prima ancora la delibera della Giunta regionale in
data 21.12 .85) avevano fissato i criteri de ll’automaticità e
dell’ordi ne cro nologi co per il f inanziamento delle strade interpodera li da p arte dell’Assessorato Regionale Agr icoltur a e
Foreste,
p er
altro
l’attuazi one concreta
verso
non
può
che
di dett e disposizioni,
riba dirsi
all’esito
come
della
compiuta istruz ione d ibattim entale, sia risultata ben diversa.
257
Come già si è sintetica mente anticipato, inver o, sono stati gli
stessi funzio nari addetti a tale iter che hanno ammesso
l’esisten za di diversi punti critici nell’applicazione concreta
dei criteri dell’aut omaticità e dell’ordine cronologico di tra ttazione d elle pratich e.
E dalla disamina co ngiunt a delle testimonianze dei funziona ri, dei testi di P. G. e dei copiosi d ocumenti in atti si ricava
come, all’intern o del complesso iter di approvazione della richiesta di finanz iamento, vi fossero ampi margini di discrezionalità in grado di determinare il sostanziale sovvertimento
dei criteri nor mativi suddetti.
Ed
invero,
già
dalla
fase
iniziale
della
presentazione
dell’istanza e dei numerosi allegati tecnici aveva luogo una
prima valutazione da parte di una a pposita Commissione che,
dopo aver esamin ato il contenuto e la completezza delle domande, deliberava il loro inser imento nella graduatoria del
“progetto di interven to”.
Si trattav a, dunq ue, di un primo va glio conne sso alla verifica
della compl etezza degli allegati tecnici che poteva portare
all’esclu sione delle pratiche giudicate incomplete.
Ne conseg ue logi camente un primo vulnus a ll’app licazione del
rigido criterio cronologi co, atteso che diverse p ratiche ven ivano di fatt o escluse dalla graduat oria del progetto di intervento con una sostanziale m odifica zione del cr iterio cronologico conn esso a lla data di protocollazione de lle stesse.
E’ difficile sostenere come già in tale preliminare vaglio non
fosse insito un significativo margine di discrezionalità in
grado di determin are lo stravolg imento del criterio cronologico, come affermato co n insistenza dall’imputato.
Ma ancor più evidenti appaiono i profili di discr eziona lità
connessi alle fasi successive del sopra descritto iter burocr atico.
Ed invero, dopo l’approvazione del programm a di in tervento
da parte del la G iunta regionale di governo, le pratiche veni258
vano res tituite all’ Assessorato competente e distribuite dal
dirigente ai va ri fun zionari per l’istruttoria.
Come concordemen te ammesso da costoro (tra gli a ltri, Lauricella, Da lla Costa e Naselli), l’or dine cronologico delle pratiche ben p oteva essere m odificato in conseguenza di almeno
due diversi f attori : la capac ità individuale di lavoro di ciascun funzi onario (per def inizione variabile a seconda delle
caratteri stiche soggettive di ognuno di essi) e la competenza
e la rapidità dei tecnici delle varie imprese nel predisporre
e/o modificare i progetti e gli elaborati.
A titolo meramen te esemplif icativo di dette concordi asser zioni si richiam a testu almente qua nto rifer ito dal teste Dalla
Costa: “ … poi pos sibilmente magari l’ordine per il completamento della pratica veniva anche sovvertito perché alcune pratiche possibilmente richiedevano un istruttoria, … un perfezionamento che richiedeva più tempo per l’acquisizione di pareri
presso uffici, tipo soprintendenze, forestale, eccetera. Ma erano assegnate in quell’ordine… Per quanto riguarda la parte di
competenza mia, come istruttore, anche se avevo avute assegnate le pratiche nello stesso giorno e seguendo un ordine cronologico, possibilmente durante l’istruttoria poteva capitare
che una pratica si concretizzava nell’arco di pochi mesi, cinque, sei mesi e un’altra per problemi di pareri, di controversie… si perfe zionava in tempi successivi.”.
Negli stessi termini si esprimevano, come si è già detto, anche il Lauricella e
Santo Naselli, altro funzionario che in
passato si era occupato di strade interpoderali nell’ambito
dell’Assessorato all’Agricoltura.
Costoro han no tutti riconosciuto che, in buona sostanza, una
pratica ch e si trova va in una posizione ante cedente poteva
essere esitata anche parecchio tempo dopo rispetto ad una
successiva ma più com pleta.
Le modalità ed i tempi propri a nche di tale secondo passaggio
burocrati co, pertanto, poteva no incidere sull’ordine cronolo259
gico - di fatto sovvertendolo - e sul criterio dell’ automa tismo
fissati n ormati vamente.
Né può sostenersi che tali modifiche dell’ordine cr onologico
non fossero in grado di incidere concretamente sulle aspett ative degli istanti e delle imprese, in quanto si sarebbe, al più,
trattato di brevi ritardi p er pratiche che, comunque, avrebbero ottenu to il finanz iamento.
Dalla disamina del compendio probatorio, infat ti, è rim asto
dimostrato l’esatto contrar io.
Il 10 gi ugno 1991 l a Giunta regionale di governo approvava
un programma di in tervento relativo a ben 3.711 proge tti di
strade inter poderali inserit i in un elenco basato sull’ordine
cronologi co di presen tazione delle d omande.
Tuttavia, a causa de ll’insufficiente copertura fina nziaria, di
dette 3.711 str ade ne erano state ammesse a finanziamento
(e quindi real izzate) solo 600 circa, come riferito da l maggiore Miulli e con fermato dal P uleo e d allo stesso Aie llo.
Le istanze non ammesse a fina nzia mento erano state, pertanto, restitu ite, tra i l 2002 ed il 20 03, dall’Assessor ato ai rispettivi soggetti presentatori.
Da ciò discende che l’aver beneficiato in concreto di più rapidi tempi tecnici di trattazione della pratica aveva di fatto determinato l’ammission e al finanzia mento.
Mentre altre pratiche, magari pr ecedenti second o l’or dine
cronologi co, non avevan o subito un mero ritardo ma a ddirittura non erano state del tutto finanziate e, quindi, realizzate.
Stando così le cose, pertant o, ben si comprende l’incidenza
effettiva dei suddetti margini di discrezionalità e dei tempi di
trattazione sul le leg ittime aspettative degli istanti.
E si ottiene una implicita conferma di quanto riferito da Sebastiano Iuculano a proposito della sensazione, diffusa tra
numerosi imprenditor i, di essere stati preterme ssi a favore
dell’impr esa di Michele Aiello.
260
Come se ciò non fosse già sufficiente, va evidenziato che il
sopra descritto iter amministrativo prevede va un terz o ed ulteriore momento di criticità rispet to alla pedisseq ua applica zione del rigid o ordi ne cronologico.
Ed invero, dopo la veri fica preli minare svolta dalla apposita
commissio ne tecnica e la successiva istrut toria effettuata dai
funzionari
dell’Assessorat o
le
pratiche
venivano
inviate
all’ufficio del Genio Civile per l’ad ozione di un parere che v eniva espresso d opo un a ulteriore disamina di tipo tecnico.
Poiché si trattava di u na ulter iore fase endoprocedimentale
nella qu ale er a prevista un’enne si ma verifica tecnica, appar e
chiaro, già in termini generali, com e si potessero verifica re le
medesima
distonie
accertate
nel
passaggio
della
pra tica
all’Assessorato agricoltura.
Ma, proprio nel caso del Genio Civile, l’istruzione dibattimentale ha dato ben più sp ecifiche conferme, derivanti dalle già
riferite dich iarazioni rese da Sebastiano Iuculano e, soprattutto, da quelle dell o stesso dirigente Cristoforo Mineo.
L’ingegnere Mineo, che fino al 19 97 aveva ricoperto le funzioni d i vi cario dell’ ufficio del Genio Civile di Palermo, riferiva
che
le
pratiche
all’Agricoltura
pervenute
veni vano
per
posta
assegnate
alle
dall’Assessorato
sezioni
per
l’istruzi one.
In tale fase, se i funzionari incaricati sollecitavano delle modifiche, i tecnici del le imprese le apportava no seduta stante
ovvero si rip rendevano gli elabora ti in origina le per modificarli nei loro studi e poi restituirli all’ufficio senz a alcuna
formalità .
Testualmente il Mineo rifer iva:
“c’era il tecnico, il progettista
della stradella, gli davamo brevi manu il progetto, lui lo correggeva e lo riportava come volevamo noi”.
Sostanzialmente , pertanto, lo stesso Mineo ha conferma to
che tra i fu nzionari del suo ufficio ed i tecnici delle varie imprese era normalmente in atto un r apporto di retto e del tut to
261
privo di fo rmalità, in ba se al qua le venivano concordate le
modifiche da app ortare ai progetti che andavano avanti e indietro dall’u fficio del Genio Civile in originale e senza gli opportuni passagg i dal protocollo.
Come
riconosci uto
sempre
dallo
stesso
Mineo,
inoltre,
nell’istr uzione del parere non poteva esser e seguito alcun rigido ordine cronologi co, propr io per la possibilità che dovessero essere appor tate co rrezioni a gli elaborati e per i tempi
tecnici connessi al sopra descritto rapporto diretto tr a funzionari e tecni ci di parte.
Appare, per tanto chiaro come anche tale ultim o passaggio
procedurale all’ uffici o del Genio Civile costituisse un ulteriore limite all’ap plicazione di un rigido criterio automatico e
cronologi co che l o stesso Aiello ha addotto come spiegazione
logica del la sua im possib ilità di essere favor ito ed, a sua volta, di esaudire le eventuali richieste del Giuffrè così come di
chiunque altro.
Per tutte le superiori considerazioni in p unto di fatto, d unque, deve concludersi che i cr iteri dell’automaticità e del rispetto dell’ordine cronologico nella trattazione e nella esitazione delle pratiche di finanziamento erano solo un mero riferimento norm ativo che nella pra ssi concreta non trovava
completa applica zione, lascia ndo s pazio ad ampi margini di
discrezio nalità e di alteraz ione d elle graduat orie.
Tale stato di cose rifl ette già l’ordinaria e fisiologica applicazione dei so pra r ichiam ati criteri legali, a prescindere dal verificarsi di fenomeni i ndebiti di pr eferenza a f avore di taluni
imprendit ori ri spetto ad altri.
L’iter, cioè, già nell a sua corretta e normale applicazione pr atica prevedeva la pos sibilità di una sosta nziale modifica
dell’ordi ne cro nologi co.
A ciò deve aggiun gersi la possibilit à che taluno dei funzionar i
potesse vol ontariamente fa vorire una impresa rispetto alle altre, cosa che, ten uto conto delle sopra descritte m odalità
262
concrete di gestione delle pra tiche, appare certamente possibile in l inea t eorica.
Possibilità, in vero, divenuta probab ilità in considerazione del
tenore delle risposte f ornite dal Mineo e dagli elementi em ersi
a carico del Naselli ( di cui si dirà).
Ad ogni modo , le emergenze p rocessuali hanno fornito una
conferma, sia pure gen erica, alla tesi del Giuffrè – che ha definito l’i mputat o “ammanicato” presso l’Ass essorat o – e, soprattutto , han no smentito in pieno la versione dei fatti fornita da Michele A iello.
In particolare, ha nno assunto pa r ticolare significato le d ichiarazioni rese dal funzionario Santo Naselli, il quale, d opo
aver premesso di no n aver ma i fatto favori ad a lcuno, ha aggiunto a pr oposit o del suo rapporto personale con l’Aiello: “Io
l’ingegnere Aiello l’ho visto un paio di volte in ufficio, due/tre
volte, e poi pe r motivi familiari mi sono recato presso la sua
struttura sanitaria perché avevo problemi con mia moglie seri
di ernia al disco”.
Il teste ha, poi, tenu to a definir e come “puramente formali” i
suoi rapporti con l’imputato, il quale ha confermato tale versione dei fatti .
Tuttavia, tale tesi comu ne ad entra mbi appare fortemente indebolita dal contenuto di una conversazione telefonica, intercettata nel febbrai o 2003 su una delle ut enze non riservate
dell’Aiel lo.
Detta conver sazion e intercorsa pr oprio tra l’imputato ed il
Naselli dimo stra in modo inequivocabile come il tenor e del loro rapporto fosse caratterizzato d a una comunanza di int eressi e propos iti ch e andava ben oltre un rapporto meramente formal e.
In primo luo go deve no tarsi come il Naselli fos se nella disponibilità del num ero di utenza cellulare dell’Aiello e come i
due si scambiassero il tu adoperando un tono confidenziale e
per nulla formale.
263
Si tratta d ella telefo nata intercettata il 10 febbraio 2 003 alle
ore 13.47 su ll’ute nza 335/1338679 in uso a Michele Aiello
che veni va chiamato dal Naselli:
“MICHELE: Pronto?…
SANTO: Michele, ciao, Santo Naselli sono…
MICHELE: Ehi, ciao Santo, come stai?…
SANTO: Che si dice?… Ma bene, tu?…
MICHELE: Ma insomma… diciamo tutto bene…
SANTO : Senti, ti… ti devo chiedere una cortesia, siccome ho
cercato di rintracciare a Nino…
MICHELE: Eh…
SANTO: E siccome c’è qualche novità favorevole…
MICHELE: Si…
SANTO: Alc une co se che abbiamo…
MICHELE:Uh…
SANTO: In corso, non di poco conto…
MICHELE: Eh…
SANTO: Ci dici che si mette in contatto con me…
MICHELE: Perfetto (incomprensibile)…
SANTO: Me la usi questa cortesia…
MICHELE: Certo…
SANTO: E poi facciamo una cosa, alla luce anche di questa rifles sione, poi ne parlo con lui e poi ci vediamo…
MICHELE: Ah, quando vuoi, va bene?…
SANTO: Va bene, (incomprensibile) glielo dici tu allora? Io non
riesco a rintracciarlo…
MICHELE: Ora lo avvi… ora cerco di rintracciarlo… di rintracciarlo io, ok…
SANTO: Ti chiamo al cellulare…
MICHELE: Va bene…
SANTO: Ciao Michele, buon pomeriggio…
MICHELE: Ok, ciao, ciao… ciao, ciao, anche a te, ciao…”.
A parte le superiori considerazioni circa il tono e le modalità
della conversazione, appar e estremamente int eressa nte so264
prattutto il suo contenuto, posto che il Naselli non solo aveva
delle rilevan ti n ovità da comunicar e a tale Nino (come si vedrà il geometr a Puleo) ma pr ecisav a che le stesse riguardav ano un affare in comun e che costor o stavano attenzionando.
Alcuni part icolar i della conversazione veniva no, poi, chiariti
anche nel corso dell’esa me dello s tesso Naselli, il quale testualmente riferiva: “…Ricordo bene. Si, io… il geometra Puleo
non è che è mio amico. Io lo conosco il geometra Puleo perc hé è
venuto in ufficio e quindi seguiva le pratiche. Allora pe… su
questa telefonata che lei mi… si, la ricordo bene, ma riguardava che il… veniva spesso in ufficio assieme a altri operatori
per chiedere informazioni sull’emissione del bando. E siccome
io non stavo lavorando sul bando, ma stava lavorando sul
bando l’ufficio di gabinetto, non ero in grado di dare informazioni. Anche perché coloro i quali venivano in ufficio chiedevano quant’era (incomprensibile) finanziaria, chiedevano che tipo
di spesa c’era per l’organizzazione diciamo e per la presentazione del progetto. E quindi se… non ricordo… se ho fatto questa telefonata la facevo per questo, perché … il bando era stato
emesso a… Febbraio, mi sembra, del 20 03, io non ricordo
quando ho fatto sta telefonata…… Comunque il discorso era
quello che lui mi veniva a chiedere informazioni.
Dunque, l o stesso Naselli ha riconosciuto che la telefonata ad
Aiello si riferi va ad una comunica zione di atti interni agli uffici del la P. A. ch e lui doveva dare al geome tra P uleo, il quale
gli aveva richiesto dette informazioni preventive.
Evidentemente si trattava di notizie rilevanti (per ché così definite dal Naselli nel corso della conversazione) da for nire al
principale collab oratore dell’Aiello per conto di quest’ultimo,
come appare dimostrato sia dalla circostanza per la quale il
Puleo lavorava solo per l’imputato che dal fa tto che il Naselli
aveva tel efonato proprio a Michele Aiello.
Notizie che lo stesso Naselli, nel corso della pur br eve telefonata, ha sig nificativamente definito “novità favorevoli….su al265
cune cose che abbiamo in corso non di poco conto” e che, dato
l’uso del la pri ma persona plurale, riguardavano un aff are
comune.
A fronte di tali indi cazioni che d enotano ben altro che un
rapporto puramente formale, il Na selli, richiesto sul punto,
ha pure precisato che egli non telefonava mai dir ettamente
agli impren ditori ovvero ai tecnici interessati ad avere notizie
sui ban di: “N o, no n telefonavo a n essuno, non mi permetterei
mai. Diciamo che siccome io…in questo caso la… forse io ho
sbagliato, mi rendo conto. Cioè di più la cosa che … mi premeva, stavo male anche fisicamente, di incontrarlo perché non
riuscivo diciamo, sotto certi aspetti non sapevo a chi rivolgermi
e avevo questi problemi un po’ seri di salute, eccetera, eccetera, e quindi, sa, nell’atto del bisogno… però non mi permettevo
mai di chiamare nessuno, né il signor Puleo né ness un altro,
anche perché io faccio un servizio pubblico e chiunque può venire a chiedere informazioni. (incomprensibile) ero quello, perché se questo l’ho fatto… quindi se lei mi dice… il bando è stato emesso il 13, dopo un mese e mezzo… quindi non è che
c’era stata diciamo la situazione dell’urgenza di chiamare il signor Puleo per manifestare la… il discorso del bando”.
Ed ancora: “No, no, no , mi guarderei bene… (di telefonare agli
imprendit ori o ai tecnici, n.d.e.) io soltanto volevo comunicare, visto che il bando aveva tre mesi di validità, che il bando
era stato pubblicato. Ma non c’erano problemi di altra natura,
né io gli volevo riferire altri argomenti all’interno del contesto
del bando perché trattasi di attività pubblica e chiunque poi
può prendere visione co n l’emissione del bando.”.
Orbene, dalle stesse dichiarazioni del Naselli si evince che la
notizia “ su alcune co se che abbiamo in corso non di poco conto” doveva essere c omunic ata con urgenza al geometr a Puleo
e riguardava la com unicazione della prossima emissione di
un bando relativo a strade interpoderali i cui termini rischiavano di s cadere.
266
In effe tti, agli atti risulta che il ba ndo in questione era stato
pubblicato per l’appu nto il 13 febb raio e cioè solo tre giorni
dopo la telefonata di cui sopra che, pertanto, era un “preavviso” ad perso nam di un provvedimento am ministrativo non
ancora adottato e reso pubblico.
Dunque, il Nasell i ha ammesso che, contrariamente alle sue
abitudini (posto che n on comunicava mai dir ettamente con
gli utenti del s uo uffi cio), a veva s pontaneam ente telefonato
all’Aiell o, cioè a d un imprenditore direttamente interessato
alla vicen da, per comunic argli, tra mite il Puleo, una notizia
di rilievo rig uardan te l’imminente emissione di un bando e,
pertanto, di un atto d’ufficio non a ncora pubblicato.
E, pur t rattan dosi d i una premura rise rvata unicam ente
all’Aiell o e nel su o personale ed esclusivo interesse privato,
definiva la noti zia come “alcune cose che abbiamo in corso”,
dimostran do la sua personale pa rtecipazione al buon andamento della vicenda.
Partecipazione ulter iormente dimostrata dalla chiosa finale
della conver sazion e intercettata (“E poi facciamo una cosa, alla luce anche di questa riflessione, poi ne parlo con lui e poi ci
vediamo”) con la quale il Naselli si riservava e si riprometteva
di approfon dire la qu estione del bando parla ndone direttamente con l’Aiello.
In concl usione, dunque, la suddetta conversazione intercettata, anche alla luce di quanto ammesso dallo stesso Naselli,
fornisce la p rova dell’esistenza di un rapporto con l’Aiello
che, per i toni, le modalità e sopra ttutto i contenuti del dialogo, non solo andava ben al di là della mera formalità ma si
spingeva sin o alla rivelazione, preventiva ed in via esclusiva,
di notizie interne a ll’uff icio pubblico di appartenenza del teste nell’interesse pr ivato dell’Aiello ed a tutto discapito dei
suoi concorrenti.
Interesse privato, peraltro, pienamente condiviso dal funz ionario Na selli, il quale non solo avvertiva l’Aiello ed il Puleo
267
ma addirittura si ripr ometteva di approfondire in s eguito la
vicenda “comune”.
Tale rapporto dimostra, pertanto, pur in assenza di una specifica c ontest azione nell ’ambito di questo processo, come il
Naselli ab bia asservito la propria funzione pubblica agli interessi di un a parte p rivata a discap ito degli altri imprenditori
concorren ti che egli “ si guardava bene” dal contattare dir ettamente p er avv isarli di alcunchè.
Alla
luce
delle
altr e
emergenz e
processuali,
peraltro,
l’esisten za di un a tale f orma di r apporto non può di certo lasciare perplessi, atteso che, come si vedrà a proposito delle
attività sanit arie, l’Aiello er a solito corrom pere i funzionari
addetti alla trattazione delle sue p ratiche ovvero stabilire con
essi rapp orti p referenziali e privilegiati.
Non può, invero, revo carsi in dub bio che gli affari del l’Aiello
fossero da questi gestiti sulla scor ta di un “sistema” relazi onale ed operativo basato sul sistematico e pedissequo avvicinamento dei funzion ari pubblici e, sinanco, di a lcuni referenti politico-amministrativi.
Ogni pas saggio burocratico delle s ue pratiche ve niva attenzionato anche mediante l’instaurar si di rapporti prefer enzial i
con i funzi onari addetti, i q uali venivano gratif icati con prestazioni san itarie gratuite, con vere e proprie dazioni corruttive o con assunzion i di parenti.
Tale situaz ione di fatto fornisce un pieno riscontro alle dichiarazioni del Giuffr è che aveva d efinito l’Aiello “ammanicato” presso gli uffici della P.A., con ciò intendendo sostener e
che lo stesso poteva godere di un trattamento preferenziale
che, come si è visto, non solo era possibile in consideraz ione
delle modali tà concr ete di attuazione dell’iter in esame, ma
addirittura appa re dimostrato quantomeno in relazione al
Naselli (l ’unico soggetto incappato nelle intercettazioni telefoniche d ispost e).
268
Esaurita la di samina dei riscontri r elativi alla possibilità che
l’Aiello, a moti vo dei suoi rapporti privilegiati, fosse in gra do
di interferir e sulle pratiche in cors o, può senz’altr o passarsi
ad esaminare i casi specifici descritti dal collabor atore Giuffrè.
In primo luogo, questi aveva par lato di un suo personale intervento sull’Ai ello all o scopo di sbloccare la pratica r elativa
alla strada interpoderale in territ orio di Ca ccamo che int eressava ai fratelli L iberto.
Il Giuffrè a veva an che prem esso di non essere a conoscenza
dei dettagl i tecnici e burocratici dei quali ovvia mente non s i
era occup ato in prima persona.
Ciò non ostante ave va reiteratamente affermato che, a seguito
del
suo
personale
intervento
di
chiaro
stampo
mafioso,
l’Aiello ed i suoi tecnici erano subentrati nella gestione tecnico-buro cratica del la pratica (inizialmente predisposta da
altri soggetti) che giaceva da anni inevasa ed avevano in breve tempo ottenu to di far finanziare e di realizzare l’opera che
interessava agl i uomi ni d’onore Liberto.
A tale proposito il Maggi ore Miulli riferiva di avere acquisito
presso l ’Assessorato all’a gricoltura la doc umenta zione concernente le str ade in terpoderali re alizzate nella zona di Caccamo, ed, in p articol are, q uella relativa alla str ada in terpoderale dei frat elli Liberto denominata “Allegra”.
Tale strada era stata realiz zata, nei pressi del Vallone R affo,
da una associazione inter poderale, tra i cui soci figuravano i
fratelli Liberto Gior gio, Giovanni, Giuseppe e Salvatore (classe 1925) ed il cu i presidente era
Liberto Salv atore (classe
1960).
Sulla scorta dei dati documentali agli atti è em erso che il
progetto in iziale della strad a era stato predisposto il 20 dicembre 1986 , ma che, fino al 1993 , la pratica non er a stata
approvata .
269
Il 3 n ovembre 199 3 il proget to iniziale era stato, tuttavia, aggiornato dall o stu dio di pr ogetta zione Sicilproget, con sede in
Bagheria in via Ingeg nere Bagner a numero 14, cioè nello
stesso indiri zzo nel quale ha sed e la società Villa Santa Teresa s.r.l. dell’ Aiello .
Lo studio tecni co in questione er a proprio q uello dei geometri
Puleo An tonino e Cusimano Gaet ano, collaboratori fissi ed
esclusivi dell’Aiello, per conto del quale, si erano occupati,
anche nel territo rio di Caccamo, della progettazione e della
direzione dei l avori di realizzazione delle str ade interpoderali.
Sempre in data 3 novembre 1993 la direzione dei lavori per la
realizzaz ione della strada dei Lib erto era stata affidata al geometra Puleo, che, da quel m omento in poi, si era occupato
anche della progettazio ne e dell’as sistenza tecnica ed amministrativa.
Come riferito sempre da l maggior e Miulli, i fratelli Liberto si
erano interessati an che ad altr e strade in territorio di Ca ccamo ch e avevano visto l’intervent o successivo delle imprese
e dei tecnici dell’Ai ello.
In particolare, Libert o Salvatore del 60’ aveva ricoperto la carica di Presidente dell’ass ociazione interpod erale interessata
alla strada den ominata Fusci.
Anche nel ca so di detta strada, il progetto iniziale era stato
redatto il 30 dicemb re del 1986 ed era stato poi aggiornato il
4 ottobre 199 9 dal geometra Cusim ano Gaetano, nominat o in
pari data anche direttore dei lavori.
In entrambi i casi, dun que, è stato concretamente ver ificato
che, in un primo tempo, i progetti iniziali erano stati predisposti d a altri tecnici e che, in secondo momento, gli stessi
erano stati ag giornati ad opera d ei geometri Puleo e Cusimano, i quali avevano anche assunto la direzione dei lavor i.
Tali progetti eran o rimasti lunga me nte in fase istrutt oria ma,
dopo l’inter vento dei suddetti tecnici, erano stati finanziati e
270
le opere era no stat e eseguite dalle imprese dell’Aiel lo nel gir o
di poco tempo.
Come appare evidente, dunq ue, il contenuto delle dichiarazioni rese dal Giuffrè ha trovato plurimi ed individualizzant i
riscontri già n ei dat i documentali p resenti agli atti.
Si tratta di plurimi ed esa tti riscontri al contenuto della deposizione del Giuffrè ai q uali va giustapposta la valutazione
anche di altri elementi emersi a seguito dell’esa me diba ttimentale dello stesso Aiello.
Questi, nel corso del l’udienza del 21 febbraio 2006, ammetteva di avere real izzato nella zona di Caccamo alcune strade
interpoderali, alle quali er ano inter essati i fratel li Liberto.
In particolare, con rif erimento alla strada Allegra l’imputato
riferiva che: “il p rogetto della strada era stato presentato il 20
dicembre 1986 dall’allora geometra Filippo Nicosia, uno dei
collaboratori del geometra Puleo, per quanto riguarda la scelta
delle strade sul territorio di Caccamo e Montemaggiore Belsito”.
Sempre a d etta d ell’imp utato tale progetto iniziale era s tato
successivamente agg iornato da l Puleo ma “non era una ripresentazione, come ha detto qua il capitano Miulli erroneamente,
ma era semplicemente una presentazione di aggiornamento
prezzo, a seguito della pubblicazione del prezziario”.
Quindi il 3 novembre 1 993 Liberto Salvatore, nella qualità di
Presidente dell’asso ciazione interpoderale, aveva presentato
la suddetta istanza di aggiornamento ed i lavori venivano eseguiti e collaudati il 14 g iugno 1994 (nel giro di sei m esi).
L’Aiello, dunque, ne l corso dell’es ame da parte del P .M. sostanzialm ente confer mava il quadro generale d egli accadimenti c ome sopra ricostruito dal m aggiore Miulli sulla scorta
del compendio documentale in atti.
Affermava che il progett o inizia le era stato f ormalm ente redatto dal Nicosia e ch e, solo in un secondo momento ed a d istanza di an ni (dall’86 al 93) , erano intervenuto il geometra
271
Puleo, il quale, per suo conto, aveva proceduto alla redazione
di un “aggiornamento prezzi” sulla scorta del più recente
prezziario regionale.
L’unico elemento di f ormale distonia rispe tto a quanto emerso, pertanto, appariva costituito dalla definizione tec nica
dell’inte rvento
d el
Puleo,
q ualificato
come
aggiornamento
prezzi e non co me nuovo progetto.
Il dato in sé, tuttavia, non appare per nulla significativo, atteso che l’aggiornam ento dei pr ezzi compor tava in ogni caso
una sostanziale modifi ca del progetto originario, tanto che,
come amm esso dallo stesso Puleo ed afferm ato da i funz ionari
escussi, le singole opere e sinanco la lunghez za stessa della
strada dovevano essere rimodulati in base ai nuovi pr ezzi
(posto che l’ importo fisso e totale del finanziamento rimaneva
lo stesso).
Lo stesso geometra Puleo , invero, nel corso del suo esa me dibattiment ale affermava che, qualora tra la fase di r edazione
del progetto e del comp uto metr ico e quella di eff ettiva realizzazione dell e opere fosse trascorso parecchio tempo, era ammessa la possibilità di adeguar e i costi ai nuovi prezzi indicati nei prezzi ari regionali.
Tuttavia l’en tità massi ma del finanziamento non pote va essere in alcun modo superata, di guisa che il progetto a ndava
rimodulat o con un sostanziale ridimensionamento di alcune
delle opere da realiz zare.
In forza dell e stesse dichiar azioni rese da un soggetto pa rticolarmente vici no e f edele a ll’Aiello, è chiar o che l’intervento
successivo di adegu amento dei pr ezzi compor tava necessariamente una rimodulaz ione tecnica del progetto originariamente presentato.
Si tratta, dunque, di una differ enza sostanz ialmente terminologica che non incide sulla sostanza della ricostruzione, posto che l’i ntervento tecnico del Puleo, in qualunque m odo definito, h a dete rminat o una modifica del progetto originario.
272
Tuttavia, va evidenzi ato come l’Aiello abbia radica lmente modificato propri o questa par te delle sue dichiarazioni nel corso
del successivo contro esame della difesa.
In particolar e, l’imputato, torna ndo sul punto, riferiva che
sin dall’ inizio la strada interpoder ale Allegra era stata progettata dal g eometra Puleo ne gando quanto detto all’udienza
precedente ed escl udendo la prece dente attribuzione al Nic osia della redaz ione del progetto originario.
In considerazi one delle modalità concrete di tale improvviso
mutamento di indi rizzo solo su uno specifico passa ggio della
ricostruz ione – d opo un ripensam ento inter venuto evidentemente tra un’udienza e l’altra -
appare altamente verosimile
che l’Ai ello abbia inteso non convalidare il dato dell’iniziale
predisposizione del progett o da soggetto diverso rispetto al
Puleo, d i guisa da smen tire una parte specifica dell’assunto
del Giuffrè.
Pertanto, dopo essere ritornato s ul punto, l’Aiello sosteneva
che il prog etto era stato red atto sin dall’inizio dal Puleo e che
il Nicosia si era limitat o a p resentarlo in veste di Presidente
pro-tempo re dell’asso ciazione Allegra.
Nel frattempo, però, era mutat a la disciplina, nel senso che
l’Assesso rato aveva stabilito che soltanto i proprietari dei
terreni interessati all a realizzazione della strada (i c.d. proprietari fron tisti) potevano ricoprire la carica di Presidente
delle associazioni in terpoderali.
Pertanto, il Nicosia, che f ino a quel momento era sta to il Presidente dell’a ssocia zione Allegra in virtù di apposita procur a,
aveva dovu to dimettersi ed er a stato sostituito da un prop rietario fro ntista, tale Liberto Salvatore.
In tale veste, pertanto, “il 3 Novemb re del ’93, il signor Liberto
ha presentato istanza per l’aggiornamento prezzi del computo
metrico redatto dal geometra Puleo Antonino.”
Per il resto, l’Aiello confermava che il 31 marzo 1994 era stato effettuato l ’accer tamento prevent ivo da parte dei funziona273
ri dell ’Assessorato Agricoltura e Foreste, che il 10 Maggio
1994 era stato adottato il decreto di finanzia mento e che il
14 Giugno ’9 4 era stato redatto il verbale di accerta mento di
avvenuta esecu zione l avori da par te dei funzionari incar icati.
Allo scopo di sotto porre a verific a incrocia ta tale specifico
passaggio dell a vicenda a ppare opportuno esaminare il contenuto dell a deposiz ione dell’architetto Filippo Nicosia, il
quale, tuttavia, ha reso dichiar az ioni tanto incerte quanto
inattendi bili.
All’udienza del 31 ottobr e 2006, il Nicosia, infatti, ha pales ato un atteggiamento pro cessuale a tratti incoerente ed incerto, tentando di so ttrarsi alle domande delle parti e fornendo
risposte parzialmente illogiche e certamente reticenti.
Sul punto in esame, tuttavia, egli attribuiva la paternità del
progetto o riginale a se stesso ed ai geometri Puleo e Cusimano, inserendo anche ques t’ultimo tra i redattor i del progetto,
circostan za non rifer ita da nessun’altra fonte.
Non era in grado però di riferire chi avesse firmato il progetto
e la richiest a di finanziamento (che risulta a sua f irma dal
documento in atti).
Dopo il cambio dell a normativa, egli aveva dismesso la carica
di Presidente che era sta ta assunta da uno dei propr ietari
frontisti .
A seguito del camb iamento della compagine associativa,
la
domanda di finanzia mento era stata reiter ata e da quel momento in avanti egli non l’a veva più seguita , tanto da non
saper riferire nemmeno se il finanziamento fosse stato concesso.
Pur nella obiettiva difficoltà di trarre qualche conclusione
certa dall e dichiarazion i del Nicosia, appare, tuttavia, confermato il fa tto che q uesti, in un pr imo tempo, si era occupato del progetto tecn ico, della costituzione dell’associazione
(della quale era Presidente munit o di procur a) e della r ichiesta di finanziamento.
274
Successivamente al mutamento della normativa non aveva
più cur ato in a lcun modo la pratica che era stata seguita dal
Puleo e dal Cu simano : “… per non fare perdere … il finanziamento si sono attivati i geometri per far si di costituire qualche
altra associazione e farla andare avanti.”
Sull’aspe tto i n esame forniva dichiarazioni anche lo stesso
geometra Pul eo, in veste di imputato di reato connesso,
all’udien za del 10 ottobre 2006.
In sostanza, il P uleo sosteneva di aver predisposto il progetto
originale ma precisava che della strada, in una prima fase
durata
alcun i
anni,
si
era
occupato
esclusivamente
l’architetto Ni cosia.
Il Puleo testualmente riferiva: “Siccome l’architetto essendo
del posto conosc eva le varie persone, e poi assieme si individuavano dei siti dove era diciamo … quella famosa fattibilità
da un punto di vista agricolo. Siccome la zona si prestava bene
perché c’era un b ell’agrumeto e quindi c’erano le caratteristiche, e si prese ntò il progetto. Tra queste diciamo peculiarità
c’era il fatto che c’era un proprietario compaesano suo, e quindi lui lo… pres entò nel 1986”.
Dunque, lo stesso Puleo confermava che, nella fase iniziale
della procedura, il Nicosia aveva presentato la domand a di
finanziamento della strada Allegr a, nella veste di Presidente
procurato re della omonima associazione interpod erale, e ne
aveva seguito persona lmente l’iter e gli sviluppi.
Successivamente, a seguito del mutamento d ella normativa
interna, si era dovuto procedere alla costituz ione di una nuova associazion e interpoder ale di cui facessero parte s olo i
proprietari fron tisti ed era sta ta presentata una nuova domanda da parte di tal e nuovo soggetto giuridico: “Poi quando
nel…’91 fu inserita nel programma di finanziamento, nel frattempo era intervenuta … la normativa che il presidente non poteva essere… perché inizialmente chi presentava il progetto
doveva essere anche un… procuratore, una persona che era
275
semplicemente un promotore, ecco, di quella iniziativa. Subito
dopo
il
presidente
doveva
essere
un
diretto
interessato
all’opera e quindi quando fu inserita nel programma di finanziamento è stata … ricostituita … l’associazione ed è stata costituita da… un certo Liberti, e quindi poi da lì si è diciamo
portato avanti tutto l’iter burocratico amministrativo, si è realizzato, è stato liquidato…”.
Pertanto, pr osegui va il Puleo “si è dovuto aggiornare il progetto in questo periodo, prog etto sempre dal punto di vista economico, non progetto dal punto di vista tecnico”.
Tale ultima affermazione, sostenuta con particolar e inter esse
dal Puleo, contrasta in modo stridente con quanto riferito
dallo stess o dichiarante, il quale aveva sostenuto che, in linea generale, un a deguam ento dei prezzi com portava una necessaria rimodulazion e tecnica del progetto originario.
Appare, tuttavia, possibile a fferma re che, dopo la costituz ione della nuo va compagi ne associa tiva, era stata presentata
una ulteri ore domanda di finanzia mento, sub specie di “aggiornamento” di quell a iniziale de l 20.12.86.
Tale dato appar e confermato documentalmente attr averso
l’esame del verbal e di accer tamento preventivo del 31 ma rzo
1993, nel quale si fa espresso rifer imento alla “domanda presentata in data 20 dicembre 1986, agg. 3 novembre 1993 prot.
N. 6526 – 3942 del Sig. Nicosia Filippo oggi Liberto Salvatore”.
E sempre tra i documenti prodotti dalle parti (v. doc. n. 37
del 2° elenco della difesa Aiello) è possibile rinvenire la copia
della d omanda di finan ziamento presentata in origine dalla
Associazione in terpod erale Allegra.
Dall’esam e di detto documento si evince che la d omanda in
data 20 dicembre 1986 era stata sottoscritta dal solo Filippo
Nicosia, in qualità di Presidente della associazione interpoderale Allegra con sede in Montelmaggiore Belsito.
276
Nell’istanza
in
qu estione
non
vi
era
menzione
alcuna
dell’esis tenza di progetti allegati, né tampoco è specificato
chi li av esse r edatti e sottoscritti.
In conclusio ne può affer marsi, senza tema di smentita, che
per la strada All egra siano state pr esentate, in tempi dive rsi,
due diver se doma nde di f inanziamento e che la seconda può
qualificarsi come rei terazione con a ggiorname nti de lla prima.
Le due domande risultano a firma di due tecnici diversi, nel
primo
caso
il
F ilippo
Nicosia,
all’epoca
Presidente
pro-
tempore dell’a ssocia zione omonima munito di pr ocura, e nel
secondo caso il S alvato re Liberto, proprietario frontista nelle
more suben trato al N icosia medesimo nella ca rica di Presidente a seguit o della costituzione (di cui si era occup ato il
Puleo) di una n uova c ompagina ass ociativa.
In tale contesto a nulla rile va qua lificare la seconda domanda
come mero aggio rnamen to dei prezzi piuttosto che come nuovo progetto.
Il dato veramente significativo, ai fini della ricerca del riscontro alle dichiarazi oni del Giuf frè, appa re, invero, costituito dal fa tto che vi si a sta ta una prima fase (1986-1993)
nella quale la domanda era stata seguita dal Nicosia, cui aveva fatto seguito una seconda fase nella q uale questi non
aveva avuto pi ù alcun ruolo e che era stata curata sotto tutti
i punti di vista tecni ci, burocr atici ed amministrativi dal Puleo per conto di Aiel lo che aveva poi realizza to i lavori.
Così come altrettanto signif icativa appare la cir costanza per
la quale, mentre per tutta la prima fase, durata ben sette
anni, la pratica non aveva avuto alcun riscontro ed era rima sta giacente , dal momento dell’interessamento dell’Aiello la
stessa si era improvvisamente sblo ccata e, nel giro di pochi
mesi, la strada era s tata finanzia ta e realizzata.
Considerati i fisiol ogici limiti conoscitivi del Giuffrè i n merito
agli as petti burocratici e tecnici della complessa vicenda
(dallo stesso premessi), tutti i superiori dati forniscono un
277
chiaro e preci so riscon tro individua lizzante alle sue dichiarazioni.
Il Giuffr è, per altro verso, avev a r iferito di un suo ulteriore
intervento sull a persona di Michele Aiello in relazione alla
pratica di finanz iamento di una strada inter poderale che i nteressava i fratelli Muscia di Caccamo.
Le indagi ni svol te dai Carabinieri – sulle quali ha riferito il
Capitano Giovanni Sozzo – hanno consentito di individuare
tutte le strad e pro gettate ed eseguite dall’Aiello in territorio
di Caccamo n el torno d i tempo intercorrente tra il 2000 ed il
2001.
Di tali st rade il teste ha indicato si nteticamente i nomi - Puscico, So ggiacca, Ceca la, Ciaccio, Passo della Madonna, P usateri, Lo Bui, Corso del l’Aquila e Quadarelli – ed i diversi iter burocratici .
Veniva in dividu ata an che quella Cordaro-Manchi/Angile ttoManchi c he rig uardava, per l’appunto, i terreni dei fratelli
Muscia.
Costoro er ano, po i, stati identificati in Muscia Giuseppe e
Muscia M ichele, il quale ultim o era stato anche impiegato del
Comune
di
Caccamo,
con
l’incarico
di
responsab ile
dell’ufficio tecnico comunale.
Le indagini con sentivano, inoltre, di accertare che tra i soci
dell’asso ciazio ne interpoderale interessata alla realizz azione
della strada in con trada Manchi vi erano per l’appunto i suddetti frat elli Mu scia, pr oprietari frontisti di a lcuni terreni ivi
ubicati.
Anche i n questo caso, dunque, le dichia razioni del Giuffrè
hanno trovato piena co nferma a seguito delle ac curate indagini svol te dal la P.G ..
In conclusione dell’argomento, pert anto, può serenamente affermarsi che tutti i passaggi della deposizione del collaboratore Giuffrè sullo specifico punto delle stra de inter podera li
278
hanno trovato plurimi elementi di riscontro anche individu alizzante.
In partic olare, sono state positivamente cor roborate tutte le
principali circostanz e dedotte da l Giuffrè: la posizione dominante occupata dall’Ai ello in tale settore specialmente in
provincia di Pale rmo ed, ancor più specif icatamente, nel territorio di Caccamo , la possibilità che l’Aiello godesse di privilegi e favoriti smi all’i nterno degli uffici pubblici che si occupavano dell’ istruzi one di dette pratiche e l’esistenz a di interventi
in
chiave
mafio sa
finalizzati
ad
ottenere,
tramite
l’imputat o, il finanzi amento di alcune strade in territorio di
Caccamo (v. l’episodi o dei fratelli Liberto).
Tale imponent e messe di riscontri, come già si è avuto modo
di dire, si agg iunge al duplice riscontro documentale costituito dagli scritti sequestr ati al Giuf f rè al momento del suo a rresto in data 16.4.2002.
Come si ricorderà, infatti, sia la lettera scritta a macchina
datata 25.4.2001 che l’a ppunto manoscritto a sta mpatello
acquisiti agli atti costituisc ono la riprova inequivocabile e
documentale di almen o due import anti passaggi della deposizione del Giuff rè.
In primo luogo confermano l’esiste nza tra il Giuf frè ed il Pr ovenzano, in tempi anche recent i, di colloqui sia epi stolari che
diretti aventi ad oggetto l e “messe a posto” di Michele Aiello.
Per altro verso, l’importo di 21 milioni di lire, indicato nel
“pizzino” come cor rispet tivo della “messa a posto” per la realizzazion e di tre stra de interpoder ali nel territorio del mandamento di Ca ccamo, fornisce piena, autonoma e documentale conferma delle moda lità oper ative
di versamento del pizzo
da parte dell’Aiello e dell’esatto importo dello stesso, così
come descritti dal Gi uffrè.
Di
contro,
le
tesi
difensive,
sostenute
con
per vicacia
dall’Aiel lo, sono risultate smentite in modo evidente dalle ulteriori emergenze, n onostante l’intervento di test i ed imputa ti
279
di reat o con nesso palesemente ben predisposti nei confronti
dell’impu tato per ragion i di amicizia personale o di dip endenza lavorativa.
Ma prima di passar e ad esaminar e i riscont ri alle dichiarazioni del Gi uffrè su a ltri argomenti, appare opportuno evidenziare un ul timo passaggio concernente le str ade interpoderali.
E ciò al fine di evid enziar e l’im portanza strategica che, sotto
il profilo dello sviluppo imprenditor iale del gruppo Aiello, tale
specifica attività ha assunto nel tempo.
Come è emerso dalla deposizione del geometra Puleo, infatti,
l’Aiello solitamente reali zzava i lavori attraverso la società
Stradedil s.r. l., la qual e, a sua volta, si a vvaleva di altre ditte
facenti p arte del medesimo gruppo imprenditoriale che eseguivano i vari lavori (ad es. lo sbancamento ovvero il trasporto e la f ornitu ra dei materiali inerti).
Le spese erano sempre a nticipate dalla Str adedil s.r.l. in attesa dell’ero gazion e del finanziamento in favore dei Presidenti
delle associazioni o vvero dei loro procuratori speciali (veste
talora ricope rta anche pers onalmente dal Puleo e dal Cusimano) che lo “g iravan o” imm ediata mente all’Aiello.
All’atto dell’ erogaz ione del contributo la Stradedil s.r .l. pa gava le altre ditte sub-appaltatrici dell’Aiello, il qual e poi tratteneva il p roprio com penso che ammontava all’incirca al 20%
della som ma tot ale fi nanziata.
Tale percentuale di gua dagno, tuttavia, copriva per la metà
circa la parte di spese (il 10%) a ca rico delle associazioni che
queste no n versavano.
Residuava, dunqu e, all’ incirca un 10% di utile netto che i vari Pres identi consegnava no alterna tivamente all’Aiello ovvero
al ragioniere D’Amico per suo conto.
Considerato che il tetto massimo del finanziamento ammo ntava tra i 350 ed i 500 m ilioni di lire (a second a dei per iodi),
280
all’Aiell o, per ogn una de lle 289 st rade realizzate, andava una
somma va riabil e tra i 35 ed i 50 milioni di lire.
Va, tuttavia, evidenzi ato che anche sulle somme corrisposte
alle ditte che aveva no eseguito altri lavori (sbancam ento, trasporto e forn itura di in erti) l’Aiello conseguiva dei guadagni,
posto che ci ascuna di dette ditte fatturava non solo i costi
vivi ma a nche, ovviam ente, il proprio utile d’impresa.
Dunque, l ’Aiello conseguiva guada gni indiretti sia attraverso
le sue ditte sub-ap paltat rici che attraverso la Stradedil s.r .l.
ed inoltre percepiva un ulteriore utile a titolo esclusivamente
personale.
A proposito di altre voci di utile percepite dall’Aiello su tali
lavori, deve aggiun gersi un elemento interessante fornito dal
testimone Gaetan o Cusimano, anch’egli geom etra e collaboratore dell ’imputato nella redazione d ei progetti delle strade interpoderali.
Questi, a d ifferen za di quanto riferito da l Puleo, aggiungeva
che l’Aiello sovente tra tteneva per sé anche una parte d ei
compensi spettanti agli stessi progettisti, nel senso che li retribuiva forf ettari amente e non per ciascuna specifica prestazione in base a regol ari fat ture.
Le strade interpodera li, dunque, erano una vera e propria
manna per l’Aiello, il quale, sia indirettamente (attr averso le
sue imprese) che diretta mente, per cepiva utili di consistente
entità nonostante l’appa rente rela tiva esiguità del finanziamento pub blico.
Ma sul punto sono risu ltate estr emamente inter essant i le dichiarazio ni
rese
proprio
da
uno
dei
cons ulenti
tecnici
dell’Aiel lo, il dottore Sal vatore E rr ante Parrino, commercialista, che ha ricostruito per conto dell’imputa to le sue dinamiche imprenditoriali con rifer imento anche al settore delle
strade in terpoderali.
Anche seco ndo le an alisi svolte dal teste, infatti, l’Aiello, a ttraverso la realizza zione delle 289 strade interpoderali, ebbe
281
a conseguire un notevole gua dagno a titolo personale, al di là
degli utili del le sue imprese.
L’Errante Parrino riferiva che, partendo dal dato medio di
circa 400 mi lioni di l ire di finanz iamento pubblico ( pari al
90% del progetto) per ciascuna strada, invero, le imprese
dell’impu tato av rebber o ricevuto circa 115 miliardi d i lire,
con un ricavo person ale dell’Aiello pari a circa 40 milioni di
lire per cia scuna strada ed ammontante complessivamente a
circa 11.560.00 0.000 di lir e.
Lo stesso tes te co nfermava, poi, c he tale utile personale era
cosa diversa rispetto agli utili che ciascuna d elle imprese
dell’Aiel lo (la Stradedil s.r .l. e le altre ditt e sub-a ppalta trici)
incassava a utonom amente in dipendenza del le prestazioni
erogate.
La somma complessiva di oltre 11 miliardi e mezzo d elle ve cchie li re, dunque, costituiva un utile “personale” che l’Aiello
incassava qua le “dominus imprenditoriale” a detta dello stesso consul ente.
A doman da del Trib unale, tuttavia, lo stesso consulente tecnico del l’imputato a ffermava che ta le enorme somma di denaro non veniva in alcun modo fattur ata dall’Aiello né dichiarata al fisco.
L’Errante Parrino, pertanto, non senza imbarazzo finiva per
ammettere sostanzialm ente che tale somm a di denaro era
stata interamen te sot tratta all’imposizione f iscale.
Per precisione va detto che, a giudizio del consulente, “probabilmente” detta somma, essendo di pertinenza delle vari e
associazi oni interpoder ali, avr ebbe dovuto essere dichiarata
al fisco non da ll’Aiello ma proprio da queste ultime.
Tale tesi , tuttavia, appare destituita di ogni fondamento giuridico e fon data su un tardivo tentativo di non pregiudicare
ulteriormente l a posi zione del propr io committente.
Ed invero, atteso che le suddette s omme di denaro erano state di fatto incassate dall’imputato su disposizione delle varie
282
associazi oni i nterpoderali, appare certo ed ineq uivocabile che
l’Aiello, in quanto ult imo percettore delle stesse in ves te di
“dominus imprenditoriale” (parole usate dal teste), avrebbe
dovuto farne oggetto di dichia razione al fisco, trattandosi di
utili derivanti da attivi tà di impresa o, comunque, di progettazione.
La circostan za introdotta dallo stesso consulente di parte,
che tali u tili non siano stati dichiarati al fisco, porta alla inevitabil e con clusio ne che l’Aiello ha, nel cor so degli a nni,
evaso u na somma pari a circa 11,5 miliardi di lire (di cui circa il 40% andava versata alle casse erariali).
Del resto, si t rattav a di utili che l’ Aiello aveva percepito a titolo di “dominus imprenditoriale”, come affermato da ll’Err ante
Parrino, che prescindevano dagli utili che ciascuna delle sue
imprese aveva fatturato ed incassa to a seguito delle prestazioni fornite per la realizz azione delle strade.
Non vi è dubbio, quindi, che le st esse andassero dic hiarate
essendo soggette a tassazione vuoi come utile di impresa ovvero come corrispetti vo di attività di progettazione o a qualsiasi altro titolo profe ssionale, dovendosi escludere che s i
fosse trattato di don ativi o regalie senza corr ispettivo.
Né può dubitarsi che l’autore dell’evasione fisca le sia proprio
l’Aiello, in for za del presupposto che proprio questi era stato
il percettore f inale delle stesse.
Dalla s uperio re d isamin a si copre nde appieno l’imp ortanz a
strategica che propr io il settore della realizzazione delle strade di penetrazione agraria ha assunto nella crescita economica dell ’Aiello.
Pur non trattandosi di appalti pubblici, infatti, tale settore
non comportava investimenti rileva nti da parte dell’im presa,
la quale si limitava ad anticipare i costi della r ealizzazione
dell’opera ma a fron te della sicur a percezione di un finanziamento pub blico che co priva l’intero ammontare della spesa
283
e garantiva sia gli util i propri delle imprese interessat e che
quelli pe rsonal i (ed in frod e al fisco) dell’Aiello.
L’accertata posiz ione dominante dell’Aiello in tale specifico
settore d’impresa, du nque, rendeva l’imputato, già prima
dell’avvio delle attività sanitarie, un interlocutor e economico
prezioso p er “cosa n ostra” ed in gr ado di assic urare una continua fonte di f inanzi amento per le sue casse sia at traver so
versamenti spon tanei che mediante il sud detto m eccanismo
di “messa a posto”, gestit o sia dagli uomini d’onore della fa miglia di Bagheria che direttamente dallo stesso Berna rdo
Provenzano.
Di seguito si sp ecificherà meglio l’ aspetto del finanziamento
assicurat o dall’Aiello all’or ganizz azione, ma già in questa sede vale la pena di nota re come, sia per le peculiari moda lità
operative che per la stessa entità economica, le “messe a posto” da parte dell’im putato siano risultate compatibili unicamente con un a fo rma qualificata di fina nziamento piuttosto
che con u na vessazion e violenta ed onerosa.
Appare, inver o, del tutto evidente come, a fronte del vort icoso
giro d’affari dell’Aiello nel settore delle strade interpoderali
(facilmen te ipoti zzabil e avuto riguardo al numero di strade
che lo stesso notoriamen te realizzava sull’intero territorio regionale), la rich iesta di una “mess a a posto” pari a soli sette
milioni di lire per ciascuna stra da non risulti per nulla vessatoria ed eccessivamente onerosa .
Anzi, una richiesta di denaro così ragionevole e contenuta rispetto al volume d’aff ari d ell’Aiello lascia logicament e ritenere che si sia trattato di una f orma di finanziamento e non di
un atto odioso e violento ai danni di un anonimo operatore
economico privo di u na stabile e continuativa copertura in
ambito mafioso.
Ed allora, anch e alla luce di tale elemento, il sup eriore co mplessivo quadr o di r isulta nze avvalora sempre più la pr ecisa
e riscont rata chiamat a di correo d el Giuffr è e fornisce pluri284
me
e
convergen ti
indica zioni
circa
l’apporto
assicurato
dall’Aiel lo a “cosa nostra”.
Né
tale
quadro
può
essere
sovvertito
sulla
sola
scorta
dell’esis tenza in atti della prova di qualche atto di danneggiamento subito dalle imprese dell’imputato e da questi ampiamente superfetato e ribadito nel corso del suo esame.
Tale elemen to appar e, in verità, del tutto fisiologico tenuto
conto che l ’Aiello ha aperto ben 289 cantieri in giro per la Sicilia ed ha ope rato a pieno regime per decenni.
Il sistema di contr ollo del territor io tipico di “cosa nostra”
con particolare riferimento alle “messe a posto” territoriali,
infatti, è certamente capilla re ed efficiente (come conf ermato
da tutti i collab orator i escussi) ma non per questo esclude in
radice la possibilit à che si verif ichi qualche disguido di ca rattere episodi co se non ad dirittura eccezion ale.
Il fatto, quin di, ch e, in qualche ca so sporadico e numer icamente
insignificante,
i
mezzi
meccanici
delle
imprese
dell’impu tato possano aver subito qualche tentativo di incendio parzi ale a scopo di mostrat ivo a ppare del tutto in sintonia
con i tempi e le mo dalità dello speciale iter d ella “messa a
posto” st abilito proprio per Michele Aiello.
Come ha riferito il G iuffrè, invero, proprio ne l caso specifico
dell’Aiel lo (diversamen te dagli a ltri imprenditori anche vicini
al sodalizio mafioso) la comunicazione della pr ossima apert ura di un can tiere in un determinato contesto territoriale d oveva passare attraverso gli uomini d’onore di Bagheria, transitare da Be rnardo Provenzano in persona per poi essere recapitata, attraverso il complesso sistema dei “pizzini” e la r ete dei “postini ”, ai responsabili maf iosi della famiglia del ter ritorio d i volta in volta interessato.
Con le stesse compl esse e certamente non rapide modalità
doveva perveni re la risposta ed, in un successivo momento, il
versamento e la ricezione del denar o.
285
Ed allora, ap pare di sol are evidenza come, in un tale articolato, lungo, a rcaico e def atigante iter di comunicazione, vi
fosse la possi bilità ch e qualche membro delle famiglie mafi ose dei vari territor i dove l’Aiello contemporaneamente apriva
dei cantieri p ossa aver messo in atto qualche “avvertim ento”
di tipo dimostrativo, evidentemente non essendo stato ancora
contattato.
Ed invero, se i mezzi dell’Aiello fossero giunti in un determinato territorio prima del completamento alm eno della prima
fase del suddetto sistema di comunicazione interna al sodal izio, appare del tutto pl ausibile il verificarsi di qualche – peraltro infrequen te ed anz i sporadico – atto dimostrativo finalizzato alla richiesta del pizzo.
In conclusione, si ribadisce come la realtà dell’impresa in Sicilia sia molto più sottile e complessa di quella descritta
dall’Aiel lo, il quale ha preteso di d imostrare il proprio ruolo
di vittima limitandosi a sostener e di avere versa to il pizzo e
dimostran do di aver subito qualche danneggiamento.
Se tutto fosse così semplice ed immediato, per un im prenditore mafioso sareb be sufficiente d enunciare q ualche episodio
di presunto dann eggiam ento ovvero simulare qualche atto di
intimidaz ione p er ottenere un alibi a futura memoria.
Ma la realt à siciliana, lo si diceva, è molto più articolata ed,
al di là delle petizio ni di principio o dei facili vittimismi, occorre approfondire l’analisi e verif icare, punto per punto e
nel dettaglio , ogni singol o elemento di valutazione per disvelare cosa talora si cela dietro le apparenze.
Dopo aver esaminato i riscontri emersi in ordine al tema delle stra de in terpoderali, può senz’ altro passarsi a ve rificare il
complesso d elle ulteriori em ergenze processua li a riscontro
delle dichiarazioni d el Giuf frè sul punto delle attività sanita rie dell’ Aiello.
286
Come si vedrà di qui a breve, infatti, anche su ta le argomento l’istruzione dibatti mentale ha for nito plurimi e significativi
riscontri estri nseci.
Va, tuttavia, evidenzi ato come, pr oprio su tale specifico aspetto delle dichiarazioni del Giuf frè, le notizie riferite dal
collaboratore siano i l frutto delle strette confidenze che il
Provenzano gli faceva in virtù del già descritto r apport o di
amicizia e collaborazione ai vertici di “cosa nostra ”.
L’esisten za e l’intensità di ta le rapporto è r isulta to comprova to in modo inequivocab ile dall’imponente mole di “pizzini”
rinvenuta e sequestrata al momento dell’arr esto pr ima e dop o
l’avvio della coll aborazione del Giuffrè (e proprio gra zie alle
sue indicazioni ).
Seguendo il richiamo fatto nella premessa dell’esame delle
dichiarazioni d el Giuffrè, dunque, proprio in questo ca so deve tene rsi conto della natura speciale della fo nte, dello spessore intrinsec o del collaboratore e del rapporto privilegia to
che lo legava a l Provenzano.
In sosta nza, al Tri bunale preme sottolinea re come, accanto
ed anche oltre ai riscontri esterni c he stanno per esaminarsi,
esistono a lcuni passaggi a rgoment ativi sullo specif ico punto
in questione che non sono, per loro natura , suscettibili di riscontro aliunde ma ch e posseggono un livello di attendibilità
ecceziona lmente elevato e di cui deve comunque tener si conto
ai fini della valutazione non delle specifiche fr azioni di condotta ma del complesso del ruolo e dell’apporto dell’imputato,
come precisato in premessa.
Come si ri corderà , tra l e altre indicazioni fornite, il collaboratore aveva an che riferi to di un interesse della famiglia ma fiosa di Bagheria nella vicenda dell’acquisto della str uttura
alberghiera “a’ Zabara ”: “l'ingegnere Aiello chiuderà il cerchio
del discorso Zabbara, e la famiglia mafiosa di Bagheria si metterà nelle mani l’ex Hotel Zabbara”.
287
Su tale specifico aspetto ha reso dichiarazioni anche il collaboratore Angelo Siino .
Egli, ricost ruendo il qua dro della situazione mafiosa di Bagheria, ri feriva d i aver in trattenuto buoni rapporti con i principali esponen ti della l ocale famiglia mafiosa sin dagli anni
70’, periodo in cui aveva stretti contatti con Antonio Mineo,
personagg io di altissimo livello maf ioso a Bagheria (del quale
si è già detto) .
Attraverso lui ed il suo amico Piddu Madonia aveva avuto
presentato in m odo rituale ed aveva frequen tato tutti i mafiosi di Bagheria da Ni colò Eucaliptus a Gino Scianna, d a Nino
Gargano a tanti altri .
Secondo Siino, il P rovenzano amava particolarmente Bagheria
e ne aveva fatto “il suo luogo di soggiorno, turismo e cura”, nel
senso che pe r un lung o period o si era rifugiato in quel territorio ed aveva fatto parecchi investimenti su quel territorio,
come, ad esempio, l a ditta “I talcostruzioni”, società edile con
il Giammanco.
E proprio in territorio di Bagher ia era avvenuto il suo primo
incontro col Pro venzan o, anche se allora il Siino non era certo che si trattasse d i lui ma ne avrebbe avuto conferma solo
successivamente .
L’incontro era av venuto nella conceria di Franco Baiamonte –
altro impor tante uom o d’onor e di Bagheria – ubicata nella
strada ch e dal centro di Ba gheria p orta all’ Aspra.
Nel corso di tale ri unione, alla quale erano pre senti numerosi
uomini d’ono re della zona , si era verificato un forte dissidio
tra il Si ino ed il Ba iamonte, in q uanto il pr imo aveva perorato
la causa di u n imprenditore locale suo amico (Todaro) che
aveva in tenzion e di acquistare l’ex hotel “a’ Zabara”.
A tale proposito vale l a pena di sottolinea re la convergenza
tra le dichiarazio ni del Siino e del Giuffr è, i quali, in tempi
ed in relazio ne a fatti diversi, evidenziava no come l’affare
288
della ve ndita dell’hotel Zabara fosse attenzionato dalla famiglia di B agheria sin da molti anni a ddietro.
Il Baiamonte aveva usato parole dure nel rimprover are il Siino che si er a intr omesso in una vicenda che riguardava fatti
locali ai quali era estraneo.
Effettivamente l ’albergo rica deva in territorio di Bagheria e di
tale centro era p ure l’imprenditore che il Siino intendeva r accomandare, per cui l’intromissione del Siino non era giustificata seco ndo le regol e del sodaliz io.
Il Provenzan o non aveva mai preso parte alla discussione, restando in d isparte e limitandosi a d ascoltare senza profferire
parola.
Qualche tempo dopo tale discussione il Baiam onte er a stato
ucciso e qualcun o aveva anche detto al Siino che la causa
della sua morte poteva essere ricondotta anche al suo comportamento in quella cir costanza: ma il Siino non aveva creduto a tale ric ostruzione.
Sempre a Bagheria si era poi verificato il secondo incontro
tra il Siino ed il Provenzano che aveva avuto luogo precisamente presso l’uffici o dell’imprenditore Gino Scianna.
In questa circostanza, però, i due erano stati presentati e
quindi il Siino aveva ca pito che il Provenza no era stato presente all a riunione p resso la conceria di Baiamonte.
Il terzo ed ultimo incon tro tra i due si er a, poi, ver ificat o ancora una volta in Bagher ia presso gli uffici di via De Spuches
di un cug ino de llo Scianna, tale Gino Di Salvo.
In tale occasione il Provenzano lo aveva ringraziato per aver
fatto vincere alcu ni appalti ad una impresa che egli aveva avviato in Bagher ia con il Giammanco e l’Euca liptus.
Come gli era stato ri ferito da Piddu Madonia – suo caro amico
e capo del m andamento di Caltanissetta – il P rovenzano aveva fatto grossi investimenti proprio a Bagheria.
Del rest o egli aveva personalmente verificato tale assevera zione post o che il Provenzano pa r tecipava a l sistema degli
289
appalti con la società Italcostruzioni ed altre imp rese che gestiva insieme al Giamm anco ed all’Eucaliptus, entrambi uomini d’onore di Bagheria.
In tale contesto, intorno al 1987/1988, aveva anche saputo
che il Provenz ano era interessa to a realizzar e una clinica in
Bagheria o presso i locali di un istituto religioso sulla strada
statale 113 ovvero pr esso l’ex hotel Zabara di cui si è detto.
Anche in questo caso va evidenziata la convergenza di tale
dichiarazione con quelle rese – in tempi e moda ltà diverse –
dal collaboratore Antonino Giuffrè.
Entrambi, invero, h anno riferito di un preciso inter esse del
Provenzano ad investire nel mondo della sanità privata, rea lizzando propri o in territorio di Bagheria una clinica.
Angelo Sii no, dunque, confermava che, sin dagli anni ’90, i
più importanti uomi ni d’onore della famiglia di Bagheria gli
avevano confid ato della loro intenzione di effettuare investimenti nel settore delle strutture sa nitarie nella loro città: “…
non so se alla fine degli anni ’80 o nel ’91, - ci ha detto SII NO
- ebbi a sentire parlare... si cercavano di fare un investimento
sulla CIRCONVALLAZIONE di BAGHERIA, cercavano di acquisire un vecchio istituto che era addirittura... facevano riferire ai
salesiani che volevano adibire a clinica, io in questa occasione
ho sentito parlare di investimenti nel campo della sanità.”. “…
ne parlavano SCIANNA GINO, GARGANO NINO, EUCALIPTUS,
parlavano di questa cosa” ha precisato il SIINO, indicando le
proprie f onti di cono scenza.
Il Franco Baiamo nte, in oltre, gli aveva rifer ito che “anche su
“LA ZABA RA” c ’erano prob lemi di un eventuale utilizzo per una
struttura sanitaria, però non meglio identificata e né mi dissero
di che tipo si trattava”.
Orbene, anch e in ordine a tali dichiarazioni del Siino è stato
individuato un possi bile riscontro esterno anche se non pienamente i ndividualizz ante.
L’avvoca to Fran cesco Menallo, escusso all’udienza del 17
290
maggio 2005, in qualità di testim one ha r iferito di esser si occupato di una fondazione religiosa che si occupava di forma zione ed assistenza agli anziani.
In relazion e ad alcu ne vicende interne alla fondazione – connesse alla nomi na in consiglio di a mministra zione di due dipendenti della A.S .L. n .6 – egli aveva incontrato il maresciallo Borza cchelli ed il d ottore Manenti (allora dirigente della
A.S.L. n.6 di cui si dirà appresso nel capitolo relativo alla
truffa sa nitaria) presso l’ ufficio di Michele Aiello in Bagheria.
Dopo la positiva risoluzione di detta specifica diatriba, egli
aveva notato un muta mento nell’atteggiamento d el Bor zacchelli nei conf ronti della fondaz ione, e ciò proprio in coincidenza dell’avvio di al cune ispezioni amministrative e del verificarsi di alcuni episodi di danneggiamento e di incendio ai
danni degli immobili della fondazione stessa .
Da quanto aveva appreso da alcuni funzionari e da altri soggetti, la ragione di tali concentrici attacchi a lla fondaz ione
era connessa al fatto ch e questa era proprietaria di un i mmobile sito in Bagh eria, che taluni soggetti non individuati
con cert ezza volevan o acq uisire e trasforma re in osped ale o
comunque in un centro clinico.
Si tratta, come appa re evidente, di una conferma generica
delle di chiarazioni del Siino, m a proveniente da un soggetto
certament e disinteressato ed a ttend ibile che ha confe rmato la
circostan za dell’esistenza di una fondazione r eligiosa che
possedev a un immobile in Bagheria in relazione al quale vi
erano inter essi fin alizza ti alla tr asformazione in centro clinico.
In relazio ne, inve ce, all’interesse della famiglia mafiosa di
Bagheria ad acquisire l’ex hotel a’ Zabara, circosta nza riferita da entrambi i col labora tori, sono state rinvenute conferme
assai più specifiche.
All’udienza del 1 4 giugn o 2005 d eponeva il t este Tomasello,
uno dei tecnici che per conto di Aiello aveva seguito le dive r291
se fasi di a cquisiz ione e di trasformazione della ex struttur a
a’ Zabara .
Il geomet ra Tomasello, in particolar e, sosteneva che per la ristrutturazione e trasformazione della strutt ura a’ Zabara era
stato presentat o un progetto sin dall’epoca dei finanziamenti
dei mondia li di calcio del 1990 (q uindi prima ancor a di tal e
anno).
Tale dato, sot to il profi lo cronologico, conferma che, sin dalla
fine deg li anni 80’, vi era una iniziativa finalizzata alla riconversione dell’ex hotel a’ Za bara ed all’ottenimento di una
nuova destinazione ur banistica di quella struttura.
L’indicaz ione coi ncide perfettamente con l’epoca nella quale
il Siino riferi va di avere appreso dell’esistenza di manovre,
poste in essere da esponenti della famiglia di Bagheria, fin alizzate ad acqu isire la stru ttura alberghiera.
Nel corso dell’istruttori a dibattimentale, inoltre, sono state
ampiamente ricostruite le vicende che avevano preceduto
l’acquisi zione da parte dell’Aiello dell’ex hotel a’ Za bara, di
proprietà della famig lia Conticello.
Su tale specifico punto rendevano dichiarazioni, oltr e al geometra T omasel lo, il Lo Bue Giuseppe e Angelo Fabio Conticello,
un o
dei
soci
della
compagine
già
proprietaria
dell’immobile, la “Al berghi Turist ici s.p.a.”.
Dal complesso di dette dichiarazioni si evince come, nonostante la noto ria rilev anza della struttura quantomeno in
ambito locale e la sua appetibilit à in termini di investimento
immobiliare, per l a cessione della stessa erano stat e avviate
trattative solt anto c on l’i mputato Michele Aiello.
I Conticello, ci oè, pu r disponendo di uno degli alberghi più
conosciuti nell a provincia di Palermo e di un immobile che,
per le carat terist iche str uttura li e la posizione strat egica, d i
certo poten zialmente rappr esenta va un affare estremamente
interessante, non a vevano avuto trattative con alcun altro in-
292
terlocutore economico locale e non (società immobiliari, catene alberghiere, tou r oper ator etc. etc.).
L’unica trattativa era stata quella – poi concretizzatasi - con
l’ingegnere Aie llo, dopo che erano stati stabilit i precedenti
contatti co n alcuni soggetti (il
Bor zachelli e ta le Nino Aiello)
che, comunque, avevan o esplicitamente agit o sempre in nome
e per con to dell’odierno imputato.
Tale singo lare circostan za lascia r itenere che l’Aiello abbia
sostanzialmente tr attato ta le rilevante affare immobiliar e (per
un valore di circa 10 miliardi di lire) senza alcuna reale concorrenza.
E ciò in u n contesto territoriale come quello di Bagheria ed a
fronte di un dir etto interessamento nell’affa re della famiglia
mafiosa di Bagheria, come concordemente rifer ito sia dal
Giuffrè che dal Siino.
L’acquisto dell ’immobi le, come confermato da l Maggiore Miu lli e dai documenti in atti, si e ra concretizzato in data
18.12.2000, mediante l’acquisizione delle quote societarie
della società “Alber ghi Turistici s.p.a.” di propr ietà della famiglia Con ticello , l’accollo dei suoi debiti e la costituzione
della società “Villa Santa Teresa Gr oup”.
Per comprendere a ncor meglio il contesto complessivo nel
quale si è svolta questa delicata ed esclusiva trattativa , appare estremamente interessante esaminare anche le vicende
connesse all ’acqui sizion e, da parte dell’Aiello, di alcuni terreni limitrofi alla struttura dell’hotel.
Il teste Lazza rone – proprietar io di uno dei terreni adiacenti –
riferiva, infatti, che la t rattativa per la vendita del terr eno si
era conclusa con il rag ionier e D’Amico per la somma di 700
milioni di l ire circa e che non vi erano stati altri aspiranti
acquirent i, oltre al l’Aiel lo per conto del quale operava il
D’Amico.
Il teste, poi, a ggiung eva che anche altri terreni vicini al suo
erano stati venduti ad una società (la ATI Gr oup) dell’Aiello,
293
come quello di propr ietà di tali Tosto di Lercar a Friddi, mentre altri prop rietari – quali il Pipia ed il Celia - avevano cercato la mediazione di Pietro Lo Iacono per concludere l’affare:
“Che io sappia, sia Pipìa che Cilea si erano rivolti a Pietro Lo
Iacono, prima che venisse arrestato, perché intervenisse con
Aiello per fargli acquistare i terreni”.
A tale proposito il teste Eusta chio Celia, riferiva che in realtà
era stato il Lo Iacono a contattarlo, proponendogli di vendere
il terren o all’Aiello:
“Lui un giorno in estate nel 2001
mi av-
vicinò, mi disse … se io ero intenzionato ancora a vendere il
capannone, c’e ra la possibilità di… acquistarlo, io ci dissi di
si, da lì a poco poi lui mi disse: “Eventualmente – dice – c’è
l’ingegnere Aiello c he lo vorrebbe acquistare”.
Ed a proposito de i rapporti tr a il Lo Iacono e l’Aiello, il Celia
aggiungeva che in quello stesso periodo aveva visto, in più
occasioni , Pietro Lo Iacono coltiva re insieme al frate llo un
terreno adi acente che l’Aiello aveva già acquist ato da pot ere
dei signori Tosto.
