Laura Beatrice Oliva Mancini

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Laura Beatrice Oliva Mancini
1 Laura Beatrice Oliva Mancini: Moglie, Madre, Poetessa Whitney Stoker Submitted under the supervision of Professor Susanna Ferlito to the University Honors Program at the University of Minnesota-­‐Twin Cities in partial fulfillment of the requirements for the degree of Bachelor of Arts, summa cum laude in Italian Studies. April 26, 2011 2 ABSTRACT: This thesis, written in Italian, explores the life of one female poet during the Italian Unification period, Laura Beatrice Oliva-­‐Mancini. Her role within the upper middle-­‐class society of nineteenth century Italy becomes apparent through the investigation of her familial relationships with her father, husband and children. The author examines her role within the nineteenth century salon culture through select poetic works and the later-­‐published diary of Laura’s daughter, Grazia. Laura’s perception of the ideals of the time also become apparent in a close reading of her tragic work Ines which portrays the last days of the Castilian noblewoman Ines de Castro. All these topics combine to depict Laura’s life within the context of nineteenth century Italy. 3 I. Introduzione Laura Beatrice Oliva-­‐Mancini nacque nel 1821. Faceva parte del Risorgimento come poetessa e scrittrice patriottica. Aveva un salotto letterario con il marito, Pasquale Stanislao Mancini, a Napoli e poi a Torino dopo essere stati esiliati dal governo Borbonico. Era moglie, madre, patriota e scrittrice. Durante il mio studio su questa donna, sono emerse alcune domande. Qual era il ruolo della donna nel Risorgimento e come s’inserì Laura nella società risorgimentale? Questa tesi esplorerà il ruolo di Laura Beatrice attraverso i rapporti famigliari e la società ottocentesca. II. Rapporti Famigliari I rapporti famigliari nell’Ottocento erano importanti per i ruoli delle donne. Anche per Laura Beatrice, i rapporti con il padre, il marito e i figli contribuirono alla formazione della sua identità. Medoro Savini scrisse una biografia su di lei. Savini fu uno scrittore e patriota italiano. Fu arrestato in Piemonte per aver aiutato Mazzini in una missione (Treccani). Da queste informazioni, si può vedere che apparteneva allo stesso movimento di Laura Beatrice. Così, si deve pensare che il suo punto di vista è tendente a descriverla in termini patriottici. Laura Beatrice veniva da una famiglia educata nelle arti da Tursi. Il padre, Domenico Simeone Oliva era scrittore, classicista e figlio di un pittore, poeta, musicista e latinista. Domenico era nominato poeta di corte da Carolina Buonaparte, la regina di 4 Napoli e Sicilia sotto il governo Napoleonico. Quando il governo Borbonico tornò a Napoli, Domenico fu mandato in esilio in Francia. Lui prese con sé Laura Beatrice e il resto della famiglia. Tornò a Napoli poco dopo. Il rapporto fra Domenico e Laura Beatrice non era solamente padre-­‐figlia, ma anche d’insegnante-­‐studentessa. Insegnò a Laura Beatrice le arti del classicismo e della letteratura (Savini 11-­‐13), ma egli non era soltanto insegnante in un senso dell’educazione formale. I suoi insegnamenti riguardavano ogni aspetto della sua vita e influenzarono profondamente la sensibilità della figlia. Negli ultimi undici anni della vita, Domenico diventò malatissimo con un morbo che gli tolse “poco a poco l’uso delle membra e perfino la forza di reggersi in piedi e di adoperare la penna (14).” Vedere il padre in questo stato permetteva a Laura Beatrice di scrivere in modo profondo sul piano dell’animo umano e di coltivare i sentimenti romantici essenziali per diventare poetessa di grande statura. Savini pensa che questa malattia paterna sia “il battesimo” per la sensibilità di Laura (16). Così, si vede che una parte molto importante per la poetessa, la sensibilità, fu coltivata attraverso il rapporto con il padre. Ovviamente, una poetessa aveva bisogno di sensibilità per scrivere le poesie emotive. Questo rapporto coltivò anche un altro tema importante nelle poesie di Laura Beatrice: la politica. Il padre era anti-­‐Borbonico e Laura Beatrice lo seguì in questo sentimento. Comunque, lei non divenne subito obiettivo dello sguardo dei Borboni. "Varii canti politici, dettati da Laura Beatrice Oliva leggevansi avidamente in tutta Italia e il governo Borbonico guardava biecamente quest'astro che sorgeva nell'Olimpo Italiano e che fino dal suo apparire prometteva di essere l'astro della