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ATTIVITÀ 2: Gli allievi sono stati guidati dai docenti nella ricerca di notizie relative al bullismo, fenomeno preoccupante che può creare gravi disagi ed emarginazione, soprattutto in chi lo subisce. Alcuni degli articoli più significativi. Razzismo, a Lecce undicenne di colore picchiato e insultato dai compagni di scuola: "Sei nero" L'inchiesta è scattata dopo la denuncia della madre su Facebook: “Mi ha detto: mamma, sono giorni che un ragazzo molto più grande di me e i suoi compagni mi insultano perché sono nero" di CHIARA SPAGNOLO LECCE - Insultato e picchiato dai bulli perché la sua pelle è nera. È accaduto nel Salento al figlio undicenne di un calciatore di origini africane. Botte e minacce sono andate avanti per giorni, condite dai riferimenti al papà mafioso di uno degli aggressori, fino a quando la mamma della piccola vittima – insospettita dai suoi silenzi e dallo sguardo impaurito – ha deciso di andare a fondo. E, tra mille difficoltà, è riuscita a strappare al figlio il racconto degli abusi subiti dai compagni di scuola. Gli ultimi episodi risalgono alla scorsa settimana: sarebbero avvenuti prima nei bagni dell’istituto scolastico frequentato dal ragazzino, poi in un parcheggio. Il branco di adolescenti metteva in mezzo il compagno straniero e lo insultava con espliciti riferimenti al colore della sua pelle e alle sue origini. Tornato a casa l’undicenne si chiudeva nel silenzio, mostrandosi più freddo e scostante del solito e cercando anche di evitare le domande della madre. È stata lei a gridare virtualmente la sua indignazione nella piazza di Facebook: “Mi ha detto: mamma, sono giorni che un ragazzo molto più grande di me e i suoi compagni mi insultano perché sono nero. Vergognatevi”. Quelle parole sono state poi ripetute davanti ai carabinieri, che – su disposizione della Procura dei minori hanno avviato le indagini. Stando alla testimonianza della donna, anche altri compagni di classe di suo figlio avrebbero subito lo stesso trattamento da parte dei bulli della scuola. A confermarlo ci sarebbero i messaggi, inviati da alcune mamme nella chat dei genitori, che racconterebbero le paure dei rispettivi ragazzi. (tratto da “La Repubblica” 29/02/2016) "MaBasta", quei 14 ragazzi della 1°A di un liceo di Lecce in prima linea contro il bullismo Al "Galileo-Costa" nasce un Movimento che sui social ha già migliaia di aderenti e che si pone l'obiettivo concreto di sconfiggere culturalmente (e non solo) il fenomeno. I dati Istat. I rischi di suicidio e autolesionismo di FLAVIA CARLORECCHIO ROMA - La 1°A del liceo Galileo-Costa di Lecce ha deciso di dire basta al bullismo. Non solo: ha creato un progetto per aiutare i ragazzi di tutta Italia a dire "Basta" assieme a loro. L’idea, nata spontaneamente, ha fatto seguito a un dibattito in classe su un grave caso di bullismo avvenuto nella scuola, che ha così indotto i ragazzi a non restare a guardare né ad accontentarsi a sterili dibattiti, limitandosi a dire la loro sul problema. Hanno dato vita così a "MaBasta" con l'idea di unire le forze dei ragazzi di tutta Italia che vogliono davvero e concretamente arginare il fenomeno, attraverso una efficace sensibilizzazione e azioni dirette. Il progetto nasce sui social. La pagina Facebook MaBasta ha già raggiunto oltre 13.000 aderenti in meno di un mese ed è in visibile crescita. La bacheca propone continui aggiornamenti e notizie sul tema del bullismo e raccoglie molti incoraggiamenti da parte di studenti, professori, genitori. In cantiere anche un sito con più contenuti. Oltre al successo sul web, i ragazzi di Lecce hanno attirato l’attenzione dei quotidiani e della televisione, colpiti dall’efficacia dell’iniziativa. Classi "debullizzate". Tra le idee dei ragazzi per coinvolgere e sensibilizzare c’è quella della “classe debullizzata”. È una chiamata rivolta direttamente agli studenti di tutta Italia: si tratta di “autocertificare” la propria classe come priva di bulli per ricevere il titolo e il bollino di “classe debullizzata”. L’obiettivo è quello di documentare moltissime classi prive di fenomeni di bullismo, così saranno i bulli a essere messi all’angolo, spiegano i ragazzi sul sito. Ilfeedback più che positivo lascia intendere che il problema sia molto sentito. Il bullismo è infatti fortemente radicato nelle scuole italiane: secondo l’ISTAT, nel corso del 2014 poco più del 50% degli 11-17enni ha subìto qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento da