Marzo-2009 - Sito FISAC Gruppo UBI

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Marzo-2009 - Sito FISAC Gruppo UBI
E20
Sempre inbilico
traironiae
impegno:
laprimaper
vedere lecose
daunnuovo
angolonella
speranzache in
parte cambino,
il secondoper
immaginare che
ciòche fai possa
pure interessare
gli altri .
Chi non ricorda
quell'acca birichina che
andava e veniva come
inchiostro simpatico?
& NOTIZIE
10.2009
il lupo perde l’h ma non il vizio
dal nostro
inviato
E' diventata un cult, il simbolo di quella "grammatica delle
libertà" (cfr E20 n.22 del Luglio 2008) che ancora oggi è
laboratorio di audaci acrobazie grafiche e linguistiche e
surreale rivale della famosa lettera di Totò, Peppino e la
Malafemmina.
Continuerebbe a strapparci un sorriso
se non fosse anche il veicolo per
diffondere quella cultura delle relazioni
e dei comportamenti verso l'utenza
che abbiamo più volte censurato.
Se recepisci, ti accodi e trotti avrai la
stima del Capo e forse verrai premiato
anche economicamente (allora i soldi
ci sono?).
Se esci dalla fila verrai chiamato in
disparte e redarguito.
Se poi perdi terreno ti verrà consigliato
di fare un corso da "bagnino".
Qualcuno dirà che a parte lo scenario geografico non c'è nulla
di nuovo, che è tutto come prima. L’Adriatico è come il Tirreno
…
E se anche i risultati fossero gli stessi? O per dirla con la
grammatica delle libertà: fossero "i" stessi?
e dagli altri cronisti accreditati
nessun commento, tutti fra le braccia di Morfeo.
A questo punto varrebbe
proprio abbonarsi alla
FISAC, l’unica che
continua testardamente a lavorare e testimoniare per tutti,
iscritti e lavoratori …..
8 marzo 2009, la crisi e le donne
Concita De Gregorio: "Yes we can"
Intervista di Esmeralda Rizzi
“Semplicemente si può fare. Le energie si moltiplicano non si dividono. È come quando nasce un nuovo figlio:
l’amore, l’affetto non si sottraggono ma si moltiplicano”. Chi parla è Concita De Gregorio, direttrice de l’Unità e
mamma di 4 figli.
Due obiettivi difficili per
qualunque donna, anche
se presi singolarmente.
Come si conciliano?
Lo statuto della Cgil
prevede che negli
organismi dirigenti ogni
sesso sia rappresentato
almeno al 40 per cento.
Eppure, al di là delle
norme, nei luoghi di
lavoro, nei territori, non
è sempre facile trovare
donne che vogliano
impegnarsi a livello
dirigenziale nel
sindacato. Perché?
È così anche negli altri
paesi?
De Gregorio
“Noi facciamo una vita normale – risponde la giornalista –: c’è la
scuola, la casa, il lavoro. Sono sempre stata abituata a fare molte cose
insieme e trovo che fare molte cose insieme arricchisca e non
impoverisca... Certo, il mio è un lavoro che impegna molto in termini di
orario e anche di concentrazione, richiede una concentrazione
costante, ma lo faccio anche pensando a loro, ai miei figli e poi alle
nuove generazioni con la speranza che possa servire a migliorare un
po’ le cose.
De Gregorio
Secondo me le ragioni sono di due ordini: una dipende dalla struttura
sociale, l’altra è “economica”, nel senso che attiene al rapporto tra
impegno e risultato. Tradizionalmente nel nostro paese le strutture
gerarchiche e dirigenziali sono in mano agli uomini. Basta guardare ai
media: ancora oggi fa notizia una dirigente donna, in Confindustria, in
un giornale, a capo di un’azienda, in un’organizzazione sindacale.
Forse nel sindacato e nei partiti di sinistra un po’ meno, anche se – basti
pensare alle primarie – è evidente che i candidati donna stentano a
farsi avanti. Penso ad esempio ad Anna Finocchiaro: si è fatto il suo
nome per la presidenza della Repubblica ma poi, quando si va a
stringere, le si chiede di fare un passo indietro.
De Gregorio
No, non è la stessa cosa. Basti pensare alle primarie negli Stati Uniti: la
Clinton ha corso davvero per essere la candidata. In Italia c’è una
resistenza culturale, serve ancora del tempo. Avere una donna, magari
giovane, alla guida di un organismo importante e strutturato dove ci
sono uomini avanti nell’età sarebbe come ribaltare quello che è il senso
comune nelle famiglie. Per molti versi in fondo l’Italia è ancora quella
degli anni 60 e, se si escludono le grandi città, nei piccoli centri, nei
paesi, le donne stanno a casa a curare gli anziani e i bambini. Se
lavorano lo fanno part time o comunque sono le prime a tornare a
casa al primo problema. Se per motivi familiari – un nuovo figlio, una
malattia – uno dei due deve rinunciare al lavoro è naturalmente la
donna a farlo. Anche perché è spesso la donna a guadagnare meno.
Quindi c’è l’elemento concreto della convenienza, che però finisce per
supportare il vecchio modello culturale. Per tutte queste ragioni, anche
oggi, in questo tempo che è un po’ il tempo del ritorno, della risacca,
dopo la grande stagione dei diritti degli anni 70, sono le donne per
prime a tornare a casa.
De Gregorio
Noi, in generale, abbiamo meno a cuore il potere per il potere, e
Hai accennato a problemi
di tipo culturale. Che
significa in concreto?
