film 14 febbraio 2010
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film 14 febbraio 2010
Il sapore della vittoria Un film di Boaz Yakin. Con Denzel Washington, Will Patton, Wood Harris, Ryan Hurst, Donald Faison. continua» Titolo originale Remember the titans. Drammatico, Ratings: Kids, durata 113 min. - USA 2000. Denzel allenatore nero. Quanta fatica I Titans ricordati nel titolo sono la squadra di football americano che negli anni settanta venne allenata da Herman Boone (Washington), coach di colore, che arrivò a quel ruolo così importante contro i fortissimi pregiudizi che vigevano allora. I neri potevano giocare, ma non assumersi la responsabilità della squadra, neppure se avevano dato prove di grandi qualità. Dunque Boone, che ha ottenuto ottimi risultati in squadre universitarie, arriva ad Alexandra, in Virginia, stato fisiologicamente razzista, preparato ad affrontare la discriminazione, si vede invece riconoscere la propria bravura e diventa allenatore in prima. A quel punto deve combattere con gli stessi giocatori, quelli bianchi naturalmente, che mal sopportano di dover obbedire a un nero. Ma Herman, con grinta e intelligenza, ce la fa. La storia ha certamente sapori agiografici e porta acqua a quella tesi. In America ha creato dibattiti ai quali non si sono sottratti neppure personaggi come Michael Jordan. Per il resto c'è la giusta tensione e una violenza forse esagerata, seppure nel football, che fa della violenza una delle sue grandi prerogative. Film forse "troppo americano", che rappresenta uno sport che non ha mai del tutto convinto gli italiani. Momenti di gloria Un film di Hugh Hudson. Con Nigel Havers, Ben Cross, Ian Holm, Ian Charleson, Dennis Christopher. continua» Titolo originale Chariots of Fire. Sportivo, durata 124 min. - Gran Bretagna 1981. Parigi, Olimpiadi del 1924. Due atleti vincono le più importanti gare di corsa. Sono ambedue inglesi ma profondamente diversi. Eric Liddell appartiene alla Chiesa cristiana scozzese ed è convinto che correre sia uno dei modi a lui concessi per rendere onore a Dio (vent'anni più tardi morirà come missionario in Cina). Harold Abrahams è invece ebreo e trova nello sport (e nella vittoria) un modo per sconfiggere i pregiudizi sociali sul suo conto. Il film percorre le tappe del progressivo avvicinamento di entrambi al successo, ne ricostruisce le motivazioni interiori e i profondi dubbi esistenziali. Hudson ci fornisce un quadro d'insieme della società dell'epoca riuscendo a evitare a ogni inquadratura il ritratto di maniera che fa tanto "cinema sull'Inghilterra del buon tempo andato". I tempi non erano poi così buoni, ci dice il regista, e prevenzioni e razzismi erano all'ordine del giorno. Anche se, forse, prevaleva una maggior dose di autoanalisi individuale in assenza di anabolizzanti e affini. Il regista (Oscar 1981 come miglior film, sceneggiatura originale, colonna sonora, costumi) riesce a sfuggire a tutti i cliché del cinema "sportivo" proponendoci una ricerca interiore che si muove sulle gambe degli atleti (da antologia, nella sua linearità, la sequenza dei titoli di testa), ma non si lascia prendere da ritmi inadeguati. Abrahams e Liddell sono due persone complete, la sceneggiatura non tende a farli diventare simboli di nulla. La tesi, come sempre accade quando il cinema si rifiuta di diventare un pamphlet con note a piè di pagina, emerge dall'articolazione narrativa e dalla capacità di Ben Cross e Ian Charleson di rendere credibili anche le titubanze apparentemente più assurde per uno spettatore moderno. Vangelis viene in aiuto con una colonna musicale in cui mostra di aver perfettamente compreso qual è il senso della partitura dell'intero film. Non rinuncia all'epicità stemperandola contemporaneamente in una scrittura attenta a non perdere di vista l'aspetto intimo delle vicende narrate. Anche l'uso dei ralenti, spesso a doppio taglio nei film che si occupano di argomenti sportivi, si rivela attento a non scadere nel virtuosismo fine a se stesso ma è finalizzato alla restituzione di una dimensione emotiva che le frazioni di secondo della tecnologia moderna relegano in una collocazione secondaria rispetto all'esaltazione dell'uomo-macchina. Liddell e Abrahams sono, e restano nonostante tutto, uomini. Il migliore Un film di Barry Levinson. Con Robert Redford, Glenn Close, Kim Basinger, Michael Madsen, Barbara Hershey Titolo originale The Natural. Drammatico, durata 134 min. USA 1984. Ragazzo di provincia si scopre un talento naturale per il baseball, ma un incidente lo toglie di circolazione. Molti anni dopo ritenta la scalata. Dal romanzo di Bernard Malamud The Natural (1952) cui rimane inferiore. Quasi troppo ben fatto come concentrato degli stereotipi hollywoodiani sullo sport, ma con qualche momento o intenso o magico. Attori tutti elogiabili. Abuso del