libertà" (19). Non vedevano la sua potenziale forza sul piano politico. Questa cecità permetteva a Laura Beatrice di scrivere molte poesie 5 che furono pubblicate più tardi. Queste poesie la immergevano nel mondo delle poetesse del Risorgimento. Una di queste poetesse, Rosa Taddei, la mise in contatto con l’uomo che sarebbe diventato il soggetto di tante poesie e altri scritti: il futuro marito Pasquale Stanislao Mancini. Laura Beatrice e Pasquale Stanislao s’incontrarono a Napoli, ma lui era di Castel Baronia in Campania. A Napoli, Pasquale ottenne fama come giurista e filosofo. Fondò un periodico che si chiamava “Ore Solitarie” che connetteva il movimento politico del Risorgimento con quello letterario (Savini 21). Si sposarono in un matrimonio “pronubo le Muse (22).” Dopo la rivoluzione del 1848, i Mancini furono esiliati1. Viaggiarono a Torino, dove restarono fino all’unità italiana nell’anno 1861 quando tornarono a Napoli. La devozione di Laura per Pasquale è visibile sulla sua tomba. Decise di avere incisa una poesia che Laura stessa dettò e che commemorava il rapporto dei Mancini (Savini 40). La terza e ultima strofa legge così: Ricordati di me se nel mistero <<T’amo>> altra donna ti sussurra un dì 1 È importante notare qui cosa era considerato l’esilio in quel periodo. Oggi, ci sono espatriati che lasciano il proprio paese e altri che si mettono in esilio. Comunque, nel periodo del Risorgimento, l’esilio non era considerato una scelta. Molti erano messi in esilio dai governi al tempo. Il Risorgimento Italiano era un movimento non piacevole alle persone in posizioni potenti al tempo. Proponeva un cambio radicale nell’equilibrio di potere. Se le persone che proponevano questi cambi non andarono, sarebbero stati incarcerati o uccisi. Non era necessario, comunque, viaggiare una grande distanza. In Italia in quel periodo, c’erano tanti piccoli paesi che erano situati nella penisola che adesso è l’Italia. Così, l’esilio nel periodo del Risorgimento era necessario per sopravvivere. In generale per i patrioti, l’esilio era anche considerato temporaneo. Pensavano che l’Italia sarebbe unita a qualche punto nel futuro (Maurizio). 6 Dimmi almeno amor mio nel tuo pensiero Oh! Un’altra mai non m’amerà così! (41) In questa strofa, si vede l’affetto che Laura aveva per Pasquale. Decideva di dichiarare l’amore per il marito così che tutti si ricordino del suo amore quando visiteranno la sua tomba. Quest’azione mostra la devozione al marito. Com’era invece il rapporto fra Laura e i figli? Com’era questo rapporto in confronto a quello con Pasquale? La questione del rapporto fra madre e figlio/figlia è aumentata quando si legge alcune citazioni di Impressioni e Ricordi della figlia, Grazia. Dalle ottantotto volte che la parola “mamma” c’è scritta, la maggior parte si riferiscono ad altre donne o lodano Laura. Comunque, non ci sono scene intime con la madre e la figlia. In un episodio del suo diario, Grazia descrive il suo ruolo come madre dei suoi fratelli. Il babbo e la mamma partirono in prima classe, e noi tutti con la bambinaia in seconda. Nostra compagna di viaggio era una vecchia signora e non doveva veder bene: ella notò mia sollecitudine per le piccole sorelline e mi scambiò per la loro mamma….A quindici anni mamma di una bimba di sei! Non ci sarebbe male…Ma io non volli smentirla, assunsi l’aria matronale e incominciai a rispondere con sussiego alle sue domande: ‘Sì, certo, i figliuoli danno molti pensieri! Ella non può immaginare, mia buona signora, quanto ho da fare! Sono io che penso a tutto; io che cucio i loro vestitini, io che insegno loro a leggere…’ In fondo dicevo il vero! (Pierantoni-­‐Mancini 23-­‐4) Questa citazione è interessante quando si considera il ruolo della figlia in questa società. Nel suo libro Sotto Lo Stesso Tetto che descrive varie situazioni famigliari ed esamina alcuni rapporti familiari, Marzio Barbagli utilizza le lettere dell’Ottocento per descrivere la deferenza e “umiliazione” che i figli dovevano avere per i genitori (282). Nelle formule di commiato utilizzate da figlie e figli in questo periodo, ci sono parole come “servo/a” e 7 “umilissimo/a” che ricompariscono molte volte. Ovviamente, tutto il potere restava con i genitori in questa società. Così, Grazia facendo finta di essere la madre dei suoi fratelli e le sue sorelle, si dava un po’ d’importanza, o almeno di più. Un’altra citazione che mostra il rapporto fra Grazia e Laura è questa: Ieri una donna che viene a pettinarmi mi fece andare in collera… —Signora—
