Il rischio di scoppio nelle caldaie domestiche

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Il rischio di scoppio nelle caldaie domestiche
Nel corso della attività istituzionale dell’Unità Funzionale Prevenzione Sicurezza nei Luoghi di
Lavoro sono emerse alcune problematiche specifiche, inerenti la sicurezza sul lavoro che si
presentano nel corso di operazioni di manutenzione delle caldaie alimentate a gas con potenzialità
inferiore alle 30.000 Kcal (35 KW).
Tali problematiche sono emerse in seguito ad un grave evento infortunistico verificatosi nel 2002.
Le operazioni che presentano i maggiori rischi sono quelle di riaccensione della caldaia dopo un
periodo di inattività nonché durante l’installazione di nuove apparecchiature.
Durante questi interventi difatti si può presentare la necessità di spurgare sia la caldaia che la
relativa tubazione di alimentazione del gas.
Generalmente tali operazioni vengono eseguite immettendo il gas di spurgo nell’ambiente dove è
installata la caldaia senza che venga effettuato un controllo continuo sulla concentrazione di gas
nell’aria dell’ambiente stesso.
Tale concentrazione di gas non comporta alcun rischio se la caldaia è installata all’aperto, mentre
nel caso di installazione della caldaia in locali chiusi, la concentrazione del gas di spurgo può
facilmente formare con l’aria una miscela estremamente pericolosa.
Il fatto che la caldaia installata sia di tipo a camera stagna, non comporta nessuna differenza in
quanto le operazioni di spurgo vengono eseguite su tubazioni poste all’esterno della caldaia stessa.
Ovviamente la quantità di gas che il manutentore fa fuoriuscire dalla tubazione è in relazione sia
alla lunghezza del tubo che alimenta la caldaia sia al tempo di spurgo del gas stesso.
Considerando che la concentrazione entro la quale il gas rientra nel campo di infiammabilità in aria
è compresa per il gas metano tra il 5,3 e 9,5 % in volume e per il G.P.L. tra il 2,2 e 7,4 % in
volume, a seconda delle dimensioni del locale in cui è installata la caldaia, in mancanza di una
qualsiasi forma di areazione, può essere sufficiente anche una limitata quantità di gas immesso
nell’ambiente per rientrare nel campo di infiammabilità dello stesso.
Anche in presenza di aperture verso l’esterno spesso la concentrazione di gas non è
sufficientemente diluita; infatti le aperture, porte e/o finestre, non è detto che garantiscano un
sufficiente ricambio d’aria.
Vanno tenute inoltre presenti le caratteristiche fisiche del gas di alimentazione: nel caso di metano,
avendo lo stesso un peso specifico minore dell’aria, tenderà a stratificarsi verso l’alto formando
sacche di gas in corrispondenza degli intradossi del soffitto, mentre per il G.P.L. avendo lo stesso
un peso specifico maggiore dell’aria tenderà a stratificare verso il basso. Da ciò emerge che
l’operatore al fine di scongiurare il pericolo di raggiungere concentrazioni pericolose nel locale,
dovrà, tramite apposite tubazioni convogliare il gas di spurgo all’esterno.
E’ buona norma comunque che l’operatore utilizzi un rilevatore di gas portatile per monitorare la
quantità di gas presente nell’ambiente e nel caso essa risulti prossima ai citati limiti di
infiammabilità, provveda ad adottare misure atte a diminuire tale concentrazione.
Preso atto che sia i manutentori che gli installatori di caldaie sono generalmente lavoratori
autonomi senza personale alle loro dipendenze, per cui non rientrano nel campo di applicazione
delle norme di prevenzioni infortuni sui luoghi di lavoro, riteniamo comunque che sia importante
tutelare anche l’incolumità personale di questi lavoratori, per cui invitiamo i suddetti ad attenersi
alle modalità operative sopra indicate.