ralenti nelle sequenze di baseball e qualche preziosismo allegorico letterario di troppo. L'uomo dei sogni Un film di Phil Alden Robinson. Con Burt Lancaster, James Earl Jones, Kevin Costner, Amy Madigan, Ray Liotta. continua» Titolo originale Field of Dreams. Fantastico, durata 106 min. - USA 1989. Agricoltore dell'Iowa sente “una voce” che gli consiglia di costruire un campo di baseball nelle sue terre coltivate a mais ed esegue. Conseguenze stupefacenti. Dal romanzo Shoeless Joe di W.P. Kinsella, una storia fantastica di redenzione e di fede in cui umanesimo, misticismo e tifo per il baseball si mescolano con effetti ora suggestivi ora artificiosi. Americano a 18 carati. Fuga per la vittoria Un film di John Huston. Con Michael Caine, Max von Sydow, Sylvester Stallone, Pelé, Tim Pigott Smith. continua» Titolo originale Victory. Guerra, Ratings: Kids+13, durata 110 min. - USA 1981. A Parigi nel 1943 un generale della Wehrmacht, appassionato di calcio, promuove una partita tra la nazionale tedesca e una squadra formata da prigionieri di guerra alleati. È un'operazione di propaganda bellica, ma la Resistenza francese ne approfitta per organizzare durante l'intervallo l'evasione dei prigionieri che, invece, per orgoglio sportivo, rimangono in campo, strappando un pareggio nonostante un arbitraggio scandaloso, e riuscendo a fuggire, mescolati alla folla festante che ha invaso lo stadio. Tutto in funzione della partita finale (memorabile il gol di Pelé in rovesciata), il film sfrutta abilmente i luoghi comuni, gli espedienti retorici, i buoni sentimenti del cinema sportivo e di quello sulle evasioni. Oltre all'asso brasiliano, giocano Osvaldo Ardiles, Deyna, Bobby Moore e Hallvar Thoresen. Stallone in porta para un rigore. Sulla stessa storia fu girato in Ungheria Due tempi all'inferno (1961) di Zóltan Fabri. Febbre a 90° Un film di David Evans. Con Colin Firth, Stephen Rea, Ruth Gemmel Titolo originale Fever Pitch. Commedia, durata 102 min. - Gran Bretagna 1997. Il caso insolito di un film sul “futbòl” in forma di commedia romantica in ambiente scolastico: una storia d'amore tra due insegnanti che si conclude con la conversione di lei, contagiata dal tifo calcistico. A differenza del romanzo di Nick Hornby da cui è tratto, che va dal 1968 al 1992, il film si concentra sulla stagione calcistica 1988-89 (l'anno in cui, dopo 18 anni, l'Arsenal vinse il campionato inglese con una partita al cardiopalma sul campo di Liverpool) con brevi e occasionali ritorni all'indietro su Paul ragazzino e già tifoso. Nel film si vede poco il calcio giocato. Esordiente al cinema dopo aver fatto teatro e TV, D. Evans ha aggirato l'ostacolo limitandosi a qualche frammento di telecronache e a momenti di partitelle della squadra scolastica allenata da Paul. Più che sul calcio, è un film sulla passione, sull'ossessione per il calcio: pungente, divertente e tenero. Un mercoledì da leoni Un film di John Milius. Con Gary Busey, William Katt, Patti D'Arbanville, Jean-Michael Vincent, Stacy Keach Sr. Titolo originale Big Wednesday. Drammatico, durata 120 (104) min. - USA 1978 Tre inseparabili amici furoreggiano col surf sulle spiagge della California negli anni '60. Il tempo passa, la vita li divide, ma le grandi ondate ritornano. Scandito su 4 tempi che sono 4 stagioni e 4 celebri mareggiate (estate '62, autunno '65, inverno '68, primavera '74) e che quasi corrispondono alle burrasche politiche (dalla morte di Kennedy allo scandalo del Watergate), non è soltanto un film sul surf e la sua mistica eroica (come l'ha praticato lo stesso J. Milius), ma anche una malinconica saga sull'amicizia virile, su una generazione americana segnata dal malessere esistenziale e dalla guerra del Vietnam. Uno dei più misconosciuti film dei '70. Eppure la sua importanza – non soltanto sociologica – è pari a quella di Il cacciatore di Michael Cimino, uscito nello stesso anno. Jimmy Grimble Un film di John Hay. Con Lewis McKenzie, Jane Lapotaire, Gina McKee, Ben Miller, Wayne Galtrey. continua» Titolo originale There's only One Jimmy Grimble. Commedia, Ratings: Kids, durata 105 min. - Gran Bretagna, Francia 2001 Introverso, timido, un po' fifone, tifoso del Manchester City (contro il più famoso Manchester United), il quindicenne Jimmy ha testa sveglia, piedi buoni, ma scarsa autostima. La trova quando una vecchia barbona gli dona un paio di vecchi scarpini “magici”. Diventa l'asso della sua squadra scolastica e la porta in finale. Triplice happy end. Diretto da J. Hay che l'ha scritto con Simon Mayle e Rik Carmichael, è una simpatica e furbetta commedia, vivace ma poco attendibile nelle scene di calcio giocato (alla videogame), non priva di garbo e ricca di stereotipi nel disegno dei personaggi. Un bravo L. McKenzie e un R. Carlyle sfocato. Benino gli altri. Premiato al Giffoni Film Festival.