mi disse con voce compassionevole—si vede che avete la madrigna! Altrimenti non vi levereste così presto nè lavorereste tanto! /Divenne rossa di sdegno/ la bella, affettuosa mammina presa per la madrigna! –Ma io mi levo presto, lavoro e studio per mia elezione! Lo hai creduto perché mammina è tanto giovane da sembrare appena mia sorella, ed io sono cresciuta in fretta?...T’inganni! (Pierantoni-­‐Mancini 68) Qui, si vedono alcuni punti importanti. Sembra che Grazia sia protettiva nei confronti della madre. La difende contro il commento della donna. Infatti, si arrossisce di sdegno. È diverso arrossirsi per sdegno piuttosto che per timidezza o imbarazzo. Sembra che Grazia è colta di sorpresa da questo commento e sente che deve difendere le proprie decisioni e la madre. Questa faccenda è anche in contrasto con quella nel treno. Non approfitta dello scambio per alzarsi nella società per un momento, ma afferma il suo posto come figlia devota, che sembra quasi coetanea della madre, perché cresciuta per i suoi doveri velocemente. Grazia anche descrive il sentimento che lei ha per la madre in contrasto con quello per il padre. Lo descrive come “più tenero…mi sembra qualche volta di essere la sorella maggiore” (69). Questo è interessante perché secondo Barbagli, per i fratelli o sorelle nati fra 1821 e 1845, tutte e cinque le lettere studiate utilizzano il “tu” (298). Per i figli nati nello stesso periodo, nelle diciotto lettere studiate, sette utilizzano “Vostra Signoria, ella, o 8 lei” e undici usano il “tu” (296). Questa diversità nella deferenza tra fratelli e genitore-­‐
figlio/a indica una deviazione dalle norme. Sembra che Grazia avesse un rapporto meno formale con la madre. Sebbene non ci siano lettere fra Grazia e la madre, potrebbe essere che Grazia utilizzava il “tu” con la madre invece di una salutazione più formale. Quest’assenza di alta formalità è anche visibile nel salotto dei Mancini. III. Il Salotto Grazie alle Impressioni e Ricordi di Grazia, abbiamo un’idea di com’era il salotto dei Mancini. A Torino, la famiglia Mancini aveva un ruolo importante nella società. Erano considerati pietosi, sensibili, patrioti e rispettati. Laura Beatrice “prese bella parte alla fondazione della scuola per le allieve maestre e si dedicò sempre al miglioramento dell’istruzione popolare” (Savini 24). I rapporti sociali della Mancini appartenevano molto alla cultura del salotto dell’Ottocento. A Napoli, la Mancini aveva amiche come Irene Ricciardi, Giuseppina Guacci Nobile, Elisa Liberatore, e Paolina Ranieri. Per stare in contatto con gli esiliati di Napoli, i Mancini aprirono un salotto a Torino, come avevano fatto a Napoli. I salotti nell’Ottocento in Italia erano importanti per gli intellettuali perché lì potevano esprimere i desideri politici. Non si potevano pronunciare i sentimenti anti-­‐
Borbonici negli spazi pubblici. Da questo bisogno di poter dialogare con i pari sulle condizioni sociali e politiche nacque il salotto. Grazia ci da un’idea concreta della struttura fisica del salotto. Il 15 dicembre, 1856, menziona, “Come è bello, luminoso il nostro nuovo salone dalle pareti verdi e oro! Dall’ampio balcone si gode una vista incantevole…Ricominceremo i ricevimenti del sabato; 9 vi è tanto spazio e verrà molta gente, si ballerà forse,” (6-­‐7). Lei elabora più tardi. Lei udì musica e persone gioconde avvicinandosi alla casa. Babbo e mamma che ancora erano in salone a conversare, attirati anch’essi da’ suoni, si affacciarono, e riconosciute alcune delle persone che componevano la brigata, la invitarono a salire…Sentii la mamma invitare le signore per l’ultimo dei nostri ricevimenti. Gli amici più fidati vengono seralmente, ma per l’ultimo sabato della stagione l’invito era più largo: si sarebbe fatto musica e poi danzato per divertire le molte conoscenze, (38) Grazia anche nomina quelli che vengono a visitare i Mancini. Giannina Milli, una poetessa, “è ora spesso con noi” (191). Antonio Scialoja e sua moglie Giulia, il generale d’Ayala e sua moglie Giulia, l’avvocato Tofano, il poeta Biagio Miraglia, Pietro Leopardi, Francesco Trinchera, Angelo Grillo, l’abbate Rosei, Achille Pansa “e tanti e tanti che vorrei nominar” vennero a casa Mancini una sera in Agosto nel 1858 (61). Qui, si vede che Laura Beatrice aveva tante persone nella sua casa con cui poteva parlare e scambiare idee. Nel salotto, Laura Beatrice svolgeva il ruolo complesso della padrona di casa. Prima di tutto, lei invitava tutti gli intellettuali a casa sua per parlare e discutere vari temi. I giovani che venivano al suo salotto avevano il ruolo di corteggiare la padrona, ma anche lei aveva il ruolo di essere una “donna-­‐madre” (“Maschile, Femminile” 9). I giovani imparavano dalla padrona l’arte di conversare e le abitudini sociali (6). Questo tipo di rapporto aveva molti incentivi per le donne nell’Ottocento2. 2
