Il carcinoma papillare della tiroide in uno di noi Case Records dell
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Il carcinoma papillare della tiroide in uno di noi Case Records dell
Vol. 100, N. 2, Febbraio 2009 Pagg. 80-83 Case Records dell’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR Fondazione G. Monasterio - Regione Toscana “Comunicare meglio per curare meglio” Il carcinoma papillare della tiroide in uno di noi Lucia Venneri, Ilenia Foffa, Rosa Sicari Riassunto. Il caso presentato è quello di una cardiologa specialista in elettrofisiologia che sviluppa a 52 anni carcinoma multifocale papillare della tiroide, dopo 16 anni di esposizione in sala di cateterismo con dose cumulativa di 56 milliSievert (mSv), corrispondente a circa 2800 radiografie del torace. La paziente era anche portatrice di 2 polimorfismi genetici (geni XRCC1 e XRCC3) associati a maggiore vulnerabilità al radio danno. Il livello di esposizione, la sede e il tipo di cancro, e il genotipo vulnerabile fanno ritenere molto probabile il legame tra esposizione radiologica professionale e cancro. La diligenza radioprotezionistica e l’ottimizzazione di dose sono essenziali per minimizzare il potenziale di danno nel personale a rischio. La scrupolosità nell’indossare il dosimetro è poi essenziale per l’eventuale rivalsa assicurativa, perché è la dose riportata che stabilisce il nesso causale tra esposizione e danno. Parole chiave. Carcinoma della tiroide, cateterismo cardiaco, radiazioni ionizzanti, rischio professionale. Summary. Papillary thyroid carcinoma of an interventional cardiologist. A case report. A 52-year old female cardiologist with 16 year radiation exposure in Cath Lab as an interventional cardiologist developed a multifocal papillary thyroid carcinoma. Dosimetric (below apron) cumulative exposure totalled 56 mSv, corresponding to 2,800 chest radiographs. The patient also carried genetic polymorphisms of genes (XRCC1 and XRCC3) involved in DNA repair, increasing the cancer risk after ionizing radiation exposure. Dose optimization and diligent radioprotection are essential to minimize cancer risk in professionally exposed cardiologist. Good dosimetric practice is essential to establish a legally plausible cause-effect relationship between exposure and damage. Key words. Cardiac Catheterization Lab, professional risk, radiation, thyroid cancer. Introduzione L’uso di radiazioni in esami medici è la maggiore fonte artificiale di esposizione a radiazioni1. Le fonti mediche di radiazione erano circa un quinto della radiazione naturale nel 1987, si avvicinavano al 50% nel 1993 e sono arrivate ben oltre il 100% della radiazione naturale nei paesi industrializzati1. Ogni cittadino occidentale riceve l’equivalente di circa 150 radiografie del torace a testa per anno da esami diagnostici ionizzanti (80% da esami radiologici, e per il restante 20% da medicina nucleare). Stime recentissime valutano che fino al 10% dei cancri oggi osservati nei paesi industrializzati siano causati da esposizione a radiazioni mediche diagnostiche2-4. I raggi X (usati in radiologia) e i raggi γ (impiegati in medicina nucleare) di uso medico sono dimostrati cancerogeni umani di classe 15. Esistono oggi stime di rischio che vanno incorporate – in base alla buona pratica medica e alla legge – nella scelta dei percorsi diagnostici ottimali, che dovrebbero sempre orientarsi, a parità di informazioni e laddove compatibile con le realtà logistiche locali, verso tecniche non ionizzanti, senza carico biologico a lungo termine per il paziente e per l’operatore6-9. Istituto di Fisiologia Clinica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, Pisa. Pervenuto il 10 febbraio 2009. L. Venneri, I. Foffa, R. Sicari: Esposizione radiologica e cancro nei cardiologi interventisti Il danno da radiazioni ionizzanti è rilevante non solo per i pazienti ma anche per gli operatori sanitari professionalmente esposti. L’esposizione professionale dell’operatore è particolarmente importante nella moderna cardiologia interventistica, che si è sviluppata – dal punto di vista radiobiologico – «al di fuori di ogni alveo regolatorio e al di sopra di ogni evidenza scientifica di supporto», secondo lo studio DIMOND della Comunità Europea (2001)10,11. Si descrive un caso di cancro papillare della tiroide in una cardiologa elettrofisiologa, verosimilmente legato alla