GUS VAN SANT - Centro San Fedele
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GUS VAN SANT - Centro San Fedele
mente di chi l’ha pensato, avrebbe forse voluto fondere anarchia di pensiero, utopismo e poesia ma, che nel complesso mi è parso piuttosto velleitario e un po’ soporifico. Milk LETIZIA SERENA RAGONA Film che mi ha lasciato poco. Buona la colonna sonora. regia GUS VAN SANT sceneggiatura DUSTIN LANCE BLACK fotografia HARRIS SAVIDES montaggio ELLIOT GRAHAM musica DANNY ELFMAN interpreti SEAN PENN - DIEGO LUNA - EMILE HIRSCH JAMES FRANCO - JOSH BROLIN GUS VAN SANT 24.07.1952 - Louisville (USA) 2008 2007 2006 2005 2003 2002 MarsDISCUSSI - dove nascono i sogni 182 FILM INSIEME Milk Paranoid Park Paris, je t’aime Last Days Elephant Gerry nazione USA distribuzione BIM durata 128’ 2000 1998 1997 1995 1993 1991 1989 1985 Scoprendo Forrester Psycho Will Hunting - Genio ribelle Da morire Cowgirls il nuovo sesso Belli e dannati Drugstore Cowboy Mala Noche Milk 183 La storia Il giorno del suo quarantesimo compleanno Harvey Milk abborda in metropolitana il giovane Scott Smith, con il quale passa la serata e la notte. Tra i due nasce una storia d’amore e la coppia gay si stabilisce nel quartiere di Castro, a San Francisco, dove apre un negozio di fotografia nonostante i pregiudizi di molti. Pian piano, però, la comunità gay del quartiere si va rafforzando, ma arriva il giorno in cui Harvey si rende conto che per difendere i diritti dei gay, ripetutamente calpestati dalle autorità, è necessario impegnarsi in politica. Si candida così al consiglio comunale, ma solo dopo lunghi anni di lotte riesce a vincere. Nel 1977 Milk diventa il primo uomo dichiaratamente gay ad assumere una carica politica. Nel frattempo la sua storia con Scott Smith finisce e ne comincia un’altra con Jack Lira, mentre il suo peso politico continua a crescere a discapito di quello del suo rivale, Dan Smith. Esasperato dal suo fallimento, Smith, in un momento di follia, uccide prima il sindaco Moscone e poi Milk, che riceve il suo ultimo saluto da una folla commossa nella sua amata città. La critica Bello, civile, tradizionale ma appassionato film biografico in cui Gus Van Sant riunisce le sue due anime, quella di un autore di una super produzione per chi ha votato Obama e quella off limits che si esercita, tra finzione e documenti, sugli ultimi 8 anni di Harvey Milk: il primo gay dichiarato eletto a una carica pubblica nel 1977 nella San Francisco di Castro street e prontamente assassinato l’anno dopo da un collega della maggioranza sessuofobica ma non silenziosa. In un incastro di tempi, con inizio al registratore alla Billy Wilder, il film scorre con impeto razionale senza cedere a commozioni e retoriche. Dopo i tre magnifici film di Gus su una generazione autodistruttiva, “Milk” è un altro esempio di morte annunciata ma che ci lascia in eredità un messaggio positivo e una prova straordinaria e raffinata di attore, Sean Penn misurato e ispirato come solo un etero. Maurizio Porro, Il Corriere della Sera, 30 gennaio 2009 Milk DISCUSSI INSIEME 184 FILM Tra i migliori registi in attività oggi, Gus Van Sant alterna film decisamente indipendenti con produzioni mainstream, più tradizionali e interpretate da star. Quel che è certo, è che non fa mai cose banali. Come in questo Milk, biografia dell’ attivista gay “nominata” all’Oscar (e prima ai Golden Globes), sia come miglior film sia per l’interpretazione (davvero notevole) di Sean Penn. Compiuti da poco i quarant’anni, Harvey Milk si trasferisce con il compagno Scott nel quartiere popolare di Castro, San Francisco, che sta diventando porto franco per gli omosessuali, all’epoca apertamente perseguitati, picchiati, additati al pubblico disprezzo come pericolosi pervertiti. Gradualmente, si scopre una