Cristina Belgioioso scrisse un saggio chiamato Della presente condizione delle donne e del loro avvenire che spiega le sue opinioni sul ruolo e le capacità delle donne. Descrive come da gran tempo le donne sono soggiogate nella società perché esistono pregiudizi “medievali” (1). Dichiara 10 Negli scritti di Laura Beatrice, è possibile vedere il rapporto con il mondo dei patrioti. Secondo Maria Teresa Mori, Laura Beatrice apparteneva a un movimento letterario che creava un’identità femminile attraverso i valori e “cittadinanza femminile” (“Poetesse” 34). Il linguaggio e le parole specifiche che Laura Beatrice usa nelle poesie creavano un’atmosfera di patriottismo. Una di queste poesie è intitolata “A Vittorio Emanuele, Re d’Italia.” È la prima poesia nel libro di poesie scritto da Laura Beatrice che è intitolato Patria Ed Amore. Contiene tredici strofe di otto righe. La cosa più interessante di questa poesia è l’uso di Laura Beatrice delle frasi tipicamente patriottiche. Prima di tutto, il titolo non era vero al tempo. La poesia è stata scritta nel Marzo 1860. Vittorio Emanuele II non era coronato fino all’anno seguente, il 17 marzo 1861. Comunque, nell’anno 1860, c’era molta speranza per l’unificazione dalla parte dei patrioti. Così, fare un riferimento all’Italia come un’intera o a Vittorio Emanuele II come il Re d’Italia esprimeva una speranza realistica. che le donne nascondono le loro forze (2). Anche descrive come le donne, in una maniera un po’ contorta, possono esprimere le opinioni attraverso gli uomini. La loro azione è, per così dire, subdola, nascosta, dissimulata. Per non offendere l’orgoglio e la vanità dell’uomo, la donna si cela dietro di lui ch’essa vuol condurre, lo muove a suo capriccio lusingandone la vanità; gl’ispira, ma non gli suggerisce i pensieri che la dominano, e riesce sovente a persuadere il proprio signore, che i pensieri così artificiosamente presentatigli sono frutto del suo trascendente ingegno. (10) In questa citazione, si può vedere come un salotto sarebbe utile per una donna. Come padrona di casa, conversa con gli uomini e può influenzarli sottilmente. In un ambiente come il salotto dove la donna era più rispettata, questa faccenda sarebbe anche più facile. 11 L’uso del linguaggio patriottico è anche notevole in questa poesia. Nella prima strofa, Laura Beatrice scrisse, O eletto a compier la più bella impresa Cui pien di maraviglia il mondo onori, D’un ardente gioir l’anima accesa Cingi, o Signor, gl’invidiati allori. Vendicator di nostra antica offesa, Ben è ragion che Italia tua ti adori; Nel plauso ella d’amor concorde e unita In te il suo Prence e la sua gloria addita. (Patria 5) Qui, Laura Beatrice utilizzò parole come “Vendicator” e “Prence” per descrivere Vittorio Emanuele II. Questi furono termini patriottici spesso usati. Un’altra frase spesso usata quando si descrisse la storia d’Italia fu “nostra antica offesa.” Grazia scrisse sul soggetto: “È certo che presto scoppierà la guerra, che con l’aiuto della Francia vinceremo l’Austria e che presto finirà il regno de’ Borboni, che Guglielmo Gladstone ha qualificato ‘la negazione di Dio,’” (11). Quando la guerra era finita, Grazia e anche Vittorio Emanuele II avevano sentimenti dolceamari sull’alleanza con la Francia. Leggo il discorso inaugurale del Re…Là dove tocca della necessità di cedere Nizza e Savoia alla Francia mi stringe il cuore…Sono belle e commoventi le ultime parole: “La patria…non è più l’Italia de’ Romani, nè quella del Medio Evo: non deve essere più il campo aperto alle ambizioni straniere, ma deve essere l’Italia degli Italiani…” Di tutti, di tutti gli Italiani, e presto, nostro buon Re! Soltanto che stendiate la mano i popoli accorreranno a serrarsi intorno a voi…Gli ultimi oppressori saranno scacciati per sempre…Noi applaudiamo a 12 voi, che siete la speranza della Nuova Italia vicina a sorgere dalle ruine… (Pierantoni-­‐Mancini 129) Questa citazione mostra il rapporto precario fra gli Italiani e i Francesi, specialmente nella storia risorgimentale che fu cominciata dal colonialismo nel periodo