Il Lo Iacono era sinanco in possesso delle chiavi del cancello
di accesso al terreno come verificato persona lmente dal t este.
La trattati va con il Lo Iacono er a s tata, tuttavia, bruscamente interrotta dall’arresto di quest’ ultimo ed, anche se dopo
tale evento il Celia si era reca to presso gli uffici della ATI
Group del l’Aiello, la stessa non si era più perfezionata.
Attraverso le concordi testimo nianze del Celia e de l Laz zarone, appare, pertanto, confermato q uanto riferito dal Giuff rè a
proposito de ll’interessam ento del Lo Iacono nella trat tativa
svolta dall’Aiel lo al fine di a cquisire la struttura dell’ex albergo ed i terreni adiacent i.
Ed invero, come rife rito da ben due testi del tutto indifferenti, non solo il Lo Iacon o coltivava i terreni a ppena a cquistati
dall’impu tato, ma si era personalmente interessato – con
quale efficaci a per suasiva lo si può immaginare – delle trat-
294
tative,
“consigli ando” al
Ce lia
di
vendere il
suo terreno
all’Aiell o.
A fronte di tale qu adro di emer genze, la smentita del fatto
pervenut a dallo stesso L o Iacono a ppare inid onea a dimostra re la tes i sostenuta dall’imputato.
Il Lo Iacono, invero, pur essendo stato esaminato in qualità
di imputato di reato connesso, all’udienza dell’8 novembre
2005 decideva di rispo ndere alle domande delle parti, con atteggiamen to proce ssuale per la ver ità inusuale per un uomo
d’onore d i rang o.
La sua nega zione dei fatti, così come concordemente riferiti
dai due testi citati, scont a il deficit di attendibilità conne sso
alla sua posizio ne di soggetto condannato in via def initiva
per reat i di mafia ed a ppare condiz ionata dagli ottimi rappor ti di amicizia perso nale che, per sua stessa ammissione, egli
intratten eva sin da bambino con l’Aiello: “mi permetto di dire
a questa Corte che dopo i miei fratelli per me viene… nel mio
cuore c’è Michele Aiello , ci sono i miei figli, i miei fratelli perché io sono innamorato della persona dell’ingegnere, di tutte le
persone come Michele Aiello, e come me con orgoglio lo dico,
che da bambini abbiamo cominciato a lavorare e ci siamo fatti
diciamo qualche cosa.”.
Dal punto di vi sta strettamente probatorio è appena il caso di
evidenziare come la negazione dei fatti da parte dell’imputa to
di reato connesso Lo Iacono sia del tutto in contra sto con le
concordi ed attendibili testimonia nze di d ue soggetti che si
sono rive lati d isinteressati ed indiff erenti.
Quanto alla professione di amicizia con l’Aiello, la stessa
conferma quanto riferi to dal Giuffr è a proposito dell’esistenza
di assidui ed inten si rapporti tra l’imputato ed un boss del
calibro d i Pietro Lo Iacono.
Ma la presente analisi dei riscontr i alle dichiara zioni del co llaboratore Antonino Giuffr è va svolta non solo in relazione
agli elementi di fatto ed agli episodi descritti ma va estesa
295
anche e soprattutto al ruolo ricoperto dall’imputato in seno
al sodalizio ma fioso.
Come si è già anticipato, invero, la chiamata di correo del
Giuffrè
consen te
di
ricostruire
e
def inire
in
dettaglio
l’esisten za di un vero e proprio “pa tto di protezione” stipulato
tra l’Aiello e l’organizzaz ione ma fiosa “cosa nostra”.
I caratteri f ondamentali di ta le patto prevedevano, in sostanza, l’assun zione da par te dell’odierno imputato di una serie
di doveri e/o d i contro prestazioni che, come si è già avuto
modo di evidenziare, possono sintetizzarsi in tre nuclei essenziali:
1) il finanziamento dell’associazione in varie guise, sì da rappresentare un canale di approvvigionamento finanziario sicuro e cost ante n el tem po;
2) l’as sunzio ne di personale su segnalazione di esponenti mafiosi;
3) la sistematica a cquisizione e la successiva rivelazione d i
notizie riservate su indagini in corso.
Poiché, in osseq uio ai s urrichiamati e ricevuti principi gi urisprudenziali, la ricerca del riscontro deve esser e approfond itamente eseguita anc he su tali aspetti della chia mata, occorre esaminare partitamente le emergenze processua li utili a
corroborare cia scuna delle superior i controp restazioni.
Il ruolo di finanz iatore consap evole dell’ass ociazione svolto,
secondo il Giuffrè, dall ’imputato Michele Aiello ha trovato
concreta espl icazio ne a ttraverso due diversi metodi di fina nziamento.
In prim o lu ogo, il versamento spontaneo e senza alcuna richiesta, né vessatoria né di a lcun a ltro genere, da parte degli
esponenti de ll’org anizzazione mafiosa, di consistenti somme
di denaro “una tantum”.
Somme, peraltro svinco late dalla conclusione di specifici affari e/o dalla reali zzazione delle strade interp oderali, che
l’Aiello ha destinato alla famiglia mafiosa di Bagheria allo
296
scopo di mettersi in buona luce e di manifestar e la propria
solidarietà all e famiglie dei mafiosi detenuti.
Il collaborato re Giu ffrè, a tale proposito, riferiva della dazi one spontanea della somma di 100 milioni di lire, effettuata
dall’impu tato tra la fine degli anni 80’ e l’inizio degli anni
90’.
Tale dazion e, come ri feritogli dal diretto percettore della
stessa,
Nic olò
Eucal iptus,
era
stato
un gesto spontaneo
dell’Aiel lo che, in tal mo do, aveva voluto dim ostrare tutta la
sua dispo nibili tà verso le esigenze della famiglia mafiosa di
Bagheria e dei parenti dei mafiosi d etenuti.
L’elargizione di detta in gente somma di denaro contante si
inseriva, pera ltro, in un particolare contesto, atteso che, a
seguito de llo scoppiare di una faida interna alla locale famiglia mafio sa ed al prevalere della fazione legata a B ernardo
Provenzano, Aiello (in sieme a l padre) aveva voluto manifestare concretamente il suo a vvicinamento pr oprio a tale gruppo
dominante.
Tale gesto e, sopr attutto, la rileva nte entità della somma di
denaro (100 milioni di lire in cont anti) specie in consider azione dell’ep oca di accadimento del fatto aveva molto impressionato Nicol ò Eucalip tus, il quale ne aveva parlato sia con il
Giuffrè che con il Provenzano, cioè con i due capi di “c osa
nostra” più vi cini a lui sia logisticamente (per collocaz ione
territori ale) che str ategica mente.
Come si è g ià evid enziato, il collaboratore, nonostante le giuste insistenze dell a dif esa e le reiterate dom ande delle parti e
del Tribunale, ha sempre e costantemente asserito che tale
dazione era stata – così com e riferitogli dall’ Eucaliptus – del
tutto spontanea, svi ncolata da qualsiasi lavoro e/o “messa a
posto” ed u nicamen te finalizzata a dimostrar e il proprio avv icinamento al grupp o di mafiosi ba gheresi più vicini al Provenzano ch e in quel momento aveva consacra to la sua eg emonia sul terri torio.
297
A questo proposito va detto anche che la difes a nel corso del
controesame h a fa tto u na contest azione – in senso tec nico al Giuffrè, facend o richiamo ad una dichiarazione dallo stesso resa nel corso di un verbale di interrogatorio risalente a l
novembre 2002.
Orbene, in p rimo luogo il Giuffrè, a seguito della suddetta
contestazione, ha spi egato in modo chiaro il senso preciso
della sua preceden te dichiarazione, sostenendo che era del
tutto in linea con qu elle rese al dibattimento.
Ed invero, a ben consi derare il tenore lettera le della dichiarazione
oggetto
di
co ntesta zione
non
è
dato
ricavarsi
un’insuperabile discrasia rispetto a quanto, peraltro re iteratamente e co erente mente, ribadito in udienza da parte del
Giuffrè.
La somma di denaro anche in q uella isolata versione descrittiva non ven iva post a in relazione ad una “messa a posto” in
senso tecnico-mafioso ma alla circ ostanza che, con tale gesto, l’Aiello aveva vo luto ingrazia rsi quel gr uppo mafioso al
quale intendeva avvi cinarsi e dal q uale, da quel momento in
avanti, voleva essere seguito.
Peraltro, come correttamente osser vato dal P.M. ad esito della contestazio ne operata dal difensore, dalla verific a degli atti si ricava come lo stess o Giuf frè, appena pochi giorni dopo
quell’int erroga torio ed in occas ione di diversi altri inter rogatori resi davanti agli i nquirenti, aveva spontaneamente precisato meg lio il sig nifica to dell’espressione adopera ta, p roprio
al fine d i rend ere pi ù chiaro il suo pensiero.
Non si tratta, dun que, a giudizio del Tribunale di una sospetta prog ressione accusatoria per la quale il Giuffr è nel 2002
aveva i ndicato det ta somma come compendio di una ordinar ia
“messa a posto” e solo in dibattimento nel 2006
l’aveva di-
versamente qualificata , definendola come un finanziamento
tout court dell’associaz ione.
298
Si è trattato, viceversa, di una infelice ed isolata espressione
che il collaboratore ha spontanea mente chiarito già pochi
giorni dopo nel cor so del successivo interrogatorio al quale è
stato sot toposto, a rip rova ulteriore della coerenza nel tem po
con la quale il G iuffrè ha sempre ribadito e confermat o le
proprie a fferma zioni.
Tanto prem esso, l a superiore dichiarazione del Giuffrè va esaminata criticamente alla luce de lle altre emergenze processuali e nell’ottica della ri cerca possibile del riscontro.
Non può n egarsi come ta le ricerca sia, nel caso concreto, assai ardua propr io per l’inidoneità intrinseca della notizia ad
essere ri scontrata.
E’ abbastan za ovvio , invero, come una dazione di denaro contante, risalen te peraltro alla fine degli anni 80’, non lasciando tracce risul ti difficile da verifica re attrav erso documenti o
altro gen ere di strumenti aventi un sicuro
valore dimostra-
tivo.
Di certo si tratta di u na dichiarazione relativa ad un fatto
appreso
de relato da Nicolò Eucaliptus, motivo per il quale,
come corretta mente osservato dalla difesa dell’imputato, la
prima opera zione ermeneutica da p orre in essere è doverosa mente connessa alla ver ifica della fonte primaria della notizia.
Nel caso in esame la fonte, Nicolò Eucaliptus, contra riamente
ad una inveter ata abitudine degli uomini d’onore chiamati a
deporre davanti all’A.G., non si avvaleva della facoltà di n on
rispondere, che gli
spettava nella sua veste di imputa to di
reato conn esso, ma si sottoponeva all’esame e negava di avere mai ricevu to detta so mma di denaro dall’ Aiello e, conseguentemente, di aver potuto rif erire una tale notizia al Giuffrè.
Tecnicame nte il dato risulta di sicuro rilievo e, pur tuttavia,
non può fare a meno di farsi qualche breve notazione in proposito.
299
In primo luogo, certamente appa re singolare che due importanti capimafia di Bagh eria, Nicolò Eucaliptus e Pietro Lo Iacono, abbia no all’ unisono deciso d i violare la regola del silenzio e si siano sottopo sti all’esame proprio per rendere dichiarazioni favorevol i all’ Aiello.
Inoltre, va eviden ziato come la dichiarazione dell’Euca liptus
sia fortemente inficiata da l fatto una eventuale ammis sione
della circostanz a avrebb e comportato conseguenze penali per
lo stesso.
Poiché, infatti, l’Ai ello – come vedr emo a breve - ha sostenuto
che il v ersamen to di detta somma di denar o era la conseguenza di u na estorsi one operata da “cosa nostr a” ai suoi
danni, qua lora l’ Eucalip tus avesse ammesso il fatto si sarebbe autoaccusato sicu rament e dello specifico rea to-fine ed a vrebbe indirettamente confer mato a nche il dato della sua appartenenz a al suddetto soda lizio m afioso.
La manca ta con ferma del fatto ad opera della fonte primaria ,
pertanto, non è il frutto di una libera ed incondizionata scelta da parte del dichiarant e, il quale, in sosta nza, non avrebbe che po tuto n egare la cir costanza.
Ma a parte t ale consider azione, il dato fattuale della mancata
conferma rimane e potrebbe incidere certamente sulla valutazione di questa specifica fraz ione della chiamata del Giuffrè.
Tuttavia, a dissolvere ogni possibile dubbio interpretativo, è
intervenuto lo stesso imputato Michele Aiello, il quale ha
ammesso il f atto sto rico della dazione della somma di dena ro
all’Eucaliptus, collocandola nel periodo di Natale del 1987 e
quantific andola esattamente in 105 milioni di lir e.
L’ammissione da parte dello stesso imputato del fatto storico
riferito dal Giuffrè , ovviam ente, supera l’impasse tecnica costituita dall a man cata conferma ad opera della fonte prim aria
della no tizia, atteso che deter mina almeno due importa ntissime conseguenz e sul piano strettamente probatorio.
300
In primo luogo, essa rico nosce l’esistenza del dat o storico ed
obiettivo della avvenuta dazione d ella somma d i denaro in
questione, motivo p er il quale l’eventuale r icerca di una co nferma da parte della fo nte pr imaria diviene superflua ed ultronea.
In secondo luogo , induce a concludere che la mancata conferma del fatto da parte dell’Eucaliptus era stata determ inata
principalmente
–
anch e
se
fors e
non
esclusiva mente
–
dall’esig enza di non pregiudicare la propria posizione pr ocessuale di imputa to di reato connesso.
Se, infat ti, lo stesso aut ore ma teriale della dazione am mette
il fatto stor ico i n sé, non si compr ende come il soggetto percettore della medesima somma di denaro che nega la circostanza possa essere r itenuto sincer o.
A parte og ni altra considerazione, ciò che resta è che lo stesso Aiello ha ri scontra to, almeno s otto il profilo del dato obiettivo dell’avven uta dazione della suddet ta somma di den aro, la pr ecisa chiamata in correità del Giuffrè.
Le uniche di vergenze della versione fornita dall’imputato rispetto a quella del collaborante attengono alla esatta quant ificazione di detta somma di denaro (105 e non 100 milioni di
lire), alla veico lazion e della stessa (attraverso il Gaetano
Aiello) e, soprattutto, ovviamente alla motivazione sottesa a
tale pagamento, laddove l’Aiello ha sostenuto che si tr attava
del com pendio di varie “messe a posto” ed il Giuffr è, viceversa, di un finan ziamen to spontaneo al sodalizio mafioso.
Nel descri vere l’episodi o l’Aiello affermava che , sino alla fine
del 1987, per quanto a sua conoscenza, le im prese di famiglia non avevan o mai pagato alcuna “messa a posto” per la
realizzaz ione del le strade interpoderali nell’intero territor io
siciliano.
Nel corso del 1987, tuttavia, erano iniziati alcuni episodi di
danneggiamento su tre betoniere di pertinenza delle sue im-
301
prese ed il padre Gaetano lo aveva messo sull’avviso nei seguenti termini (cfr. verbale di udienza del 21.2.2006):
“AIELLO:
A quel punto il discors o si fa estremamente serio e delicato.
Mio padre mi vieta assolutissimamente di andare direttamente
da quel giorno in cantiere, e mi dice pure che ci sono novità,
novità perché… per quanto riguarda questa tipologia delle opere eravamo costretti a sottostare a quelle che erano le regole
del mondo mafioso. Praticamente prima di andare a lavorare
dovevamo dire dove andavamo… dove dovevamo andare a lavorare, a fine lavori dovevamo corrispondere una cifra che era
stata stabilita forfettariamente in 7.000.000 per ogni opera,
che poi questo è rimasto standard fino ai giorni d’oggi.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Quindi 7. 000.00 0 di 450 per capirci.
AIELLO MICHELE:
Allora erano circa 350.000.000…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Si.
AIELLO MICHELE:
Cioè partì sto fisso sette mi… fu deciso 7.000.0 00, decisero
7.000.000 a strada.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
A strada.
AIELLO MICHELE:
Ogni strada io consegnavo 7.000.000. Difatti io mi ricordo proprio per quanto riguarda il 1987, che fu un anno dove abbiamo
dovuto pagare tutte in diverse trance, trentatre per 7.000.000
e mi ricordo proprio di una cifra pagata tutta in un’unica soluzione, di ben quindici strade interpoderali che furono una famosa somma di 105.000.000 intorno a Natale del ’97, cifra
contante che consegnai…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Va beh, d e…
302
AIELLO MICHELE:
… Direttamente… siamo nel 1987, pardon.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Ecco, perfetto. Natal e…
AIELLO MICHELE:
(voce so vrapposta)
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
… Dell’87.
AIELLO MICHELE:
Natale dell’87 io c onsegn o a mio padre 105.000.000 per la costruzione di cinque strade su Caccamo, tre su Ciminna, una su
Termini Imerese, una su Trabia e cinque su Ventimiglia di Sicilia, me lo ricordo con precisione. Comunque da quel momento
noi cominciamo a pagare il pizzo per quanto riguarda anche
questa tipologia di strade.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Oh, senta, qu esto che l ei ha questa mattina riferito, relativamente a questo peri odo, m i segua .
AIELLO MICHELE:
1987.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Esatto. S ono no tizie che lei apprende da chi?
AIELLO MICHELE:
Direttamente da mio pa… apprendere da mio padre, ma poi dai
mezzi distrutti che c’erano là.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPIN O:
Si, si, si, si, si. Cioè, i mezzi distrutti ovviamente lei è il testimone dei mez zi dis trutti, dico le notizie invece…
AIELLO MICHELE:
Mio padre, mio padre…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
… Lei le appren de…
AIELLO MICHELE:
303
… Mi dice che da quel momento in poi è consigliabile che mi
occupi solo ed esc lusivamente per quanto riguardale opere di
tipo ecclesiastico, che già me ne occupavo. Difatti io incremento
la mia attività con la Curia, e lui si occuperà praticamente da
solo per quanto riguarda, così come aveva fatto prima, per
quanto riguardala costruzione delle strade interpoderali. E io
non ci metto più piede in cantiere completamente da quel momento in poi.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Perfetto.
AIELLO MICHELE:
Mi vieta di andare in cantiere.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Quindi er ano due dici amo così le r egole a cui bisognava…
AIELLO MICHELE:
Due, era obblig atorio …
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Prima…
AIELLO MICHELE:
Mio padre mi chiedeva, mi ricordo, gli dovevo comunicare la
contrada e il comune prima, dopo di che… dopo che davo io
questo… questo… mio padre praticamente queste notizie, passavano dieci giorni, quindici giorni, a volte un mese, venti
giorni, dopo di che po rtavamo i… i… i mezzi sul posto.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Quindi c’ era un a…
AIELLO MICHELE:
Lui mi spiegava praticamente che se non aveva l’okay per potere portare mezzi, non poteva portare i mezzi sul posto.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Quindi c’era un’ inform azione pr eventiva, in sosta nza, chia miamola così.
AIELLO MICHELE:
304
Informazione… quella che hanno chiamato definitivamente era
la famosa messa a posto, di cui ho parlato nei miei… ho letto
ne… nei… nei miei atti giudiziari.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Si. Quind i c’era questa informazione preventiva…
AIELLO MICHELE:
Fa… C’era sta…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
… Che and ava data pri ma che fosse aperto il cantiere.
AIELLO MICHELE:
Per… dopo c’era… c’era l’okay, dopo l’okay si portavano i
mezzi, si realizzava l’opera, a completamento dell’opera e la
riscossione del contributo, si dovevano versare il pizzo di
7.000.000 .
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Perfetto.
AIELLO MICHELE:
Per ogni strada.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Oh. Finchè è stato in vita suo padr e, tutta questa parte, tutto questo aspet to chi se n’è occupato?
AIELLO MICHELE:
Lui direttamente, lui direttamente.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Cioè quindi tutte e tre sia nella f ase dell’i nforma zione, sia
nella fase dell’okay chiamiamola c osì…
AIELLO MICHELE:
Si.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
… Sia nel la fase poi del versamento.
AIELLO MICHELE:
Perfetto.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
305
Sempre suo padre. S uo padre le ha detto a chi si rivolgev a, a
chi
inform ava,
da
chi
otteneva
l’okay,
a
chi
vers ava
i
7.000.000?
AIELLO MICHELE:
Nella maniera più assoluta, mi temeva completamente estraneo
a tutto questo. Io mi ricordo solo c he davo delle indicazioni a
mio padre, ma che a volte attingeva lui stesso dai geometri,
perché… pe r dare l’esatta indicazione de… della contrada e
del comune dove andava a ricadere l’opera che doveva essere
realizzata.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Senta, ma suo pad re dico non le ha mai fatto il nome della
persona o delle…
AIELLO MICHELE:
Ma me la…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
… Persone ?
AIELLO MICHELE:
… Me l’avete chiesto continuamente e non… mi ha… mi ha tenuto completame… io sono stato completamente estraneo.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Dopo… sia mo…
AIELLO MICHELE:
Completamente estraneo.
“.
La prima considerazion e che appar e evidente dalla disamina
della versione dei fatti fornita d all’ Aiello risulta chiaramente
connessa alla s ostanziale piena conferma del meccanismo di
“messa a pos to” che il Giuffrè ha minuziosa mente descritto
come un sistema speciale apposita mente predisposto dal Pr ovenzano per l’i mputat o.
Ovviamente l’Aiello h a inquadrato detto meccanismo semp re
in uno specifico contesto impositivo ai suoi danni ma la successione degli adempimenti ed i passaggi dell’iter, così come
306
descritti dal Giuf frè, trova no am pia confer ma nelle stesse parole dell ’imputato.
A parte questa importante consider azione preliminare, occorre, dunque, valg liare a fondo il contenuto della versione fornita dall’Ai ello anche al fine di verificarne la credibilità e/o
la preferibilità rispetto a quella del Giuffrè.
La prima affermazi one dell’Aiello riguarda il fatto che, sino a
tutto i l 198 7, n é lui , né suo padr e né le loro imprese avevano
mai versato alcu na “messa a posto” per la realizzazione delle
strade in terpoderali.
Orbene, alla luce di qua nto emerso nell’am bito di questo procedimento
e
dell’esperienz a
giud iziaria
complessiva
nella
specifica materia dell e “mess e a posto”, ta le tesi appare del
tutto inv erosimile ed in contrasto c on la rea ltà e la pra ssi.
Per stessa a fferma zione dell’Aiello, la sua famiglia aveva iniziato a progettare e realizza re strade interpoderali fin dal
1977, eseguen done, nel primo decennio, oltre cento in varie
province siciliane.
In considerazione della sistematicità con la quale trova applicazion e il meccanismo di imposizione del pizzo sui la vori
pubblici e pr ivati di un a cer ta rilevanza, specie nei paesi e
nei piccol i centri , appare davver o impossibile che un’impresa
che abbi a aperto o ltre cento cantieri in giro per qua si tutta la
Sicilia non abbia mai subito una sola richiesta di “messa a
posto”.
Addirittu ra nell’anno 1987, a det ta dell’Aiello, era no state
realizzat e concr etamen te ben 33 strade interpoder ali e solo
allora
“cosa
n ostra”
si
sarebb e
accorta
dell’esistenza
dell’impr esa Aiello ed avrebbe iniz iato a danneggiar e i suoi
mezzi.
Il padre dell ’imputato, quindi, sa rebbe stato informato da
soggetti che l’i mputato medesimo, significa tivamente, non ha
saputo in dicare che o ccorreva pagare una “messa a posto”
pari a sette mi lioni di lire per ciascuna strada.
307
Sarebbe stato logico e consegue nte attendersi c he l’impresa
Aiello avesse effettuato in un unico contesto il pa gamento
della s omma di 231 mil ioni di lire corrispond ente ai sette milioni per ciascuna delle 33 strade realizzate.
Ed invece, l’ Aiello ha asserito che tale somma era stata paga ta in varie tranche, una delle quali era per l’appunto pari a
105 milioni ed era stata versata da l padre in coincidenza del
Natale del 1987 .
Tuttavia, l’ imputato non ha indicat o né l’identità del percettore di detta so mma paga ta materialmente dal padre Gaetano, né le modalità ed i tempi con i quali erano state versate
le altre tranche del comp lessivo pagamento.
Appare f ortemente sospetto che l’unico episodio di pagamento
delle
presu nte
“messe
a
posto”
a
consuntivo
riferito
dall’Aiel lo sia g iust’a ppunto esatta mente corr ispond ente alla
somma di 105 milion i (pari a sette milioni per sole 15 stra de
interpoderali).
Tale tesi, i nfatti , appare poco logica in sé ed assai verosimilmente determinata dall’esigenz a d ell’imputato di spiegare il
fatto rif erito dal Giu ffrè in un modo alter nativo rispetto a
quello del collaboratore ed ovviamente in un contesto di i mposizione mafio sa dallo stesso subita.
Se l’Ai ello avesse realizzato esattamente 15 st rade nell’anno
1987, il pagamen to a Natale di quell’anno di una somm a
pressappoco corrispondente a quella indicata da l Giuffrè a titolo di pi zzo (p ari a 7 milioni per 15 strade =105 milioni) sarebbe risultato forse più verosimile.
Ma, a fronte di b en 33 strade costruite in quell’anno, la tesi
perde di valenza e di significa to, anche perché l’imputa to non
è stato in grado di indicare i tempi, i luoghi e le modalità di
pagamento delle altre tranche di pizzo.
Del
resto,
anche
sotto
diversi
altri
profili
la
versione
dell’Aiel lo app are log icamente carente e smentita da lle ulteriori emergenze processuali.
308
In primo luogo, l’imp utato ha asse rito di non essersi occup ato lui personalmente di ta li vicende eppure ha affermato di
avere consegn ato la somma di 105 milioni di lire al padre, il
quale, n é prima né dopo, gli rivelò mai l’identità del suo referente mafioso.
Michele A iello, è ben e ricordarlo, già da quasi dieci anni progettava strade inter poderali per conto delle impr ese di famiglia, er a certamente un uomo esp erto ed intelligente e, per
sua ammi ssione, ten eva la cassa familiare (visto che consegnò lui l a somma al p adre).
Ma, a fronte di tutto ci ò, sarebb e stato non solo tenuto in disparte (qu asi come se si trat tasse di un adolescente) ma addirittura non s arebbe stato mai inf ormato di un fa tto di vitale
importanza per l’intera attività imprenditoriale della sua famiglia: l’identità del ref erente mafioso che si occupava delle
loro “messe a p osto”.
Il fatto che il padre Gaetano, neppure dopo l’insorgere della
malattia e sinanco in punto d i morte, non ebbe mai a rivelare
tale essen ziale circostanza al figlio Michele appare così inverosimile da poter si a fferma re che è una tesi falsa e strumentale.
Eppure, secondo lo stesso Michele Aiello, egli non aveva mai
saputo nulla delle “m esse a posto” fino al luglio del 1993
(cioè fino all’età di 40 an ni) quando, a seguito dell a morte del
padre, avvenu ta il 5.1 2.2002 , e dell’incendio di una betoniera
in località Pet tineo, er a stato avvicinato da Carlo Castronovo
che gli aveva ri chiesto, per la prima volta nella sua vita , il
pagamento del pizzo.
Nonostant e ciò, l’Aiello è stato in grado di riferire puntualmente u n sol o caso di versamento della “messa a posto” da
parte del padre , giust’a ppunto quello relativo al pagamento
della somma cumulativa di 105 m ilioni di lir e a Natale d el
1987.
309
Per il resto, né prima e né dopo, a ddirittur a per ben altri sei
anni, a veva saputo nulla di “messe a posto” e di altre richi este dei referenti maf iosi.
Ed anche la circosta nza per la q uale l’unico uomo d’onore col
quale M ichele Aiello a vrebbe, dal 1993 in avanti, discusso e
posto in essere tutte le successive “messe a posto”, sia p er le
strade che per l’a ttività sanitaria , sarebbe stato, secondo
l’imputat o, proprio il defunto Carlo Castronovo induce a più
di una riflessione i n ordine alla ver idicità delle tesi sostenute
dall’imputato.
Sulla scorta di tali considerazioni, in conclusione, deve ritenersi che la versione fornita a tale proposito da ll’Aiello sia
stata strumentale e fina lizzata a fornire una spiegazione a lternativa ed in chiave “vittimistica” al fatto storico della dazione di 100 mi lioni di lire rifer ita dal collaboratore Giuffrè.
Complessi vamente con sidera ta tale spiegazione alternativa
appare carente so tto i l pr ofilo logico ed intrinsecamente debole anche se l aboriosament e costruita allo scopo di risultare, ad un ’anali si superficiale, verosimile.
A giudiz io del Collegio deve corret tamente ritener si che, proprio nel periodo indi cato (1987), Michele Aiello stesse fisiologicamente sub entran do al padre nella gestione delle imprese
ed, al di là della mera fase progettuale, avesse l’esigenza di
rapportar si dir ettamente anche con la realtà mafiosa locale.
Poiché, come è di mostrato dalle ulteriori emergenze proce ssuali, proprio in quel torno di tempo a Bagheria aveva avuto
luogo un a fai da ed era emersa l’egemonia del gruppo vi cino al
Provenzano, appare al tamente ver osimile che l’Aiello abbia
voluto “ingraziarsi ” i nuovi vertici mafiosi locali, manifes tando concretamen te la propria vicinanza e disponibilità per le
future attività .
Esaurito l’episodio del versamento iniziale dei cento milioni
di lire, deve aggiungersi che il Giuffrè ha riferito, in modo
analitico e dettagliat o, tempi, modalità ed importi delle mes310
se a posto versat e dall’Aiello p er i lavori di r ealizzazione delle
stradelle interpoderali, con part icolare riferimento ai lavori
effettuati nei territori di Caccamo ed in provincia di Messina,
sui quali eg li era personalmente competente in veste di capo
mandamento.
Dal ten ore della chiam ata del collaboratore sul punto, inoltre, si ri cava chiaramente come tali messe a posto non fossero frutto di i mposiz ioni vessatorie ma rientrassero in un
modus operandi direttamente s tabilito da Bernar do Provenzano e da questi person almente gestito.
A tale proposito deve ancora una volta ribadirsi come le modalità
di
versa mento
delle
“messe
a
posto”
da
parte
dell’impu tato non seguissero le prassi or dinarie imposte da
“cosa nostra” a tutti gli imprenditori ma fossero sta te decise
dal Proven zano mediante la predisposizione di un complesso
meccanism o ch e, intuitu personae, riguardava solo ed esc lusivamente Michele Aiello.
Meccanismo che, co me si è avuto modo di analizzare nel dettaglio, vedeva la personale e diretta intermedia zione dello
stesso Proven zano, il quale, a differ enza degli altri casi, fac eva
da
tramite
si a
nella
fa se
della
autor izzazione
all’esecuzione dell e opere che in q uelle successive della comunicazio ne con le famiglie locali e della veicolazione delle
somme ver sate.
Tale circostanza, al la luce dei riscontri individualiz zanti che
ci si accinge a descrivere, sgombra il terreno da ogni possibile equivoco circa il presunto ruolo di vittima della mafia a utoattribu itosi dall’Aiello.
Deve, in fatti, evidenziarsi com e lo stesso Aiello non ab bia n egato il sistematico pagame nto delle “messe a posto” alla fa miglia mafiosa di Bagheria – e non si ve de come a vrebbe potuto farlo in p resenz a di prove evidenti – aggiungendo, tuttavia, che si trattava di una for ma di pizzo che egli era costretto a versare per poter lavorare.
311
Sotto tale specifico aspetto, dunq ue, il fatto storico del sistematico pagame nto di somme di denaro agli esponenti mafiosi non è in contestazione tra le parti.
Del tutto controv ersa, invece, è la motivazione sottostante a
tali
versamenti,
atteso
che
la
tesi
accus atoria
si
fonda
sull’esistenza del pa tto di prote zione mentre quella della difesa si b asa sul ruolo di vittima dell’Aiello.
I numerosi e, per certi versi, str aordinari r iscontri emersi
proprio sul punto in esa me inducono a ritenere dimostra ta la
tesi d’accusa e smentita quella dell’Aiello.
A tale proposito, inver o, non può f are a meno di notarsi una
sostanziale sovrapponibilità tr a il contenuto d elle dichiarazioni del Giuff rè e quelle rese, nel corso d el suo esame , da
parte dello stesso Mi chele Aiello.
Si tratta di un fat to certamente inusuale ma che tr ova una
logica e con sequen ziale s piegazione proprio nel numero , nella
tipologia e nella analiticità dei r iscontri emersi nel corso del
dibattimento.
A fronte di tale imponente compendio probatorio, l’Aiello –
che ha dimostrato un notevole acume nel modulare ed anche
nel mod ificare il proprio atteggiamento process uale in relazione alle e mergenze a suo ca rico – non avrebb e potuto logicamente contestare il fatto storico del versamento delle messe a posto.
Ciò che poteva fare e che ha fatto, invece, era di f ornire a ta le fatto storico una spi egazione alt ernativa ris petto a quella
dell’accu sa, t entando di avvalorare un presunto ruolo di vittima che, come si vedrà, è stato sconfessato a seguito della
compiuta istruz ione d ibattim entale.
In sintesi l’ imputa to, n el corso del suo esame, ammetteva di
avere sistematicamente versato, per ogni strada interpode rale, la somma d i 7 milioni di lir e nelle mani di Carlo C astronovo, parente di Pietro Lo Iacono, al quale era tenuto anche a
312
comunicare preventivament e le zone dove doveva aprire un
cantiere.
Aggiungeva che l’ultimo pagamento effettuato al Castronovo
in relazione alle strade interpoder ali risaliva ai prim i mesi
del 2002 e rigu ardava un ca ntiere in territorio di Mistretta.
Spontaneamente riferiva di aver versato una somma una tantum, pari a circa 700 milioni di lire, sempre nelle mani di
Carlo Cast ronovo, di seguito all’ acquisto dell’ex hotel a’ Zabara e che, dal 1997 fi no al novembre 2002, aveva pa gato la
somma annu ale di 5 0 milioni di lire, in rela zione all’attività
esercitata nel settore della sanità presso la Diagnostica per
Immagini.
In conclusion e, l’Aiello rif eriva che, dopo il novembre 2002,
non aveva pi ù ver sato alcuna somm a in quanto non a veva più
ricevuto richieste di pizzo, anche se, nel corso del 2003, sia
l’Eucaliptus che Leonardo Greco a vevano ava nzato al tre richieste di vari o gene re nei suoi confronti.
Il contenuto sostanziale di tali dichiarazioni dell’Aiello, dunque, conferma tutta una serie d i precise indicaz ioni fornite
dal Giuffrè e d, in parti colare, l’obbligo della p reventiva comunicazio ne delle opere da realizzare nel territ orio siciliano,
l’esatto imp orto (sette milioni di lir e) della messa a posto per
ciascuna strada interpoderale, il versamento nel 200 2 di una
messa a posto i n rela zione proprio ad una s trada in terr itorio
di Mistretta ed un ulteriore versamento una tantum di elevato
importo.
In chiave p robatoria, in oltre, non può sottovalutarsi come
l’Aiello abbia indicato con nome e cognome il maf ioso a l qua le aveva semp re e comunque effettuato tutt i i versamenti
suddetti.
E di certo colpisce il fatto che si tratti prop rio di Carlo Ca stronovo cioè di un soggetto che, essendo deceduto nel 2002,
non solo non poteva confer mare o smentire tali asseverazioni
ma non rischiava a lcuna consegue nza penale a seguito dell e
313
accuse dell’Aiello (a diffe renza, ad esempio, dell’E ucaliptus e
del Lo Iacono).
Inoltre, appare del tutto illogico il fatto che, nonostante il
notorio sviluppo imp rendit oriale de lle sue aziende (tanto che
l’Aiello era divenuto il p rimo contr ibuente palermitano), dopo
la morte del Castronovo nessun esponente della f amiglia mafiosa di Ba gheria avesse continuato a richied ere e riscuoter e
il pizzo da lui .
A maggior ragione se si tiene conto che, sempre secondo la
tesi dell’Aiel lo, nel corso del 2003 sia Leona rdo Gr eco che Nicolò Eucaliptus – cioè due importa nti uomini d’onore di quella famiglia mafiosa – l o avevano ves sato con num erose richieste di altro genere, gu ardandosi bene, però, dal continuar e a
richieder e il pagamen to del pizzo a nnuale già concordato.
Ancora una volta, però, si tra tta di una ill ogicità involontaria
ed unicamente determinata da obiettive emergenze processuali che hanno costretto l’Aiello a rendere tali af fermaz ioni.
Come si vedrà, in fatti, l’ Aiello al m omento del suo esame era
perfettamente co nsapevole del fatto oggettiv o costituito dalla
dimostrata esisten za di visite di tali uomini d’onore presso i
suoi uffici (ricavabile sia dai documenti in atti che da lle intercettazioni eseguite), motivo per il quale non avrebbe pot uto negare tale circostanza.
Con la sol ita accortezza processuale, dunque, l’imputato confermava
il
dato
ogg ettivo
(che
non
poteva
smentire)
dell’esis tenza di dette visite, fornendo tuttavia una chiave di
lettura alternativa ed utile ai suoi f ini.
Allo stesso mo do la scelta accurata del referente ma fioso, resosi autore di tutte le imposizioni ai suoi danni, proprio in
un sogg etto deceduto ra fforza il convincimento della pretestuosità e dell a mendacità dell’imputato, il quale, come ha
fatto per nu merosi a ltri episodi che saranno esaminati nel
prosieguo , ha ammesso le circosta nze già altrimenti provate
in modo ine quivocabile ed ha fornito, nel resto, spiegazioni
314
alternati ve a quelle d’a ccusa che, però, sono naufragate di
fronte alla ver ifica dibattimentale.
Ciò posto, dunque, l’Aiello ha am messo di avere pagato sistematicamente il pizzo per ciascuna delle st rade interpoderali eseguite dalle sue imprese nella esatta misura indicata
dal Giuffrè (sette milioni di lire).
Partendo da ta le elemento non contestato t ra le parti, occor re, pertanto, analiz zare appr ofonditamente le emergenze processuali allo scopo di sottoporre a verifica le contrapposte
tesi in o rdine alle ragioni sottostanti a tali pagam enti.
Secondo la tesi accusa toria, infatti, sulla scorta delle dichiarazioni del Giuffrè, i l ve rsamento delle somme a titolo di
“messa a posto” da parte dell’Aiello deve imputarsi all’es atto
adempimen to deg li obb lighi di contribuzione nei confr onti
dell’organizzaz ione mafiosa - obbligo cui sono tenuti tutti,
compresi g li stessi uomini d’onor e – quale controprestazione
tipica del suddetto patto d i protezione.
Di conv erso, l’Aiello ha ricollegat o i medesimi versamenti
all’esist enza di una atti vità estorsiva posta in essere a i suoi
danni dal sodal izio m afioso.
La soluzione in chiave inter pretativa di tale d icotomia di tesi
processuali non può che esser e rinvenuta nelle carte pr ocessuali attraverso l’attenta analisi d ei dati di riscontro e delle
autonome emergenze probator ie.
Solo in ta l modo può pervenirsi alla corretta qua lificazione
giuridica d i quelle con dotte am messe dallo stesso Aiello m a
da questi spieg ate in modo alterna tivo.
Tale disamina deve prevedere, alla luce ovviamente dei sopr a
ricevuti pri ncipi giur isprud enziali, il necessario riferimento
ad alcuni para metri oggettivi di valutazione ed al complesso
delle emergenze processuali da ver ificare in modo congiunto
ed individualizzante.
Sulla scorta di quanto emerso nel corso del dibattim ento e
dalla
m otivaz ione d i alcune sentenze definitive prodotte da l
315
P.M., si è visto come la regola del pagamento doveroso della
“messa a p osto” riguard asse tutti coloro i quali effettua vano
un lavoro pubblico o p rivato in un determinato contesto territoriale .
Le precise dichiarazio ni del Giuffrè sul punto specifico hanno
trovato plurimi elementi di riscontro sia nelle convergent i dichiarazioni rese dal coll aboratore Angelo Siino – par ticolar mente esperto di tal e argomento a motivo dello specifico ruolo di gestore, per un cert o periodo, del sistema illecito di
spartizione degli appal ti pubblici in Sicilia – che nelle motivazioni di a lcune sentenze ormai passate in autorità di cosa
giudicata.
A ben vedere, a nzi, l’a nalisi, nei suddetti termini, del sistema
operativo della c.d. “messa a posto” è stata convalidata attraverso svariate sentenze definitive, tanto da cost ituire diritto
vivente i n materia.
Solo a titolo ese mplificativo, tutta via, può farsi riferime nto
alla
sen tenza d el G.U.P. pre sso q uesto Tribunale emess a in
data 12 d icembr e 2003 nei confronti di Alfano Vito ed a ltri,
divenuta definitiva ed acquisita al fascicolo del dibattim ento
su inizia tiva del P.M ..
Nella moti vazion e di ta le sentenza, premesso che, nell’ottica
tipicamente mafi osa, qu alsiasi attività produttiva di ricchezza costituisce una font e di preliev o forzoso di risorse economiche da par te dell ’organizzazione, si ribadisc e il concetto in
base al quale anche gli es ponenti mafiosi interessati a d attività impren ditori ali devono sottostare alla “messa a post o”
secondo le regole asso ciative. Ovvia mente, tuttavia, in tal caso “la corresponsione de lla somma dovuta a tale titolo non può
dirsi il risultato di una coartazione consumata con violenza o
minaccia, conseguendo invece dalla condotta di chi si attiva
per unifo rmarsi ad accordi e regole previamente condivisi”.
Ma le dichiarazio ni del Giuffrè su llo specifico punto non sono
state corroborate solo dal Siino e dal complesso dei prece316
denti i n mat eria ma anche dal significativo app orto del collaboratore Giovan ni Bru sca.
Anche per quest’ulti mo va sottolineato, com e per il Siino, la
particolare comp etenza in merito a llo specif ico ogge tto della
chiamata d a verifi care, at teso che il Brusca è stato lung amente a capo del mand amento di San Giusepp e Jato ed ai
vertici assoluti dell’orga nizzazione mafiosa, di guisa che deve
certament e riconoscer si allo stesso una prof onda conoscenza
delle dinamiche della “messa a posto”.
All’udienza d el 7 giug no 2005, sul punto, il Brusca rif eriva
testualmente: “la messa a posto è quando un’impresa si prende un lavoro o deve realizzare un lavoro, dipen de di quale entità, si deve andare a mettere a posto attraverso i canali a lui
noti nel territorio siciliano, cioè uno di un paese deve andare in
un altro... in un altro paese e si deve rivolgere al suo referente
per mettersi a posto e quindi pagare una sorta di tangente, il
cosiddetto chiamato pizzo per non subire dei danneggiamenti.
P.M. DI MATTEO : senta, lei ha svolto anche nel corso del le sue
attività, attività di impresa, lei è stato anche Imprenditore?
BRUSCA G. : sì, non direttamente, ma con prestanome sì, io ho
avuto delle imprese.
P.M. DI MATTEO: ha avuto delle imprese. E lei la messa a posto l’ha pagata quando ha fatto lavori fuori dal suo mandamento?
BRUSCA G.: sì, le ho pagate sia all’interno del mio paese stesso che fuo ri paese, perché era un business, non era un’attività
prioritaria, cioè per il normale vivere e quindi è diventato un
business, io pagavo regolarmente come tutti gli altri.
P.M. DI MATTEO: come tutti gli altri.
BRUSCA G. : avevo qualche piccola cortesia così, ma non... pagavo regolarmente senza problemi.
P.M. DI MAT TEO: e questo vale solo per lei o vale per tutti gli
Imprenditori che sono anche appartenenti a “COSA NOSTRA”?
BRUSCA G. : no, è una regola per tutti gli Imprenditori essendo
317
che era un business, non era più un... un problema familiare,
cioè nel s enso per un mantenimento familiare, diventando business quindi veniva pagato il cosiddetto... era una regola.
Anche Giova nni Brusca, dunq ue, ha attribuit o validità assoluta a tale rego la af fermando che qualunque uomo d’onore
doveva osservarla ed a ggiungendo che anche lui personalmente aveva in pi ù occasioni paga to quanto dovuto sia alle
altre famiglie che addirittura a quelle rientranti nel suo
mandamento.
Tale
ulterio re
elemen to
convalida
in
modo
specif ico
l’affermazione fatta dal Giuffrè a proposito del pagamento
della “messa a posto” persino da parte di ca pi del calibr o del
Provenzano, ai quali, come conferm ato in modo speculare dal
Brusca, al limite era ammesso c he venisse praticato uno
sconto pe r pura forma di rispetto.
In conclusi one, pertanto, può af f ermarsi che il pa gamento
della “me ssa a posto” p uò alternativamente essere il frutto di
una imposizione vessatoria ai da nni di un imprenditore vittima
ovvero
la
mera
applicazione,
anche
da
par te
dell’uomo d’o nore ovvero dell’imprenditore-correo, di una regola indefettibi le di “cosa nostra”, senza alcuna costrizione
ma, al co ntrario, come manifestazione di condivisione delle
regole interne al sodalizio.
La superiore disami na de lle emergenze processuali e dei p recedenti giuri sprudenziali in materia consente, infatti, di pe rvenire co n asso luta c ertezz a a ta le conclusione.
Conclusione che appare significat iva nel caso in esame, in
quanto permette di attribuire alla superiore dicotomia di tesi
una sua i ntrinseca ragion d’esser e.
E’ del tutto evide nte, invero, che, qualora non si fosse potuto
dimostrar e che il pagament o della “messa a posto” può costituire anche una forma volontaria di finanziamento interno al
sodalizio da parte sinanco dei suoi stessi membri in ossequio
ad una regola di portata genera le, la superiore dicotomia sa318
rebbe ven uta meno.
Di guisa che l’un ica spi egazione possibile al fatto obiettivo di
versare la “messa a posto” sarebbe necessariamente coincisa
– come vor rebbe la tesi dell’i mputato - con il ricoprire la posizione di vitti ma di “cosa nostra” e di persona offesa del delitto di estorsione.
Come si è visto co sì certamente non è, a meno di non riconoscere la possibilità, a livello logico prima ancora che pr obatorio, che Bernardo Provenzano, Giovanni Brusca e, via via,
tutti gli uomini d ’onore che hanno versato la “messa a posto”
alle fami glie territo rialmente competenti lo abbiano fa tto in
quanto vittime della loro stessa organizzazione.
Ed allora, una volta accertata la legittimità di entram be le
tesi a confronto, pu ò avviarsi la ricerca del corretto inquadramento d elle con dotte dell’Aiello alla luce dei parametri obiettivi ricavabili d al compendio dibattimentale.
Non vi è dubbio che i l primo e, pe r molti a spetti , il più rilevante di detti paramet ri è costituito dai c.d. “pizzini” acquisiti al fascicolo del dibattimento.
Tale termine, oramai entra to a far parte della vulgata popolare, der iva d all’espressi one dialettale con la q uale si identificano dei bigliettini che recano appunti sia manoscritti che
dattiloscritti.
La notorietà di tale espr essione ger gale si deve per l’appunto
all’utili zzo sist ematico e continuat ivo, da parte di Bernardo
Provenzano, di tal e arcaico metodo di comunicazione d urante
la sua lunga la titanz a.
Nonostante l’evidente anacronismo di tale metodo, lo stesso è
risultato sicuramente efficace, tanto da consentire al latitante Provenzan o di continu are a tenersi in continuo e costante
contatto con i responsabili delle famiglie mafiose sicilia ne
senza and are in contro ad alcun rischio di intercettazioni.
Sulle mo dalità di fo rmazione e circolazione dei pizzini da e
per il Provenzan o hanno lunga mente riferito il Maggiore Miul319
li ed il C apitano Sozzo, i quali hanno ricost ruito la fitta, articolata e complessa rete di “postini” e favoreggia tori che assicuravano la cat ena di trasmissione dei pizzini.
Tale sis tema di com unicazione interpersonale, inoltre, non
era un’esclusiva del Provenzano ma veniva adottato, oltre che
da tutti coloro i quali volevano entrare in contatto con lui,
anche da alt ri uomin i d’onore e capi latitanti per le loro comunicazio ni.
Prima di esaminare analiticamente il contenuto dei “pizzini”
che rigua rdano in modo specifico la posizione dell’odierno
imputato,
tuttavia,
va
ade guatamente
evidenziata
l’eccezio nale valenza, si a in termini probatori che di risco ntro, che deve riconoscersi a tali documenti.
In primo luogo, infatti, gl i stessi ha nno natura documentale e
provengono dal punto più interno del sodalizio mafioso, nel
senso che sono stati mater ialmente formati, spediti e/o ricevuti dal Provenzano e da gli altri vertici assoluti di “cosa n ostra”.
In tal sen so nessun altro elemento di valutazione può provenire da mea ndri più intrinseci e per ciò stesso più significa tivi dell ’organ izzazi one.
Ma vi è di più: i “pi zzini” costituiscono l’archivio documentale delle principali deci sioni assunte dal sodaliz io mafioso,
posto ch e si tratt a di affari e fattispecie di tale importanza da
venire trattati diret tamente dai suo i vertici assoluti.
Attraverso i “p izzini ”, invero, si assumevano le principali decisioni, si concordava no strategie, si dirimevano diatribe, si
impedivan o o, al contrario, si scatenavano faide, si quantificavano “messe a posto” di particolare rilievo, si autorizzavano attivi tà delittuose e/o imprend itoriali et c. etc..
In pratica, si tratta dell’archivio delle decisioni assunte ai
massimi livelli dall’ associazione ma fiosa.
A conferma ulteriore del la vitale importanza dei “pizzini” basta porre mente al numero dei soggetti inca ricati di trasmet320
terli ed alla com plessi tà del sistema di comunica zione posto
in essere propr io al fine di assicur are la segretez za assoluta
circa il loro contenu to.
Come riferito poi dal Giuffrè a p roposito dei “pizzini” a llo
stesso seq uestrat i all’at to dell’arresto o da questi fatti ritrovare dopo l ’avvio della collaborazione, er a buona norma per
un “capo” dell’ organi zzazione mafiosa custodir e almeno per
un anno i bigli etti ricevuti.
E ciò propri o per l’im portanza del loro contenuto e p er p oter
dimostrar e, in caso di una eventuale successiva diatrib a,
l’andamento dei fatti e delle comunicazioni in modo documentale e, come tale, inoppugnabile.
Se, dunque, questa è la natura dei “pizzini” e la loro rilevanza anche so tto il profilo probatorio interno a “cosa nostra”,
appare chiara la si gnificatività che agli stessi deve riconosc ere anche l’A.G..
Anzi, per molti aspetti, va riconosciuto che nessun altro elemento di valut azione può fornire altrettanta garanzia di autenticità del contenuto e di una provenienza maggiormente
intrinseca al sodalizio e qualificata.
Fatta questa do verosa premessa, va detto che i “pizzini” riguardanti l’imputato Michele Aiello possono catalogarsi in
quattro gruppi essenz iali.
In ordine cronologico , infa tti, si evidenziano:
1) i “piz zini” rinven uti e sequestra ti a Riina Salvatore il 15
gennaio 1 993 in occasione della sua cattura;
2) quelli consegnati a l Colonnello Michele Riccio nel 1995 da
Luigi Ilardo , capomafi a di Caltanissetta ucciso il 10 maggio
1996;
3) quelli sequestrati in occasione dell’arresto di Antonino
Giuffrè, il 16 aprile 2002;
4) quelli rin venuti a Vicari, il 4 d icem bre 2002, a seguit o delle indicaz ioni for nite dal lo stesso Giuffrè, dopo l’avvio della
sua collaborazi one.
321
Accanto ed oltre ai suddetti “pizzini”, poi, va ricordat o un
documento, anch ’esso certamente di estrema importanza, costituito da alcuni appun ti manoscritti rinvenuti il 25 gennaio
2005 a Bagheria nell’abitaz ione di Giuseppe Di Fiore, uomo
d’onore della locale fami glia mafiosa, tratto i n arresto sugli
sviluppi dell’operazi one “Grande Mandamento” e condanna to
in primo grad o per asso ciazione ma fiosa e concorso in num erose estorsioni pluriag gravat e con sentenza del 16 novembre
2006 del GIP presso i l Tribunale di Palermo.
Come si dirà appresso tale manoscritto rappresenta , infatti,
un vero e propri o “libro mastro” della famiglia mafiosa di Bagheria recante l’indicazione delle principali entrate ed uscite
di detta articolazion e territoriale.
Già attraverso la mera elecazione d i detti documenti si ricava
un dato di immediata evidenza, costituito dal lungo lasso di
tempo – dal gennaio 1993 al 2005 - nel quale i ve rtici assoluti di “cosa nostra” si erano occup at i a vario titolo delle “messe a posto” dell’Aiel lo.
Così come altr ettant o evidente è la conferma della tesi sost enuta da l Giuffrè a pr oposito del costante e dir etto coinvolgimento del Provenz ano in persona nella gestione delle “messe
a posto” dell’i mputato.
Tale ulti mo aspetto, peraltro, conferma la tesi del trattame nto speciale riservato al l’Aiello da parte del Provenzano, pos to
che questi di certo non seguiva le pratiche di ordinar ia amministrazione (le d ecine di “messe a posto” giorna liere nel
territori o sicil iano) m a solo gli affa ri di rilievo o che gli st avano part icolarmente a cuor e.
Ciò posto, va detto che il primo documento da esaminare è
un “pizzin o”, dattiloscr itto e pr ivo di data, rinvenuto e sequestrato addosso all’allo ra capo di “cosa nostra”, Salvatore Riina, all’atto del suo arresto, avvenuto in Palermo il 15 gennaio 1993 dopo una lunga la titanza .
Nel documento in atti (doc. n. 10) è scritto:
322
“Altofonte:
vicino
Cava
Buttitta
Strada
interpoderale.
Ing.
AIELLO”.
Sulle moda lità del rinvenimento di questo bigliettino e, soprattutto , sugli esiti dei successivi accertamenti effettuati
con riferimento al suo contenuto, nel corso del diba ttimento
hanno testimoniato il Maggiore Sergio De Capr io (l’allora Ca pitano “Ul timo” d el R.O.S. che procedette all’arresto di Riina)
e il Maresciall o Santo Calda reri.
Il primo riferiva che, al momento dell’arresto, il Riina custodiva nella tasca destra dell’abito il “pizzino” in esame e che,
sul suo contenuto, erano stat i delegati immedia tamente accertament i alla Stazione dei C .C. di Altofonte (località citata
nel bigli etto).
I Carabinieri di Altofonte, tuttavia, avevano ritenuto erroneamente d i identificare l ’“Ing. Aiello” indica to nel documento
in un altro Aiello solo i n base al suo luogo di residenza (proprio ad A ltofon te).
Appare davvero incredibile come la P.G. delega ta non sia sta ta, già allora , in grado di ind ividuare l’odier no imputato, il
quale, a parte i dati anagrafici e il titolo di ingegner e, notoriamente
si occupava di rea lizzazione di strad e interpodera li
e, proprio in quel preciso torno di tempo, stava terminando
una strad a vici no all a cava Buttitta in territorio di Alt ofonte.
Pur non di m eno, i n questa sede ci si d eve limitare a registrare che
l’avvenuta corrett a identificaz ione del soggetto
indicato nel “pizzin o” risale solo al gennaio del 2004 (undici
anni dopo) e proprio nell’ ambito delle indagini confluite nel
presente processo.
All’udienza del 6 dicem bre 2005 il Maggiore Michele Miulli
riferiva che all’ identi ficazione del s oggetto si era risaliti gr azie alle stesse indi cazioni contenute nel biglietto, posto che
l’Aiello stava reali zzando una stra della interpoderale corrispondente alle indicazio ni contenute nel “pizzino”, proprio
323
perché vi cina alla cava Buttitta in località V alle Rena di Altofonte.
Si tratta della str ada inter poderale denominata Rena - San
Ciro il cui progetto er a stato redatto il 2 gennaio 1980
dall’ingegner Mich ele Aiello e rielaborato, con adeguamento
dei prezzi, in da ta 9 settembre 19 92 dal geometr a Gaetano
Cusimano.
Il 2 marzo 19 93 era stata rila sciata procura all’incasso in f avore di Cusim ano G aetano ed il successivo 9 marzo 1993 era
stato redatto il verbale di visita e a ccertamento dell’avvenuta
esecuzion e dei lavori .
Sulla scorta di qua nto em erso nel dibattimento a proposito
del fat to ch e il Cusimano ed il Puleo lavor assero in via esclusiva per Michele Aiello e dai documenti allegati alla pratica
emerge che la strada in esame era stata progettata e realizzata per l’ appunt o dall ’odier no imp utato e che i lavori si erano
conclusi nei pr imi mesi del 1993.
Nello stesso periodo di tempo, poi, né l’Aiello né altri imprenditori omonimi avevano r ealizzato altre stra de nello stesso contesto ter ritoriale.
Come ch iarito dal Magg iore Miulli, invero, le imprese di Michele A iello avevano realizza to altr e quattro strade in territorio di Altofonte, come confermato sia dagli elenchi di strade
in atti che dal le dichiarazioni dello stesso imputato.
In tutti e quattro i casi, infatti, si tratta di strade inter poderali collaudate nel 1989 e, pertanto, in epoca molto prec edente (ol tre tr e anni prima) a quella del “piz zino” in esa me.
Ed allora, posto che l’u nica strad a che Michele Aiello stava
realizzan do, tra la fin e del 1992 e gli iniz i del 1993, in terr itorio di Alto fonte e pro prio vicino alla cava Buttitta era la
strada R ena- S an Ciro, deve ritenersi perfettame nte individuato e delim itato l’oggetto d ell’indicazione riportata nel biglietto c he il Riina teneva addosso.
324
All’udienza del 21 f ebbraio 2006 lo stesso Michele Aiello ha
ammesso la progettazion e e la successiva realizzazione della
strada Rena-San Ciro.
In particolare, la pratica rela tiva a tale strada era stata iniziata dal padre nel n ovembr e 1992 e poi era sta ta completata
da lui nel mese di febbraio 1993 e contabilizzata nel mese
successivo.
L’imputato, poi, confermava di avere realizzato, nel corso del
1989, alt re quattro strade in terr itorio di Altofonte, pe r le
quali er a stat o costretto a versare la consueta somma di sette
milioni d i lire per ci ascuna di esse.
Diversamente dal solito, a suo dire, per la strada Rena - San
Ciro egli non aveva versato alcuna somma a titolo di “messa
a posto”.
A parte l’eviden te inconfer enza di tale ultima affermaz ione,
attraverso la superio re ricostruzione possono trarsi dei sicuri
punti di riferi mento.
La strada interpoder ale cui si faceva cenno nel biglietto tr ovato addosso al Riina – realizzata in territorio di Altofonte,
vicino a lla cava B uttitta da tale Ing. Aiello -
era senza dub-
bio alcu no la stra da Rena-San Ciro ed era stata progettata e
realizzat a dall ’odier no imp utato.
Il “pizzino” rinvenuto la mattina del 15 gennaio 1993 addosso
al Riina certamente era stato redatto qualche tem po prima di
detta data e fatto per venire, attraverso canali disagevoli att eso lo stato di latita nza, al Riina stesso.
La vicenda, conseg uentemente, era stata attenzionat a dal
Riina tra la fin e del 1992 e l’immediato inizio del 1993,
quando i lavori dell a strada Rena-San Ciro erano ormai quasi
del tutto termi nati.
Il fatto che il Riina tenesse addir ittura addosso tale bigliettino il giorn o dell’ arresto dimostra che si stava occupando di
detto affare pro prio il 15 gennaio 1993 o com unque in quei
giorni.
325
Ed allora, sotto il pro filo della conseguenzialità logica, si impongono almeno due co nsider azioni al fine di comprendere
l’oggetto
della
richiesta
di
interessamento
porta ta
all’atten zione del Ri ina in persona.
In primo luogo la tempistica di tale richiesta appare incompatibile con la n atura di istanza di autorizzazione a sottopo rre ad estorsion e l’impresa dell’Aiello.
Se, infatti , fosse stata questa la natura di detta richiesta,
non si compren de per quale ragione la stessa sia pervenuta
così tardi rispetto all’avvio dei lavori.
Come avviene sempre in tali casi, infatti, la procedura della
“messa a posto” viene avviata prima ancor a che l’impresa
porti i prop ri mezzi presso il cantiere (anche per evitare il r ischio di danni anche frutto di mali ntesi) e non quando i lavori sono o ramai ultimati.
Ma, in seco ndo luogo, appare del tutto incomprensibile la r agione per la quale una at tività or dinaria e di routine come
una banale “messa a posto” per una strada interpoderale d ovesse e ssere portata addirittura all ’attenzione diretta di Salvatore Riina che, in quel momento, era il capo assoluto di
“cosa nostra” ed il lati tante più attivamente ricercato da tutte le forze di polizia.
Oltretutt o, come è stato chiarito in precedenza , le impre se di
Michele Aiello pagavano da anni la somma di sette milioni di
lire per ciascuna strada interpoderale (fa tto am messo dallo
stesso imputato ) e lo facevano attr averso collaud ate e routinarie mod alità gestite dalla famiglia mafiosa di Ba gheria.
Non si vede, pertanto, per quale ragione dovesse essere interessato, proprio per questa strada, Salvatore Riina in per sona e non i vertici della famiglia mafiosa di Alt ofonte, come
già accad uto in passato.
Ed invero l’Aiell o, nel co rso del 1989, aveva già regolarmente
pagato la suddett a somma per ciascuna delle quattr o strade
interpoderali reali zzate nel terr itorio di Altofonte (come da lui
326
ammesso) nelle ma ni dei responsa bili di dett a famiglia mafi osa senza alcun particolare problema.
Allora, sulla scorta di tali premesse, resta incompr ensibile la
ragione per la quale la q uestione del pagamento di una semplice “messa a posto” di sette m ilioni di lire da par te di un
imprendit ore, aduso a pagare con notevole frequenza e con
collaudat e modalità nelle mani dei responsa bili anche di
quella famiglia mafiosa, sia stata direttamente e personalmente sottopost a al c apo di “cosa nostra”.
L’unica spiegazione plausibile è che in eff etti non si sia trattato di una mera aut orizza zione – peraltro postum a e d ecisamente tardiva – a procedere ad una estorsione ma che la ragione sottesa alla rich iesta dell’autorevole inter vento del Salvatore Riina in perso na fosse un’altra.
Al Riina, attra verso il “pizzino” in esame, non veniva chiesta
l’autoriz zazion e ad estorcere l’impresa di Aiello ma veniva
avanzata una vera e propr ia racc omandazione in suo favore,
di modo che il capo di “cosa nostra ” potesse inter cedere sulla
famiglia mafi osa di Al tofonte per f ar ottenere un buon trattamento all’imputato.
Alla luce dei sopra richia mati elementi di valutazione, questa, infatti, è l’un ica spiegazione logica ed aderente alle reg ole di “co sa nostra”.
A tale pr oposit o deve notar si come lo stesso Aiello abbia riferito che, a differ enza di tutte le altre strade realizzate in ter ritorio di Altofonte, pr oprio per quella in esame non gli era
stata chi esta a lcuna “messa a posto”.
Deve, tuttavia, aggiu ngersi - come se ciò non fosse già di per
sé suffici ente – che sullo specific o punto in esame sono emersi alt ri due riscontri individualizzanti e di elevata v alenza
a fini pr obatori.
Si tratta delle dichiarazioni di due collaboratori di giustizia,
Giovanni Brusca e G ioacchino La Barbera, che hanno rico-
327
perto ruoli di ri lievo propr io in seno alla famiglia mafiosa di
Altofonte, nel cui territorio rica deva la stra da Rena-San Ciro.
Il primo, infatt i, è stato a lungo il capo del mandamento ma fioso di San Giuseppe Jato ed il secondo ha fatto parte, con
un ruolo di preminente responsabilità, della famiglia mafiosa
di Altofonte ch e rien trava nel suddetto manda mento.
Entrambi i collaboratori sono stati escussi all’udienza del 7
giugno 2005 ed hanno reso dichiar azioni del tutto convergenti tra loro e pienamente confermative della suddetta tes i.
Il La Barbera, in pa rticolare, rif eriva di avere
conosciuto la
società STRADEDIL s.r.l. dell’Aiello perché, tra il 199 2 ed il
1993, questa aveva iniziato dei lavori per realizz are una
stradella interpoderale in territorio di Altofonte, nei pressi
della cava Buttitta.
Poiché i mezzi dell’impresa erano già arrivati in cantiere senza che a lui fosse stata comunica ta la chiusura della “messa
a posto”, il L a Barber a aveva chiesto notizie a Salvatore Buttitta, il titolare della vicina cava, che era persona vicina a lla
famiglia mafiosa di Al tofonte.
Il Buttitta, in prima batt uta, gli aveva detto che il titolare
della STRADEDIL era “una persona... molto vicina, disponibile” ma egli non si era acquietato.
Anzi “siccome c ome sempre quando arriva nella zona nostra
un’impresa senza essere raccomandata, la prima cosa che si
fa, si fa danno a qualche mezzo o addirittura mandarli via in
certe situazioni, mentre lì non è successo assolutamente”,
si
era rivolto prima a Gi ovanni Brusca, capo del suo mand amento, e poi anche a Leoluca Bag arella che in quel moment o
erano ent rambi latitanti proprio nella zona di Altofonte.
Secondo il collaboratore, il Brusca “…mi ha detto di non fare
niente, nel senso quando dico di non fare niente, non fare i
danni ai mezzi, perché g li ho detto, pure: “guarda che lasciano
i mezzi”, è come quando un’impresa è raccomandata e quindi
lascia i mezzi tranquillamente fuori... senza custodia, senza
328
guardiano insomma, li lasciava lì tranquillamente e BRUSCA
prendeva tempo, mi ha detto: “no, niente, falli lavorare senza...
che poi se ne parla, tanto il lavoro è lungo, quindi più in là si
vedrà”. Con BAGARELL A la stessa cosa, siccome vedevo che
continuavano a lavorare senza problemi e... mi ricordo che ne
ho parlato pure con BAGAREL LA di questa cosa e mi ha detto:
“va be’, se ti ha detto... insomma falli lavorare per ora, - dice –
poi... poi se ne parlerà”.
Con grande sorpr esa del La Barbera, dunque, sia il Brusca
che
il
B agarella
gl i
avevano
personalmente
detto
che
l’impresa del l’Aiel lo po teva tranq uillamente lavor are nel territorio d i Alt ofonte, an che lasciando i mezzi in cantiere (come
facevano solo le imprese raccomandate), senza che dovessero
essere fatte int imidazi oni né richieste di somme di denaro a
titolo di “messa a po sto”.
Cosa che aveva mol to sorp reso il collaboratore, il quale ricordava come, propri o in quello stesso torno di tempo, ad un
imprendit ore di Belmonte Mezzagno che aveva un impianto di
calcestruzzo erano st ati fatti “miliardi di lire di danni” per un
mancato p agamen to.
Il La Bar bera co ncludeva rif erendo di non aver mai ricevuto
alcun p agamen to per la realizzazione della str ada realizz ata
dall’Aiel lo vicino al la cava Buttitta.
Altrettan to specifici ed individualizzanti appa iono, poi, i riscontri contenuti nel la deposizione di Giovanni Brusca.
Questi riferiva, invero, di avere ricevuto, tra il 1989 ed il
1992, una serie di "pizzini” provenienti da Bernardo Provenzano, attraverso i qu ali questi gli aveva fatto alcune “r accomandazion i” per lavori che Miche le Aiello doveva eseguire
proprio n ella z ona di Altof onte.
Ancora con maggi ore precisione rispetto al tema oggetto della
presente anal isi, a detta del Brusca si trattava di raccoma ndazioni p er la realizza zione di due o tre stra de interpoderali,
una delle quali era v icina alla ca va Buttitta di Altofonte.
329
Seguendo te stualm ente il racconto del Brusca, in uno di detti
“pizzini”, il Provenz ano “…mi diceva in linea di massima di rispettarlo, di trattarlo come se fosse la sua stessa persona e
che... c on u n certo riguardo, tanto è vero che io mi ricordi non
gli abbiamo chiesto niente di particolare, ci ha fatto arrivare
solo la messa a posto e credo che sia stato un po’ libero poi di
fare quello che voleva”.
Il signif icato di tal e dich iarazione d el Brusca è estremamente
chiaro ed i nequivoco e, p er altro verso, costituisce un el emento di riscontro della suddetta tesi accusatoria talmente
concreto ed individualizzante da non necessita re di alcun ulteriore commento.
Basti solo sot tolineare come il ver tice assoluto di “cosa nostra”, Bernardo Provenza no, si era rivolto diret tamente al capo mandamento di San Giuseppe Jato, Giovanni Brusca,
in-
viandogli un “pizzi no” nel quale gli aveva chiesto di trattare
Michele A iello come se fosse stata “ la sua stessa persona”.
E ciò prop rio in relazione alla realizzazione di una delle strade
interpoderali
rea lizzate,
tra
il
1989
ed
il
1992,
dall’impu tato in territorio di Altofonte.
Analizzan do le dichi arazioni del Brusca si comprende, poi,
come la raccomandazione del Provenzano consistesse nella
richiesta di non vessare l’Aiello con ulteriori richieste oltre il
pagamento della “messa a posto”.
Come si è detto, infatti, di regola gli imprenditori, oltre al
pagamento del pizzo, erano costretti a rivolgersi a determinati fornito ri ovvero a no leggia re i m ezzi tecnici da ditte vicine
e/o appar tenenti agli uomini d’onor e della f amigli a del l uogo.
L’Aiello, secondo la richiesta personale del Prove nzano, avrebbe d ovuto sì pagare la “messa a posto” ma non d oveva
essere ulteriormente disturbato o infastidito, esattamente
come se si fosse trattato “della sua stessa persona”.
Si tratta, evidentem ente, di un trattamento speciale di cui
normalmen te n essun imprenditor e -vittima usufruisce, tan330
tomeno per diretta e personale intercessione del Provenz ano
stesso.
Ed invero, il Brusca, al la domanda se il Provenz ano fosse s olito raccomandare imprese in quella zona, r ispondeva:
“P.M.: ...PROVENZANO avrà parlato con lei di una serie di affari che riguardavano il suo territorio... ..percentualmente era
frequ ente che raccomandasse qualcuno?
BRUSCA G.:no.
…
BRUSCA G.: Signo r Pre sidente, “trattalo bene”, cioè non... purtroppo nel gergo nostro non c’era bisogno di fare un, chiedo
scusa, un... un romanzo, c ’erano tre parole, quattro parole,
“trattalo bene, come se fosse una cosa mia”, e già io capivo
tutto.
PRESIDENT E:
e
quindi
gli
altri
raccomandati
da
PROVENZANO..... erano così?
BRUSCA G.: no, no, no, mai, mai...
manco... neanche con la
sua mi diceva una cosa del genere, neanche con quella di...
l’impresa
di...
di...
quando
gli
ho
fatto
fare
l’impresa...
l’associazione con VINCENZO GE... GERACI SALVATOR E con
GIAMMANCO VINCENZO, per la messa a posto se la vedeva lui.
Dunque, il Prove nzano non aveva mai rivolt o al Brusca una
siffatta raccomandazi one, nemmeno quando si era trattato di
imprese d irettamente appartenenti a lui.
In conclusione, anali zzando analiticamente ed in modo incrociato le autonom e e convergenti dichiarazioni dei collabor atori di giustizia Br usca e La Barb er a si ricava una eclatante
conferma della suddetta tesi accusatoria che, già sotto il profilo logico
e della aderenza a lle regole int erne del sodalizio
mafioso, appariva l’u nica p lausib ile.
Il “pizzino” che Salvator e Riina portava addosso al momento
del suo arr esto, al lora, conteneva una “raccomandazione” rivoltagli affinc hé tutelasse l’imputato Michele Aiello che in
quel preciso momento storico stava eseguendo i lavori della
331
strada Ren a-San Ci ro in agro di Altofonte (vicino la cava Buttitta).
Esattamen te all a stessa stregua di quanto già avvenuto per
altre raccom andazi oni direttamente e personalmente fa tte da
Provenzano al Brusca sempr e per lavori in territor io di Altofonte.
Per la s uddetta strada interpoderale, infine, la raccomandazione aveva assai v erosimilment e sortito gli effetti sperati,
posto che, almeno i n base alle conoscenze d el La Bar bera,
per tale lavoro non era stata pa gata nemmeno la stessa
“messa a posto”.
Tale circostan za, p eraltro, è stata ammessa dallo stesso Aiello, il quale, dopo avere af fermato di aver paga to il pizzo per
le altre strade eseg uite ad Altofonte nel 1989, ha riferito di
non aver p agato alcunché per la strada Rena-San Ciro, ovviamente p erché no n aveva ricevuto alcuna richiesta in tal
senso.
Il secondo g ruppo di “pizzini” cui si è fatto cenno nella sopra
richiamata elencazione ri guarda alcuni biglietti consegnati, a
metà degli anni ’90,
a l Colonnello Michele Riccio da Luigi I-
lardo, all’epoca influ ente membro della fa miglia mafiosa di
Caltanissetta.
Si tratta d i una pa rte della corr ispondenza epistolare che
l’Ilardo intratteneva in quegli anni con Bernardo Provenzano
ed, in particolar e, anch e di diversi “pizzini” da questi inviatigli.
L’Ilardo, infatti, era molto vicino al Provenzano e con questi
discuteva , a mezzo dei “piz zini”, delle principali vicende che
riguardavano il contesto territoriale nisseno.
Al contempo, tuttavi a, l’Ilar do aveva avviato un rapporto di
natura confidenziale, su base st rettamente personale, con il
Colonnell o Michel e Riccio, all’epoca in servizio presso il
R.O.S. dei Carabinier i.