tempra di combattente e un forte istinto politico, un carisma di eroe per caso che lo obbliga a farsi paladino dei diritti della comunità gay. Bocciato più volte alle elezioni non si tira indietro, ma ritenta fin quando, nel 1977, è eletto nel “board of supervisors” (i consiglieri comunali) di Frisco, amministrata dal sindaco George Moscone. Da lì, promuove una battaglia civile per difendere i cittadini dai licenziamenti per orientamento sessuale; inoltre, deve parare i colpi dell’ integralismo religioso rappresentato da Anita Bryant (una specie di Sarah Palin dell’epoca) e battersi contro un referendum statale che mira a cacciare dalle scuole gli insegnanti gay e chi li sostiene. Abile oratore, Milk affronta bene i dibattiti televisivi; ma soprattutto sa mobilitare le piazze, con l’aiuto di un gruppo di giovani militanti che ha convinto a sposare la causa. Anonimamente minacciato di morte, non sa che il vero pericolo viene da un collega, Dan White, altro consigliere eletto insieme a lui dietro la cui “normalità” di padre e marito esemplare si cela la follia. Nei casi di biopic basati su vicende reali, è uso compiacersi se il regista non fa il santino del protagonista. In Milk, però, c’è parecchio di più. Van Sant immerge lo spettatore in un perfetto contesto d’epoca, mischiando la pellicola nuova (trattata con colori anni 70, alla “Woodstock”) a riprese di repertorio, con l’aggiunta di idee originali: come lo split-screen, il mosaico visivo che suddivide lo schermo in tanti piccoli schermi, a restituire il corrispondente visivo del “passaparola”. Altro merito, quello di non enfatizzare o additare troppo gli elementi già “forti” del film: come la trasformazione della politica in spettacolo, per la quale gli anni 70 furono decisivi, o una sorta di fatalismo drammatico implicito negli eventi (alcuni degli amanti di Milk si tolsero la vita). Saggia- CRISTINA BRUNI ZAULI Un’immensa malinconia, uno struggente senso di solitudine che rimane attaccato allo spettatore dopo la visione di questo film e non lo abbandona. Sono queste le sensazioni che mi ha suscitato questa opera prima, surreale nel vero senso della parola ed a tratti grottesca ed onirica. Ciononostante, nella sua ricchezza di riferimenti e di citazioni di film famosi, piuttosto originale. GIUSEPPE GARIO Nata nella periferia dell’impero – allora sovietico ora russo – e adolescente ai tempi della sua implosione, la giovane Anna Melikian ha vissuto l’anarchia sedicente democratica di Eltsin e l’autocrazia autentica di Putin, e ci racconta la sua esperienza, con mezzi espressivi interessanti, anche se un po’ faticosi e da affinare. In questo paese dei balocchi le persone si confondono coi pelouche, la biblica mela è infantile e l’eterogenesi dei desideri svela l’inganno di cult quali Casablanca e Vacanze romane. Marx non diventa Marte, un altro mondo, ma la barretta Mars. E il prezzo di una concezione sbagliata dell’amore e della vita – nonostante i colori rutilanti e l’aspro bellissimo paesaggio – è la perdita di entrambi; gli adulti continuano a prendere pugni in faccia sino ad abbrutirsi, i giovani si perdono nella finzione. Parole dure in un film duro e forse un pò ingenuo, che fa però ben sperare, in tutti i sensi. DISCRETO CATERINA PARMIGIANI La giovane regista, pur dimostrando un’ampia cultura cinematografica con molte citazioni da celebri film, una buona tecnica, una garbata piacevolezza nell’uso del colore, realizza un’opera noisa, frammentaria, infarcita di metafore forzate. CARLA CASALINI Magiche fantasticherie e concreta desolazione, velleità intellettualistiche e ambizioni poetiche, rivisitazioni di grande cinema e incontri inediti: il film è un mixer in cui a tratti è irritante, a tratti piacevole perdersi. Durante l’intera proiezione ho alternato