Napoleonico e fu finito dall’alleanza fra l’Italia e la Francia. Comunque, questo rapporto fragile era importante all’unità d’Italia. Sebbene “A Vittorio Emanuele Re D’Italia” fosse una poesia patriottica, Laura Beatrice manteneva l’arte di conversare. In ogni strofa della poesia, usava almeno una forma della seconda persona. Disse cose come, Da quel punto ogni speme ha in te raccolta, E ad ogni legge ria fatta rubella L’empie minacce de’ superbi sfida, E nel tuo brando e nel tuo cor s’affida. (Patria 5) La ripetizione del tuo e l’uso di te è dappertutto in questa poesia. Se non si vede tu, si vede tuo, te o ti. Questo linguaggio intimo riprende il ruolo anche intimo della padrona di casa nel salotto. Un altro caso di questo stesso linguaggio appare nel gruppo di poesie intitolato “La Lodola Messaggiera3.” La “chiamata e risposta” della conversazione è distinguibile in tutto 3 È interessante notare che l’uso della “lodola” come messaggero era stato usato anche da Percy Bysshe Shelley, il famoso poeta romantico. Le somiglianze delle poesie dimostrano come Laura Beatrice era in sintonia con la società e le idee dell’ottocento. Shellley scrisse una poesia che era chiamata “To A Skylark” nel 1820. In questa poesia, Shelley descrive la lodola in una maniera che si fa conoscere il significato della lodola per tutti in quel periodo. Era considerata una creatura celestiale. Volava così alto che non si poteva guardarla, solo udirla. Shelley ricostruì questo sentimento nella quarta strofa della sua poesia. “The pale purple even / Melts around thy flight, / 13 ciò che lei scriveva, ma è più ovvio in “La Lodola Messaggiera.” In queste poesie, Laura Beatrice scrive un’ode alla lodola messaggiera, e il marito risponde. I termini, le voci, e lo stile delle poesie seguono i ritmi e gli scambi di una conversazione. In queste poesie dei Mancini, usavano frasi e messaggi simili per costruire una conversazione. Comunque, i riferimenti e le strutture delle poesie sono diversi. Laura Beatrice scrive dieci strofe di quattro righe. Pasquale Stanislao scrive dieci strofe di sei righe. Nella prima strofa, Laura Beatrice si riferisce la lodola nella mattina. Lei descrive l’uccello nell’abitato naturale. “Lodoletta dal ramo d’oliva/Tu saluti l’aura del dì!” (Patria 243). Pasquale Stanislao, dall’altra parte, descrive la lodola nella sera: Or che il sol volgendo a sera Spiega pallido il suo monto, Lodoletta messaggiera, Che favelli col tuo conto? (Patria 245) Utilizzavano la differenza nella temporalità per praticare l’arte di conversare attraverso la poesia. Laura Beatrice scrive nella quinta strofa, Taci, taci! quel tronco sospiro, Quell’addio sovra il cor mi piombò, Like a star of Heaven / In the broad day-­‐light / Thou art unseen,—but yet I hear thy shrill delight” (Shelley). C’è anche una connessione tra la lodola e poeti in generale. Shelley scrisse, “Like a Poet hidden / In the light of thought, / Singing hyms unbidden, / Till the world is wrought” (Shelley). Questa non era una costruzione di tutta la società. Era una costruzione dei poeti romantici (e altri) che relazionava i poeti con la natura. I romantici pensavano che la natura avesse una conoscenza più alta di quella che veniva da libri o dell’industria. Tutte le creature nella natura, poi, avessero conoscenza più alta. Anche pensavano che la poesia fosse un metodo per trasmettere e glorificare questo tipo di conoscenza. L’uso della lodola come simbolo del rapporto uomo-­‐natura era tipicamente romantico. 14 Ahi! fu voce di mesto deliro! La sua fida in quel punto nomò, (244) Pasquale Stanislao risponde con un messaggio simile nella quarta strofa. Tacque, e l’alma accompagnarmi Parve allor che a vol sorgei: Poi pensando che a posarmi Sul tuo seno io mi verrei, Da lontan mi richiamò, Ed un bacio mi donò, (246) La devozione della coppia è visibile in questa poesia. Dimostra al lettore le sensibilità4 e l’amore fra tutte e due. Quest’amore è anche visibile nell’opera teatrale Ines: tragedia di Laura Beatrice Oliva-­Mancini. In quest’opera, Laura esplora come i rapporti famigliari funzionano nel mondo patriottico. 