332
Come ch iarito dall o stesso Riccio nel corso della sua de posizione, tale rapp orto confi denzia le era via via divenuto sempre
più intenso, al punto che l’I lardo non solo gli aveva cons egnato div ersi “p izzini ” provenienti dal latitante Provenza no
ma gli aveva anche fornit o l’opportunità di giungere alla cattura di quest’ultimo.
Tale pro getto investigativo finalizzato alla cattur a del Provenzano era, tut tavia, falli to per cause indipendenti dalla volontà dell ’Ilard o e del Ricci o, ma il percorso verso l’a vvio della
collaborazione di que st’ultimo non si era ar restato.
Anzi, qualche gior no pr ima del 1 0 maggio 1996, l’Ila rdo aveva
deciso di formalizzare un r apport o di vera e propria collab orazione
con l’Auto rità giudiziar ia ed aveva sinanco incontra-
to dei Pubbli ci Ministeri della loc ale Direzio ne Distre ttuale
Antimafia prean nuncia ndo loro la sua decisione.
Tuttavia, p rima che ciò accadesse, proprio il 10.5.96, Luigi
Ilardo veniva ucciso in circostanze assai strane e con una
successio ne tem porale veram ente inquietante.
La vice nda person ale di L uigi Ila rdo, lo sviluppo dei suoi
rapporti con il Colonnello Riccio e il contenuto dei biglietti
provenien ti
dal
Pro venzano,
oltre
all’istruzione
svolta
nell’ambi to del presente processo, sono stati oggetto anche
della sentenza defi nitiva a carico di Simone Castello (Tribunale di Palermo 2.3.2002), acquisita al fascicolo del dibattimento su iniz iativa del P.M. ed alla quale si rimanda per una
maggiore comprensione di tale complessa vicenda.
Venendo allo specifico aspetto che ci occupa, va detto che
nell’ambi to d i qu esto processo sono stati prodotti dal P.M.
alcuni appun ti dattiloscritti consegnati dall’Ilardo al Colonnello Riccio (documenti da 40 a 50 del relativo elenco), ed in
particolare ve ne è uno consegnato da Simone Castello a tale
Carmelo B arbier i nel settembre del 1994.
A tale appunto risul ta allegato un biglietto del seguente testo:
333
“Ditta Aiello: deve fare lavoro
strada interpoderale a Bubudello
Lago di Pergusa ENNA
Ditta Aiello deve fare lavoro
strada interpoderale al Bivio
Catena Piazza Armerina”
Prima ancora di entr are nel merito delle inda gini svolte su
tale biglietti no, va segnalat a l’im portanza del collocamento
temporale d i tale documento che, come si è detto, risale al
mese di settembre del 1994, cir costanza che influirà non poco sulle valutazioni che seguiranno.
Dall’esam e della struttura lessica le del documento si ricava
che anche in questo caso ricorre la “ditta Aiello” che però,
stavolta, “doveva” fare due strad e interpoderali rispettiva mente in territorio di Pergusa-Enna e di Piazza Armerina .
Come nel caso prece dente, nonosta nte l’apparente se mplicità
dell’accertamen to, le ind agini eseguite nelle immediatezze dei
fatti sul cont enuto del biglietto non avevano port ato a d alcun
risultato
concreto
né
in
ordine
alla
individuaz ione
dell’impr enditore né delle opere indicate.
Solo nell’ambito della presente indagine ed a distanza di parecchi anni sono state svolte approfondite verif iche che hanno dato esiti p ositivi.
Ed invero, come hanno riferito il Capitano Giovanni Sozzo ed
il Maggiore Mich ele Miu lli la strada interpod erale denominata
Bubudello , presso il lag o di Pergusa in provincia di Enna, era
stata pr ogettata da tale Filipp o Spagnolo e realizzata per co nto
dell ’assoc iazione
interpoderale
“Bubudello/Barrafra nca”
dall’impr esa edile st radale Testa Nicolò, con sede a Bagheria.
Si tratta di un ex di pendent e di Michele Aiello, il quale, sentito in vest e di imputato di reato connesso, si è avvalso della
facoltà di non rispondere quando è stato citato dal P.M. mentre quan do è stato citato dalla difesa di Aiello ha risposto a
tutte le domand e.
334
Per quanto attiene alla strada inter poderale nei pressi del bivio Catena di Piazza Armerina, la stessa è stata individuata
nella strada denominata “Albana Est” che risultava a nch’essa
progettata da Fi lippo S pagnolo, il quale avev a anche svolt o il
ruolo di direttore dei lavori.
Su tale complessa vicenda hanno reso dichiarazioni i geom etri Anton ino Puleo e Gaetano Cusimano, il geometra Filippo
Spagnolo, l’imprendi tore Nicolò Testa e lo stesso im putato
Michele Aiello, cioè tutti i protagonisti principali delle varie
fasi di progettazio ne, f inanziamento e realizzaz ione di d ette
due strad e interpoderali.
Attraverso l’esame congiunto di tali deposizioni è possibile
pervenire ad al cune conclusioni d el tutte certe, in quanto
non smentite da alcuno dei dichiar anti e corroborate da dati
documentali.
In primo luogo, la pr ogetta zione delle due strade in esame,
almeno nella fase iniziale, può ritenersi riferib ile al solo g eometra Spagnolo, il quale, nel 1986, aveva ricevuto incarico
in tal se nso dalle ri spettive asso ciazioni interpoderali.
Lo Spagn olo, quindi , si era r ivolto a Michele Aiello e, dopo
avergli ch iesto un successivo sup porto tecnico integrativo da
parte del Puleo e del Cusimano, gli aveva assicurato che, in
caso di ottenimento del finanzia mento delle stra de,
avrebbe
affidato all a sua impresa (la Stradedil s.r.l.) l’esecuzione dei
lavori.
Entrambe le strade i n questione venivano, pertanto, inserite
nell’elen co di 1056 progetti elabora to, aggiornato e conservato dal geometra Puleo, al quale era stato poi sequestrato nel
corso delle perquisizio ni conseguenti agli ar resti degli imp utati.
Lo
stesso
Puleo ammetteva
di a vere inserito tali
strade
nell’elen co dell’ingegnere Aiello proprio perché aveva collaborato con lo Spag nolo all’aggiorna mento d ei pr ogetti in un
momento successivo a quello della loro prima presentazione.
335
Per altri impegni nel fratt empo assunti dallo Spagnolo, tut tavia, l’ esecuz ione delle due strad e non era stat a più aff idata
all’Aiello ma ad altre imprese, una delle quali era quella di
Nicolò Test a, indi viduato grazie a ll’interessamento del Pule o
che lo conosceva in quanto ex dipe ndente dell’Aiello.
Tali circostanze costituiscono i punti fermi emersi su tale argomento a seguito d ella disamina delle sopra richiamate deposizioni ch e vanno necessariamente sfrondate da tutta una
serie di consideraz ioni errone e e di contraddizioni intrins eche che ne hann o caratterizzato l’a cquisizione.
In particolare, non risu lta chiaro il reale motivo pe r il quale
lo Spagno lo, dopo avere assicurat o all’Aiello l’incarico della
realizzaz ione dell e due strade, abbia poi cambia to idea per
asseriti “prece denti impegni” con altre ditte.
Ed allo stesso modo non appare coerente con ta le ricostruzione l’affidamento dell’inca rico de lla realiz zazione di una di
dette strade a Nicolò Testa, con il q uale lo Spagnolo non aveva di certo assunto a lcun precedente impegno e che, peraltro,
era stato individuato tramite il Puleo nonostante q uesti fosse
perfettamente a conoscenza dei pessimi rapporti che intercorrevano tra l’Aiello ed il medesimo Testa, suo ex dipendente.
Tuttavia, ciò che appare significativo sottolineare agli specifici fini della presente disamina, è che lo Spagnolo si era occupato della proget tazione iniziale di entrambi i progetti già
nel 1986
e che, successivamente ma sicuramente prima
dell’ottenimento del fin anziamento (1996), aveva preannunciato all’Aiell o che, in caso di esito positivo delle pra tiche, i
lavori sarebber o stati affidati alla s ua impresa.
Proprio per q uesta ra gione lo Spagnolo aveva ottenuto l’aiuto
dei geometri di Ai ello (Pu leo e Cusimano), i quali avevano aggiornato entra mbi i progetti ed i relativi d ati va loriali e, conseguentem ente, li avevano anche inseriti nell’elenco delle
1056 stra de (po i sequ estrato dalla P.G.) da loro progettate.
336
Dunque, può ritenersi dimostrato che, certamente per un
certo lasso di tem po tra il 1986 ed il 1996, l’ Aiello era stato
interessato a lla progett azione ed alla futur a rea lizzaz ione
delle du e strade interpoderali richiamate nel “pizzino” in esame.
Interessamento riconosciuto da tutti i protagonisti della vicenda e con fermato documentalme nte dall’elenco di progetti
dianzi
r ichiamato
e
rinvenuto
nella
disponibilità
dell’impu tato presso l’ufficio tecnico.
Anche lo stesso imputato Aiello nel corso del suo esame e,
precisamente all’udienza del 21 febbraio 2006, conferm ava
tale interessamento dicendo test ua lmente: “Dovevamo realizzarle (le strade in questione , n.d. e.), ma non sono state più
realizzate…. mi hanno presentato ed ha collaborato con me, il
geometra Spagnuolo Filippo. Questo l’ho conosciuto intorno al
’93, parliamo, successivamente lui ha cominciato a bazzicare
all’interno del mio studio … Mi aveva proposto intorno al ’95,
non mi ricordo la data precisa, se c’era la disponibilità da parte mia di eseguire due strade interpoderali che gli erano state
finanziate una in agro di Piazza Armerina, e una in agro di Enna, e che voleva che intervenissi io come impresa per la realizzazione….. il geometra Spagnuolo Filippo è ritornato da me e
mi ha detto che il presidente dell’associazione aveva preso già
impegni con un’impresa locale per realizzare l’opera…. Ho saputo successivamente però … che una delle due strade le ha
realizzate il signor Testa Nicola, una delle due; un’altra non so
chi l’abbia realizzata. Li dovevo realizzare io, ma non li ho mai
realizzate”.
Ma
in
assoluto
l ’affer mazione
più
significa tiva
fat ta
dall’Aiel lo riguard a la segnalaz ione che questi ha ammesso di
aver fatto al C astronovo Carlo per ottenere l’ autorizzazione
preventi va di “co sa nost ra” alla esecuzione d ei due lavori in
esame.
337
Come chiari to dallo stesso imputato: “ho segnalato l’opera
…al signor Castronovo ho dato il bigliettino per quanto riguarda la messa a posto, aspettavo l’ok … prima di portare i mezzi
là”.
Dunque, l’Aiel lo aveva segnalato a ll’organizzazione mafiosa,
per il tramite del Ca stronovo, la sua intenzione di eseguire
entrambi i lav ori a Pergusa e Piazz a Armerina ed aveva anche
ottenuto la chiesta a utorizzazione che, però, questa volta aveva successivam ente dovuto disd ire a causa del comport amento d ello Spagn olo: “Si, erano ritornati a dirmi, ma ho detto
che non c ’andavo più a lavorare”.
L’esame di ta li elementi di fatto e la collocazione cronologica
degli avvenimenti , pertanto, chia riscono in modo univoco e
palese il contenuto del “p izzino” r edatto dal Proven zano nel
mese di settembre del 1994 e, successivamente, consegnato
nel 1995 dall’Ilardo al Riccio.
Ed invero, poic hé Michele Aiello aveva chiesto a “cosa nostra”
l’autoriz zazion e a realizzare proprio quelle due strade, appare
logico
e
conseguen te
che,
nel
settembr e
del
1994,
l’organizzazion e ritenesse di collegare tali lavori alla persona
dell’odierno imputato .
Vale la pena di evid enziar e, infatti, come, a detta di tutti gli
interessati, solo nel 199 6 l’Aiello a veva dovuto r inunciare a d
eseguire le due strad e in e same.
Nel settembre del 1994, dunque, p er “cosa nostra” le strade
in question e doveva no esser e realizzate dall’ Aiello che ne aveva dato formale e preventiva comunicazione alla famiglia
mafiosa di B agheria per il tramit e, a suo dir e, di Carlo Castronovo.
Ed altrettanto logico e conseguente appare il fatto che Bernardo Proven zano, autore del “pizzino” in esame, comunicasse tali lavori ai responsabili m afiosi territ orialmente competenti sul le zon e interessat e (Per gusa e Piazz a Armerina), tra i
338
quali deve, per l’appunto, includer si anche Luigi Ilardo, col
quale il Proven zano i ntratt eneva già un rapporto epistolare.
Ancora una volta, du nque, em ergono alcuni da ti obiettivi estremamen te rilevanti allo scop o di comprendere il sig nificato
del “pizz ino” in esam e.
In primo l uogo v a segnalato il per sonale e d iretto inter vento
di Bern ardo Proven zano per una banale ed ordinaria “messa
a posto”, affare di cu i solitament e questi, in virtù del suo
ruolo v erticistico, non si occupava a meno che non vi fossero
(come in questo caso) ragioni particolari di attenzione.
Tale circostanza co nferma ap pieno il contenuto della chiamata di correo del Giuffr è, il quale ha per l’appunto descritto lo
speciale percorso co municativo relativo propr io alle “messe a
posto” di Mich ele A iello ed ha rifer ito del personale intervento del Provenzano in detto percor so, a differ enza degli altr i
casi.
Anzi, proprio il “pizzino ” in esame costituisce la prova documentale ed individualizz ante della esattezza e della cr edibilità della chiamata del Giuffrè su tale specifico punto che, come detto, rileva an che ai fini della valutazione del ruolo di
correo e non di vitti ma ricoperto dall’imputato.
E ciò in quanto il “pizzino ” in questione proviene con sicurezza dal Provenz ano e dimostra il suo personale interessamento
per le st rade che “do veva” fare l’Aiello.
Altro dato di sicur o rilievo è, poi, quello della natura di detta
segnalazi one proveniente addirittura dal Provenza no in persona.
Appare, infatti, estr emamente probabile che anche detto documento avesse, come per il primo, la natura di una “raccomandazion e” dell’i mpresa dell’imputato alla famiglia mafiosa
locale, proveni ente d al Provenzano in persona.
Si tratta, invero, di un intervento del tutto analogo a quello
riferito d a Giovanni Br usca in relazione alla strad ella realizzata dall’Aiell o all’i nizio del 19 93 in territorio di Altofonte e
339
di cui vi è indicaz ione nel “pizzino” sequestr ato a Salva tore
Riina.
In entrambi i c asi la particolare natura della segnalazione
non è frut to di una elab orazione so ggettiva e parziale dei dati
processuali ma costituisce l’unica chiave di lettura dei fatti
plausibile e logicamente compatibile.
Il Riina nel primo caso, così come il Provenza no nel secondo
caso, in virtù dei ri spettivi ruoli verticistici ricoperti non si
occupavano personalmente di “messe a posto”.
Come si è detto, il loro inter vento poteva essere richiesto nel
caso dell’inso rgere di par ticolari problemi in grado di comportare
la
necessi tà
di
un
componimento
ovv ero
dell’autorizzaz ione a compiere azioni violente di ritorsione
nei confronti d i talune imprese.
L’intervento personale di uno dei suddetti capi storici di “cosa nostra” al fine di segnalar e una data impresa per un lavoro da esegui re in un determinato contesto territoriale non
può che avere, dun que, il significa to di una “r accoma ndazione” dell’i mprenditore, p er il quale viene sollecitato un trattamento di riguardo rispetto agli standard oper ativi consueti
(ad es. i l rico noscimento d i uno sc onto o di una dilazione nel
pagamento
ovvero
la
non
imposizione
di
ditt e
sub-
appaltatrici e fornit rici di mezzi e materie p rime etc. etc.).
Per precisione, comu nque, va detto che la natura di raccomandazion e di tale secondo “pizzino” si desume logicamente
sulla scorta del superiore ragionamento connesso a dati di
fatto proc essual i ed alle regole dell’organizzazione ma non è
corroborata da uno specific o riscontro com e nel nel pr imo
caso, dove, a fronte del documento, hanno deposto il La Barbera e, soprattutto, il Brusca, i quali hanno riferito propr io
delle vicende r elative alla strad a in questione .
Nel
caso
in
esame,
dunque,
appare
certo
e
dimostrato
l’interessamento per sonale del Provenzano, esatta mente come
riferito da Ant onino Giuffrè.
340
Appare, inoltre, estremamente probabile la natura di raccomandazion e del “pizzino” in esame, pure in mancanza di un
ulteriore riscontro individualizzante.
Anche in questo secon do caso, comunque, l’analisi delle emergenze processuali induce a ritenere documentalmente riscontrata la ricost ruzion e fornita dal collaboratore Giuffrè e,
di converso, smentita la te si dell’Aiello.
Il terzo ed i l quarto gr uppo di bigliettini sono rispettivamente
quelli rinvenuti e sequestrati il 16 aprile 2002 ed il 4 dicembre 2002 a seguito dell’arr esto di Antonino Giuffrè p rima e
della su a deci sione di collabora re con l’autorità giudiziaria
poi.
Come riferit o dal Tenente Salvator e Muratore e, sopr attutto,
dal Capi tano Sozzo, all’atto dell’arr esto del latitante Antonino
Giuffrè veniva rinvenuta e sequestrata una copiosa documentazione e pistol are.
Addosso alla persona del Giuffrè e nel casolare dove questi si
nascondeva venivan o sequestrati 7 3 documenti scritti sia a
mano che median te l’u so di una ma cchina da scriv ere.
Tali documenti venivano, pertanto, catalogati per gruppi omogenei e sottoposti ad un attentissimo screening sia sotto il
profilo formale che c ontenutistico.
A parte le indagini tecni che svolte dal R.I.S. di Messina e dal
R.A.C.I.S . di Roma, gl i accertam enti sulle cara tteristiche
formali dei d ocumenti consentivano di individuare numer osi
“pizzini” omoge nei per str uttura zione dell’involucro e delle
pieghe, modali tà di indicazione dei destinatari, utilizzo di
scotch ai bordi, suddivi sione d el contenuto in par agrafi, ricorso a formule di saluto ed incipit assolutamente identiche
tra loro etc. etc..
Sotto il profil o strettamente contenutistico, invece, er a possibile accer tare che si tra ttava di una vera e propria corrispondenza (di cui ovviamente vi era solo la posta in arrivo)
tra il Giuffrè ed un unico soggetto, posto che i “pizzini” ripor341
tavano i medesimi argo menti e sem pre con formule e tecnic he
di scrittur a (ad es. l’elisione delle vocali interne ai nomi propri) del tutto identi che.
La nott e del 4 dicembre 2002, inoltre, veniva rinvenuta e sequestrata altra copiosa documentazione a seguito di una pr ecisa indicazione del Giuf frè, che nel frattem po aveva iniziato
a collaborare con la giustizia.
Quest’ultimo aveva, in fatti, riferito di avere conservato un
vero e pro prio archivio della corrispondenza intrattenuta col
Provenzano in un mag azzino ubicato dietro il casolare degli
Umina in contrada S. Maria di Vica ri dove egli a veva trascor so buona parte della più recente lat itanza.
Effettivamente, pr oprio come indicato dal Giuffr è, in un barattolo occultato in una ca tasta di tegole all’interno del magazzino di cui sopra venivano rinvenuti 68 documenti, tra cui
ben 31 l ettere dattil oscritte e sped ite al Giuffrè da Ber nardo
Provenzano.
Le altre lettere erano relative ad a naloghi car teggi con altri
esponenti di vertice dell’organizzazione quali Salvatore Rinella, capo dell a famigli a di Trabia all’epoca latitante, e R osolino Rizzo , capo della famiglia d i Cerda, come chiarito dalle
indagini d el R.I.S. e del R eparto Anticrimine e confer mato da l
raffronto con altri docu menti sequestrati all’ atto dell’arresto
del Rinel la.
Le 31 lettere dattiloscritte presentavano i medesimi caratteri
formali (modalità di pi egatur a, imp acchettamento, utilizz o di
scotch ai bordi, caratteristica indicazione dei destinatari etc.)
e contenutist ici delle 6 sequestrate al momento dell’arr esto
del Giuffrè.
Anzi, i prof ili di ana logia er ano così evidenti e numerosi da
far riten ere agli inqu irenti che si tr attasse, in tut ti e 37 i casi, di documenti formati da un’unica mano, quella appunto di
Bernardo Proven zano, così come riferito spontaneamente dal
Giuffrè.
342
Tale conclusione, ovviamente, non era frutto di mere deduzioni degli i nvesti gatori ma di ap profonditi accert amenti di
natura tecn ica, anche attra verso sofisticati strum enti, e di
analisi incrociate del cont enuto dei documenti in base a cr iteri logici ed obietti vi.
In forza di tali an alisi ed accerta menti tecnici, dunque, er a
ed è possibile
individuare un gruppo omogeneo (che i cara-
binieri avevano contraddistinto con la letter a A) di 37 “piz zini” che vanno sen za alcun dubbio attribuiti a Bernardo Pr ovenzano, il quale le aveva scritte ed inviate, attra verso il descritto compl esso sistem a di postini e f iancheggiator i, a d Antonino Giuffrè tra il marzo 2001 e l’aprile 2002.
A titolo di esempio, il capitano Sozzo riferiva uno degli elementi caratterizza nti, sotto il profilo squisitamente contenutistico, che avevano co nsentito di individuar e nel Provenzano
l’autore di detti doc umenti.
In un “pizzino”, invero, l’autore aveva inserit o un dato per
così
dire
autobiogr afico,
allorquando
faceva
r iferimento
all’arres to del Ben edetto Sper a (avvenuto il 30.1.2001 ) ed al
sequestro di documentazione che er a destinata proprio a lui.
In effetti, si trattava di bigliettini destinati proprio al Provenzano e di cui qu esti evi dentemente attendeva l’invio da parte
dello Spera.
Inoltre, ad ulteriore conferma della certa riconducibilit à al
Provenzano
di
detti
documenti
dattiloscritti,
dell’istruttoria dibattimentale venivano
nel
corso
sentiti i m arescialli
D’Agnelli e Palom bo, in f orza al R.A.C.I.S. di Roma, i quali
avevano personalmente proced uto a gli accertam enti di natura
tecnica.
Ed inoltre, venivano acquisite, sul consenso delle parti, le r elazioni di s ervizio in data 17 ottobre 2002, 15 gennaio 2003,
3 febbraio 2003 e 21 marzo 2003, nelle quali sono sta ti formalizzati i relativi esi ti, nonché le due pregresse rela zioni in
343
data 21 aprile 199 8 e 23 novembre 1996, anch’esse utilizzate
nell’ambi to dei nuovi accertamenti.
Attraverso l’esame di tutti questi e lementi di p rova si ha un
pieno riscontro a quanto riferito dal collaborator e Giuffrè, il
quale, senza alcuna esitazione, aveva attribuito tali “pizzi ni”
al Proven zano.
Del
resto,
come
giustamente
evidenziato
dal
P.M.,
l’attribu zione delle suddette let ter e dattiloscritte al Provenzano è già st ata affermat a da diverse sentenze passate in
giudicato, qu ali la sentenza del G.U.P. presso quest o Tribunale in data 2 7 febbraio 2 004 contro Balsamo Santi ed altri,
la senten za del T ribuna le di Palermo in data 11 novembre
2006 con tro G eraci Salvat ore e altr i e la sentenza del G.U.P.
presso questo Trib unale in data 12 dicembre 2003 contr o Alfano Vito e altri (v. doc. 12, 13, 16, 17,18 e 19).
Si tratta, pertanto, di una circosta nza oram ai consacrata in
un defin itivo e plur imo accertamento giuris dizionale, che non
lascia sp azio ad ulteriori dubbi.
Tra i suddetti documenti omogenei (c.d. gruppo A) va segnalata la presenza di un “pizzino” nel quale si legge un esplicito
riferimen to al nome “Aiel lo” in rela zione alla “messa a posto”
di un lavoro nella zo na di Caccamo.
Si tratta dell a lettera , datata 25 aprile 2001 e contr assegnata
come documento “A.10” (allegata a gli atti, doc. n. 6), ove si
legge, tr a l’altro:
“Senti, assieme al tuo presente ti mando ventuno ml saldo per
strade Aiello tuo paese.
Dammi conferma che li ricevi”.
Il collaboratore Giu ffrè, sentito sul punto, in primo luogo
confermava che la lettera gli era stata inviata da Berna rdo
Provenzano ed aggiung eva che alla stessa era allegata la
somma in contan ti di 21 mil ioni d i lire, che il P rovenz ano gli
aveva mandato a titol o di “messa a posto” pagata dall’Aiello.
344
In base ai suoi ri cordi si tr attava della st rada interpoderale
realizzat a in territor io di Caccam o, contra da Manchi, alla
quale erano in teressati anche i fratelli Miche le e Giuseppe
Muscia.
Anche in relaz ione a tale documento ed alle dichiarazioni del
Giuffrè il capi tano Sozz o riferiva sulle indagini e sulle attiv ità di riscontro effettuate.
In primo luogo, precisava che il des tinatario della miss iva era
proprio il Giu ffrè, indicato solita mente da l Prov enzano con
l’acronim o “N.N.” (Nino) , e che si trattava di lavor i eseguiti
nella zona di Caccamo (“strade Aiello tuo paese”) essendo
Caccamo notoriamente il paese del Giuffrè.
Le indagini presso il co mpetente assessorato, inoltre, si erano concentrate sulle strade interpoderali c he, proprio nello
stesso periodo della letter a (25.4.2 001), le imprese di Aiello
avevano eseg uito in territorio di Caccamo, compresa quella in
contrada Manchi.
A tale pr oposit o emergeva un dato obiettivo che, peralt ro, veniva confer mato dal la stessa d ocumentazione prodotta dalla
difesa dell’imputato ed, in particolare, dagli elenchi delle
strade realizzate.
Il 9 novembre 2000, infatti, erano s tate collauda te due strade
interpode rali denominate Cordaro – Manchi e
Angiletto –
Manchi.
Da tale circostan za obiettiva possono trarsi due importanti
elementi di riscontro alle dichiar azioni del c ollaboratore.
In primo luogo, i fratel li Muscia non solo venivano compiutamente i ndivid uati ( come si è già avuto modo di dire in precedenza) ma si accertava che gli stessi erano stati eff ettiva mente interessati alla realiz zazione proprio delle strade in
contrada Manchi.
In seco ndo l uogo, l’epo ca d el colla udo appare perfettamente
compatibile con il ve rsamento della somma d i 21 milioni di
lire a titolo di “messa a posto”, atteso che il pagame nto nor345
malmente
avven iva al momento del saldo da par te del com-
petente assesso rato ( cioè dopo il collaudo).
Considerando i tempi tecnici e q uelli legati alle co mplesse
modalità di trasmissione del denar o attraverso il Provenzano
e mediante pi ù passa ggi di mano, la data del 25 aprile 2001
per la consegna dell a “mes sa a posto” al Giuffrè appar e perfettament e in l inea con qua nto emerso dalle indagini.
Ancora una volta, dunque, le indicazioni de l Giuff rè hanno
trovato ampi riscontri si a nei documenti rinvenuti che nelle
indagini svilup pate dai Carabinieri.
Inoltre, il documento in esame conferma in modo specifico
l’affermazione del collaboratore cir ca il personale interessamento del Provenzan o anche nella fase del pass aggio del denaro frutto delle “messe a p osto”.
La messe dei riscon tri rinvenuti, peraltro, attiene anche ad
un ulterio re manoscritto sequestrato al Giuf frè sempre il 4
dicembre 2002 (n.6 elenco atti irripetibili), nel quale è scritto:
1°. C/DA SCALA
2°. C/DA MARCA TOGLIASTRO
AGRO DI S.MAURO CASTELVERDE (PA)
Secondo il Gi uffrè tale documento era un appunto redatto per
lui da alcuni membri della famiglia mafiosa di San Mauro
Castelver de, i qua li
sollecitava no un suo intervento per la
“messa a posto” di altre due strade interpoderali che le imprese di Ai ello stavano eseguendo (o avevano appena eseguito) nel territori o del lo ro Comune, e, precisa mente, una in
contrada Scala e una in contrada Marcatogliastro.
Il Giuffrè era, pertanto, intervenuto seguendo il suddetto circuito appositamen te predisposto da l Provenzano ed aveva f atto aver e al la famiglia di S. Mauro Castelverde le “messe a posto” versate dall’Aiello.
Anche in questo caso le indagini riferite dal Maggiore Miulli
hanno ri scontrato l’assunto del collaborator e ed il contenuto
346
del documento i n esam e.
Le due strade venivano identificate in quelle denominate
“San Giuseppe” in cont rada Case Scala e “Case Tiberio, Pia no
del Ventr e”, Fiume Poll ina Mar catogliastro, ed era no state effettivamente realizzate dalle imprese di Michele Aiello in quel
preciso t orno di temp o.
In conclusione di t ale argomento va, inoltre, sottolineato c ome anche entram be tali strade figurino negli elenchi sequestrati all’impu tato e depositati a gli atti dalla sua difesa .
Le vice nde r elative ai sopr a descritt i docum enti sequestrati al
Giuffrè in occasione del suo arresto e dell’avvio della sua collaborazione, a ben ved ere, non assumono valenza esclusivamente p er la loro funzione di r iscontro alle dichiarazioni del
collaborante.
Esse, an zi, nell’eco nomia del presente ragionamento probatorio forni scono a nche a ltri contributi di chiarimento del complessivo quadro delle risultanze.
In primo luog o appare oltremod o significativo sottolineare
come si tratti di elementi di natur a documentale provenienti
dal Provenzano che danno ampia conferma del per sonale e
diretto interessamento del vertice assoluto di “cosa nostra”
nel perco rso fi nalizzato alla gestione delle “messe a posto” di
Michele A iello.
E’, inv ero, il Provenza no in persona che invia al Giuffrè, capo
mandamento competente per quelle strade, i 21 milioni di lire
in
contanti,
qu ale
compendio
della
“messa
a
posto”
dell’impr esa Aiello p er tre lavori svolti nel suo territor io.
E, sulla scorta del patrimonio di conoscenze ricavabili da
questo dibat timento e dai precedenti in materia, non può di
certo seriamente sostenersi che il Provenzano si occupasse
quotidian amente di in viare il denaro a tutti i capi mand amento per tu tti i lavo ri svolti in Sicilia da qua lunque impresa.
Si tratta, dunque, davvero di uno speciale trattamento che
347
Bernardo Proven zano riservava a Michele Aiello e forse anche
a pochi e selezionati altri imprenditori con i q uali aveva stabilito un rapport o privilegiato ed esclusivo nell’ottica del tipico “patto di protez ione”.
Del res to, secondo le consolidate ed ordinarie prassi operative di “cosa no stra”, sugli uomini d’onore della famiglia di appartenenz a del l’impr enditore ricade l’onere di relazionarsi direttamente con i rappresentanti della famiglia territorialmente compet ente p er un lavoro da eseguire.
E solo eccezionalmente ed in presenza di gravi situazioni
questi
possono
coinvolgere
i
più
elevati
livelli
dell’organigram ma mafioso, fermo r estando che il cir cuito relazionale ri mane affid ato ai rappresentanti delle due famiglie
interessate.
Nel caso in esame, pertanto, secondo le normali modalità operative e le regole ordinarie del sodalizio m afioso, gli uomini
d’onore di B agheria avrebbero dovuto contattare direttamente
il Giuffrè, nell a sua specif ica qualità di capo del mandamento
di Caccamo, p er co ncordare la “messa a posto” dell’Aiello e
per ver sare, in un secondo momento, il denaro pagato a sua
volta dall’imprendito re.
Cosa ch e accadeva pera ltro quotidianamente per tutti gli altr i
imprenditori “normali”, come evidenziato dallo stesso Giuffr è
nel corso della sua deposizione.
Ma nel caso dell’Aiel lo vigeva una prassi speciale sta bilita ed
imposta direttamen te dal Provenza no e i documenti in esame
ne fornisc ono non solo il r iscontr o ma anche la prova p iù
chiara ed inequivocabile.
Si tratta del la pr ova documentale del fa tto che il suddetto
percorso descritto dal Giuffrè era davvero esistente, che il
medesimo G iuffrè vi era direttam ente coinvolto per gli affa ri
ricadenti nella sua competenza terr itoriale e, sopratt utto, che
vi era sempre ed in equivocabilm ente interessato anche Ber nardo Provenzano, il quale, a ddirit tura, smist ava con le s ue
348
mani le somme di denaro provenienti dall’Aiello.
Ed ancora, gli elementi desunti da i document i in esa me forniscono la conferma del fatto che il suddetto complesso sistema operava esatt amente con le modalità descritte dal
Giuffrè.
E cioè che in una prima f ase l’Aiello chiedeva l’autorizzazione
al Provenzano che gira va la richiesta alle famiglie interessate
dai lavori e ch e nella fase successiva l’Aiello, sempre tramite
il Provenzano in perso na, faceva a vere a queste ultime il denaro frut to del la “messa a posto”, come conferma il primo
“pizzino” appen a esaminato.
Inoltre, det ti elementi dimostra no che tale sistema di “messa
a posto”, app ositamente individua to dal Provenzano proprio
per l’Aiello, era stato adottato sicuramente fino a tutto l’anno
2001, epoca cui si ri feriscono pr oprio i bigliettini di cui s opra.
Di talchè, alla luce dei rilievi documentali in precedenza esaminati dal Col legio e relativi ad epoche decisamente precedenti, deve giun gersi alla necessa ria conclusione che detto
sistema abbia operato per quasi dieci anni con le medesime
modalità e sempre sotto il persona le controllo del Provenzano.
Tale ultima considerazione appa re al Collegio assolutamente
rilevante, attes o che dimostra in modo inequivocabile come
non si sia trattato di u n interessa mento episodico e sporadico ma, al contrario , di un vero e proprio “metodo” fortemente
voluto dal Provenzano p roprio per l’Aiello e caratterizza to da
una natura sistemica, organica e costante nel t empo add irittura per numerosi ann i.
In conclusi one, du nque, deve convenirsi come i documenti in
esame non siano un icamente degli elementi di riscontro da
valutare alla luce delle d ichiarazioni del collaboratore Antonino Giuffrè ma anche delle ver e e proprie prove a utonome
349
che dimostrano, con l a forz a tranq uilla dei fatti, quanto si è
sinora sostenuto.
E, trattandosi di documenti redat ti personalment e dal Provenzano e sequestrati al Giuffrè in occasione del suo arresto,
va ancora una volta sottolineata l’eccezionale rilevanza probatoria che gl i stessi esprimono, se non alt ro per la loro provenienza dal vertice assoluto di “cosa nostra” e, pertanto, d ai
meandri più intimi dell’orga nizzazione.
Se, dunque, così stan no le cose e non solo sulla base delle
labiali affer mazion i di un qualsiasi dichiarante ma sulle precise e convergenti dichiarazioni dei collaboratori Giuff rè, Siino e Barbagallo e, soprattutto,
sulla prova documentale
dianzi esaminata, d eve serenamente concluder si come il r apporto tra Mich ele Ai ello e Berna rdo Provenz ano fosse caratterizzato da specifici profili di unicit à nel panor ama impr enditoriale.
Non, dunque, un ra pporto tra vittima e carnefice ma un sodalizio profondo basato, come ha sostenuto corretta mente il
P.M., su un patto di protezione, in questo caso addirittura
gestito
ed
assicurato
personalme nte
dal
vertice
as soluto
dell’inte ra organizza zione.
Proprio come sostenu to, con espressione atecnica ma certamente dotata di capa cità descr ittiv a, dallo stesso Giuf frè che
ha definito l’Ai ello come il “ fiore all’occhiello” di Berna rdo
Provenzano.
Come e molto più di Gino Scianna, altro imprenditore bagherese molto legato al Provenzano prima del suo arresto, l’Aiello
costituiva per il Provenzano medesimo una preziosa risor sa
sia per la sua proven ienza che per gli ambiti imprenditoria li
(la sani tà privata) di sua competenza che sono da sempre
stati di suo in teresse.
Ad ulteriore con ferma dell’esistenza di tale particolare r apporto vanno, sia pure sinteticamente, ricordate le dichiara -
350
zioni rese su llo specifico punto da altri due collaboratori di
giustizia, Angelo Sii no e Salvator e Barbagallo.
Si tratt a di dichiarazi oni che, sullo specifico tema oggetto del
presente accertam ento,
risultano sostanzialmente conver-
genti tra loro e, sopra ttutto, con quelle autonomamente rese
dal Giuffrè.
Sul ruolo, la figura e l’attività di Angelo Siino si è detto in altra par te della presente sentenza motivo per cui in questa
sede appare sufficiente f are un generico richiamo al signif icato ed alla at tendib ilità delle sue dichiarazioni.
Come si è già anti cipato nella parte inizia le del presente capitolo relativo all’Ai ello, il fatto sp ecifico descrit to dal Siino
si ricoll ega al la realizzazione di una strada interp oderal e che
questi aveva intenzione di realizzare accanto ad un terreno
agricolo di sua madre in contrada Cerasa di Monreale.
L’analisi critic a di detto episodio r isulta per fettamente in linea con il ruolo e la posizion e dell’Aiello, come dianzi ricostruiti.
Per altro verso an che Salvatore Ba rbagallo, come si è avuto
modo di dire in precedenza, ha confermato l’esistenza di uno
speciale rapporto esistente tra l’im putato e Bernardo Provenzano, come aveva ap preso sia da Giuseppe Panzeca che dallo
stesso Aiello nella specifica occa sione in cui lo a veva personalmente conosciuto.
Dunque, in concl usione, l’esame critico e congiunt o delle dichiarazioni del Giuffrè, di quelle convergenti degli altri colla boratori di giusti zia e, soprattutto, del contenuto d elle suddette prove documenta li conferma che l’Aiello er a lega to ai
massimi ver tici di “cosa nostra”, ed in particolare al Prove nzano da un legame (c.d. pa tto di protezione ) particolarmente
qualificato, efficace e duraturo nel tempo, garantendo finanziamenti, assu nzioni di persona le e notizie riservate ed ottenendo in c ambio c ontestualmente protezioni e raccomanda -
351
zioni, senza le qual i assai difficilmente avrebb e potuto raggiungere il livello d i svil uppo di fatto conseguito.
Ciò posto, deve so lamente aggiungersi come, sempre in tema
di documentazione acqu isita agli a tti del pr esente processo,
esista un quint o grup po di documenti di sicuro r ilievo.
In quest o cas o non si tratta di “pizzini” ma di un memoriale
contenente la preci sa e cronologic a indicazione delle entr ate
e delle uscite della famiglia mafiosa di Bagheria.
Già per quest a intrinseca caratteristica del documento, ap pare chiaro quale possa esser e il significato in termini probatori di tale vero e proprio
“libro-mastro” che è stato rinvenuto
e sequestrato all 'intern o dell'abitaz ione di Di Fiore Giuseppe,
arrestato in flagranza del reato di associazione mafiosa il 25
gennaio 2 005.
Ed invero, è emerso che a seguito dell’adoz ione di alcune decine di provvedimenti di f ermo disp osti dalla locale D.D.A. ed
eseguiti co ngiuntamente dai Carabinieri del R .O.S. e dalla
Squadra Mobil e di Paler mo (la c.d. operaz ione “Grand e Mandamento” intesa a destrutturar e e smantellare il circuito dei
favoreggi atori e degli uomini più vicini al Provenzano), veniva
effettuata una perquisizione dom iciliare
anche
all'interno
dell’abitazione del D i Fiore Giuse ppe, sita in via Pirandello n.
19 di Bag heria.
All'interno di un d oppiof ondo di un cassetto del com odino
nella camera d a letto venivano sequestrate diver se maz zette
di denaro cont ante per un totale di € 62.845,00, su alcune
delle
quali
risultavano
apposti
dei
biglietti
adesivi
con
l’indicazione della provenienza delle somme.
Venivano, inol tre, sequestrati estratti conto bancari e titoli di
credito, per un ammo ntare che sfiorava complessivamente
l'ingente somma di 900.000 ,00 euro.
Soprattut to veniva rinvenuta e sequestrata un’agenda manoscritta sulla quale erano ripor tate diverse voci inerenti le en-
352
trate e le uscite contabili della famiglia m afiosa di Bagher ia,
con l’indicazio ne di numerose opera zioni.
All’interno dell’ag enda venivano, inoltre, ritrovati due fogli a
quadretti ch e, pur essendo sempre relativi alla tenuta della
suddetta contab ilità, apparivano chiaramente scritti con una
diversa g rafia rispetto a quella dell’agenda.
Sul con senso delle part i è stata acquisita al fa scicolo del dibattiment o la nota redatta in data 15 aprile 2005 dai Carab inieri del la Sezione A nticrim ine del R.O.S..
Dall’esam e di dett a inf ormativa di P.G. si evince come la
suddetta docum entazione sia stata oggetto di una duplice attività di verifica, sia sotto il profilo grafico-formale sia sotto
il profilo oggettivo-contenutistico.
Sotto il primo pro filo, in p articolare, risulta eseguita una
consulenz a tecn ica di t ipo grafico, acquisita anch’essa, sempre sul con senso delle pa rti, al f ascicolo del diba ttimento
all’udien za del 15 ma ggio 2007.
Dall’esam e dell’ esito di tale consulenza tecnica si evince c he
l’autore delle scritte a ma no effettuate sull’agenda deve identificarsi in Giu seppe Di Fiore, me ntre l’autor e delle manoscritture riportate su l separ ato foglio contenuto nella tasca
della agenda co rrispo nde ad Onofrio Morreale.
Tali inequivoca bili co nclusioni tecnico-comparative, del resto, hanno t rovato conf erma nell’a nalisi d el contenuto delle
annotazio ni svo lta da i Cara binieri.
Ed infatti, come si rica va chiaramente dall’informativa suindicata, l’ana lisi delle scritture in uno con le indicazioni ver gate sui foglietti ad esivi applicati sulle mazzette di denaro
hanno consen tito di ricostruire diverse operazioni in entrata
nel bil ancio della famiglia mafiosa di Bagheria e di attri buirne la gestione ora al Morrea le ed or a al Di Fiore.
Anche sotto il prof ilo strettamente cronologico appa re dimostrato che il libr o-mastr o di detta f amiglia sia sta to tenuto in
un primo tempo dal sol o Morreale e successivamente dal Di
353
Fiore, il quale lo sostituì in tale delicato compito, verosimilmente dop o il suo arresto.
In modo part icolar e, fino a l mese di agosto d el 2004 la contabilità del le entrate e delle uscite della famiglia maf iosa di
Bagheria r isulta tenuta dal Morreale sui sopr a descritti fogli
allegati, mentre da tale momento fino al gennaio 2005 (cioè
all’atto del sequestro avvenuto il 25.1.2005) risulta tenuta
dal Di Fi ore sull’agenda sequestra ta.
Ad ogni modo, attraverso l’analisi sia contenutistic a che grafica è rimasto univo camente dimostrato che tali annot azioni
rappresen tano la contabilità della suddetta fam iglia mafiosa
dal mese di dic embre del 20 02 a quello di gennaio del 2005.
Come si vedrà di qui a breve, le entrate vengono alte rnativamente i ndicate con l’uso di un “+” ovvero del sostantivo “entrate” e le uscite con un “-“ ovvero con “uscite”.
Tra le entra te ovviamen te vengono, sia pure sintet icamente,
indicate le proven ienze delle somm e pagate a titolo di pizzo o
di messa a posto mediante l’indic az ione di nominativi o d i altre locuzioni in grado di far compr endere di quale attività o
lavoro si tratta (ad es. “becchino”, “lavor o autostrada” etc.
etc.).
Le uscite, viceversa, sono caratter izzate da ll’ind icazione del
solo nome di battesim o dell’uom o d’onore cui le somme si riferiscono , con la particolarità della variazione dell’entità dello “stipendi o” a seconda del grado di importanza nella scala
gerarchica dell a famiglia di Bagheria.
Ciò premesso, va detto che l’agenda riporta le seguenti indicazioni:
AGEN DA
-
“inizio 08 – 04”;
-
“becchino 05 – 08” con af fianco la dicitura “luglio 1.500 p”;
-
“
•
a pagina 2:
“
02 – 09 1.500 agosto no“.
- “5.000 28 – 12 Gagliano legname”.
354
•
a pagina 3:
-
“08 – 04”;
-
“1.500 5 – 8 luglio becchino”;
-
“1.500 2 – 9 agosto … ;
-
“3.000 13 – 8 Acconto Ap. Spanò”;
-
“600 20 – 8 Acc onto di compare zio Gaetano x Siciliano”;
-
“5.000 Casteldaccia x lavori Tir”;
-
“5.000 + Zagara – Che - 5.000”;
- “2.500 lavoro autostrada”;
- “1.500 settembre becchino”;
- “1.500 ottobre becchino”;
- “5.000 17 – 12 Mimmo V. uf ficio IVA”;
- “4.000 18 – 12 acconto Spanò”;
- “10.000 20 – 12 chiusura Di Vita Aspra”;
- “2.000 26 – 12 Francesco (scavo)”;
- “5.000 22 – 12 Campo Sportivo”;
•
a pagina 4:
- “04”;
- “1.500 2 – 9 che x z”;
- “200 (“ ) (incomprensibile) x z;
Orbene, dall’esame di tali prime p agine dell’agenda si r ileva
come i primi due f ogli i nizino con la dic itura “08 – 04” che
indica chiaram ente i l momento di inizio (i l mese di agosto del
2004) del la ten uta della contabilità sull’agenda.
Subito dopo, sempre a pagina 4, r isulta t racciata una linea
di sepa razion e ed iniz ia l’indicazione delle voci di uscita con i
nomi di battesi mo dei vari memb ri della famiglia af fiancati
dalla somma loro spet tante:
- “Francesco 5.000”;
- “Leonardo 5.000”;
- “Nicola 5.000”;
- “Nicola 5.000”;
- “Gino 4.000”;
- “Pino 4.000 ”;
355
- “Ono frio 4.000 ”;
- “Carmelo 2.000”;
- “Ciccio 1.000”;
- “Nino 5.000 ”.
•
La pagina 5 riportava solo una dicitura:
-“5.000 31 – 12 Mimmo V.” .
Nei suddetti nomi d i battesimo non è diffici le individuare gli
esponenti mafiosi cui le somme si riferiscono (ad esempio,
Onofrio Morreale, Nicol a Eucaliptus, Leonardo Greco etc.
etc.).
Come si è detto, all’i nterno della t asca posteriore della predetta agenda venivano rinvenuti i due fogli a quadretti vergati a mano dal Morreale tra il dicembre 2002 e l’agosto 2004,
come denotano chi aramente le date ripor tate dallo stesso t enutario della con tabili tà (questa volta con l’indicazione in
chiaro delle vo ci “en trate” ed “uscite”).
a. Foglio 1, lato 1, ENTRATE:
- POST EGGIO CIMITERO 2500
- POST EGGIO VIA MATTARELL A 2500
- STR ADA S. ISIDORO 2500
- MEDIAZIONE S. FLAVIA 2000
- SCUOLE RAGIONERIA DICEMBRE 5000
- SCUOLE RAGIONERIA PASQUA 5000
- VASCA B ELLACERA 120 00
- NET TEZZA URBANA 20 00
- IMPRESA SICILIANO 5000
- ASPRA DICEMBRE 2 003 10 000
- ASPRA P ASQUA 2004 10000
- ZAGAREL LA S 5 000
- ZAGAREL LA 5000
- IFOR. GENNAIO 2004 5000
- IFOR. FEBBRAIO 2500
- IFOR. MARZO 2500
- IFOR. APRILE 2500
356
- IFOR. MAGGIO 1500
b. Foglio 1, lato 2, ENTRATE:
- GIUGNO IFOR. 1500
- SPANO’ 5000
- CIRULLE 2500
- BUFFA 2500
- GINO ALB. 5000
- PROVINO R. 10000
- PROVINO C. 10000
- SCARDINA 5000
- DI CRISTINA 2500
- GINO SCIORTINO 2500
- MORREALE 2500
- CALCES TRU ZZI CASTEL. 2500
Alla fin e del lato veniva riportato il seguente conteggio (errato):
134.000 + 27.000 = 16 9.000
e sotto a ncora l’indi cazione: “Ing . 25.000”.
c. Foglio 2, lato 1, USCITE:
CI SONO IN CASSA 12000. DI CUI 15000. C’è li HA MIA
SUOCERO.
USCITE. DICEMBRE 2002
“24000” con in testa l’indicazione “Z”
“+ 5000” con in testa l’indicazione “T”
“2000 REGALI X VILLABATI X Z.”
segue poi un el enco:
- NINO 2500
- NARDO 2500
- NICOLA S. 2500
- NICOLA G. 2500
357
- ONOFRIO 2500
- MIMMO 2500
- PIETRO 2500
- FRANCESCO 2500
- CARMELO 1500
- PIETRO 750
- SERGIO 750
- PAOLO 1 500
- CAPRET TI 2100
- SIMONE 1000
- MASSIMO 500
d. Foglio 2, lato 2, USCITE:
PASQUA 20 03
DICEMBRE 2003
PASQUA 20 04
In elenco :
- NARDO 2500 2500+250 0
- NINO 2500 2500.2500
- NICOLA S. 2500 2500.2500
- NICOLA G. 2500 25 00.2500
- ONOFRIO 2500 2500.2500
- MIMMO 2500 2500 2 500
- FRANCESCO 2500 2500 .2500
- PIETRO 2500 2 500 2500
- CARMELO 2000 1500.1500
- PIETRO 750 75 0 750
- SERGIO 750 750.75 0
- PAOLO 1 500 15 00.1500
- CAPRET TI 1700 2100.2100
- PEPPINO 2500
135.000 + 36.000 = 17 1.000
358
Come si è già detto, le attente inda gini sv olte dagli inquirenti
hanno consentito di accerta re l’ide ntità dei destinatari degli
“stipendi ” erogati dall a famiglia di Bagheria ai suoi affiliati e,
soprattutto, tutti gli imprenditori ed operatori commerciali
autori de i pagamenti a titolo di “piz zo” e di “messa a posto”.
In relazion e a questi ultimi (v. annotazione) è stata anche individuata ciascu na attività commerciale sottoposta al “pizzo”
ovvero tutti i lavori in rela zione ai quali veniva op erata la
“messa a posto”.
Sono state, cioè, chiaramente individuate tutte le fonti delle
entrate annotate nella suddetta contabilità (valida da dicembre
02’
a
gennaio
05’)
tranne
all’indicazione “Ing . 25.000”.
359
una:
quella
relativa
Dall’esam e diretto del documento emerge chiaramente come
la suddetta annotazi one sia stata dapprima trascritta nella
parte sini stra del foglio e poi cancellata (pur r imanendo chia ramente visibile ad o cchio nudo).
Quindi la stessa è stata ulteriormente trascritt a nel lato destro del foglio in calce ad un conteggio (peraltro err ato) in colonna.
360
Secondo l’ attent a e puntuale indagine tecnica eseguita da i
Carabinieri (v. nota del 15.5.2005 in atti sul consenso delle
parti), dette ultim e due annotazioni risulta no vergate a ma no
dal Di Fiore pur tra ttandosi dei fogli di contabilità compilati
in preced enza d al Morreale.
Ciò comporta che le stesse devono risalire necessariam ente
ad un’epoca successiva al mese di agosto del 2004, posto che
prima di tale data n on è stata rilevata alcuna annotazione da
parte del Di Fiore, il quale ha iniziato proprio da tal e preciso
momento a tenere la contabilità al posto del Morreale.
Altro
dato
i nequivocabile
è
che
detta
somma
di
denaro
(25.000 eu ro) deve farsi rientrare tra le entrate della f amiglia
mafiosa, essendo sta ta aggiunta in calce a diverse altre voci
relative per l’ appunto ad i ncassi va ri.
Nonostante la generi cità della locuzione “ing.”
- che avr ebbe
potuto collegare so lo in modo per l’ appunto generico tale annotazione all’i ngegner e Michele Aiello - deve osservarsi come
sia stato proprio l’imputato ad attr ibuirsi spontaneamente la
paternità di detto versa mento nelle casse della famiglia mafiosa di Bagheria.
Ed invero, all’ud ienza del 21 febbraio 2006, l’Aiello
indiv i-
duava nella citata lo cuzione un pa gamento di denaro da lui
effettuato a Carlo Castronovo senza che tale dazione gli fosse
stata mai contestata e for nendo una spiegazione che evidentemente riteneva vanta ggiosa per la sua posizione ma che tale non si è rivelata, anzi.
L’Aiello h a riferi to che t ale somm a doveva individuarsi nella
tangente ann uale che egli era stato costretto a versar e alla
famiglia mafiosa di Bagh eria per le sue attività sanitarie (Villa Santa Teresa e A.T.M .), sempre (e solo) nelle mani di Carlo
Castronovo, dap prima nella misura di 50 milioni di lire e p oi
di 25.000 euro.
Ovviamente ciò che va sottolineato è il fatto che l’imputato
abbia fatto spon taneo riferimento a tale documento senza che
361
il P.M. glien e avesse fatto nemmeno cenno: “Si, ma credo che
risulti anche a voi … dal registro cassa della mafia che avete
sequestrato a Bagheria, perché lì c’è proprio scritto, è venuto
anche sul giornale…25.000 euro ingegnere”.
Ciò denota com e sia stato proprio l’imputato stesso ad introdurre tale argom ento, evidentemente ritene ndolo f avorevole a
sè e f acendo addirittura riferiment o ad una conoscenza derivante dag li organi di stampa.
A tale proposito, tuttavia, non va dimenticato che, sempre
per stessa ammissione di Michele Aiello, questi a veva e ffettuato l’ultimo versa mento di 25 .0 00 euro al Castronovo nel
mese di novembre del 2002, atteso che, dop o la morte d i
quest’ult imo, nessun altro maf ioso, a suo dire, si era più
presentato per richiedergli il pagamento di detta tangente
annuale.
Orbene, tale per entori a affermaz ione da parte dell’imputato
lascia più di un dubbio in rela zione a svariati aspetti formali,
cronologi ci e, so prattutto, contenut istici della documentaz ione in esa me.
In primo luogo, va evidenziato come la fisica collocazione di
detta v oce di entrata nella sudd etta contabilità risul ti diversa
da tutte le altre.
In particola re, la dicitu ra “ing. 25.000” non è collocata tra
le varie voci incolon nate dove sono ordinatamente riportate,
per ordine temporale, le altre entra te imputabili al pagamento di piz zo o messe a posto.
Essa, addirittu ra, no n è neppure i nserita nei primi due fogli
ove si trovano, incolonnate, le sudd ette voci d i ent rata ma risulta aggiunta in calce a tutti i conteggi e solo dopo che era
stata fatta la somma di tutte le entrate registrate.
Si tratta ovviamen te di meri indiz i che, tutta via, denota no
una sicura di versit à tra il metodo di appostamento delle varie
voci di entrata e questa specif ica voce, che, conseguentemente, finisce per appar ire munita di una natura diver sa.
362
Ma vi è di p iù: anche l’aspetto cr onologico delle appostazioni
contabili n on appare convinc ente rispetto alla ve rsione f ornita dall’A iello.
Ed invero, come già si è dimostrato il “libro mastr o” della f amiglia mafiosa di Bagh eria ris ulta scritto a due mani e, precisamente, dal dicembre 2002 al luglio 2004 dal Morreale su
due fogli sciolti e dal mese di agosto del 2004 fino al gennaio
2005 dal Di Fio re solo sull’agenda rilegata.
Da ciò deve necessariam ente farsi derivare che, la ove l’Aiello
avesse effettivamente pagato la ta ngente annuale al Castronovo nel novembre del 2002, detta entrata sarebbe stata registrata dal Morreale al l’inizio del primo foglio
seq uestra to e
cioè in prossimità dell e appostazioni contabili del mese di dicembre 2002.
Ed invece dall’esa me del documento in questione appare
chiaro ch e l’appostaz ione “ing. 2 5.000” non è stata frutto
dell’opera grafica di O nofrio Morr ea le – ma bensì del Di Fior e
- e non è stata inseri ta nel giusto ordine cronologico m a solo
molto dopo e, precisamente, quando l’intera contabilità delle
entrate riportate dal Morrea le er a stata sommata (luglio
2004).
Da ciò deve logicamente dedursi come la suddetta appostazione cont abile si a successiva al m ese di luglio 2004 e ci oè al
preciso momen to in cui il Di Fiore è subentrato al Morr eale
nel ruolo di cassiere della famiglia mafiosa di Bagh eria.
Tale conclusione, fonda ta su un ragionament o logico confo rtato dalle co nclusi oni delle consulenze tecniche in atti, contrasta
in
manier a
insanabile
con
quanto
affermato
dall’impu tato Aiell o, atteso che sicuramente non può trattarsi della registrazion e di un incasso avvenuto due a nni prima.
Se si fo sse tr attato di u na voce di entrata riferibile a tale periodo, la stessa s arebbe stat a annotata dal Morr eale non a ppena ricevuto il denaro dal C astronovo e, pertanto, assai ve-
363
rosimilmente tra le prim e voci del primo foglio relative al dicembre 2002.
Ovvero, al limite, tra gli appostam enti contabili del mese di
novembre 2002 ma mai certamente sarebbe stata inse rita dal
Di Fiore dopo quasi due anni.
Peraltro, il presente caso costituisce un unicum tra tutte le
appostazi oni contab ili i n esame, nel senso che non risultano
altre voc i inser ite in contab ilità in un moment o successivo,
al di fuori del normale ordine cronologico ed a ddirittura da
un soggetto diverso.
Tutto ciò induce fo ndatamente a ritenere che, pur trattandosi
ovviamen te di una voce di entrata per la famiglia maf iosa di
Bagheria, tal e som ma di denaro avesse un significato ed una
valenza diversa da tu tte le altre.
Se, infa tti, si fosse tr attato di una qualunque “ messa a posto” ov vero di una somma percepita a titolo di pizzo non si
vede per quale ragio ne la stessa non sia stata contabilizzata
con le consuet e ed ordina rie modalità di tenuta delle scritt ure.
Non si capisce perché la stessa sia stata annotata fuori colonna, senz a alcun rispetto dell’or dine cronologico delle entrate, a distan za di circa due anni, da una persona diversa
e senza indicazion i relative al dante causa ed al periodo di riferimento.
A tale ultimo pr oposito , invero, deve notarsi come i pagame nti ripetuti con cadenza temporale prefissata (a nnuale , mensile etc. etc.) nella contabilità veniva no indica ti con la specificazione del periodo di ri ferimento di ciascun pagamento (ad
esempio, Aspr a Dicembre 2003, Aspra Pasqua 2004, IFOR
gennaio, IFOR febbraio e così via), cosa che non risulta f atta
solo per questo incasso.
Anche sott o questo ulteriore prof ilo, dunque, l’annotazione
contabile in qu estion e appare ass olutamente diversa da tutte
le altre entrate della famiglia ma fiosa di Bagheria.
364
Così com e diversa appare, da ultimo, anche la modalità utilizzata p er l’i ndicazi one della pr ovenienza della somma di
25.000 eu ro da un non meglio specificato “Ing.”.
Va eviden ziato, infatti, come per tutte le altre voci di entr ata
da pizzo o da mess a a posto i due contabili succedutisi nel
tempo abbian o sempre utilizzato o i nomi e i cognomi dei pagatori ovvero delle l ocuzioni in gr a do di far chiaramente ind ividuare la prov enienza delle somme.
Tanto è vero che gli inquirenti in tutti i casi sono riusciti ad
individuare le esatte g eneralità dei pagatori ed i lavori o le
attività economiche cui i pagamenti si rifer ivano.
L’unico caso in cui è stata utilizz ato un acronimo del tutto
generico e non idoneo a consentire la sicura ed univoca individuazione
del
pagatore
della
somma
di
denar o
è
per
l’appunto quell o in esame.
Di certo non app are i llogico che il Morreale ed il Di Fiore abbiano i ndicato in modo palese la provenienza d elle somme,
posto che i due certamente non pensavano che tale importante documentazio ne sar ebbe mai venuta in possesso dell’ A.G..
Per costoro si trattava, infatti, d i una documentazione interna al so dalizi o ed occult ata con particola ri accorgimenti e
cautele che non avrebbe dovuto mai divenir e pubblica.
E, cionon ostante, il Di Fiore nell’effettuare la presente annotazione relativa all’Aiello non ha indicato né il cognome di
quest’ult imo n é ad esempio le locuzioni V illa Santa Teresa,
cliniche ing., strutture sa nitarie ing. etc. etc..
Ma si è attenuto a criteri di massima riservat ezza mai adoperati per alcun altro operat ore economico e/o imprenditore
sottoposto al p agamento del pizzo o della messa a posto.
Per quest a e per tutte le altr e anomalie dia nzi esaminate nel
dettaglio l’ann otazio ne relativa all’ imputato (per sua stessa
ammissione) ap pare r iconducibile ad una entrata avente na tura diversa rispet to al le forme or dinarie di vessazione ma fiosa quali “messe a posto” e “piz zo”.
365
Si tratta, dunque, di un pagamento non assimilabile a tutti
gli altri, forse per la sua provenienza (da un soggetto interno
al sodalizio) ovvero per la sua causale (una contribuzione
spontanea o un finanz iamento interno concordato a più a lti
livelli).
In ogni caso un pagam ento p roveniente da un soggetto che
andava tutel ato più di chiunque altro anche al di là di ogni
accorgimento di sicur ezza.
Esaurita l’anal isi di tutti i suddetti documenti, va detto che,
a ben vedere, tale esigenza di tutela della persona di Mi chele
Aiello appare chiaram ente avvert ita anche dallo stesso Nicolò
Eucaliptus.
Questi, inver o, pu r trovandosi al vertice della famiglia ma fiosa
di
Bagheria
ed
avendo
un a
plurienna le
esperienza
nell’esazione del pi zzo, nelle estorsioni ai danni di imprese ed
in svariate forme di intimidazione e violenza,
si riferiva
all’Aiell o quasi con defer enza e soggezione, dimostrando la
sua volontà di “non disturbarlo” eccessiva mente e di non
metterlo in imbar azzo con l’eccessiva presenza sua e di altri
mafiosi presso le sue aziende.
Ciò non ostante, l’Eucaliptus – che pretendeva di gestire personalmente il rapporto con l’Aie llo – intorno al gennaio del
2003 era andato a tro vare l’imputato presso la diagnostica.
All’udienza del 21 f ebbraio 2006 l’Aiello riferiva che, dopo
l’arresto d i Carlo Castronovo (4.12.2002), unico soggetto al
quale avrebbe pagato le “messe a posto”, aveva ricevute quattro visi te d a par te di Nicolò Eucalip tus che gli aveva avanzato
alcune ri chieste.
La prima vi sita si era verific ata il 20 gennaio 2003 ed aveva
riguardato l’assunzio ne, in qualità di suoi dipende nti, di due
persone seg nalateg li dall’E ucaliptus (tali Causara no e Merlo),
richiesta che lui aveva accettato, a nche se poi il r apporto di
lavoro era durato solo per tre me si (dal 10 febbraio al 31
maggio) a causa delle loro dimissioni.
366
Il giorno dopo , 21 gennaio 2003, l’ Eucaliptus era poi tor nato
a trovarlo in ufficio, questa volta accompagnato dal figlio
Salvatore, il quale, a suo dire, si proponeva come media tore
immobiliare, imprenditor e edile ovvero come assicuratore al
chiaro scopo di otten ere da lui qualche commissione.
Egli aveva preso tempo e, nelle mor e del successivo incontro,
aveva definito le sue pratiche di assicurazione in modo da
poter ri fiutar e le profferte d egli E ucaliptus anche in questo
settore.
Il successiv o 31 gennai o, effettiva mente, i due Euca liptus erano ri tornat i e l’Aiello aveva rifiutato l’ offerta dimostrando
di essere coperto da contratti di assicurazione già in essere
con altre compagnie.
Dopo tale rifiu to, i due erano ritor nati per l’ultima volta l’11
febbraio 2003:“Poi fanno l’ultima visita, che mi fa il signor Eucaliptus, è l’11 Febbraio del 2003… … si presenta e chiede un
prestito per il figlio che aveva un impellente bisogno di andare
a pagare un qualche cosa. Voleva la somma di 20.000.000 in
pratica delle vec chie lire.” “prestito che poi gli viene concesso e
gli viene mandato tramite il signor Catrini qualche giorno dopo”…
Lo stesso imputato, quindi, ammetteva di avere aderito alla
richiesta di d enaro da par te di Nicolò Euca liptus, precisando
anche che la somma di venti milioni di lire non gli era sta ta
mai più r estitu ita.
Nella descrizio ne dell’incontro e delle modalità con le quali la
somma di denaro gl i era stata richiesta, l’ Aiello non faceva
alcun riferimento a ll’uso di espressioni, direttamente od i mplicitamente, mi nacciose da parte dell’Eucaliptus, il quale,
anzi, faceva riferimen to ad uno sta to di bisogno del figlio che
aveva dei debiti in imminente sca denza.
Tuttavia, quando gli venivano chiesti i motivi di t ale ela rgizione, l’imputato tornava ad incarnare il ruolo di vittima come costanteme nte h a fatto in tut to il suo esame: “Perché
367
gliel’ho dato? Perché ritenevo in quell’istante… mi son convinto
di
darglielo.
Perché
uno
li
presta
i
so…
si
convince
in
quell’istante di darli, ho ritenuto opportuno…qua stiamo parlando di un noto personaggio che già era venuto alle cronache
da parecchio tempo, si sapeva che era… indiziato di appartenere … a Cosa Nostra, era una persona che già era stata condannata e che mi viene a chiedere un prestito di cui io ritengo… in quell’istante mi son convinto di non dirgli di no… .ho ritenuto opportuno non dire di no.”
Ciò post o, deve agg iunger si che i f a tti appena descritti hanno
trovato confer ma in tutte le e mergenze processuali ed, in
particolare, nelle dichi arazioni di Francesco Paolo Catrini,
nelle intercettazioni ambie ntali eseguite nella Op el Corsa di
Salvatore Euca liptus e, sinanco, in quanto riferito da Nicolò
Eucaliptu s.
Francesco Paolo Catrini, all’udienz a del 22 marzo 2005, confermava di avere consegnato a Sa lvatore Eucaliptus e su incarico dell ’ingeg nere Aie llo la busta contenente la somma d i
denaro in contanti richiestagli.
E, mentre Salvatore Eucaliptus, nella sua veste di imputato
di reato connesso (210 c.p.p.) in q uanto conda nnato per partecipazio ne all’as sociazione mafiosa, secondo tradizione si
avvaleva della facoltà di non rispondere, il padre Nicolò, pur
godendo della medesima facoltà, decideva di rispondere alle
domande d elle parti.
Già questo f atto in sé potrebbe addirittura assur gere al r ango
di indizio, posto che, nell’esp erienz a giudiziaria in processi a
“cosa n ostra”, è davvero infrequente che un affiliato, per d i
più con un incari co dirigenziale come l’Eucaliptus, decida di
rendere delle dichiar azioni e, solitamente, q uando ciò accade
è perché esiste un buon motivo per farlo e non si tratta certo
di un motivo conn esso alla volontà di accusare qualcuno ma
semmai di aiuta rlo.
368
Ad ogni modo all’udienza del 17 ottobre 2006, l’Eucaliptus
ammetteva
che, nel corso
del primo incontro avuto con
l’ingegnere Ai ello (20 g ennaio 20 03), gli aveva
chiesto la
somma di venti milion i di lire a titolo di cortesia e senza una
specifica causale ed agg iungev a che, effettivamente, il denaro
gli era pervenu to attraverso suo figlio Salvatore.
Dunque, la richiesta della somma di denaro sarebbe avvenuta
il 20 gennaio nel co rso del loro primo incontro e non l’11
febbraio (ultimo inco ntro) come sostenuto da ll’Aiello.
Subito
dopo
l’Euca liptus,
tuttavia,
aggiungeva :
“…
i
20.000.00 0 li ha ricevuto mio figlio in cambio di…un lavoro che
ha fatto poi una cortesia all’ingegnere di farci comprare una
struttura che non so come…c’era una struttura che si vendeva
e ha fatto come diciamo nel gergo, sensaleria, ci ha fatto acquistare questo immobile.”.
L’inizial e “cortesia” priva di una sottostante motivazione economica, pertan to, veniva trasforma ta, con poca convinzione,
in una forma di r icompensa per una presunta mediaz ione
svolta
dal
f iglio
Salvatore
in
relazione
alla
conclusione
dell’acqu isto di un terreno adiace nte all’ex Hotel A’ Zagara ,
di proprietà di tale Salvat ore Lazzar one.
Ma immediatam ente dopo, l’Eucaliptus, nel tentativo di rendere pi ù chi aro il senso delle sue parole, riferiva: “Era una
cortesia che avevo chiesto all’ingegnere. Poi mio figlio essendo
che ha fatto la sansaleria dopo con Lazzarone, si sono, non so,
co…
che
cosa
sti 20.000.000
se
sono stati
poi
restituiti
all’ingegnere per questo motivo o… o i 20.000.000 non sono
stati più restituiti perché mio figlio c’aveva fatto la sansaleria e
diciamo equivalevano a quella… a quella cifra, più o meno, mille più, mille in meno, questo non glielo so dire. … Però i
20.000.00 0 sono stati restituiti all’ingegnere con la sansaleria.”
Nonostante la con fusion e con la quale es primeva il concetto,
l’Eucaliptus, tuttavia, ribadiva anc ora una volta che si trat369
tava di “una cortesia” che lui aveva chiesto persona lmente
all’Aiell o.
Siccome, però, i soldi er ano stati dati al figlio Salvator e egli
non sapeva di re se poi erano stati restituiti ovve ro compensati con il corrispetti vo per la m ediaz ione immobiliare di c ui si
è detto.
Per alt ro verso, l’Eucaliptus confermava di avere chiesto
all’Aiell o l’ assunzi one di due ragazzi di Acquedolci (luogo dove si trovava per sco ntare la misura dell’obbligo di dimora)
ma escludeva di avere fatto ric hieste di alcun genere per
quanto a tteneva all a sti pula di contratti di assicura zione da
parte del figli o, con ciò smentendo ancora l’ imputa to.
Sulla scorta del le superi ori fonti di prova, dunque, deve darsi
per assoda to e non contestato che l’Aiello, esatta mente in
quel torno di te mpo, aveva fatto avere all’Eucaliptus la somma di venti milioni d i lire in conta nti tramite il Catrini e che
tale somma non gli era più stata r estituita.
Secondo la tesi dell’i mputato tale richiesta gli era stata avanzata solo nel corso dell’ultimo incontro con l’Eucaliptus, e
pertanto l’11 febbraio , e si er a trattato di una ulteriore imp osizione alla quale egli aveva ced uto per timore del notorio
spessore crimin ale dell’interlocut ore.
Secondo l ’Eucal iptus, invece, la richiesta era stata fatta sin
dal primo incon tro del 20 gennaio e si trattava della dazione
di una somma a titol o di cortesia p ersonale che f orse poi era
stata restit uita attr averso una compensazione con il corrispettivo di una m ediazione svolta dal figlio in relazione
all’affar e del terreno di L azzarone.
Come si è detto, poi, l’Eucaliptus ha con certezza sostenuto
solo ch e si trat tava di u n prestito a titolo di cortesia mentre
le ulte riori cons iderazi oni circa la presunta compensazione le
riferiva i n termi ni di incertezza e non di conoscenza diretta,
atteso c he rig uardavano comportamenti e fatti ascrivibili al
figlio.
370
E, pur non trattan dosi di una affermazione diretta in termini
di certezza, va evidenz iato come la tesi della presunta med iazione immobiliare da parte di Salvatore Eucaliptus, non solo
è stata sol o labia lmente sostenuta, ma è stata anche sm entita nettamente da ll’uni ca fonte che poteva fornire dati in proposito, S alvato re Lazzarone.
Questi, al l’udienza del 24 maggio 2005, confermava di aver e
venduto all’Aiello un terreno adiacente all’ex Hotel A’ Z abara,
precisand o di aver trattato per la conclusione dell’affa re solo
con il ragioniere D’Amico e negando decisamente di a vere fatto ricorso, vo lontari amente o coattivamente, ad alcun sensale
e/o intermediatore immobiliare ed agli Eucaliptus in particolare.
La natura, volon taria o coatta, le modalità e le finalità di tale
dazione di denar o possono essere comprese appieno esaminando al cuni paramet ri obiettivi di valutaz ione che emergono
dal contesto pr ocessuale.
Il primo dato da esaminar e è costituito senz’altro dagli esiti
delle intercettaz ioni amb ientali e dei servizi di osserv azione e
pedinamento a carico degli Eucalipt us.
Costoro, infatti, come precisato dal Colonnello Damiano e dal
Marescial lo Licciardi, in quel periodo erano attivamente investigati sia per il ruolo ricoperto nell’ambito della famiglia mafiosa di Bag heria c he in qua nto rite nuti soggetti vicini al Pr ovenzano.
Tale attivi tà di indag ine, che avrebbe portato all’esecuzione
di due provvedimenti di fermo in data 9.6.2004, si basava
principalmente su si stematici ser vizi di osservazione e ffettuati soprattutto in occasione
dei saltuari rientri a Bagheria
di Nicolò Eucaliptus, il quale, come detto, sconta va una misura di p revenz ione ad Acqu edolci.
In tali casi molto spesso i due Eucaliptus si recavano presso
la Diagnostica per imm agini di Bagheria utilizz ando una delle
371
autovetture (la Opel Corsa ) sulle q uali erano installati appa rati di i ntercettazio ne ambientale.
Pertanto, le loro visite all’Aiello venivano documentate sia attraverso la regi strazio ne delle conversazioni che i due avev ano prima e do po gl i inco ntri che grazie ai servizi di osser vazione e p edinamento.