reazioni di rigetto e d’attrazione, d’insofferenza e di curiosità, di sonno e di risveglio. Parallelamente il mio giudizio oscillava: da insufficiente addirittura a ottimo. Dopo qualche giorno di ripen- samenti mi fermo a metà strada, anche se è difficile sintetizzare in uno degli aggettivi proposti un film di così controversi effetti. Più volentieri lo definirei “interessante”, perché è, credo, l’esordio di una regista di talento che cerca il suo linguaggio attraverso tanti linguaggi mutuati da maestri del passato, che magari con la loro opera prima hanno suscitato reazioni simili. In conclusione, mi è parso di leggervi anche un’invocazione d’aiuto da un mondo senza speranza. Ma forse non ho capito niente. BRUNO BRUNI Il cinema russo si interroga all’indomani della frantumazione delle repubbliche socialiste, offrendo simboli metaforicamente angoscianti in un contesto di reazioni emblematiche e contraddittorie. Originale film di una regista che comunica attraverso la simbologia, lo smarrimento che la caduta del potente regime provoca nelle menti e nel comportamento dele persone. La conquistata libertà è intesa come futuro libero arbitrio o come incognita incombente che goffe immagini di pupazzi di stoffa, nella loro ambiguità sembrano voler rappresentare in una sorta di grottesco ammonimento. Ogni atteggiamento è metafora in questi protagonisti, che si lasciano trasportare da una sorta di danza tragica nel disincanto del loro abboandono. La conclusione è l’incertezza in una altalena di soccombenti emotività in cui il dramma, nonostante l’apparente ottimismo, si prefigura in una civiltà globalizzata che non rappresenterà l’iniziale speranza. MEDIOCRE MARCELLO OTTAGGIO Peccato che l’idea sia rimasta tale, senza poi essere stata sviluppata. Ci sono spunti interessanti ma poi finiscono su un binario morto, e questo inevitabilmente porta alla sonnolenza e alla noia. TERESA DEIANA Spaziando tra cinema d’autore e arte figurativa, la regista non risparmia citazioni: dall’Atalante di Vigo, a qualche scena di ispirazione felliniana, da Chagall a un’idea di Pop art passando per Magritte. Il film si snoda con profusione di metafore, allusioni di genere ideologico e relativi ammiccanti sottintesi, in una sarabanda dai colori acidi e chiassosi. MARS (come MARTE?) nella Mars - dove nascono i sogni 181 ma per tutte le minoranze, per i “diversi”, per i non allineati al dilagante perbenismo falso cattolico. Straordinaria, commovente la scena della morte con il gioco ottico dei manifesti di Tosca visti in trasparenza. Superba, eccellente l’interpretazione di Sean Penn, ben cadenzata la regia, sebbene indulga forse un po’ troppo, in alcuni momenti, sull’intimità della vita privata di Milk. INSUFFICIENTE A. RADICE Desolante! BIANCA MORETTI Noioso, superficiale, mal fatto (non importa l’argomento). Milk DISCUSSI INSIEME 188 FILM mente, il regista sceglie la via del dramma a freddo, mentre delega l’ implicita essenza melodrammatica alle note di Tosca, opera molto amata dall’attivista. Quanto a Penn (ma ai Globes gli è stato preferito Rourke), si cala nel personaggio con l’intensità dolente degli adepti del “metodo” Actor’s Studio, tirando fuori la parte femminile che è in lui, come in ciascun uomo. Lo contrasta bene Josh Brolin, che abbiamo appena visto nella pelle di George W. Bush. Roberto Nepoti, La Repubblica, 23 gennaio 2009 Un ritratto insolito quanto straordinario, dominato da un Sean Penn oltre ogni elogio. L’impagabile spaccato di un’epoca, rievocata dal punto di vista eccentrico e rivelatore di una minoranza. Una testimonianza commovente e insieme fuori dagli schemi che vale anche come monito per la difesa di tutte le minoranze e dei loro diritti. Oggi come ieri. Otto nominations non sono troppe: il “Milk” di Gus Van Sant è tutte