4 È anche importante notare un tipo di sensibilità romantica che, come Ugo Foscolo descrive nel libro Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis. , crea un rapporto stretto tra natura e uomo. Il personaggio “Ortis” è un soggetto romantico ideale. Come la lodola, era legata alla terra e la natura. In una lettera, Jacopo scrive, “Splendi su splendi, o Natura, e riconforta le cure de’ mortali” (Foscolo 65-­‐66) . Questa citazione dimostra la sensibilità. Essere sensibile vuol dire avere la conoscenza della natura, non necessariamente dei libri. William Wordsworth, un altro poeta romantico, descrisse quest’idea perfettamente nella poesia “Lines Written in Early Spring”: “One impulse from a vernal wood / May teach you more of man, / Of moral and of good, / Than all the sages can,” (Wordsworth). Secondo le idee dei romantici, la lodola, come parte di natura, aveva questo tipo di conoscenza ed era anche legata ai poeti. Come grande poetessa, Laura Beatrice forse avrebbe letto “To A Skylark,” e avrebbe capito l’importanza della lodola. 15 IV. Ines Nel 1842, Laura scrisse Ines: tragedia di Laura Beatrice Oliva-­Mancini5. Dedicò l’opera teatrale a Pasquale Stanislao. In questa dedica, Laura Beatrice scrisse, A te Sposo dolcissimo Parte più cara dell’esser mio Cui nell’aprile della vita Mi strinse Il mio primo unico ed inestinguibile amore Quest’umile primizia 5 Ines: Tragedia di Laura Beatrice Oliva-­Mancini concentrava sulla vita di Ines de Castro. Nel 1325, nacque Ines de Castro che diventerebbe il soggetto di tante poesie e molti spettacoli. Morì nel 1355. La sua storia non era famosa per via delle sue azioni, ma per quelle del Principe Pietro I di Portogallo. Lui innamorò di lei quando lei venne alla corte come dame di compagnia di Costanza Manuel, la moglie di Pietro. Quando Costanza morì, Pietro volle prendere Ines per moglie. Comunque, il Re Alfonso IV non voleva che Pietro si sposasse con Ines perché potrebbe aumentare l’influenza castigliana sul principe. Tre cortigiani del re, Pêro Coelho, Álvaro Gonçalves e Diogo Lopes Pacheco, persuasero il Re che la soluzione migliore sarebbe stata di uccidere Ines. Quando Piero si rese conto della faccenda, creò un esercito per fare vendetta verso il padre. Tuttavia, la regina convinse Pietro di fare pace. Pietro promise di non fare niente né al padre né ai tre cortigiani. Subito dopo la morte del padre, Pietro vendicò quella dell'amante. Uccise due dei tre cortigiani (uno era scappato in Francia) davanti al castello. In un atto che evocò la giustizia poetica, faceva che i cuori dei traditori erano rimossi perché loro hanno rimosso il cuore del principe quando hanno ucciso Ines. Piero dichiarò che si fossero sposati segretamente, ma non c'era nessun altro per avvalorare quest'affermazione del re. Comunque, Ines diventò regina dopo la morte. Secondo il mito, Piero disseppellì il cadavere di Ines e fece tutta la corte baciare la sua mano per giurare la propria fedeltà alla regina (Rebaudi 27-­‐34). 16 De’ miei tragici studi Perché i casi d’Ines e di Piero Sieno a noi memoria Di lunghe pene durate E di saldissima costanza Ed a’ nostri figliuoli Quando io dormirò il sonno eterno Testimonianza dell’immenso affetto Che accende le anime nostre Fida tenera amatissima Consacro (“Ines” pagina non numerata) Questa dedica illumina i sentimenti di Laura. Descrive perché vuole scrivere su questo soggetto e fa riferimento ai figli. Nel 1842, nacque Grazia. Così, quando Laura scrisse Ines, era o incinta di Grazia o Grazia era appena nata. Come nella tomba voleva consacrare il suo rapporto matrimoniale, così voleva farlo per quello con i suoi bambini in Ines. Alla fine della tragedia, similmente all’iscrizione nella tomba, il personaggio Ines dice al consigliere, Vanne al lor padre [Piero] E digli ch’io morendo A lui rivolgo ogni pensier, che il suo Nome adorato nel sospiro estremo Avrò su’ labbri! (Ines 89) Questa citazione sostiene l’idea che questo rapporto era il più importante nella vita. Mentre muore, la protagonista ricorderà il suo amore per il marito. Questa tragedia documenta molti pensieri di Laura Beatrice. Si lega alla protagonista in una maniera interessante. Per esempio, quando Laura Beatrice scrisse Ines, sembra che avesse in mente un momento nella vita quando il futuro suocero volle negarle il 17 diritto di essere moglie di Pasquale Stanislao, similare alla storia di Ines. Savini scrisse su questo soggetto, “Invano il genitore tentò opporsi alla volontà del figlio” (22). Nella dedica quando Laura menziona “lunghe pene durate”, si possono distinguere le somiglianze fra Laura e Ines. Qui, prima di iniziare l’opera, la scrittrice illumina due punti. Il primo è il sentimento di discordo nella famiglia Oliva-­‐Mancini. Il padre Mancini, il Conte, ovviamente non considerava l'Oliva una donna meritevole dell'amore di Pasquale