storia di esposizione radiologica professionale. Descrizione del caso La paziente, di 52 anni, presenta un carcinoma papillare multifocale della tiroide, diagnosticato dopo 18 anni di intensa attività di cardiologia interventistica elettrofisiologica in sala di emodinamica, cominciata all’età di 26 anni. La storia clinica è stata caratterizzata prima da una tiroidite autoimmune (comparsa a 34 anni, dopo 8 anni di esposizione) e dalla successiva comparsa di noduli tiroidei. La ricostruzione dosimetrica cumulativa (con dosimetro sottopiombo) era di 56 milliSievert (mSv). Secondo l’autorevole documento del CNR americano BEIR VII del 200612, il rischio associato all’esposizione per questi livelli di dose è di circa 1 extracancro ogni 200 esposti. Il reperto intraoperatorio descriveva un’origine multifocale del tumore, senza metastasi linfoghiandolari e/o extra-nodali. La caratterizzazione genetica mostrava la presenza di 2 polimorfismi genetici in condizione di eterozigote mutato per il gene XRCC1 (XRCC1 Arg399Gln) e omozigote mutato per XRCC3 (XRCC3 Thr241Met), associati ad una minore funzionalità dei sistemi di riparazione del danno del DNA ed il conseguente possibile aumento del rischio di tumori radio-inducibili (tabella 1)13,14. Tabella 1. Caratterizzazione dei geni della radiovulnerabilità. Geni Genotipo Risultato XRCC1 Arg399Gln Arg/Gln Eterozigote mutato XRCC1Arg194Trp Arg/Arg Omozigote selvatico XRCC3 Thr241Met Met/Met Omozigote mutato hOGG1 Ser/Ser GSTM1 Presente Omozigote selvatico GSTT1 Presente Omozigote selvatico Omozigote selvatico Lo studio dei polimorfismi è stato condotto a livello di 4 geni distinti: Glutatione S-transferasi M1 (GSTM1), Glutatione Stransferasi (GSTT1), X-ray repair cross-complementing group 1 (XRCC1). X-ray repair cross-complementing group 3 (XRCC3) e la 8-oxo-guanina glicosilasi umana (hOGG1). I primi due geni sono implicati nel metabolismo delle sostanze xenobiotiche tra cui numerosi chemioterapici, mentre XRCC1, XRCC3 e hOGG1 sono coinvolti nella riparazione del danno alla molecola del DNA. I polimorfismi sono stati analizzati mediante PCR (o RFLP-PCR). In tabella sono riportate le frequenze genotipiche riscontrate. 81 Il tipo di tumore, la caratteristica istologica, la lunga storia di esposizione radiologica e il polimorfismo genetico che aumenta la vulnerabilità al danno cellulare fanno ritenere molto probabile il rapporto di causa-effetto tra esposizione professionale alle radiazioni e la nascita del tumore maligno. Discussione Negli ultimi 20 anni il numero delle procedure invasive cardiologiche è aumentato di dieci volte, e il tipo di procedure si è moltiplicato per varietà e complessità15-17. Una comune procedura di stent coronarico comporta un carico radiologico medio per il paziente corrispondente a 750-1000 radiografie del torace, con un intervallo tra 350 e oltre 700018. Sotto il fuoco amico radiologico, i radiologi “mandano”, e i cardiologi “vanno”, e alcuni di loro – spesso i più esperti e i più abili – sono oggi collocati su un livello di esposizione senza precedenti19 (figura 1 a pagina 82). Questi livelli di esposizione determinano un danno misurabile nel DNA somatico come l’aumento dei micronuclei e delle aberrazioni cromosomiche nei linfociti circolanti del personale sanitario esposto e – in particolare – nei cardiologi interventisti di ultima generazione20. Uno studio recente ha dimostrato che l’esposizione cumulativa degli operatori più attivi, dopo 20 anni di sala, introduce un rischio aggiuntivo di cancro di un caso su 100 esposti (figura 2 a pagina 82)21. A rendere più insidioso il danno potenziale dell’esposizione, è purtroppo il basso livello di consapevolezza radiologica anche tra gli operatori più esperti, e non è raro incontrare una prassi di – come è stato chiamato – «radiomasochismo radiologico», con sottovalutazione che arriva al “menefreghismo” dei principî elementari di radioprotezione, dimenticanza dei dosimetri, diserzione dei corsi (obbligatori) di radioprotezione per il personale e uso incauto della radiologia22. Eppure, le recenti linee-guida della cardiologia interventistica chiaramente indicano che la «responsabilità di tutti i medici è di minimizzare il danno da radiazione ai loro pazienti, al loro personale, e a loro stessi»!17. La recente decisione dell’ANMCO di finanziare studi sull’impatto biologico dell’esposizione cronica a