Bibbia e Att._24_La morte e poi

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Bibbia e Att._24_La morte e poi
Bibbia e attualità – Past. Francesco Zenzale La morte e poi… Circa tremila anni or sono, Giobbe si chiese quello che, prima o poi, ogni essere umano che pensa e che ama si domanda: «Ma l'uomo muore e perde ogni forza; il mortale spira, e dov'è egli?» (Giob 14:10). La fine della vita: per alcuni, per alcuni è il punto terminale del destino umano. Per i più, invece, è un passaggio, poiché l'anima secondo loro si sottrae per andare o in paradiso a godere direttamente della perfetta beatitudine; o nel purgatorio dove, per un periodo più o meno lungo, espia i peccati che le impediscono di andare in paradiso; o all'inferno dove soffrirà in eterno. C’è una sterminata letteratura, numerose pellicole cinematografiche, talk show che, in un modo o nell’altro, vogliono farci credere che la morte non è la fine ma l’inizio, il nuovo compleanno, di un’esistenza che prosegue oltre la morte. Certamente è consolatorio pensare che i nostri cari, da noi tanto amati, non sono caduti nel baratro del nulla, ma che proseguono a vivere in una nuova dimensione. È una verità oppure una pietosa menzogna? La filosofia greca, le religioni orientali e la stragrande maggioranza dei cristiani ritengono che possa esistere una vita cosciente oltre la morte. Ma che cosa insegna la Parola di Dio? Esiste una speranza cristiana e su che cosa si basa? L’insegnamento di Gesù e degli apostoli è interamente conforme a quello dell’Antico Testamento: la morte è uno stato d’incoscienza (Eccl 9: 5-­‐10). Il racconto della morte e della risurrezione di Lazzaro illustra molto bene questo insegnamento: «Gesù disse loro: “Il nostro amico Lazzaro si è addormentato; ma vado a svegliarlo”. Perciò i discepoli gli dissero: “Signore, se egli dorme, sarà salvo”. Or Gesù aveva parlato della morte di lui, ma essi pensarono che avesse parlato del dormire del sonno. Allora Gesù disse loro apertamente: “Lazzaro è morto”» (Gv 11:11-­‐14), nel senso che non esiste più è tornato ad essere polvere (Gn 3:19) e pertanto, dopo quattro giorni, Gesù rincuora Marta e sua sorella Maria con le seguenti parole: «tuo fratello risusciterà» (Gv 11:22). E così Gesù avvicinatosi alla tomba dopo aver pregato risuscitò Lazzaro (Gv 11: 41-­‐44). Se Lazzaro avesse visto o appreso qualcosa, intorno al mondo degli spiriti, nei giorni successivi alla sua morte, sicuramente ne avrebbe parlato e indubbiamente queste informazioni avrebbero fornito risposte valide alle domande circa la vita dopo la morte, così vivamente dibattute tra i sadducei e i farisei (cfr. Mt 22:23,28; Mc 12:18,23; Lc 20:27,33). Ciò è vero anche per altre sei persone che sono state risuscitate dai morti: il figlio della vedova (1 Re 17:17,24); il figlio della sunamita (2 Re 4:18,37); il figlio della vedova a Nain (Lc 7:11,15); la figlia di Iairo (8:41,42,49,56); Tabita (At 9:36,41) ed Eutico (20:9,12). «Tutte queste persone sono ritornate in vita come se fossero uscite da un sonno profondo, ma senza alcuna esperienza ultraterrena da raccontare. Non vi sono indicazioni che l’anima di Lazzaro, o delle altre sei persone risuscitate dai morti, fosse ascesa al cielo. Nessuno di loro ha avuto «un’esperienza celestiale» da raccontare. La ragione sta nel fatto che nessuna è ascesa al cielo. Questo è confermato dai riferimenti di Pietro a Davide nel suo discorso il giorno della Pentecoste: «Fratelli, si può ben dire liberamente riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto; e la sua tomba è ancora al giorno d’oggi tra di noi» (At 2:29). Alcuni potrebbero contestare dicendo che quello che si trovava nella tomba era sì il corpo di Davide, ma non la sua anima poiché era ascesa al cielo. Quest’interpretazione è negata dalle esplicite parole di Pietro: «Poiché Davide infatti non è salito in cielo» (At 2:34). La versione di John Knox traduce: «Davide mai è andato su al cielo». La Bibbia di Cambridge contiene la seguente nota: «Poiché Davide non è asceso al cielo. 1 Bibbia e attualità – Past. Francesco Zenzale Egli è disceso nella tomba e “dormiva con i suoi padri”». Chi dorme nella tomba, secondo la Bibbia, non è solo il corpo, ma l’intera persona che aspetta il risveglio della risurrezione». 1 In un altro contesto e in polemica con i sadducei, in quali non credevano alla risurrezione dei morti, Gesù, richiamandosi all’Antico testamento, afferma «quanto poi ai morti e alla loro risurrezione, non avete letto nel libro di Mosè, nel passo del «pruno», come Dio gli parlò dicendo: "Io sono il Dio d'Abraamo, il Dio d'Isacco e il Dio di Giacobbe"? Egli non è Dio dei morti, ma dei viventi. Voi errate di molto» (Mc 12:26-­‐27). «Non è Dio dei morti ma dei viventi», questa affermazione «non ha nulla a che vedere con la credenza nell’immortalità dell’anima, concetto tipicamente greco, esclude che di per sé la risurrezione. Infatti se si è immortali, non si può risorgere! L’uomo ebreo si concepisce come mortale, e vede nella morte la fine di tutto. La sua speranza non era legata alla sopravvivenza dell’anima, bensì alla vita concreta e alla terra che concepisce come dono di Dio… Nonostante la morte, quel Dio che ha creato dal nulla tutte le cose sarà capace di ridare la vita al suo popolo (Ez. 37:1-­‐14). La speranza della risurrezione si fonda sulla fede nel Dio fedele alla sua promessa non sul sentimento o sul desiderio dell’uomo. Per questo la Bibbia, a differenza di tutte le religioni, concede poco spazio a fantasticherie sull’aldilà e a storie sul mondo dei morti; la risurrezione è la parola ultima del Dio che si è fatto amico dell’uomo, e risorgere significa vivere in Dio, essere per sempre presso di lui, come un amico è un amico». 