Si tratta di un compendio documentale di notev ole r ilevanza,
ovviamen te caratter izzato da una assoluta autenticità e significatività anche al fine di c ompr endere i rapporti esistenti
tra l’im putato e gl i Eucaliptus e la natura delle richieste da
questi ul timi avanzate.
Dai servizi di osservazione si ricav a che la prima visita aveva
luogo il 20 genn aio 2003 e si tratta di quella occasione nella
quale, secondo l’Eucali ptus, veniva avanzata la richiesta di
denaro collocata, in vece, dall’ Aiello solo l’11 febbraio successivo.
Anzi, per la precisione Nicolò e Salvatore Eucaliptus quel
giorno si recavano due volte presso i locali della Diagnostica,
la prima volta, con ing resso
alle ore 11.11 ed uscita alle ore
11.13 e la seconda volta con ingresso alle ore 16.44 ed usci ta
alle ore 17.12.
Alle ore 10.2 9 di quell a stessa giornata veniva inter cettata
una conversazio ne all ’interno dell’ Opel Corsa e, dopo circa
una venti na di mi nuti dall’inizio del dialogo viene registrato
quanto segue:
SALVATORE: D ove andiamo?
NICOLO’:
Fermati
‘ca..,
io
avissi
a
parlare
‘cu
l’ingegnere..
SALVATORE: Scrivi qu alche cosa di part icolare.., e che un
n’haiu mancu i bigliettini.. ‘ca..
NICOLO’: No.., maga ri poi ci vai t u sulu nell’ing egnere..
SALVATORE: Glielo dici che poi lo vado a trovare..
NICOLO’:
‘Cu mia non c’ è..
SALVATORE: Io non..
372
NICOLO’: ...(inc..)... tutta a situazione..
SALVATORE: . .oggi non ci sono andato per..
NICOLO’: Nuatri chiu picca ci ‘amu nell’ingegnere.. ci ‘amu a ghiri pì c ose ut ili no stre … punto e b asta..
Tale prima con versazione appare, intanto, utile al fine di
sgombrare il ter reno dai dubbi che la difesa ha insinuato circa l’esatto ed univoco riferimento all’Aiello ogni qual volta i
due Eucal iptus faceva no rif erimento all’ “ingegnere”.
Se, infatti, è vero ch e, talora ed in contesti tutt’affa tto diversi da qu elli oggetto di specifico e same, i due interlocutori
sembrano aver fatto riferimento ad altri ingegneri impegnati
nell’esecuzione, ad esempio, di progetti edilizi per loro conto,
va
precisato
come
nelle
conversazioni
che
rilevano
l’identif icazio ne ed il riferimento all’imputat o appaiono assolutamente chiari sia in relazione all’aspetto contenutistico
dei dialoghi che, soprattutto, ai contemporanei ser vizi di osservazione e pedinamento.
Combinand o, invero, gli esiti delle intercettazioni e quelli dei
servizi di pedinam ento appare evidente che, nelle conver sazioni che qui ri levano e che saranno testualmente riportate,
gli Eucali ptus facevano riferimento sempre all’ingegnere Aiello, a nulla rilevando che, in altri dialoghi, essi possano aver
parlato d i altri ingegneri.
Nel caso in esame, ad esemp io, Nicolò Eucaliptus invitata il
figlio ( che era al la g uida) a fermar si lì perché doveva parlare
con l’ “ingegnere” (NICOLO’: Ferm ati ‘ca. ., io avissi a parlare ‘cu l’ingegnere.. ) e, dal contemporaneo servizio di osservazione, si rileva va che l’auto eff ettivamente si fermava alle ore 10.55 nei pressi del bar “Don Gino”, ubicato a pochissima distanza dalla Diagnostica dove i due Eucaliptus si recavano a piedi, facen dovi ingresso alle 11.11.
L’ultimo brano registrato, invec e, introduce il tema, molto
sentito da Nicolò Eucaliptus, di disturbare il meno possibile
l’Aiello sen za per questo rinunciar e alle cose importanti per
373
loro: NICOLO’: Nuatri chiu picca ci ‘amu nell’ingegnere..
ci ‘amu a ghiri pì cos e utili nost re … punto e basta.. (noi
meno ci andi amo dall’ingegnere…. Ci dobbiamo andare per le
cose util i nostre…, n .d.e.).
Il 21 gennaio 2003 , giorno in cui aveva luogo il secondo incontro, alle ore 10 .34 veniva registrata la seguente convers azione:
NICOLO’: Eh, passiamo in agenzia, e poi amu a ghiri ‘nni Totò
(?) Lazzaruni però..
SALVATORE:Papà, io ci ‘a telefonare..
NICOLO’:..pì pigghiarini ‘dda risposta.., ‘a sira era intenzionato, viremu s e sta notte ci riflittiu, viremu soccu ci ‘a
ghiri a diri a ‘u ingegnere accussì ‘nni livamu chista..
(ieri s era era intenz ionato vediamo se stanotte ci ha riflettuto, vediam o cosa devo andare a dire all’ingegnere così ci leviamo questa…, n.d.e. ).
Il contestual e servizio di ped inam ento ed osservazione consentiva di documentare che
alle ore 12,43 i due Eucaliptus
facevano accesso presso la sede della Dia gnostica per Immagini, dal la quale uscivano alle successive ore 13.10.
La sera stessa , alle ore 19.45, veniva interc ettata un’altra
conversaz ione
tra
E ucaliptus
Salvatore
e
la
compagna
Dell’Anna Stefania:
legenda: UOMO: Salvatore Eucaliptus
UOMO:..mio padre aeri ‘u cazziamu a Onofrio se..(m io padre,
ieri lo a bbiamo cazzi ato ad Onofrio si.., n.d.e.)
STEFANIA:Mh..! Va bè.. non è che era proprio tanto incazzato
con lui..
UOMO:Non è vero ..
STEFANIA:..tuo padre..
UOMO:..ma mio padre gli ha detto le cose arra.., non è che..
‘ca si ci.. che c’aveva ‘a mettere i manu in capu.., non l’ho capito..
374
STEFANIA:Minchia.., non lo so.., che.. che. . che cazzo gli
piglia..
UOMO:..ma mancu..
STEFANIA:...venti milioni e non deve essere incazzato...
UOMO:
..non li ha pr esi venti milioni.., ma perché tu sei
sicura che li ha presi venti mili oni.., si pensava questo..,
va bè.., si pen sava questo.., come pensavamo tut ti.., ma
non era così.., perché stamattina quello gli ha dato la
conferma.., che ancora i soldi non glieli ha dati.., infatti
me l’avissi a dare rum ani.., però gliene ha dette quattro.., ora pigg hia e ci met te i mani in capu..
Dunque, Salvatore Eucalipt us spiegava alla com pagna che i l
giorno prima era andato con il p adr e dall’ingegnere e poi raccontava che suo padre si era molto seccato con Onofrio Morreale (mari to di Ignazia Euca liptus, sorella di Sa lvator e e figlia di Nicolò) p roprio per una q uestione riguardant e una
somma di venti milion i di lire.
Dallo stesso tenore della conversazione, appare assolutamente chiaro che si tra ttava di una somma che una persona indicata come “quel lo” doveva dare al padre Nicolò Eucalipt us e
che proprio quella stessa mattina aveva confermato di non
aver ancora ver sato.
Il rife rimento pr ecedente all’Aiello ed a lla esatta som ma di
venti milioni che lo stesso ha amm esso di aver consegnato in
uno con il r ichiamo inequivoco all’incontro avuto nella stessa
mattinata induce ad individuare tale per sona (“quello”) proprio nell ’odierno imputato.
Inoltre, tale co nversaz ione conf er ma che la richiesta della
somma era sta ta avanzata già il 20 gennaio, così come riferito da Ni colò Eucalipt us, e, di converso, smentisce quanto sostenuto d all’Ai ello.
Il servizio di osser vazione e pedinamento del 31 gennaio
2003, poi, consen tiva di documentare che gli Eucaliptus si
375
erano recati presso la Diagnostica una prima volta assieme
tra le ore 09.21 e le ore 09.25.
Successivamente Nicolò faceva ritorno alle ore 11.4 5 ed il figlio Salvatore alle ore 11.50, per poi allontanarsi di nuovo
insieme a lle ore 12.15.
Le vicende di quei gi orni venivano, poi, commenta te l’8 febbraio successivo nel corso di una importante conversazione,
tra
Salvato re
Eucaliptus
e
la
Dell’Anna,
intercettata
all’inter no del l’autovettur a Opel Corsa.
L’importa nza specifica di tale dialogo consiste, a giudizio del
Tribunale, nel fatto che Salvator e Eucaliptus chiariva il tipo
di relazi one ch e lega va il padre Nicolò all’ingegnere Aiello.
Suo pad re, infatti, a detta del figlio Salvatore, attribuiva una
grande i mporta nza a ll’Aiello (che t rattava quasi con defere nza) e pretendeva dai suoi congiunti che qualunque rapporto
con l’imp utato fosse tenuto esclusivamente tramite lui.
La Dell’A nna, evidentemente non ancora de l tutt o inserita
nelle logiche e nelle din amiche mafiose, mostrava una cer ta
meravigli a di ciò scaten ando la reazione di Salvatore che le
spiegava i motivi:
SALVATORE:..la mattina mi ha detto questo..
STEFANIA:Eh.., va beh.. allora?
SALVATORE:E ci rissi: “Chi è?.. come finiu ‘cu l’ingegnere.. ci
parrasti?”.. “No.., dice.. siccome martedì a..”..
STEFANIA:Eh.., te lo spiego io il motivo?
SALVATORE:.. perchè prima vuole..
STEFANIA:Eh?
SALVATORE:.. parlare ‘cu me pa.. (perché prima v uole parlare
con mio p adre, n.d.e. )
STEFANIA: No.., perché è stata tua madre a dirgli elo..
SALVATORE:Che cosa?
STEFANIA:..a Ignazia.., di lasciare stare che doveva.. doveva..
doveva
as pettar e
tuo
padre..,
e
lei
evidentemente
gliel’ha detto ad Onofrio ed Onofrio non ha fatto più niente..
376
Dunque, la moglie di Nicolò Eucaliptus aveva detto alla figlia
Ignazia,
moglie di On ofrio Morreale, che
per pa rlare
con
l’ingegnere bisognava attendere il ritorno in città del marito
Nicolò.
SALVATORE: Tu c erte cose..
(Sovrapposizione di voci)..
STEFANIA:..ecco perché..
(Sovrapposizione di voci)..
STEFANIA:..ecco qual è il motivo..
SALVATORE:...(inc..)... sotto un certo punto di vista è giusto..
STEFANIA:No!!.. non è giusto Salvo..
SALVATORE:No!!.. è giusto Stefà..
STEFANIA:..ma scusa.. ma se tu a tuo padre gli devi chiedere
pure.. gli devi chiedere pu re se..
(Sovrapposizione di voci)..
SALVATORE:No!!.. Stefà.. Stefà..
STEFANIA:..se posso andare a lavorare o se non posso andare a
lavorare..
(Sovrapposizione di voci)..
SALVATORE:.. ma.. ma.. ma tu.. ‘i sai sti riscursi Stefà?..
tu i discor si non li sai.., c ome non li sa mia mamma.., come
non.. non li sa mia sorella.., non si.. io non ci potrò mai andare là a lavora re, e allora no n lo volet e capire voi..
Eh..! io non ci potrò mai andare a lavorare.. Io potrò andare a lav orare da centomila parti.., ma là un ci pozzu
iri a travagghia re.., minchia proprio le cose in testa.. no..,
no.. A meno chè io.. picchì ‘cu ‘cu ci vai ci vai.. ti dice: “no”..
Stefania, come le altr e donne d i ca sa, evidentemente non conosceva appieno come stavano le cose: Salvatore non sarebbe
mai potut o andare a l avorar e dall’Aiello e subito dopo spiegava il motivo.
L’unica p ersona che m i può dire di sì è me Pà.., hai capito? E basta.., e tu lo sai.., picchì là.. è una cosa a rischio.. per ‘du cristia nu.. Ed è giusto che prima lui parla
377
con mio padre.., per questo tipo di discorsi qua.., no ‘ca
io a mio padre gli devo dire: “Posso andare a lavorare da na..,
non glielo devo dire.. perché n o.., io lo conosco molto meglio di
lui l’ingegnere.., ma molto meglio di lui.., io ogni giorno ci vado
dall’ingegnere.., mi mancassi ‘a mia a dirici Ingegnere “Mi pigghiassi a mia”.. Io non glielo dico.., perché prima mio padre
mi deve.. determinate cose.. mi deve dire.., per qu esto tipo di.. di situ azioni.. Minchia.., picciotti.., ...(inc..)... mancu
iddu ci potti iri.., capito?.. Io lo conosco molto meglio di lui.., e
molto prima di lui.. lo conosco.., quindi c’ho più confidenza io
che lui.. Io non ci vado!!.. Ed è giusto che va.. Ora ti faccio
vedere che mio padre mi dice: “No”.. Io lo so.., mio padre
dice “No .., l à no. ., da un’altra parte si.., m a là no..” ..
(Pausa) Que llo se succede una cosa.. a chiddu ‘u cuns umanu a ‘d u Cris tianu.., lo consumano completamente.”
Tale passaggio spiega magnificamente quale tipo d i rapporto
avesse Ni colò Eucaliptus con l’Aiello ed il livello di compenetrazione del figli o Salvatore nelle r agioni pur amente mafiose
che impon evano tutte quelle preca uzioni.
Il padre Nicolò avr ebbe potuto fa rlo lavorare presso qualunque impresa ma in relaz ione all’Aie llo certamente gli av rebbe
detto di no ed egli e ra l’ unico che poteva autorizzare una simile rich iesta all’im putato.
La motivazione di q uesto atteggiamento era chiar amente connessa all’esi genza di tutela re l’ingegnere Aiello da qualunque
rischio poten ziale ovvero anche solo di non metterlo in imbarazzo a causa della presenza di un Eucaliptus tra i suoi dipendenti (pic chì là.. è una co sa a rischio.. per ‘du cristianu ….
Quello s e succede una cosa.. a chiddu ‘ u cun-
sumanu a ‘du Cristianu.. , lo consumano com pletam ente.”).
Tali affermazio ni privano d i qualunque pregio la t esi difensiva
dell e
con tinue
estor sioni
dall’Euca liptus .
378
e
vessazioni
patite
Un atteggiamento d i simile precauzione e sensibilità appar e,
infatti, assol utamen te inconciliabile con tale tesi che presuppone l’esercizi o di violenz a e/o di minacce, anche implic ite, ed un total e disinteresse per le ragioni della vittima .
Nel caso in esame, invece, certamente ci si trova di fronte ad
alcune richieste a vanzate senza l’ esercizio di alcuna violenz a
e/o minaccia, neppure implicita, ma anzi con moderaz ione,
solo att raverso il verti ce assoluto della famiglia mafiosa di
Bagheria (Nicolò E ucaliptus), senza altri intermediari e con
la dovut a att enzion e a non mettere in imbarazzo ovvero a recare preg iudizi o all’ Aiello.
Il servi zio d i osservazione dell’11 febbraio successivo documentava, poi, che Salvatore E ucaliptus si recava alla Stazione a prelevare il pad re provenien te da Acquedolci.
Immediatamente (ore 8.04), Salvatore e Nicolò Eucaliptus accompagnavano presso la Diagnostica i due ragaz zi di Acquedolci, la cui a ssunzi one er a stata s ollecitata all’Aiello .
Dopo circa un’ora, ed esattamente alle 9. 20 i due Euca liptus
venivano osservati mentre entravano alla Diagnost ica da dove
uscivano alle successive ore 09.45.
Quella stessa mattin a, a partire d alle ore 7.59, veniva, inoltre, inter cettat a una lunga conversazione, nel corso della
quale Sal vatore Eucaliptus r iprendeva col padre l’ argomento
già trattato con la comp agna nel corso del dialogo dianzi testualment e riportato.
Anche
in
questo
caso,
ovviam ente,
il
riferimento
all’
« ingegnere » non può in alcun mod o apparire equivoco, atteso il contesto n el qu ale accadono i fatti (i due si stanno recando proprio all a Diagnost ica a lasciare i due neo-assunti di
Acquedolci) ed i l richiamo alla precedente convers azione dal
chiaro contenuto.
SALVATORE:.... C’era Onofrio ‘ca voleva parlare.. v oleva
parlare
con
cos a...
la
mamma
te
l’accennò..
l’Ingegnere pì.. pì mia.. e io c’h o detto di no..
379
con
NICOLO’:No.., no.., l’ingegnere no..
SALVATORE E io ci l’aveva ritt u..
NICOLO’:..l’ingegnere no.., avemu ‘a ghiri a consumar e
l’ingegnere nuatri..
Dunque, Salvatore riferi va al padr e che il cognato Onofr io a veva inte nzione di an dare da ll’ingegnere per sollecitare la sua
assunzion e presso una delle sue a ziende ed, assa i significativamente, Nicol ò Euca liptus lo interrompeva bruscamente dicendo “ No.., no.., l’in gegner e no:..l’ingegnere no.., avemu
‘a ghiri a cons umare l’ingegnere nuatri…”.
Secondo N icolò Eucali ptus, q uindi, si tratta va di una richiesta
improponi bile
in
quanto
loro
non
potevano
“consumare”
l’ingegnere, nel senso che non dovevano metterlo in difficoltà
per cose non strettamen te essenz iali e diversamente risolvibili
(posto che Salvatore pot eva trovare lavoro presso parecchie altre imprese in rel azione alle qu ali, evidentemente, non c’er ano
le stesse preoccupazi oni ed attenzioni).
SALVATORE: Anche picchì.., ...(inc..)... , ci stà andando a lavorare.., perché ‘u stannu facennu travagghiare iddu..
NICOLO’:Cu è?
SALVATORE:C hiddu ri.. ‘u mezzaniu (Fonetico).. so figghiu.. capito?..
(Interruzione tecnica a minuti 05.44.)
SALVATORE..minchia.. eh..rice: “chiddu ci stà ghiennu dice e tu
no..” Però ci rissi: “No.., io non..”
NICOLO’:Ma che significa chiddu ci stà ghiennu e tu no? Chi significa?
SALVATORE:Nel s enso che.. facemu travagghiare.., stai facennu
travagghiare a chiddu.. rice.. eh..
NICOLO’:Eh..,
eh..,
tutti
trava..
eh..
tutti..
‘ca
poi
si
n’adduna ‘ca su tut ti figghi ri. . Nuatri i cristiani l’amu a
rovinare. ., s e idd u.. ’i rovinamu.. ma nuatri.. piaciri un ci
‘ni senti emu..
380
Salvatore, poi, fa ceva rif erimento al figlio di mez zo (u’ mezzaniu…so figghiu) di qualche non spe cificato uomo d’ onore che
già lavo rava p resso le imprese dell’imputato ed alle voci che
gli avevano evid enziat o l’assurd ità del fatto che costui lavorasse là e lui (figlio del r eggente della famiglia) no.
Lo stes so Salvator e, co munque, riferiva tutto questo con un
certo distac co, in quanto a più riprese sottolineava la sua
condivisione del pensiero paterno (C’era Onofrio ‘ca voleva
parlare.. voleva parlare con cosa... la mamma te l’accennò..
con l’Ingegnere pì.. pì mia.. e io c’h o detto di no.. ).
Nicolò Eucaliptus, i nfatti, con espressione estremamente significati va, spieg ava e ribadiva le ragioni della sua decisione:
Eh.., eh.., tut ti trava. . eh.. tutti.. ‘ca poi si n’adduna ‘ca
su tutti figghi ri.. N uatri i cristiani l’amu a ro vinare ..,
se iddu.. ’i rovinamu.. ma nuatri.. piaciri un ci ‘ni sentiemu.. (tutti lavora… eh tutti
che poi se ne accorge che so-
no tutti fig li di…. Noi i cristiani li dobbiam o rovina re… se
non li ro viniamo ma n oi piacere non ce ne sentiam o.., n.d.e.).
Che trado tto in itali ano significa che non era cor retto imporre all’ Aiello l’a ssunzione d i tr oppi f igli di uom ini d’onore per ché ciò dava n ell’occhio e poteva comportare conseg uenze nefaste per l’imp utato che andava cautelato e non “r ovinato”.
Sempre l’11 feb braio 2003 alle ore 15.41, poi, veniva intercettata u n’altra conversazione telefonica tra Nicolò Eucaliptus e tale M arianna Pellegrino da Acquedolci, madr e di Maurizio Causerano che, da quella mattina, insieme alla fidanzata aveva iniziato a lavorare presso la Diagnostica grazie ad
una segnalazion e dell ’Eucaliptus st esso.
Il racconto appare di cer to interessante non tanto per convalidare un da to - l’assunzione dei due ragazz i – riconosciuto
pacificamente da tutti, quanto per comprendere dalla stessa
voce dell’Euc aliptus la natur a del suo rapporto con Michel e
Aiello:
381
NICOLA: Perciò, comu idda trasiu.. ..(inc.).., “Mi sembrava
che avevo fatto qualcosa di..”.., “No, signorina, non ha fatto..”.., ah.., dice: “Come si trova qua, si trova bene..”.., ci rissi:
“Questi sono i miei angeli custodi, ci rissi, come infatti ieri li
cercavo pinsannu che eranu ancora ‘u paisi e invece erano ‘cca
a travagghiari..
DONNA:Eh..
NICOLA Poi quannu iddi si ‘nni eru io ci rissi: “Mi, stamattina siamo partiti alle cinque e mezza.., ci rissi..,
malavita si fa, ci rissi ..”.., iddu rissi: “Cinque e mezza?..”..,
perciò, poi.., poi salutamu, iddi si ‘nni eru e io arristavu ‘dda,
ci rissi: “Ingegnere, ci rissi, rispittamuli sti pi cciutteddi,
ci rissi, che io ci tegnu tanto..”, rici: “Nicola, lei.., lei capisci, dici, se...”, hai capito?
DONNA:Sì, sì..
NICOLA Mi rissi, rici.. a .. debbo aggiungere altro. non c’è
bisogno di aggi ungere niente..
DONNA:Uh..
NICOLACapisti?
DONNA(ride)
NICOLA Eh, un ci vuleva diri chiù di tanto, iu stessu mi
pareva ma le a d irici. .
DONNA:Certo!
NICOLA:Giusto è?
DONNA:Certo..
Emerge, du nque, il tono accorato ma volutamente non troppo
esigente (Eh, un ci v uleva diri ch iù di tanto, iu stessu mi
pareva male a di rici.. ) di chi avanza una ric hiesta di raccomandazi one per l’assu nzione di due bravi ragazzi disoccupati che lo avevan o assistito ad Acquedolci (ci rissi: “Questi
sono i miei angeli custodi, ci rissi, come infatti ieri li cercavo
pinsannu che eranu ancora ‘u paisi e invece erano ‘cca a travagghiari”) e non certo l a pretesa violenta e minacciosa impo-
382
sta ad un soggett o del quale si dispone a piacimento grazie
alla forz a di i ntimid azione mafiosa.
In concl usione, pertanto, sia Nicolò che Salvator e Euca liptus
condividevano alcun e lin ee guida alle quali dovevano essere
informati i l oro rapp orti (e quelli degli altri uomini d’onore di
Bagheria) con l ’Aiello.
A questi, in particolare, dovevano e potevano es sere richiesti
dei favo ri si a sotto forma di finanziamenti senza ritorno (come per l’episod io dei venti milioni mai restituiti ) che di assunzioni, pu rchè di soggetti incensurati come i due ragaz zi di
Acquedolci, e com unque non immediatamente e direttamente
riconduci bili a “cosa nostr a” e ad i suoi esponenti.
Tali favori cioè dovevano essere im portanti e non puramente
voluttuar i, anda vano attentamente ponderati e, ad og ni modo, non dovevano mai rischiar e di mettere in imbarazz o o in
difficoltà l’Aiel lo, come sarebbe d i certo accaduto nel caso
dell’assu nzione di Salvatore Eucaliptus, membro di una fa miglia di sa ngue no toriamente legata all’or ganizz azione mafiosa:
“noi
a ltri
meno
ci
andi amo
nell’ingegnere…noi
dall’ingegnere ci d obbiamo andare per le cose utili nostre… punto e bas ta…
l’ing egnere no…non dobbiamo an-
dare a co nsumare l’in gegner e noi altri …”
A ben vedere, quindi, ci si trova di fronte ad un atteggia mento di elevata considerazi one, di rispettosa cautela e quasi di
protezion e verso l’A iello che, in nessun modo, possono essere
ritenuti compatibili con l’esecuzione di una serie di atti minacciosi ed est ortivi nei suoi confronti.
Nel pur mul tiforme pa norama delle vicende di “cosa nostra”,
finora non è dato co noscer e una estorsione ovvero una qualunque altra for ma di pretesa mafiosa sostenuta da così tanta affettuosa p reoccu pazione per l a vittima.
Ora, a fro nte di un quadr o di emergenze così chia ro ed univoco, la tesi dell’esisten za di continue richieste vessatorie e
383
di imposizio ni mafiose a danno dell’Aiello risulta insostenibile.
Vi è, dunque, un solo modo di spiegare la scelta degli Eucaliptus e la loro condotta alla luce della logica , dell’esperienza
giudiziar ia in materia e delle regole interne al sodalizio mafioso.
Le richieste ava nzate all’Aiello non erano il frutto di atti di
imposizione ma richieste a vanzate all’ind irizzo di chi si sa
essere un import antissi mo imprend itore legato da un rapporto di protezione con “cosa nostra” e, come tale, sostanzialmente un affili ato.
Un soggetto, du nque, da rispettar e e, soprat tutto, da tutelare
in quanto rilevan te fonte di finanziamento per “cosa nostra” e
per la famiglia mafiosa di Bagheria in modo particolare.
A fronte di tutto questo la tesi difensiva si fonda essenzialmente su due consi derazioni fonda mentali connesse entram be alla ricostruzione in chiave vittimistica della posizione
dell’impu tato.
La prima di esse consiste nell’indicazione di una ragione di
ordine sanitari o che dovrebbe ess ere alla base delle vi site d i
Eucaliptu s presso la Diagnostica.
Pur non volendosi negare che l’E ucaliptus possa anche aver
usufruito della clini ca di Aiello pe r effettuare qualche esame
in forma v erosim ilmente gratuita, i l contenuto delle sopra richiamate intercettazion i ambientali esclude che questa potesse essere la rag ione esclusiva o preminente delle sue ripetute visite.
Del rest o lo stesso im putato ha ammesso di avere r icevuto
alcune richieste da parte dell’Eucaliptus proprio in occas ione
di detti incontri e, du nque, tale prima considerazione perde
definitivamente ogni sostanziale eff icacia.
Allo stesso modo inaccoglibile r isulta anche la seconda tesi
difensiva,
fo ndata
sull ’affermazione
384
del
nett o
rif iuto
che
l’Aiello avrebbe opposto alle continue richieste vessatorie
dell’Eucaliptus.
Ed invero, solo basan dosi su qua nto ammesso dallo stesso
Aiello, agli atti risulta che questi avesse assunto due dipendenti (sia pur e per soli tre mesi) segnalati da ll’Eucaliptus e
che gli avesse fatto avere la somma di venti milioni di lire
mai più r estitu ita.
In entrambi i casi si tratta, per stessa ammissione dell’Aiello,
di fatti conc ludent i e rileva nti sotto il profilo economico posti
in essere in perfetta adesione a precise ric hieste fattegli personalmente da Nicolò Eucalp itus.
A fronte di ciò non si comprende davvero come si possa sostenere il rifiut o netto di ogni pretesa da parte dell’imp utato
alle “pressanti e min acciose” pretese dell’Eucaliptus.
L’unica spiegazione logica ed adere nte alle risultanze pro cessuali del comportamento dell’Aiello, dunque, anche per tale
percorso finisce
per coincidere con quanto si è afferma to
dianzi.
Il rapp orto esisten te tr a l’Aiello e l’Eucaliptus non era quella
tipico tra vittima ed estortore maf ioso ma, semmai, e sattamente quello descritto dal collabora tore Giuffrè.
L’Eucaliptus era il soggetto al quale, fin dai primi anni 90’, il
Provenzano ed i l Giuf frè av evano “ messo nel le mani” l’Aiello
spiegandogliene il r uolo e la posizione rispetto a l Provenz ano
personalm ente ed anch e alla famiglia di Bagheria.
Questi,
dunque,
era
perf ettamente
consapevole
dell’impo rtanza che l’imputato rivestiva sia p er il rapporto
col Provenzan o ch e come fonte di finanz iament o per la sua
famiglia mafiosa.
Entrambi erano ottim i motivi per tutelarlo e proteggerlo anche dagli eccessivi appetiti dei singoli esponenti mafiosi ovvero da richieste che avrebber o potuto esporlo a rischi evitabili ed i nutili.
385
E che questa sia la spiegazione dei sopra descr itti compor tamenti lo si ricava anche dall’esame di un altro aspetto della
vicenda.
Nello stesso torno di tempo l’Aiello si era trovat o ad affrontare anch e alcune richieste che, stavolta per interpost a persona, gli aveva rivolto Leo nardo Greco, importante e “storico”
uomo d’ono re della famiglia di Bagheria, particolarmente a ttivo fin dai primi an ni 80’ .
Le vicend e giudi ziarie del Greco e la sua lunga militanza
all’interno dell’organizzazione mafiosa di certo lo rend evano
notoriamente famoso com e soggett o altament e temib ile e dotato di u na for za intimidato ria non comune.
Eppure, come vedremo, l’Aiello che, secondo la sua tesi era
stato cost retto a ceder e alle p retese dell’Eucaliptus perché si
trattava di “pe rsona alla quale non si poteva dire di no”, nel
caso del Greco aveva opposto un secco rifiuto e non aveva
subito alcun con dizion amento dalla sua capa cità di intimidazione.
E’ a tutti eviden te la co ntradd ittorietà sul piano logico di tali
affermazi oni, posto che in entram bi i casi si tra ttava di soggetti intrin secamente munit i di una elevatissi ma capacità di
intimidaz ione che l ’imputato avrebbe dovuto avvertir e nel
medesimo modo.
Le vicen de relative alle richieste a vanzate dal Greco, tramite
sue perso ne di fiducia , possono riassumers i sinteticam ente
in due diversi episodi: la richiesta di utilizzare, per una parte
dei trasporti di iner ti, alcuni mezzi di tali fratelli Pretesti di
Bagheria e il tentativo di ottenere la gestione del bar di prossima apertura a ll’interno d ella nuova clinica sita presso l’ex
hotel a’ Zabara.
Entrambe le rich ieste erano state avanzate da soggetti vicini
al Greco, posto che questi si trovava in quel periodo sottoposto alla misur a di sicurezza detentiva ed internato presso la
casa di l avoro di Sul mona.
386
Il primo episodio, r icostruito da alcuni dipendenti dell’Aiello
(in partico lare il capocantiere Antonino Barone) e dallo ste sso
imputato, si rif eriva alla presentazione pr esso il cant iere
di alcuni ca mion dei P retest i, i quali con insistenza chiedevano di mettersi in fila insieme agli altri me zzi per effettuare
trasporti per conto d ell’Aiello.
A tale richiest a ques ti opponeva un fermo rifiuto, pur a vendo
ben compreso che si trattava di p ersone vicine a Leonardo
Greco:
AIELLO: “pe r quanto riguarda Leonardo Greco avvengono due
episodi, uno in ordine alla pretesa da parte di un’impresa di
Bagheria, un certo Pretesti, di lavorare con i propri camion,
siamo in estate 2003, siamo in piena fase di sbancamento nella parte retrostante l’ex albergo, perché stiamo sbancando per
allocare i bunker per la radioterapia. Si presenta un giorno il
signor Pretesti con dei camion, e pretende di lavorare. Ovviamente il mio capocantiere non lo fa lavorare, mi viene a riferire
il tutto, e io dico che il signor P retesti non deve lavorare
all’interno. Il signor Pretesti era quello che posteggiava i camion, è venuto sul giornale, all’interno della Icre di… confiscata credo al signor Leonardo Greco, per intenderci.”
Il teste Pampilloni a, in fatti, confer mava che gli imprenditor i
Pretesti erano considerati molto vicini al Gr eco, se non addirittura suoi soci di fatto.
La seconda r ichiesta veniva così descritta dall’imputato nel
corso del suo esame:
AIELLO: “Poi, successivamente, e siamo nel Giugno, Luglio
2003 pe r ben due volte dalla hall mi è arrivata notizia che
c’era un certo signor Greco che cercava di me, e per ben due
volte io non l’avevo incontrato. Successivamente mi viene a
trovare il signor Paladino Alessandro,
l’addetto che doveva
assieme a me gestire il bar della costruenda clinica. Mi viene a
dire che era stato avvicinato dal un certo signor Tusa, genero
del signor Leonardo Greco, che pretendeva di gestire il co387
struendo bar nella struttura sanitaria. Queste sono le richieste
per quanto riguarda Greco.”
…
“Come - dico - ma qua - ci dissi - ma qua - dico - ma la gente
viene a disturbare a noi che lavoriamo? Ma fino a posto casa ci
devono venire a disturbare?” Questa è stata la mia reazione.
Dissi: “Ma noi dobbiamo certamente da quest’istante in poi organizziamoci e… e vediamo, visto che loro sono venuti ad una
certa maniera, e tu hai detto che sei impiegato, perfetto, tu diciamo da un… per l’esterno sarai impiegato, anche se manterrai… io manterrò nei tuoi confronti… nei tuoi confronti gli stessi impegni che avevo preso precedentemente”. Affretto comunque in ogni caso l’assunzione del signor Paladino che da lì a
qualche giorno è stato assunto.”
Dunque l’Aiello, di fronte alla pretesa del Greco di appropriarsi dell a gestione del bar presso la sua clinica in via di
apertura, aveva fatt o finta di avere già assunto il Paladino
proprio con tali mansion i, in tal modo crea ndo le condizioni
per rifiutare la richiesta.
Anche in relazi one a questo secondo episodio un riscontro
preciso veniva forn ito dal teste Pa ladino che, all’udie nza del
24 maggio 2005, riferiva: “L’ingegnere Aiello aveva detto noi
siamo qui per lavorare – testualmente – siamo qui per lavorare,
per cui da questo secondo in poi non ti occupare non soltanto
del bar ma anche della realizzazione delle cucine e della lavanderia”. E quindi mi disse: “attivati subito anche in questo
senso”. E da lì a breve tempo l’ingegnere effe… dissi che avevo detto anche del fatto dell’assunzione, devo dire la verità, e
da qui a breve giro di tempo l’ingegnere mi… mi assunse ef fettivamente.”.
Entrambi gli episodi, pertanto, possono definirsi come una
ulteriore
riprova
del l’illogicità
della
tesi
vittimistica
dell’Aiel lo e m ettono in luce le contraddizioni intrinseche tra
388
le sue dich iarazi oni e le regole di buon senso dell’id quod plerumque accidit.
La figura e la po sizione dell’im putato all’interno della famiglia mafiosa di Bagher ia, invero, non era quella di un mero
affiliato ovvero di un socio di fatto del quale si poteva disporre tranquillamente.
Nessuno ha sostenu to questo nell’ ambito del presente dib attimento n é il G iuffrè né tampoco l’ Ufficio del P.M..
Egli era un importantissimo imp renditore che aveva stabilito
un “patto di pr otezione” con “cosa nostra” e lo aveva fatto
con la famiglia mafiosa di Ba gheria ma sopr attutto diret tamente con Bernar do Provenzano, all’epoca capo incontrastato
dell’inte ra organizza zione.
Da questi ed anche dal Giuffrè, egli era stato affidato a Pietro
Lo Iacono pri ma ed a Nicolò Eucaliptus poi, nell’ottica di un
rapporto preferenziale di tutela fortissima di una delle più r ilevanti e si cure (in quanto apparentemente al di sopra di ogni sospetto) fonti d i finanziamento del soda lizio mafioso.
Solo inserendo i f atti a ll’interno di questo complesso perimetro di riferim ento gli stessi ap paiono logicamente compr ensibili e co erenti tra l oro.
L’Aiello, dunque , incarn ava un r uolo di assai maggior rilievo
che andava tutelato secondo schemi ben collauda ti e modalità oper ative più artico late e gestite solo attraverso alcuni canali personali.
Il che non s ignific a che l’apporto fornito da ll’imp utato non
spiegasse i suoi eff etti nei confr onti dell’intero sodalizio o
che si estrin secasse solo entro ristretti canali soggettivi ma,
alla stessa stregua di quei componenti effettivi
del sodaliz io
c.d. “riservati”, egl i dava il suo, p eculiare e per molti versi
unico, contributo seco ndo gli schemi appositam ente stabiliti
da Bernardo Pr ovenzano ed a favore suo e dell’intera “cosa
nostra”.
389
L’Eucaliptus, quindi , non considerava l’imputat o alla str egua
di una qualunque vittim a del sistema della “messa a posto”
né di un ricco impr enditore da vessare con richi este sempre
più pressanti ma lo tu telava e lo proteggeva come un prez iosissimo anel lo di quella catena che, nel corso dei decenni, ha
consentito a “cosa nostra” di distinguersi r ispetto alle altre
forme di criminalità organiz zata.
Una esigen za di tutela estr emame nte sentita dall’Eucaliptus
anche in consi derazi one della consapevolezza che l’Aiello, oltre che attraverso cospicui e cost anti fina nziamenti, c ontribuiva al rafforzamento dell’associa zione anche riferendo preziose notizie circa l ’esistenza di indagini in corso.
Proprio in quei giorni, invero, si colloca l’episodio di rivelazione da pa rte del l’Aiell o agli E ucaliptus della presenza di
una microsp ia all’i nterno de ll’autovettura Opel Corsa in uso
a Salvatore Eucaliptu s.
E l’Aiello, dal canto suo , si poteva permettere di r ifiutar e le
minacciose pretese di un boss del calibro di Leona rdo Greco
non per un isolato e, come tale, inspiegabile atto di eroismo
personale ma solo in quanto cons apevole del proprio ruolo
all’interno delle din amiche più elevate del s odalizio maf ioso.
Egli, infatti, era mol to più d i un socio di fatto dei m afiosi di
Bagheria e, mantenen do una sua sfera autonoma di operatività d’impresa, aveva stipulato un accordo di protezione direttamente col Provenzano, cosa che, tra l’a ltro, gli consentiva di rel aziona rsi so lo con soggetti selezionati e con modalità
predisposte proprio p er lui.
Ed a tale proposito un’altra d elle contro-prestazioni che
l’Aiello fo rniva nell’ottica sinallagmatica di tale patto di protezione era costi tuita dalla disponibilità ad a ssumer e dipendenti su indicazione di esponenti m afiosi.
E’ bene premetter e che delle varie contro-prestazioni insite
nell’accordo
sinallag matico
dianzi
390
lungamente
delineato,
questa risult a certamen te quella meno significativa sia per
l’Aiello che per “cos a nost ra”.
Si è a ppena visto , invero, come l’Eucaliptus ritenesse poco
opportuno segn alare l’assunzione di uomini d’onore ovvero di
loro parenti stretti, proprio per quelle esigenze di tutela di
cui si è detto.
Di conseguen za le assunzioni a seguito di raccomandazione
mafiosa, gioco forz a, non potevano risultare significativamente incidenti su gli organici del personale dipendente delle imprese facenti capo al l’Aiello.
Ed infat ti, come correttamente evidenziat o dalla dif esa, il
numero dei casi individuati di soggetti imparentati con mafiosi è assai esiguo rispetto al consistente numero dei dipendenti (circa 3.000 tra l’ 83 ed il 2003) transitati nei libri m atricole delle imprese dell’ingegnere Aiello.
Ciò nonostante, tra i dipendenti di dette società sono emersi
casi di so ggetti direttamente implicati in pr ocessi per associazione mafiosa ovvero con legami mafiosi.
Tra tali casi vi è quell o di Pietro Scaduto (impiegato presso la
società ST RADEDIL s.r.l.) il qua le versava in regime di semilibertà e, dunque, propri o grazie a ll’assunzione dell’Aiello ha
potuto benefici are di una m isura a lternativa alla detenz ione.
Quello di Francesco Sc ordato (sempre in regime di semilibertà) e, sop rattut to, di P aola Mesi, sorella di Maria e di Francesco Mesi, di cui si è gi à detto, la quale era s tata anche socia
ed amministratrice di una delle società del gruppo Aiello.
Vi è, i noltre, il caso di Maria Rosa ria Castello, sorella di Simone Castello , condanna to per associazione mafiosa qua le
membro del sodalizio con r apporti fiduciari diretti con Ber nardo Provenzan o.
E quell o di Pietr o Badami, fratello di Ciro e Salvatore, originari di Villafr ati, tratti in arresto dalla Squadra Mobile di Palermo nell’ambito della cosiddetta operazione “Grande Man-
391
damento” per il reato di assoc iazi one per delinquere di tipo
mafioso.
Il Maggiore Miul li ed il teste Sancricca, infine, ele ncavano alcuni altri casi che, oltre alle due assunzioni ottenute da Nicolò Euca liptus di cui si è detto, completano l’argomento.
Rimane, comunque, il rilievo preliminare in forza del quale
dette assun zioni esi stono, confermano l’assunto del Giuf frè
ma, per le suddette considerazioni e comunque obiett ivamente, rappr esentano un dato statistico non rilevante.
Semmai è propri o la compresenza di dipendenti parenti di
mafiosi e di uomin i dello Stato che conferma una volta ancora la personalità multiforme dell’imputato, il quale era solito
stringere patti e fare favori
a tutti coloro i quali potevano
contribuire al consolidam ento del suo potere in ogni direzione.
Del resto, agli atti del processo esiste anc he un a ltro dato
probatori o univocamen te significativo del fat to che la disp onibilità d ell’Ai ello ad assumere par enti o amici di soggetti inseriti o vicin i a “cosa nostra” fosse notoria agli ad detti ai la vori.
Si inten de fare riferimento a d alcune conversazioni intercettate a carico dei fr atelli Rinella di Trabia che, è bene precisarlo, si l imitano a confermare ta le dato oggetto di dim ostrazione e n on costituiscono prova d i alcuno sp ecifico addebito.
392
Le
i n t er ce t ta zi on i
ne ll’ am b i to
d elle
in
p ar o la
ind a g in i
so n o
s ta te
f in al iz z ate
a lla
r e gis tr a te
c at tur a
de ll ’ all or a la ti ta n te S alv a to re Ri ne l la, c ap o d el la f a m igl ia
m afi os a d i Tr ab ia ed h a nn o vis to co m e pr o ta g on is t a il
fr a te llo D ie go .
C os tu i, d i ver sa m en te d a qu an t o s o s ten u t o d al la d i fes a ,
ol tr e ad e ss er e il fr ate l lo d el c ap o d e ll a fam i g li a m a fi osa
di Tr ab ia , ve niva tr at to in ar r es to il 2 0 s et te mb r e 20 02 e
cond an n a to in v i a d e fin i ti va pe r e s tor sio ne ag gr a v at a e
pa r te c ip azi o n e a d as s o cia zio n e m afi os a .
N on s i tr a tta , du n qu e, d i u n in c en su r a to
c o l qu a l e
l’A i e ll o a v ev a m er i r ap p or ti c om m er cia li di for ni tu r a di
m at er ial i p e r l’ed il iz ia m a di u n s og ge tto qu a lifi c ato p er
pre c ise co nn ot azi o ni m af io s e si a di ti po p er son a l e ch e
fa mi li ar e.
Di eg o R in e lla n el le co nv er s a zio n i c h e s e gu o n o d is c u tev a
con l a nip o te An g el a, fi g li a di s u o fr a te llo S alv a tor e Rine ll a, a p r op os ito d i un a p r o sp e ttiv a di lav o r o pr e ss o l a
cl i ni ca d i M ic h el e A i ello .
Nella conversa zione del 26 novembr e 2001, emer ge l’intensità
dei rapp orti tra l a fam iglia Rinella e l’odierno imputato ed
appare chiaro come anche lo stes so latitante, a mezzo dei
consueti “piz zini”, fosse stato inter essato di detta vicenda ed
avesse mand ato a dire: Diego " lui mi ha detto di portargli cinquanta litri d’olio…per Michele AIELLO…te lo tieni caro, perché
è importante, capisci…".
Nella conversa zione del 17 gennaio 2002,
Diego Rinella di-
scuteva ancora con la nipote:
RINELLA: Tu à sentiri… à sentiri a mia, io per te, come prima
cosa, io per te come prima cosa è… ddocu a clinica. Io ti dicu
ca tu ci va finisci ddocu, a prescindere di chiddu chi dici iddu,
picchì io cu Michele AIELLO, sebbene l’ho conosciuto tramite
lui, però per i rapporti che sono rimasti, ca mi manna i saluti
cu Zù Piero, quannu ci vaiu pa TAC un si paga mai… io sono di
393
chiddu ca non s ono stato mai invadente nei suoi confronti, ha
statu sempri iddu a circari a mia,
Quindi… per i rapporti che io c’haiu cu chiddu, qualsiasi cosa
c’ho chiesto mi ha accontentato sempre, sempre! ! “.
Dunque, il p rimo pro getto dello zio per la sistemazione l avorativa della fig lia del latitante è pr oprio la clinica dell’Aiello
perché questi è sempre stato a disposizione, ha m andato i
saluti con l o zi o Piero R inella, no n si è mai fatto pa gare in
occasione di TAC ed altri esami etc. etc..
A tale proget to, ancora una volta e come per Nicolò Eucaliptus, Salvato re Rinella er a contrar io come appare chiaro dal
contesto della frase e dall’inciso “a prescindere di chiddu chi
dici iddu” (a prescind ere da quello che dice lui, n. d.e.).
RINELLA: U sai iddu chi cosa pensa? Siccome, diciamo, eh…
come si dice in gergo stupido “ù paisi è du paisanu”, l’ha
‘ntisu
diri
mai
quannu
dici
“ù
paisi
è
du
paisanu
e
(incomprensibile)”, ed è così, (incomprensibile), che a Bagheria
ci sunnu centucinquantamila cristiani, e questo è amico pure di
altri amici, è giustu? No chi è amico di sti amici proprio
accuddì, nella sua… è misu a banna ca un si strica troppu
assai, è d’accussì
ANGELA:Uh !
RINELLA:E’ amico, per non è… picchì, sai, c a sanità, chi
cosi… siddu è ca… verrebbe ad essere intaccato. Ma
siccome iddu ddà ci sunnu avutri, allura iddu che cosa
pensa, che prima verrebbero chiddi di Bagheria
ANGELA:Iddu sempri…
RINELLA:Sempri d’accussì
ANGELA:… un vol i dari disturbo
La contrarietà del padre Sa lvator e è presto e bene spiegata
dallo zio Di ego con un iniziale richiamo ad un detto: “il paese
è dei paesani”.
Michele Aiello, pu r essendo sempre stato a disposizione di
tutti, era di fatto sotto l a competenza della f amiglia mafiosa
394
di Bagheria , motivo per il quale, secondo il pensiero di Salvatore Rinella come sintetizzato da fratello Diego, prima dovevano venire gli interessi e le richieste dei ba gherioti e poi
quelli degli al tri uo mini d’onore di altre fam iglie.
E ciò anche alla luce del fatto che l’Aiello oper ava nel d elicato settore della sa nità privata e rischiava di essere “intacca to” da tr oppe richieste di a ssunzioni di parenti di mafiosi.
Tale conversazione, r egistr ata in contesti territor iali e temporali
del
tutto
auto nomi,
corrobora
in
pieno
il
pensiero
dell’Eucaliptus, come registrato agli inizi del 2003, e raff orza
il superi ore convinci mento.
A fronte di un contenu to così ineq uivoco e specifico delle richiamate co nversa zioni non appare fondamentale quanto sostenuto dalla di fesa a proposito dell’esistenza di rapporti
commerciali tra l’im putato e l’impr esa di commercio di materiali per l’edi lizia dei Rin ella.
Non si dubita in alcun modo che tra costoro e l’Aiello vi siano
stati anche rapporti comm erciali, dimostrati peraltr o documentalmen te attraverso le f atture prodotte.
Il punto è che l’esistenza di tali ra pporti leciti non spiega né
giustifica il con tenuto delle conver sazioni suddette che rimane agli atti in tutto il suo porta to probatorio.
Né appare neppure così importante financo lo stesso fatto
storico della rich iesta di assunzione avanzata da Diego Rinella in favore della nipote (circostanza peraltro a mmessa dallo
stesso Ai ello n el cor so del suo esame).
Ciò che con ta maggiorm ente è il dato del rapporto esistente
tra l’imput ato e la famiglia mafios a di Bagheria che doveva
avere l a pre ferenz a nel la sua “gestione” e, soprattutto, la
conferma della contrariet à di Salvatore Rinella (di certo più
addentro
di
tutti
i
familiari
negli
affari
ma fiosi)
all’assun zione della figli a presso la clinica dell’imputato per
le medesime ragi oni sostenute due anni dopo da Nic olò Eucaliptus in relazione a ll’assunzione del figlio Salva tore.
395
Emerge, cioè, una impressionante convergenza tra le idee dei
due capi m afia a proposito dell’esigenza di tutelare l’Aiello da
assunzion i inoppo rtune, c ircostanz a che conferma il tipo di
rapporto esistente tr a l’imputato e “cosa nostra”.
Sotto alt ro profilo il contenuto delle suddet te conv ersazioni
intercettate fornisce a nche confe rma dell’esistenza di un
rapporto persona le dell’ imputa to con tutti e tr e i fratelli Rinella e cioè n on sol o con Diego e Piero, come sostenuto
dall’Aiel lo, ma anche con il latitante Salvatore.
Ciò, evidentemente, riscontra le dichiarazioni del collaboratore Giu ffrè e sme ntisce la tesi dell’Aiello che si limita, come
sempre, ad ammettere quanto altrimenti dimos trato ovvero
quanto no n logi camente nega bile.
Le rivelazioni di notizie e la posi zione di Giorgio Riolo
All’inizio dell’esame della posizione processuale dell’imputato
Michele Ai ello, con specifico riferimento all’imputaz ione pr incipale di cu i al capo a) dell’epigra fe, si è segnalato come questi, nel l’otti ca di un tipico “patto di protezione” con “cosa nostra” e col Proven zano in particolare, avesse assunto su di sé
alcune ob bligazioni a titolo di contr oprestazione.
Il rapporto instaurato, infatti, era di tipo sinallagm atico, nel
senso che prevedeva presta zioni e controprestazioni da parte
dei contr aenti.
E si è visto come le prestazioni for nite dal sod alizio mafioso
abbiano,
di
fatto,
agevolato
lo
sviluppo
delle
imprese
dell’imputato, condizi onando il mercato e consentendogli di
ottenere posi zioni domin anti e va ntaggi economici altrimenti
non conseguibili in quei termini ed in quelle proporzioni.
E ciò anche ten uto conto del fatto che la protez ione viene offerta e garantita dal lo stesso soggetto che poi rappresenta il
pericolo che la rende necessaria.
A fronte di tutto que sto, l’ Aiello a veva assicurato alcune controprestazioni costituite da singole elargizioni di som me di
396
denaro, da continui f inanziamenti attraverso il sistema di
“messe a posto”
appositamente predisposto dal Provenzano
ed anche dalla concreta disponibilità ad assumere dipendenti
segnalati da esponenti mafiosi.
La prova più evi dente dell’importanza del ruolo d i Michele
Aiello per “cosa n ostra” è costituit a dal f atto che d ei suoi af fari si è personalmente interessato, per svariati anni, il capo
assoluto del sodali zio, Bernardo Pr ovenzano, il quale riser vava tale p rivilegio a pochis simi selezionati soggetti.
Ridurre i l ruolo dell’A iello a quello di mero finanziatore del
sodalizio, per tanto, risponde ad un’esigenza di frammentazione del quadr o probatorio che, oltre ad essere contrari a agli
insegnamenti della Corte regolatrice, finisce per crear e un
vulnus nel percorso di avv icinamento alla verità processuale.
Egli era certamente un ott imo finanziatore (essend o stato per
anni tra i primi contribuenti sicilia ni) e, soprattutt o, un “investimento sicuro” sotto il profilo della continuità nel tempo
e delle complessive u tilità.
Ma di sicuro la p rincipale attr attiva che l’imputato ha esercitato per il Provenzano era costituita, come spiegato bene dal
Giuffrè, dalle cono scenze in a mbito istituzionale , dai rapporti
con vari espon enti politici, dalla rete relazionale creat a con
amministratori
locali,
impr enditori
e
pubblici
funzionar i,
dall’inserimento nel ricco mercato della sanità privata e, soprattutto , dal la capacità di acquisire notiz ie segrete su indagini in corso.
A giudizi o del Colleg io, infatti, è rimasto dim ostrato, in modo
chiaro
ed
inequivocabile,
come
l’Aiello
ab bia,
attraverso
Giorgio Ri olo, sistemati camente ricercato ed a ppreso notizie
coperte da segreto su delicate inda gini in cor so in materia di
criminalità org anizzata.
Indagini – è b ene chi arirlo fin d’or a e nettamente – rispetto
alle quali l ’Aiello non aveva alcun interesse cognitivo personale, nel se nso che si trattava, in ogni caso, di attività inve397
stigative che non riguardavano per nulla né lui né le sue aziende.
Tale dato inizia le appare estrema mente signif icativo intanto
perché sgombra il terren o da ogni dubbio circa una possibile
coinciden za occasio nale di interess i che avrebbe potuto condizionare l’agi re del l’imputato.
Michele Aiello, inf atti, si è anche attivamente interessato d i
ricercare notizi e concer nenti le indagini in corso su di lui sia
per associazio ne mafiosa che per tr uffa ma ciò non ha nulla a
che fare con il comple sso sistema di acquisizione di notizie
riservate che si sta esaminando e che ha avuto ad oggetto solo ed esclusivamente indagini a carico di alt ri soggetti.
Ed allora appa re, fin da subito, chiara la difficoltà di spiegare logicamente una simi le continua e sistematica attività di
acquisizi one di in formaz ioni copert e dal segreto circa lo svo lgimento di importantissime attività investigative su “cosa nostra” e su parecchi suoi memb ri a nche di vertice, tra i quali i
latitanti Bernardo Pr ovenza no e Ma tteo Messina Denaro.
La difesa, invero, non ha fornito alcuna sp iegazione a tale
proposito, essendosi impegnata a sottolinea re i dubbi circa la
dimostrazione del ruolo di istigator e, specificatamente contestato all’Aiello, ci rca le moda lità di apprensione delle notizie
ed, infin e, circa l’effettiva segr etezza di talune di esse.
E lo stesso imputato, ad onta delle sue capacità dialettiche
ed argomentative, non ha saputo fornire alcun plausibile motivo che lo avrebb e dovuto spingere ad interessarsi per a nni
di indagi ni seg rete che non lo riguardavano in alcun modo.
Tuttavia, dalle emergenze processuali e dalle confessioni del
Riolo si ricava una conti nua e sistematica
attività d i ricerca
di notizie riservate da parte dell’imputato su fatti e persone
che nulla, apparentemente, avevano a che fare con lui.
Di questo “fatto conclu dente” si deve pur dare una spiegaz ione e l’unica ch e appare logica mente valida e conforme alle risultanze processuali è quella che è stata for nita dal P.M..
398
L’Aiello, cioè, sistemati camente apprendeva notizie sulle indagini svolte in modo particolare da parte del R aggrup pamento Operativo Speciale del quale faceva parte il suo principale informatore, Gio rgio Riolo, per poi a sua volta fornirle
ai sogget ti coi nvolti dalle indagini medesime.
E ciò in adesione al su ddetto patto di protezione che prevedeva, tra le contro-prestazioni che l’imputato era in grado di
fornire a “cosa nostra”, proprio q uella –preziosissima e di
centrale i mportanza - costituita dalla rivelazione d i notizie
segrete.
Agli atti è emersa la pr ova palese di tale attività sistematica
di acquisiz ione di notizie rilevanti per l’inter a organizzazione
posta in essere da parte dell’Aiello.
Viceversa,
la
prova
dell’ulteriore
passaggio
delle
notiz ie,
dall’Aiel lo ad espo nenti mafiosi, si è avuta piena mente in un
solo caso: quello della rivelazione dell’esistenza di una microspia nell ’autov ettura Opel Corsa di pertinenza di Salvatore Eucali ptus.
Tale dato inequivocabil e va appr of ondito per la sua centrale
importanz a ed allo scopo di fornire una lettura dei fatti
quanto pi ù aderente possibile alla r ealtà.
Intanto, esso dimostra come la tesi accusatoria – che già si
era imposta com e l’unica plausibile in termini di coerenza logica – sia corretta ed abbia trovato conferm a nelle emergenze
processuali.
L’episodi o pienamente prov ato, invero, dimost ra che la cont inua ed assillan te ricerca di notizie da parte dell’Aiello non
era frutto di una semplice, mor bosa curiosità ma della precisa volontà d i app render e importantissimi segreti investigativi
da far per venire anche ad esp onenti mafiosi di ra ngo, al fine
di eviden ziare l’importanza del proprio ruolo e contribut o.
Almeno in un caso, in fatti, l’Aiello, dopo aver appreso la notizia segreta, l’aveva a sua volta fatta pervenire ai soggetti
sottoposti alle ind agini, Salvatore e Nicolò E ucaliptus, con
399
ciò determi nando il rinvenimento d i una microspia e la totale
perdita d i effi cacia di una importante attività investigativa.
Dunque, sotto il profilo oggettivo e funzionale la condotta
dell’impu tato è risultata dim ostrata e rivela la sua natura ed
il suo scopo.
Inoltre, essa, per la sua univocità e chiarezza pr obator ia, i nduce a ritener e estrema mente probabile che tale successivo
passaggio d i notizie ad esponenti mafiosi si sia verificato anche in relazion e ad a lmeno alcune delle altre notizie r iservate
che saran no ogg etto della prossima disamina.
Ciò non toglie che, alla luce delle regole ermeneutiche in
premessa r ichiamate e dei ricevuti principi f issati dalla giurisprudenza di legittimità, non può afferm arsi con assoluta
certezza che l’Aiell o abbia a sua volta rivelato a nche le altre
notizie
apprese
dal
R iolo
e
da
altre
f onti
a
membr i
dell’organizzaz ione m afiosa.
E ciò pur a pparendo tale dato consequenziale ed estremamente
probab ile
speci e
in
alcuni
casi
in
cui
i
sintomi
dell’ulteriore ri velazi one risultano molteplici e le connessioni
temporali estremamente significative.
Del resto, lo stesso P.M. ha sostanzialmente fatto propria
questa impostazion e interpretativa , come si rileva dalla stessa lettura del cap o A) della rubrica nel quale si fa riferimento
a notizie “che lo stesso Aiello trasferiva, almeno in parte, ad
altri esponenti mafiosi tra i quali Eucaliptus Salvatore…”.
Pertanto, in conclu sione di t ale premessa può aff ermars i che
l’Aiello ha, in modo attivo e continuativo, ricercato notizie attraverso princip almente il Riolo e che certamente in un ca so
le ha, a su a volt a, rive late agli esponenti m afiosi interes sati
dalle indagini (Salvat ore e Nicolò Eucaliptus) e con notevole
probabilità lo ha fatto anche in altri casi.
Di certo egli costituiva u n fondamentale canale d i apprensione
di
notizie
riservate
sulle
sull’orga nizzazione m afiosa .
400
indagini
in
cor so
Ciò conferma qu anto r iferito dal Giuffrè e da altri collaboratori cir ca il fatt o, not o negli am bienti di “cosa nostr a”, c he il
Provenzano avesse una fonte segreta e che attingesse notizie
riservate “da Bagheria”.
Ciò posto, va detto che i vari episodi di rivelazione di notizie
segrete da parte del Riolo all’Aiello costituiscono, ad un tempo, l’oggetto speci fico delle contestazioni del reato di c ui
all’art. 326 cod. pen. n onché un contributo rilevante ai fini
delle contestazioni di cui ai capi A) per l’Aiello e C) per il Ri olo.
Sotto il profilo dell ’anali si probator ia, tutti gli episodi di rivelazione n ascono dalla confessione inizialmente resa, in modo
del tutto aperto e cr edibile, dall’imputato Giorgio Riolo.
Questi già verso la metà del 2003 aveva dato segnali chiari di
viva preoccupazi one per la piega che le cose stavano prendendo, sentiva forte il rimorso per aver r ivelato al Borzacchelli la notizia dell’esistenza di microspie in casa Guttadauro e temeva di poter essere sospettato di tale rivelazione, posto che l e micr ospie erano state r invenute.
Aveva, cioè, inizi ato un percorso personale di rivisitazione
critica delle sue cond otte e del suo ruolo di pubblico ufficiale
e servitore dello Stato.
Tale percorso aveva subito una violenta acceler azione a partire dal giorno dell’a rresto, avvenuto il 5 novemb re 2003 ,
tanto che i l Riolo aveva subito una vera crisi di identità e d i
valori che lo aveva portato a rimettere in discuss ione tut ta la
sua vita.
I sentimen ti di profonda vergogna e di pentimento nei confronti delle Istituzi oni e la consap evolezza di avere sostanzialmente
tradit o
il
giur amento
di
fedeltà
allo
Sta to
ed
all’Arma dei Ca rabini eri gli avevano causato una vera e propria “sindrome depressiva maggior e”, come diagnostica to dal
dottore Maurizi o Marg uglio nella perizia in atti.
401
Tale con dizione psicologica ed interiore, tuttavia , a giudizio
del peri to (cfr. udienza del 1 0.10.2006), non gli aveva impedito di ricordare e riferire compiutamente gli accadimenti né di
mantenere il co ntroll o di sé e della sua volontà.
In termin i gen erali, non a veva “in alcun modo compromesso le
sue
capacità intellettive, volitive e di memoria” (cfr. Margu-
glio).
Uno dei riflessi di tal e situaz ione personale del Riolo, certamente il più signif icativo ai nostri fini, è costituito dal fatto
che questi, nel corso di più interrogatori successivi ed attraverso un m emoriale dallo stesso redatto e consegnato a i
PP.MM., abbia deciso di confessare tutte le sue responsabilità penali e di chiamare in causa altri soggetti coinvolti nei
fatti.
Una delle prime confessioni riguardava la rivelazione a Michele Ai ello, nel corso degli anni, di moltissime notizie concernenti le atti vità che il R.O.S. dei Carabinieri conduceva
nelle provi nce di Paler mo e Trapani, ed, in particolare, quelle
finalizzate alla cattura dei latitanti di mafia
Bernar do Pro-
venzano e Matteo Messina Denaro.
Tali rivelaz ioni costituiva no fatti penalmente rilevanti assolutamente scon osciuti agli inquir enti e dei quali il Riolo stesso
non era a ccusato né sospettato all’atto del suo ar resto.
Tale circostanza va a deguatamente considera ta anche alla
luce dei sopra r ichiam ati insegnamenti della giur isprud enza
di legittimità.
Giorgio Riolo non si è l imitat o ad ammettere uno o più fatti
dei quali era già sospettato ed in ordine ai quali si era già
cristalli zzato un autonomo quadro probatorio od anche solo
indiziari o.
Egli ha, compiutamente e per la pr ima volta , descritto innumerevoli epi sodi di reato dei quali i rappresentanti della Procura della Repub blica e gli investigatori non avevano alcuna
conoscenz a.
402
Tali confessioni oggi costituiscono l’ossatura ce ntrale non solo del reato-fine di rivelazione di no tizie segr ete ma anche dei
reati associati vi di tipo mafioso, ad ulteriore dimostraz ione
dell’asso luta rilevan za delle dichiar azioni rese dall’imputato.
Quanto al contenuto di dette conf essioni, l’esame specifico
dei singoli episo di dimostra com e pressocchè ogni aspetto in
punto di fatto riferito dal Riolo sia risultato vero e riscontr ato dalle ulteri ori emergenze processuali.
Ciò
comp rova,
ancora
una
volta,
la
sincerità
dell’atteggiame nto dell’imputato il quale, almeno inizialm ente, ha i nteso dimostrare il suo autentico ravvedimento attraverso la piena confessione di ogni sua colpa.
Sotto il profilo d ell’uti lizzab ilità dei singoli mezzi di prova, va
segnalato che i verbali degli inter rogatori resi dal Riolo nel
corso del le indagini preliminari e d egli esam i resi nei collegati processi di pr imo grado a car ico del Borzacchelli e de l Miceli so no confluiti, sull’accordo delle parti, all’interno del fascicolo del dib attimento.
Gli ste ssi, tuttavia, sono pienamente utilizzabili nei confronti
del solo Rio lo posto che per tutti gli altri imputati, che non
hanno prestato il consenso, l’utilizzabilità è sogget ta alle restrizioni previ ste dal codice di rito.
Assolutam ente utilizzabile, invece , proprio per la sua intrinseca natura documentale , è il memoriale redatto dal Riolo e
spontaneamente of ferto all’A.G. che, come si dirà , presenta
alcuni co ntenuti di sicuro rilievo.
Ciò premesso, l’analisi d el complessivo comportamento processuale d el Riolo va estesa anche alla fase di battime ntale
dove le cose si sono evidentemente complicate.
Il mancato consenso espresso dall’ Aiello all’utilizzazione dei
verbali e l’obiettiva complessit à dei temi affrontati hanno determinato la necessità d i un lungo e faticoso esame dibattimentale (protrattosi per svariate udienze) da parte del Riolo,
il quale talora ha mostrato segni di stanchezza e si è co n403
traddetto costrin gendo il P. M. ad operare numerose contestazioni.
Per buona pa rte di ta li contestazioni il Riolo ha finito per
confermare, si a pu re faticosament e, il contenuto delle proprie iniz iali dichiar azioni.
Solo in alcune circostanze l’ imputa to ha mostrato segnali definitivi di con traddi zione ed ha reso dichiar azioni sostanzialmente diverse da quelle inizi almente riferite e già in altre sedi confermate.
In tutti i casi si tr atta, assai signif icativamente, di dichiara zioni c he riguardano la posizione del coimputato Michele
Aiello, al quale il Riolo è stato legato da un vincolo assai forte e comp lesso.
L’Aiello, infatti, ha d a se mpre eserc itato una fortissima capacità di co ndizionament o dell’assai più fragile Riolo fondata
sia su caratteristiche soggettive indicative d i maggior e personalità, che sull a posizione socio-economica e sugli str umenti intellettuali e di convincimento.
Egli, in un a parol a, è stat o capace di rappresentarsi al Riolo
in un modo assai diverso da quello reale, dimostrando di e ssere suo amico senza esserlo, f acendosi pa ssare per vittima
di richieste di pi zzo e di varie form e di minacciose pretese da
parte d ella mafia, descrivend o fantomatici complotti ai suoi
danni orditi da gruppi e da par titi politici a lui contrapposti
ed inducendo in lui la cer ta convinzione che si t rattasse di
una “persona per bene” ed al di sopra di ogni sospetto.
Per comprendere appieno l’esistenza di un r apporto così sbilanciato tra i due, appare fondamentale la conoscenza diretta, o quantomen o documentale, delle rispett ive deposizioni
degli imputati.
Laddove il R iolo è risultato fragile e talora confuso e sta nco,
l’Aiello ha sem pre dimostrato la s ua fredda lucidità, senza
mai perdere il contro llo ed attenendosi, con glaciale determinazione, nonostante otto lunghe udienza e circa quaranta ore
404
di esame dibatti mental e, alle linee guida della sua nuova linea di difesa, improntata al sosta nziale r idimensionamento
di tutte le amm ission i fatte durante i primi interr ogatori.
Tali asp etti caratteriali unitamente alle emergenze re lative ai
fatti pe r cui è p rocesso, sp iegano come l’Aiello sia stato nelle
condizion i ed abbia in concreto strumentalizzato il Riolo, inducendolo, anch e con gratif icazioni materiali e con aspettative fortemente condizionanti, a f idar si di lui ed a rivelargli notizie riservate.
Tale con dizion e integra pienamente, a giudizio del Tribunale,
i carat teri legal i tipici del ruolo di istigator e, specificatamente contestato all’Ai ello i n rela zione all’attività di acquisizione
di notizi e da parte del Riol o.
Intanto, perché n on si tr atta di casi spor adici ed isolati m a
di continue e sistemati che richieste di notizie dura te per oltre quatt ro ann i.
Circostanza del tutto incom patibile con l’evento casuale, con
la mera curi osità all’i nterno di un rapporto di amicizia o con
il “parlare del più e de l meno”.
Inoltre, il ri corso a frequenti incontri, quasi semp re sollecitati dall’A iello stesso, nel corso di ognuno dei qua li ques ti
chiedeva al Riolo “cosa fate di buono?” c on riferimento a l
R.O.S. dei Carabi nieri ovvero “tu cosa fai di bello?”, sempre
in relazione al le attivi tà investigative in corso di esecuzione
da parte sua, appare univocamente indicat ivo di una precis a
e deliber ata in tenzio ne di venire a conoscenza di indagini riservate.
Come vedr emo dur ante l ’esame dei singoli casi, talora, addirittura, l’Aiello veicola va gli argom enti che intendeva approfondire col Riolo, ini ziando lui a pa rlare in ter mini negativi di
qualche mafio so (come l’Eucaliptus o il Filippo Guttadaur o)
per carpire qualche indi screzione circa eventuali attività investigative in corso in quel frangente.
405
La lettura complessi va di tali modalità concrete di condotta
alla
lu ce
dell’intero
contesto
probatorio
esclude
l’ammissi bilità, anch e solo a livello ipotetico, che si tra ttasse
di semplici scambi di co nvenevoli tra vecchi amici o di mera
curiosità.
Anche perché agli atti risulta l’esistenza di un rapporto di
collaborazione, di scambio di fa vori e prestazioni ma ne ssuna
indicazio ne dell’esistenza di un r apporto di amicizia tra il
Riolo e l’Aiell o, il quale teneva vicino a sé il primo per ragioni
pratiche ben determinate dandogli in cambio non amic izia ma
posti di lavoro e prestiti senza vincolo di restituzione.
La difesa del Riolo, per altro verso, ha messo in luce la diff icile posizione del suo assistit o che, all’epoca dei fatti, sar ebbe stato un “eroe nascosto” autore di imprese investigative di
primo
pi ano
ma,
suo
malgrado,
costretto
all’anoni mato
dall’assolvimen to di comp iti per definizione segreti e che, in
nessun caso, po tevano esser e resi noti a terzi.
Ma se così stavano realmente le cose, allor a davver o non si
comprende la ragione per la qua le il Ri olo, pur c ostretto
all’anonimato ed alla tota le riservatezza, rifer isse per filo e
per seg no al l’Aiello m oltissime delle indagini che stava svolgendo mentre queste erano ancora in corso e, quindi, segretissime.
Eppure una spiegazione di tale continuativa attività di rep ortage di notizie riservate – quella che, con espressione davvero
adeguata, il P. M. ha definito una sorta di “alternativo mattinale” – ci doveva essere e, certamente, non è stato fornito
dall’Aiel lo, il quale ha minimizzato e banalizzato tutto relegandolo alla stregua di uno spora dico chiacchiericcio tra amici.
L’autenti ca m otivazi one di tali condotte e l’unica che sia
supportat a da un ragi onamento logico e cor robora ta da lle
prove i n atti è proprio q uella sostenuta con efficacia dalla
pubblica accusa .
406
Dunque, agli atti vi è la prova delle motivazioni individuali
(le
assunzioni
della
moglie
e
del
fratello,
l ’aiuto
e
l’inserimento in un circu ito relazionale di elevato livello), delle modalit à induttive della condotta dell’Aiello, del suo car attere contin uativo e sistemico e della necessità di una spiegazione logi ca e con vincen te della stessa che non può che coincidere univocam ente con la tesi a ccusatoria.
Tale complesso rapporto fortemente condizionante, con t utta
evidenza, h a finito p er influire sulla fragile personalità del
Riolo anche durante il dibattimento di primo grado.
Nel corso d el processo, i nfatti, ha dapprima r eso il suo lunghissimo esame l’Aiello, il quale evidentemente con le sue dichiarazioni ha cond iziona to anche alcuni passa ggi del successivo esame del Rio lo.
A tale conclusione si deve pervenire necessa riamente visto
che le uniche divergenze palesate dal Riolo in dibattimento,
rispetto alle sue ini ziali deposizioni, riguardano solo ed unicamente l’Ai ello e che le correzioni di tiro si sono perfettamente
ad eguate
e
conformate
alle
pr ecisazioni
che
quest’ult imo ha fatto nel corso del suo esame .
Si tratta di un duplic e cambio di atteggiam ento processuale
che può ind urre il sospett o di un accordo esplicito tra i due
imputati, in consid erazione delle rilevanti similitudini de lle
modifiche riscontrate che fanno ri tenere quasi sovrapponibili
le nuove dichia razion i.
Tuttavia, ad un esame pi ù attento emergono immed iatamente
delle differenz e sostanziali legate solo in parte alle maggiori
capacità indivi duali dell’Aiello r ispetto al Riolo.
Il cambi o di linea difensiva dell’Aiello, invero, non solo app are posto in essere con ben maggiore lucidità e freddezza ma
risulta i nteramente mirato a sovvertire le ammissioni che
l’imputat o aveva reso subit o dopo l’arresto.
407
Ammissioni evidentemente rese al chiaro fine di ottenere solo
dei benefici processuali senza alcun segnale di sincera resipiscenza, anche solo parziale.
Non che l’imputato, ovviamente, fosse tenuto a d amm ettere i
fatti né a confermare in aula le ammissioni rese, ma il cambio totale del contenuto d elle proprie dichiara zioni, con la
presunzio ne di essere creduto, appare davvero ina ccettabile.
