Umanizzazione della medicina - Intempo

Transcript

Umanizzazione della medicina - Intempo
intempo -online.com/salute
Umanizzazione della medicina
di Gianni Baiotti
Per Umanizzazione della Medicina si intende, semplicemente,
il riportare al centro dell’interesse medico la Persona in tutta la
sua dignità e completezza psicofisica.
Si riscoprirebbero così gli antichi valori culturali che avevano
fatto della nostra mission una delle professioni più belle,
affascinanti e difficili.
B
ella, perché è insito nella mente
umana il desiderio di aiutare chi soffre, affascinante, poiché la malattia
è sempre avvolta da un velo misterioso diverso da persona a persona e, difficile, in
quanto si ha l’impressione di muoversi su
di un terreno infido e inesplorato. Questi
dovrebbero essere i sentimenti che accompagnano, tuttora, i medici insegnando, soprattutto, umiltà e rispetto nel rapportarsi
con la Persona-Malata.
È l’Humanitas, il tratto che da sempre aveva
caratterizzato la figura del medico dal “luminare al medico condotto”, fonte di conoscenze scientifiche il primo e pratiche
il secondo.
Attualmente, queste figure magistrali sono
scomparse e, certamente, è impensabile
cercare di farle rivivere in un contesto tecnologico e specialistico sempre più frammentato. È fondamentale, comunque,
ricordarle e portarle alla considerazione
dei giovani medici.
Gianni Baiotti
Già Primario di Medicina Interna,
Ospedale Molinette di Torino.
Libero Docente in Semeiotica Medica.
Docente di Corsi di Umanizzazione della Medicina.
Docente di Cultura Medica all’UNITRE di Torino
e di Collegno.
[email protected]
Parole chiave: umanizzazione della medi­
cina • rapporto medico-paziente •
© intempo-online, marzo 2011
© Immagine: Jashin - Fotolia.com
La medicina è scienza o arte?
È la domanda che spesso la classe medica
si pone. È scienza paragonabile alla matematica e alla fisica, precisa, fredda, universale, regolata da dogmi certi, oppure è
un’arte in cui la componente umana, compresi gli errori, è sempre presente e preponderante in tutte le sue manifestazioni?
La soluzione di questo dilemma può apparire ininfluente invece è fondamentale per affrontare le nuove frontiere della
medicina.
Alcuni anni or sono, durante un congresso, fu chiesto a Mirko Grmek, grande storico della scienza, il suo parere a questo
proposito. La risposta spiazzò l’uditorio:
“la medicina è semplicemente tecnica”.
Il rapporto medico-paziente
La generazione di medici formatisi nel ‘900
ha visto via via mutare il modo di rapportarsi nei confronti dei pazienti: dall’autoritario quasi sciamanico, al paternalistico
con “pacca sulle spalle” e, infine, all’attuale approccio tecnocratico in cui prevale il rapporto con le macchine (ECO – TAC
– RM – PET …) più che con il paziente.
L’Umanizzazione della Medicina dovrebbe riportare in parametri più umani questi
rapporti: non autoritario ma autorevole, non paternalistico ma partecipativo,
non tecnocratico ma professionale con
una propria etica che porti a un contatto paritario tra la Persona-Paziente e la
Persona-Medico.
È questo il concetto di base che deve essere
tenuto in considerazione dalle nuove generazioni di medici, inebriati dagli enormi
progressi delle tecniche diagnostiche che
svelano anche le patologie più difficili e
recondite, ma che allontanano inesorabilmente dalla persona-malata che, proprio
in quanto tale, ha bisogno del contatto
umano.
Empatia
Scrive, giustamente, Ignazio Marino (1) nel
suo libro “Credere e curare”: il paziente
desidera che il medico lo tocchi… gli metta
una mano sulla pancia… lo faccia tossire…
Parole crude dette da un medico vissuto a
lungo negli USA in un ambiente altamente
tecnologico ma che non ha dimenticato gli
studi umanistici e la nostra cultura.
9
Questo è il giusto approccio che crea il rapporto empatico e, di conseguenza, la fiducia del paziente che attualmente si sta perdendo!
L’inutilità della visita medica e, quindi, della semeiotica, vale a dire
lo studio teorico e pratico dei sintomi è, ormai, quasi un assioma: a
che cosa serve auscultare (uso volutamente questo termine aulico)
un polmone quando una radiografia o, addirittura, una TAC a spirale ti dice tutto in pochi secondi?
Le risposte potrebbero essere molteplici ma può bastare un breve
esempio personale. Chiamato a casa da un paziente con febbre alta
riscontro un focolaio di broncopolmonite.
Il medico di base, per la prescrizione dei giorni di riposo per malattia, gli chiede: “ma come ha fatto a dire che c’è un focolaio senza
la radiografia?” Risposta semplice del paziente: “mi ha visitato!”
Quando ai congressi affronto questi temi, sono visto quasi come
un visionario, innamorato della figura romantica del medico de “La
Cittadella” di Cronin (2). Ma i giovani medici non si rendono conto
che sta loro sfuggendo di mano l’essenza della medicina che non
10
risiede solo nell’ultimo sofisticato apparecchio diagnostico né nella
recentissima scoperta genetica, ma anche nell’eterno confronto
uomo-uomo.
Di questo cambiamento interiore della classe medica si rendono ben
conto i pazienti, sempre più insoddisfatti e insicuri, sempre più oberati di esami, talvolta inutili, sempre più curati high tech e sempre meno high touch. m
Bibliografia
1.Ignazio Marino. Credere e curare. Giulio Einaudi Editore. Milano, 2005.
http://www.einaudi.it/libri/libro/ignazio-r-marino/credere-e-curare/
978880617980
2.Joseph A Cronin. La Cittadella. Bompiani. Milano, 2000. http://bompiani.
rcslibri.corriere.it/libro/4682_la_cittadella_cronin.html