Stanislao. Nelle ultime due righe, informa il lettore che, sebbene lui fosse contro il matrimonio, gli sposi novelli continuarono a imporre i loro sentimenti forti sul padre. Il secondo è il legame fra la scrittrice e la protagonista. Nella dedica, Laura Beatrice si paragona alla consorte Ines. È probabile che Laura Beatrice scrisse quest'opera pensando a se stessa. In più, considerando che Grazia era nata nello stesso anno, la scrisse sapendo di voler far “carriera” come madre-­‐patriota. Per questo, partecipa nello sviluppo di Ines come personaggio. Un altro aspetto interessante che si svela in Ines è l’importanza del rapporto fra madre e figli. Nell’ottocento era importante essere madre, ma qual era il rapporto e com’era tra madre e figli? Queste domande non sono chiarite nella tragedia. Invece, diventano più profonde. Le prime parole che Ines recita sono dette a Piero. Disse Partir sì tosto? Appena i primi amplessi Desti a’ teneri figli, appena io posso Pascer quest’occhi dell’amata vista Dopo un soffrir sì lungo! (Ines 16) Il primo lamento che Ines fece a Piero riguardava la partenza inopportuna dei figli. Così, mette l’evidenza sull’importanza del rapporto padre-­‐figlio. Anche, si definisce come madre prima di amante con l'ordine delle dichiarazioni. 18 È anche importante definire il ruolo dei figli. Secondo Piero, lui e Ines si sposarono, ma lui era la sola persona che poteva dare testimonianza. Così, Laura doveva chiarire il rapporto fra Piero e i figli. Nell'atto terzo il Re Alfonso scoprì i due figli di Ines e Piero mentre Ines non era vista. Quando Ines si mostrò, il Re chiese chi era e rispose che era la loro madre. Alfonso chiese se fossero "figli di colpa," e Ines rispose: Ah no! di sacro nodo Nati in me sono: alla virtù più vera, Ed al più puro amor sacri son essi; Al ciel dinanzi, e innanzi a te lo giuro (53) In questo momento, Ines dichiarò che il rapporto fra lei e Piero e i figli fossero legittimi, sebbene il Re non li riconoscesse. Allo stesso tempo, Laura Beatrice anche affermò la legittimità del suo matrimonio con Pasquale Stanislao, sebbene il suocero fosse stato contro la coppia. Siccome il rapporto fra Laura e i suoi figli non è chiaro, lei chiarisce una cosa in Ines: la donna patriottica può avere un ruolo più attivo. Una caratteristica in comune fra le due donne è l'abilità di cambiare la situazione politica. Laura Beatrice partecipava nel Risorgimento da giovane (Savini 19). Ovviamente, il cambiamento dal governo Borbonico (a Napoli) a quello dell'unificazione era eccezionale. Non era uno sforzo né singolare né debole. Ci voleva uno sforzo potente per cambiare la politica della penisola così totalmente, e Laura Beatrice faceva parte di questo sforzo. Similmente, nell'opera teatrale, il fatto che il Re non sosteneva il rapporto fra Piero e Ines creò un'opposizione verso il re. Nella prima scena del quarto atto, Piero si rivolse a un gruppo di congiurati con queste parole: 19 …Se l’armi Al vostro prence offriste; appien securo Affiderommi in voi, dove il re voglia Esser nemico al figliuol suo (68) In questa scena, l’esistenza di un gruppo di congiurati testimoniò che Ines abbia il potere di creare un cambiamento come Laura Beatrice. A proposito dei cambiamenti politici, entrambe le donne si sacrificarono per realizzare quello che volevano. Comunque, c'era una differenza fra le due donne; ambedue volevano qualcosa di diverso. Laura Beatrice voleva i cambiamenti che venivano nel Risorgimento. Sacrificò di vivere a Napoli per realizzare questi cambiamenti. Dall'altra parte, Ines non voleva che il Principe e il Re fossero in conflitto perché di conseguenza la loro e la sua patria sarebbe stata in pericolo. Effettivamente, disdegnava l'idea di questo tradimento. Disse a Piero con i congiurati: Sei tu quel Piero ch’io tant’amo? il padre Sei tu de’ figli miei?...gelo in pensarlo! Ah sposa io son d’un traditor, d’un mostro Da cui natura già distorna il guardo/ Inorridita!... (Ines 73) Dimostrò il suo altruismo in queste parole. Era pronta a sacrificare tutto, anche la vita, per tenere insieme la famiglia reale e la patria. Infatti, alla fine, si diede in sacrificio per la famiglia e la patria. In più, chiede al traditore Paceco di ucciderla. Dice, "Io vo’ la morte!/ Ah duolmi sol che la tua destra infame/ Alfonso scelse a trucidarmi" (Ines 95). Scrivendo questo, Laura Beatrice cambiava la storia di Ines. L'esecuzione che era, originalmente, a mano di Paceco, diventò un po' a mano di Ines stessa. Lei non fece resistenza alla spada. Cambiava una storia di tradimento e vendetta a una di sacrificio. Anche, Laura Beatrice cambiava la parte 20 della storia memorabile, la vendetta di Piero. Nell'opera, Piero solamente la contemplò. Con questi cambiamenti alla trama, l'autrice faceva Ines la protagonista della propria storia. Così, le donne dell'epoca avrebbero un'ideale cui potevano aspirare. Ines era una madre-­‐