queste cose insieme. Ma non pensate a un facile “biopic” d’autore, o a un santino della controcultura. Per raccontare la parabola di Harvey Milk, il leggendario attivista gay e poi consigliere comunale di San Francisco che negli anni ‘70 segnò una svolta storica nella lotta per i diritti degli omosessuali fino a quando fu ucciso da un collega nel novembre 1978, Gus Van Sant sceglie una strada meno spericolata di quella di “Elephant”, “Last Days” o “Paranoid Park”, ma evita con cura le lusinghe più spettacolari del genere. E non rinuncia alla libertà di tono che rende il suo cinema sempre così caldo e personale. Ecco dunque Milk, gay ancora “invisibile” nella New York del 1970, trasferirsi col neocompagno Scott (James Franco) nella più aperta e tollerante San Francisco. Eccoli aprire un negozio di macchine fotografiche nel sobborgo popolare di Castro, tradizionalmente abitato da morigerati cattolici irlandesi, gettando le basi di quello che diventerà uno dei quartieri gay più famosi d’America. Ecco, mentre si scontrano con l’intolleranza quotidiana dei vicini e con arresti e pestaggi continui, prendere forma una carriera politica e un destino che Gus Van Sant dettaglia a piccoli tocchi, usando la geniale e sempre imprevedibile illuminazione del fido Harris Savides, ma anche salti di tono e digressioni che mantengono il film in sapiente equilibrio fra politico e quotidiano, vita pubblica e vissuto individuale. È una strada rischiosa, ma è quella che consente al film di evitare le trappole della celebrazione, malgrado qualche lentezza nella parte centrale. Milk combatte e vince molte battaglie ma ci mette un po’ a essere eletto, e Van Sant racconta anche questo. Sullo schermo non c’è solo la lunga e difficile lotta contro la temibile Proposition 6 (avversata perfino da Reagan), che mira a “ripulire” le scuole dagli insegnanti gay. Ci sono anche le retrovie, gli intrighi, le astuzie, il piccolo cabotaggio. E gli alti e bassi della vita privata di Milk, il suo staff, le amicizie, gli amori, le esaltazioni e le depressioni. Fino a quella morte assurda, una scena che vale da sola il film. Perché nessuno come il regista di “Elephant” sa filmare il momento così “americano” in cui la normalità trapassa in follia, la rabbia in delitto. E di colpo, come ci ricorda il nastro-testamento inciso da Milk quando iniziò a temere di venir ucciso, per milioni di persone diventa impossibile dire “noi”. Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 23 gennaio 2009 I commenti del pubblico DA PREMIO ANNAMARIA DE’ CENZO Un bellissimo film, che emoziona e coinvolge soprattutto con il discorso registrato da Milk, con quelle sue parole che fanno appello ai diritti, all’eguaglianza, alla speranza. Un bellissimo film che fa presa attraverso le immagini corali di una discriminazione violenta, attraverso le marce degli omosessuali in difesa dei propri diritti. Resta negli occhi l’immagine struggente di una realtà drammaticamente riflessa in quel fischietto, inquadrato e posto in primo piano come simbolo di solidarietà, di reciproco aiuto. Il regista attenua volutamente le sue potenzialità stilistiche, ricorrendo più volte a un taglio documentaristico, per consegnare con chiarezza agli spettatori un messaggio di denuncia che è insieme un omaggio a chi si è battuto per l’affermazione dei diritti di una minoranza. OTTIMO CATERINA PARMIGIANI Sean Penn interpreta magnificamente un gay, ex agente delle assicurazioni, che sceglie di dedicarsi alla poliMilk 185 tica per fede sincera nei diritti umani e nella difesa delle minoranze. Il regista tiene l’obiettivo stretto su Harvey e sottolinea le qualità dell’uomo, dall’istinto politico al coraggio, dalla sobrietà all’ironia, minimizzando gli eccessi del gruppo di amici che lo circonda (alcool, droga, sesso). Un