Scarica il testo

Transcript

Scarica il testo
Prospettive in Pediatria
Gennaio-Marzo 2016 • Vol. 46 • N. 181 • Pp. 45
Andrologia pediatrica
Sono passati quasi 30 anni da quando Prospettive in Pediatria dedicò un primo fascicolo all’andrologia pediatrica (vol. 67; 1987) a cura di Calogero Vullo e Vincenzo de Sanctis, che scrivevano nella loro introduzione
“resta il fatto che il pediatra si trova spesso in difficoltà quando deve confrontarsi nel corso della sua attività con
problemi di andrologia, in quanto manca di informazioni e – in genere – non sa o non ha dove trovarle”.
Da allora i progressi scientifici hanno cambiato la formazione andrologica del pediatra e migliorato la possibilità
di reperire informazioni autorevoli a partire – ad esempio – dall’individuazione stessa dei meccanismi genetici
che permettono la trasformazione del feto in senso maschile nelle prime settimane di vita intrauterina (cfr. Understanding differences or disorders of sex development. Endocr Dev 2014;27). Un altro ambito che in questi
anni ha avuto un progresso enorme è quello dell’ipogonadismo ipogonadotropo, affrontato nella sezione “Novità” da Gianni Russo e Silvia Meroni del San Raffaele. Di questa condizione, 30 anni fa si conosceva dal punto
di vista patogenetico – in pratica – solo la variabile ereditarietà. Oggi sappiamo che è dovuta ad alterazioni di
oltre 40 geni, che determinano i vari fenotipi clinici più o meno complessi sia normoosmici che ipo-/anosmici
(Topaloglu e Kotan, Endocr Dev 2016;29:36-49). Dal punto di vista clinico, è stato poi ben definito che difetti
in alcuni di questi geni possono rappresentare la base patogenetica di forme estreme di ritardo puberale, una
volta ritenute fisiologiche. In alcuni soggetti, l’ipogonadismo ipogonadotropo – anche in caso di accertati difetti
genetici – può inoltre essere transitorio, risolvendosi spontaneamente in età adulta, per cui vi è la necessità di
realizzare nuovi percorsi assistenziali e adeguati programmi di transizione dall’adolescenza all’età adulta, oltre
a nuove modalità di comunicazione della diagnosi e degli aspetti prognostici a lungo termine per quanto riguarda gli aspetti riproduttivi. A questo proposito, novità di rilievo sono anche legate alla possibilità di preservazione
della fertilità maschile, non solo in adolescenti sottoposti a trattamenti gonadotossici, ma anche in ragazzi con
ipogonadismo ipergonadotropo, come la sindrome di Klinefelter (frequenza 1/400-600 nati maschi), per cui a
priori un soggetto con questa condizione non può più essere definito “infertile”. Tutto questo ha rivoluzionato
molti aspetti dell’andrologia pediatrica negli ultimi anni, che aprono nuove prospettive in termini di prevenzione
e trattamento delle patologie che compromettono la salute riproduttiva maschile.
Tuttavia, molte incertezze rimangono in altri ambiti. Ne è un esempio il varicocele, che è il secondo argomento
affrontato in questo aggiornamento. Sebbene sia stato individuato circa 2000 anni fa (Celso AD. De Medicina. I
sec. D.C) e siano stati pubblicati innumerevoli articoli su questa frequente condizione, essendone affetto circo 1/5
degli adolescenti, il corretto management del varicocele rimane oggetto di accesso dibattito clinico e scientifico
soprattutto in questa fascia di età, in quanto rimangono non ben definiti i parametri con cui selezionare i ragazzi
che avranno problemi di fertilità in età adulta. L’intervento di correzione del varicocele, che – se ben eseguito – raramente si associa a recidiva o complicanze, usualmente determina un “catch-up growth” del testicolo omolaterale (se ipotrofico), ma non sembra migliorare i parametri seminali e i pochi dati sulla paternità dei ragazzi sottoposti
a varicocelectomia precoce sono del tutto contrastanti e non derivano da studi clinici ben strutturati.
Il terzo lavoro di questo aggiornamento, di Antonio Balsamo e Federico Baronio di Bologna, è dedicato alla ginecomastia anche questa ben nota da molto tempo, essendone ben documentata la presenza, ad esempio, in
Tutakamon, il faraone adolescente. Il pediatra deve però tenere presente che non sempre si tratta di una condizione parafisiologica, ma può essere il sintomo di presentazione sia di importanti patologie andrologiche sia di
condizioni di abuso (es. marijuana). Si deve poi considerare che anche la cosiddetta “ginecomastia fisiologica”
può essere causa di un rilevante disagio sociale e psicologico in questa delicata fascia di età, soprattutto quando
clinicamente rilevante.
Ne deriva la necessità che – in tutte queste condizioni – proprio il pediatra sia in grado di fornire, oltre a una
diagnosi precoce, autorevole counselling e rassicurazione, ma a volte anche adeguate indicazioni di trattamento
medico e/o chirurgico sulla base delle attuali conoscenze. Gli autori, uniti oltre che da un lungo percorso comune
nell’ambito dell’andrologia pediatrica, anche da sincera amicizia, si augurano che questa sezione di Prospettive
in Pediatria possa servire a migliorare la qualità professionale di tutti noi e la salute andrologica dei nostri ragazzi.
Silvano Bertelloni
UO Pediatria Universitaria, Dipartimento Materno-infantile
Azienda Ospedaliero-Universitaria Pisana
45