Il rientro al lavoro a
cinque giorni dal parto
della ministra francese
Rachida Dati le è costato
un forte attacco da parte
delle femministe. Un sito
de l’Unità, tra l’altro, ha
ospitato un sondaggio sul
tema che vede quasi in
parità le critiche e i
consensi.
Tu cosa ne pensi?
questo è secondo me l’altro elemento che non favorisce l’impegno
delle donne in politica così come nel sindacato. Le donne hanno più a
cuore l’aspetto concreto, funzionale del lavoro che fanno. Gli uomini
hanno più bisogno di avere una legittimità nei centri del potere,
l’incarico, la nomina. Le donne invece sono abituate a far funzionare le
cose. Quando la corsa è fatta di giochi e strategie diventa poco
interessante. Forse scatta anche la rinuncia perché, quando si spende
più energia per ottenereun posto di potere rispetto a quanta ne
servirebbe per fare le cose, prevale la consapevolezza che non ne vale
la pena. Subentra una specie di fastidio, quindi a un certo livello si
rinuncia.
De Gregorio
Ancora un 8 marzo,
Prima di tutto la
maternità dev’essere
‘Fior di donne’ è il
tutelata al massimo
calendario, che stiamo
livello possibile. Un
distribuendo, dedicato
paese civile che
guarda al futuro è un alle lavoratrici del
paese che tutela in
settore credito, non un
tutti i modi la
evento commerciale ma
maternità, anche per
una occasione per
le donne che hanno
riflettere sulla propria
tutele limitate. Sono
emancipazione
circondata da mie
coetanee che non hanno neppure potuto pensare di fare un figlio
prima dei
40 anni perché non avevano tutele lavorative, avevano contratti
precari o non li avevano affatto. Legato a questo meccanismo di rinvio
della maternità c’è anche un altro aspetto importante. Il ritardo con cui
oggi si diventa madri diventa un costo per il paese, perché fare figli a
40 anni significa una più alta medicalizzazione della maternità,
maggiore rischio di complicanze per la madre e per i bambini, senza
contare poi la questione della fecondazione assistita. Perché, quando
viene voglia di maternità, magari la donna non riesce a restare incinta
e il tempo passa. La tutela alla quale dovremmo ispirarci è quella dei
paesi del nord Europa. Oggi il modello Svezia rappresenta la luna per
noi. Poi, nel caso specifico della Dati, penso che ognuno dovrebbe
poter fare ciò che ritiene giusto: sono una paladina delle libertà
individuali. Credo che trovandosi in una condizione di sovraesposizione,
quando si ha un impegno eccezionale come fare il ministro, si possa
anche tornare al lavoro subito. In fondo le nostre nonne lo facevano!
Potere si può, quindi. Se uno vuole deve poterlo fare ma l’elemento
fondamentale è garantire il diritto di scelta.
Nonostante i passi avanti,
in famiglia come al
lavoro la parità è ancora
lontana. Che
responsabilità hanno i
media?
De Gregorio
Enorme. Io spesso parlo del berlusconismo, che è un fatto prepolitico,
culturale, è un comune sentire. Se si guarda alla rappresentazione che
si è fatta delle donne negli ultimi 15/20 anni in televisione, nei
programmi, nelle pubblicità, c’è una regressione a un modello che era
quello del dopoguerra. Sembra incredibile ma, proprio in questi giorni,
abbiamo assistito al moltiplicarsi delle pubblicità, delle foto che
riproducono vere e proprie violenze sulle donne: dai cartelloni di Napoli
al calendario Pirelli.
Il governo Berlusconi
conta sei ministri
“giovani”, sotto i 40 anni,
De Gregorio
Ho sempre sostenuto che non basta essere donna per essere una risorsa
“giovani”, sotto i 40 anni,
e 4 donne. Rinnovamento
e genere. Per dare nuove
energie alla politica, a
quale di questi due
elementi daresti più
spazio?
Il 2009 è l’anno della
crisi. Cambieranno
l’economia, il mercato del
lavoro, molte dinamiche.
Che riflessi vi saranno sul
mondo del lavoro e sul
sindacato?
per lo sviluppo, per il progresso. Basti pensare, per tornare alle elezioni
Usa, a Sarah Palin che è stata la carta/donna giocata dai
Repubblicani, con il risultato che abbiamo visto. Tra l’altro, come
donna, io non mi sento affatto rappresentata dalla Palin. Lo stessa vale
per le generazioni. Si deve uscire dal mantra del “più giovani più
donne”. Ciò non toglie che il nostro è un paese che dà poche chances
ai giovani e alle donne. In Italia rischiamo di perdere la rappresentanza
e il contributo di un’intera generazione perché ci sono 60/70enni che
gestiscono il potere politico ed economico, e poi ci sono ventenni che
magari subentreranno a loro tra altri vent’anni. Quella che resta fuori è
la generazione che oggi ha 40 anni, che non ha rappresentanza, né
opportunità né voce. Una perdita non trascurabile.
De Gregorio
Questa crisi ci riporta alla realtà. Prevedo un ritorno all’economia reale,
alla produzione di beni, un’attenzione ai “sud” del mondo, al nostro sud,
ai paesi che ancora possono dare in termini di sviluppo economico
reale. Anche il sindacato dovrà fare le sua parte. Senza perdere di vista
chi rischia di perdere quel poco che ha, dovrà tornare a valutare la
realtà con un’altra griglia, che è
quella della
concretezza.
2 marzo 2009