film di grande coinvolgimento. MARIAGRAZIA GORNI Non è facile fare un film biografico senza scivolare nel banale o nell’agiografico. Gus Van Sant ci riesce con questo suo “Milk” pur utilizzando un linguaggio abbastanza tradizionale. Vincente è la scelta di Penn come protagonista, semplicemente strepitoso, e molto indovinata risulta la ricostruzione di un’epoca attraverso un uso sapiente della fotografia, dei colori, delle musiche e delle atmosfere. L’impegno civile traspare dalla storia di quest’uomo che dà voce a chi è rifiutato perché diverso e che ci appare quasi un predestinato al sacrificio (vedi il desiderio di incidere al registratore la sua testimonianza “a futura memoria”). ROSA LUIGIA MALASPINA Film sui diritti umani universali, sul valore dell’uguaglianza. Perché tanta paura del “diverso”? Di uno, poi, dolce e con quel sorriso disarmante da fanciullo come Harvey Milk! Forse è la paura di guardare dentro di noi in profondità, dei nostri fantasmi interni, una forma di difesa. Paura che rende intolleranti al punto di rifiutare i diritti umani anche minimi a delle minoranze. Interessante il modo di presentare la rete esponenziale delle telefonate, per la partecipazione al corteo di rivendicazione gay, con il mosaico che si forma poco per volta esplodendo poi con una miriade di ritagli fotografici. E, nel finale, il modo indiretto di rendere il dramma con la visione dei cartelloni della Tosca dalla finestra dove si accascia lentamente Milk dopo gli spari, con il suo sguardo, stupito per quanto gli sta accadendo, rivolto agli stessi, come guardando la sua tragedia in una tragedia annunciata. Stupenda, come sempre, l’interpretazione di Sean Penn. GUSEPPE GARIO Grandi l’interpretazione di Sean Penn, la regia di Gus Van Sant e la sceneggiatura. Harvey Milk guida gli omosessuali fuori dalla morte civile (e dal suo frequente esito nel suicidio) nella quale li vogliono ricacciare gli evangelici promotori dei referendum contro il riconoscimento dei loro diritti civili. Milk vuole giustamente Milk DISCUSSI INSIEME 186 FILM essere bersaglio della rabbia altrui e non della propria, una vittima sacrificale, giusta l’analisi di S. Fedele nel dibattito (vittima un po’ melodrammatica, secondo Van Sant). Il film giustappone con molta efficacia l’idea di prossimità degli omosessuali (di tutti gli esclusi, che vogliono essere visibili per ciò che sono), e quella dei benpensanti (qui cristiani) che odiano chi è diverso da loro. Lo fa non con la voce di Milk, bensì con quella di una giovane donna, in una scena quasi marginale di pubblico, che domanda al senatore come possa conciliare la discriminazione civile con l’amore per gli altri. Nel ruolo del coro del teatro greco, questa donna porta la domanda di noi spettatori dentro il film, che non dà risposte, ma fa parlare i fatti, così penosamente simili a quelli della presidenza Bush. GIUSTALBERTA ZANUSO Ad una prima visione ero rimasta un po’ perplessa: mi aspettavo che l’argomento fosse trattato da un altro punto di vista (più psicologico). Alla seconda visione non mi resta che motivare il mio ottimo. Sceneggiatura: buona perché, pur non sottraendosi agli ineluttabili e reali eccessi del mondo gay, ne delinea piuttosto gli aspetti umani. Qui la politica, sgradevole come sempre, risulta tutto sommato utile e imprescindibile in una democrazia. Scenografia: fastidiosa quel tanto che è necessario per descrivere le manifestazioni di protesta. Recitazione: da premio, Penn riesce a sublimare il suo personaggio fino a farlo apparire come predestinato al sacrificio, non cade mai nella farsa, ti tocca l’anima senza mai strafare. Grande! RENATA POMPAS È un Gus Van Sant che - come Harvey - ha “tolto i tacchi a spillo” e si presenta in veste tradizionale per allargare il discorso al