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Dal dualismo cartesiano alle neuroscienze
Gilbert Ryle, The Concept of Mind
Con l’espressione the ghost in the machine – lo spirito, ma anche il fantasma, nella macchina –, il
filosofo del linguaggio e della mente Gilbert Ryle sintetizza la dottrina cartesiana sulla res
cogitans (la sostanza pensante, cioè l'anima, la mente) e la res extensa (la sostanza estesa, cioè il
corpo) per portare avanti la sua critica ad essa, che consiste nell’osservare che si tratta di un
equivoco dovuto ad analogie grammaticali. L'idea di una mente come entità indipendente, che abita
e controlla il corpo, va rifiutata come un rimasuglio superfluo di un periodo antecedente lo sviluppo
della biologia moderna e che non può più essere preso alla lettera. Parlare di una mente e un corpo
come entità separate può avere solo la funzione di descrivere metaforicamente le abilità di
organismi complessi in relazione al loro comportamento. Ryle asserisce che le operazioni della
mente non sono distinte da quelle del corpo. Il vocabolario mentale è semplicemente una maniera
differente di descrivere un'azione, e il dualismo cartesiano è solo un errore categoriale.
«Mostriamo in una serie di esempi il significato dell'espressione “errore categoriale”. Un forestiero
visita per la prima volta una città universitaria. Gli vengono mostrati biblioteche, aule, musei,
laboratori, uffici, alloggi. Allora egli protesta di aver viste, sí, tutte quelle cose, ma non ancora
l'Università, il luogo ove lavorano i membri dell'Università. In un caso come questo, bisognerà
spiegare che l'Università non è un qualche istituto aggiunto a quanto egli ha visto, ma il modo in cui
quanto egli ha visto è organizzato: null'altro rimane da vedere e da capire. L'errore stava
nell'ingenuo assunto che fosse corretto parlare di tutti quegli istituti e dell'Università, come se
questa fosse un membro aggiuntivo nella classe di quelli. Egli metteva l'Università nella stessa
categoria cui appartengono i suoi vari istituti. È lo stesso errore che commetterebbe un bambino il
quale, dopo aver assistito alla parata dei battaglioni, batterie, squadroni, ecc., di un reggimento,
restasse in attesa di veder passare anche il reggimento: come se questo fosse un altro pezzo da
aggiungersi a quelli già visti. Gli spiegheremmo l'errore col dire che il reggimento sfila proprio in
quanto sfilano quei reparti che sono reparti di un reggimento. Non ci sono i reparti e il
reggimento. Gli errori categoriali illustrati ora hanno in comune la provenienza: si tratta in ogni
caso di incapacità a usare certi concetti (Università, reggimento) e con ciò i termini linguistici
rispettivi. Il mio compito critico è dimostrare che alla sorgente della teoria delle due vite c'è una
famiglia di errori categoriali radicali. Anticipo qui l'argomento da cui deriva l'idea della persona
umana come spettro nascosto in una macchina. In base al fatto che il pensare, il sentire e l'agire
intenzionale non possono ovviamente venir ridotti al gergo della fisica, della chimica e della
fisiologia, si pretende costruire per essi un duplicato di quel gergo. La complessa e unitaria
organizzazione del corpo umano spinge a postularne per la mente una analoga, anche se di diversa
sostanza e struttura».
(da The Concept of Mind, in italiano Lo spirito come comportamento)
Antonio Damasio, Descartes’ Error
Il neuroscienziato portoghese Antonio Damasio, prendendo spunto dal celebre caso di Phineas
Gage, attribuisce a Cartesio il duplice errore di aver scisso “sostanzialmente” mente e cervello
(come res cogitans e res extensa) e di aver dissociato le emozioni dal pensiero. Nell'estate del 1848
nel New England, Gage, caposquadra di un’impresa di costruzione, subì un grave incidente sul
lavoro: a seguito di una violenta esplosione, una barra di ferro penetrò nella guancia sinistra del
giovane, forando la base della scatola cranica, attraversando la parte frontale del cervello e
fuoriuscendo dalla sommità della testa. Contro ogni previsione Gage non rimase ucciso e venne
dichiarato guarito nel giro di meno di due mesi. Tuttavia la sua personalità subì una straordinaria
svolta: carattere, gusti, sogni, aspirazioni cambiarono. Rispetto alle precedenti abitudini moderate e
all’equilibrio che lo aveva sempre contraddistinto, Gage viene invece descritto dopo l’incidente
come grossolano, insolente, insofferente, capriccioso, osceno nel modo di parlare.
«Il corpo di Gage può essere ben vivo e vegeto, ma c’è un nuovo spirito che lo anima. Qual è il
possibile significato di una vicenda così strana? La risposta è semplice: mentre altri casi di danno
neurologico, avvenuti più o meno nella stessa epoca, rivelavano che il cervello era la base del
linguaggio, della percezione e della funzione motoria, fornendo anche in generale elementi più
perentori, la storia di Gage additava un fatto sbalorditivo: vi erano nel cervello umano – anche se
non si sapeva precisamente il come – sistemi deputati al ragionamento più che a qualsiasi altra
funzione, e in particolare alle dimensioni personali e sociali del ragionamento. Un danno cerebrale
poteva comportare la fine dell’osservanza di regole etiche e convenzioni sociali acquisite in
precedenza, anche quando né il linguaggio né l’intelletto sembravano compromessi. Senza volerlo,
l’esempio di Gage indicava che qualcosa nel cervello aveva a che fare specificamente con proprietà
peculiarmente umane, tra cui la capacità di anticipare il futuro e di pianificare in accordo con tale
anticipazione, all’interno di un ambiente sociale complesso; il senso di responsabilità verso se stessi
e verso gli altri; la capacità di predisporre la propria sopravvivenza in modo deliberato, in
ottemperanza al proprio libero volere».