patriota che si sacrificò per i suoi figli e per la sua patria. V. Conclusione In tutti i suoi scritti, Laura Beatrice presenta il lettore con chiavi di lettura per capire la cultura patriottica e la propria vita. Le poesie dimostrano come l'arte di conversare era usata nei salotti che faceva gran parte della cultura del tempo. In Ines, parti della vita dell'autrice sono illuminate, e un manuale per tutte le donne risorgimentali è sviluppato. Con questi scritti, è possibile avere un'idea più ampia dei rapporti di Laura Beatrice. Durante l’Ottocento, i rapporti erano importanti per le donne; le definivano. Laura Beatrice Oliva-­‐Mancini era definita attraverso i suoi rapporti. Era una buona figlia che cresceva in un’atmosfera che coltivava le idee artistiche. Diventò sensibile nel rapporto con il babbo. Era buona sposa che pensava al marito anche mentre stava morendo, e costruiva monumenti a quell’amore per rimanere così anche dopo la morte. La sua lealtà a Pasquale la rendeva una donna stupenda per il periodo. Il rapporto con la madre e anche quello con i figli vivi e morti sono difficili spiegare perché la cultura non aveva un genere letterario che esplorava quest’aspetto della vita materna. Nei pensieri del biografo Medoro Savini e negli scritti di Grazia, si vede l’immagine pubblica della Mancini. Nei propri scritti, si vede come Laura Beatrice rappresenta i rapporti. O mostra al lettore com’è complicata la vita di una madre e moglie, oppure 21 afferma le caratteristiche fondamentali di una patriota. Leggendo la poesia e gli scritti della Mancini, si capisce meglio la vita ottocentesca e il ruolo della donna nella società. Attraverso i rapporti, la donna si definisce come madre e moglie, padrona e patriota. Niente riassume meglio le idee della Mancini che la poesia che Laura scrisse per la morte dell’amica Maria Giuseppina Guacci: “L’ora in cui fia gran vanto è già vicina/D’esser madre, consorte e cittadina” (Patria 109). 22 Bibliografia Barbagli, Marzio. Sotto lo stesso tetto: Mutamenti della famiglia in Italia dal XV al XX secolo. Bologna: Società editrice il Mulino, 1984. Print. Belgioioso, Cristina. Della presente condizione delle donne e del loro avvenire in «Nuova Antologia», vol.I n. 1,1866; ristampato in Il 1848 a Milano e Venezia, Feltrinelli, Milano, 1977. Print. Di Giorgio, Michela. Le Italiane da Unità a Oggi: modelli culturali e comportamenti sociali. Roma: Laterza, 1992. Print Foscolo, Ugo. Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis. Milano: Giangiacomo Feltrinelli, 2004. Print Maurizio, Isabella. Risorgimento in Exile: Italian émigrés and the liberal international in the post-­Napoleonic era. New York: Oxford University Press. 2009. Print. Mori, Maria Teresa. “Maschile, Femminile: L’identità di Genere nei Salotti di Conversazione.” Salotti e Ruolo Femminile in Italia. Ed. M. L. Betri and E. Brambilla. Venezia: Marsilio. 2004. Print -­‐-­‐-­‐. “Le poetesse del Risorgimento tra formazione letteraria e controllo morale” Passato e Presente. Firenze: La Nuova Italia. 1982. Print. Oliva-­‐Mancini, Laura Beatrice. Ines: tragedia di Laura Beatrice Oliva Mancini. Firenze: La Società Tipografica, 1842. Print Oliva-­‐Mancini, Laura Beatrice. Patria ed Amore. Firenze: Successori le Monnier, 1874. Google Books. Web, 20 Feb. 2010. Pierantoni-­‐Mancini, Grazia. Impressioni e Ricordi, 3rd ed. Milano: L. F. Cogliati, 1908. Google Books. Web. 24 Feb. 2010. 23 Rebaudi, Lía N. Uriarte. “Inés de Castro, Mártir y mito.” Inês de Castro: Studi. Estudos. Estudios. Ravenna: A. Longo Editore, 1999. Print. Russo, Angela. “Nel Desiderio delle Tue Care Nuove.” FrancoAngeli Storia: Milan, 2006. Print. “Savini, Medoro” Treccani.it. Web. 17 Apr. 2011. Shelley, Percy Bysshe. “To A Skylark.” Norton Anthology of English Literature, 7th ed., vol 2. Ed. M.H. Abrams. New York, London: W.W. Norton & Company, 2000. Print. Wordsworth, William. “Lines Written in Early Spring.” Norton Anthology of English Literature, 7th ed., vol 2. Ed. M.H. Abrams. New York, London: W.W. Norton & Company, 2000. Print.