grande pubblico. Niente sperimentazione, taglio cronologico e narrativo, impostazione da documentario neo-realista. Tuttavia la misura del racconto, l’intimità del protagonista, il profilo psicologico dei personaggi, il difficile contesto sociale, così discriminatorio e razzista (agghiaccianti le prime immagini in bianco e nero) non tanto lontano nel tempo come potrebbe parere ne fanno un film degno di encomio. L’ho trovato un film appassionato e sincero, onesto e partecipato, con un bravissimo Sean Penn che pur ammirandolo da anni mi ha sorpreso. Infine penso che un altro merito sia quello che (a me, per esempio) ha fatto capire molte cose sugli omosessuali a cui non avevo pensato prima. come purtroppo spesso capita, ma si attesti invece nella corretta coesistenza di mondi diversi nel reciproco rispetto. DELIA ZANGELMI Che dire? Interpretazione stupenda, argomento terribilmente attuale, disgraziatamente anche nel ns. BEL PAESE dove si sopportano e supportano ben più gravi difetti di carattere e di costume che danneggiano veramente la società. Questa società che lentamente ma inesorabilmente come un cancro malefico mi toglie tutte le illusioni e i sogni della mia gioventù. Il primo gay della mia vita è stato Oscar Wilde che io trovavo terribilmente colto, libero e affascinante, coraggioso più della maggior parte di amici etero che avevo. Per non parlare dei ns. Leonardo e Michelangelo. Nella mia fantasiosa e ingenua giovinezza pensavo che questi tipi fossero toccati dallo Spirito Santo e avessero un qualche cosa in più dei comuni mortali. Più intelligenti, se non geniali, generosi per principio e non in nome di una religione o di un Dio, sempre maltrattati e vittime di qualche etero che magari invidioso, come risulta anche da questa storia, li perseguitava, ritenendosi nel giusto. Io nella mia banalità normale quotidiana, alcune volte li ho invidiati, anche se per me, figlia della 2a guerra mondiale le conquiste sono state sudate, ma certamente le lotte, le tensioni, le emozioni, i successi, i sentimenti di tanta difficile realizzazione come in questa categoria di cittadini del mondo, non me le sogno neppure A parità di successo, le loro emozioni e i loro meriti sono da me invidiati. CARLA CASALINI Un buon film dedicato a un diverso che difende i diritti dei diversi contro ingiustizie e pregiudizi. Più “diverso” o più difensore di sacrosanti diritti? Difensore più per vocazione politica o per rivendicazione del suo essere privato? Difficile dirlo. Il fatto è che, quando la diversità consiste nell’essere gay, in molti, soprattutto della mia generazione nata e formata in tempi in cui di questa cosa “non si parlava”, le sue manifestazioni suscitano sempre un certo disagio. Il film è condotto con qualche eccessiva lentezza. Il suo punto d’eccellenza è l’interpretazione di Sean Penn, che rende il personaggio con sottigliezze espressive davvero straordinarie. BUONO LETIZIA SERENA RAGONA - Film-documentario fatto bene, con un ottimo interprete, ma senza sentimenti. CRISTINA BRUNI ZAULI Indubbia eccezionale interpretazione del grande Sean Penn. Ottima ricostruzione storica e fotografica della questione omosessuale americana. È giusto sapere e conoscere particolari storici della sofferta conquista dei propri diritti da parte delle cosiddette minoranze. Aiuta anche chi la pensa diversamente se non a capire, se non altro a tollerare i tanto di moda Gay Pride. Tutto a patto che la questione omosessuale non significhi radicalizzazione ed ostentazione dei conflitti in versione volutamente scandalistica TERESA DEIANA Meno male che il regista non cede alla tentazione di fare di Milk un’icona santificata. Lo descrive oltre che con i suoi pregi anche con la furbizia del politico che non esita a capeggiare interessate campagne