(da Descartes’ Error, in italiano L’errore di Cartesio)
Slavoj Žižek, Event
In campo filosofico, Slavoj Žižek, esistono tre eventi nella storia del pensiero occidentale: Platone,
Cartesio e Hegel. Affrontando la neuro-teorizzazione secondo la quale una persona coincide con il
proprio cervello (o, semplicemente, con il suo DNA), il filosofo sloveno sostiene che il naturalismo
scientifico moderno, con il suo rifiuto del Sé come agente libero e responsabile, in ultimo fallisce: la
soggettività, per quanto illusoria possa sembrare, resta un evento insuperabile e il mentale non è
riducibile al cervello.
«Le neuroscienze ci stanno dicendo che la nozione di “Sé” come soggetto libero e autonomo è una
mera illusione di prospettiva; non c’è alcun Sé, esistono soltanto processi neuronali oggettivi. La
questione centrale è: come ci relazioniamo noi in quanto esseri umani a questa intuizione? È
possibile non solo pensare, ma anche vivere, il mondo senza un Sé come modello teoretico? Vivere
come “se si fosse nessuno”? I filosofi e gli scienziati propongono risposte differenti. Il loro
atteggiamento predominante è rassegnarsi al divario tra la visione scientifica di noi stessi e la nostra
quotidiana auto-esperienza in quanto agenti liberi e autonomi: sebbene la scienza ci dica che non
esiste un Sé dotato di libero arbitrio, ma soltanto processi neuronali e biologici “oggettivi”, noi
faremo sempre esperienza di noi stessi come dei Sé, allo stesso modo in cui continuiamo a parlare
del Sole che sorge e tramonta, anche se sappiamo che la Terra gira intorno al Sole.
Alcuni filosofi, tra cui Jürgen Habermas, affermano che la nostra auto-percezione come agenti liberi
e responsabili non è solo un’illusione necessaria, ma una condizione trascendentale indispensabile
per la conoscenza scientifica. Habermas ha sviluppato la sua posizione in risposta a un manifesto
nel quale undici famosi neuroscienziati tedeschi dichiarano che il concetto comune di libero arbitrio
sta per diventare obsoleto grazie ai recenti progressi della neurobiologia: «Siamo in procinto di
vedere la nostra immagine di noi stessi considerabilmente scossa in un prevedibile futuro». Per
Habermas, tuttavia, l’oggettivazione scientifica degli esseri umani «presuppone la partecipazione a
un sistema intersoggettivamente costituito di pratiche linguistiche, la cui validità normativa
condiziona l’attività cognitiva dello scienziato». In breve, non dovremmo mai dimenticare che
l’immagine scientifica dell’uomo come macchina neurobiologica è il risultato di una pratica
scientifica collettiva nella quale agiamo come liberi agenti razionali. Il problema di questo punto di
vista è la sua implicita ingenuità: gli scienziati che lo difendono presuppongono in qualche modo
che il soggetto autonomo sia ancora qui, a decidere liberamente su come cambiare la propria
“natura”. Questo ci riporta alla nostra domanda iniziale: è possibile per un essere umano vivere il
fatto che il Sé non esista, esperire questo fatto come uno stato diretto della propria mente?
Ciò che questi vicoli ciechi indicano è la difficoltà, se non addirittura l’impossibilità, di sbarazzarsi
della dimensione soggettiva, nel senso dell’esistenza di un agente libero e responsabile. C’è sempre
qualcosa di falso nella mera accettazione del fato, o nel trattare se stessi come un’entità oggettiva,
parte della realtà neurobiologica. Sul piano etico-pratico della nostra esistenza, ogni mero tentativo
di scaricare da sé la responsabilità, immaginando se stessi come un meccanismo non libero, ci
imprigiona in un doppio legame riguardo alla libertà; sì, siamo condannati, il Fato tira i nostri fili,
ogni manipolatore è a sua volta manipolato, ogni libero agente che crede di decidere il proprio fato
è un illuso; – ma adottare e sostenere semplicemente l’idea della propria impotenza di fronte a forze
superiori è un’altra illusione. Una fuga per evitare il peso della responsabilità.
Non possiamo sfuggire agli artigli del Fato, ma non possiamo nemmeno pensare di sfuggire al peso
della responsabilità abbracciando il Fato. Sì, siamo privi di centro, imprigionati in una ragnatela
sconosciuta, sovradeterminati da meccanismi inconsci; ma limitarsi ad accettare questo fatto (nel
senso di rifiutare ogni responsabilità) è altrettanto sbagliato: sarebbe un caso di auto-inganno.
Questo significa che la dimensione della soggettività (nel senso della libertà e autonomia
dell’agente) è irriducibile: non possiamo sbarazzarcene poiché continua a infestare ogni tentativo di
superarla».
(da Event, in italiano Evento)