L’Aiello, in oltre, in modo assoluta mente legittimo e proceduralmente ineccepibile, non ha acconsentito all’utilizza zione
nei suoi confron ti dei verbali di interrogator io e di esame resi
dal Riolo, con ciò di fatto modificando la piattaforma probatoria emersa all’esito delle indagini.
E se è vero che uno dei principi generali de l codice del 1 989
si fonda sull’affermazione che “la prova si forma in dibattimento”, l’oper azione messa in campo dall’Aiello sembr a essere stata quella di “eliminare la prova in diba ttimento”.
Operazion e che prevedeva in primo luogo il suo netto revirement in tema di ammissioni fatte nel corso delle indagini e,
subito dopo, un sosta nziale tentativo di ridimensionamento
dei fatti e delle accuse nei suoi confronti anche da parte del
Riolo.
Questi, dal canto suo, si è prestato a tale complessivo dis egno solo in minima par te, nel senso che, in sede di esame dibattiment ale, ha in qualche caso effettivamente cerca to di
adattare le sue risposte a quelle che l’Aiello aveva reso qualche udien za pri ma di lui in aula.
Ma è pur vero ch e, a seguito delle contestazioni d el P.M., il
Riolo ha poi d i fatto conferm ato buona parte delle sue p recedenti dichiaraz ioni a ccusatorie.
Ed è an cor più ver o che ha chiesto, attraverso la sua difesa,
di acquisire agli atti del dibattimento tutti i verbali dei suoi
interrogatori n onché l e trascrizioni dei suoi esami dibatt imentali resi nel corso dei due processi collegati, uno nei co n-
408
fronti dell’ex maresci allo Borzacchelli e l’a ltro di Domenico
Miceli.
Tutte prove pien amente utilizzabili quantomeno a suo carico
per effetto del con senso prestato da l P.M. sulla sua richiesta,
cosa che rende assai diverso il comportamento processuale
del Riolo rispetto all’Aiell o.
Ed invero, in tal modo il R iolo ha certamente dimostr ato d i
non avere la stessa pervica cia dell’Aiello nel voler sovvertire
del tutto il materiale pr obator io ma, ancora una volta, ha
mostrato tutta la sua fragilità cara tteriale da ndo prova di essere ancora invo lontar iament e succube del potere di condizionamento esercitato su di lui da Michele Aiello.
Egli, in sostanza, n on ha inteso cambiare le carte in tavola
sperando di ottenere ulter iori benefici processuali per sé (oltre quelli ottenu ti nel corso de lle indagini a seguito delle
ammissioni) ovvero p er il coimputato Aiello ma ha solo, per
limiti personali, cercato di adegu are le propr ie risposte a
quelle di q uest’u ltimo, probabilmente per un eccesso di malriposta gratit udine o p er qualche altro motivo del tutto irrilevante.
Viceversa, l’atteggiamen to dibattimentale dell’Aiello è risultato univoca mente fi nalizzato a tali scopi che, no nostante i
continui
sofismi ,
le
pr ecisazioni
e
le
puntualizz azioni
dell’impu tato, sono apparsi di sol ar e evidenza.
L’imputato, difatti , dapprima aveva sollecitato il P.M. ad effettuare una serie di inter rogatori mentre si trovava in stato
di custod ia cautelare in carcere ed aveva fa tto delle amm issioni che, prob abilmente, hanno contribuito a far gli ottenere
la misura degli arresti domiciliari (che “scontava” presso una
elegante villa sul ma re).
Poi in dibattimento , invece, le smentiva sistematicament e con
una lunga sequela di mancate conf erme alle continue contestazioni operate dal P.M..
409
Ovvero le puntualizzava in continuazione ridimensionandone
il significat o probator io, svalutandone la portata e, di fatto,
trasforma ndole in mere constataz ioni o in prese d’atto del
tutto ininfluen ti dal punto di vista processuale.
Ciò si è sistem aticam ente verificato specie in relazione a due
argomenti del presente processo: da un lato le fughe di notizie rig uardan ti le indagini a suo carico e, soprattutto, le n otizie apprese dal Rio lo e concernenti indagini a carico di altri
soggetti appart enenti a “cosa nostr a”.
In particolare, laddove l’Aiello nei suoi primi interrogatori
aveva conferm ato di avere ricevuto notiz ie segrete dal Riolo
su indagini in quel momento in pieno svolgimento (e pertanto
segrete) sia pure in veste di amico e senza alcun intere sse
recondito, nel corso del suo esame dibattimentale nega va di
aver chiesto o comunque ottenuto dal Riolo notizie di qualsiasi gen ere.
Un esempio di ta le netta smentita si ricava a proposito di notizie rig uardan ti la latitanza di Bernardo Provenzano e di
Matteo Messina Denaro :
AVVOCA TO MONACO:
“Senta, lei ha mai saputo appunto di indagini svolte dai ROS e
finalizzate alla cattura dei latitanti Provenzano Bernardo e
Messina Danaro Matteo?
AIELLO MICHELE:
Mai, nella mani era pi ù asso luta”.
Sotto altro profi lo si deve necessariamente concor dare con
quanto sosten uto dal P.M. a pr oposito di due principali modalità cui l’ Aiello h a fatto sistematicamente ricorso per “aggiustare” le propr ie iniziali dichia razioni parzialmente ammissive.
La prima di dette moda lità consiste nella modifica del contenuto ovvero dell’ogget to delle notizie apprese dal R iolo, ovviamente so lo in quei casi nei qua li egli si trova va costr etto
ad ammettere di averl e ricevute.
410
In sostanza, l’imputato ridimensionava la portata dell’oggetto
della notizia ricevuta, di modo che non si trattasse più di
un’autent ica rivelazione di un f atto segreto ma di un dato vago e generico ed in concreto poco significativo.
Con una certa capaci tà dia lettica, l’Aiello, ad esempio, tra sformava la noti zia che un determinato soggetto fosse iscritto
nel registro degli indagati nella insignificante e generica notizia che qu esti fosse “attenzionato” dagli inq uirent i ovver o
l’altra notizi a con creta della presenza di una telecamera
in
un determinato luogo in quella p riv a di valore della probabile
esistenza di no n megl io precisati “apparati tecnici”.
Ma, in tutti i casi, si è sempre trattato di tentativi scoperti
ed evidenti, di gu isa ch e essi non meritano alcuna considera zione sul piano della coerenza logica e del valore probante.
La seconda modalità cui ha fatto r icorso l’Aiello consiste nel
postdatare sistematicamente il momento acquisitivo delle notizie rispetto a quanto ri ferito ne l corso delle indagini pr eliminari, all’evidente final ità di renderle ormai vuote di significato e prive di ri levanza penale in quanto già conosciut e e divenute di pubblico do minio.
Anche in questo caso , dunque, si tratta di un’operazione dialettica chiaramente indi viduabile ed univocamente finalizza ta
a privare le notizi e apprese del car attere di segretezza, posto
che ormai esse erano state rese note.
Le rivelazion i, in tal modo, sarebbero divenute innocue e le
notizie non pi ù segr ete, di guisa che esse non avrebbero potuto integrare il reato specifico (ar t. 326 c.p.) per inidoneità
della condotta nè co stituire un apporto idoneo ed indicativo
della partecipazione all’associazione mafiosa .
Sotto questo pr ofilo n on può davvero dubitarsi degli s copi
(l’effett o di obiettivo depotenziam ento delle fattispecie e la
tendenza verso l’i nidoneità penale delle stesse) ai quali risulta ispirato il mutato atteggiamento processuale dell’Aiel lo.
411
Per calare nella real tà processuale le tematiche che si stanno
esaminando, bast a richia mare alcune contestazioni operate
dal P.M. e verificare il sostanziale mutamento delle risposte
dell’impu tato:
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
… può s piegare al Tribunale perché Riolo le dava tutte queste
informazioni, queste notizie sulle attività del suo reparto di
appartenenza?
AIELLO MI CHELE:
Guardi, andiamo a vedere un pochettino le notizie che mi
ha dato lui, e le andiamo a mettere nel tempo. Per quanto
riguarda tutto quello che riguarda Borzacchelli e Eucaliptus, e
l’ho spiegato ampiamente già in quattro udienze perché me l’ha
detto e perché lui m’ha fatto quel discorso. Poi credo che di altre notizie per quanto riguarda il guasto ENEL davanti alla
mia… al mio deposito e… ne abbiamo parlato, e poi di altro
non credo che ci sian o altr e notizie che mi abbia potuto
dare… che mi ha dato… non ce ne sono nella maniera più assoluta. Confermo Eucaliptus che ne abbiamo parlato, confermo
che abbiamo commentato l’arresto del signor Rinella, ma di altro non c’è a… non c’è niente.
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
Senta, lei invece il 19 Maggio 2004 sul punto ha dato un’altra
risposta, diversa, gliela leggo. Lei diceva le viene chiesto:
“Senta, perché le faceva questi racconti, eccetera, eccetera” e
lei dice: “Ma guardi a mente serena direi che quando uno
vuole dimos trare di e ssere una persona che ha fatto tanto di quelle cose perché non riesco… non riesco a capire
io ancora tu tt’oggi perché faceva”. Poi le viene c hiesto, appunto: “Ma perché le faceva tutte ste storie?”. “Non lo so, ditelo, chiedetelo a lui”. “E lei perché se le faceva raccontare?”.
“Non è che io me la fa cevo raccontare o gl ieli chiedevo,
lei deve pens are non lo so, non le saprei dire io, non le
412
saprei dire perché me li racco ntava”. Che è una risposta
oggettivamente diversa da quella che lei ci ha fornito…
Tale passaggio della lu nghissima deposizione dell’Aiello, come detto dura ta ci rca 40 ore, ha valore esemplificativo del
costante attegg iament o processuale assunto dall’imputato.
Esso, i ntanto , ren de p alese il tentativo di aggiustamento
strumentale delle proprie precedenti ammissioni, la minimizzazione del loro conten uto e, soprattutto, la ma ncata presa di
posizione
final e
rispetto
a lla
contestazione
avanzata
ed
all’evidente contrast o tra le sue due dichiarazioni.
Quasi mai, infatti, l’imputato, a seguito d elle decine di contestazion i ava nzategl i dal P.M., si è limitato a confermare o
smentire le sue precedenti affermazioni ma ha sempre cer cato di puntualizzare, di chiarire meglio il senso del proprio
pensiero di f atto tra sformandolo in un altro pensiero significativamen te diverso.
Ed è proprio la parte seg uente del passaggio dianzi richiamato testua lmente che d à ripr ova di tale atteggiamento:
PUBBLICO MINIST ERO PR ESTIPINO:
… Interpretazione. Durante l’interrogatorio del 19 Maggio le è
stata fatta la stessa domanda, lei ha dato una risposta che è
oggettivamente diversa da quella che ha dato oggi, allora di
fronte a questa risposta diversa io le ho fatto la contestazione.
Il meccanismo processuale prevede che lei prima mi… ci dice
se con ferma o non conferma la dichiarazione che le viene contestata, poi naturalmente può offrire tutte le spiegazioni che
vuole. Lei questa… queste cose c he ha detto il 19 Mag gio
2004, oggi le c onferma o no?
AIELLO MI CHELE:
Io non li confe rmo … “.
Il suddetto stralcio de ll’esame dell’Aiello a ppare vieppiù significati vo proprio perché si tratta di un acceso dialogo tra il
P.M. e lo stesso imput ato, nel cor so del quale questi è stato
messo dura mente d i fronte alla necessità pr ocedur ale di fo r413
nire o meno una conferma delle p recedenti dichiarazioni oggetto di contestazion e mediante lett ura.
E, dopo innumerevoli t entativi di puntualizzare e precisare
meglio, l’Aiello è stato costr etto a rispondere dicendo “non li
confermo”.
L’esame delle trascrizioni dell’intero esam e dibattimentale
dell’impu tato, p oi, dà piena contez za di tale costante atteggiamento e, per tale ra gione, è opportuno farvi un formale richiamo.
Sotto altro profilo, o ccorre precisa re che le contrastanti dichiarazioni rese dal l’imputato vanno, in ogni caso, valutate
alla luce dei para metri normativi e dei criteri interpretativi
fissati dalla C orte re golatr ice.
E, trattandosi di casi di evidente contrasto in terno deve procedersi ad u na valu tazione critica delle divergenti tesi sost enute dallo stesso Aiel lo fino a per venire, secondo un logico
ragionamento probatorio, all’individuazione di una ipotesi
preferibile.
Tale articola to ragionamento proba torio non può che prendere le mosse dalle sopra richiama te motivazioni sottese al
cambio di strat egia processuale.
Appare, infatti, eviden te che tali motivazioni non coincidono
con un miglio re ricordo, con un’analisi “a mente fredda” ovvero con un senso di r esipiscenza frutto di una pe rcorso di
crescita interiore.
Esse, al con trario, s ono la palese espressione concreta di un
preciso piano stra tegico basa to su due momenti fondamentali:
in
pr imo
lu ogo
quello
immediatamente
successivo
all’arres to nel quale l’esigenza primaria era di ottenere be nefici sotto form a di misure alternative alla detenzione e di accreditars i come so ggetto , sia pur e solo in parte, collaborat ivo.
Dopo l’ot tenimento di t ale obiettivo, l’Aiello in dibattimento
depotenzi ava i l valore sostanziale delle proprie precedenti
414
ammissioni, secondo lo schema dia nzi richiama to, fino a renderle praticamente in significanti.
Già partendo, dunque, dalla mera disamina delle motivazioni
sottese al m utato atteggiam ento pr ocessuale dell’Aiello risulta maggiormen te credibile quanto riferito dall’imputato nelle
sue iniziali deposizi oni.
Pur se vizia to dal recondito scopo di ottenere benefici, infatti, il contenuto delle sue inizia li dichiarazioni è rimasto sempre nell’a lveo delle parz iali e limit ate ammissioni, di talchè
non può di certo s ospett arsi che le stesse siano state arta tamente sup erfetate al solo fine di gr atificare gli inquirenti.
Né può seriamen te sostenersi, com e ha fatto l’imputa to, che
tali iniziali ammissioni siano state del tutto condizionate dalle inumane co ndizio ni carcer arie e dallo stato di prostrazione
psicologica in cui versava l’Aiello.
Ed invero, pur compr endendo i disagi connessi allo stato detentivo, nel caso in esame va posto in risalto come l’Aiello
abbia trascorso in carcere un temp o così breve (circa quattro
mesi) da far apparire incongrua la tesi del condizioname nto
specie su un soggetto deter minato come lui.
Ma la circostan za che sgom bra il terreno da qualunque dubbio od insin uazion e a tale proposito è que lla connessa al dato
obiettivo ed indubitabile della successiva conferma delle iniziali dichiarazioni anche dop o la fine del periodo di de tenzione.
L’Aiello, invero, risulta docum enta lmente aver conf ermato e
ribadito le proprie iniz iali ammissioni anche quando si trovava “detenuto” agli a rresti domiciliari presso l a sua vill a al
mare dotata di ogni comodità.
In una condiz ione psicologica ed in uno stato che di certo
qualunque normale detenuto agogn erebbe, posto che si tratta
pur sempre di un per iodo da com putare quale custodia ca utelare “sofferta”.
415
E, di certo, in condiz ioni non solo tutt’affatt o che disumane
ma
assolutamente
confortevoli
e
rasserenanti,
cos a
che
smentisce categ oricamente la tes i a ncora una volta falsamente vittim istica dell’ imputat o.
Il mutamento della stra tegia processuale, dunque, non si è
verificato al momento dell’ottenimento degli a rresti domiciliari, ma a qu ello successivo (16 luglio 2004) d ella chiusur a
delle indagini preliminari e del d eposito int egrale degli atti.
In tale fase, in fatti, l’ Aiello ha potuto studiare a fondo ogni
singolo in cartamento, l ’inter o compendio delle inter cettazioni
telefoniche sulla rete riservata, le accuse avanzate nei suoi
confronti dal Riol o e pred isporr e, con certosina pazienza degna di miglio r cau sa, un art icolato ed artefatto reticolo di
“contro dichiarazion i” e di puntualizzazioni in grado di ri dimensionare il senso e la portata probatoria d elle proprie in iziali dichiaraz ioni fino a renderle del tutto prive di valore.
Ed allora appare chiaro come l’attendibilità di tali ultim e dichiarazioni si a de l tut to pr egiudicata dall’adozione di una
posizione esclusivamente str umentale ed utilitar istica che
nulla ha a che vedere con la ricerca della verità processuale,
sia pure attraverso l e parole di un imputato.
La ripr ova di t ale circostanza si ottiene confrontando tutte le
dichiaraz ioni rese dall’i mputato nel corso del tempo, i cui
verbali sono stati deposi tati in atti ovvero hanno formato oggetto di contestazion e.
Ed allo ra ap pare eviden te come fino all’ avviso di chiusura
delle ind agini prelimin ari - del 16 luglio 2004 - l’Aiello abbia
mantenuto una lin ea coerente confermando le prime dichia razioni rese.
Mentre, a parti re dalla prim a occasione utile successiva a tale specifico e ben indi viduato m omento - e cioè
la deposizio-
ne nell’ambito del dib attime nto a carico di Antonio Borzacchelli – eg li abbia modificato il contenuto delle sue iniziali
416
ammissioni che, poi, ha pervicacemente reiterato fino al momento del suo esame dibattim entale in questa sede.
A ciò d eve anche aggiungersi che, in tutti i ca si di evidente
contrasto tra le varie dichiaraz ioni rese dall’ imputato, q uelle
iniziali, sotto l’aspetto contenutistico, sono sembrate sempre
più credi bili e veros imili di quelle successive.
Da ciò di scende che sia sotto l’a spetto delle motivazioni, che
delle mod alità comples sive co n le q uali ha avuto luogo il mutamento
del l’atteggiamento
processuale
che,
infine,
sotto
quello p rettamente contenutistico le prime dichiarazioni rese
dall’Aiel lo app aiono di gran lunga più attendibili e veritiere.
Di tale valutaz ione d eve te nersi conto nell’e samina re il merito
delle dichiarazioni rese da p arte dell’imputato, nella piena
consapevolezza dei lim iti probatori connessi all’ipotesi di
contestazioni non conf ermate ma con la sicura convinzione
che il difficile compito del giud izio non possa ma i prescinde re
dal princip io genera le del liber o convincimento di chi è chia mato a renderlo.
Per quanto attie ne, poi, alla posizione del Riolo, pur trattandosi di un caso assolu tamente diverso da quello dell’Aiello
per le ragioni che si sono già esa minate, vale lo stesso criterio interpretativo di maggiore attendibilità delle prime dichi arazioni rese.
Tuttavia, va evi denzia to com e il Riolo in parecchi casi ab bia
finito per confermare le sue precedenti dichia razioni e, comunque, non n e abbia mai capovolto il senso o svalutat o la
portata, l imitan dosi a degli isolati tentativi di fornire chiarimenti, gu arda caso, sempre f avorevoli all’Aiello.
Sulla scorta anche di queste premessa metodologica può,
dunque, pa ssarsi ad esamina re il quadro delle risultanze relative alla rivela zione si stematica di notizie da parte del Riolo
ed in favore dell’Aiello.
Poiché la fonte primaria della comp lessa ricostruzione è sempre costituita dalle dichiar azioni confessorie dello stesso Rio417
lo (e dalle p arzial i, e successiva mente modificate conferme ,
dell’Aiel lo), la suddetta
premessa metodologica appar e di si-
curo rili evo.
E, proprio partendo da essa è possibile afferm are che, sia
pure tra momenti d i incertezza e manifesta zioni di stanche zza e di fragi lità, l ’assun to del Riolo è risultato sincer o e convincente.
Attraverso un esame glo bale di tutte le emergenze processu ali ed alla luce di un giud izio complessivo e non fram mentato,
si perviene al con vincim ento dell’autenticità del nucleo essenziale delle confessioni del Rio lo.
Autenticità che deriva inna nzitut to dalle motiva zioni interior i
che hanno indotto il sottufficiale del R.O.S. a fare una severa
autocriti ca circa i pro pri err ori
ed a torna re, for se per
l’ultima volta, a vestire i panni del pubblico ufficiale.
Dunque, motivazioni comp letamente diverse da quelle utilita ristiche e stru mental i dell’Aiello m a, al contrario, fondate su
un autentico esame di coscienza e sul tentativo di chiedere
idealmente scusa alle Istituzioni ed all’Arma dei Carabinieri
che il Riolo sapeva bene di avere tr adito.
A tale ri guardo, seco ndo il giudizio del Tribunale, appare intriso di u n’elevatissim a valenza probatoria il memoriale scritto in carcere d allo stesso Riolo.
In esso, tra l’altro, si legge: “Ho chiesto di essere sentito una
ultima volta perché sento la necessità morale di ammettere in
maniera completa le mie responsabilità anche per fatti che,
come molti di quelli di cui ho già riferito, non mi sono stati contestati.
Le mie resistenze nel conf essare tutto non dipendono dal tentativo di nascondere le mire responsabilità ma solamente dalla
vergogna che pro vo per il mio inqualificabile comportamento.
Ho vergogna nei vostri conf ronti, nei conf ronti di mia moglie,
dei miei figli e dei miei familiari ma, soprattutto, nei confronti
dell’Arma dei C.C. nei c ui valori ho creduto e credo tuttora e
418
per la quale, credetemi, ho lavorato con abnegazione per tantissimi anni.
Posso s olo dire che risento una persona inqualificabile, che mi
sono lasciato attrarre da un mondo fatto di giochi di potere,
denaro e malaffare che non mi appartiene.
Ho stupidamente creduto di potere fare il mio lavoro di sempre
e, contemporaneamente, di poter usare le mie conoscenze per
millantare ed ottenere il favore dei vari personaggi di cui ho
parlato negli interrogatori precedenti e cioè di Aiello, Carcione
e Cuf faro”.
“Ho chiesto di essere sentito una ultima volta perché sento la
necessità morale di ammettere in maniera completa le mie responsabilità anche per fatti che, come molti di quelli di cui ho
già riferito, non mi sono stati contestati.
Le mie resistenze nel conf essare tutto non dipendono dal tentativo di nascondere le mire responsabilità ma solamente dalla
vergogna che pro vo per il mio inqualificabile comportamento.
Ho vergogna nei vostri conf ronti, nei conf ronti di mia moglie,
dei miei figli e dei miei familiari ma, soprattutto, nei confronti
dell’Arma dei C.C. nei cui valori ho creduto e credo tuttora e
per la quale, credetemi, ho lavorato con abnegazione per tantissimi anni.
Posso s olo dire che risento una persona inqualificabile, che mi
sono lasciato attrarre da un mondo fatto di giochi di potere,
denaro e malaffare che non mi appartiene.
Ho stupidamente creduto di potere fare il mio lavoro di sempre
e, contemporaneamente, di poter usare le mie conoscenze per
millantare ed ottenere il favore dei vari personaggi di cui ho
parlato negli interrogatori precedenti e cioè di Aiello, Carcione
e Cuf faro”.
…
“Posso so lo dire e spero che vogliate credermi che, pur ammettendo di essere stato un infedele servitore dello Stato, non ho
mai inteso aiutare la mafia.
419
Come ho detto non ho mai creduto che Aiello potesse essere
mafioso e tantomeno che personaggi come Cu ffaro, Borzacchelli, Carcione e Greco potessero essere mafiosi o vicini alla mafia.
Speravo di inserirmi in questo mondo squallido per poter ottenere anche io qualche beneficio di tipo economico o comunque
derivante dall’amicizia di personaggi potenti ed influenti.
So bene di avere sbagliato e non cerco né chiedo giustificazioni
per il mio comportamento”.
Il Riolo, du nque, si è reso conto troppo tardi di essere ca duto
in una trappola molto più sofisticat a di quanto avesse potuto
immaginar e, di avere assunto com portamenti che egli riteneva forse inn ocui ma che, a lla luce di quanto aveva f inalmente
compreso, erano dei veri e propri tradimenti di quel giuramento di fedeltà che un militar e dell’Arma dei Carabinieri
pronuncia all’ atto dell’i mmissione in servizio e che costituisce il su o patr imonio di va lori e di ideali.
Come se, i nfine, fosse stato tolto un velo che copriva la realtà dei fatti ed il Riolo avesse avuto finalmente consapevolezza
dei propri gravissimi errori.
L’onta subita davanti ai suoi superiori ed ai colleghi, la consapevolez za del su o tradimento a fronte di ta nti quotidiani
sacrifici d i numerosi anonimi Carabinieri hanno, compr ensibilmente, indo tto il Riolo a liberar si la coscienz a di pesi che
erano ora mai divenuti intollerabili.
Un residu o atto di orgoglio militare il Riolo lo ha dimostrato
riconoscendo tutte le proprie responsabilit à ma affermando
con forza di non aver mai inteso favorire consapevolme nte
“cosa nostra”.
Ma questo è un aspetto della vicenda che sarà trattat o più in
profondit à in segui to a proposito dell’elemento soggettivo d el
reato di concor so esterno in associazione mafiosa, conte stato
all’imputato al capo C) dell’epigr afe.
420
A fronte di tale eleva tissima valenza motiv azionale e dello
stesso co ntenut o delle sue dic hiarazioni, a nulla va le agitare
lo spettr o dell o stato di depressione del Riolo, della sua presunta co nfusio ne men tale e della conseguente incapacità di
rendere d ichiarazioni serie e cons apevoli.
E ciò non in quant o il dottor e Maurizio Marguglio, psicologo
forense d i eleva ta esperienza , ha escluso in aula la plausibilità di tale qu adro patologico, affermando, al contrario, su
specifica domanda della difesa di Aiello, che il Riolo, pur avendo soff erto di un a forma di depressione maggiore, era perfettament e in grad o di ricor dare i fatti e di
riferirli in modo
compiuto e consapevol e.
Ma propri o all’esito della completa valutazione del contenuto
degli atti e dei verbali acquisiti al fascicolo de l dibattim ento
e, soprattutto, dell’esame al quale l’imputato non si è so ttratto pu r essendo suo diritto farlo.
Ed invero, se solo il Rio lo si fosse a vvalso della fa coltà di non
risponder e ch e la legge in qualità di imputato gli ri conosceva,
l’intero compendio probatorio a car ico dell’Aiell o in relazione
all’aspet to in questo momento oggetto di esame sarebbe stato
compromesso in modo f orse ir rimediabile.
I verbali dei pre cedenti interrogatori sarebber o stati inutilizzabili nei confronti del coimputato che non ha pr estato il
consenso ed a cari co dell’Aie llo sar ebbe rimasto solo qualche
sua stessa laconica e p arziale am missione, p eraltro ridimensionata e svuot ata di significato in dibattime nto.
Ed allora davvero l ’analisi della condotta dell’imputato Riolo
va affrontata in modo complessivo e senza presunzioni, né in
un senso né nell’altro, allo scopo di rendergli i suoi meriti e
di accertare le sue r esponsabilità penali.
Circa la person alità dell’imputato Giorgio Riolo si è raccolta
una con sisten te mole di documentazione e le deposizioni di
alcuni suoi diretti sup eriori tra i q uali anche quella del gene-
421
rale Gan zer, all’ep oca a capo del R eparto Operativo Speciale
dell’Arma dei C arabin ieri.
Egli, al l’epoca dei fatti, era un sottufficiale in servizio da oltre dieci anni pr esso la Sezione Anticrimine di Palermo e ben
presto posto a capo della c.d. sq uadra tecnica del repa rto,
sulla quale gravava il com pito, estremamente qua lificato e riservato, di e ffettu are le applicazioni, le manutenzioni e le sostituzion i delle microspie e di occuparsi di ogni altro aspetto
riguardan te le intercettazioni e le tecnologie più avanzate
applicate al le attivi tà investigative sulla criminalità organi zzata in Sicilia.
Una funzi one essenzial e all’interno di un app arato investigativo di eccell enza, quale il R. O.S., che si doveva occupare
delle più delicate in dagini su “cosa nostra” e della caccia ai
suoi capi latita nti, tra i quali il Provenzano ed il Messina Denaro.
Evidentemente si trattava a nche di un r uolo di massima segretezza in quant o fi nalizzato allo svolgimento di op erazioni
sotto copert ura ed assol utamente inconcilia bili con la con oscenza della sua iden tità e del suo ruolo.
Circa l e competen ze tecniche e le capacità del Riolo , noto anche tra i su oi coll eghi con il nome di battaglia (tip ica usanza
degli appartenen ti al R.O.S.) di “Odino”, hanno riferito concordement e
tutti gli ufficia li che lo hanno avuto all e proprie
dipendenz e.
Come si accennava dianzi, ad esempio, il genera le Bruno
Ganzer, Comandan te del Raggrupp amento Operativo Speciale
dei Carabin ieri, ha chiarito i compiti operativi del Riolo sia
all’interno della Sezi one Anticr imine di Palermo che in posizione di raccor do con la Prima Sezione del R OS di Roma.
La sezione, per inten dersi, che, sotto il comando dell’a llora
Capitano “Ultimo”, a veva portato a ll’arresto di Salvatore Riina il 9 gennaio 2003.
422
E proprio a partire dal l’oggi Maggiore Sergio De Caprio e proseguendo con i C olonnelli Michele Sini ed Antonio Damiano e
con il Maggio re Gia ncarlo Scaf uri ed il Capita no Giovanni
Sozzo si ricava un giudizio unanime circa l’elevato valore
professio nale del Riolo, da tutti costoro considerato il tecnico
migliore di tut ta la Sezione Anticrimine di P alermo.
Le deposizioni dei suddetti alti ufficiali dell’Arma, inoltre ,
sono risultate assol utamente convergenti su un ulteriore dato relativo al le competen ze ed alle modalità opera tive del Ri olo e dell a squa dra tecnica.
Costoro, invero, lavor avano a stretto contatto con il resto del
personale ch e svolgeva la parte più operativa delle investiga zioni ( ad esempio pedi namenti, servizi di oss ervazione, analisi di dati documentali etc. etc.), con coloro i quali erano addetti al le c.d. sal ette di ascolto delle conv ersazioni in corso
di inte rcettazione ed, infine, con gli ste ssi ufficiali che tali
indagini coordi navano e dir igevano.
Di guisa che le conoscenze di cui il Riolo veniva in posse sso
nel corso del la sua atti vità investigativa non era no limitate al
solo aspetto tecn ico della collocazi one di determinati apparati di ascolto, ma si esten devano anche allo sviluppo complessivo dell ’indag ine, a lle sue fina lità, ai soggetti che venivano
via via coinvolti in essa, all’esito d ei servizi opera tivi, al contenuto delle risultanze delle inter cettazioni più rilevanti e,
sovente, sinanco all’ ascolto diretto delle intercettazioni specie
quando
si
verifica vano
pr oblemi
tecnici
di
qualità
dell’asco lto.
Il suo i ntervento, in sint esi, non si arrestava alla fase iniziale
della collo cazion e degli ap parati di ascolto ma proseguiva
lungo tutto l o sviluppo dell’indagine, della quale egli conosceva l’andamen to ed i risultati.
Come è stato messo in risalto dal Colonnello Damiano, i
compiti più st rettamente tecnici del Riolo comprendevano
la
gestione diretta dei rappor ti con le ditte esterne che noleg423
giavano mezzi tecnici ed a pparati tecnologici e con la Telecom, ente gestore della rete telefonica, col quale occorreva
raccordarsi per ciascun ser vizio di intercettazione telefonica.
Inoltre, l’im putato si occupava talora anche di effettuare bonifiche presso sedi is tituzionali e strutture militari, anche se
certament e non negli uffici della Regione sicilia na, né, ovviamente, nelle abita zioni personali del Presidente o degli Assessori.
Lo stesso R iolo, n el corso del suo esame, confermava il suddetto qu adro complessivo di c ompetenze e funzioni e l’ambito
delle sue conoscenze che si estendevano all’intero corpo delle
investigazioni in cor so.
Del resto, spi egava il Ri olo, gli uff ici della squadra tecnica e
quelli dei col leghi e degli ufficiali e rano fisica mente adiacenti
di modo che lo scambio di notizie era continuo, tenuto conto
anche del fatto che i l lavor o era organizzato in equipe financo
con l’util izzo, da un cer to momento in avanti, di una r ete interna di personal computers.
Il R.O.S., poi, co stituiva notoriamente un reparto di eccellenza, come il Serviz io Centrale Operativo della Polizia di Stato e
lo S.C.I. C.O. della Guardia di Finanza, con particolari competenze nel con trasto al f enomeno ma fioso ed a “cosa nostra” i n
modo part icolare.
Tutti i testi escussi h anno concordemente ricostruito il complesso delle ind agini svolte dal R.O.S. che, in buona sostanza, si è sempre e costanteme nte occupato delle più rilevanti
indagini di ma fia e della ricerca dei più pericolosi latitanti
quali il Proven zano ed il Messina Denaro.
Non sussistono dubbi , quindi, cir ca il fatto che le funzioni
del Riolo all’interno di u n corpo militare così altamente sp ecializzato e selezi onato fossero ampiamente idonee ad assicurargli l’ appren sione costante di fatti segretissimi che costituivano sen z’altr o un patrim onio in grado di suscitare un elevato in teress e negl i esponenti di “cosa nostra”.
424
Un interesse, peraltro , comune all’intero sodalizio maf ioso
sia in quanto le indag ini svolte dal R.O.S. interessavano non
solo il capo luogo siciliano (dove l’associa zione ha la sua
principale sede) ma l’i ntera r egione ed anche poiché le stesse
erano final izzate a lla ricerca ed a lla cattura di alcuni capi
assoluti qu ali Salvatore “Totuccio” Rinella (cap o della fam iglia di Trabia), Matteo Messina Denaro (ca po della provincia
di Trapan i) e dello stesso Bernardo Provenzano.
Inoltre, il R.O.S. si è attivamente occupato, nel cor so degli
anni, anche di indagini pr oprio sulla famiglia maf iosa di Bagheria che si sono concluse con le operazioni “Grande Oriente” e “Grande Mand amento” che ha nno, di fatto, smantellato
gli assetti e gli o rganig rammi di detta articolazione territoriale del sodalizio.
Tra gli altri casi vale la pena di ricordare gli arresti del 9
giugno 2004 e del 25 gen naio 200 5 che hanno coinvolto diversi autore voli esponenti della suddetta famiglia, quali lo
stesso Nicolò Eucaliptus, suo figlio Salvatore, Leonardo Greco, Pino Pinell o, i cugini V irruso, Onofrio Mo rreale ed altri.
Attività
di
indagi ne
lunghe,
complesse
e
basate
sull’effettuazi one di i ntercettazioni telefoniche ed ambientali
ovvero sull ’insta llazio ne di telecamere ed altri apparati te cnologici (compi ti affi dati e coordina ti dal Riolo).
E che hanno, nono stante i fatti odierni, portato ad ottimi risultati sotto il profilo investigativo ed anche dibattimentale,
come si r icava dai pri mi esiti processuali documentati dal
P.M. con la produz ione delle sentenze sinora r ese dalla magistratura g iudicante (ad es. sentenz a del Tribunale di Palermo
in data 2 marzo 2002, acquisita in atti).
Dunque, l’imp utato era a conoscenza, nello specifico, di tutte
le atti vità di in dagine riguardanti anche il territorio di Ba gheria, Casteldaccia, Belmonte Mezzagno fino a Partitico e
sinanco alla pr ovinci a di Trapani.
425
Attività che di certo suscitavano un rilevante interesse sia
per l’A iello che a B agheria viv eva ed aveva il centro dei suoi
interessi econ omici che per lo stesso Provenzano, il quale aveva fatto di q uel centro per lunghi anni il suo feudo pers onale, come si ricav a dalle convergenti dichia razioni di tutti i
collaboratori escussi .
Oltre, ovvi amente, agli esponenti mafiosi direttamente operanti in quei territori che avrebbero ottenuto enormi vantaggi
dall’essere info rmati, i n tempo r eale, circa le indagini in corso di svo lgimen to nei loro confronti .
Come si vedrà di qui a breve, inver o, il principale oggetto delle numerose rivelazioni di notizie segrete fa tte dal Riolo
all’Aiell o riguarda per l’appunto tale specifico contesto territoriale ed il connesso circuito relazionale.
In modo particolar e, dette rivelazioni, protratte si da l 1999 al
2003, si so no concentrate su due a rgomenti fondamenta li che
possono essere riconnessi per un verso alla zona orientale
della p rovincia palermitana e sotto altro profilo alla ricostruzione del reti colo di comp licità e d alla rete di protezione della
latitanza del P rovenzano (lungamente svolta in Bagheria).
E se è vero, come ha so stenuto la difesa dello stesso Riolo,
che alcune notizie su indagini riguardanti quel determ inato
contesto terr itoriale non hanno costituito oggetto di alcuna
rivelazio ne (almeno seco ndo qua nto confessato dallo stesso
imputato) ,
non
può
farsi
a
meno
di
notare
comunque
l’elevato grado di concatenazione logica tra le notizie riferite
ed il loro comune legame ad un ben individuato ambito soggettivo e territorial e che interessava specificatamente l’Aiello.
Di sicuro può affermarsi che mai il Riolo ha riv elato – e sempre discuten do del più e del meno , come sostiene l’Aiello, ben
avrebbe dovuto fa rlo - notizie relative ad inda gini dallo stesso svolte su soggetti la cui posizione, vuoi per ragioni di provenienza terr itoriale vuoi per app artenenza ad un diverso
426
contesto r elazio nale, fo sse del tut to indifferente a Michele
Aiello.
Viceversa, può serenamente aff ermarsi che l’ attività di rivelazione di noti zie segrete si è svolta in un apprezza bile lasso di
tempo ( 1999-2003) ed h a riguardato concretamente il disvelamento deg li obiett ivi investigativi nonchè le finalità, le modalità tecniche e gli sviluppi di numerose e r ilevanti inda gini
riguardan ti il sudd etto contesto te rritoriale e la cattura del
Provenzano (oltre che del Messina Denaro).
Avere costanteme nte ri velato ad un estraneo, l’Aiello, tali notizie segr ete su rilevatissime indagini mentre erano tuttora in
corso e non già dopo la loro conclusione integ ra pacificamente il delitto d i cui all’art. 326 cod. pen.
Una volta accertat i la cond otta di r ivelazione, il carattere s egreto delle notizie, l’attu alità delle investigazioni e la consapevolezza del disvalo re penale del fatto (dolo generico) da
parte del Riolo, non può che pervenirsi a tale univoca soluzione int erpretativa.
Né, in alcun modo, pu ò incidere su di essa il fatto che, talora, le in dagini abbian o successiva mente conseguito, in ogni
caso e nonostan te le rivela zioni, gli obiettivi sper ati.
Come è stato correttamente osser vato dal P.M. – che ha anche dimostr ato con do cumenti e testimoni ta le assunto – le
indagini poi co nfluite nelle suddette oper azioni di polizia
giudiziar ia, invero, non sono state il f rutto solamente dello
sforzo i nvesti gativo del R.O.S. e si sono basate a nche su sviluppi diversi e successivi.
Sovente sono state l’effetto virtuoso e sinergico della collaborazione con altri repar ti dell’Arma dei Carabinieri o con altre
forze dell’ordine (come la Polizia di Stato che poi ha tr atto in
arresto i l Prov enzano ).
Ed, in alcuni casi , si sono fondate su elementi investigativi
venuti, sig nifica tivamente, alla luce dopo la neutralizzazione
427
del canal e informativo Riolo -Aiello, avvenuta il 5 novembre
2003 con il loro arresto.
Soltanto a mò di es empio, a tale pr oposito, può cita rsi il ca so
delle indagini su Onofrio Morreale, i cui primi risultat i concreti si sono man ifestat i solo agli inizi del 200 4, pur essendo
questi sotto osservazione da parte del R.O.S. già da parecchio temp o prima.
Ad ogni mod o, il reato di rivelazione di notizie segr ete (art.
326 cod. pen.) non è un reato di scopo ma b ensì un tipico reato di pericolo che non prevede necessariamente l’effettività
dell’inquinamen to investiga tivo.
Sotto t ale p rofilo, non può dubitarsi che, nel caso di specie,
le rivelazio ni si siano verificate e siano state del tutto idonee
a determinare una paral isi ovver o un condizionamento dello
sviluppo delle indagini.
Tale gi udizio di idon eità dell’azione è, pertanto, ampiam ente
sufficien te per l’affermazione della sussistenza di tale delitto
e della penal e responsab ilità degli imputati, non essendo per
nulla necessario, neppure quale elemento accessorio del ragionamento probatorio, dimostrare l’effettività di tale pregiudizio sulle indagini svolte dal R.O.S..
Eppure, n on può tralasciarsi di evidenziare come, dall’esame
del comp lesso delle emergenze processuali, siano emersi numerosi indi zi di reali pregiud izi e/o di singola ri “incidenti”
occorsi n el corso del le indagini stesse.
E’ bene precisare che si tr atta di plurime cir costanze che appaiono insolitam ente frequenti e, per molti versi, anomale ma
che rimangono pur sempre al livello probatorio dei m eri indizi
non
univocamente
dim ostrativi
dell’esistenza
concreta
dell’inquinamen to investiga tivo.
Di certo essi colpi scono l’a ttenzione dell’interprete per loro
inusualit à e sospetta ricorrenza ma, purtuttavia, non possono essere riten uti utili a dim ostrare, in modo sufficienteme n-
428
te univoco, ch e siano stati il frutto della specifica attività di
rivelazio ne di notizi e segr ete dal Riolo all’Aiello.
Ed allora, riassu mendo, i dati del tutto certi ed univoci sono
i seguent i:
-
Giorgio Ri olo, co me dallo stesso confessato, ha sistemati-
camente rivelato all’ Aiello numerose notizie segrete su indagini in corso t ra il 1999 ed il 20 03;
-
tali rivel azioni hanno riguar dato sempre un comune con-
testo t errito riale e r elazionale e si sono rivelate ampiamente
idonee a determinare effetti pregiudizievoli per le indagini in
corso su “cosa nostra”;
-
in almeno u n caso è stato dimostrato, a ttraverso prove
certe ed autonome, che l’Aiello non si è limitato ad apprendere tali rivelazioni ma si è spinto sino a rivelarle, a sua volta,
agli esponenti mafio si interessati (nel caso di Salvatore e Nicolò Euca liptus).
Oltre a tali elemen ti ch e ass umono caratte re di assoluta c ertezza probatoria ne sono emersi, poi, altr i due che, invece,
appaiono mun iti di un pur elevato ma insufficiente grado di
certezza indizi aria.
Si intende fare rifer imento, in primo luogo, al verificarsi di
un numero troppo frequente di anomalie riguardanti il funzionamento di appa rati tecnici installati dal gruppo tecnico
del Riolo.
In second o luogo , a seg uito d ell’accertamento positivo ed in
termini di assoluta certezza probatoria del passaggio di notizie dall’A iello agli Eucal iptus si d eve ritenere estremamente
probabile e logicamente conseque nziale (rispetto anche alle
altre circostanze obiettive riscontra te) che questi abbia potuto fornire agli espo nenti mafiosi interessati anche altre notizie appre se dal Riolo.
Tanto premesso, p rima di p assare ad esaminare nel merito le
singole rivela zioni di notizie f atte d al Riolo all’Aiello, occor re
porre mente in modo più analitico ed approfondito al tipo di
429
rapporto esi stente tr a i due imputati, anche allo scopo di
spiegare il delicato meccanismo di induzione posto in essere
dallo stesso Michele Aiello, il qua le è chiamato a rispondere
del reato -fine proprio in veste di istigatore.
Come si è in parte già anticipato, si tratta con tutta evidenza
di un rapporto soggettivo assolutamente sprop orzionato sia
rispetto alle caratter istiche personali dei d ue protagonisti
che alle rispet tive posizio ni sociali ed econom iche.
Differenz e che, peraltro, il Collegio ha potuto apprezzare non
solo attraverso l a compiuta disa mina degli a tti processuali
ma anche direttamente nel corso dei lunghi esami dibattimentali ai quali entrambi si sono sottoposti.
Non vi è d ubbio che tal e diseguale posizione di pa rtenza abbia condiz ionato il rappo rto di vicinanza, sca mbio di f avori e
collaborazione intercorso tra i due, nel s enso che l’ Aiello ha
potuto dirig erne e gove rnarne le dinamiche a suo pia cimento,
forte della maggio re capacità rela zionale e, soprattutto, della
sua posizione economi ca.
Il Riolo ved eva nell ’Aiell o una sorta di punto di riferime nto
dotato di en orme potere in grado di assum ere la moglie ed il
fratello, d i aiutarlo nei mome nti di bisogno economico ovvero
per la risoluzione di pr oblemi in genere e di introdurlo ne gli
ambienti dell’im prendi toria e della politica fino al punto di
presentargli il Presiden te della Regione in carica ed altr e persone di u n livello so ciale elevato.
Tali favori, aiut i, prospettive, relazioni, a de tta dello stesso
Riolo, lo avevano qua si inebriato ed illuso di aver fatto un
salto di qualità e di avere raggiunto un diver so status.
Ed, in effetti, occorre chiedersi oggi ciò che anche il Riolo avrebbe dovu to chied ersi fin dal 1999, quando, cioè, aveva iniziato i l suo rapporto di vicinanza con l’Aiello.
Come mai e per quale plausibile e convincente ragione un
qualunque, e financo os curo, maresciallo dei Carabinieri sarebbe, di punto in bia nco, d ovuto entrare nelle grazie del
430
primo contri buente si ciliano ed avrebbe dovuto ottenere im mediatamente l’as sunzio ne della moglie e poi anche del fr atello, ricevere aiuto in varie occasioni quotidiane, avere regalato un’autovettu ra, essere introdotto in ambienti alto bo rghesi, avere presentato esponenti della politica, delle profe ssioni e dell’universi tà?
La
spiegazione
di
tutto
questo
non
consiste
certam ente
nell’amicizia che leg ava i due imputati, vis to che neppure loro stessi si sono reciprocamente d efiniti amici nell’accez ione
comune e più nobile del termine.
Eppure deve esserci una motivazione seria e verosimile della
condotta del l’Aiello che avvia immediatamente col Riolo un
rapporto di frequentazione assidua, che gli elargisce tutti
questi favori (che per lui avevano f orse un costo relativo ma
per il sottuff iciale er ano di certo molto impor tanti ed allettanti), che si presta a risolvergli qualunque problema vuoi direttamente che attraverso il suo q ualificato circuito relazionale (si pensi all’episo dio d ell’agriturismo brillantemente risolto addirittura grazi e al presidente Cuffar o in per sona) e
che lo pr esenta a persone “importa nti e di potere ”.
Ed infatti, la spieg azione, chiara ed inequivocabile esiste e
riposa p roprio nell’impor tanza strategica che le conos cenze di
cui dispo neva il Riol o avevano per Michele Aiello.
L’Aiello era un uomo di potere e, come è noto, la notizia è potere di per sé in quanto pone colui che viene a conoscenza d i
un fatto di ril ievo pri ma della collettività in una posizione di
predominio che può essere sfruttata per ottenere vantaggi di
tipo economi co ovvero di qualunque altro genere (si pensi, ad
esempio, al caso dell’insider trading e delle conseguenze che
determina sui m ercati borsistici).
Essere in grado di avere prev entivamente notizie segrete
sull’avvio di eventuali indagini a suo carico, poneva l’Aiello
nella condizion e di tutelarsi e prendere le opportune contro
misure, fino al punto di ass icurarsi una tota le impunità.
431
Impunità che avrebbe ottenuto anche nel caso in esame, atteso che gli svilupp i investigativi sono stati possibili solo per
il fortuito combinarsi di qualche casualità (la scoperta della
rete riserva ta per gli error i dei suoi componenti) con le eccellenti capacità degli investigatori.
Allo stesso id entico m odo, il conoscere per primo notizie riguardanti i mporta nti indagini in corso su esponenti della famiglia d i Bagh eria ovvero sullo stesso Ber nardo Provenzano
metteva l’Aiello in una posizione di straordinario p otere c ontrattuale nei confron ti dell’inter o sodalizio mafioso.
Ed allora ben si comprende come per l’Aiello il rapporto con
Giorgio R iolo fosse co sì imp ortante da meritare tanta imm ediata disponibi lità da parte sua.
Ciò che colpisce – ma tale aspetto lo si analizzerà meglio in
seguito a proposito del l’atteggiamento psicologico del Riolo –
è come mai il Riolo stesso non abbia riflettuto sul motivo che
avrebbe dovu to spingere l’Aiello ad essere così tanto generoso
con lui per quattro l unghi anni.
E ciò speci alment e nei pr imi tre a nni nei quali l’Aiello non
cercava noti zie su eventuali indagini a suo carico (all’epoca
molto lontane dall’essere avviate) e l’unico motivo plausibile
era, per l’ap punto, co stituito dalle notizie relative alle indagini in corso da parte del R.O. S. a carico degli altri esponenti
mafiosi e di quelle finalizzate alla cattura del Provenzano e
del Messina Den aro.
A giudizi o del Tribuna le, il Riolo non avrebbe in alcun modo
potuto e dovuto igno rare questo preciso ed univoco stato di
cose.
Il rapp orto personale tra l’Aiello ed il Riolo, dunque, fin
dall’iniz io aveva il carattere di un reciproco scambio di utilità.
E se le “prestazioni” f ornite dall’ Aiello erano costituite da
tutti quei vantaggi e benefits dianzi indicati, q uelle corri-
432
spondenti fornite dal Rio lo non potevano che consistere unicamente n ella rivelazione delle notizie segrete.
Con la preci sazion e ch e, almeno in una prima f ase tempora le,
le notiz ie rig uardavano solamente soggetti divers i dall’Aiello e
che, dalla fine del 2002 in avanti, ad esse si erano aggiunte
anche quello sulle in dagini a carico dello stesso Aiello.
L’imputato Riolo, nel corso del suo esame, rif eriva di avere
conosciuto l’Ai ello attraverso l’a llor a maresciallo B orzacchelli
che lo aveva descritto come un suo pari grado in servizio al
R.O.S. d i Pal ermo e molto esperto in indagini tecniche ed i ntercettazioni.
Anche la circostanza dell’avvenuta presentazione ad opera
del Borzacch elli non appare priva di significato, posto che
questi, prima di entrare in conflitto con l’Aiello, svolg eva
proprio funzion i di protezione e di intelligence per suo conto.
Ed a conferma del fatt o che, fin d al momento iniziale della
loro conoscenza, l’Aiello a vesse chi ara una analoga potenziale
disponibi lità da par te del Riolo va notato come, pressocchè
immediata mente, questi si era occupato di assumere inf ormazioni, presso alcu ni comandi territoriali (Ficarazzi e Caccamo),
circa
alcune
pr atiche
che
interessa vano
l’imprenditore.
E sempre nel l’immediatezza della loro conoscenza, il Riolo
era anche stato in carica to dall’Aiello di sovraor dinare alla
scelta del f ornito re ed alla successiva installazione del sist ema di video sorveglianza della nuova clinica nei lo cali dell’e x
albergo a’ Zabara.
Compito che aveva puntu almente svolto, dap prima sollecitando tre preventivi , uno dei quali, peraltro, ad una ditta, la
Nexia, della quale eg li si serviv a quale fornitore esterno del
R.O.S. per il n oleggio di telecamere e microspie.
Sempre il Rio lo aveva poi scelto proprio la dit ta Nexia (c ui
l’Aiello aveva aff idato l’appalt o) ed aveva anche controllato i
lavori di installazio ne.
433
E con a ltrettanta signifi cativa immediatezza, l’Aiello, da parte
sua, aveva assunto alle sue dipendenze la moglie ed il fratello del Riolo co n contratti a tempo indeterminato.
A parte i suddetti interventi, poi, il Riolo aveva inizia to a frequentare con assiduit à e costanza gli uffici dell’ Aiello ed a riferirgli quasi tutt o ci ò che faceva nel cor so del suo servizio
per conto del R.O.S..
Lo stesso Riolo ammetteva che tale consuetudine si era avviata presso cchè fin da subit o con l’Aiello, il quale, non appena lo ved eva, gl i chiedeva di cosa si stesse occupando, utilizzando espressioni del tipo “ cosa fai di buono?” ovvero “cosa
state facendo di buono?” riferendosi ovviamente a l suo repar to.
Tali ammission i rese in modo pieno nel corso dei primi interrogatori subivano, poi, un tentativo di ridimensionamento in
dibattimento, secondo un atteggia mento adesivo alle posizioni sosten ute dall’Aiello.
E così quell e condotte che venivano descrit te, in un primo
momento, dallo stesso Riolo come sistematiche e continuative
divenivano saltuarie od occasionali.
Le plurime rivelazio ni di fatti coper ti da segreto investiga tivo,
in quan to relativi ad indagini a ncora in corso, si riducevano
ad una sola circost anza, mentr e ne gli altr i casi – che non ha
potuto neg are visto che ne aveva parlato spontaneamente lui
per primo – il Riolo ha tentato d i postergar e le rivelazioni ,
collocandole in momenti successivi alla dif fusione pubblica
delle relative notizi e.
E, come vedremo meglio di seguito, le sistematiche s ollecitazioni dell’Aiello (“co sa fate di buono?”), pur non venendo
smentite, subivano un ri dimensionamento connesso anche ad
una, nuoviss ima e mai riferita pr ima, voglia di “pavoneggiarsi” (anche qu esta tesi cara ad altri imputati).
Nel tentare
ing enuamente di conformarsi alle nuove tesi in-
trodotte per primo dall’A iello, tuttavia, il Riolo cadeva soven434
te in con traddiz ione e palesava con evidenz a quelle ragioni
che hann o indotto il Collegio a ritenere assolutame nte pr evalente l’attendi bilità della prima versione dei fatti.
Non può, di certo, sottacersi che tutte le ipotesi di rivelazione di notizie segrete sono state descritte, per la prima volta e
fin nei minimi dettagli , dallo stesso Riolo e che gli inquir enti
non avevano, sino a quel momento, raccolto alcun indizio in
proposito.
Anche per tal e ragione i goff i e maldestri tentativi del Riolo di
ridimensi onare le accu se nei confronti dell’Aiello ovvero di
adeguarsi a quanto da questi sostenuto non hanno sortito alcun valid o ed efficace effetto.
Essi si scon travan o, in modo f in troppo stridente, con le particolareg giate descrizioni fatte dallo stesso imputato nelle dichiarazioni rese in più verbali ed a questi contestate dal
P.M..
E sinanco con l o stesso contenuto del memoria le scritt o di
suo pugno, acqui sito agli atti, ai sensi dell’art. 23 7 c.p.p., ed
utilizzabile erga omnes.
Come si accenna va dia nzi, inoltre, il Riolo tentava di modificare le modalità con le quali egli aveva fatto quest e confidenze all’Aiello: “… eravamo sempre soli….. il più delle volte
ero io che parlavo, più delle vol te ero io, anche per pavoneggiar mi,
non
so,
ero
io
che…
iniziavo…
per pavoneggiarmi un po’, anche se qualche volta… è normale cioè magari l’ ingegnere mi chiedeva che… che fate
di buono, ch e fai di buono … di bello, magari lui lo intendeva diversamente, ma… e io no che… l’unica cosa che facevo
era quella l’attività di Polizia, insomma”.
Tale pass aggio appare emblematico dell’atteggia mento contradditto rio del Riolo e delle sue d ifficoltà sul piano del ragionamento dialettico, post o che egli risulta palesemente dimidiato tra l’esigenza di convalidar e la tesi dell’Aiello (che si
trattava cioè di mezz e fandonie che lui gli riferiva p er pavo435
neggiarsi ) e l ’impossibili tà di negar e del tutto quanto, per la
prima volta e con precisione, lui stesso aveva rifer ito.
Ne discende uno schema fatto di risposte incoerenti e di continue indecisioni ma solo – si badi bene – in relazione
alle
notizie rivelate a Michel e Aiello, mentre, per tut to il resto,
l’imputat o non appariva per nulla confuso e confermava,
sempre e fin nei d ettagli più minuti, le proprie prece denti dichiarazioni.
Con la conseg uenza che ci si trova di fronte ad un imputa to
che per primo ha reso dichiarazioni su f atti del tutto sconosciuti, con motivazioni interiori for tissime e dovizia di particolari .
Che poi ha confer mato tali ammissi oni, in modo preciso e coerente, in a ltri successivi interr ogatori ed esa mi dibattimentali in altri process i a questo collegati.
Che, nell’ esame r eso nel corso di questo dibattimento, si è
dimostrato ancora una volta coerente e lucido in relazione a
tutti gli aspetti non atti nenti alle rivelazioni di notizie in favore dell ’Aiello e che, vicever sa, solo per tali ultimi f atti è d ivenuto im preciso, con traddittorio ed incerto.
Tali caratteristiche del comportamento processuale del Riolo
possono logicamente trovare una sola spiegazione che coincide con qu ella c he è stata dianzi esplicitata.
Dunque, agli at ti sono emer se alcune versioni diverse o solo
parzialmente coi nciden ti dei medes imi fatti ed, in mancanza
di una negazione espressa delle prime dichiarazioni rese e
fatte ogge tto di contestaz ione, compete al Collegio spiegare l e
ragioni d i ordine logico e giuridico per le qua li ritiene preferibile un a vers ione anziché l’altra.
La precedente anali si del contesto generale, dell’eziologia di
dette dichiaraz ioni e delle loro m otivazioni, delle moda lità
con le qual i sono state, solo parz ialmente ed unidireziona lmente, modi ficate e delle dinamiche sul piano del ragionamento dialettico cui ha fa tto ricorso il Riolo inducono a rite436
nere attendibi le la prima versione dei fatti resa nel corso delle indagi ni e non sme ntita in diba ttimento.
L’esame specifico, poi, del contenuto delle divergenze emer se,
caso per caso in relazi one a ciascun episodio di rivelaz ione,
consentirà di d imostrare ulteriorme nte detta tesi.
Allo stato att uale dell’analisi deve solamente aggiunger si che,
in ordine alla tesi dell e millanterie del Riolo (“…per pavoneggiarmi…”), non solo non è emerso alcun riscontr o ma è stata
accertata l’esatta situazione contra pposta.
E cioè è emerso agli atti, com e conf ermato dai testi di P.G. ed
anche da diver si documenti versati in atti dal P.M., che le
notizie confidate dal Riolo all’Aiello erano tutte notizie comunque vere , autenti che e perfe tta mente corrispondenti alla
realtà del le atti vità in vestigative all’epoca in corso d i svolgimento da parte del R. O.S..
Il ricorso tardivo e chiaramente strumentale alla tesi delle
notizie date solo “pe r pavoneggiarsi”
al fine di ottenere così
benefici e favori, pertanto, crolla d i front e alla verifica degli
elementi di pro va complessivamente considerati.
Come si sottolinea in a ltro passaggio della motivazione, solo
in un caso specifico e ben det erminato le informazioni fornite
dal Riolo
sono risul tate effettivam ente il probabile frutto di
un suo ten tativo di rassicurare l’Aiello senza, tuttavia , fornirgli notizie realmente riscontra te da fonti esterne.
Si tratta delle notizie che questi avrebbe attinto attraverso il
comandante del N.A.S. e che, viceversa, non era stato in gra do di acquisire.
Escluso tale specifico episodio che non ha nulla a che fare
con i reati e le condotte adesso in esame, tutte le notizie riferite all ’Aiell o hanno rig uardato sempre e comunque att ività di
indagine effettivamente in corso di svolgimento da par te del
R.O.S. e, pertan to, fatti sempre incontestabilment e autentici
e verificati.
437
A giudizio del Collegi o appare opportuno iniziare l’esame critico deg li episodi di rivelazione pr endendo le mosse da quello
che, per tutta una serie di considerazioni, appare il più rilevante.
Si fa riferimen to, ovviamente, alla rivelazione della notiz ia
dell’esis tenza di un a microspia nell’autovettura Opel Cor sa di
Salvatore Eucaliptus.
Tale rivelazione as sume un’import anza centrale nella ricostruzione dell’int ero contesto qua ntomeno per due ra gioni
fondamentali: in primo luogo in quanto si tratta dell’unica
notizia che, att raverso prove autonome e de l tutto certe , è
stata successivamen te rivelata da ll’Aiello ai soggetti sottoposti ad in dagine (Nicolò e Sa lvator e Eucaliptus).
Sotto altro profi lo (com une tutt avia anche a parecchi altri
casi), in quanto essa ha certam ente determinato un effetto
interrutt ivo dell’in dagine in corso di svolgimento, posto che
la micr ospia, a seguito della rivela zione fatta dall’Aiello agli
Eucaliptu s, veniva r invenuta e non veniva più ca ptata alcuna
conversaz ione.
Detto episo dio, come si è detto, è l’unico per cui si sia ra ggiunta la prova piena del successivo trasferimento della notizia dall’ Aiello agli uomini d’onore interessati dalle inda gini
segrete i n quel momen to tuttora in corso.
Non vi è dub bio che ciò contribuisca in m odo assai r ilevante
al chiarimento dell ’inter o gruppo di condotte omogenee poste
in essere da parte di Michele Aiello, in quanto sgombra il
campo dal la, pur teorica, possibilità che questi abbia attinto
continuam ente notizie dal Riolo senza uno s copo prefissa to e
chiaro ma solo per mera curiosità o fortuita mente.
Viceversa, la prova certa e piena di una successiva attività di
ulteriore ri velazione della notizia ai diretti interessati, per
quanto limitata ad un solo caso, consente di a ffermare che
l’Aiello, nell’ acquisire per anni notizie dal Riolo, avesse
il
fermo proposito di utilizzarle qua le contropartita di vitale in438
teresse per gl i esponen ti di
“cosa nostra” e quale contro-
prestazio ne nel l’ambi to del patto d i protezione stipulato con
essa.
Di talch è, congiuntamente valutando tale ultimo elemento, la
ricorrenza di mol teplici indizi riguardanti gli altr i casi e
l’esisten za di u n episodio pienamente provato si perviene al
convincimento dell’elevata probabilità che l’Aiello a bbia potuto far pervenire anche altre notiz ie apprese dal R iolo ai diretti
interessati,
tutti
uom ini
d’onore
appart enenti
all’organ izzazione “cosa nostra”.
Stante, d unque, la cent ralità dell’episodio suddet to, appare
opportuno pren dere l e mosse propr io da qui nell’anali zzare il
capitolo relati vo all a rivelazione di notizie riserva te.
L’episodi o
della
rivela zione
della
microspia
collocata
all’interno dell’Opel Co rsa di Salvatore Eucaliptus si inserisce nell’alveo di alcune notizie riguardanti le indagini in corso sul clan Eucaliptus, composto non solo da Nicol ò Euc aliptus e dai fi gli m a anche dai generi Onofrio Morrea le e Liborio
Pipia.
Ed invero, tale gru ppo di soggetti, legati tra loro anche da
vincoli di sangue o d i affinità, com e è stato spiegato da l Colonnello D amiano, veniva ritenuto al centro degli interessi
della f amiglia mafiosa di B agheria ed in strett o raccordo con
l’allora latitante Bernardo Prove nzano.
Di conseguenza la Sezione Anticr imine aveva avviato una ar ticolata indagin e incent rata proprio sui summenzionati individui e finalizz ata anche alla ricerca del capo di “cosa nostra”.
Indagine che, poi, avrebbe portat o all’arresto di tutti i soggetti menzio nati, alla ri costruzione delle più recenti dinamiche interne alla famiglia mafiosa di Bagheria
ed alla indivi-
duazione di una i mporta nte via di passaggio dei “pizzini”
provenien ti dal Provenzano.
439
L’imputato Riolo, essendo perfettamente a conoscenza dei
particolari e delle final ità delle suddette indagini, riferiva a
Michele Ai ello di verse circostanze coperte da segre to investigativo.
In primo luogo, ovviam ente, comunicava l’esistenza stessa di
tale in dagine, i soggetti coinvolti e le direz ioni e gli scopi prefissati dagli i nvesti gatori.
Inoltre, riferiva della collocazione di microspie all’in terno
dell’abitazione di Acquedolci dove Nicolò Eucaliptus si tr ovava sottoposto all’obb ligo di soggior no, di telecamere e microspie che intere ssavan o il Morreale ed il Pipia nonché di al tre
microspie all’i nterno delle autovetture degli Eucaliptus.
Nel cor so dell’interrogatorio reso al P.M. l'1 april e 2004, i l
Riolo rif eriva:
"P.M.1: E le ripeto la domanda che le ho fatto l’altra volta dopo
tutto questo discorso, ad AIELLO lei ha detto che erano state
collocate delle microspie sulla macchina di EUCALIPTUS?
RIOLO: Mi sa di sì, non voglio nasconderle, credetemi, mi sa di
sì, mi sa di sì."
In dibattiment o, poi, l’imputa to ricostruiva tutte le attività
tecniche da lui esegui te tra il 200 1 ed il 20 03 nei confronti
del clan Eucali ptus.
Si trattava dell’installazione di telecamere presso un negoz io
di abbigliament o gesti to a Ba gheria da Paola Eucaliptus, sorella di Nicolò , dell’in stallazione di microspie all’interno degli
abitacoli di tr e auto vettur e (una Fia t Punto, una Y 10, ed una
Opel Corsa) i n uso agli Eucaliptus ed in modo particolare a
Salvatore, di telecamere e microspie presso l’abita zione d i Nicolò
Eucaliptus
ad
Acquedolci,
di
telecamere
nei
pre ssi
dell’abitazione comune degli Eucaliptus a Bagheria in contrada Consona , no nché, come vedr emo, anche di telecamere
che inter essavano i g eneri Morrea le e Pipia.
Già, dunqu e, la mera elencazione delle attività tecniche i mpiegate lascia int endere l’entità dello sforzo investigativo
440
prodigato d al R.O.S. nella direzione degli Eucaliptus ed, in
concreto, in buona par te vanif icato a causa della fuga di notizie.
Le suddette atti vità tecniche erano state organizza te e messe
in opera da parte del Riolo, fatto salvo un periodo – inter corrente tr a il 18.10.2002 ed il 17.1.2003 – nel quale egli aveva
usufruito di un congedo per malattia.
In detto peri odo, tuttavia, egli er a sempre stato costantemente informa to dai collegh i degli sviluppi e delle ulteriori att ività poste i n essere ed a veva coordinato l’indagine tecnica nonostante l’assenza forzata per mala ttia.
Gli stessi colleghi del Riolo (ad es. il maresciallo Leone) ha nno
confermato
di
aver e
effettivamente
s empre
tenuto
l’imputat o al cor rente di ogni aspetto dell’indagine mentre
questi si trova va assente dall’uf fici o.
Di tutt e le microspie installate solo qualcuna aveva fornito i
risultati spera ti, posto che le altre avevano dato segni di malfunzionamento ovvero non av evano consentito di registrare
conversaz ioni d i particolare rilievo.
Secondo lo stesso Riolo, invece, q uella installa ta all’inte rno
dell’Opel Corsa di Salva tore Eucaliptus aveva iniziato a funzionare bene ed ave va anche consentito di intercettare alc uni
dialoghi est remamen te interessanti tra questi ed il padre Nicolò.
Basti pensare alle, gi à esamina te, conversazioni del gennaiofebbraio d el 2003 che riguardava no per l’appunto le visite
presso gli uffici del l’ingegnere Aiello.
Ebbene, pro prio questa microspia, così valida ed utile per gli
sviluppi dell ’indagine, l’11 marzo 2003, veniva scoperta in
modo tutt’affatto che casuale e disattivata comprome ttendo
l’indagin e sugli Euca liptus.
Il Riolo stesso rif eriva delle fasi che avevano precedut o immediatamente il rinvenimento della microspia che erano state
441
ovviamen te registrate e che lui, insieme agli a ltri colleghi ed
al Capitano Russo, aveva reiterata mente riascolta to.
Dall’asco lto si eran o captati i commenti di almeno due soggetti ed i rumori pr ovocati dall’armeggiare che costoro facevano in torno ai f ili elettrici dell’impianto e della stessa microspia.
Quindi erano st ati registrati dei fr uscii ed i rumori tipici che
un microfono elettr ico p rovoca se urtato, fino al punto c he
era stato rin venuto dapprima il filo e poi la stessa micr ospia
che, da quel mo mento in avanti, a veva smesso di funzionare.
Il Riolo, all’udienza del 28 marzo 2006, affrontava il tema
della rivel azione di no tizie riguardanti tale complessa inda gine all’Ai ello e, pur ammettendo di averle rivelate, le collocava
in un tempo successivo risp etto a quello indicato nel corso
dei suoi inizia li interrogat ori:
“Si. Siamo nel Giugno de l 2003, non mi ricordo che… che … che
circostanza, forse è un prob lema che avevo io ai denti, avevo
trovato il professore Carcione. Il professore Carcione mi… mi
espone un fatto, mi espone un fatto di questo personaggio di
Eucaliptus … Nicolò che … si era recato … nei mesi precedenti
… ha trovato lì … nello studio della diagnostica, ha avuto delle
forti pretese, delle fo rti pretese di avere della… documentazione falsificate.
… siamo andati a trovare l’ingegnere Aiello nel
suo u fficio io e il pro fes sore Carcion e. Lì l’inge gnere Aiello andò insomma… si è … messo a parlare che… che insomma non
ce la faceva più, non sapeva più che cosa fare con questo personaggio che continuava a andare lì e avere delle pretese e lì
… mi disse … che in realtà di fatto pagava qualche cosa a Nicolò Eucaliptus......
...e poi è success o il fatto che, e dico: “Ma io che cosa… in che
cosa posso essere utile”. Cioè era una domanda che … mi ero
posto fra me e me e fu quello il … momento che l’ingegnere
Aiello fo rse non si ricorda, che lui chiese pure ti faccio parlare
con un mio u fficiale. L’ingegnere era preoccupatissimo … su
442
questo fatto, aveva paura, e mi rispose che … temeva insomma
queste persone, perché forse non avevo capito con chi aveva…
con chi avevamo… di chi stavamo parlando, e mi disse: “… anche se io faccio una cosa del genere poi chi viene il tuo ufficiale … dietro i miei figli a Bagheria ?” Fu quella … la cosa che
mi… fece intanto non lo so, ancora allontanare di più il discorso di mafia, di tutte ste cose su qu esta… su quest’ingegnere,
quindi sapendo che… chi frequentava e tutte ste cose, proprio
era lontana… era una persona che per me andava protetta …
da queste cose, e io non sapevo come fare a convincerlo per
presentare denuncia. E lì gli confidai alla fine quando ho visto
che non … che aveva paura di fare questa denuncia e … mi aprì
e dice: “Va beh, sai cercai di non farti più trovare magari in ufficio. Quando viene, ti viene a cercare cioè…e
gli con fidai …
alla fine mi sono dissi: “Non ti preoccupare io… anche la mia
sezione, noi stiamo facendo delle indagini, c’erano delle microspie, di cui penso che i colleghi abbiano raccolto abbastanza
materiale per buttarlo in galera, quindi devi avere solamente
pazienza e te… è questione di tempo che lo mandiamo in galera, e così te lo togli di davanti”. Questo è stato più che a… …
l’apertura … nei confronti dell’ingegnere Aiello .
Poco oltre l’i mputato ammetteva di aver confida to all’Aiello
due fatti specifici ( la collocazione d i microspie nell’abitazione
di Acquedo lci e nell e macchine degl i Eucaliptus) ma li da tava
al giugno del 2003, po co tempo prima dell’attivazione della
c.d. rete riser vata.
Una ulteriore p ostdatazione della r ivelazione che rientr a perfettament e nel mecca nismo di adeguamento al contenuto delle dichiarazioni rese dal l’Aiello nel corso del suo esame, di
poco precedente a quello del Riolo.
Essa, pertan to, determ inava la contestazione di quanto rifer ito nel c orso d ell’in terrog atorio del 20 agosto 2004:
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
443
Allora, guardi, lei è stato interrogato sul punto il 20 Agosto del
2004, siamo a pagina 28 della trascrizione e seguenti l’ultimo
interrogatorio, quello durante l’avviso di conclusione, chiesto
da lei, eccetera. Allora, P.M.: “ma lei quando io le stavo dicendo: quando gliel’ha detto lei ad Aiello un minuto prima che venisse trovata?” Non leggo tutto l’interrogatorio, si sta parlando
di
quando
lei
ha
dato
queste
notizie
sulle
microspie
all’ingegnere Aiello. Domanda: “Un minuto prima che venisse
trovata?” Riolo: “No, no, no, nel contesto… nel contesto quando
ci siamo incontrati con Aiello e Carcione”. P.M.: “Questo lo sa
lei quando vi siete incontrati, io non c’ero”. Riolo: “Cioè aspettate, possiamo fare un discorso”. P.M.: “Quanto tempo è
passato?” Riolo : “Risp etto a q uando è stata trovata ?” .
P.M.: “Esatto , quanto tempo pri ma?” Riolo: “Rispetto a
quando è stata trova ta saranno stati un due mesi buoni,
due mesi buoni.
Va bene. Lei questa dichiarazione che io le ho letto la
RIOLO GIORGIO:
Confermo di ave rla de … dett a io…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
No.
RIOLO GIORGIO:
… Però no n con fermo le da…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Non lo conferma.
RIOLO GIORGIO:
… Non lo confermo, perch é le date sono queste sicure, perché
subito
do…
successiva…
ma
proprio
pochi
giorni
dopo
…succede c he mi… mi consegnano il cellulare, quindi è Giugno.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
E’ Giugno lei dice. Ma lei mi con ferma almeno che è legato
all’in… all’incontro con Carcione…e con Aiello?
RIOLO GIORGIO:
444
Si, esatto.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Oh, e lei mi conferma che con riferimento al discorso che lei
gliel’ha detto non appena lei sa che Aiello si lamenta delle pretese economiche…
RIOLO GIORGIO:
Si.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Ma in quest’occasione, durante questo colloquio Aiello le dice
anche che Eucaliptus era andato a trovarlo … nella diagnostica? Le ha parlato di visite di Eucaliptus?