parte di altri ragazzi o ragazze. Alcune conseguenze drammatiche. Una statistica di Telefono Azzurro dello scorso anno evidenzia che il 10% di chi subisce bullismo tenta di togliersi la vita, mentre il 30% compie atti di autolesionismo. Una situazione con la quale le istituzioni faticano a stare al passo, specialmente quando si tratta di cyberbullismo. E se la recentissima approvazione da parte del Consiglio Regionale del Lazio di una legge contro il bullismo è un segnale positivo, i ragazzi del liceo Galileo-Costa hanno dimostrato come una risposta dal basso, “anzi, dal bassissimo” risulti essere coinvolgente, immediata e di ispirazione. (tratto da “La Repubblica” 13/03/ 2016) Scuola, il Pd di Modena: "Mandiamo i bulli a fare lavori socialmente utili" Il Consiglio comunale vota un ordine del giorno per sostituire il volontariato alle sospensioni disciplinari. MODENA - Meno alunni "dietro la lavagna" e più olio di gomito. Se proprio sono da punire, è meglio mettere gli studenti delle scuole superiori al servizio della comunità con attività socialmente utili. E' quello che chiede il Consiglio comunale di Modena sollecitando un protocollo che preveda "la possibilità di svolgere attività in associazioni di volontariato come alternativa alla misura disciplinare della sospensione per gli studenti delle scuole superiori modenesi ed eventualmente anche per quelli di terza media". La richiesta è contenuta in un ordine del giorno del Pd presentato in consiglio giovedì scorso da Grazia Baracchi e approvato con i sì di Pd e della maggioranza. Il documento, evidenziando in premessa il fenomeno crescente del bullismo contro cui è "sempre più necessario attivare percorsi di recupero per condurre i ragazzi a prendere coscienza dei comportamenti antisociali messi in atto, rafforzare il senso di responsabilità e ripristinare rapporti corretti all'interno della comunità", chiede di definire un protocollo tra Comune, l'ufficio scolastico e centro servizi di volontariato. L'idea è quella di creare percorsi educativi e formativi per gli studenti. "La semplice sanzione disciplinare è meno efficace del coinvolgimento in attività socialmente utili", dice il Pd. Per il M5s Luca Fantoni "il protocollo può servire anche per legare al territorio questi ragazzi che in qualche modo devono essere puniti". (tratto da “La Repubblica” 2/04/2016) "In aula guarderò i bulli e capirò se sono pentiti del male fatto a mia figlia" Parla il padre di Carolina che si tolse la vita a 14 anni per un video in rete di SARAH MARTINENGHI I loro sguardi si incroceranno per la prima volta mercoledì, nell’aula del tribunale dei minori, per un processo che forse non verrà mai celebrato. Da un lato i genitori di Carolina Picchio, la ragazzina di Novara che nel 2013, a 14 anni, si è tolta la vita: prima vittima del cyberbullismo riconosciuta dalla magistratura. Dall’altra i ragazzi accusati dei reati pesantissimi che hanno costituito, secondo l’accusa, il retroscena di quel tragico gesto: violenza sessuale di gruppo, divulgazione di materiale pedopornografico. Per uno di loro anche la “morte come conseguenza di altro reato”. Tutti e cinque rinunceranno a difendersi per chiedere la “messa alla prova”: la strategia riparativa che per i minorenni costituisce una possibilità di riscatto completa, con l’estinzione dei reati commessi. Lo chiederà anche, tramite il suo avvocato, l’ex fidanzato di Carolina che non potrà partecipare all’udienza. Un tuffo in Sardegna con un fondale troppo basso, l’estate scorsa, l’ha reso tetraplegico. E’ ancora ricoverato. Paolo Picchio, mercoledì ci sarà la prima udienza per la morte di sua figlia. Ha saputo cosa accadrà? «So che gli avvocati difensori chiederanno la messa alla prova che sospenderà il processo. E io non posso far altro che rimettermi a quello che decideranno i giudici». Lo dice come se non volesse esprime un’opinione: non crede che questi ragazzi abbiano compreso i loro sbagli? «Posso solo augurarmi che sia davvero così. Non voglio dare giudizi, ma il pubblico ministero è riuscito a ricostruire perfettamente tutto quello che di grave hanno fatto. In generale, ritengo non sia solo colpa loro. I genitori sono i primi a dover educare i figli al rispetto e all’uso corretto dei social network». Lei e la sua ex moglie avete deciso di partecipare anche se non potete costituirvi parte civile. Perché? «Lo dobbiamo a Carolina. Cercherò il coraggio di guardarli in faccia, per capire se hanno compreso il male che le hanno fatto». Però se supereranno