basso rateo nei cardiologi interventisti (studio Intercardioreprostudy, premio ANMCO 2006) è un primo passo verso la difficile costruzione della cultura della sicurezza. Il 2009 sarà l’anno della sicurezza sul lavoro, e la sensibilità sociale di questo argomento è stata di recente sottolineata dalle parole del Presidente della Repubblica: «C’è un largo consenso sul fatto che la formazione sia un elemento fondamentale della prevenzione e che, purtroppo, questo fondamentale elemento sia carente». E ancora, «investire in formazione e informazione nella sicurezza è un obiettivo di civiltà che dobbiamo al sacrificio di molti»24. Non solo nelle acciaierie e nei cantieri edili, ma anche, potremmo aggiungere, nella sala di cateterismo cardiaco. 82 Recenti Progressi in Medicina, 100, 2, 2009 Dati di Fisica Sanitaria in Toscana (Firenze-Pisa) Anno 2006 100% Il caso riportato, nella sua ordinarietà, serve ad enfatizzare alcuni aspetti importanti: 80% Altri Medicina Nucleare Anestesiologia Ortopedia Radiologia Urologia Emodinamica 60% 40% 20% Esposizione annua n= Conclusioni: i punti chiave 0% No soglia >1 (5,164) (360) >2 >3 (60) >6 (37) 1. Il personale esposto deve sempre indossare diligentemente il dosimetro – il che purtroppo non sempre si verifica, persino negli ambienti più evoluti23. In caso di malattia, è solo il dosimetro che permetterà di rivendicare, anche ai fini assicurativi, il nesso eziologico tra esposizione e danno. (mSv) (6) Figura 1. Grafico ad istogrammi che mostra le proporzioni dell’esposizione annua in tutti i medici censiti nel Dipartimento di Fisica Sanitaria della Toscana (Pisa e Firenze) nell’anno 2006. Gli istogrammi si riferiscono alla popolazione totale dei lavoratori ospedalieri divisi per specialità e per livelli di esposizione (da nessuna soglia: istogramma all’estrema sinistra, ad un’esposizione superiore ai 6 mSv/anno: istogramma all’estrema destra). La proporzione dei lavoratori in sala di emodinamica aumenta progressivamente con l’aumento della soglia di esposizione. Modificato da Venneri et al.21. 2. La protezione deve essere accurata, anche con i collari di piombo per la protezione della tiroide, organo bersaglio di radiazioni per i cardiologi19. 3. In sala, una cultura elementare della radioprotezione consente di ridurre anche di 10 volte le esposizioni degli operatori e dei pazienti, minimizzando i livelli delle dosi11. 4. Le società scientifiche di settore devono avere un ruolo proattivo nella disseminazione dell’informazione radiologica e nell’implementazione della buona pratica radio-protezionistica, soprattutto in cardiologia e particolarmente in sala di cateterismo. 1 su 100 LAR di cancro 1 anno di esposizione 10 anni di esposizione Esposizione in vita (11-26 anni) Bibliografia 1 su 200 1 su 1,000 1 su 20,000 3.5 33.0 54.3 Dose cumulativa media (mSv) Figura 2. Grafico box-and-whiskers che mostra l’esposizione della dose mediana (in mSv, asse delle x) e la LAR (Lifetime Attributable Risk: rischio attribuibile su tutta la durata di vita) calcolata di cancro (asse delle y) per gli operatori del laboratorio di cateterismo in 3 diversi momenti della loro storia naturale dosimetrica. I box rappresentano intervalli degli interquartili che includono il 50% dei valori. I whiskers sono le linee che si estendono dal box ai valori più alti e più bassi, con l’esclusione degli outliers. La linea attraverso il box indica la mediana. Sono indicati tutti i 26 operatori nei laboratori di cateterismo della Toscana con un’esposizione >2 mSv nell’anno 2006 dopo 1 anno di esposizione (box verde); un sottogruppo di 15 operatori a 10 anni (box giallo); gli stessi 15 operatori con una ricostruzione dell’esposizione professionale (11-25 anni) nel box rosso. Modificato da Venneri et al.21 1. Picano E. Sustainability of medical imaging. Education and Debate. BMJ 2004; 328: 578-80. 2. Berrington de Gonzalez A, Darby S. Risk of cancer from diagnostic X-rays: estimates for the UK and 14 other countries. Lancet 2004; 363: 345-51. 3. Picano E. Risk of cancer from diagnostic X-rays. (letter). Lancet 2004; 363: 1909-10. 4. Brenner DJ, Hall EJ. Computed tomography: an increasing source of radiation exposure. N Engl J Med 2007; 357: 2277-84. 5. International Agency for Research on Cancer: Working Group on the Evaluation of Carcinogenic Risks to Humans. 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