RIOLO GIORGIO:
Si, si, si, si.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Glielo disse?
RIOLO GIORGIO:
Si.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
In che termini glielo disse?
RIOLO GIORGIO:
Ma intanto era un po’ così stanco di queste continue visite di…
questo personaggio che … ogni qualvolta aveva … delle pretese, e n on ce la faceva più, insomma a sostenere questo… continuo…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Cioè, sia più chiaro, che cosa le dice Aiello di queste pretese?
RIOLO GIORGIO:
Ma adesso a cercare le parole esatte io non… non gli posso…
su per giù mi… mi disse che era stanchi… non ce la faceva più,
ormai ogni qualvolta che lui andava aveva sempre qualche cosa, era un po’… gli imponeva di… di assumere personale, e
nella…pretese di soldi di… di prestiti di soldi, di… di prestiti
di soldi. Questi erano continue… cioè non c’era una volta che
per… per esempio queste sono parole mie adesso, che anda445
va… e andava lì per salutarlo: “Ingegnere buongiorno, come
sta, arrivederci e grazie”. Non esisteva, ogni volta c’era una
pretesa.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
E posti di lavoro. E nel racconto che le fa Aiello, gliel’aveva dati posti e soldi di lavoro?
RIOLO GIORGIO:
Io questo non gliel’ho chiesto… non me l’ha detto … mi ha detto
però che aveva di… delle pretese, quindi evidentemente che
aveva dato…Mi disse che aveva già pagato abbastanza.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Ma … gli parlò anche di visite di Eucaliptus in termini di attualità, cioè che stava venendo ancora? Che veniva frequentemente?
RIOLO GIORGIO:
Si, si, si, che veniva … continuava ancora a venire, per questo
gli consigliai di non farsi vedere… tanto è vero che in quel… in
quel periodo bi… mi sembra che non tu… la gente by-passava
attraverso due controlli, uno sopra all’ingresso e l’altro sotto.
Da premettere che io che conoscevo l’ingegnere Aiello non mi
lasciavano mai da solo, mi… venivo sempre ad accompagnato
fino all’ufficio … dal pers onale lì incaricato. Quindi…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Quindi l’occasione in cui lei dice ad Aiello della collocazione
delle microspie, quindi lei dice Giugno 2003 è questo coll oquio,
in cui Aiello le dice tutte queste cose.
RIOLO GIORGIO:
Si.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
E lei gli dice delle microspie come un fatto rivolto al passato o
come un fatto rivolto al presente?
RIOLO GIORGIO:
446
Era un fatto passato che… che pri… che non sarebbe passato
molto tempo, l’avremmo buttato in galera e gli a… gli avremmo
tolto questa sta… sta persona di mezzo ai piedi.
…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
E allora, guardi, lei il 20 Agosto del 2004, siamo a pagina 29,
su questo argomento ha dato un’altra risposta che è assolutamente compatibile con quella che lei aveva dato sul periodo in
cui aveva detto della esistenza delle microspie di Eucaliptus. E
allora, guardi, siamo a pagina 29… P.M.: “E allora, io le stavo
dicendo parlando della microspia collocata nella Opel Corsa
targata BA262BA, intestata a Dell’Anna Stefania, in uso a Eucaliptus Salvatore, figlio di Eucaliptus Nicolò, risulta agli atti
dei Carabinieri che questa microspia è stata… ha iniziato per
lo meno il 6 Novembre 2002, probabilmente era stata collocata
uno o due giorni prima, non lo sappiamo, ed è stata trovata
l’11 Marzo 2003”. Riolo: “perché non gliel’ho detto prima?”
P.M.: “No , io sto… ho fatto una…”. Riolo: “No, io dico, perché
non gliel’ho detto? Non gliel’ho detto? Perché questa benedetta
microspia venne fuori dal discorso quando lui assieme al professo re Carcione mi dissero che era taglieggiato. Non ce la faceva più e cose varie. Dico per tranquillizzarlo, del resto fidandomi di una persona che io pensavo che non fosse niente
di tutto quello che oggi noi diciamo che sia, mi fidavo, e gli ho
detto, quindi, gli ho detto: non ti preoccupare c’è perfino la microspia, anche se vedi se tu sei coscientemente a posto possono parlare, c’hanno… c’è pure una microspia in macchina, falli
parlare tranquillamente prima o poi questo va a finire in galera
e te lo togli davanti alla scatole, ma solo per questo glielo dico”.
RIOLO GIORGIO:
Confermo quello ch e ho dett o, m a era … riferito, dottore
Prestipino, era riferito a… al perio do precedente, cioè io non
447
è che gli ho detto: vai… potevo dirglielo prima, insomma di
questa benedetta microspia.
E’ una cosa che mi sono espresso male io, nella… nel… nel
linguaggio italiano, non c’è…
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
Guardi, lei quando noi le abbiamo fatto la domanda… qui siamo a pagina 28, le viene chiesto quando gliel’ha detto, lei colloca … il riferimento all’ingegnere A iello della notizia, lei dice
di averglielo detto due mesi buo ni prima … del momento
in cui la m icrosp ia era stata rinvenuta, tanto è vero che
poi dice che stata trovata l’11 Marzo, lei dice un paio di mesi
prima, in realtà è rientrato il 17 Gennaio, quindi un po’ meno
di due mesi deve ess ere stato, comunque intorno a Febbraio. E
poi lei dice: “Comunque, certamente dopo che è rientrato
in sevizio . Si, dopo che sono rientrato in servizio, dopo il
17 Gennai o”.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Allora, qui la domanda era sul contenuto della interlocuzione
nell’incontro tra Aiello, Carcione, Riolo. E ho letto la dichiarazione che ha res o il maresciallo Riolo in cui parla al
presente, in cui dice: “Possono parlare, c’è pure una microspia in ma cchina , falli parlare tranquillamente, prima o poi questo va a f inire in galera e te lo togli davanti
alle scatole”. Che è un concetto, non è un prob lema terminologico…
PRESIDENTE:
Va bene, quindi la… la contestazione del Pubblico Ministero è
intanto su questo passaggio, cioè questa frase che lei ha riferito in quel verbale, come detta da lei ad Aiello, alla presenza di
Carcione in quell’incontro, lei la conf erma o no?
RIOLO GIORGIO:
No, no, cioè non pos so confermarla. Io devo dire la verità e
nient’altro che la verità e quindi… che l’abbia detta in questo
senso no, perch é penso na… cioè che l’abbia detto questa… c’è
448
una registrazione e l’ho detta, attenzione, io sto dicendo che
confermo quello che… che sono lì, ma il… il senso era tu…
tutt’altro.
PRESIDENTE:
Quindi lei sta confermando di averla detta al…
RIOLO GIORGIO:
Di averla detta. Io ho detto ch e c’erano delle microspie,
quindi potevano pa rlare tranq ui llamente. Io non ho mai
detto l’e sisten za di queste microspie prima di q uella data all’ingegnere Aiello, quindi il fatto che io le ho detto
ci sono, può darsi che lo… lo collocavo a un fatto di protagonismo , non lo so, lei che co sa… perché tra l’altro io con
l’incontro tra Carcione, Aiello e me, una sola volta è avvenuta e
dopo di qu ell’inco ntro io ho… ricevetti il telefono, quindi per
questo io faccio questo tipo di colloc azione.
PRESIDENTE:
Perfetto. Non ha fatto riferimento ad altre, a queste due che già
erano trovate nel Giugno del 2003. E questo è un dato. Un altro dato è che in quell’interrogatorio ha detto: “Lasciali parlare
in questo momento, cioè al presente”. Quindi facendo riferimento a un’attività in corso, lei ribadisce di non avere detto
questa frase e di averla solo riferita al passato?
RIOLO GIORGIO:
Riferita al pas sato”.
L’argomen to, così approfond itamente sviscerato, sembr ava
quindi esaurito ma in realt à così non è stato.
Ed infatti, a lla successiva udienza del 4 aprile 2006, proprio
in
apertura
di
udienza,
il
Riolo,
prima
di
proseguire
nell’esame e nel controesa me delle parti, chiedeva di rendere
una dichi arazione spo ntanea nei seguenti termini:
RIOLO GIORGIO:
Signor Presidente, prima di iniziare vorrei…fare una precisazione, a complemento di quanto è sta… è stato l’ultimo argomento.
449
nell’u ltima udienza, riguardo le microspie. Ecco, io ho p recisamente ricordo di… di queste… di questa situazione e vo… appunto vorrei precisare che è stato tutto un confusionario an…
sin tu… dalla… sin dall’inizio del… del… dei miei primi interrogatori in carcere. Io non… non metto… non ho, dunque, può
darsi che io l’abb ia potuto anch e dire a Gennaio, a Febbraio, Marz o a Giugno o a Luglio , non… non … io confermo di a verlo de… di… di averlo detto, questo ne sono co…
fermament e convinto, e che sono un po’ confuso nella…
esattamente nella data, perch é ci sono int errogatori… io
andando a ri legger e poi gli inter rogatori addiritt ura del
19 Febbraio a pagina 66, dichiaro che questa confidenza
era stat a fatt a all’Aiello dopo che il G reco viene in licenza a Bagheria. quin di è per questo i miei cassettini di
memoria co ntinuano a collocarlo lì, però no n è… non
posso metter e attenzi one… è possibile che gli abb ia potuto anche dire p rima. Questo è.
E nel corso successivo dell’esame l’imputato tornava ancora
sul tema:
PUBBLICO MINIST ERO:
E ce le ha dette: “Eravamo io, l’ingegnere Aiello, il professore
Carcione. E si è uscito questo discorso e io ho detto questa cosa”. quando lei… ecco, allora ancoriamo a questo dat o di
fatto, quand o lei ha… ha ricordo di questo discorso a
tre, sulle presenza di Eucaliptus, era un discorso ch e facevate al prese nte o al passato?
RIOLO GIORGIO:
E questo è il mio dubbio, ma facile che era anch e al presente … può darsi che era al presente…si, era al presente”.
Riassumen do l e var ie di chiarazioni rese dal Riolo sia nei suoi
iniziali i nterrog atori che nel corso del suo esame dibattimentale, può con assolu ta certezz a affermarsi che egli ha sempr e
e
costantemente
rico nosciuto
450
l’esistenza
della
rivel azione
all’Aiell o sia della presenza di m icrospie nell’abitazione d i
Acquedolci che in una autovettura in uso ai figli di Nicolò
Eucaliptu s.
Tale dato è incontestato tra le parti, tanto che lo si può ritenere asso dato e certo.
Viceversa, il con trasto sussiste a proposito dell’esatta collocazione temporale delle rivelazioni che inc ide non poco sinanco sulla stessa rilevanza penale della cond otta, posto
che, in una d elle suddette ipotesi, potrebbe trattarsi d ella r ivelazione di una noti zia già resa altrimenti p ubblica.
Non vi è dubbio, intanto, che il Riolo, nel corso degli interrogatori cui è stato sottoposto durante le indagini, abbia spontaneamente colloca to le rivelaz ioni in un momento ben individuato: due o tre mesi pr ima del rinvenimento della microspia e certam ente dopo i l suo rientro in serviz io dal periodo
di conged o.
Posto, dunque, che il rinvenimento della microsp ia è avvenuto l’11 m arzo 2003 (co me da registrazione in atti) e che il
Riolo era ri entrato in servizio il 17 gennaio 2003, la rivelazione ven iva collocata dallo stesso imputato, con certezza, tra
la metà e la fi ne del mese di gennaio 2003.
In dibattim ento, invece, il Riolo, dopo aver sentito ciò che
l’Aiello aveva sostenuto nel cor so del suo esa me, modificava
la colloca zione t emporal e della duplice rivelazione e la posponeva al mese di giugno 2003, facendo ricorso al ricordo
di un fatto correl ato (l’ attiva zione della rete riservata) di cui,
però, non aveva mai parlato prima .
A parte l’evidenz a di tale ultima discrasia sul piano logico e
della dinamica descrittiva – ancorare dopo anni il ricordo ad
un fatto che nel l’immediatezza non veniva neppure citato –
appaiono del tu tto ev identi l’effetto adesivo alle dichiar azioni
del
coimputato
Aiello
e
la
descrizione
l’utilizz o del tempo presente.
451
del
ra cconto
con
Come si è visto anch e tale aspetto, per quanto appar entemente p oco i ndicativo, è stato oggetto di contestazione e richieste di ch iarimen to ed il Riolo a lla fine confermava che la
notizia dell a duplice attività di indagine sull’Eucali ptus era
stata da lui ri ferita all’Aiello con riferimento ad un fatto a ncora in corso di acca dimento (e pertanto usando il tempo
presente) .
Tale modo di descrivere l’azione investigativa (le inter cettazioni ad Acquedolci e sulle automobili) come ancor a in corso
di svolgimento appa re del tutto incompatibile con la collocazione della r ivelazione a giugno 2003, cioè oltre tre mesi dopo
il rinven imento della m icrospia sulla Opel Cor sa di cui il Ri olo era perfettamente a conoscenza.
Ed anzi, posto che il Riolo sa peva perfettam ente che il ritrovamento dell a microsp ia sulla Opel Corsa aveva di fatto paralizzato l’indagin e sugli Eucaliptus, non avrebbe av uto senso
logico la sua rassicurazione circa il probabile e quasi imminente arr esto d i Nico lò Eucaliptus.
Il fatto, invece, che Riolo avesse tranquillizzato l’Aiello circa
il buon esito delle indagini – che sarebbero presto sf ociate
nell’arresto del l’inda gato – è un dato compatibile solo con la
collocazi one dell’episodio i n un’e poca antecedente rispe tto
all’11 marzo del 2003.
Ad ogni mod o, il Rio lo, in apertur a della successiva udienza,
rendeva una dich iarazi one sponta nea con la quale intendeva
chiarire, u na volta per t utte ed a mente più fresca, il senso
delle sue paro le e superare le contraddizioni nelle quali era
caduto.
Appare, peraltro, pro babile che l’esigenza di detto preliminare chiarimento spon taneo sia stata determina ta anche dalla
consapevolezza di aver cercato, senza troppa fortuna, un
punto fo rzoso di equ ilibrio tra la verità e le esigenze del
coimputato Aiello, alle quali il Riolo, per qualche imperscru-
452
tabile mot ivo, er a ancor a sensibile ma non fino al punto di
rinunciare alla propr ia attendibilità .
Comunque sia, a seguito di dette spontanee dichiarazioni, il
Riolo defi niva come possibile la collocazione del fatto nel mese di gennaio-febbraio, cosa che, in considerazione delle sue
precedent i insi stenze, appa re già es tremamente significativa.
Ad ogni mod o, la rivelazione era avvenuta nello stesso peri odo nel quale l’Ai ello aveva ricevuto le visite dell’E ucaliptus e
le sue pressanti richieste che, come si è visto nel dettaglio, si
collocano proprio tra fin e gennaio ed i primi di febbraio del
2003.
Nonostante le diverg enze, dunque, anche quest’ulteriore elemento fornito dal Riol o depone per la m aggior e attendibilità
della pri ma ver sione fornita nel corso delle indagini.
Come si è già antici pato, dunque, la ragione sostanziale del
mutamento di in dirizzo del Riolo va riconnessa ad un tentativo di aderire alle te si sostenute da Michele Aiello.
Questi, invero, nel corso della precedente udienza del 21 febbraio 200 6, sos teneva quanto segue:
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Riolo le ha mai parlato di attività di indagine, attività investigative su Nicolò Eucaliptus?
AIELLO MICHELE:
Si … Mi ha detto quando si andava nel… siamo dopo che
Borzacchelli aveva riferito quelle f amose telefonate, per cui
c’era l’ipotesi se poteva essere… qualche cosa derivante da
indagini su Borzacchelli, e quindi di riflesso su di me, o da un
discorso riguardante l’eventuale pedinamento del signor Eucaliptus, che era venuto presso la nostra struttura nel Maggio a
ef fettuare quel famoso esame, mi ha detto: “va beh, non ti
preoccupa re perché stiamo … è gente furba, stiamo per
arrestarl i. Sono attenzionati”. E mi ha riferito anche il particolare, proprio per dire la scaltrezza… anzi, due cose mi ha
detto: una c he a vevano ritrovato … la microspia in m ac453
china, s econdo che u na volta addirittu…m i ha detto pure… no, mi ha detto lui che avevano scoperto le microspie in… Acquedolci e… aut ovettura. Questo… l’uno e
l’altro”.
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
No, io le ho fatto un’altra domanda: se le aveva fat to…
se Riolo le aveva parlato di installazione, non di ritrovamento.
AIELLO MI CHELE:
No. Le dico per la terza volta no… mi ha parlato di rit rovamento di microsp ie, non m i ha mai parlato di collocazione.”.
Dunque, secondo l a versione for nita dall’Aiello l’oggetto della
rivelazio ne era stato il duplice ritrovamento delle microspie
collocate nell’ automobile e nell’abitazione di Acquedolci.
E’ con tutta evidenza una versione diversa da quella del Riolo, il quale non ha m ai indicato quale oggetto della rivelazione il ritrovamento delle microspie ma la loro collocazione.
Tale fatto non contraddice ma rafforza la superiore tesi nella
misura in cui il Rio lo, non potendo adeguare del tutto le proprie dichiarazioni a quel le dell’Aiello, le ha mod ificate fino a
renderle quanto meno compatibili.
Compatibilità che veni va messa in forte crisi dalle cont inue
contestazioni del P.M. e dall’obiettiva difficoltà di armonizzare detta tesi con le preced enti dichiarazioni rese.
Ma,
a
ben
vedere,
la
versione
fornita
in
dibattimento
dall’Aiel lo era diver sa sinanco da quanto lui stesso aveva sostenuto nel co rso delle indagini e che il P.M. gli contestava
puntualmente:
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
Allora, guardi, lei il 19 Maggio del 2004 sul punto ha dichiarato: “cosa le disse con precisione Riolo?” “Il signor Riolo mi disse che e ra seguito il signor Eucaliptus praticamente. Per cui,
dico, a parte l’elemento che era, questo suo continuo venire
454
presso i locali della Diagnostica avrebbe comportato certamente dei problemi. Questo era l’argomento in linea del tutto generale
per
cui
si
parlava
della
pericolosità
del
soggetto
all’interno, del soggetto… e quindi il fatto che vendendo alla
Diagnostica potesse creare dei problemi. Mi diceva che lui veniva seguito e pedinato, tutte le volte che veniva a Bagheria
veniva
seguito,
e
che
certamente
l’avrebbero
intercettato
all’interno della… anzi, un giorno mi ha precisato che in occasione di una visita, perché questo signore veniva parecchie volte ad eseguire parecchi esami, di cui troverete certamente…
cioè era stato seguito e la moglie si era accorta della presenza
di soggetti non ben identificati, però persone che all’interno
della struttura andavano girovagando. Alla richiesta esplicita
di sapere di cosa avevano bisogno praticamente non hanno risposto e allora lui desumeva da tutto questo che certamente
erano persone c he se guivano il signor Eucaliptus”. Poi, sempre
il 19 Maggio…
AIELLO MICHELE:
No, fino ad ora confer mo io, perché praticamente è quello
che ho detto io…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Si.
AIELLO MICHELE:
… Fino ad ora, così ci mettiamo un punto.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Perfetto. Poi, sempre il 19 Maggio, sempre sull’argomento, lei
ha detto: “dunque, lui mi parlava che il signor Eucaliptus
e tutti i suoi component i familiari, compresi suo genero
questo di qua, s ignor e… veni vano seguiti ed erano oggetto d i indagini. Però in particolare tutti i vari particolari…
ma che erano attenzionati e seguiti. Su questo si, mi ha parlato della microspia che lui aveva piazzat o nella casa
del signor Eu caliptu s in quel di Messina, in pr ovincia di
455
Messina, dove abita va, e che aveva piazzato una m icrospia nella macc hina del figliolo” .
Dunque, lo stesso Michele Aiello durante l’interroga torio del
19.5.2004 - quando si tr ovava già agli arresti domiciliari e
quindi n on er a più sotto pressione ed in condizioni di se gregazione carcer aria - affer mava, in modo net to, che l’oggetto
della rivelazione no n era stato aff atto il ritrovamento delle
microspie ma bensì:
- l ’esistenza d ell’indagine a car ico degli Eucaliptus;
- la collocazione della micros pia pr esso l’abitazione di Acquedolci;
- e la coll ocazio ne de lla m icrospia all’inter no di una autovettura del figlio di Nicolò Eucaliptus.
Dichiaraz ioni, quin di, perfettamente compatibili con quelle
del Riolo e con il re sto delle eme rgenze processuali.
Dopo la chiusura delle indagini preliminari e prima della deposizione i n quest’aula, tuttavia , l’ Aiello, presa attenta visione dell’int ero incartament o processuale, si avvedeva sia delle
dichiaraz ioni
del
Ri olo
che,
soprattutto,
del
conte nuto
dell’inte rcetta zione ambientale eseguita a carico di Sa lvator e
Eucaliptu s nel giugno 2004.
La cono scenza di tali a tti lo ind uceva a modificare sostanzialmente i l conten uto delle sue precedenti dichiar azioni,
trasforma ndo la notizia della collocazione in quella del rinvenimento delle d ue suddette microspie.
La motivazione di t ale mutamento è chiarissim a e consiste
nella necessità di svuotare l’oggetto della rivelaz ione di ogni
possibile conten uto pen almente rilevante e di trasf ormarlo
nella mera comu nicazi one di un fatto già di dominio pubblico
e, comunque, senz a alcuna possibile incidenza su indagini in
corso.
Messo di fronte al l’evidenza delle sue contraddizioni attraverso le contestazioni operate da l P.M. insisteva nel suo atteggiamento:
456
AIELLO MICHELE:
E allora, senta, a chiarimento di questo, perché c’è un gioco di
parole…… In tutto… No?
La parte… perché il modo a volte di
esprimersi… no perché mi voglio dare una giustificazione. E allora, diamo una risposta che è univoca e che possa… confermo
appieno quello ch e ho… ho dichiarato lì, con la precisazione
che chi materialmente ha installato la microspia… la microspia
se sia stato lui o qualche altro non me l’ha mai precisato. Che
ovvio che sono state ritrovate delle microspie precedentemente
piazzate da loro come ROS questo me ne ha parlato.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Allora, la domanda che io le avevo fatto e sulla quale io le ho
fatto la contestazione è se Riolo le aveva detto, al di là del fatto di chi materialmente vi aveva provveduto, se il suo reparto
di appartenenza aveva installato microspie nell’abitazione di
Eucaliptus Nicolò ad Acquedolci e nella macchina in uso a Eucaliptus Salvatore.
AIELLO MICHELE:
Attenzion e, stiamo p arlando… allora, precisiamo ancora
meglio.
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
Si o no?
AIELLO MICHELE:
Parliamo
Nel Giugno duemila… no, precisiamo ancora me-
glio. Mi fa rispondere p er favore?
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
Eh, prima risponda alla mia domanda. Io poi le faccio le altre
domande.
AIELLO MICHELE:
Ho detto… guardi, le ho spiegato meglio e non si può rispondere, perché qua c’è stato tutto un intero processo su que ste tre
parole. Per cui merita, secondo me, che venga chiarito in maniera approfondita…
PUBBLICO MINIST ERO PRE STIPIN O:
457
Si, ma…
AIELLO MICHELE:
… E che mi si dia la possibilità finalmente…di potere
parlare. Io allora chiedo, signor Presidente, la po ssibil ità di pote re dare delle spiegazioni su fatti estremamente
delicati. (voce sovrapposta)
PRESIDENTE:
Non mi pare che l’è mai stato…tolta questa pos…
AIELLO MICHELE:
… Anche su quest’ulteriore domanda… perché mi pare che
mi si… che non mi si voglia dare la possibilità di rispo ndere.
PRESIDENTE:
No, il Pubb lico Ministero le ha fatto una domanda alla quale lei
può rispondere con un si e con un n o. Poi…
AIELLO MICHELE:
Non si può risp ondere con un si o con un no.
PRESIDENTE:
E allora risponda come è in grado di rispondere.
AIELLO MICHELE:
E allora, nel Luglio… nel… subito…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
No, però Presidente, mi… le chiedo scusa. Intanto io ho proceduto a una contestazione e se… io pre…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Lei lo co nferma quello che le ho letto?
AIELLO MICHELE:
Io confer mo in parte quello che h a letto poco fa .
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
No in parte…
AIELLO MICHELE:
E poi ho detto…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
… Io le ho letto una pagina e mezzo di sue dichiarazioni.
458
AIELLO MICHELE:
Io detto confer mo…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Lei confe rma o no?
AIELLO MICHELE:
… Le mie dichiarazioni ad eccezione del fatto che lui non
mi… non mi ha mai detto li ho collocate io personalmente. Ovviamente si parlava di microspie che erano state ritrovate nel mese del Giugno/Luglio 2003. Perché questo è importante. Lui me ne parla…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Allora, un di… un discorso è il ritrovamento, che è un evento,
altro evento è la circostanza della installazione. Allora, parliamo prima della installazione.
AIELLO MICHELE:
Perfetto.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
La domanda non è se Riolo le ha detto chi materialmente, cioè
se il maresciallo Francesco, il maresciallo Giuseppe, il maresciallo X o Y. Se Riolo le ha detto che il suo reparto… inteso
lui… era questo il senso, avevano installato nell’ambito delle
indagini su Eucaliptus … una microspia… ad Acquedolci, a casa di Eucaliptus Nicolò, ed una microspia in una autovettura in
uso a Eucaliptus Salvatore. Intanto se erano state inst allate queste due microsp ie. Questa è la domanda, è chiara.
AIELLO MICHELE:
Posso?
PRESIDENTE:
Si, può rispondere.
AIELLO MI CHELE:
Quando ovviamente il… il maresciallo Riolo dice “lavoriamo” non è che lavoriamo… è il suo gruppo che lavora,
quindi… qu indi è s contat o che lavora il ROS. E su questo
non ci piove. Qua ndo mi dice: “ hanno trovato una mi…
459
noi ci lavoria mo e hanno rit rovato una microspia”, se ci
lavora i l ROS è ovvi o che ce l’ ha piazzato il… il… ce
l’hanno p iazzata loro. Ora, materialmente chi, quando vanno, il giorno, l’ora, il minuto di quando l’hanno piazzato io non
lo so, non l’ho mai saputo, non… non… me l’avete chiesto un
mare di volte e vi ho risposto sempre alla stessa maniera.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Allora, di fro nte a questa risposta io reitero la contestazione.
AIELLO
E allora io dico questo: quando è avvenu… quando sono state
fatte queste confidenze a me da parte del signor Riolo? (voce
sovrapposta)
PRESIDENTE:
Esatto. La domanda del Pubblico Ministero è chiara, la contestazione pure. Se lei vuo le rispond ere, per favore.
AIELLO MICHELE:
Io ho risposto signor Presidente.
PRESIDENTE:
Va beh, se non ha nulla da aggiungere…rimane… rimane la
contestazione.
AIELLO MICHELE:
… Ho detto che conf ermo che lui mi ha parlato per quanto riguarda il ritrovamento, mi ha detto che stava lavorando il suo gruppo , per ò io materialment e non so l’ora,
il giorno , la d ata e chi ha installato queste microspie.
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Allora, io le contesto, a seguito della sua risposta in relazione
alla domanda che le ho fatto, la sua risposta all’interrogatorio
del 19 Maggio 2004, esattamente pagina 87 della trascrizione.
E lei risponde: “lui mi parlava ch e il signor Eucaliptus e
tutti i suoi componenti familiari, compresi suo
genero,
questo di qua signor e… venivano seguiti ed erano ogge tto di indagi ni. Però in particolare tutti i var i particolari… ma che erano attenzionati e seguiti. M i ha parlato
460
della micro spia che l ui aveva piazzato nella case del signor Eucaliptus in quel di Messina, in provincia di M essina dove abitava, e c he aveva piazzato una microspia
nella macchina del figliolo ”.
19 Maggio 2004, pagina 87 della trascrizione.
AIELLO MICHELE:
Che lui me ne abbia parlato e lo confermo per l’ennesima volta.
E’ un modo improprio di dire le cose ma materialmente la certezza o che mi abbia detto “li ho collocato io” io questo non lo
so se li ha collocati lui personalmente.
PRESIDENT E:
Permane la contestazione.”.
Dunque, dall a disamina critica del sopra richiama to passo
dell’esam e
quest’ult imo
dell’ Aiello
di
appare
confondere
evidente
le
il
acque
tentativo
di
concentrando
l’attenzi one su part icolari che non gli erano stati chiesti (ad
esempio i l reparto di appartenenza ovvero l’identità della
persona fi sica ch e aveva collocato le due microspie) per sviare l’attenzione dal pun to centrale della contestazione che non
solo questi ha eluso ma che ha a nche contraddetto introducendo il riferimento al ritrovamento e non all’installazione
delle microspie.
Di fronte all’o bietti va difficoltà di armonizzare esigenze di
fatto inco mpatib ili, addirittura, l’imputato si mostra va inso fferente alle contestazion i del P.M. chiedendo d i “poter finalmente parlare” come se qua lcuno f ino a quel mome nto glielo
avesse i mpedito e di menticando, al contrario, che il pr oblema
caso mai era connesso all’eccesso di dichiarazioni contr astanti rese e n on a l fa tto che gli era stato impedito di spiega re le proprie ragioni .
Sotto altro p rofilo , poi , l’Aiello, in ciò seguendo l’altr o esp ediente dia lettico descrit to, posponeva nel tempo l’epoca della
rivelazio ne d ella notizia, collocandola, per la prima volta,
nell’estate del 2003.
461
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
La domanda è questa: quando Riolo le ha riferito di aver installato queste microspie?
AIELLO
“Siamo nell’estate del 2003, siamo quando praticamente
dopo il periodo c he abbiamo… viene Borzacchelli a trovarmi in
Diagnostica. Quindi io lo colloco proprio dopo la campagna
del… e lettorale delle provinciali del 2003.”
Ancora una volta, pertant o, un palese tentativo di stravolg ere, contro og ni logica, il senso delle precedenti dichia razioni
in ossequio alla sopra descr itta prepondera nte esigenza difensiva.
Ed infatt i, anche questa parte delle dichiar azioni è ris ultata
in contrasto con l e sue stesse pr ecedenti d ichiarazioni tanto
che il P. M. procedeva a nuove ed ulteriori contestazioni:
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
E allora, anche qui procedo a contestazione. E’ lo stesso verbale
Pre sidente,
le
stesse
pagine:
questo
siamo
veramente
nell’e state del… nell’estate del 2003 diciamo. Nel 2003 certamente. Mi parlava in relazione alle visite che era un elemento
pericoloso questo di qua, dove figurati che: “praticamente anche noi… io sono andato a collocare le microspie sia a casa
sua che nella macchina del figliolo”. Siamo prima del l’estate
però. S aremo nel periodo Marzo/ Aprile.” P.M.: “dell’anno
scorso, d el 2003 ?” Aiello: “dell’ anno scorso. Non mi ricordo preciso magari il mese ma prima dell’estate”. All ora, lei qui ribadisce ovviamente che … Riolo aveva detto: “io
sono andato a collocare le microspie sia a casa sua che nella
macchina”, e poi colloca … questa informazione a Marzo/Aprile
del 2003.
AIELLO MICHELE:
E allora, in ordine alla dat a Marzo non c’ent ra compl etamente niente.
…
462
AIELLO MICHELE:
Non confe rmo.
Dunque, una ulterio re si tuazione di stridente e netto contrasto tra due dichiarazioni rese, con pari convinzione e forza,
da Michele Aiello e che non si è potuta r icomporre, permanendo una divergenza evidente le cui motivazioni eziologiche
sono state dian zi ricostruite.
Si tratta di un atteggiamento strumentale reso evid ente dalle
attente con testaz ioni del P. M. ed in contrasto c on la stessa
realtà processuale ch e non può essere facilmente sovver tita.
Un’ennesima
ri prova
di
questo
atteggiam ento
si rinviene
nell’ultima par te del l’esame dell’episodio in questione:
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
lei ha mai riferito, ha mai rivelato a Salvatore Eucaliptus che in
una delle autovetture a lui in uso era stata collocata una microspia?
AIELLO MICHELE:
Questo ne lle tante fa vole, nel mio processo no.
A parte ogni con siderazione circa il richiamo alle f avole che
appare poco opport uno, va detto che, proprio su questo episodio, le risultanze pr obatorie sono risultate a utonome ed
univocamente si gnificative.
Ed invero, n el caso in e same non sono emersi meri indizi,
supposizi oni o teori e ma prove autonome del fatto che l’Aiello
abbia riferito la notizia appresa agli Eucaliptus.
Quello che è stato appen a ricostruito, infatti, è il quadro delle emergenze dichiarati ve risultanti dai due principa li prot agonisti del la vicen da (Riolo ed Aiello), posto che Salvatore
Eucaliptu s si è avvalso della facoltà di non rispondere e suo
padre non ha fo rnito alcun significativo elemento.
Prima di passare ad esamina re l’intercettazione cui si f a riferimento occorre esamin are il quadr o delle indagini, così come
è stato r iferit o dal C olonnello Da miano che le ha coordinate.
463
Secondo qu anto ri ferito dal teste, fin dal momento della scarcerazione di Nicolò Euca liptus (20 ottobre 2001) erano state
avviate d elle in tercettazioni sulla sua utenza cellulare e nel
successivo mese di g iugno del 20 02 erano state installa te microspie p resso l’abitazione di Ac quedolci.
Una di dette mi crospi e era stata rinvenuta, il 23 agosto
2002, da Nicol ò Eucaliptus in occasione di un trasloco,
quando sposta ndo u n tavolo di pla stica questi aveva trovato
un apparato collocato nel piede del tavolo stesso.
Verso la fine del 2002 il gruppo tecnico coordinat o dal Riolo
si era occu pato anche di collocare delle microsp ie al l’interno
di tre autovetture in uso a Salvatore Eucaliptus, una L ancia
Y10, una Opel C orsa e una F iat Punto.
L’install azione sulla Opel, in particolare, aveva avuto luogo
esattamente il 6 novembre 2002 ed, a differenza degli altri
apparati, aveva dato immediatamente ottimi risultati investigativi.
Ciò in quanto Salvatore Eucaliptus utilizzava pref eribilm ente
detta autovettur a anche quando a ndava a pr elevare il padre
nelle occasi oni in cui questi benef iciava di permessi per recarsi in Bagheria.
Come si è visto in precedenza, infatti, proprio in alcune di
tali occasio ni - 20 gennaio,
21 gennaio, 31 gennaio, 8 feb-
braio ed 11 febbraio 2003 - all’interno della Opel Corsa erano
state captate e registrate impor tantissime conversazioni tra i
due Eucaliptus che riguar davano per l’appunto l’Aiello e che
avevano avuto luog o in coincidenza con le loro visite negli uffici dell a Diag nostic a.
Ma gli esiti dell e int ercett azioni sulla Opel non erano limitati
a questo, sia pur ri levante, risultato investigativo ma si estendevano anche ad ulteriori risultanze rigua rdanti, questa
volta, il c.d. “perco rso dei pizzini” di Bernard o Provenzano.
A titolo di esempio, i l Colonnello citava l’episodio del settembre 2002 quando Salvator e Eucalip tus si era recato, su inca464
rico del padr e, in Casteldaccia per incontr are
Giuseppe Vi r-
ruso, uno dei p rincipali “p ostini” del Provenzano.
Tale preziosa fonte di acquisizione di notizie e di prove, tuttavia, veniva bruscamente interrotta, l’11 marzo 2003, a seguito del rinvenimen to propr io della microspia installata sulla Opel C orsa.
Riferiva
il
te ste
che
in
tale
da ta
era
stata
intercetta ta
un’ultima conv ersazi one che documentava le fasi del ritrov amento della microspia da parte di Alessandro Euca liptus, fra tello di Salvatore.
Il Colonn ello Da miano r iferiva di un’attività di r icerca della
microspia, app arsa in tutta la sua evidenza dall’ascolt o della
registrazione.
Non, dunq ue, un rinvenimento ca suale, in occasione di un
guasto al l’impi anto elettrico o q uant’altro, ma proprio una ricerca di qualcosa , dapprima focaliz zata su un f ilo e poi sulla
stessa mi crospi a che, appena individuata, smetteva di trasmettere.
Il Colon nello Damiano, poi, per dimostrare ulter iormente che
si era trattato di una attività di ricerca non casuale ma derivante da una fuga di notizie, citava un episodio che appare
sintomati co delle particolari preca uzioni che gli Eucaliptus
avevano adottato proprio in coincidenza con l’11 m arzo 2003.
Proprio a cavallo di ta le data, infatti, gli Eucaliptus avevano
sostituit o con tempor aneamente ben due utenze cellulari so ttoposte ad in tercettazion e, con ciò dimostr ando di nutrire la
preoccupazione di ess ere intercetta ti.
Il teste Damian o, poi , confermava il dato dell’assenza del Riolo per mala ttia dal 16 settembre 2002 fino al 16 gennaio
2003, sal vo un breve intervallo nel mese di ottobre.
Come si è detto anche il maresciallo Leone e gli altri componenti d el gr uppo tecnico conferma vano che, durante la sua
assenza per malattia , avevano sempre tenuto al corrente il
Riolo delle att ività in corso e dei lor o svilupp i.
465
Orbene, d opo aver ricostruito il quadro obiettivo delle circostanze relative al con testo investigativo di riferimento può
passarsi ad esami nare l’elemento di prova che sgombra il terreno da ogni in certezza e che chiar isce come siano andate ef fettivamente le cose.
Si tratta, com e già si è anticipato di una intercettazione ambientale r egistrata nel la sala colloq ui della ca sa circondari ale
Ucciardon e tra Salvat ore Eucaliptus ed i fa miliar i.
E’, quind i, come ha sottolinea to correttamente il P.M., attraverso la stessa viva voce di Salvatore Eucaliptus che si p erviene al definiti vo chiarimento dello stato delle cose, pur essendosi questi avval so in udienza della facoltà di non rispondere.
Lo stesso Salvatore Eucaliptus, infatti, dirà alla compagna
Stefania Dell ’Anna ed agli altri par enti presenti in sala coll oqui
che
e ra
stat o
proprio
Michele
Aiello
ad
a vvisar lo
dell’esis tenza dell a microspia nella sua automobile e che lo
aveva fatto pri ma che quest a venisse ritrova ta.
Con la completa sin cerità di chi parla con le persone più ca re
senza alcun t imore di p oter essere ascoltato, Salvatore Euca liptus, d unque, ha af fermato:
- che la notizia gli er a stata effettiva mente riferita;
- che la fonte di detta rivelazione era per l’appunto Michele
Aiello;
- che tale rivelazione doveva colloca rsi in epoca antecede nte
al rinven imento della micro spia.
Ed allora d avvero appare chiaro la centralità di tale emerge nza processuale che non è un mer o riscontro ma una prov a
piena ed autonomamente significativa del fa tto in sè.
Essa, ci oè, d imostra il fatto della rivelazione della notizia segreta da parte dell’Aiello agli Eucaliptus in un momento a ntecedente ris petto al rinvenimento della microspia, con ciò
confermando in modo autonomo le dichiarazioni fornite dal
collaboratore An tonino Giuffrè a proposito della contropr e466
stazione forn ita a “cosa nostra” da Michele Aiello e rappr esentata d al fornire n otizie riservate su indagini in corso.
Sulla scorta di quanto appreso dallo stesso Riolo è sta ta, poi,
confermata una continu a attività di rivelazione all’Aiello di
svariate notizi e segrete relative ad indagini in cors o.
L’element o di prova in esa me, consente, pertanto, di affer mare con assoluta certezza che l’Aiello ha, a sua volta, rivelato
almeno un a di d ette n otizie ad esponenti di “cosa nostra ”.
La conversazione è quella carpita mediante l’intercettazione
ambiental e effettuata press o la sala colloqui dell a locale casa
circondar iale “Uccia rdone” tra il detenuto Salva tore Eucali ptus ed i suoi familia ri il 1 8 giug no 2004.
Essa, pertanto, costitu isce, sotto il profilo della gerarchia
delle prove, una pro va autonoma, valida e pienamente utilizzabile di un fatto storico e non un mero elemento sintoma tico
o di risc ontro a quan to sostenuto dal collaborator e Giuf frè.
Venendo al con tenuto di detta conversazione occorre, in primo luogo, evidenzi arne la pa rticolare natura , posto che si
tratta di dial oghi con fidenziali tra Salvatore Eucaliptus (appena tr atto in a rresto ) ed i suoi par enti, in particolare la madre, il fratel lo Francesco Eucaliptus e la compagna Stefania
Dell’Anna (oltr e al l oro bambino).
Il fatto che gli in terlocutori non avessero il sospetto di pot er
essere intercettati ed il tenore stesso del dialogo contribu iscono a far rite nere detta conversa zione assolutam ente spontanea e, come t ale, dotata di un’elevata valenza pr obator ia.
Il dial ogo p rende le mosse da tutta una ser ie di fatti fa miliar i
e personali di nessun interesse e prosegue con l’a nalisi di alcune
vicende
procedurali
che
attengono
alla
nomina
dell’avvocato d’ ufficio e di quello d i fiducia ed alla convalida
del fermo ed all’emissione del titolo custodia le.
In particol are (v. p ag. 43 e ss.) veniva sottolineato come, con
il provv ediment o di f ermo, al Salvatore Eucaliptus fosse stato
nominato un avvocato d’uffic io (l’avv. Rosanna Vella) mentre,
467
in realtà, a ll’int erroga torio di
garanzia aveva partecipato
l’avvocato Gallo che, nel fr attempo, era stato nomina to dai
suoi parenti.
Ad un certo punto del dialogo, Salvatore Eucaliptus tranquillizzava i parenti dicen do di essere sereno e di avere la coscienza a p osto in quanto non aveva fatto nulla di male
(pag.46).
Subito dopo il f ratello Francesco fa ceva riferimento a gli a rticoli di sta mpa che avevano tr attato la notizia dell’arresto del
congiunto e ne seguiv a il seguente dialogo testuale:
Francesco: minchia, no giurnali spissu ha nisciutu (sei uscito
spesso su l gior nale, n.d.e.), sei famoso
Salvo: s e?
Madre: ma tutti dici: “ma chi è, dici, fineva di travagghiari e
cincu e vinticinqu e e cincu e menza già era a casa” (ma
cos’è… fin iva di lavora re alle 17,25 ed alle 17,30 già era a
casa, n.d .e.)
Francesco: ti fanno l’articoletto a solo, ti fanno l’articoletto a
solo
Salvo: ancora?
Francesco: se
Stefania: c’è ancora?
Francesco: perché col fatto, tipo dice, int ercett azioni con
… Aiello
Salvo: Aiello, io?
Francesco: nel giorn ale c’è scr itto che t u gli hai detto…
che gli hai confermat o che…
Madre: stsss (cer ca di zittire i figli)
Francesco: ma chi c’è, chi è?
Salvo: ch e cosa?
Stefania: ah si, che avevi conferm ato…
Salvo: da micro spia?
Francesco:
( annuisce)
Stefania: … che la mi crospia te l’ aveva det to Aiello
468
Francesco: tu… dice c he glielo hai detto t u
Salvo: quella del la mia m acchina gli ho det to, ma iddu
mu rissi, io ci l’appi a cunfirmari, picchì iddi u sannu,
già a priori
Stefania: eh, hai visto che avevo ragione? Avevo detto a Ignazia che l’avvocato ce l’aveva detto, quando era uscito, che lui
aveva detto di si
Francesco: …i liggivu no giurnali, tutti sti cosi…
Salvo: iddu mu rissi, si, picchì iddi u sannu, quindi è inutile
ca…
Orbene, la disamina del significato letterale di dett o dialogo è
univoca e non con sente int erpretazioni anche solo parzialmente div erse.
La noti zia che i presenti stanno commentando è cost ituita
dal fatto che sul giornale, come riferisce Fr ancesc o Eucaliptus, c’era scr itto che Salvatore Eucaliptus aveva confermato
qualcosa a prop osito di una microspia agli inquir enti:
Francesco: nel giornale c’è scritto che tu gli hai detto… che gli
hai confermato che…
Madre: stsss (cer ca di zittire i figli)
Francesco: ma chi c’è, chi è?
Salvo: ch e cosa?
Stefania: ah si, che avevi confermato…
Salvo: da microspia?.
Di quale tipo di conferma si tratta sse lo chiarisce immedia tamente Stefania Dell’A nna, dicendo: “che la microspia te
l’aveva detto A iello”.
Dunque, sul giornale er a stato p ubblicato un art icolo nel
quale vi era scritto che Salvatore Eucaliptus, in se de di interrogato rio di garanzia, aveva conf ermato che la notizia della
presenz a
di
una
microspia
dall’Aiel lo.
469
gli
sarebbe
stata
da ta
I parenti in visita, per tanto, chiedevano spiegazioni in pr oposito al loro congi unto per ver ificare se quanto scritto sul
giornale fosse vero o meno.
Il fratello Francesco, infatti, quasi con sorpresa insisteva dicendo: “tu… dice che glielo hai detto tu” e Salvatore Eucaliptus spiegava immediatamente come erano andati i f atti in
sede di interro gatori o:
“quella della mia macc hina gli h o detto, ma iddu m u rissi, io ci l’appi a cunfirmari, picchì iddi u sannu, già a
priori”.
Pertanto, in prim o luogo, chiariva di quale microspia egli aveva parl ato, precisan do che si trattava di quella che era installata
nella
sua
ma cchina
(cioè
nell’Opel
Corsa,
l’automobile che, di fatto, egli utilizzava come emerso da lle
indagini) .
Fatta questa precisazio ne – che delimita il campo lasciando
sottintendere la presenza a nche di altre microspie – Salvatore
Eucaliptu s aggiungeva testualmente (tradotta la fr ase in italiano): “quella della mia macchina gli ho detto, ma lui me lo ha
detto, io glielo ho dov uto confermare, perché loro lo sapevano,
già a priori”.
Appare assolu tamente chiaro ed inequivoco quanto Salvatore
Eucaliptu s ha detto ai suoi parenti: egli in sede di interr ogatorio aveva dovuto co nfermare che la notizia della presenza
della mi crospi a nella su a automobile gli era stata data da
Aiello e questo perch é gli inquir enti (“loro”) già ne erano, a
priori, a conoscenza.
La difesa, co n una tesi suggestiva quanto infondata, ha s ostenuto che la conferma da ta dall’Eucaliptus sarebbe stata
suggerita da qualcuno, ed in particolare dal suo avvocato,
sulla scorta della dizione “ma iddu mu rissi”.
A giudizi o del Tribun ale si tratta di una interpreta zione errata sia sot to il profilo della struttura lessicale che alla luce
del conte sto di alogico comp lessivo.
470
Ed invero , il si gnifica to della frase nel suo complesso è sol o
uno: l’Eucaliptus ha dovuto confermare che la notizia della
presenza di una microspia nella sua automobile gli era stata
data dall’A iello in quanto gli inquirenti già ne avevano le prove a priori.
Il superiore inciso (“ma iddu mu rissi”), pertanto, conferma
che era stat o pr oprio l’Aiello a dar e la notizia nel senso che:
“quella della mia macchina gli ho detto, ma (veramente) lui
(Aiello) me lo ha detto, io glielo ho dovuto confermare, perché
loro lo sapevano, già a priori”.
Quindi il sogget to del la frase è Michele Aiello ed il complemento ogg etto l a noti zia della prese nza della microspia.
Tale significato, si badi bene, non muta anche forzando
l’interpr etazione del la suddetta espressione dialet tale.
Anche a voler accedere all’errata lettura difensiv a, infatti, tale
inciso
starebbe
ad
indicare
che
l’avvocato
presente
all’interrogato rio di ga ranzia avrebbe detto all’Aiello che la
notizia era già no ta a priori agli inquirenti e che, pertanto,
non c’era motivo di smentirla: “quella della mia macchina gli
ho detto, ma lui (l’avvocato) me lo ha detto, io glielo ho dovuto
confermare, perché loro (gli inquirenti) lo sapevano, già a priori”.
In
quest o
caso ,
dunq ue,
il
soggetto
(“iddu”)
sarebbe
l’avvocato ma il com plemento oggetto necessaria mente dovrebbe identificarsi nel fatto che gli inquir enti già avevano
conoscenz a altr imenti della notizia.
Neppure per tale via , pertanto, può stravolger si il significa to
della fr ase f ino al pun to di sostener e che l’Eucaliptus sia stato indotto dal suo avvocat o a rendere una falsa d ichiara zione
al fine d i scag ionarsi.
Anche p erché l’Euc aliptus non si era aff atto scagionato ma
aveva amm esso l a ricezione della notizia da parte di Aiello.
Ciò posto va ribadito che, a giudizio del Tribunale il primo
modo di inter pretare tale inciso è l’unico corretto dal punto
471
di vista sem antico e tenuto conto del tipico modo di dialogare
in dialet to siciliano .
La stretta correl azione tra il r iferimento ad “Aiello” contenuto
nella domanda di Stefania Dell’Anna e l’immediata risp osta
“lui me lo ha detto” fornita a bruciapelo dall’E ucalip tus, invero, dep ongono univo camente in tale direz ione.
Si tratta, del r esto, di un serrato d ialogo tra più interlocutori, moti vo per cui si deve tenere conto dell’affermazione che
ha determinato la risposta di Salvatore Euca liptus.
E, nel caso in esame, tal e affermazione immediatamente precedente è il ri ferimento che Stefania Dell’ Anna aveva fatto a lla ricezione della no tizia della pr esenza della micr ospia da
parte di Michele Aiello: “ che la microspia te l’aveva detto Aiello”.
Per cui l’i mmedia ta risposta “ lui me lo ha detto” non può che
riferirsi proprio ad Aiello.
Nel passo successi vo del dialogo intercettato si compr ende da
dove l’Aiello ha tratto lo spunto per tentare di intorbidare le
acque
con
il
riferimento
al
presunto
suggerimento
dell’avvocato.
Ed inv ero, subito dop o la Dell’Anna aggiungeva: “eh, hai visto
che avevo ragione? Avevo detto a Ignazia che l’avvocato ce
l’aveva detto, quando era uscito, che lui aveva detto di si…”.
Dunque, la Dell’Anna si vantava con i parenti di avere ben
compreso
quanto
rifer ito
loro
dall’avvocato
subito
dopo
l’interro gatori o e cioè che il suo compagno, in quella sede,
aveva co nfermato la provenienza della notiz ia dall’Aiello.
Ed il Salvatore Eu calipt us le risponde: “iddu mu rissi, si, picchì iddi u sannu, quindi è inutile ca…”.
E’ evidente, tuttavia, che il riferim ento all’ulteriore conferma
avuta d all’avvocato fuori da l carcere costituisce un fatto del
tutto autonomo e di verso da quello oggetto dell’espressione
dianzi esaminata.
472
Secondo l a Stefania Dell’Anna, invero, anche un’altra fonte
aveva auton omamen te sostenuto che il suo compagno aveva
ammesso la circostanza di aver e appreso dall’Aiello la noti zia
della mic rospia.
E
tale
f onte
era
costituit a
appunto
dal
legale
pres ente
all’interrogato rio di garanzia e che, dopo aver incontrato i
parenti in attesa fuor i dal car cere, li aveva informati del contenuto dell’ interrogator io stesso riferendo, tra l’ altro, della
superiore conferma fa tta da Salvatore Eucaliptus.
E quest’ul timo ri badiva la circostanza, face ndo anc ora una
volta rif erimento al fa tto che gli inquirenti avevano già altre
prove del fatto, motivo per il qua le la sua conferma non a vrebbe ca mbiato le cose.
L’unico sen so logico di tale ulteriore espressione coincide,
ancora una volta, con la sopra richiamata interpreta zione e
non consen te di co llegare frasi che si riferiscono a d episod i
di fatto diversi.
Poiché gli inquirenti erano già a conoscenza altrimenti del
fatto che la notizia er a sta ta riferita dall’Aiello, Salvatore Eucaliptus non avrebbe avuto alcun motivo di negare ciò che
era già stato autonomamente dimostrato, anche per non aggravare l a sua posizi one.
L’intero dial ogo, a gi udizio del Collegio, ha un solo significa to
ed una sola chiave di lettura sia sotto il profilo semantico
che avuto r iguard o all’i ntera costruzione del dialogo ed al
comune senso lo gico.
Esso dimostra e dà conferma, attraverso le stesse parole di
Salvatore Eucali ptus, che la notizia gli era pervenuta da Michele Aiello.
Ma, a ben vedere, il superiore dialogo intercettato r efluisce
anche sull ’aspet to, appa rentemente tanto controverso, della
collocazi one temporal e della rivelazione.
473
Appare, inf atti, ch iaro che l’ Eucaliptus ha fornito una prec isa conferma del fatto di essere stato inform ato dall’Aiello
prima del rinveniment o della microspia.
Solo in tal m odo può, invero, int endersi la dom anda fatta
dalla Dell’An na ( “che la m icrospia te l’aveva det to A iello”)
e l’immedi ata risposta di Salvatore Eucaliptus (“..quella della mia ma cchina gli ho dett o, ma iddu mu rissi, ..”).
E, del resto, la tesi dell a collocazione temporale della rivela zione in un a fase antecedente rispetto al rinvenime nto della
microspia dell’1 1 marzo 2003 ha trovato p lurime conferme
nell’intero compendio processuale.
Il Riolo, intanto, non solo aveva, con certezza e spontaneamente, col locato tale episodio tr a il gennaio ed il febbraio del
2003 ma, do po essere caduto in contraddizione a seguito delle numerose ed insistenti contesta zioni del P.M. , altrettanto
spontaneamente era tornato indietro amme ttendo di essersi
potuto confo ndere ed ancorando l’epoca della r ivelazione a
quella delle visite dell’Eucaliptus p resso la Di agnostica (cioè
nello stesso periodo) .
Anche l’Ai ello, da parte sua , aveva in una prima fase collocato il momento dell’ acquisizione d ella notizia da parte d el Riolo in siffatto periodo, decide ndosi a mutare il contenuto delle
sue dich iarazioni solo dopo aver a vuto cognizione degli el ementi a suo car ico e per esigenze puramente strategiche.
Egli, p erò, ha sempre sostenuto (una delle poche costanti) di
non aver mai più incontr ato Nicolò Eucaliptus dopo i quattro
incontri avvenuti il 20 gennaio 2003, il 21 gennaio 2003, il
31 gennaio 2003 e l’11 febbraio 2 003.
Ed ha a lungo insistito nel colloca re la richiesta della som ma
di denar o ava nzata da Nicolò Eucaliptus in coincidenza con
l’ultimo dei lo ro incontri.
Come si è già visto tale affermazione è stata smentita da lle
emergenze processuali e sinanco dalle stesse affermazioni
dell’Eucaliptus che, viceversa, ha sostenuto di avere richie474
sto la somma di denaro già nel corso del primo incontro del
20 gennaio.
Circostanza questa co nfermata appieno dalla conversaz ione
intercettata alle 19.45 del 21 gennaio 2003, nella quale si fa
un espl icito rife rimento alla richiesta della s omma di venti
milioni che, di cons eguenza, doveva essere stata richiesta già
nel corso d ell’in contro del giorno precedente, esattamente
come sostenuto da Nicolò Eucaliptus.
A tale prop osito va ricor dato come il Riolo a bbia, a lla fine,
collegato l’epoca della ri velazione della notizia alle continue e
pressanti richieste avan zate da gli Eucaliptus nei confronti
dell’Aiel lo e d elle quali questi si era lamentat o con lui.
Richieste che sono avvenute tra il 20 gennaio e l’11 febbraio
2003, nel corso delle quattro visite che gli Eucaliptus ave vano fatto a Mich ele Aiello.
Appare, quindi, del tutto verosimile che l’Aiello abbia riferito
agli Eucal iptus l a notizia appresa entro l’11 febbraio 2003,
visto anc he che dopo, per sua stessa ammissione, non li aveva più vi sti.
Oltre c he sotto l ’aspetto della verosimiglianza e della log ica,
tale interpreta zione appare coerente anche con il senso finale
delle dichiarazion i rese dal Riolo e, per certi versi, anche dallo stesso Aiell o.
Il Riolo, dunqu e, app ena rientrato in serviz io riferiva la notizia segreta al l’Aiello, il quale si lamentava con lui delle continue ed attuali visi te degli Euca lip tus.
Quindi tra il 17 gennai o e la fine di quel mese, posto che le
prime due visite sono del 20 e del 21 gennaio e la terza del
31.
Prima del l oro ulti mo incontro Mic hele Aiello, dunq ue, aveva
a sua volta rivelato la notizia agli Eucaliptus, come dimostr ato con assolu ta certezza dall’intercettazione ambie ntale in
carcere dianzi esamin ata.
475
E che non si tratti di una mera supposizione ovvero solo di
una delle tan te possibili teorie alternative lo dimostra un u lteriore element o obiettivo dal contenuto inequivoca bile.
Come è stato ri ferito dal Colonnello Damiano, proprio d opo
l’11 feb braio 2003, data dell’ultim o incontro tra l’Aiello e gli
Eucaliptu s, non eran o state più r egistrate sulla Opel Corsa
conversaz ioni di rilievo ed un mese dopo la microspia veniv a
rimossa i n modo non casuale ma intenzionale.
Dunque, la m icrospia ch e aveva, più di ogni altra, consentito
di inte rcettare im portan ti notizie, tanto da essere considerata
dagli investigatori un a vera “miniera d’oro”, non aveva captato più alcuna conversazi one avente un qualunque sign ificato
esattamente a partire dal momento nel quale l’Aiello aveva,
per l’ultima vo lta, incontr ato gli Eucaliptus.
Se si trattasse di una coincidenza sarebbe, a giudizio del Tribunale, davvero sorpr endente ed inusuale.
In realtà, p erò, non si è trat tato per nulla di una mera coincidenza ma dell’ulteriore riprova dell’avvenuta rivelaz ione
della notizia dall’Aiello agli Eucaliptus nel corso del loro ultimo incontr o, del contenuto dell’intercetta zione ambientale
registrata nella sala coll oqui del carcere Ucciardone, del senso logico dell’un ica ricostruzione plausibile nonché d elle co nvergenti dichiaraz ioni rese, dopo il loro arresto, dai due im putati Aiello e Riolo e solo in dibattimento modificate per evidenti inten ti speculativi che nulla hanno a che fare con
l’accertamento della verità .
Ulteriorm ente conferm ativa appar e la circostanza della non
immediata rimozione della microspia dall’automobile degli
Eucaliptu s.
Ci si potrebbe, in vero, chiedere la ragione della mancata rimozione della micro spia immediata mente dopo l’apprensione
della not izia segreta e della conseguente at tesa di circa un
mese prim a di procedere in tal senso.
476
Posto che la rimozione non è stata puramente casuale, come
chiarito dalla deposiz ione del test e Damiano e dallo stesso
contenuto del la r egistrazione in atti, la ragione di tale ritardo
riposa nel l’ovvia intenzione degli E ucaliptus di impedire a gli
inquirent i di collegare il ritr ovamento della microspia alla visita presso la Diagno stica d ell’Aiello.
Di certo gli Eucal iptus, pur continuando ad utilizzare l’Opel
Corsa p er i loro sp ostamenti, non parlavano più all’interno
dell’abitacolo ovvero discutevano apposta di fatti assolutamente generici e, per altro verso, avevano sostituito due utenze cellular i, dimostra ndo chiaramente di essere stati avvertiti dell’es istenz a di intercettazioni a loro carico.
Dopo un mese dal l’ulti mo incontro con l’Aiello, gli Euca liptus
procedeva no finalmente alla rimozione della microspia in m odo che nulla potesse col legare tale evento alla persona di M ichele Aiello, autore dell a rivelazione come dim ostrato dalla
suddetta intercettazione ambientale.
In tal modo e per l’effetto di tali condotte, dunque, veniva disattivata l’unica mi crospia che aveva fornito importantissimi
elementi di prova nei co nfronti degli Eucaliptus, dell’ Aiello e
degli stessi compo nenti il circuit o di protezione della latita nza del Provenza no.
E, di co nseguenza, veniva vanif icata una r ilevante indagine
antimafia che avrebbe potuto portare ad importanti risultati
per l’int era collettività.
Se, pertanto , questa è l’unica ricostruzione corretta sotto il
profilo logico-temporal e ed ader ente al comples so dell e emergenze processual i, deve concludersi per la certa r ilevanza penale dell a condotta di entrambi gli imputati sia in relazione
ai rispettivi reati di rivelazione di notizie segrete che per
quanto concerne i riflessi in ordine al reato a ssocia tivo nelle
forme a ciascuno di essi contestate (e per il Riolo, come vedremo, di versam ente q ualificate).
477
Va, invece, esclusa la ri levanza della notizia r elativa alla p resenza di una microspia all’ interno dell’abitazione di Acqu edolci.
In coerenza risp etto alla superiore ricostruzione, invero, tale
notizia risulta rif erita tra la fine di gennaio ed i primi giorni
di febbraio 2003, a distanza di mesi dall’effettivo rinvenime nto della microspia, avven uto il 23 a gosto 2002 in occasione di
un trasl oco e, perta nto, in condizioni che lasciano ritenere
plausibile la natura casuale di dett o ritrovamento.
Ciò premesso, possono esaminarsi gli altri episodi di rivelazione di notizie da parte del Riolo all’Aiello, iniz iando, per
ragioni di connessi one di argomenti, dalle altre notizie riguardanti pur sempre il cla n Eucaliptus.
In particolare, Gio rgio Riolo, sempre a proposito della fa miglia Eucali ptus, con fessava di avere informato Mi chele Ai ello
anche dell’esi stenza di contatti di natura confidenziale tra
Salvatore Eucal iptus e personale del S.I.S.D.E..
Si trattava, pi ù specificatamente, di contatti, ovviament e informali, finalizzati ad acquisire notizie utili allo scopo d i per venire alla cattura dell’al lora la tita nte Bernardo Provenza no.
Il Riolo collocava tale ulteriore rivelazione nello stesso contesto fattuale
e temporale precedente e la giustifica va con la
sua inten zione di tra nquillizzare l’ Aiello che si m ostrava preoccupato delle continue visite degli Eucaliptus: “In un momento di… di crisi che aveva l’ingegnere, che era molto preoccupato sempre su… per questo fatto, io gli dissi stare tranquillo per ché c’era anche addirittura sul… all’interno di… di questa po… famiglia che erano un po’ strani, c’era la… il figlio che
faceva il collaboratore del SISDE, e quindi figuriamoci di che
cosa aveva da… da preoccuparsi. Potevano dire solamente che
anda… che richiedevano il pizzo l’ingegnere, quindi se non aveva… lui era tranquillo inso… di stare tranquillo perché non
aveva nulla da… di… di preoccuparsi”.
478
Il Riolo aveva, a su a vo lta, appreso la notizia dal suo comandante, il quale, al rientro dal periodo di congedo per malattia
(17 gennaio 2003) laconicam ente gli aveva r iferito di avere
saputo di un “con tatto” nel frattem po stabilito dai servizi segreti con uno d egli Eucaliptus.
Subito dopo avere appreso tale notizia, egli l’ aveva confidata
all’Aiell o e ciò era avvenuto nello stesso contesto nel quale
gli ave va p arlato dell a microspia installata sull’autovettura di
Salvatore Eucaliptus.
Dunque, si tratta di una ulterior e conferma del fatto che tutte queste rive lazion i si collocavano proprio tra la fine di gennaio e la metà di febbraio d el 2003.
Dal canto suo anche Michele Aiello, durante il suo esa me dibattiment ale, conf ermava di avere appreso dal Riolo che il figlio di Eucaliptus “apparteneva al SISDE e che praticamente
era stato… era un collaboratore. Era un collaboratore del
SISDE.”
Ovviamente l’Aiello po sponeva anche questo episodio al s uccessivo m ese di giugno del 20 03 per esigenze di coerenza con
quanto rifer ito a proposito della microspia ad Acquedolci e
nell’auto vettura.
Ciò che con ta, comunqu e, è che entrambi gli imputati ab biano ricono sciuto – e per una volta non sment ito – il fatto obiettivo della rivelazione della notizia.
Notizia che, per altro verso, è risultata del tutt o autentica,
come precisato sempre dal Colonnello Damiano e dal C apitano Sozzo, i quali hann o riferito che dall’ascolto delle utenze
di Salvator e Eucali ptus erano effettivamente emerse alcune
telefonate con numeri intestati ai servizi di informazione ed,
in particolare, a fun zionari del S .I. S.D.E..
Si trattava d i cont atti informativi finalizza ti alla cattura del
Provenzano, come pera ltro veniva confermato anche da una
intercettazione
ambientale
captata
il
26.1.2 003
sull’autovettur a Opel Corsa in uso a Salvatore Eucaliptus.
479
Dunque er a una rivela zione di una notizia vera,
comunque
coperta da segreto e cer tamente idonea a determinare un serio pregiudizio alle indagini eseguite, da qualunque apparato
dello Stato, allo sco po di pervenir e alla cattura di Bernardo
Provenzano.
Né può ritenersi ch e la notizia rivelata, proprio per la sua
natura, n on avr ebbe potuto compromettere alcuna indagine.
Come è noto, infatti, le varie forze di polizia sono sempre state impegnate nella ric erca attiva de i più pericolosi latitanti di
mafia e presso l a Direz ione Distrettuale Antimafia di Paler mo
vi sono sempre stati dei fascicoli riguardanti le indagini f inalizzate alla ricerca ed alla cattura d i costoro.
Sul pia no prettamente informativo e non investigativo, poi, i
servizi segreti, nell ’adempimento d ei loro compiti istituziona li, si occupano di r eperir e notizie che, qualora riscontrate,
finiscono per esser e riversa te nelle superiori indagini di P.G.
e possono contribui re all’ottenim ento dell’agognato risultato
operativo.
Di talchè, la condotta di un soggetto che obiettivamente determini una compr omissione di ta le attività istituzionale di
ricerca di dati informa tivi da parte dei servizi segreti cost ituisce senz’alt ro un fatto penalmente rilevante, in quanto idoneo a determina re un concreto vulnus per le indagini finalizzate alla ca ttura dei latitanti medesimi.
A maggior rag ione se si considera che il reato di rivelazione
di notizie seg rete è un reato di per icolo, per cui, ai fini della
sua con figurazione, non è richiesto che si sia verificato un
danno effettivo al le indagini ma è sufficiente dimostrare
l’esisten za di un potenziale pregiud izio alle stesse.
Un ultimo aspe tto di tale episodio va esaminato anche per le
sue refluenze s u altr i spec ifici f atti di rivela zione di notizie.
Come si rileva dall’ esame complessivo della deposizione del
Riolo,
la
rivelazion e
della
not izia
era
stata
indotta
dall’atteggiamento dell’Aiello, il quale, fingendo una smisur a480
ta preoccu pazion e rispetto alle r ichieste degli Eucaliptus e
sollecitando l’istin to a micale e p rotettivo del sottuf ficiale, di
fatto lo induceva a fargl i confidenz e violando i suoi obblighi
istituzio nali.
Del resto l’Aiello, dispo nendo di ca pacità e strumenti di convincimento notevolmente superiori a quelli del Riolo, era in
grado di adottare stra tegie sottili a l fine di indurlo a vincere
le sue (poche per la verità) resistenze ed a farsi rivelare ogni
cosa su uno specifico soggetto adducendo di temerne le attività o le pretese.
Qualora, dun que, l’Ai ello avesse voluto sapere qualche cosa
che riguardasse u n determinato soggetto, gli era sufficiente,
come il pr ocesso ha dimostrato, iniziare a pa rlarne col Riolo,
magari mostrando t imori e preoccupazioni, di modo da riuscire, sen za sforzi particolari, a d ottenere ogni infor mazione
immediata mente o al lim ite dopo che il Riolo stesso si fosse
informato .
Anche di tali aspetti soggettivi deve tenersi conto al fine di
accertare l’esistenza del ruolo di istigatore, formalmente contestato all’Aie llo nei capi di imputazione.
A giudizio del Collegio, infatti, il significato profondo ed autentico d ell’istigazi one in un delitto di tal genere e, soprattutto, in un siffatto contesto non può ravvedersi in una plateale manif estazi one di induzione da parte dell’Aiello ma va
percepito nei dettagli di un r apporto persona le sper equato ed
intriso di specificità.
Diversamente da quanto si sarebbe verificato poi per le indagini relative alla persona od a lle società dell’Aiello - situazioni nelle quali il sottufficia le aveva un altro genere di consapevolezza e di intran eità di ruolo - il Riolo anda va sollecitato
con prudenza ed astuzia allo scopo di ottenere rivelazioni di
notizie riguardanti a ltri fa tti e persone.
Doti – la prudenza e l’astuzia – che di certo non difettavano
all’Aiell o,
il
quale,
r icorrendo
481
talora
anche
all’auto-
commiserazione e solleci tando l’ istinto di protezione del Riolo, riusci va ad ottenere da lui tutte le notizie che lo interessavano.
Se non si comprende quest o passa ggio delle complesse dinamiche interpersonal i tra i due imputati si rischia di banalizzare l’ana lisi della que stione dell’istigazione alla mera int erpretazion e della frase rico rrente “che fate di buono … che fai
di buono?” con la quale l’Aiello di solito dava l’avv io ai ra cconti del Riolo.
Le capacit à induttive e persuasive dell’Aiello gli consentivano
di solle citare, att raverso vari meto di, la rivelazione di notizie
segrete d a parte del Ri olo, addirittura anche riuscendo (come
in questo caso) ad orie ntarne l’oggetto ver so determinat i obiettivi.
Su questo rilevan te aspetto prop rio della contesta zione del
reato di cu i all’ar t. 326 cod pen. - il ruolo di istiga tore
dell’Aiel lo - si tornerà in occasione dell’esame di ognuna delle
notizie oggetto di ri velazi one.
Proseguen do l’analisi dei vari episodi di rivelazione, appa re
opportuno , per esigenze di continuità di disa mina, passare in
rassegna le altre notizie relative al contesto familiare degli
Eucaliptu s.
In particolare, ci si riferisce alla rivelazione dell’esistenza d i
attività investigative in corso sui d ue generi di Nicolò E ucaliptus, Onofr io M orreale e Libor io Pipia, entrambi interessati
ad attività imprenditoria li con sedi localizzate nei pressi di
Piazza Aguglia a Bagh eria.
Nel corso dell’esame dibattimenta le, Gior gio Riolo, riprendendo temi g ià sp ontaneamente co nfessati nel corso dei suoi
primi int errogatori, confermava di avere rivelato all’Aiello
l’esisten za di due telecamere, da lui stesso installate in piazza Aguglia ed indir izzate verso la sede di un supermercato
gestito d a Lib orio P ipia e verso quella della CONSUDTIR, società cui era i nteressato Onofrio Morreale.
482
Nel corso della lunga ricostruzione delle modalità tecniche
con le qual i era stata installata la telecamer a or ientata verso
il supermerca to del Pipia, il Riolo ed i testi di P.G. si sono dilungati in una serie di particolari che non mette conto r ichiamare pedissequame nte in quanto poco significativi.
In estrema sintes i, può dirsi che il Riolo aveva escogitato
un’escamotage
consistente
nel
collocare
la
telecamer a
all’interno di un vecchio secchio a bbandonato sopra il tetto
di un rud ere.
Il secchio originale era st ato temporaneamente sostituito con
uno identico appositamente realizz ato ma quasi subito si er a
verificato un malfunzionamento della telecamera.
All’atto del nuovo tentativo di sost ituzione della telecamera,
il personale d el R.O .S. si era avveduto della sparizione del
secchio che era stato lasciato sul tetto in sostituzione del
primo.
Tale sospetta coin cidenza aveva costretto il rep arto investiga tivo ad i nterro mpere definitivamente tale tipo di attività.
In relazione a tale primo episodio, il Riolo dapprima ribadiva
di avere rivelato all ’Aiell o:
- l’esisten za di una atti vità di indagine in corso di svolgim ento e non già esaurita ;
- l’utilizzo di u na tel ecamera occultata in un secchio;
- l’obietti vo sul quale era p untata la telecame ra, il super mercato di P iazza Aguglia;
- ed infin e il nome dell’in dagato, Lib orio Pi pia, genero di Eucaliptus.
Tali circostanze obiettive della rivelazione venivano espressamente conf ermate nel corso dell’udienza del 4 aprile 2006
dal Riolo (v. p ag. 45 e ss. della trascrizione).
Tuttavia, all’ud ienza su ccessiva d ell’11 aprile 2006 il Riolo
tentava di confondere l e acq ue: “ … Non mi ricordo di aver detto del cavo … della telecamera. Ho parlato con l’ingegnere Aiello di questa attività che avevamo l’indirizzo di questo super483
mercato, questo si, lo confermo di averlo detto, ma delle attività tecniche…”.
Ad ogni modo, nonostante tale inge nuo tentativo, la sostanza
delle dichi arazioni rese in udienza dal Riolo appare pienamente confermativa di quanto sostenuto nel corso dei pr ecedenti interrogatori.
Per altro verso anch e Michele Aiello, all’udienza del 21 febbraio 2006 , confer mava di avere ricevuto detta notizia sia
pure in modo meno dettagliat o: “ Mi ha detto che attenzionavano un supermercato del genero del signor Eucaliptus. Un supermercato..” , aggiungendo anche che, per quanto aveva
compreso, si tr attava del Morreale.
Orbene, sulla scor ta di quanto emerso non vi è dubbio che
una rivelazio ne di una notizia segreta vi sia stata, che sia
stata contestuale rispe tto all’esecuzione delle opera zioni tecniche e che abb ia rigua rdato tutti gli aspetti essenziali della
vicenda (nome del l’inda gato, luogo e tipologia dell’obiettivo,
ricorso ad una telecamera occultata).