la messa alla prova, i reati saranno cancellati. La colpisce? «Lo prevede il processo per i minori. Da quando è morta mia figlia io non faccio altro che battermi perché quello che è successo non sia cancellato e queste cose non accadano più. Un progetto di legge, con la senatrice Elena Ferrara, è già passato al senato. Al Fatebenefratelli di Milano è nato il primo centro anti-cyberbullismo. E i colossi come Facebook e Google si stanno muovendo per arginare il fenomeno. Ma c’è ancora molto da fare: bisogna fare rete». Ha saputo dell’incidente capitato a uno degli imputati, che è rimasto tetraplegico? «È una cosa terribile. Non l’ho saputo in maniera diretta perché non ho mai avuto occasione di incontrare nessuno dei sei accusati e nemmeno i loro genitori. Non so se per imbarazzo o per una scelta precisa. Forse lo capirò mercoledì». Lei dice sei accusati, ma al tribunale dei minori sono in cinque. Per un sesto, maggiorenne, non era stata chiesta l’archiviazione? «Si, ma il giudice per le indagini preliminari ha invece rimandato gli atti alla procura di Novara. Il processo per lui sarà a giugno e lì ci potremo costituire costituiremo parte civile». A giugno Carolina avrebbe compiuto 18 anni... Rimane in silenzio un attimo. Poi dice: «Era bella, disinvolta e normalissima. Anche quella sera. Non ho mai pensato che potesse vivere una dramma del genere. Per questo ai genitori dico: cogliete ogni segnale, anche i più piccoli, anche quelli inconsci». (tratto da “La Repubblica” 11/04/2016) Torino, selfie con la compagna epilettica. Le amiche: "Sì, prendiamo tutti in giro, disabili compresi. Che male c'è?" Parlano le studentesse della “scuola dei bulli” dove tre ragazze sono state sospese: “Ci sfottiamo tra di noi, ma da questo al selfie su whatsapp c'è una bella differenza" di JACOPO RICCA Nella scuola delle cyberbulle chi prendere in giro i compagni "è normale". Scherzi, più o meno pesanti e di cattivo gusto, sarebbero all'ordine del giorno: "Di episodi di bullismo ne capitano, come ne sono sempre capitati, ma prendersela con una ragazza che sta male è davvero troppo" dice un docente. L'autoscatto incriminato nessuno ammette di averlo visto, ma la storia della ragazza in posa per un selfie con la compagna in preda a una crisi epilettica la conoscono in molti. Tutti o quasi ammettono che il bullismo, nell'istituto professionale di Torino al centro della vicenda, c'è. Anche se il giudizio sul fenomeno non è così duro: "Quello che è successo è sbagliato, ma come ci prendiamo in giro tra noi perché non dovremmo farlo anche con loro?" dice una studentessa del terzo anno indicando i ragazzi portatori di handicap, e aggiunge: "Non si dovrebbe essere aggressivi o approfittare di una ragazza con problemi come lei. Io non c'ero, ma bisogna capire se sia andata proprio così". La foto però c'è, ed è circolata tra i compagni della classe del primo anno, quasi tutte femmine, frequentata sia dalla vittima che dalle tre poi sospese. Sull'albo della scuola c'è ancora la convocazione dei due consigli di classe straordinari convocati per il caso. Nel primo, la scorsa settimana, si era deciso di punirne una delle allieve, autrice della foto. Il dirigente scolastico, d'accordo con i docenti della classe, ha cercato di tenere riservata la vicenda, ma quello che era successo lo sapevano in molti e la notizia è circolata tra i ragazzi, i docenti e gli operatori che assistono i molti disabili iscritti: "Una ragazza l'ha accompagnata perché stava male e poi si è fatta il selfie" confermano due coetanei di un altro indirizzo. Il secondo consiglio si è riunito martedì pomeriggio. Unico punto all'ordine del giorno, "provvedimenti disciplinari", dopo la scoperta non solo che la foto era circolata, ma che su Whatsapp era comparsa anche una vignetta che paragonava la vittima a Mariangela, la figlia di Fantozzi. Così sono state punite altre due studentesse. Ad accusarle la madre della prima sospesa: "Loro tre stanno spesso assieme. Una è la leader della classe - racconta una docente - La vittima aveva queste crisi e l'hanno presa in giro sin dai primi mesi". Dietro l'episodio ci sarebbe la dinamica del branco: non si tratterebbe di un caso isolato. Spesso a finire nel mirino sono proprio i più fragili, compresi i tanti studenti disabili: "Sono anni che lavoriamo a progetti sull'educazione contro il bullismo e la discriminazione - precisa il dirigente scolastico -Qui insegniamo da sempre la tolleranza e l'accoglienza". (tratto da “La Repubblica” 30/04/2016)