2 Dall’affermazione di Gesù si coglie la più rilevante definizione di Dio: Egli è il Dio della vita, il Dio che semplicemente si contrappone alla morte in tutte le sue manifestazioni. Il dio della morte, quello dei sadducei, è quello che si costruisce l’uomo: il dio del dominio, del possesso dell’auto-­‐salvezza. Coloro che si sono addormentati in Cristo Gesù «nell’ultimo giorno» (6: 39-­‐40; 44, 54), ovvero al ritorno di Cristo, «udranno la sua voce e ne verranno fuori; quelli che hanno operato bene, in risurrezione di vita; quelli che hanno operato male, in risurrezione di giudizio» (Gv 5:28,29). Gli eroi della fede, uomini, donne (Abramo, Isacco, Giacobbe, Davide, ecc. cfr. ebrei 11; At 2:29,34 ), «pur avendo avuto buona testimonianza per la loro fede, non ottennero ciò che era stato promesso. Perché Dio aveva in vista per noi qualcosa di meglio, in modo che loro non giungessero alla perfezione senza di noi» (Eb 11: 40). Infatti, solo al ritorno di Cristo «i morti risusciteranno incorruttibili, e noi saremo trasformati […] e questo mortale avrà rivestito immortalità» (1 Cor 15: 52, 54). Solo al ritorno di Cristo avremo la gioia di incontrare Gesù e i nostri cari, «perché il Signore stesso, con un ordine, con voce d'arcangelo e con la tromba di Dio, scenderà dal cielo, e prima risusciteranno i morti in Cristo; poi noi viventi, che saremo rimasti, verremo rapiti insieme con loro, sulle nuvole, a incontrare il Signore nell'aria; e così saremo sempre con il Signore» (1Tes 4:16-­‐17). Il fatto che i santi viventi incontreranno Cristo nello stesso momento dei santi addormentati, indica che questi ultimi non sono stati ancora uniti con Cristo nel cielo. Concludendo, «l'espressione biblica "risurrezione" indica il recupero della vita dopo la morte che la speranza cristiana anticipa. Poiché la morte è la completa assenza della vita, il suo recupero deve essere visto come una restaurazione e non una continuazione della nostra vita attuale. L'esperienza personale comincia nuovamente con niente di meno che un atto del potere creativo divino. 2 Bibbia e attualità – Past. Francesco Zenzale Nota sul significato della parola nefesch (anima) Secondo la Parola di Dio, «La nefesch (anima) può avere fame (Sl 107:9), oppure sete (Sl 143:6), essere soddisfatta (Ge 31:14), mangiare bene (Is 55:2). La nefesch può anche amare (Gn 34:3; Cantico dei Cantici 1:7), commuoversi (Sl 31:10), gridare (Sl 116:4; Sl 119:10), conoscere (Sl 139:14), essere saggia (Pr 3:22), adorare e lodare Dio (Sl 103:1; 146:1)» (Jacques Doukhan, Il Grido del cielo, ed, AdV, Impruneta (Fi), p. 220). “Poiché tu non abbandonerai l'anima mia in potere della morte, né permetterai che il tuo santo subisca la decomposizione” (Sl 16:10). “Ecco, tutte le vite (anime, ebr. Nefesch) sono mie; è mia tanto la vita del padre quanto quella del figlio; chi pecca morirà” (Ez 18:4). “La persona (anima, ebr. Nefesch) che pecca è quella che morirà, il figlio non pagherà per l'iniquità del padre, e il padre non pagherà per l'iniquità del figlio; la giustizia del giusto sarà sul giusto, l'empietà dell'empio sarà sull'empio” (Ez 18:20). Commentando Genesi 2:7, Hans Walter Wolff si chiede: «Che cosa significa in questo caso nefesh (anima)? Certamente non anima nel senso tradizionale dualistico. Nefesh dev’essere visto insieme con tutta la forma dell’uomo, e specialmente con il suo alito; inoltre, l’uomo non ha nefesh (anima), egli stesso è nefesh (anima), e vive come nefesh (anima)» (H. W. WOLFF, Antropologia dell’Antico Testamento, (trad. E. Buli), Brescia, Queriniana, 1975, p. 18).. Il fatto che l’anima nella Bibbia rappresenti l’intera persona vivente è riconosciuto persino dallo studioso cattolico Dom Wulstan Mork che si esprime con questi termini: «È la nefesh che dà vita a basar (carne), ma non facendone una nuova sostanza distinta. Adamo non ha nefesh; egli è nefesh, come è basar. Il corpo, lungi dall’esser distinto dal principio che lo anima, è la stessa nefesh visibile» (W. MORK, Linee di antropologia biblica, (trad. L. Bono), Fossano, ed. Esperienza, 1971, p. 48). 1
S. Bacchiocchi, Immortalità o risurrezione, ed. Adv. Impruneta (Fi). 2004, p. 173,174 AA. Una comunità legge il vangelo di Marco, 2 Vol. ed. EdB, 1978, Bologna, p. 208, 2
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