La notizia rigu ardava anche in questo caso una indagine effettivamente in corso nei termini e nei modi descritti e sulla
quale il R.O.S. puntava molto non solo per l’interesse investigativo su scitat o dal Pipia ma anche al fine di accertar e il
c.d.
percorso
dei
pizzini
del
Provenza no
e
pervenire
all’individuazi one del suo covo.
Ed invero, a tale proposito il Colonnello Damiano spiegava
l’importanza che il suo reparto attr ibuiva alle indagini tecniche su entrambi i gen eri di Nicolò Eucaliptus, Onofrio Morr eale e Liborio Pipia: “come … ho detto prima, iniziammo a saggiare la famiglia Eucaliptus da un punto di vista investigativo
in un momento in cui Nicolò Eucaliptus e Monreale Onofrio sono detenuti … cominciammo a guardare i profili investigativi relativi a l’altro genero, Pipia Liborio, in funzione proprio di quella rivalutazione che avevamo fatto, giusta o sbagliata che poi
fosse , della famiglia Eucaliptus. Questa iniziale attività non
484
diede per la verità un esito particolarmente vivace per le idee
che vol evamo perseguire, però men tre eravamo in fase di costruzione … nel Novembre del 2001, da Caltanissetta arriva
questo spunto verso Casteldaccia…l’aver individuato Panno
Andrea di Casteldaccia. Per cui andiamo nell’immediato a provare di vedere se vi è relazione tra gli uomini di Casteldaccia e
gli uomini di Bagheria.”
E, si badi b ene, ch e, come i fatti storici hanno poi puntualmente dimostra to, l’ intuiz ione del Colonnello Damiano e dei
suoi uomi ni non era a ffatto errata .
Pur non attraverso la per sona del Pipia,
il c.d. per corso dei
“pizzini” di Provenzano transitava davvero anche da Bagheria, come sarebbe stato poi accertato nella successiva inda gine “Gra nde Mandamen to”.
La rete di protezione delle com unicazioni del Provenzano
fa-
ceva varie tappe da Vitto ria fino a Casteldaccia e coinvolgeva
numerosi sogget ti qu ali Salvator e Martorana di V ittoria , Pino
Pinello, G iuseppe Virru so e Andrea Panno di Casteldaccia
(località adiacente a Bagheria).
Inoltre, come si vedrà di qui a bre ve, l’intuizione relat iva ai
due generi dell’Eucalipt us era risultata cer tamente corret ta
con riferimento ad On ofrio Morreale.
Nello stato emb rional e di dette successive ind agini, dunque,
ritenere ch e il percorso dei pizzini potesse transitare anche
attraverso esponenti della famiglia Eucaliptus era una opera zione logica e plausibi le che aveva trovato pieno conforto nei
successivi svil uppi.
Come precisato dal teste Damiano, l’indagine era partita dal
Pipia (an che perché il Morreale si trovava ancora detenuto)
ma ben presto e ra stata rimodulata ed indirizz ata sul Mor reale, in par ticolar m odo dopo che era stato documenta to un
suo incontro con Giovanni Panno di Casteldaccia, soggetto ritenuto un anello dell a catena di passaggio delle comunicazioni del Provenzan o: “…. avevamo cominciat o prima per
485
quelle di Pip ia e poi invece in realtà, come ho detto, nel
breve tempo ci siamo spostati dr itti su Monr eale Onofrio.
L’acceler azione, e quindi la messa in o pera di tut te queste attività, è proprio successiva all’incontro di cui ho
fatto riferimento tra Monreale Onofrio e Panno Giovanni,
che
accade
il
18
Febbraio
del
2002,
proprio
perc hé
quell’incontro poteva segnare, nelle logiche di ragionamento
che provavamo a fare in quel periodo iniziale di ricerca dei biglietti di Provenzano, cadeva proprio nella zona dove op eravano Monreale O no frio e Pipia Liborio. E quindi da quella data
partono tutte le… p arte tutta una serie di attivit à tendenti
a
mettere
una
telecam era
che
ci
consentisse
l’osservazione su le… sull’ingresso dell’attività di Pipia Liborio
e tutta quell’attività che ci consentisse di verificare cosa
accadeva all’interno della Consud Tir di Monreale Onofrio….. Sostanzialmente la nostra configurazione
prevedeva
una telecamera che potesse guardare l’ingresso della società
di Pipia Liborio e un’altra telecamera che prendeva di filato la
Consud Tir di Monreale Onofrio.”.
Pertanto, come conferma to anche dal teste Sozzo, era stata
varata la suddetta operazione tecnica che era stata interro tta
per la sparizio ne del secchio.
L’esame
delle
varie
o perazioni
di
installaz ione
e
re-
installazione, per qu anto poco interessante, appare rilevante
al dive rso fine di indivi duare i temp i dell’ operazione e m etterli a confronto con l’epoca della rivelazione che lo stesso Riolo
indicava nei mesi di febbraio o mar zo del 2002.
A tale prop osito il teste Sozzo: “… ho segnato le date, il 26
Febbraio del 200 2, abbiamo eseguito la prima operazione
diretta sul posto . … siamo saliti con delle scale… sul tetto di
questa casa diroccata e abbiamo condotto fino al punto in cui
avremmo poi successivamente installato la telecamera abbiamo
condotto il cavo che s erviva per fornire l’alimentazione necessaria per far funzionare questa telecamera…. il 6 Marzo del
486
2002 andiamo ad eseguire l’installazione, la fisica collocazione del secchio, ci rechiamo nuovamente su… ed è il secondo
intervento diretto su questa casa diroccata. Senonchè è accaduto che ben presto, dopo pochi giorni, che io ricordi dopo uno
o due giorni, il… la telecamera contenente il secchio subì un
malfunzionamento, si bloccò… demmo luogo a un nuovo intervento tecnico diretto sul posto, cui pure partecipò personalmente il Riolo, e questa volta lo scopo dell’attività era quello di prelevare nuovamente… rimuovere da quel punto il secchio nel
quale avevamo occultato la telecamera e sostituirlo con un simulacro, … andiamo lì, togliamo il secchio guasto, ne rimettiamo un altro che abbia l’aspetto analogo, lo verniciamo nella
stessa maniera, portiamo via il secchio contenente la telecamera per provvede re alle necessarie riparazioni tecniche. E questo avviene il… l’11 Marzo. … il 12 Marzo, quindi il giorno successi vo a questa o perazio ne, durante un’altra attività che il personale aveva in corso a Bagheria, passando da lì g uardano e si accorgono che il secchio che
noi avevamo co llocato in quel punto come simulacro …
era sparito, era stato rimosso…. nei giorni seguenti installammo la telecamera sull’altro obiettivo che c’era vicino, quella
sulla Consud Tir.” ha concluso il ca pitano SOZZO.
Come si è già anticipato, l’ altro obiettivo investigativo era costituito da Onofrio M orreale che, nelle more, er a stato anche
scarcerato.
L’attività nei suoi con fronti era sta ta anticipata e concentrata dopo l ’incon tro ch e questi aveva avuto proprio con Gi ovanni Pa nno, persona ggio r ivelatosi coinvolto nelle indagini
sulla rete di comunicazione di Provenzano.
Del resto Onofrio Mor reale era, anche per altri versi, ritenuto
un uomo d’onore in ascesa nell’or ganigramma della famigl ia
mafiosa di B agheri a ed a suo carico, come si ric orderà, aveva
anche reso dich iarazio ni il collabor atore Antoni no Giuffrè che
lo ha descritto nei seguenti term ini: “La storia di Onofrio
487
Monreale – ha detto GIUFFRE’ - è un pochino lunghetta. Onofrio Monreale nasce come uno sbandato di Bagheria negli anni
‘80, cioè faceva parte di un gruppo rapinatori. Poi piano piano
questo gruppo è il gruppo di Onofrio Monreale e sarà avvicinato. Diciamo che que sto gruppo e, suc cessivamente, una parte di
questo gruppo faranno parte del gruppo di fuoco di Bagheria,
per quanto riguarda poi gli anni… la fine degli anni ‘80 e inizio
degli anni ‘90, fino quando diciamo che Onofrio Monreale diventerà il punto di riferimento ben preciso della famiglia mafiosa di Bagheria e, in modo particolare, della corrente di Provenzano con riferimento a Nino Gargano e a Nicola Eucaliptus.
Per essere bre vi, diciamo che… nel 1993 dovremmo essere,
Onofrio Mon reale sa rà accompagnato a Palermo nella
zona di Pag liarelli da Pietro Lo Iacono e alla presenza di
Provenzano, di Pietro… gli Aglieri… Pietro Aglieri e Carlo
Greco, Onofrio Monrea le sarà co mbinato e tenuto segreto
ai più della famiglia di Bagheria. Da allora, diciamo che
Onofrio Monreale ha avuto un ruolo sempre più importante all'interno della mafia di Bagheria e del Provenzano stesso. P rego.
P.M. – Perché doveva essere… perché è stato tenuto segreto?
Lei ha detto che è stato tenuto segreto, è stato combinato ma è
stato tenuto segreto ai più; perché?
GIUFFRE' - Diciamo che in quel periodo su Bagheria la situazione come famiglia non era… vi erano delle ostilità, non c'era
stata ancora una pacificazione, perciò per i più diciamo che
Onofrio M onreale per u n periodo di tempo è stato un uomo d'onore riser vato e che è stato usato poi dal gruppo
del Provenzano. Poi sul campo diciamo che discorso si allargherà, quando il Pro venzano unific herà la famiglia di Bagheria. Prego.
P.M. – Lei ha conos cenza di rapporti diretti tra Onofrio Monreale e Pro venzano in epoca più recente?
GIUFFRE’ - Onof rio Monreale… mi sembra d'averlo detto, era…
488
già quando io freque ntavo… l'ultimo periodo, anche da latitante, era fidanzato con la figlia di Nicola Eucaliptus. Quindi, per
questo discorso, diciamo che l'Onofrio, dato che è stato combinato alla pres enza del Bernardo Provenzano stesso, diciamo che è dive ntato il pupillo di Bagheria e di Provenzano.”.
La prima attivi tà tecnica a suo carico aveva rigua rdato la sede della CONSUDTIR che all’epoca si trovava ancor a in piazza
Aguglia d i Bagh eria.
Dette
indagini,
co sì
come
quelle
concernenti
il
Pip ia
e
l’abitazi one di Acquedolci non aveva consentito di ottenere
alcun risultato utile per le inda gini e per la ca ttura del Provenzano.
Tuttavia, verso l a fine del 2003 e, comunque, certamente dopo l’arresto di Riol o e di Aiello, essa, a differenza di quanto
accaduto f ino a qu el mome nto, avrebbe porta to a notevoli r isultati.
Ed invero, nel dicembre 2003, quando la sede della CONSUD
TIR era stata t rasferita da Piazza Aguglia ai nuovi locali sulla
SS 113, erano state collocate nuove telecamere grazie alle
quali erano stati raccolti r ilevanti elementi.
Nella nu ova sede della CONSUDTI R vi er a un ampio piazza le
che veniva osservato tramite una sofisticata telecamer a che,
sia pur e da notevole distanza, consentiva di effettuare riprese video.
E, proprio sul pia zzale d ella CONSUDTIR di lì a poco era stato documentato un passaggio d i un “pizzino” in occasione di
un incontro del Morreale con Nicola Mandalà ed Ezio Fontana, uomin i d’on ore della vicina f amiglia maf iosa di Villa bate.
Tornando alla questione della rivelazione della notizia, va
precisato che, anche in questo ca so, il Riolo ha c onferm ato le
proprie pr eceden ti dich iarazioni, confessando di avere rive lato
ad
Aiello,
tra
il
feb braio
489
ed
il
marzo
del
2002,
l’install azione di una telecamera orientata verso la sede di
piazza Aguglia.
Anche in questo ca so la circostanza era assolutamente vera e
riguardava un a operazione di indagine attualmente in cor so
di esecuz ione.
Di certo pot rebbe sospettar si che la sottrazione e/o comunque la sparizion e del secchio ed il sostanziale fallimento di
entrambe le in dagini possa essere stato determinato da una
ulteriore fuga di not izie ad opera dell’Aiello in favor e degli
Eucaliptu s.
Non vi è dubbio, inf atti, che la circostanza dell’ improvvisa
sparizion e di un vecchi o secchio abbandona to da parecchio
tempo sopra un tetto di lamiera p roprio in coincidenza con lo
svolgimen to delle suddette attività tecniche a ppaia assai singolare e talmente fortu ita da suscitare più di qualche sospetto.
Allo stesso modo, il co mplessivo atteggiamento del Morreale è
risultato così circosp etto ed attento da lasciare fondatamente
sospettar e che q uesti fosse stato informato dell’esistenza di
indagini ed int ercett azioni a suo ca rico.
Basti pensare che q uesti nella nuova sede della CONSUDTIR
non si tratte neva mai a parlare all’ interno del piccolo ufficio
ma, anche in pien o inverno, rimaneva all’aper to ed effettuava
i suoi in contri passeggiando con i vari interlocutori.
A riprova d i tale atteggia mento pr udente e circospetto va ribadito come gli investi gatori siano riusciti a docum entare il
passaggio del pizzino durante l’inc ontro con Mandalà solo facendo ric orso ad una speciale telecamera collocata a centinaia di m etri d al piazzale della CONSUDTIR.
L’esame di tutti questi dati e delle eccessive anomalie riscontrate induce, pert anto, a sospett are che l’Aiello avesse potuto
mettere sull’avviso, anche in questo caso, gli Eucaliptus.
Tale conclusion e, tuttavia, pur apparendo plausibile e, come
si è visto attraverso la deposizione del Sozzo, cronologic a490
mente com patibi le con l’epoca della rivelazione, non può ritenersi del tutto certa e lascia spazio a teoriche soluzioni d i
segno diverso.
Potrebbe, ci oè, essersi trattato di una sfortuna ta concatenazione di circostanze casuali, di fisiologici intoppi nello svolgimento di attività tecni che per lor o natura delicate ovvero di
atteggiam enti di pruden za d ettati dalla consapevolezza di essere
sogg etti
alle
attenzioni
investigative
delle
forze
dell’ordi ne a causa delle proprie parentele e dei precedenti
penali.
Pertanto, pur condi videndo la forza della suggestione che ne
ha determinato il convincimento, non può concordarsi col
P.M. quan do attribuisce i successivi svilupp i e successi investigativi al venir meno, attraverso gli arresti del 5 novembre
2003, del cana le informativo costituito dal duo Riolo-Aiello.
Come detto si tratta di una tesi estremament e pla usibile ma
non certo dell’uni ca tesi sostenibile e, pertant o, se ne deve
dare atto senza pervenire alle stesse conclusioni d el P.M..
Ma, come si è più volte ribadito, tutto ciò non toglie nulla alla penale rilevan za della suddetta rivelazione, posto che, in
ogni caso, si tratta dell’i ndebita comunicazione di una notizia
segreta e su una in dagine effettivamente a ncora in cor so di
svolgimen to.
Trattandosi di un tipico reato di pericolo, infatti, non deve
pretendersi che l’esito infausto delle due indagini sia cons eguenza della condotta di rivelazione, essendo sufficiente la
mera po ssibilità d i un pregiudizio anche solo potenz iale alle
indagini medesi me.
Pregiudiz io poten ziale che, nell’ipotesi in esame, certamente
ricorre, come è dimo strato anche dagli importa ntissimi sviluppi i nvestigativi che sarebbero emersi proprio continuando
ad indagare nella direzione degli Eucaliptus e del Morreale.
491
Altro aspetto di notevole rileva nza in punto di diritto è quello
dell’atti vità di istig azione posta in essere dall’ Aiello nei co nfronti del Riol o anch e nel caso in esame.
Secondo qua nto riferito dallo stes so Riolo, le rivelazioni da
lui fatte all’A iello erano s caturite d alle sue lamentele cir ca la
figura di Nicolò Eucaliptus e dei suoi familiari.
Egli, pertanto, aveva inteso tranq uillizzare l’Aiello rif erendogli del compl esso di attività che il R.O.S. aveva in corso sul
nucleo fami liare degli Euca liptus, esattamente secondo lo
schema dianzi esaminato a proposito dei metodi e delle ca pacità dell’Aiell o di suscitar e le rivelazioni del sottufficia le.
Altro episodio di rivelazi one di notizie coperte da segreto confessato spontan eament e dal Riolo
è quello concer nente la
collocazi one di micr ospie presso l’a bitazione estiva di Filippo
Guttadaur o in C astelv etrano.
Secondo l o schem a classificatorio utilizzato dal P.M. tale episodio si iscrive, insieme a quello riguardante la signora Mesi
di cui si dirà subito dopo, nel filone delle notizie riguardanti
le indag ini fi nalizzate alla cat tura del la titante trapanese
Matteo Messina Denaro .
E si collega, comunque, alla per sona di Michele Aiello in
quanto i l Fil ippo Guttadauro per un verso era legato al Messina Den aro per averne sposato una sorella e pe r altro vers o
era abitant e nella zo na di Bagher ia e fratello di Giuseppe
Guttadaur o, il medico che ricopriva il ruolo di capo del ma ndamento mafioso di Brancaccio, di cui in questo processo ci
si è a lu ngo occupati .
Il Riolo r icostruiva questo episodio fin dai suoi prim i inter rogatori chiarendo che a veva riferito all’Aiello di avere collocato
delle micr ospie nella casa estiva di Castelvetrano del Filippo
Guttadauro.
Ancora una volta, con puntualità e secondo gli ormai consueti schemi com portam entali, era sta to proprio l’Aiello a suscitare in l ui la rivela zione della notizi a coperta da segreto.
492
Anzi il caso in esame rappresenta, in qualche modo, l’esordio
dell’Aiel lo nel fare ricorso a tale stratagem ma, posto che il
fatto si colloca tra la f ine del 1998 e gli inizi del 1999 e, comunque, poco do po l’avvio del lor o rapporto e l’assunzione
della mog lie del Riol o presso la Dia gnostica.
Nell’occo rso, l’Aiel lo ra ccontava al Riolo di avere ricevuto varie vis ite d i Filippo Guttadauro, il quale, in occasione di alcuni esa mi diagnosti ci, gli aveva avanzato richieste di tipo
economico , cosa che lo a veva preoccupato parecchio pr oprio
per le ca ratter istich e specifiche del soggetto.
Ed il Riolo, vuoi per la gratitud ine dovuta all’Aiello p er
l’assunzi one della mogli e vuoi per comprensione del suo stato
d’animo così preoccupato e teso, si determina va a rivelargli
che, in quel torno di tempo, il suo reparto stava investigando
sul conto del Guttadauro e che lui persona lmente aveva collocato delle microspie nella sua abitazione estiva di Castelvetrano.
Nel corso del suo esame dibattimentale il Riolo, sia pure a
seguito di con testazione, confer ma va e ribadiva il contenuto
delle sue precedenti dichiarazioni, limitandosi a precisare
che la prima collocazione delle microspie era avvenuta nel
corso dell’estate del 99’ e che l’anno seguente vi era stato un
ulteriore accesso.
Entrambi gli interventi erano stati coordina ti dal Colonnello
Sini ed erano finali zzati alla ricerca del latita nte Messina
Denaro, in consid erazio ne dei rapporti di affinità esistenti col
Guttadaur o e dell’ubicazione della suddetta casa estiva (Castelvetrano si trova in provincia di Trapani ed è uno dei luoghi di pr ovenienza de l latitante).
In sintesi, l’attività tecnica era consistita nell’installazione di
diverse microspie, sia dentr o la ca sa che fuori, le quali, tuttavia, non avevano mai funziona to bene a caus a dei disturbi
e delle i nterferenze provocati da altri appar ati collocati dalla
Polizia di Stato.
493
Tale circost anza, in un primo tem po, non era nota al suo reparto tant o che non si compr endevano appieno i motivi del
malfunzionament o generalizzato delle microspie.
Era stato pr oprio lui a scoprire che il difettoso ritorno del segnale e ra d etermin ato dalle contemporanee analoghe attività
tecniche poste in essere da i colleghi della Polizia .
Nella surrichiamata circost anza egli aveva confidato all’Aiello
dell’esis tenza delle inda gini sul Filippo Gutta dauro e sulla
collocazi one delle microspie nella sua casa estiva d i Castelvetrano.
Tale rivelazio ne er a avvenuta in c oincidenza con il periodo
nel quale Fili ppo Guttadauro si r ecava dall’Aiello ed, a suo
dire, gli avanz ava pr etese di natura economica:
Riolo: “q uesto del fr atello prima nel… nel 2000”.
P.M.: “ah, già nel 2000 le chiedeva Aiello se c’erano interce…
attività di indagine su Guttadauro, quello che stava a Bagheria
se capisco?”
Riolo: “no, no, no, è c he s e c’erano… attenzione, chiedeva siccome se lo trovava là e gli faceva delle proposte, che a me non
mi disse che co sa voleva, era molto arrabbiato e dice: <come
devo fare io ad allontanare questo?> Gli dico: <basta che lo fai
entrare, ma in questi termini non…>” “Che proposte gli faceva,
estorsive in sostanza?” “Sicuramente, ma non me lo disse
mai”. “Non gli disse mai? Lei capì così, non perc hé glielo sto
dicendo io?” “ No, no, io capii. C’è una persona che gli va continuamente a bussare dietro la porta.
P.M.: … E quando lei dice “io questo lo sto investigando, gli
abbiamo messo le microspie, eccetera”, glielo dice subito dopo?
RIOLO: Subito do po, per cercare
di… di capire e satta-
mente che cosa voleva .
La coll ocazion e temporale dell’episodio er a, dunque, chiarissima, per nulla incerta e ribadita in modo coerente, posto
che il Riolo anche in dibattimento confermava quant o aveva
spontaneamente riferi to nei suoi pr imi inter rogatori.
494
Eppure, secondo il consueto schem a dianzi a lungo esaminato, le dichiaraz ioni del Riolo subiv ano una pa rziale modifica,
proprio su qu esto s pecifi co aspetto, a seguito dell’ascolto delle dichiarazioni rese da Michele Aiello nel corso dell’ esame da
lui reso poche udienz e prim a.
L’Aiello, invero, all’udien za del 21 f ebbraio 2006, dichiar ava:
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
… Senta, le ha mai riferito Riolo di attività investigative, indagini, sulla persona di Guttadauro Filippo, indagini in corso a
Castelvetrano o a Bagheria?
AIELLO MI CHELE:
Mai e poi mai. Che era noto che Guttadauro Filippo era
un perso naggio mafios o su questo non c’è dubbio, ma per
quanto r iguarda abitazioni… ch e lui mi diceva: “ma qu esto di qua è un tipo attenzionat o perché è un noto mafioso” questo si, riten go me ne abbia parlato, ma di microspie in casa Gutt adauro Filippo nella maniera più assoluta.”
Dunque, l’A iello, pu r non negando di aver potuto discutere
accidentalmente co l Riolo delle visite del Guttada uro, escludeva di avere sa puto della collocazione di mic rospie nella sua
abitazion e estiva e sottolineava il f atto che, dat e le caratt eristiche del soggett o, er a del tutto p revedibile che potesse essere indagato.
Per altro ve rso l’Aiell o ri feriva il dialogo col Riolo al 1 marzo
del 200 1, i n cor rispon denza con la pubblicaz ione sui giorna li
della notiz ia del ri trovam ento di una microspia collocata
all’interno del cimitero e nelle adiacenze della tomba di Fra ncesco Messina D enaro, padre del la titante Matteo.
Da un lato, pertanto , una chiara delimitazione dell’oggetto
della
rive lazion e, con
esclusi one
della
parte
concernente
l’install azione delle microspie e, sotto l’aspetto temporale,
una precisa collocazione in un’epoca successiva at traver so
495
un riferimento ad un elem ento cronologico certo (la noti zia
pubblicata sui quotidiani).
Orbene, prend endo le mosse dal contenuto delle dichiarazioni
rese e più volte ri badite in modo coerente dal Riolo nel cor so
dei suoi interrogatori, da vvero non si comprende in che modo
questi abbia potuto modificare in tal modo le sue dichiarazioni nel corso del dibattiment o, quantomeno sotto l’aspetto
del riferimento tempo rale.
Appare, i nvero, impossibile che un ricordo colloca to all’epoca
iniziale
della
su a
conoscenza
con
l’Aiello
e
p oco
d opo
l’assunzi one della mogl ie – 1999 o al massimo 2000 – possa
in dibattimen to trasformarsi in un altro ricordo, questa volta
non solo risalente a circa due anni dopo (1.3.2001) ma, addirittura, ancor ato ad un fatto mai rifer ito prima se non
dall’Aiel lo.
Ed appare an cora più incompr ensibile come si p ossa logicamente a mmettere che tale nuova versione dei f atti non sia s olamente una passiva ed adesiva acquiescenz a rispetto al percorso ind icato poco prima d all’Aiello nel corso del suo esame.
Eppure, quasi con ca ndore, il Riolo, dopo a vere conferm ato in
pieno il resto delle sue sempre pre cise affermazioni, aggiu ngeva: “Noi siamo dopo il ritrovamento della microspia al cimitero.”.
Il fatto che, a fronte di una precisa collocazione tempor ale
ancorata ad un dato spontanea m ente rif erito (l’assunzione
della moglie e l’inizio della sua conoscenza con l’Aiello), il
Riolo a bbia introdotto, con altrettanta apparente sicurezza ,
un diver so ricordo spingendosi fino a collegarlo ad un altro
fatto (la no tizia giornali stica) mai prima rifer ito spiega chia ramente ch e si tratta di un atteggiamento inteso al solo fine
di compia cere l ’Aiello.
Ancora una volta, com unque, deve evidenzia rsi come il Riolo,
dopo essere stato messo a lungo in difficoltà dalle continue
contestazioni operate dal P.M., abbia fatto una parziale mar496
cia indiet ro finendo per a mmette re di aver potuto far e confusione.
Tale con clusivo atteggiam ento del Riolo assume una certa rilevanza sotto il profilo della utilizzabilità degli elementi di
prova a carico dell’Aiello.
Posto, infatti, che i verbali di interrogatorio del Riolo non
possono essere util izzati a f ini di prova nei suoi confr onti, a
causa del manca to consenso all’utilizzazione, le versioni dei
fatti alle quali può farsi richiamo r imangono solo quelle riferite dall’imputato nel corso del suo esame dibattime ntale.
Ed in tale sede deve registrarsi come, dopo le surrifer ite evoluzioni connesse esclusivamente a lla collocazione temporale
della ri velazione (ed a n ient’a ltro), il Riolo non abbia smentito le precedenti dich iarazioni, né l e abbia con certezza sostituite con altre di n uovo e diverso contenuto ma abbia , sostanzialm ente, forn ito due descr izioni dello stesso fatto senza
saper dire con sicurezza quale delle due fosse quella ver a.
Di talchè, il Collegi o è chiam ato a d esaminarne gli svi luppi,
gli andament i e le motivazioni di entrambe le versioni al fine
di individ uare quella che appare più attendibile e coerente
rispetto al resto del le risu ltanze.
Ed allora, prendendo le mosse proprio da queste ultime, va
detto che il Maggiore Sini ha confermato le attività investiga tive nei termin i e nei tempi descr itti dal Riolo, aggiungendo
che effettivamente esse non avevano dato i risultati sperati.
L’obietti vo pri ncipal e dell’ indagine era la cattura del latitante
Messina Denaro, l a cui sorella Rosalia era sposata col Gutta dauro.
Le attività di installazi one di micr ospie erano davvero avvenute in due m omenti d istinti collocabili sempre nei mesi di
agosto del 1999 e del 2000.
A parte le difficoltà con nesse all’a ccavallamento dell’indagine
con quella paral lela svolta dalla Polizia di Stato ed i conseguenti difetti di
funzionamento dei rispettivi apparati tecni497
ci, il dato di rilievo e ra stato rappr esentato dalla circostanza
per la quale i fr equentatori della casa di Castelvetra no de l
Guttadaur o quasi sempre si mettevano a parlare all’aperto ed
adottavan o molte precauzioni (V. anche la deposizione del
Maggiore Gianca rlo Scafuri).
Dunque, la not izia riferita all’Aiello era, ancora una volta, d el
tutto vera e r elativa ad una indagi ne in corso di svolg imento
al momento dell a rivelazione.
Tale ultimo dato di o rdine tempora le, pur in pr esenza di due
contemporanee versioni contrastanti fornite dal Riolo, deve
ritenersi altrettanto cert o e dimostrato, atteso che l’ unica
versione
accet tabile
è
risultata
quella
f ornita
per
prima
dall’impu tato.
Intanto, per l e suddette considerazioni in tema di pedissequo
adeguamen to delle prop rie dichiar azioni a quelle poco p rima
rese dall’Aiello ed a lle continue e manifeste illogicità nella
concatenazione d ei ricordi ancora ti a fatti storici diversi,
l’ultim d ei qua li mai neppur e cita to in precedenza.
In secon do luogo per ché lo stesso Riolo, in diba ttimento, ha
continuato a descri vere l a sua rivelazione all’Aiello utilizza ndo i verbi al tempo presente, così lasciando chiaramente ritenere l’attualità dell’o ggetto della rivelazione rispetto alle
indagini.
Infine, Giorgio Riolo ha sempre riferito di essere stato indotto
a fare la suddetta rivelazione dalle fortissime preoccupazioni
manifestategli dall’ Aiello e dalla sua volontà di rassicurarlo
dicendogl i ch e vi era no i ndagini in corso a carico del Gut tadauro che avreb bero potuto condur re al suo arresto (co sa che
avrebbe
posto
defi nitiva mente
fine
al
travaglio
dell’impr enditore).
Orbene, è del tutto evidente che questo intento rassicuratorio
non avreb be avu to alcu n senso logico qualor a il Riolo avesse
già
avuto
la
consapevolezza
dell’indagine.
498
del
sostanziale
fallimento
In altre parole, i ntanto il Riolo poteva tranq uillizz are l’Aiello
in quant o l’indagine fosse ancor a in corso e non definitivamente fallita.
In
quest’ultimo
caso
il
Riolo
non
avrebbe
potuto
dare
all’Aiell o alcuna tranquillità ma, a nzi, ulteriori motivi di preoccupazione, posto che a carico del Guttad auro non era stato
possibile accertare alcunché.
Ed allora, sulla scorta di tutte le superiori considera zioni,
deve pervenirsi all a con clusione della preferibilità della prima version e fornita dal Riolo in ord ine all’aspetto della coll ocazione cronolo gica d egli a ccadimenti.
Detta versione, in fatti, è a pparsa logica, coe rentemente ribadita ed in piena armonia con tutt e le altre risultanze sia fattuali (l’esatta ricostr uzione dell’andamento delle ind agini riferite dai testi di P.G .) che tempora li (si pensi che l’inizio del
rapporto di lavoro della moglie del Riolo risale proprio ad un
periodo corr ispond ente all’estate del 1999, momento della
prima collocazi one delle microspie).
Mentre, a l contr ario, l a parziale modifica operata solo in dibattiment o è risul tata illogica q uanto alle cor rette m odalità
di ricostruz ione dei fatti ed alla collocazio ne dei ricordi per
relationem rispetto ad al tri avvenimenti e, soprattutto, motivata dalla sola esig enza di ad eguarsi al contenuto delle precedenti dichiar azioni rese dal coimputato Aiello.
Ciò posto, perta nto, ricor rono tutti gli elementi tipici del reato di rivelaz ione di notizie segrete, atteso che si tra tta di un
fatto assolutamente vero, avente natura riservata e relativo
ad attività di indagi ne ancora in co rso di svolgimento, con la
conseguen za del rischio di un potenziale pregiudizio per
l’indagin e medesima.
Sotto quest’ultimo aspetto non possono condividersi le osservazioni della dife sa dell’Aiello in tema di assoluta prevedibilità dell’esistenz a di indagini sulla persona di Filippo Guttadauro a motivo dei su oi precedenti e delle sue parentele.
499
Non vi è dubbio alcu no che questi fosse all’epoca un soggetto
sul quale, co n ogni probabilità, le forze di polizia potessero
svolgere indagi ni ed accertamenti.
Ma ciò che rileva, ai fini della configurabilità del reato in esame, non è questo ma bensì l’esistenza di una rivelazione di
una notizia vera, specifica e su indagini ancora potenzialmente soggette ad essere pr egiudicate.
Per quanto, dunque, potesse lecita mente rite nersi prevedibile
lo svolgimento di indagi ni sul c onto del Gutta dauro, non vi è
dubbio che l a notiz ia dell’ installazione di microspie nella casa estiva di Castelvetrano costituiva un elemento cognitivo
del tutto specifi co e mu nito de l car attere della novità ris petto
a generic i sospetti e ad aspettative indeterminate.
Il fatto, poi, che proprio in quel periodo il Guttadauro si trovava al soggiorno obblig ato in località Aspra di Bagheria e,
pertanto, non pot eva frequentare Castelvet rano, a ncora una
volta non incid e sull a rilevanza della condotta, posto che
l’attivit à di indagine era finalizzata alla ricerca ed alla cattura del latita nte M essina Denaro e la casa sottoposta a co ntrollo er a ritenuta u n possibile luogo da questi frequenta to.
Né rileva l’altra osserva zione difensiva in forza della quale
non sar ebbe emersa la dimostrazione che i frequentatori della casa del Gutt adauro parla ssero all’aper to in quanto preventivamente avvertiti dell’esistenza di microspie.
Ancora un volta va riba dito che per configurare il reato in
questione non è per nulla necessario dimostrare un reale ed
effettivo preg iudizi o per le indagini, essendo al contra rio su fficiente accertare l’ esistenza di un rischio potenziale .
Pertanto, l’atteggiamento circospetto delle persone pr esenti
in quella cas a potrebbe esser e indicativo di un pr eavviso specifico pervenuto dall ’Aiello così come dell’adozione di normali
e fisiolog iche pr ecauzioni da parte di chi sosp etta di poter
essere co ntrollato.
500
Nulla di tutto questo incide sulla penale rilevanza della condotta dianzi accertata, posto che certamente il Riolo ha fatto
una rivelazi one di un fatto v ero, specifico e segre to all’Aiello,
che la stessa è stata suscitata ed indotta d al comportamento
di quest’u ltimo ed è avvenuta in un momento temporale compatibile con un poten ziale inquinamento delle ind agini.
Vi è poi u n ulteriore
episodio di rivelazione di una not izia
che riguar da sempr e le indagini finalizzate a lla ricerca ed alla cattura del latitante Matteo Messina Denar o.
Anche in questo caso si tratta di una confessione resa da l
Riolo subito dopo il suo arre sto e riguardante notizie riservate in merito alle indagi ni svolte dalla Polizia di Stato ed aventi ad oggetto la collocazione d i una telecamera d i fronte
all’abitazione di Paola Mesi, sita sempre nel Comune di Aspra
vicino a Bagheria.
Nel corso del suo esame dibattime ntale il Riolo riferiva che
nel mese di giugno 1999, era and ato a trovare l’Aiello alla
Diagnosti ca ins ieme al maresciallo Borzacchelli.
Dopo che i tre erano insieme, veniva introdotto un argomento
che rigua rdava i frat elli Mesi.
Si trattava di Maria Mesi per par e cchio tempo legata sentimentalmen te al latitante Matteo Messina Denaro e, come vedremo, con dannata anche per averlo stabilmente ospitato
proprio n ella sua abi tazione di via Milwaukee ad Aspra.
Nonché di Paola Mesi e Fra ncesco Mesi che erano dipendenti
di Michele Aiello , cosa che, a giudizio del Borzacchelli, era
assolutamente da evitare proprio per i rapporti che legavano
questa famiglia al su ddetto latitant e mafioso:
RIOLO: “… “due fratelli … due dipendenti, i fratelli MESI, Paola MESI ed un altro”… dalla sua struttura per non rovinare
l’immagine della diagnostica, aggiungendo che si trattava di
persone s otto controllo da parte dei Carabinieri, che il M.llo DI
CARLO gli aveva già fatto una perquisizione e che erano
501
guardati
a
vista
da
una
telecamera
posta
davanti
all’abitazione”.
Dunque,
il
Bor zacchelli,
mostrando
di
voler
proteggere
l’Aiello, cercava di convincerlo a licenziare i Mesi che, a causa della loro paren te, avrebbero potuto metterlo in imbarazzo.
Ma,
l’Aiello,
secondo
la
ricostruzione
resa
nel
cor so
dell’esam e dal Riolo, era già a conoscenza di tale argome nto
per averlo appreso dalla stessa Me si e sollecitava i due sottufficiali ad effettuare u na verif ica sui luoghi p er riscontrare
se davvero vi fosse un a telecamer a installata di fronte a casa
di costei.
Ed invero, aveva spiegato l’Aiello che la stessa Paola Mesi si
era più volte lamentata con lui del fatto che, subito dopo aver ricevuto qua lche ospite in ca sa, la polizia si era puntualmente presen tata per effett uar e dei contr olli con banali
scuse.
Ciò aveva insosp ettito la Mesi che, dato il rapporto di confidenza che lo legava all’Aiello (basti pensare che fa ceva parte
della c.d. rete riservata), si era rivolta a lui per un aiuto.
L’Aiello, pertanto , collega va tale lamentela con la conferma
appena r icevut a dal Borzacchelli e si recava sul posto con i
due sottufficial i per verificar e la rispondenza al vero della
presenza della teleca mera.
Tutti e tre, dunque, si erano recati, a bordo nella macchina
dell’Aiel lo, in via M ilwaukee ad Aspra di fronte ca sa Mes i.
Ivi il Riolo aveva co ncretamente accertato la presenza di una
telecamera occultata dietro ad un involucro ed avente le tipiche caratteristich e di colloca zione
degli apparati di osserva-
zione ed intercettazi one di immagini.
Sorgeva, poi, a tale prop osito una lunga disquisizione sui sistemi di rilevament o utilizzati dal Riolo, atteso che quest i, in
un primo mo mento, aveva detto di avere all’ uopo fatto uso di
un analizzatore di spettro mentre in dibattimento nega va la
502
circostan za sostenendo di aver e fatto finta di usa re uno
strumento sofisticato mentre, in realtà, si tratta va di un banale televisore portatile.
Di seguito tale passaggio viene r ip ortato ma sin s’or a appare
opportuno ev idenziare come si tratti di un elemento del tutto
indifferente, p osto ch e l’unica cosa che ass ume rilevanza è
l’esisten za di u na bonifica, comunq ue effettuata da l Riolo, ed
il ritrov amento della telecamera occultata.
In dibattimento il Riolo rifer iva: “No, io non avevo lo strumento in realtà… l’analizzatore di spettro, avevo un televisorino
che… ch e seguivo quando andavo a accompagnare i miei figli
al campo per… aspettavo, prendevo per… per… guardavo la televisione, il moni… i televisorini portatili, quelli che sa…
s’attaccano con l’accendisigari.”
…
“Anche se poi io nel… durante l’interrogatorio ho detto cosa
diversa.
PUBBLICO MINIST ERO:
Ma, aspetti.
RIOLO GIORGIO:
No, e va beh, c’è… le sto dicendo…
RIOLO GIO RGIO:
… La verità è questa che sto dicendo.
Ad ogni modo la verif ica si era svolta nei seguenti termini:
RIOLO: “…… siamo andati all’Aspra, siamo entrati ne… nella
strada, e in realtà di fatto c’er a una scatola lì, distaccata dal mur o, distaccata dal muro perché c’era… ricordo come
particolare che c’era… è come se avessero rifatto la facciata,
ecco. E quindi questa scatola non era attaccata bene al palo,
ma era … era distaccata, era messa in… in modo obliquo, era
stata distaccata….però si… si capiva che era una… che era
una telecamera, pe rché c’era l’antenna messa, posta dietro, quindi a… a distanza si… si notava che era una telecamera quella lì.”.
503
Pertanto, in og ni caso, il Riolo, sulla base della propria esperienza e competen za ed attraverso una verifica diretta sul p osto, aveva accertato l a presenza di una telecamera puntata in
direzione d i casa Mesi e lo aveva confermat o all’Aiello ed al
Borzacchelli.
E tanto è sufficiente, a g iudizio del Collegio, allo scopo di a ccertare una condotta del Riolo finalizzata a disvelare un fatto
investigativo ( dando conferma della presenz a della teleca mera) connesso a d una indagine, come si vedrà,
in quel mo-
mento ancora in corso, anche prescindendo dal tipo di r ilevamento eseguit o nell o specifico d al Riolo.
Sotto altro profil o, assume un ce rto rilievo accertare con precisione l’aspetto dell ’assunzione d ell’iniziativa di procedere
alla sudd etta verifica:
PUBBLICO MINIST ERO:
Guardi, andiamo con ordine, partiamo dall’inizio, intanto lei
dice che fu Borzacchelli a dire andiamo a vedere, no? Guardi
lei il 15 Mag gio 2004, le leggo tutto il pezzo, allora. Pubblico Ministero, pagina 26 e seguenti: “Torniamo un attimo indietro ai discorsi su Paola mesi, quando Borzacchelli dice ad
Aiello ch e lui rischia di rovinare la società, perché Paola Mesi è
sottoposta a indagini, queste indagini sono segrete evidentemente”. Riolo: “Se queste sono segrete, lui mi disse che era
stata posta una telecamera davanti all’abitazione della Paola
Mesi, e cose varie”. P.M.: “Lui Borzacchelli?” Riolo: “Borzacchelli. E cos e varie. Io ci passai ed in eff etti là verificai che
c’era”. P.M.: “Che c’era una telecamera, quindi non era una…
una frottola”. Riolo: “Non era una frottola, questo glielo dissi
pure ad Aiello che si era preoc cupato, nel senso: non è che poi
mi danno fastidio pure a me tutte queste discussioni”. P.M.:
“Perché lei gli disse che la telecamera guardavo la… guardava
Paola Mesi e non guardava a lui?”. Riolo: “No, che c’era questa
telecamera in questa via”. P.M.: “M a lei perché ci passò? Cioè
di testa sua o fu mandato?” Riolo: “No, mi fu chiesto da
504
Aiello ed in compagnia di Borzacchelli ci passammo assieme”. P.M.: “Quindi, lei Borzacchelli…”. Riolo: “Tutti e tre”.
Quindi da come ha dichiarato, andiamoci per punti, non c’è
dubbio che Bo rzacchelli che a lei da lei, non c’è dubbio che eravate tutti e tre insieme, non c’è dubbio del discorso che Borzacchelli: dice questi sono pericolosi, sono sotto indagine, sono
un obiettivo, eccetera, eccetera”. Però qui è Aiello che gli elo
chiede di effettu are questa… di dire andiamo, qui come…
per come lo dic e lei fu Aiello a dirlo.
RIOLO GIORGIO:
Dottore Prestipino, penso che non cambia una virgola.
Viene… cioè nel senso che è possibile… è pos sibile che me
l’abbia anche pot uto chiedere l’ingegnere Aiello … fra
Borzacchelli ed Aiel lo e cioè “quelli sono… li devi allontanare” è po… possibile che me l’abbia potuto chiedere,
ma è vero allora sta sit uazione, ecco, è possibile, cioè
non è che cambi a qualche cosa secondo me , poi…
PRESIDENTE:
Maresciallo, lei dovrebbe evitare di diciamo di… di dire quello
che pensa a proposito dell’esistenza di divergenze, di contestazione, perché questo poi lo valuteranno le parti e…
RIOLO GIORGIO:
Si, si.
PRESIDENTE:
… Soprattutto lo valuterà il Tribunale.
RIOLO GIORGIO:
No, ma io cioè sono stanco signor Presidente.
…..
PRESIDENTE:
Però qua ci sono due punti di vista diversi, perché come lei poco fa… secondo la versione che lei ha fornito poco fa, sarebbe
stato Borzacchelli che di fronte alle titubanze, alle incertezze
diciamo di Aiello che diceva: “Ma non ci credo che possano essere pericolosi, che siano…”. Avrebbe detto: “Andiamo che ti
505
faccio vedere che c’è la telecamera” questa è una versione.
Un’altra cosa invece è dire che fu Aiello a dire a lei e a Borzacchelli: “Andiamo che voglio andare a vedere questa situazione”. Lei se lo ricorda quindi?
RIOLO GIO RGIO:
Io me lo r icordo questo fatto, m a mi ricordo che è stato
Borzacchelli che… è normale che nella discussione magari ab bia messo o… o la curio sità anche all’Aiello andia… allora a stu punto andiamo a vedere se è vero quello che mi dico o meno…
Poi è possibile, è poss ibile che m e… me l’abbia… ma perché era…
…
PUBBLICO MINIST ERO:
No, mi segua, che Borzacchelli, come ha detto questa mattina
sia andato lì, abbia detto: “Bisogna allontanare i Mesi, sono
oggetto di indagine” eccetera, eccetera, poi vedremo anche perché, questo indubbiamente corrisponde esattamente a quello
che lei aveva già dichiarato anche nella fase delle indagini. Poi
lei qui quando assumete l’iniziativa diciamo, mentre girate per
Bagheria, di andare fino ad Aspra in macchina, per vedere se
era vero o meno, p er ve dere se c’era questa telecamera, lei qui
ha detto: “Fu chiesto da Aiello di andare…” e dice: “In compagnia di Borzacchelli ci passammo”.
RIOLO GIORGIO:
E’ possibile. È possibile.
Pertanto, sia pure a seguito di contestazioni e dop o alcune
indecisioni connesse alla stanchezza, il Riolo conf ermava
quanto dichi arato nel corso dei suoi primi interrogatori, ammettendo che l’iniziativa di recarsi sul posto era stata assu nta da Michele A iello.
Per altro verso , come si è anticipa to in premessa, il Riolo sosteneva che la notizia era stata inizialmente riferita dal Borzacchelli m a che la stessa era solo una confer ma per l’Aiello,
506
il quale ne er a già a con oscenza aut onomamente a seguito dei
sospetti che la stessa Paola Mesi gli aveva già conf idato.
A tale conclusione, però, si per viene attra verso un per corso
accidentato, posto che nei primi interrogatori lo stesso Riolo
aveva in dicato in Aie llo la prima fonte della notiz ia:
PUBBLICO MINIST ERO:
Va bene. Perché vede poi lei lo ha ribadito anche il 15 Maggio
del 200 4, e siamo a pagina 72 e seguenti dell’interrogatorio,
viene domandato: “Questa notizia chi l’ha dat a, chi ha
detto andiamo a ved ere se c’ è questa, Aiel lo?” E lei dice:
“Aiello”. E poi spiega anche il motivo. Eh, io infatti le avevo
chiesto, se lei aveva ricordo di qualche particolare che aveva
riferito Aiello in questa circostanza, lei ha detto di no. Si ricorda se Aiello le disse qualche circostanza particolare che era
accaduta e che induceva la signorina Mesi ad avere dei particolari sospetti?
Riolo: “Si, forse , non vorrei sbagliare, forse adducendo
che ogni qualvolta che … c’erano visite, c’era subito
qualche or gano di Po lizia ch e… vi andava a fare la perquisizione. E ssendo di… che… ch e… che era questo Quindi ogni qualvolta i Mesi ricevevano persone a casa, c’e ra
subito un contr ollo d i Polizia.
PUBBLICO MINIST ERO:
Eh, quindi, questo lei da chi lo sente dire? …
RIOLO GIORGIO:
Dall’inge gnere Aiello .
PUBBLICO MINISTERO:
Ecco,
ques ta
cosa
che
a
lei
dice
l’ingegnere
Aiello ,
all’ingegnere Aie llo da ch i era stata riferit a? Glielo dice
l’ingegnere?
…
RIOLO GIO RGIO:
Dal mares ciallo Di Carlo.
PUBBLICO MINISTERO:
507
Allora, guardi, è sempre lo stesso punto della… 15 Maggio
2004 e siamo sempre a pagina 72. PUBBLICO MINISTERO:
“Questa notizia chi l’ha data? Chi ha detto andiamo a vedere
se c’è questa… Aiello?” Riolo: “Aiello, perch é aveva il sospetto che lì davan ti ogni volta che diceva qualche cosa,
cioè qu ello che gli r iferiva la Mesi ad Aiello era che ogni
volta che lei ch e andava qualcuno, che qualcuno andava
lì, subito gli andavano . Quindi sicurament e c’era una telecamera”. Poi, P.M.: “Ho capito. Ecco io volevo sapere una
cosa, lei con la Mesi di questa cosa ha parlato?” Riolo: “No, no
mai”. P.M.: “Quindi che la Mesi dicesse questo a lei chi lo dice?” Riolo: “Aiello ”. P.M.: “Aiello”. Va bene. P.M.: “Per chiarire,
la mesi ad Aiello spiega i suoi sospetti perché ogni volta che lei
riceveva una visita in casa poi queste persone ricevevano perquisizioni, accertamenti?” Riolo: “No, un controllo”. P.M.: “C ontrolli di Polizia?” Riolo: “Controlli di Polizia si”. Quindi lo conferma…
RIOLO GIO RGIO:
Confermo, confe rmo.
Proseguen do nella rico struzione fornita in aula, il Riolo aggiungeva:
PUBBLICO MINISTERO:
Allora, si, siamo all’in terrogator io del 7 Giugno 2004, 7
Giugno 200 4 pagin a 54 e seguenti, e lei proprio su questo
punto, maresciallo ha detto, Riolo: “Ci siamo messi in macchina, e siamo andati a fare un giro, e io la identificai
perché e ra messa, la telecamera, era molto vistosa. Anche perché – qu esto è il punto – anche perché l’ Aiello tra
l’altro, cio è la Mesi avrebbe riferito ad Aiello che tempo
addietro av evano visto persone che montavano questa
cassettina, cioè gente che non erano deg li elet tricisti,
erano evidenti che non erano elettricisti e quindi il vicinato avrebbe detto che c’era st a cosa ch e avevano messo”. È ve ro?
508
RIOLO GIO RGIO:
Confermo.
Alcune parzi ali confer me, come sempre frutto di un ridimensionamento della valenza auto accusatoria delle proprie precedenti dich iarazi oni, provenivano poi dallo stesso Michele
Aiello.
AIELLO: “B orzacchelli assieme a Riolo lo avevano invitato a fare una passeggiata in macchina con loro, perc hé in quel periodo tentavano di allontanare la… dipendente Mesi dalla struttura. E per c onvincermi di questo una delle cause ch e po rtava
avanti il Borzacchelli e ra quello che il… il… la Mesi era… la
famiglia Mesi era attenzionata. Ma di questo già era un fatto
noto io dico, perché già in quel momento il fratello si era dimesso dal… era asse… era partito, credo, non mi ricordo b ene.”.
In primo luogo, quindi, l’ Aiello smentiva di avere assunto lui
l’iniziat iva di andare in macchina a d Aspra ad effettuare una
sostanziale bon ifica sui luoghi.
Ed inoltre, agg iungeva che in que l momento (giugno 1999)
solo Paola M esi era ancora alle sue dipendenze, atteso che il
fratello Francesco si era già dime sso il 26 a prile 1999.
AIELLO:“Siamo in macchina e praticamente Riolo dice che se
lui vuole ha la possibilità tramite uno scanner, un telef oni… un
televisorino non mi ricordo bene quale parola abbia utilizzato,
se vuole di andare a verificare la presenza o meno di una… di
una telecamera nei pressi dell’abitazione Mesi.
….
“una specie di… di scatolina, … di scarpe, una cosa del genere di quelle dimensioni…. lui mi ha detto che aveva la possibilità se voleva tramite un televisorino contenuto all’interno di
questa scatola, verificare la presenza delle telecamere, se lui
voleva poteva farlo.”
Ma, stravol gendo il senso di qua nto lui stesso av eva in precedenza af fermat o, l’Aiello negava decisamente che fosse sta509
ta effettuata sul posto una verifica cui era seguito il rinvenimento di una telecamera.
E ciò, co me sempre, aveva determinato la contestazione del
P.M.:
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPINO:
Allora, le contes to, lei su quest o punto è stat o sentito il
19 Maggio 2004 , 96 e seguenti, e lei dice, le leggo soltanto i
pezzi delle sue affermazioni: “Le ripeto, direttamente ne ha
parlato Borzacchelli direttamente, proprio per quanto riguarda
il discorso de lla signorina Mesi. Eravamo una sera praticamente col signor Riolo, ero io al si… assieme al signor Riolo e al
signor Borzacchelli, e praticamente il signor Borzacchelli viene
fuori con quest o discorso che la signorina Mesi lavorava
presso il mio studio, il fratello lavorava presso la mia
azienda, e ra pericoloso per me. Il signor Borzacchelli riferisce che e ra la famig lia Mesi sottopo sta ad ind agine,
per il discorso praticament e dei rapporti con i Guttadauro, pe rché una… una sorell a della signorina Mesi,
l’altra sor ella, Ma ria lavo rava presso la Sud P esca e
quindi
era
sottopos ta
praticamente
ad
indagine
per
quanto riguarda la ricerca e la cattura del latitante
Messina Denaro”. P.M.: “Questo lo dice Borzacchelli?” Aiello:
“Il Borzacchelli. E praticamente viene… avere queste persone
all’interno dell’azienda che lavorano può costituire pregiudizio
per le mie aziende. Infatti disse: vedi stai attento perché questi
qua vengono controllati, sono controllati, anzi no vengono, sono
controllati”. Poi io le faccio… viene fatta la domanda: “Che cosa è successo?” E lei dice: “No, niente, non è successo niente,
qualcuno andò a smontare… oppure io sono andato, oppure io
l’ho detto infatti, in macchina, me l’hanno detto in macchina
questo discorso. Mi han no praticamente po rtato in macchina,
e
il
si gnor
Riolo
mi
ricordo
che
aveva
l’attrezz atura in m acchina, praticamente di ce: vedi se io
voglio po sso in q ualsiasi istante passando da un posto,
510
vedere ef fettiv amente, mettermi in collegamento con la
telecamer a”. Pubblico Minister o: “E l’hanno fatto?” “E
l’hanno fat to”. “Dav anti a lei?” “Davanti a me”. P.M.: “E
dov’era sta telecamera? ” Aiello: “Ad Aspra, praticamente
presso l’abitazione della signo rina Mesi”. Questa è la
contestazione, lei la conferm a o no quest e dichi arazioni…”
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
“E l’hanno fatto?” Aiello: “E l’hanno fatto”. P.M.: “Davanti a
lei?” Aiello: “Davanti a me”. P.M.: “E dov’era questa telecamera?” Aiello: “Ad Aspra, praticamente presso l’abitazione della
signorina Mesi”. Io voglio sapere se conferma o meno questo
tratto delle dichiarazioni che vengon o contestate.
AIELLO MICHELE:
Io ci v ado al cont rario, così… così come sono scritte là non
li confermo… Be nissimo , così come sono scritte non li
confermo.”.
Anche in q uesto caso, dunque, l’Aiello ha da pprima cercato
di rendere dichiarazio ni parzialmente diverse e poi, dopo essere stato messo di fronte ad un co ntrasto specifico, ha finito
per limitarsi a non confermare.
A fronte di que sto comp lessivo qua dro di risult anze, la difesa
dell’Aiel lo ha sosten uto che si s arebbe trattato di una notizia
già nota e priva del carattere di novità e di segret ezza.
E ciò in qu anto, ad esem pio, Fr ancesco Mesi era già stato
tratto in ar resto nel dicembre 1998 per favoreggiamento del
latitante Messina Den aro, al quale avrebbe fatto da autista.
Nel successivo mese di apr ile 99’ egli si era dimesso da d ipendente d ell’Ai ello ed i l 20.5.99 a veva patteggiato una pena
per la suddetta imputazione.
Di talchè il co involg imento della f amiglia Mesi nelle vicende
della latita nza del Messina Denaro erano già emerse prima
del giugno 99’, epoca nella quale pacificamente si colloca
511
l’episodio del la rivelazi one della notizia e della verifica in via
Milwaukee.
E sempre secondo l a tesi dif ensiva, le indagini su France sco
Mesi erano inizia te addirittura nel 95/96 mentre quelle a carico della sorella Maria addirittur a l’anno prima , a seguito di
una vacanz a che questa aveva trascorso con il latitante in
una local ità non meglio individua ta .
I testi Bonanno e La Barbera della Polizia di Stato, in effetti,
riferivano che la telecame ra davanti casa dei Mesi era stata
installata verso la metà del 1997 e disinstal lata ne l mese di
giugno 1999, in coincidenza con la conclusione delle indagini.
A giudizi o del Tribun ale, pur in considerazione delle osservazioni difen sive, è cer to che al momento della rivela zione
l’indagin e era ancora in corso di svolgimento.
Ciò è dimostrato intanto dalla presenza della telecamer a che
il Riol o ha affermato di avere comunque individuato con assoluta certezza .
La stessa, dunque, ancora non er a stata rimossa a dimostrazione ch e, a prescindere dai risult ati effettivamente conseguiti, l’indagine in quel momento era ancora in corso.
Del resto, Maria Mesi, la compagna di Messina Denaro, ancora si t rovava in stato di libertà e sa rebbe stata tratta in ar resto
solo
nel
corso
del
2000,
ad
ulteriore
dimostrazione
dell’attu alità delle invest igazioni nel mese di giugno 1999.
Va, poi, evidenzi ato come le indagini sulla casa di via Milwaukee di A spra non fosser o affatto prive di fonda mento ma,
al contrario, avessero colto esatt am ente nel segno.
E’ stato, infatti, accertato che, fino a poco tempo prima del
giugno 99, il l atitan te Matteo Messina Denaro aveva davvero
utilizzato quell’appa rtamento quale suo nascondiglio.
A parte le puntua li e
riscontr ate dichiarazioni del collabora-
tore Anton ino Giuf frè (ch e aveva r iferito di avere appreso dalla voce di Be rnardo Provenzano che il Messina Denaro aveva
512
trascorso buon a parte della latita nza nella zona di Aspra e
Bagheria) , son o proprio gli atti del processo a Maria Mesi che
dimostran o l’esattezza di quella intuizione investigativa .
In particolare, a tal fine appare illuminante la disamina della
motivazio ne de lla sentenza del 29 marzo 2001, prodott a ag li
atti ed, ovviamente, passat a in a utorità di cosa giudicata,
con la quale il Tribu nale di Palermo condanna va Maria Mesi
per aver m esso a d isposiz ione del latitante Matteo Messina
Denaro l’abitazion e familiare ubicata in via Milwaukee n. 49
di Aspra.
Tale disamina consente di stabilir e che:
- effettivamente erano st ati svolti dei servizi di oss ervazione
da parte del S.C .O. della Polizia di Stato a mezzo anche di
una telecamera installata , a partire dal 20 febbraio 1997, d avanti la casa dei Mesi di via Milwaukee 49;
- tali riprese erano fi nalizzate all a cattura de l lati tante Matteo Messina Denaro ch e ivi era stato osp itato dall’imputata,
come è rimasto dimostrato dal fatto che, in sede di una perquisizion e eseguita il 14. 6.2000, erano stati r invenuti effetti
personali del l atitan te;
- la Mesi era stata, sempre in de tta data, tratta in ar resto e
fino a quel m omento, dunq ue, le attività di indagine erano
proseguit e in f orma del tutto segr eta.
Tali elementi di fatto, accerta ti da una sentenza penale definitiva, conferm ano l’attualità de ll’interesse investigativo nei
confronti dei M esi al giugno 1999.
Costoro, pertanto, al di là delle vicende giud iziarie di Fra ncesco Mesi , avevano o spitato nella comune abitazione per un
determinato per iodo un latitante del calibro del Messina Denaro, il quale, con estr ema probabilità, aveva lasciato quella
casa solo nel m ese di gennaio 1999.
Di conseg uenza n el giug no 99 i Mesi avevano tutto l’interesse
a sapere se nei loro confronti e, soprattutto, in relazione alla
513
loro
abit azione
vi
fossero
indagini
da
parte
delle
for ze
dell’ordi ne.
Ciò è ulteriorment e avvalorato da lle preoccupazioni manifestate da Paola Mesi all’Aiello a proposito di talune strane visite de lla Polizia in casa loro, spesso con scuse bana li e dopo
che c’erano state del le vis ite.
Pertanto, qui il punto non è, come sostenuto dalla difesa,
stabilire se l’ interesse investiga tivo sui Mesi fosse ancora attuale o già esaurito – e come si è visto non lo era affatto almeno fino al 14 giu gno dell’ anno successivo (2000) – ma
comprendere
se e fino
a
che
p unto
la
specifica
notizia
dell’esis tenza di una telecamera p untata sull’ingresso della
loro abitaz ione pot esse essere un elemento cognitivo di rilievo o meno per i Mesi.
Ed ovvia mente era un a notizia che, proprio per la sua specificità, aveva un valore inestimabile per costoro ed era del
tutto nuova.
Anche in quest a vicenda, poi, appa re estremamente prob abile
che Michel e Aiello
abbia a sua
volta rive lato la notizia
dell’esis tenza della telecamera a Paola Mesi.
A tale univoca conclu sione deve pervenirsi considerando la
natura intim a dei rapporti tra l’Aiello e la Mesi che non si limitavano al mero rapporto professionale.
Un rapport o di vicinanza e di fiducia tale che la Mesi era stata inserita da Michele Aiello nel ristrettissimo novero dei
membri della sua rete riser vata.
Orbene, a fronte di u n rapporto così intimo e personale, appare davvero i mproba bile che l’Aiello, dopo avere avuto conferma dal Riolo dell’ esistenza di una telecamera, a bbia taciuto tale notizia a Paola Mesi che gli aveva confidato le sue
preoccupazioni propri o circ a la possibile esistenza di indagini
sulla sua abita zione.
Come sempre, tuttavia, ta le ulteriore accertamento non è affatto indispensabile, essendo suf ficiente per la configur abili514
tà del reato di cui all’art. 326 cod. pen. la prova della rivelazione dal Riolo all’A iello di una notizia segreta a vente le sopra richi amate caratteristiche.
L’ulterio re passaggio dell a notizia dall’Aiel lo ai Mesi, pur apparendo di solare chiarezza presuntiva, non è necessario che
venga uni vocamente accertato.
Ciò posto, va dato atto dell’accertamento giudiz iale anche di
altre rivelazioni di notizie in qua lche modo sempre collegate
con il contesto terri toriale di Ba gheria e con gli E ucaliptus.
Anche in questi casi s i tratta sempre di spontanee ammissioni di fatti pena lmente rilevanti da parte del Riolo nel corso
dei suoi interr ogatori successivi all’ arresto.
Una di dette notizie concerne la collocazione di una telecamera in agro di Bagheria, anzi, per la pr ecisione, pr oprio in
contrada Con sona e quind i assai vicino all’a bitazione della
famiglia Eucaliptus.
Si trattava, nella specie, di un ob iettivo inves tigativo denominato, all’interno del la Sezione An ticrimine, come “ZIO TOM”
e che r ientra va sempre nel coacervo delle indagini finalizz ate
alla ricerca ed alla cattura di Berna rdo Provenzano.
L’imputato Riolo r iferiva nel corso del suo esam e di avere i nstallato, prima d ell’ag osto 20 02, una telecam era su un palo
della luce ed una microspia esterna in contr ada Consona di
Bagheria nei pressi di u na villa di pertinenza di un sogget to
conosciuto come lo “Zio Tom”.
Dopo aveva rivelato al l’Aiello che si stava occupando di montare una telecam era su un palo della luce in contrada Consona ed, in mod o particolare, in dir ezione di una villa “ubicata in alto”.
Anche in questo caso la rivelazione non era stata spontanea
da parte del Riolo ma suscitata d all’Aiello, il quale, con la
scusa di alcu ni problemi elettrici, aveva ce rcato di sapere se
alcuni oper ai dell’E NEL che era no stati visti in quella zona
fossero d avvero tali o meno.
515
Ed infatti : RIOLO: “ Ho appreso per quale motivo me lo abbia
chiesto, che c’erano stati dei prob lemi di co rrente, qualche
operaio aveva… riferito all’ingegnere Aiello che c’erano quelli
dell’Enel ch e stavan o lavorando nella palificazione sovrastante
il
cantiere
di
via
Consona
di
proprietà
dell’ingegnere. E mi parlava appunto di… di questa situazione che gli avevano causato, che avevano visto insomma queste… queste persone lì, e io gli ho… l’ho rassi curato che ero
io a… che avevo montato un se… una telecamera lì per
un oggetto non… non… non so, non mi ricordo se era… un
oggetto, in dir ezione di… di una pe… di una persona
che… che aveva la villa là sopra.”.
A seguito della seguente contesta zione: Ri olo: “Si, perché
me lo chiese, dice che avevano visto armeggiare personale, avevano monta to questa scatola”. P.M.: “Lei gli disse
ad Aiello non solo che non riguardavano lui, ma chi riguardava, cioè la villa dello zio Tom?”
Riolo: “Si, lui infatti l’ho detto che lui glielo spiegai e
mi fece… - po i lei dice – penso che abbia capito, lui ha
capito”.
Il Riolo rispon deva: RIOLO: Confermo, si.
Dunque, a seguito di una specifica domanda e della connessa
contestaz ione, i l Riolo confer mava di avere rivelato all’Aiello
anche il sopra nnome, “Zio Tom”, dell’obiettivo investigativo.
Ciò che rileva, ad ogni mod o, è che l’indicazione fosse c orretta e riferita in modo tale da consentire all’Aiello, buon conoscitore del lu ogo, di ind ividua re il soggetto proprietario della
villa in questione (ubicata nella parte alta di contr ada Consona che non è un luogo sovraf follato) anche a prescindere
dal nomignolo abit ualmente utilizz ato all’interno del R.O.S.
che all’Aiello non di ceva nulla.
Il Riolo, dunque, ha confermato in pieno il suo precedente
racconto tran ne che per un solo d ato – la comunicazione del
516
soprannome “Zio To m” – che, guarda ca so, è l’unico che
l’Aiello, nel suo esame, aveva smentito.
Ed invero, questi all’udienza del 21 febbraio 2006 negava d ecisamente di avere saputo dal Riolo il nome del soggetto interessato dall’at tività tecni ca.
In relaz ione a tale argomento l’Aiello confermav a di essere
stato lui a prendere l’argomento con il Riolo, visto che aveva
saputo
dai
suoi
oper ai
della
pr esenza d i alcuni addetti
dell’ENEL che stavano lavorando su un palo in contrada Co nsona vici no ad un lor o cantiere.
A seguito di tale intervento, peraltro, si erano verificati dei
temporanei malf unzion amenti nelle linee elettriche o telefoniche del suo can tiere ubicato nelle vicinanze.
A quel punto il Riol o gli aveva rif erito che in realtà non si
trattava di veri operai dell’ENE L ma di suoi colle ghi che avevano instal lato una telecame ra per controlla re la via di accesso all a casa degli Eucaliptus.
Sul punto ha riferito, poi, anche il Colonnello Damiano, il
quale confermava l ’effettiva esist enza delle attivita’ investiga tive rive late d al Riolo all ’Aiello.
Si trattava di indagini su tale Domenico Di Salvo – all’interno
del R.O.S. soprann ominat o “Zio Tom” – che aveva una villa
proprio nella parte alta di c ontrad a Consona e che era rit enuto in contat to col Provenzano: “noi lo investigammo poiché
vi erano delle indicazioni di un… di… del collaboratore
[PULCI]
come
(INCOMPREN SIBILE) Calogero. che lo
una
pers ona
vicino
a
Bernardo
inquadrava
Pro venzano.
Nell’attività di verifica e di accertamento che svolgemmo, poiché ci accorgemmo che Di Salvo era anche in società, in pregresse so cietà, assieme a Napoli Giovanni e Insinna Loreto,
questo dato che assurgeva da questa comune presenza in una
società, ce lo aveva fatto ritenere un potenziale soggetto in
contatto con il latitante.
517
L’attività tecnica era stata avviata tra la fine del 2000 e
l’inizio del 2001 ed era consistita a nche nella collocazione di
una telecamera, insta llata dall’imputato su un palo della luce.
Orbene, anch e in questo caso, il Riolo ha rivelato una notizia
segreta, autentica ed in grad o di determinar e un serio ed attuale pregiudiz io all e inda gini in corso.
Questo episod io (caratterizzato, peraltro, dall’ulteriore connotato d ell’assunzione dell’iniziativa da parte dell’ Aiello) è
stato ricostr uito da entrambi gli imputati in modo sostanzialmente convergente.
L’unica div ergenz a tra le loro d ichiarazioni r isulta del tutto
insignifi cante ed i rrilevante posto che la conosc enza del s oprannome de l Di Salvo non avreb be avuto alcun valore per
l’Aiello.
Questi, però, è stato informato dal Riolo del fatto che era stata collocata una telecamera su un palo della luce, la cui esatta posizione egli er a evidentemente in grado di individuare
perfettamente, posto che in zona aveva un cantiere e che i
suoi dipen denti g li avevano ben s pecificato il punto esatto
dove gl i ope rai d ell’ENEL erano sta ti visti armeggiare sui fili
elettrici.
Di conseguen za l’Aiell o aveva individuato la villa di fronte al
palo in questio ne senza nessun bisogno del dato, puramente
interno al R.O.S. e d ininf luente , relativo al soprannome del
Di Salvo.
In conclusione di tale argomento va solo evidenziato come,
sulla base di q uanto ri ferito da l teste Damiano, il Di Salvo
fosse in co ntatto proprio con quel Carlo Castronovo che
l’Aiello ha semp re indi cato come l’unico perc ettore delle m esse a posto da l ui pag ate all’organizzazione.
Passando ad altro argom ento sempre collegato alla rivelazione di notizie circa attività tecniche di inda gine nella città di
Bagheria, deve aggiungersi quanto confessa to dal Riolo a
518
proposito d i una ulteriore rivelazione concernente l’esercizio
di macell eria g estito dai fr atelli Tor natore.
Come è stato spi egato dai testi di P.G. escussi, costoro rappresentavano un r ilevante obiettivo investigativo anche in
quanto già coi nvolti in un procedimento penal e per favoreggiamento della latitanza di Pietr o Aglieri, importante capo di
“cosa nostra” arr estato nel 1996, f iglioccio di Berna rdo Provenzano e cap o della fa miglia mafiosa di Santa Ma ria di Gesù.
Prima di entrare nel merito dell’episodio va chia rito come, nel
caso in esame, non si sia p otuto accertare con certezza una
vera e propria attivi tà di istigazione da parte dell’Aiello, il
quale, pe raltro , aveva anche un interesse di tipo personale
ad acquisire la notizia.
Motivo per cu i non può affermarsi l a responsabili tà del l’Aiel lo
anche per tale condotta, pur non potendosi distinguere la
stessa d alle altre condotte contestate al punto n.3 del capo
G) della rubrica.
Tale punto specifico d ell’imputazione sub G), inver o, contie ne
in sé la contestazione di più condotte accomunate tra lor o ed
in relazio ne alle quali l ’Aiello va se nz’altro condannato, fatta
eccezione però propri o di q uella a ttualmente in esame.
Tanto premesso va detto che, fin dall’inizio dei suoi interrogatori, il Riolo riferi va d i un’attiv ità tecnica che rig uardava la
macelleria dei Torn atore, sita in C orso But era d i Bagheria, e
dei
problemi
di
trasmissione
del
segnale
causati
dall’accavallamento tra gli apparati del R.O.S. e q uelli di altre forze di polizia ch e indagavano sulla segreteria di tale
D’Amico, espon ente dell’U.D.C. di Bagheria, che era adiacente al suddetto eserci zio di macelleria.
Tuttavia, il Riolo – con ciò dimostr ando ulteriorm ente la cor rettezza d el suo i niziale atteggiamento processuale - non ha
mai las ciato spazi o all’indiv iduazione di una possibile a ttività
di istigazio ne da parte dell’ Aiello, posto che ha sempre riferi519
to di averg li ri velato tale notizia in modo spontaneo e per un
motivo ben p reciso che lo r iguardava personalme nte e dire ttamente.
Egli, invero , aveva discu sso dell’ esistenza delle due indagini
concomita nti e di dette interfer enz e tecniche con il Borzacchelli ed il maresciall o Di Carlo, i quali si trovava no già in
una posizio ne di aperto contrasto con l’Aiello (specie il Bo rzacchelli ).
Costoro avevan o detto al Riolo di a vere intenzione di sfrutt are l’esistenza delle microspie presso la segreteria politica del
D’Amico per far voluta mente registrare delle conv ersazi oni
che tirassero in ballo nega tivamente l’Aiello, al chiaro scopo
di far scattare indag ini su di lui.
Dunque, l’Aiello ha ri cevuto la notizia senza averne istigato
la rivelazione ed avendo peraltro un valido motivo di tipo
personale ad acquisir la.
L’insufficiente dimostrazione del r uolo di istigatore, a giudizio del Collegio, fa per venire alla sopra indicata conclusione
che viene specificata in motivazione non potendo essere fatta
oggetto di u na autonoma indicazione nel dispositivo, attese l e
modalità congiun te della formulazione del punto n.3 del capo
G) della rubrica.
Per quanto attiene, i nvece, a lla posizione del R iolo deve pervenirsi a concl usioni senz’ altro diverse.
Questi, invero , ha conf essato di avere r ivelat o una noti zia
che certament e è risultata autentica, come si ricava sia dalle
testimoni anze dei t esti di P. G. che dalla stess a, sia pure parziale, a mmissione d ello stesso Aiello, il quale ha confermato
il fatto storico limitando il ricordo ad una microspia e non a d
una telecamera.
Quanto all’epoca della rivelazione, se è vero che lo stesso
Riolo la coll ocava ne l maggio 2003 e, quindi, in una fase successiva allo svolg imento delle inda gini sul D’Amico (ar restato
già il 13.12.200 2), non può sostenersi che le stesse fosse ro
520
del tutt o concluse a nche in rel azione al filone dei fratelli
Tornatore, alla luce di qua nto riferito dai testi escussi.
Devono, pertanto, ritenersi sussistenti tutt i i pr esupposti legali del reato in contestazione, limitatamente alla posizione
del Riolo.
Altro importante e pisodio di rivelazione di notizie segrete
confessato dal Riolo è qu ello relativo alle indagini tecniche in
corso di esecuzione sul l’abit azione del noto p regiudicato m afioso Francesco Pastoia, uomo d’onore di spicco della f amiglia mafiosa di Belmonte Mezzagno già legato da fortissim i
rapporti di ami cizia con Be rnardo Provenza no (all’ep oca ancora lati tante).
Nel corso del suo esame dibattimentale il Riolo confermava
quanto riferito nei suoi pr ecedenti interrogatori, r ibadendo
che, nel corso d el 2003, aveva installato a Belmonte Mezzagno tre t elecamere ch e inter essavano l’abitazione di Pas toia.
L’indagin e era di tipo, per così dire, preventivo, nel senso che
il Past oia era an cora detenuto ed, i n vista della sua prossima
scarcerazione, er a stato preparato il terreno inve stigativo a
suo carico.
Nel corso dell e oper azioni di collocazione delle telecamere,
egli allo scop o di trasfer ire il segnale, aveva monta to dei ripetitori salendo su alcuni tralicci della luce.
Anche
di
questa
sua
attività
di
indagine
aveva
parl ato
all’Aiell o:
PUBBLICO MINIST ERO:
Che cosa ha detto all’ingegnere Aiello?
RIOLO GIORGIO:
Ma c’è stata un’occasione che non mi facevo vedere più spesso, non ci… non ci vedevamo non… e mi chiese: “Ma che cosa… come mai, che sta succedendo che non ti fai più v edere?”. … che ero impegnato a Belmonte Mezzagno in
un’attività che mi stava facendo impazzire e non avevo tempo
per… per passare a salutarlo.
521
PUBBLICO MINIST ERO:
Ho capito. Senta, lei fece il nome di Pastoia all’ingegnere?
RIOLO GIORGIO:
Si.
L’Aiello, dopo aver sentito il nom e del soggetto interessato
dalle indagini, aveva replicato chiedendo se si trattasse di
uno
che
“aveva
dei
camion”,
nel
sens o
che
gest isse
un’azienda di traspor to con mezzi pesanti.
Circa l’ epoca della rivel azione, lo stesso Riolo r iferiva che il
fatto si era verificato dopo l’attivazione della c.d. rete riservata e, quindi, nella seconda metà del 2003.
In effetti, osserva il Tri bunale, si tratta dell’ ultima rivelazi one in ordin e di temp o fatta d al Riolo all’Aiello, in un momento, peral tro, nel quale egli d oveva avere ben chiaro quali sospetti si erano adden sati sul suo interlocutore.
L’aspetto prettamen te soggettivo sa rà oggetto di una successiva di samina da parte del Collegio, ma, sin da questo punto
del ragionam ento, occorre segnalar e come tale condotta, essendo la più recente, costituisca un momento di discrimine
nella val utazion e complessiv a delle rivelazioni di notizie segrete poste in essere dal R iolo.
Dal canto suo Michele Aiello ha negato decisamente di aver
appreso il nomi nativo del soggetto sottoposto alle indagini
tecniche:
PUBBLICO MINIST ERO
Senta, Riolo le ha mai riferito di attività investigative nei confronti di Francesco Pastoia di Belmonte Mezzagno?
AIELLO MI CHELE:
Nella man iera p iù ass oluta, no”.
Circa l’eventuale cono scenza del Pa stoia, tutta via, l’Aiello aggiungeva: “Ma per i miei ricordi e da un punto di vista cartaceo
era un a utotra sportat ore della ditta Buttitta… della cava Buttitta c he traspo rtava gli inerti al mio impianto sino al 1986, sino a quando ci siamo… anzi ’87 perché poi ci
522
siamo comprati anche noi il… il semirimorchio per il trasporto
inerti.
In primo luogo , dun que, deve riscontrarsi una posizione di
netto ed in sanabi le contrasto tr a le dichiarazioni dei due imputati sul punt o specifi co della rivelazione del nominativ o del
Pastoia quale o bietti vo delle investigazioni.
Contrasto che, tuttavia, può esser e agevolmente risolto alla
luce della log ica e del contenuto stesso d elle dichiar azioni
rese da parte d i entrambi gli imputati.
Il Riolo , invero - che no n conosceva il Pastoia e non sapeva di
quale attività lecita si occupasse - ha riferito che im mediatamente l’Aiel lo gli aveva chiesto se il Pastoia avesse dei camion.
Si tratta di un particol are che lo stesso Aiello ha dimostrato
di conoscere, pos to che, anche nel suo esame, ha subito collegato il nominativo Pastoia a quello di un autotrasportatore
che operava presso la cava Buttitta.
Appare, pertanto, di solare evidenz a come il Riolo abbia rif erito un dato cogniti vo di cui non poteva in alcun modo disporre (p osto che non sapeva nulla del Pastoia) se non ne avesse davvero parlat o con l’Aiello che, invece per sua stessa
ammissione, quel dato ben conosceva.
Ed allora deve rit enersi più plausibile e logica la versione
fornita dal R iolo, stante l’esatta corrispondenza dello specif ico element o di con oscenz a così come appreso dall’Aiello e da
questi in volontariamente conferma to.
Ciò posto, an che in ques to caso, la notizia riferita dal Riolo
si è rivelata autenti ca e relativa ad indagini effettivame nte in
corso di svolgi mento.
I
testi
Damiano
e
Russo,
invero,
hanno
spiegato
che,
nell’ambi to di in dagini a vviate già in epoca pr ecedente, nel
marzo del 2003 era stata d ecisa a nche la collocazione di una
serie
di
apparati
tecnici
tra
523
i
quali
alcune
m icrospie
all’interno delle due abitazioni d i Belmonte Mezzagno e tre
telecamere di lunga p ortata .
Il Colonnel lo Damian o, poi, confer mava che si trattava di una
attività preventiva posta in essere soprattutto in vista della
scarcerazione del boss, avvenuta solo il 13 giugno 2004 e,
comunque, finalizzata sempr e alla cattura del Provenzano.
Fino al 13 giugno le attività tecniche non avevano fornito alcun elemen to di ri lievo ed, addiri ttura, il 14 giugno 2004,
cioè all’in domani del ritorno a casa del Pastoia, gli apparati
tecnici avevano smesso di funzionare per assenza di segnale.
L’indagin e del R.O.S., dunque, pur così anticipatamente preparata, si era ri velata un totale f allimento e non certo per
mancanza di int eresse dell’ obiettivo investigato.
Lo stesso D amiano, infatt i, aggiungeva che il Pastoia era stato sottoposto a fermo il 25 gennaio 2005, ma esclusivamente
sulla scorta degli elementi raccolti a suo carico d alla Polizia
di Stato nello stesso torno di tempo.
Appena d ue giorni dopo l’esec uzione del fermo, e pertanto il
27 gennaio 2005 , il Pastoia si toglieva la vita in carcere.
Dal complesso deg li elementi raccolti a suo carico e dalle
sentenze in atti (cfr. sen tenza di condanna della Corte di Appello di P alermo in data 13 luglio 2001 e decreto con il quale
il 25 ottobre 1999 sempre la Corte di Appello gli aveva applicato le misure di prevenzione, acquisiti al fascicolo del dibattimento) si ri cava che il Pa stoia er a un personaggio centr ale
all’interno di “cosa no stra” ed in st retto contatto con Bernardo Provenzano, del qu ale er a uomo di fiducia e collabor atore.
Ancora una volt a, dunque, sussist ono tutti i parametri normativi e legal i del reato in contesta zione, posto che la notizia
su indag ini co perte dal massimo segreto è risulta ta de l tutto
vera ed è stata rivelata nella sua interezza mentre queste erano an cora in pieno svolgimento con un notevole rischio di
potenzial e compromissione dei loro esiti.
524
Emerge, inoltre, anche in questo caso, quella tipica attività
di istigazio ne che l’Aiello, costantemente nel tempo, ha dimostrato d i sap er porre in essere al fine di ottenere le rivelazioni del Riolo.
Per il resto, le o sservazioni della difesa attengono ad un momento successivo a quello della commissione e del perf ezionamento del reato di cui all’art. 326 c.p., atteso che si fondano sulla d imostra zione dell’imp ossibilit à della successiva
ed ininfluente ulteri ore rivelazio ne dall’Aiel lo al Pastoia.
Come più volte ribadito, non occorre che sia dimostrata
l’esisten za di un effetti vo pregiudizio per le ind agini in corso
oggetto di rivela zione, essendo suff iciente accer tare la possibilità di un da nno po tenziale per le stesse.
Nel caso di specie, appare chiar o come una notiz ia di tal fatta potes se determin are il sostanziale fallimento delle indagini
a carico del Past oia, cose che, poi, di fatto si è verificata senza che ciò debba nece ssaria mente f arsi rica dere sull’Aiello.
Certo anche su questo episodio rimangono forti sospetti che
ciò possa esse re accad uto ma non è emersa una prova certa
ed univoca.
Pertanto le obi ezioni difensive la sciano inalterato il quadr o
delle emergenze in merito al reato così come contes tato.
Dopo aver passato in rassegna le condotte di r ivelazione di
notizie segret e che han no trovato p untuale confer ma dibattimentale e che, di conseguenza, hanno determinato la condanna di entrambi g li imputati coinvolti, può senz’ altro pa ssarsi ad esami nare alcu ni altri episodi che, vicevers a, non
sono risu ltati sufficientemente dimostrati.
In primo luo go, vi è da segnala re una confessione-chia mata
in corre ità del Riolo che, diversamente dalle altre, non ha
trovato riscontro nel le alt re emergenze processuali.
Si tratta dell ’episo dio riguardante l’acquisizione, da parte
dello stesso Riolo, di un floppy-disk contenent e la trascr izione dei “pizzini” che Bernar do Provenzano aveva scritto ed in525
viato ad Antoni no Giuf frè e che, grazie a questi, erano stati
rinvenuti e sequestrati.
Cioè della trasposizione in formato informatico dei suddetti
documenti che la Sezio ne Anticrimine stava, in quel frangente, sottoponend o ad una ap profond ita attività di analisi e di
riscontro.
Secondo il Riolo tale floppy-disk
gli sarebbe stato consegna -
to dal C apitan o Sozzo, per fargli esaminare il file in questione.
Il Riolo, tuttavia, in base a quanto riferito in dibattimento,
non avrebb e mai aperto il documento e, di conseguenza, non
ne avrebb e mai appreso il contenuto.
Ciò aveva comportato una contestazione delle precedenti dichiarazioni da par te d el P. M.: “… Siamo a pagina 7 della trascrizione, parlando proprio di questo floppy disk, lei dice, la
domanda era… è questa, se aveva letto, aperto, eccetera. E lei
dice: “Sul computer a casa mi sa che una volta l’ho acce… l’ho
passato, perché c ercavo un floppy vuoto, tanto è vero che gli
chiesi ai miei ragazzi di cancellarmi. Sicuramente avete trovato
un sacco di floppy con delle intestazioni, però non c’era niente,
perché me li feci cancellare, perché mi servivano i floppy vuoti”.
In conc lusion e, du nque, l’imputato sosteneva d i avere anche
potuto aprire il floppy-disk ma non per le ggerne il contenuto
ma perché ne cercava uno vuoto su cui lavorare.
Già tutto questo appare al Collegio davvero incomprensibile
ed illogico, posto che si trattava del materiale docum entale di
maggiore in teresse investigativo in quel momento , cosa che
rende inverosimile un simile disinteresse da parte del Riolo.
Ma il R iolo a ggiung eva di avere anche parlato con l’Aiello di
detto f loppy –disk
e di avergli offer to la possibilità di leggere
il contenuto della corri spondenza tra il Provenzano ed il
Giuffrè m a che questi aveva rifiutato l’offerta: “Era preoccupato dico: “Guardi di non preoccuparsi” perché io ero in pos526
sesso di… tutte le dichiarazioni, io … senza sapere che cosa
c’era, di tutte le dichiarazioni di Giuffrè … di cui del l’ingegnere
Aiello non se ne parla assolutamente, “quindi di che cosa ti
preoccupi, stai calmo – dice… io gli faccio – se vuoi te lo
posso
anche
far e
leggere
il
floppy,
il
contenuto
del
floppy.”
In modo ancora più inver osimile, però, l’Aiello si sarebbe rifiutato di leggere il fi le in questione: “No, non l’ha aper…
perché mi… anche… anzi mi rispose addirittura dice se… aveva fiducia in me di non… “Una volta che… che l’hai letto tu
che… che importanza h a”.
Dunque, M ichele Aiello che da mesi stava cercando, disperatamente ed attra verso il ricor so a varie metodologie illegali,
notizie circa l’esatto contenuto delle dichiarazioni del Giuffrè
e che aveva di conseguenza un enorme interesse a legger e il
contenuto dei “piz zini” scambiati tra Provenzano e Giuf frè, si
sarebbe, invece, rifiu tato di farlo mostrando un ap atico disinteresse.
Si tratta di un a rico struzione del tutto priva di coerenz a e di
logicità che n on riscontra in alcun modo la confessione del
Riolo ma che, a nzi, l a indeb olisce significati vamente.
Ma, a ben vedere, la con fessione e l a chiamata in correità del
Riolo su biscono un’u lteriore duplice smentita proveniente dal
Capitano Sozzo e, per quel che vale, dallo stesso Michele
Aiello.
Quest’ultimo, invero, negava secc amente che il Riolo gli avesse mai offer to di visionare un simile floppy-disk contenente le trascrizioni letterali delle missive oggetto della corrispondenza Prove nzano-Giuffrè.
Si tratta di una smentita che, se isolata, a vrebbe, ovviamente, ben poco valore in considerazi one dello scarsissimo livell o
di attendibilità che può riconoscersi all’Aiello, il quale ha costantemen te men tito a l Tribunale.
527
Ma se connessa alla qua lifica ta smentita pervenuta dal Capitano Giovanni Sozzo fini sce per assumere un, sia pure, residuo valore signi ficati vo, se non altro come mero element o di
riscontro.
In buona sostan za, invero, il Capitano Sozzo ha negato di avere mai consegnato a Riolo alcun floppy -disk contenente il
suddetto materi ale do cumentale.
Pur non negando, e sinanco lasciando trasparire, il proprio
imbarazzo di comandan te di un reparto nel quale si annidava
un traditore che non er a stato individuato, il Sozzo ricostruiva l’and amento delle indagini su detti doc umenti e precisava
di non avervi mai coi nvolto il Riolo.
Addirittu ra, nel corso di un visita t ardo pomeridiana d el Ri olo nella sua stanza, ricorda va anche di avere “ri dotto ad icona” il file contenente detti doc umenti proprio perché li riteneva segretissimi e no n voleva condividerne la visione col
sottufficiale.
In considerazione d ell’elevato gra do di attendibilità che va
senz’altro riconosciuto al Cap itano Giovanni Sozzo, la piena
smentita dell a tesi sostenuta da Riolo
induce a ritenere non
adeguatamente riscontra te la conf essione e la chiamata di
correo dell’imp utato.
Quanto, poi, al fat to che il Riolo avrebbe potuto teoricamente
entrare in possesso altriment i del floppy-disk in questione
non pare opport uno im morare oltre.
Intanto, per ché non è questa la versione dei fatti confessa ta
dal Riolo ed oggetto della p resente attività di verifica e di riscontro attraverso le complessive emergenze processuali.
Ed inoltre, poiché si tratta di una possibilità teorica frut to di
una supposizione probabilistica che non tr ova a lcun riscontro concr eto ed individualizzante.
Rimangono agli atti l e dichiarazioni del Sozzo, del Damiano,
del De Venuto e degli altri colleghi del Riolo che, in modo sì
convergente ma generico, ric onoscono la possibilità che qu e528
sti potesse entrare teo ricamente in possesso di quel mater iale.
Non, dunque, la pro va autonoma d i un fatto specifico e ben
determinato e nemmen o il riscontro alle dichiar azioni confessorie del Riolo che h anno un contenuto tutt’affatto diverso.
Ne conseg ue ch e la confessione r esa dal Riolo sullo sp ecifico
punto è sta ta smentita dalle attendibili e contrarie aff ermazioni del Capitano Sozzo.
Di consegu enza, anche la sua chiamata in correità nei confronti di Michele Aiello ( punto n.12 del capo G della rubrica)
va ritenuta non sufficientemente riscontrata, tanto da deter minare l’assolu zione dell’imputato in relazione a tale condotta.
Tra gli ulteriori episodi non riscontrati a sufficienza va
senz’altro inser ito anch e quello concernente la collocazione
di microspie nel l’abitazione di Giuseppe Guttadauro, ubica ta
in questa via D e Cosm i (di cui lungamente ci si occupa a
proposito dei reati contestati anche al Cuffa ro).
Il fatto è oramai ampia mente noto e riguarda l’installazione
da parte del Riolo , tra l’estate 199 9 e l’estate 2000, di diverse microspi e all’interno dell’appar tamento del Guttadaur o ed
il ritrovamento di un a di esse in data 15 giugno 2001.
La prima circo stanza ch e va segnalata riguarda la collocazione tempora le di tal e rivel azione che, a sentire tutti i pr otagonisti della vicenda, ha avuto luogo nel mese di ottobr e del
2003.
Ben due anni d opo, q uindi, rispe tto al ritrovamento della microspia ed all a interr uzione di q uelle indagini a carico del
Guttadaur o.
A differenz a degli al tri episodi fin q ui esaminati, dunque, nel
caso in esame la rivela zione ha a vuto luogo ben oltre il limite
della possibile incidenza sulle inda gini che, a quel momento,
erano del tutto esaur ite e non inq uinabili più di quanto già
non lo fo ssero state ad opera di a ltr i.
529
Da ciò discend e inevitabilmente la non p unibilità di detta
condotta di rivela zione, stante la mancanza del presupposto
legale della possibilità d i deter minare un concreto vulnus ad
indagini ancora in co rso.
Non solo, i nfatti , la not izia, all’atto della rivelazione, era già
ampiament e nota da ol tre due anni ma l’indagine aveva già
subito un insanabile pregiudizio a causa di coloro i quali
(Riolo, Borzacch elli, C uffaro, Miceli, Aragona e lo ste sso Guttadauro) avevano co ntribuito alla rivelazione della notizia
medesima prima del 15 giugno 2001.
Se, dunque, tali consideraz ioni sgombrano il ter reno da ogni
plausibile dubbio circa la penale responsabilità dei due odierni imput ati, allo stesso modo, per coerenza di ragionamento, devono portare ad una ulter iore conclusione.
La rivelazi one all’ Aiello non può costituir e, neppure in via
meramente teori ca, un a ipotesi di fuga di notizie alternativa
a quella univocamente ricostruita nell’apposita parte della
motivazio ne.
Si tratta, semmai, di uno sfogo del Riolo avvenuto in un momento nel qual e la f uga di notizie a veva già ampiamente concluso il suo percorso plur isoggettivo, la microspia era stata
rinvenuta e l’indagine er a stata pregiudicata da oltre due anni.
Sfogo prin cipalm ente determina to dal risentimento nei confronti del Borzacchelli, reo, secondo il Riolo, di aver rivelato
la notizia al Cuffa ro e, quindi, di avere determ inato la sua
circolazi one, attraverso il Miceli e l’Aragona, fino allo stess o
Guttadaur o.
Semmai proprio questo potrebbe rit enersi l’oggetto della notizia nuova rivelata all’Aiello: non tanto l’esistenza delle microspie in casa Guttadauro quanto il percorso della fuga di
notizie che aveva por tato alla f ine il Guttadaur o a venire a
conoscenz a del fatto segreto.
530
Ed invero, per quanto segr eta anc he detta notizia stava oramai per diveni re pu bblica e, comunque, non era connes sa ad
un’attivi tà d’ufficio del Riolo ma alla confessione di una sua
personale respo nsabilità per fatti pregressi.
Ad ogni modo, in considerazione delle superiori osser vazioni,
dell’epoca e del con tenuto stesso della rivelazione non può
che pervenirsi all’assol uzione di entrambi gli imputat i dai reati loro rispet tivamente ascritti in r elazione a tale condotta.
Alle stesse concl usioni deve, poi, pervenirsi anche in relazione alle condotte connesse alla rivelazione di notizie concernenti i colloqui del Guttadauro presso il ca rcere di Ascoli Piceno e le intercettazioni ambienta li presso il C.D.T. di Pisa.
In entrambi i casi si tratta di inizia li confessioni rese sempre
dal Riolo che, evidentemente, non devono aver trova to riscontri individualizzanti , atteso che lo stesso P. M. ha di fat to rinunciato
a
provare
l’esistenza
dei
fatti
ed
ha
chiesto
l’assoluzione di ent rambi gli im putati in relazione a tali condotte.
Residua, poi, solo un ultimo episod io di rivelazione che attiene alla collocaz ione di una microspia a bordo dell’autovettur a
di Domeni co Miceli.
Anche in quest o caso il dato di p artenza è cost ituito dalla
confessione resa dal Riolo, il quale ammetteva di avere, dapprima nel corso di alcuni incontri avuti con il dottore Giuseppe R allo e poi con lo stesso Domenico Miceli, rivelato
l’esisten za
di
indagini
a
car ico
di
quest’ultimo
e
l’install azione di un a microspia nella sua autovettura.
Dopo tali rivelazioni, che avevano avuto luogo tra maggio e
luglio-ag osto 2002, egli ne aveva parlato anche con l’Aiello
confermando lo stesso dato fattuale.
Si tratta, tuttavi a, di una riv elazione collocabile in un momento te mporale nel quale l’indagine si era gi à conclusa con
l’arresto del Miceli e, di conseguenza, era divenuta di pubblico domini o.
531
Pertanto, pur trattandosi di una notizia autentica, la stessa
non può ritenersi idonea a determinare, a nche solo in via potenziale, un intralcio ad indagini ancora in corso di ese cuzione.
Sulla scorta d elle so pra richiama te consider azioni in diritto,
dunque, gli imputati vanno assolti anche da tale specifica
condotta, loro in con corso contesta ta al capo G) punto n. 7.
Per completezza di analisi in tema di rivela zione d i notizie
segrete, va detto che al punto n. 1 1 del capo G) il P.M. ha richiamato una con dotta, già contest ata anche agli stessi Aiello e Riolo al p receden te capo E), c he attiene, per l’appunto,
alla cont estazi one del reato di cui all’art. 326 c.p. in relazione alle notizie concernenti le “indagini condotte dal N.A.S. dei
Carabinieri ed aventi ad oggetto le attività delle società di
AIELLO Michele nel s ettore della sanità”.
Alla stessa streg ua, anche l’episodio riportato al punto n. 13
del med esimo capo G) – “indagini condotte dal R.O.N.O. del
Comando Provinciale dei Carabinieri di Palermo sul conto di
Michele Aiello…” – rientra tra quelli già oggetto di speci fica
contestazione sempre al precedente capo E) dell’epigraf e.
Di tali ripetizioni deve solamente darsi atto, posto che la valutazione critica dell e suddette condotte va affrontata nella
parte della motivazi one che attiene alle fughe di notizie riguardanti l’Aiello e le sue aziende.
E ciò anche per esi genze di ordine sistematico, posto che, fino a questo moment o, ci si è occupati di rivelazioni fatte da l
Riolo all’ Aiello m a su fatti, persone e condotte del tutto avulse da lui e dal le sue attività imp renditoriali.
Orbene, esaurito l’aspetto connesso alle sistematiche rivela zioni di notizie dal Riolo all’Aiello, può passarsi a tracciare
un bilancio riassuntivo d i quanto si è detto sinora a proposito delle risp ettive moda lità di partecipazione all’associazione
mafiosa, reato che a tal i due imputati è stato contestato sia
pure in g uise diverse.
532
Per quanto attiene la posizione di Michele Aiello già si è in
buona
parte
ri costru ito
il
perimetro
giurisprudenziale
all’interno del quale va valutata la sua posizione di imprenditore legato all’org anizza zione “cosa nostra” da uno stabile
“patto di protezi one” avente natura sinallagmatica e car atteristiche di reciproco vantaggio per i contraenti.
Dopo avere esa minato i diversi livelli di compenetrazione di
un imprenditore rispetto a “cosa nostra” ed ave re distinto tra
imprenditori vittime, imp renditori s trumentali ed imprenditori collusi si è ricostr uito il tipo di patto che ha legato l’ Aiello
a tale sodalizi o.
Si è v isto come tale patto sia stato particola rmente qualificato a m otivo anche dei ruoli ricop erti dai contraenti nei rispettivi ambi ti operativi .
Esso, inoltre, è ris ultato munito di una serie di caratter i intrinseci ch e lo fanno r itenere certa mente idoneo ad integrare
l’ipotesi delittuosa in contestazione.
Si fa riferimen to ovviamente alla sua stabilità e durata , alla
diffusione ed alla particola re pregnanza e spec ificità delle
prestazio ni fornite ed all’intreccio dei rispettivi obiettivi che
ciascuno dei co ntraen ti si è prefissato.
Del resto, l ’esame del complesso d elle emergenze processuali
ha reso chiaro come l’Aiel lo abbia avuto la volontà di stabilire relazioni con tutti i suoi interlocutori, creando attorno a
lui una rete fatta di funzionari pubblici (Iannì, Giambruno,
Prestigiacomo, La Barbera, Calaciura e Venezia) e di ap partenenti alle forz e di poli zia giudiziaria (Ciuro e R iolo) sistematicamente cor rotti con donativi, favori ed assunzioni.
Ovvero ancora di espon enti istituzionali, amministratori di
U.S.L. (come nel caso del Manenti al quale lo stesso Aiello ha
ammesso di avere dato una somm a di denaro in vista del p reaccreditamento) ed uomi ni politici come lo stesso Salvatore
Cuffaro che, com e si vede nell’apposito capitolo de lla sentenza, ha di mostrato in concreto un interessam ento p er il buon
533
esito delle in traprese dell’ Aiello che è andato molto a l di là
dell’ammissibil e e fi nanco del lecito.
Dunque, una delle cara tteristiche del modus operandi proprio
dell’Aiel lo era costitu ita dal creare forti lega mi nelle relazioni
interpersonali con tutt i quei soggetti che, a qualunque titolo,
potevano i nfluire sullo sviluppo d ella sua attività imprenditoriale.
Legami da cementare con operazioni di varia corrut tela che,
talora, magari posson o anche apparire di poco rilievo ma che
certament e son o state sist ematic he e multi direzionali tanto
da creare davvero un centro di potere di ind ubbio riliev o.
Nell’ambi to di tale f orte esigenz a d i creazione di legami soggettivi in grad o di facilitare il proprio operato e lo sviluppo
delle sue aziende, l’Aiello, evidentemente, ha ritenuto utile
stipulare un ulteriore ac cordo proprio con quello che d i sicuro costituisce il primo ostacolo per un imprenditore siciliano:
l’organizzazion e mafi osa “cosa nostra”.
In tal senso egli ha per primo manif estato la propria p ersona le dispo nibilità ed ha a ssunto l’iniziativa del contatto attr averso la dazione spon tanea della somma una tantum di 100
milioni d i lire, di cu i a lu ngo si è discettato.
E, pur ovviamente sen za eclatanti formalismi ma in modo subliminale e riservato, ha acconse ntito a farsi “gestire” da l
Provenzano e dai principali esponenti della famiglia mafiosa
di Bagheria, stipu lando un patto di protezione adattato in
modo specifico alle proprie esigenze e peculiarità.
Senza, per questo, divenire necessariamente un mer o prestanome di costoro o un riciclat ore di denaro di illecita provenienza ma man tenendo un certo livello di autonomia anche a
causa della sua peculiar e rilevanza per il sodalizio sia in
termini econ omici che di fonte di apprensione di notizie riservate.
Di talchè, l’essenza intrinseca del patto riposa anche nella
convergenza
delle
reciproche
534
esigenze
e
nell’a ccettazione
biunivoca di una relazione tra due contraenti accomunati
dalla volont à di ottimizzare il raggiungimento dei rispettivi
obiettivi grazi e al r ilevan te apporto dell’altro.
Ed allora d avvero si comprende e si apprezza la singola rità e
la rilevanza di det to patto bilaterale e sinallagmatico che non
può consi derarsi un f atto consueto e frequente.
Del resto, come si è anticipato tr a le premesse genera li di
questa sentenza, una delle caratteristiche peculiari di “cosa
nostra”, che l ’ha r esa d iversa da tutte le altre organizzazioni
di tipo mafi oso, è senza dubbio la camaleont ica capa cità di
insinuars i, pro prio attraver so rapporti come quello in esame,
nel set tore econom ico-produttivo ed in quello della pol itica e
della pub blica amministrazione.
Attraverso, cioè, patti di protezione come quello stipula to con
Michele A iello con moda lità tanto sottili q uanto r iserva te ed
apparentemente invisi bili.
La valutazion e del la r eciproca rilevanza d el patto per i soggetti cont raenti, tuttavia, va estesa anche al contenuto specifico delle contro-prestazioni che queste, in mod o sinallagmatico, si sono assicurate a vicend a nel corso del tempo.
Si potrebbe d i certo discettare a lungo circa la vantaggiosità
per un imprenditor e di venire a pa tti con chi fornisce p rotezione da mali che esso stesso mina ccia di procurare o di fatto
procura.
Questa, si sa , è un’altra delle caratteristiche di “cosa nostra”
che, tuttavia, è divenuta da decenni così endemica nel tes suto sociale e radicata nelle coscienze degli operator i economici
da non destare quasi più alcuna sorpresa.
Di certo è proprio “cosa nostra” a creare quei pericoli e q uelle
minacce a front e dell e quali essa stessa off re protezione agli
imprendit ori.
Di talch è ogn i impr enditore è tenut o a pagare una entità che,
al tempo stesso, è aguzzino e salvatore, problema e soluzione.
535
Ma non essendo questa la sede per analisi di tipo sociologico,
occorre limitarsi ad una disamina quanto più possibile asettica ed obiettiva della realt à del mondo dell’impresa in Sicilia
nel corso degli ultimi decenni e prendere a tto che la situazione dianzi descritta , per q uanto paradossale, ra ppresenta
la “normalità” con la quale deve confrontarsi ogni imprenditore operante i n questa regione.
La necessaria co nseguenza è che st ipulare un patto di protezione con “cosa no stra”, anche meno articolato e complesso
di quel lo in esam e, no n è affatto illogico ma anzi del tutto
coerente con la fisio logia della vita economica siciliana, pur
trattandosi di un fat to penalmente rilevante e m oralmente
deprecabi le che, per fo rtuna, in tempi recenti viene sempre
più compr eso co me tal e dagli imprenditori.
In
un
siffatto
contesto,
risult a
più
chiaro
il
motivo
dell’enor me conven ienza per Michele Aiello di stipulare un
patto di protezione d irettamente con il Provenzano.
Non si tratt a solo di ottenere protezione da possibili ritorsi oni, minacce, estorsion i o danneggiamenti ma, soprattutto, di
poter contare sul sostegno dell’or ganizzazione mafios a per
pianificare e r endere più rapido ed agevole lo sviluppo delle
proprie a ttivit à impr enditoriali.
Come si è detto, il patto stipulat o, ad esempio, prevedeva il
pagamento di una somma fissa, par i a set te milioni delle vecchie lire, a tito lo di messa a posto per ciascuna strada int erpoderale, ovunque ed in qua lunque tempo realizza ta.
Orbene, appare evidente il dato obiettivo dell’economicità
della somma richiesta e, soprat tutto, della sua immutabilità
nel corso di ben più di u n decennio, fattori che di certo costituiscono un van taggio di tipo economico, am piamente dimostrato dai marg ini di utile che l’Aiello ha potuto trarre dalla
realizzaz ione dell e stradelle interpoderali e che hanno rappresentato un a del le cause del rapido sviluppo finanziar io
delle sue azien de.
536
Allo stesso modo , poter contare su un sistema di “messa a
posto” person alizza to e coordinato dal Provenza no in persona
è un fa tto ch e, nell’otti ca tipica d ell’imprenditore, costituisce
un vantaggio in commen surabile in termini e conomici.
Ancora più di favore appare il tr attamento per le att ività sanitarie, in relazi one all e quali lo stesso Aiello ha ammesso di
avere pa gato una somm a pari a 25.000,00 euro a titolo di
messa a p osto annuale.
Non è chi n on veda, alla luce dei dati forniti dall’esperienza
giudiziar ia in materi a e delle dic hiarazioni rese in diba ttimento dai col laboratori di giustizia, come l’entità economi ca
di dett a somma di denaro sia quantomeno risibile in relazione al valor e intrinseco dell’attività economica svolta e degli
enormi fa tturati real izzati dalle due struttur e sanitarie.
Come si vedrà meglio nella pa rte relativa ai reati in mate ria
sanitaria, la Villa San ta Teresa s.r.l. e la A.T.M. s.r. l., esattamente nel periodo al q uale si rif erisce l’ Aiello, fattur avano
rispettivamente:
-
ne ll’ann o 20 02 la Vil la Santa Teresa risulta aver fatturato
32 milioni d i euro e l’A.T.M. 24 milioni di euro, pe r un totale
delle due strutture pari a 56 milioni di euro.
- nell’ann o 2003 i fatturati amm ontano risp ettivamente ad
euro 38 milioni per la V.S.T. e ad euro 12 milioni per
l’A.T.M., per un compless ivo dato pari ad euro 50 m ilioni di
euro.
Lo stesso Aiello in un passaggio del suo lungo esa me, poi,
confermava che l’importanza economica ed il livello di sviluppo dell e sue st ruttur e erano a tutti note e ben apprezzabili anche visivament e, atteso che “ non si riusciva nemmeno a
trovare un parcheggio” vicino alle stesse e che “venivano visitati 500 pazienti al giorno”.
Ma perché dunque Miche le Aiello, il primo o comunque tra i
primi con tribuenti dell’intera Sicilia per diversi anni, già esecutore di centi naia di stra de inter poderali in diverse provin537
ce, con un numero eno rme d i dipendenti a car ico, titolare di
due imprese operan ti nel ricco settore della sanità privata e
che notor iamente lavor avano a pieno regime realizzando circa
50 milioni di eur o l’anno di fa ttura to, avrebbe dovuto versare
a titolo di messa a posto una cifr a corrispondente a quella
pagata da un pi ccolo supermercato di provincia?
Appare chiara ed eviden te la sperequazione del suddetto da to
economico specie in raffronto a qua nto emer ge dalle risultanze dei più recenti process i per maf ia ed estor sioni svoltisi in
questo Trib unale (alcune delle cui sentenze sono state prodotte in atti d al P.M.) e da l patrimonio di comune conoscenza.
Come risul ta da tal e complesso di conoscenze, una somma
annuale pari a 25.000,00 eur o vie ne usualmente versata d ai
titolari di piccole officine a rtigiane, da super mercati di modesta entità e col locazi one ovver o anche da bar o altri esercizi commer ciali bene a vviati e posizionati.
Ma se il riferimento al comune pat rimonio di conoscenze derivante dall’ esperienza giudiziaria dovesse ritenersi insufficiente o presuntivo , ci si può ra ppo rtare ai dati ricavab ili dal
c.d. libro mastro dell a famiglia di Bagheria sequestrato a
Giuseppe Di Fiore e d i cui si è già a mpiamente detto.
Ed in questo caso si tratta, ovviamente, di rifer imenti assolutamente certi, avente un pieno va lore probante, attuali rispetto al l’elem ento in verif ica e provenienti proprio dalla
stessa famigli a di Bagher ia alla quale l’Aiello versava la suddetta somma di denaro, tant o da r appresentare un elemento
di paragone diffici lmente eguagliabile per contestua lità e
connessione.
Orbene, dalla disamina degli impor ti indicati nel suddetto libro mastro e d alle indicazioni fornite a tale prop osito da i testi
di
P.G.,
può
evincer si
facil mente
che
diverse
realtà
d’impresa assai più piccole di quelle dell’Aiello (addirittura
una impresa di pompe funebri di Bagheria, indicata nel do538
cumento come “becchino”) versavano mensilmente somme pari a circa 1.50 0,00 euro, pari a 18. 000,00 euro annui.
Che l’impresa IFOR versava mensilmente una somma solitamente pari a 2.500,00 euro (ma con singoli pagamenti mens ili talora an che di 5.000,00 euro) pari ad un importo complessivo addirittura ben superiore a quello paga to dall’Aiel lo.
Ovvero che un’altra attività di modesta entità, nella specie
un campett o sportivo, versava ben 5.000,00 euro per Natale
ed altrettanto per Pasqua per un totale di 10.000 ,00 euro
annui.
Come appare del tutto evidente, si tratta di parametri economici che, pur essendo coevi e rif eriti al mede simo contesto
gestional e e territ oriale, risultano sproporzionati per eccesso
rispetto alla modesta cifra versat a dall’Aiello.
Se, poi, addirittura, dovesse applicarsi per relationem il riferimento pe rcentu ale del le c.d. messe a posto, unanimemente
rivelato d ai coll aboratori di giustizia per i la vori edili, tra il
2% ed il 3% del v alore dell’opera, si perver rebbe a ben a ltri
riferimen ti valoriali.
Ed
invero,
pren dendo
a
base
il
fatturato
annuo,
pari
all’incir ca a 50 milion i di eur o per le sole attività sanitarie,
ed applicando l a percentuale del 3%, si otterrebbe una somma annu a par i a 1.500. 000,00 euro, di gran lunga sproporzionata ai 25.000,00 euro di fatto pagati.
Ed a concl usioni del tu tto analoghe si perver rebbe prendendo
come valore di riferim ento quello del patrimonio aziendale
dell’Aiel lo.
Di certo non sfugge al Trib unale che si tratta di una percentuale che sol itamen te viene a pplicata per appalti pubblici o
lavori edil i di una certa entità e non per determinare la messa a posto di aziende che erogano servizi.
Tuttavia, il livell o di sproporzione rispetto a quanto versato
(per sua stessa ammissione) dall’imputato è tale da far co mprendere in mod o esau stivo l’opportunità del riferimento.
539
L’Aiello, pertanto , subiva di cer to un trattamento economico
di favore dall’organizzazione mafiosa “cosa nostra”, che, come
si sa, non è universalm ente nota proprio per la sua filantropia.
Ma, come si è d etto, l ’utilità dell’Aiello, in un’ottica prettamente imprenditoriale e mana geriale, era anche e soprattut to
quella di poter pr ogrammare le pr oprie attività sa pendo c he
non si sarebbe verif icato
alcun intoppo con “cosa nostra”,
fatti sal vi i f isiologici incident i di percorso.
Le modalità fisse ed immutabili del sistema st udiato dal Provenzano proprio per l’Aiello e dal primo gestite in prima persona, in fatti, eran o garanzia assoluta di continuità gestionale
e di velocizzaz ione d ei tem pi di lavorazione.
Di talchè l ’imputato ben poteva pr ocedere con più iniziative
contemporaneamente ed in modo spedito, facend o aff idamento sulle positive con seguenze del pa tto in esame.
Un altro aspetto di eccezionale rilievo che mette conto di ev idenziare, a gi udizio del Collegio, è quello r elativo alla dura ta
nel tempo d elle modalità contrattuali pattuite col Pr ovenza no.
Ed
invero,
anche
solo
r imanendo
a
quanto
ammesso
dall’Aiel lo, questi tra i l 1987 ed il 2003 aveva potuto contare
su modalità operative fi sse per l’intero territorio siciliano e
su costi prestabiliti ed immutati nonostante gli anni tr ascorsi, senza alcun bisogno di negozi ar e, volta per volta e provincia per provincia, i singoli lavori da eseguire e le richieste
accessori e.
Anche queste, infatti, rientrano negli indubbi vantaggi che
l’Aiello ha tratto dal patto stipulato con il sodaliz io, posto
che, a differ enza di quanto accade abitualmente per tutti gli
altri imprenditori, qu esti non doveva, di volta in volta, subire
ulteriori pretese da parte delle varie famiglie mafiose locali.
Si è già d etto, infatti, che queste ultime solevano avanzare
richieste di vario genere agli imprenditori che si recavano nel
540
loro te rritor io p er eseguire del lavori, quali, ad esem pio,
l’assunzi one di alcu ni lavor atori precari, l’affidamento di
sub-appal ti, forniture di calcestruzzo ed inerti, il noleggio a
freddo o a caldo di mezzi meccanici a ditte di pertinenza di
esponenti mafio si locali.
Appare, dunque, chiar o di quale enorme risp armio di tempo e
di denaro l’ Aiello abbi a potuto b eneficiare avendo stipulato
l’accordo di cui si è detto .
Ulteriori vanta ggi, po i, l’imputato li ha tratti dal fatto stesso
di veni rsi a trovare in una simile posizione rispetto ai vertici
di ”cosa nostra”, come si è visto a proposito di quanto rifer ito
dal Giuffrè in tema d i risoluzione di possibi li contr asti locali
per la g estion e dei lavor i delle stra de interpoderali e di pref erenza
da
accorda re
alle
sue
imprese
in
ambienti
vicini
all’organ izzazione.
Sotto tali ul timi pro fili vale la pena di richiama re l’episodio
descritto dal Giuffrè a proposito dei contra sti per le strade
interpoderali in t erritorio di Ca ccamo e quanto c oncordemente riferito dal Br usca e dal La Barb era circa la strada in territorio d i Altofonte.
A fronte di tutti quest i vantaggi l’imputato ha fornito altrettante co ntro-p restaz ioni a “cosa no stra”, la quale ha custo dito con cura l’Aiello, financo ev itando di metterlo in imbarazzo
con alcu ne ri chiest e di assunzione di par enti diretti di esponenti mafiosi (cfr. Nic olò Eucaliptus), ed ha protetto costantemente l o svil uppo d elle sue iniziative economiche, nella
piena
consapevolezza
dell’import anza
di
potersi
giovare
dell’apporto di un ta le imprenditore.
Sotto tale pr ofilo, pertanto, può concludersi che il Provenzano, il Giuffrè ed i vertici della famiglia mafiosa di Bagheria
“volevan o” che l’ Aiello facesse par te del loro sodaliz io e ne
proteggevano e raffo rzavano in ogni modo l’attività, essendo
ben consci della sua importanza strategica per la loro organizzazion e.
541
L’apporto dell’imputato , come si è detto, si è est rinsecato secondo almeno tre di rettrici fondamentali pe r il soda lizio: la
disponibi lità all e assun zioni di personale, il costante finanziamento eco nomico e, soprattutto, il reperimento di notizie
segrete sulle princi pali attività di indagine svolte dal R.O.S. a
carico del Provenzan o, de l Messina Denaro, dell’Eucaliptus,
del Pastoia e d i vari esponenti mafiosi.
Ed è chiaro che tale ruolo inf orma tivo, attesa la sua delicatezza, poteva essere affidato solo a soggetti di particolare f iducia.
Dall’esam e deg li atti pro cessuali deve concludersi che l’Aiello
abbia, con co stanza e continuità, assicurato il reper imento,
attraverso il Riolo, di numerose notizie segrete concernenti le
più rilevanti indagin i in corso da parte delle strutture di eccellenza nelle investigazioni antimafia.
E che, almeno in un caso, è rimasto provato al di là di ogni
ragionevole dubbio che tale a ttività incessante di ricerca di
notizie segret e non fosse fine a se stessa ma, viceversa, univocamente finalizza ta alla successiva comunic azione delle
notizie apprese ai membri del soda lizio mafioso.
Tale speci fica co ntro-p restazione aveva un ec cezionale valore
per “cosa nostra” posto che, nel corso dell’istruzione dibattimentale,
è
r imasto
a mpiame nte
documentato
come
l’acquisi zione di in formazioni riser vate sulle inda gini in cors o
(e su quelle di tipo tecn ico in particolare) fosse un settore di
particolare interesse per l’organiz zazione mafiosa e per il
Provenzano in p ersona.
Addirittu ra proprio nel caso di quest’ultimo sono emerse prove sia dichiara tive (Giu ffrè) che s oprattutto documentali (i
c.d. pizzini) che dimostrano come le attività di asc olto, videoripresa, osservazi one ed inter cetta zione fossero una vera e
propria o ssessione.
Del resto , non può far si a meno di evidenziare quello che è
un dato obietti vo oramai inequivocabile e confermato sia da
542
questa che dalle al tre indagini a vario titolo ricostruite nel
corso del l’istr uzione dibattimentale.
Uno dei prin cipali stru menti investigativi che ha consent ito
di trarre in arresto i capi latitanti di “cosa nostra” nonché di
accertarn e
le
dinam iche
interne,
ricostruirne
gli
organi-
grammi attuali ed, i n una parola, di contras tare il fe nomeno
mafioso è senza dubbio costituito proprio da lle intercettazioni ambien tali, telefoniche e dalla video-sorveglianz a.
In un siffatto contesto generale, disporre di un valido, affida bile e continuo can ale infor mativo interno al R.O.S. ha costituito un elemento d i forza contrattuale di straordinaria ril evanza c he ha reso pressocchè unico l’apporto di Michele Aiello.
Le indag ini di questo processo non consentono di aff ermare
con certezza che Bernardo Provenzano non è stato tratto in
arresto per decen ni, pur continuando a vivere ed operare a
pochi chil ometri da Pal ermo, grazie all’ausilio ed a l contributo di Michele A iello.
Ma certamen te consen tono di acc ertare che il Provenzano ha
potuto conseg uire questo incredibile risultato solo a motiv o
delle p rotezioni di cu i ha goduto e dei piccoli o gr andi informatori che gl i hanno rivelato notiz ie riservate sulle indagini
in corso.
Ed anco ra, consen tono di a ccertar e che l’Aiello, tra il 1999
ed il 2003, ha certamen te raccolt o un numero ass ai consistente di notizi e segrete ed, almeno in un caso, ne ha rivelato
il conten uto agli espon enti mafiosi più vicini al Pr ovenza no,
mentre in pa recchi altr i casi è emer sa una eleva ta p robabilità
che ciò sia accaduto.
Tale con tributo non occasionale e per facta concludentia si è
rivelato per il Provenzano e per l’intera “cosa nostra” di vita le
rilevanza .
Già lo stesso collab oratore Antonino Giuffrè ha descritto, con
la solita puntualità, l ’”ossessione” del Provenz ano: “Quest o
543
diciamo ch e era forse forse l'argomento pi ù importante
che veniva trat tato dal Provenzano stesso e che raccomandava sempre di stare attenti, cioè raccomandava sempre di
stare attenti a parlare. Raccomandava sempre di stare attenti
negli spostamenti. “Parlare” perché vi erano microspie, negli
spostamenti perché spesso e volentieri erano state ubicate delle telecamere durante i percorsi ch e si facevano, anche a volte in zone interne. Diciamo che a volte probabilmente esagerava, però… cioè, aveva le idee abbastanza chiare della pericolosità sia per quanto riguarda i discorsi delle microspie sia per
quanto riguarda i discorsi delle telecamere, e che spesso e volentieri magari da parte di altre persone si sottovalutavano,
che magari lì si discuteva e poi ben preso se lo dimenticavano.
Posso tranquillame nte dire che poi, nell'ultimo periodo,
si è cercato di attre zzarsi con delle apparecchi ature idonee pe r il ritrov amento di microspie. Lo st esso B ernardo Provenzano, tutte le volte che veniva dalle mie part i,
faceva un attento… un’attenta ricognizione delle stanze
dove noi ci mettevamo per discutere. Prego.”.
Il Giuffrè, inoltre, confermava il fa tto che il Provenzano, come dallo stesso riferi togli, riceveva notizie segrete su indagini in corso: “Sempre il Provenzano, delle telecamere ma non
solo. Spes so e volentieri diceva che vi erano anche dei punti di
osservazione e non solo in quella zona, punti che andavano ad
interessare probabilmente - se ricordo bene - la zona di Cutrano (GODRANO) e nello stesso la zona di Ciminna. Probabilmente anche un'azienda, se ricordo bene, di un certo Riggio o qualche cosa del ge nere. Cioè bene o male di tutto il contest o
dove il Provenzan o si muoveva, diciamo che bene o male
lo stesso era p ari pa ri informato .”.
Ed, a detta dello st esso Giuffrè, anche l’ormai famoso pizzino
relativo al casale dei fratelli Umina nasceva da una precisa
informazione ricevuta da l Provenzano e non solamente da
una sua i ntuizione.
544
La circosta nza, per altro, veniva confermata da i testi di P.G.
escussi che ha nno riferito come, effettiva mente, il casale e
l’azienda zootecnica dei fr atelli Umina in territor io di Vic ari
fosse, proprio in quel per iodo, interessata da attività di video-ripresa ed intercettazione, a piena riprova del fatto che il
Provenzano era stato informato in modo corretto e tempestivo.
Il Giuffrè, per correttezza, ha semp re ammesso di non essere
a conoscenza diretta del la fonte o delle fonti di cui il Provenzano si era giovato dur ante la sua latitanza, ma ripeteva più
volte ch e, per quanto appr eso dallo stesso Provenzano, le notizie, addirittura fin dagli anni 80’, gli provenivano sempre
da Bagheria: “Io sapevo che da sempre vi era un discorso
che porta va Bagheria e un discorso che risale addiritt ura agli anni Ot tanta. E il discorso era… ne erano beneficiari
diciamo coloro ch e se ne occupavano, in modo particolare Nino
Gargano prima e Nicola Eucaliptus successivamente. Tant'è vero che in più di un’o ccasione io stesso attingo notizie… cioè, ricevo delle missioni di informare dei mafiosi che da lì a breve ci
saranno dei blitz, degli arresti. In modo particolare mi ricordo
un fatto portato avanti dal Provenzano e dal Nino Gargano, attorno…
PRESIDENTE - Scusi se la interrompo, signor Giuf frè, per capire meglio, per puntualizzare quello di cui stiamo parlando. Il
Pubblico Ministero ha fatto riferimento poco fa, su sua indicazione, a degli avvisi orali e scritti che venivano da Provenzano
di una sua particolare preoccupazione per possibili intercettazioni ambientali, microspie, intercettazioni telefoniche eccetera.
Poi le ha chiesto se ho capito bene la fonte di queste notizie,
cioè se il Prov enzano avesse solo una preoccupazione generale
e se avesse delle fonti particolari?
GIUFFRE’ - Ho d etto io su Bagheria, in mo do particolare.
PRESIDENTE – Su Bagheria che cosa intende in particolare,
cioè si riferisce a Gargano ed Eucaliptus?
545
GIUFFRE’ - Il discorso parte da lì, Signor Presidente, che io in
un periodo sono stato chiamato dal Provenzano e dal Gargano
per avvertire, e c'è un particolare ben preciso, il Farinella Giuseppe che dovevano… attorno all'87 dovremmo essere. Io andrò in missione per andare ad avvertire…
PRESIDENTE – Quindi, Provenzano le disse che av eva notizie direttamente da Gargano prima e da Eucaliptus dopo, da Bagheria ?
GIUFFRE’ – Cioè, in que lla zona diciamo, da sempre….
PRESIDENTE - Gli passavano delle notizie?
GIUFFRE’ – Perf etto.
Dunque, proprio Nicol ò Eucaliptus che “aveva nelle mani”
l’Aiello e da questi a veva certam ente ricevuto la notizia relativa alla presenza di una m icrospia nell’autovettura del figli o
Salvatore, era sta ta una delle fonti di Bagheria che avevano
arricchit o le conoscenze del Provenzano e che ne avevano
prolungat o lo stato d i latit anza.
Ancora un a volta , dunqu e, pur non emergendo la prova positiva di un fatto co ncreto e deter minato, si rileva una conca tenazione l ogica e temporale di indizi plurimi e conver genti
che lasci a rifl ettere.
Nel prosieguo dell ’esame dibattim entale il Giuffrè chiarirà
ancor meglio il senso delle sue parole:
PRESIDENTE - Siccome abbiamo parlato di un canale informativo che riguardava Bagheria, e Lei l'ha diciamo personalizzato
nelle figure di Gargano e di Eucaliptus. Ora l'Avvocato le chiede: dopo che sono stati ar restat i, Lei sa se vi furono ancora no tizie giun te a l Pr ovenzano da Bagh eria relative
ovviament e ad indagini e arresti ?
GIUFFRE’ - Su que sto ho rispost o anche ieri , Signor Presidente, dicendo d i sì, … Sono notizie poi che apprendo
direttamente dal Provenzano, e non ho più di scorsi diciamo personali e dir ettamente su Bagheri a.
PRESIDENTE – Ma il Provenzano gliene parlò di questa cosa?
546
GIUFFRE’ – Ques to? Certo.
PRESIDENTE – Quindi anche dopo il ’91 e ’92?
GIUFFRE' – Perf etto, perfetto.
PRESIDENTE - Fino in tempi recenti?
GIUFFRE’ – Perf etto.
PRESIDENTE - Fino in tempi recenti?
GIUFFRE’ - In modo pa rticolare poi, attor no al 2000”..
Dunque, l’appr ovvigi onamento di notizie da Bagheria era proseguito i ndistu rbato
anche
dopo
l’arresto del
Garga no e
dell’Eucaliptus e, per quanto a conoscenza del Giuffrè, si era
protratto almen o fino al 2000.
La ricostruzione del complesso delle risulta nze processuali,
in un’ottica con testua lizzante e non parcellizza nte, consente
di affermare ch e, almeno in un cas o, la fonte bagherese delle
notizie se grete di cui si sono giova ti il Provenzano ed i suoi
uomini è stata costituita dall’Aiello e che, in parecchi altri
episodi, vi è un elevato grad o di pr obabilità che ciò si sia potuto ripetere.
E, come s i è detto, si trattava di notizie su indagini in corso
tutte au tentiche, provenienti da una fonte qua lificatissima
all’interno del grup po tecnico del R.O.S. ed attuali di guisa
che le indagin i stes se erano potenz ialmente soggette ad essere compromesse o del tutto vanifica te.
Così cont estual izzato , il rapporto tra il Riolo e l’Aiello assume
connotati
propri
di
estrema
rilevanza
anche
per
l’organizzazion e mafiosa che si giovava di tale importante canale informativo.
E se l ’acquisizion e e la ( almeno) p arziale rivela zione di dette
notizie ad espon enti del soda lizio rappresentano uno dei contributi obiettivi e ri levant i forniti dall’Aiello, la condotta di
aver costantemente infor mato quest’ultimo circa indagini segrete in corso costituisce uno dei perni fondamentali della
contestazione di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, avanzata al Ri olo al capo C) della rubr ica.
547
Appare, per tanto, necessar io approfondire ulteriormente i caratteri e la n atura del rapporto Aiello-Riolo, a llo scopo d i
comprendere fino in fondo i singoli ruoli e le rispettive r esponsabil ità sia sotto il pr ofilo oggettivo che soggettivo.
Il dato di pa rtenza di tale disamina non può che essere cost ituito dalla mera constatazione del fatto che il disvelamento
di tutti gli ep isodi di rivelazione di notizie segr ete si deve
all’immediata confessione del Riolo.
Confessione, come si è dett o, sincera e su fatti dei quali
l’imputat o no n era nepp ure sospettato e riguardanti episodi
rivelatisi poi t utti v eri e r iscontrati (salvo qualche fisiologica
imprecisi one).
Delle modal ità del ra vvedimento del Riolo, del suo tormentato
percorso interiore e della parziale modifica dibattime ntale
delle s ue dichiarazioni in adesione a quell e dell’Aiello si è già
detto dianzi.
In questa sede va, tuttavia, rimarcato come, tra le tante circostanze vere e positivamente riscontrate fornite dal Riolo,
ne emerga una senz’al tro non credibile.
Quella, cio è, secondo la quale egli avrebbe, per ben quattr o
anni, fornito all’Aiello notizie e informazioni sulle iniziative
investigative più i mporta nti del pr oprio repar to di appar tenenza per p uro spi rito di protagonismo ovver o “per pavoneggiarsi” e senza ricevere in cambio un apprezzabile ritorno economico.
In realtà, nella prospettiva soggettiva del Riolo, stabilire tale
tipo di rapporto co n l’Aiello signif icava entr are in contatto
con una realtà relazionale e di potere enormemente più grande rispett o a quella che gli era consona e, di conseguenza ,
poter coltivare a spetta tive di assunzioni, favori, pr estiti, raccomandazi oni etc. etc.
Di fatto, del resto , buo na parte di tali effetti p ositivi si erano
già concretiz zati nell’immediato ed il Riolo avrebbe fatto bene
548
a chiedersi la ragio ne di tutta questa disponibilità da parte
dell’Aiel lo.
Di certo, tali effett i non derivava no dalla capacità di “pavoneggiarsi” del Riolo né dalla ingenuità dell’Aiello, il quale, in
questo processo, tutto ha dimostra to meno che di esser e un
ingenuo.
Del resto, come cor rettam ente è stato osser vato dal P.M., a gli
atti del p rocesso è emersa, in tutta la sua inequivocabile
chiarezza, la riprova della inver osimiglianza di detta tesi.
Si
intende
fare
riferimento
alla
vicenda
della
cattura
dell’allora lat itante Salvatore Rinella, tratto in arre sto in
questa vi a Pitr è il 6 marzo 2003.
In sintesi si tratta di una brillante operazione di polizia giudiziaria eseg uita dal R.O.S., nella quale il Riolo ha svolto,
senza alcun dubbio, un ruolo centr ale al fine di pervenire alla catt ura del latitante, all’ep oca a capo della famiglia mafiosa di Trabia.
Il
Colonnello
D amiano
ha
ricostruito
lo
svolgimento
dell’indagine e le mod alità tecniche predispost e dal Riolo grazie alle quali si è potuto raggiungere un così importa nte risultato i nvestigativo .
Orbene, il Riolo, pur avendo avuto questa volta davvero tutte
le ragioni per potersi vantar e con l’Aiello di aver svolto un
ruolo determ inante nel la cattura di un pericoloso lati tante e
dopo anni di continue rivelazio ni, non riferiva nulla di tale
indagine all’im prendi tore bagherese.
Attraverso le contest azioni operate dal P.M., si ricava che il
Riolo, ne l corso dell’i nterrogatorio del 26 aprile 2004, aveva
negato decisamente di avere fatt o una simile r ivelaz ione
all’Aiell o.
Tale dato se analizzato isolatamente avrebbe potuto passare
inosserva to ma, inseren dolo nel contesto dei rapporti con
l’Aiello e delle continue rivelazioni a questi fatte dal Riolo , si
rivela assai in teressante.
549
Al punto che il P.M ., dando prova di notevole ca pacità di
analisi del materi ale p robatorio, ne spiega va il significato secondo l’ottica accusat oria nell’ambito della memoria che d epositava a conclu sione delle indagini, nella quale è dato leggersi: “RIOLO ha infatti curato, tra il febbraio ed il marzo
2003, la collocazione di una telecamera nei pressi di un edificio in uno dei cui appartamenti, il 6 marzo 2003, è stato tratto
in arresto Salvatore RINELLA, capomafia di Trabia, già condannato all'ergastolo per omicidio, anch'egli elemento di spicco
dell'o rganizzazione mafiosa Cosa Nostra.
Pur essendo nel pieno de l periodo in cui i rapporti tra RIOLO e
AIELLO avevano trovato sviluppo, RIOLO, per sua
stessa am-
missione, non ne ha fatto cenno alcuno ad AIELLO. Nel corso
dell'interrogatorio reso il 26 aprile 2004, RIOLO,
sul punto, alla domanda
sollecitato
se avesse mai riferito ad AIELLO di
tale attività per la cattura del latitante RINELLA, ha significativamente risposto: "No, no mai, completamente, completamente,
tant’è…".
La risposta di RIOLO è assai significativa per più motivi.
In primo luogo perchè rivela la piena consapevolezza di RIOLO
che le sue indebite rivelazioni non sono rimaste senza conseguenza, "tant'è" che quando le notizie sulle indagini sono rimaste riservate hanno avuto buon esito, proprio come nel caso
della cattura di Salvatore RINELLA.
In secondo luogo, la mancata rivelazione ad AIELLO delle notizie sulle indagini
tecniche avviate per la cattura di RINELLA,
fa giustizia delle ragioni
sempre addotte da RIOLO a giustifi-
cazione del proprio comportamento ("l'ho fatto per protagonismo"). Se davvero a spingere RIOLO fosse stata questa non
meglio precisata smania di protagonismo, mai si era presentata
una occasione così ghiotta per darvi sicuro sfogo come quella
verificatisi in occasione delle attività tecniche su RINELLA. Tra
l'installazione della telecamera e la cattura del latitante sono
infatti trascorsi pochissimi giorni: segno evidente non soltanto
550
di quanto esatta fosse stata l'idea investigativa che aveva determinato la scelta di collocare la telecamera proprio nel luogo
in cui poi era stata installata, ma - soprattutto - di quanta perizia fosse stata adoperata nell'esecuzione dell'attività tecnica,
curata da RIOLO, il cui operato aveva dunque consentito di poter osservare, a notevole distanza, le finestre dell'appartamento ove aveva trovato rifugio Salvatore RINELLA, riconosciuto
non appena si era affacciato da dietro le persiane e catturato
la sera successiva.
Ebbene, nè prima nè dopo l'arresto di Salvatore RINELLA,
RIOLO ha mai fatto vanto con AIELLO delle attività tecniche che
aveva personalmente curato e grazie alle quali era stato conseguito un così brillante risultato investigativo. Uno strano modo di dare corso alle pro prie smanie di protagonismo.”.
Al
momento
della
conclusione
delle
indagini preliminari,
dunque, entrambi gl i imp utati ha nno potuto apprezzare in
che modo tal e argoment o fosse st ato logicamente utilizzato
contro di loro dall’Ufficio della pub blica accusa.
E, di c onsegu enza, hanno potuto or ganizzare una linea difensiva comune modifica ndo nei rispettivi esami dibattimentali
le propri e precedenti dichiarazioni.
Secondo un o schem a esattamente opposto a q uello utilizzato
per tutti gli altri episod i di rivela zione confessati dal Riol o e
parzialmente ammessi dallo stesso Aiello nella fase inizia le
delle indagini.
Nel caso in esame, cioè, i due im putati, dopo aver sostanzialmente negato la r ivelazione d i detta notizia, avevano preso atto che tale negazione si era rivelata un elemento a loro
carico.
Ed allora, no n sol o ne affermavano l’esist enza ma ne sottolineavano proprio l’aspetto delle vanterie con le quali il Riolo
l’avrebbe riferita.
All’udienza del 4 apr ile 20 06:
PUBBLICO MINIST ERO:
551
Ho capito. Senta, e dal momento della installazione, poi lei ha
saputo che questa attività ha avuto un buon esito, no, dico che
il Rinella era stato catturato ovviamente.
RIOLO GIORGIO:
No, grazi e a me .
PUBBLICO MINIST ERO:
Come?
RIOLO GIORGIO:
Grazie a me.
PUBBLICO MINIST ERO:
Si, si certo, grazie a… “.
Alla domanda se avesse riferito le modalità di tale indagine
all’Aiell o, il R iolo r ispondeva: “ Io ho sempre detto di no ,
però in effetti a… a… quando è venuto fuori dal giornale
gliel’ho
detto….
si,
ne
abbiamo
parlato
dopo…
dopo
l’arresto sicur amente .”.
A riprova del mutato atteggiamento degli imputati nel senso
dianzi
i ndicato
è
su fficiente
es aminare
quanto
rifer ito
dall’Aiel lo sul punto:
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Senta, Riolo le ha mai riferito circostanze, notizie relative alla
cattura del latitante di uno dei fratelli Rinella, Salvatore Rinella?
AIELLO:
Ma una volta mi ha pa rlato ma in termini che si vantava,
quando è successa l’operazione era cont entissimo e diceva lui che gr azie a lui erano riusciti a cat turare a Rinella.
PUBBLICO MINIST ERO PRESTIPIN O:
Così le ha detto?
AIELLO MI CHELE:
Si.
A seguito di tale ri sposta il P.M. operava la seguente cont estazione:
552
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPINO:
Guardi, lei sul punto è stato interrogato il 19 Maggio 2004:
P.M.: “U n’altra domanda e poi torniamo a Giuffrè. Quando è
stato arrestato Rinella, è stato oggetto di discussioni
con
Riolo,
di
commenti?”
Aiello:
“Mi
ha
parlato
dell’arre sto lui, ma semplicemente com e fatto di cronaca”. P.M.: “N on le dis se che era stato lui a collocare anche qua telecamere e cose?” Aiello: “Mi ha detto come
fatto di cro naca, mi parlat o dell’arrest o, lui me ne ha
parlato dell’ar resto e bast a”.
A seguito della contestazione l’Aiello rispond eva a sua volta:
AIELLO: Si era vantat o… No, no…
PUBBLICO MINISTERO PRESTIPIN O:
Eh, lei oggi ha aggiunto…… due particolari.
AIELLO MICHELE:
E allora, confermo pienamente quello che c’è scrit to lì,
punto. Intend o precisare ed aggiungere pure che per i
miei ricordi e i miei ricor di lui era estremam ente euforico per q uello che era avvenuto, in quanto praticamente
se ne vantava.
“.
Quindi anche l’Ai ello, che nelle indagini si era lim itato ad
una conferma mi nimale dell’episodio senza aggiungere al cun
commento, in di battim ento per un verso confermava le sue
precedenti dichiar azioni ma per altro verso pretendeva di arricchirle con un’unica e reiterata notazione concernente il
fatto che il Riolo si era va ntato di tale successo investigativo,
cioè propri o aggiun gendo quell’elemento che gli serviva p er
smontare l a tesi a ccusatoria chiaramente esp ressa nella memoria sur richiamata.
Appare, d unque, chiaro al Tribuna le come, anche in questo
caso, il dupl ice e con vergente revirement manifestato dagli
imputati non sia di certo il frutto di una mera ca sualit à ma,
piuttosto ,
l’ulteriore
dimostrazione
di
quell’atteggiamento
processuale che, ciascuno a suo modo e per le proprie ragioni
553
individuali, il Riolo e l’Aiello hanno consapevolmente assunto.
Anzi, il fatto che, in q uesto caso, il duplice mutamento di dichiarazioni si sia mosso in una direzione esattamente opposta a quella tante volte percorsa dagli imputa ti medesimi
conferma e dimostra i n ma niera def initiva quanto si è sin qui
sostenuto .
E tornando al meri to delle dichiarazioni in esame, esse dimostrano che n ell’atteggiamento del R iolo non vi era alcuna motivazione connessa al suo desiderio di “pavoneggiarsi” o di
vantarsi agli o cchi dell’Ai ello.
Ma, poiché tutte le azio ni umane volontarie hanno una causa
ed una motivazione intrinseca, anche la condot ta del Riolo –
fornire all’Aiello, per quattro anni ed in sva riate occasioni,
notizie riservate sul le indagini in corso – deve ave rne una.
Ed infatti, all ’esito del presente giudizio è emersa la dimostrazione univoca e logicamente convincente della motivazi one che ha spint o il Riolo ad assume re questo comportamento.
Come semp re, occorre partire dall’inizio della vicenda.
Il Riolo era stato presentato all’Aiello dal mar esciallo Borza cchelli, figura sordida di ricattator e ed, al contempo, di coo rdinatore di reti di protezione attorno a soggetti potenti.
Questi, inver o, dapprim a entrava in contatto con imprenditori, alti dirigent i pubblici , uomini politici - magari anche per
ragioni connes se al le attività di indagine che doveva svolge re
a loro carico – e ne diventava amico, ne conquistava la f iducia e si presentava ai loro occhi come una sorta di agent e segreto in gr ado di conoscer e preventivamente notizie sulle i ndagini in corso e, quin di, di proteggerli dal rischio penale o
dagli effetti m ediatici che dalle stesse potevano derivare.
Nel presente processo, pur non essendo il Borzacchelli imputato, è emerso con chiar ezza come questi abbia adottato tale
modus operandi quan tomeno nei confronti dell’Aiello e del
Cuffaro.
554
Dopo essere divenuto una persona di fiducia di entrambi, infatti, il Borza cchelli aveva lunga mente insistito sui rischi potenzialmente d erivan ti dalle indagini della magistratura e,
per converso, sull’util ità di prevenirle e di neutralizzarne gli
effetti a nche a costo di commetter e delle illegalità.
Di guisa che i suoi “protetti” potessero d i fatt o conseguire
una sostanziale impunità proseguendo in tutta sicurezza le
rispettive carriere di imprenditore o rappresentante polit ico.
Ovviamente, i servizi offerti dal Borzacchelli prevedevano un
ritorno
per
l’ambizioso
ex
mar esciallo,
il
quale
aveva
l’intenzi one di arricchirsi grazie all’Aiello e di fare una brillante carriera politi ca attr averso il Cuffaro.
Obiettivi , peraltr o, in parte raggiunti dal Borzacchelli, la cui
ascesa è stata inter rotta non cer to dalle denunce dell’Aiello
ma dalle indagi ni svolte dai suoi ex colleghi e, forse , dal suo
stesso eccesso di ambizione.
Con specifico riferimento all’Aiello, poi, va notato come il
Borzacche lli, esattamente come usa fare “cosa nostra”, talora
creava lui stesso i per icoli dai quali proteggere il facoltoso
imprendit ore, ma questa non è la materia del presente processo.
Ciò che mette conto di evidenziare in questa sede è che sia
stato propri o il Borzacchelli a pr esentare il Rio lo all’Aiello
come un sot tufficiale del R.O.S. esperto e particolarmente
competente nel setto re delle intercettazioni telef oniche ed
ambiental i, cioè propr io uno dei più delicati e pericolosi per
la rete d i protezione costr uita dallo stesso Borzacc helli.
L’eziologia del rappo rto personale tra l’Aiello ed il Riolo contribuisce a chiarire la natura stessa di detto rapporto che
certament e non è mai stato di amicizia ma di collaboraz ione e
di recipr oca convenienza.
Come si diceva dian zi, il Riolo, immediatamente e non dopo
un certo lasso di tempo (come sar ebbe stato logico immagin a-
555
re), di veniva di centrale importanz a per l’Aiello e da questi
riceveva favori di ri levant e importa nza.
Pressocch è subito dopo la loro conoscenza, l’Aiello a ssumeva
a tempo indetermina to la moglie d el Riolo e poi avrebbe assunto anche un suo fr atello.
Si tratta di due assunzioni e, quindi, di un favore tutto sommato non eccessivamente oneroso per l’Aiello (che aveva ce ntinaia di dipend enti) m a per il Riolo erano fatti risolutivi e
determinanti nella vi ta quotidiana e nella disastrata economia della sua famigli a.
Altrettan to immedi atamente l’Aiello lo inseriva nel suo giro
personale di con oscenze facendogli conoscere persone importanti qua li il Cuffaro e parecchi altri imprenditor i ed esponenti istituzi onali, lo a iutava erogandogli talora piccoli pr estiti in contanti o risolvendo problemi pratici grazie alla sua
posizione di potere (si pensi ai la vori di ristr uttura zione di
una sua abitazione ru rale in agro di Piana degli Albanesi).
Poco do po gl i faceva a vere, attraverso la concessionaria d i
automobili Vida uto, un a autovettur a Chrysler che era sì usata ma del n on irrileva nte valore di 25 mili oni di lir e (specie in
considerazione dell’epoca e del valore della vecchia moneta) .
Orbene, il Riol o avrebbe di certo dovuto chiedersi il motivo
per il qual e l’Aiel lo gli a veva mostr ato, fin da subito e con eccezionale generosità, tutta questa riconoscenza.
Tutti questi favori, aiuti, d onativi, interessamenti e presentazioni dovevano, per forza di cose, avere una spiega zione.
Posto che l’Aiello non era un filantropo e che il Riolo non era
il prototipo de l biso gnoso o dell’indigente al quale fare della
solidarietà ma un sottu fficiale in servizio a ttivo in un corpo
di eccellenza del l’Arma de i Carabinieri, doveva pur esserci
una ragi one per la quale il primo faceva tutto q uesto in fa vore del secondo.
E perché il Riolo pensa va di poter e avere una posizione di così alto ril ievo nella vita e per gli interessi dell’Aiello se, come
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ha detto lui stesso, era un misero sottufficiale che aveva difficoltà ad arrivare a fine mese con lo stipendio e questi era,
invece, un ricco e potente imprend itore che egli conside rava
quasi onn ipoten te?
La spiegazione univoca e logica ovviament e c’è, così come
sussiston o tutte le rag ioni per a ffermare che a nche Giorgio
Riolo ne fos se del tutto consa pevole anche al momento iniziale del suo rapporto con l’Aiello.
La loro, infatti, er a una relazione basata, sin da subito, sulla
reciproca convenienza e sullo scam bio di fa vori.
In consi derazione delle evidenti differenze socio -economiche
tra i due, l’Aiello era in grado di d are al Riolo tutto ciò che a
questi mancava sotto il profilo della sicurezza familiare, del
sostegno economic o, della ris oluzione di problemi contingenti, dell’introduzi one in ambienti a lui preclusi e della conoscenza
di
al tri
u omini
d’aff ar i
o
esponent i
politico-
istituzio nali i n grad o di aiutarlo a loro volta .
Mentre il Riolo, da parte sua, e specialmente all’inizio del loro rapporto, era in grado di dare solo una cosa a ll’Aiello e
nient’altro: le noti zie sulle indagini segrete svolte dal suo reparto.
Egli,
infatt i,
non
disp oneva
di
un
giro
di
conoscenze
nell’ambi to lav orativo e tra i colleghi paragonabile a quello
del Borzacchelli ( come si vedrà a nche nel caso dell’ indagine
del N.A.S.), né svo lgeva a ltro tipo d i indagini ed, in sostanza ,
come lui stesso ha ri conosciuto, non aveva alcuna altra contro-prest azione da dare in cambio all’Aiello.
L’unica risorsa – prez iosissima, però, per l’Aiello – di cui disponeva era no le notizie in tempo reale sulle più importanti
indagini in corso da parte del R.O. S. ed, in particolare, proprio sugli strumenti principali
di esecuzione delle indag