scatologiche... A parte qualche lentezza iniziale, il film scorre con buon ritmo ed è interessante, oltre che per l’argomento, soprattutto per la superlativa interpretazione di Penn che dona perfetta credibilità al personaggio. Lo split-screen mi è sembrato avulso dal resto del film che ha sequenze visive del tutto tradizionali. Efficaci i brani da La Tosca: pare che l’opera sia molto amata dai gay dato che anche in passati film, la colonna sonora rieccheggiava lo stesso genere di musica. Nonostante questo sia un buon lavoro, utile e forse necessario, non mi sono tuttavia sentita coinvolta. Non essendo evidentemente al passo coi tempi, sono rimasta molto distante dalle varie passionali vicende del protagonista, mentre ho apprezzato l’eccezionale determinazione che dimostra nella lotta per il diritto della sua minoranza ad una vita non mimetizzata, ma vissuta alla luce del sole. PIERANGELA CHIESA Il film inizia con un presagio di morte, il nastro che-testamento che Harvey incide sapendo di essere minacciato, ma poi si snoda con serenità, quasi con distacco nonostante narri la vita difficile, drammatica, punteggiata di lutti personali e di esaltanti vittorie pubbliche di questo uomo, che ha il merito di chiedere il diritto al rispetto e all’eguaglianza non solo per i gay, Milk 187 tica per fede sincera nei diritti umani e nella difesa delle minoranze. Il regista tiene l’obiettivo stretto su Harvey e sottolinea le qualità dell’uomo, dall’istinto politico al coraggio, dalla sobrietà all’ironia, minimizzando gli eccessi del gruppo di amici che lo circonda (alcool, droga, sesso). Un film di grande coinvolgimento. MARIAGRAZIA GORNI Non è facile fare un film biografico senza scivolare nel banale o nell’agiografico. Gus Van Sant ci riesce con questo suo “Milk” pur utilizzando un linguaggio abbastanza tradizionale. Vincente è la scelta di Penn come protagonista, semplicemente strepitoso, e molto indovinata risulta la ricostruzione di un’epoca attraverso un uso sapiente della fotografia, dei colori, delle musiche e delle atmosfere. L’impegno civile traspare dalla storia di quest’uomo che dà voce a chi è rifiutato perché diverso e che ci appare quasi un predestinato al sacrificio (vedi il desiderio di incidere al registratore la sua testimonianza “a futura memoria”). ROSA LUIGIA MALASPINA Film sui diritti umani universali, sul valore dell’uguaglianza. Perché tanta paura del “diverso”? Di uno, poi, dolce e con quel sorriso disarmante da fanciullo come Harvey Milk! Forse è la paura di guardare dentro di noi in profondità, dei nostri fantasmi interni, una forma di difesa. Paura che rende intolleranti al punto di rifiutare i diritti umani anche minimi a delle minoranze. Interessante il modo di presentare la rete esponenziale delle telefonate, per la partecipazione al corteo di rivendicazione gay, con il mosaico che si forma poco per volta esplodendo poi con una miriade di ritagli fotografici. E, nel finale, il modo indiretto di rendere il dramma con la visione dei cartelloni della Tosca dalla finestra dove si accascia lentamente Milk dopo gli spari, con il suo sguardo, stupito per quanto gli sta accadendo, rivolto agli stessi, come guardando la sua tragedia in una tragedia annunciata. Stupenda, come sempre, l’interpretazione di Sean Penn. GUSEPPE GARIO Grandi l’interpretazione di Sean Penn, la regia di Gus Van Sant e la sceneggiatura. Harvey Milk guida gli omosessuali fuori dalla morte civile (e dal suo frequente esito nel suicidio) nella quale li vogliono ricacciare gli evangelici promotori dei referendum contro il riconoscimento dei loro diritti civili. Milk vuole giustamente Milk DISCUSSI INSIEME 186 FILM essere bersaglio della rabbia altrui e non della propria, una vittima sacrificale, giusta l’analisi di S. Fedele nel dibattito (vittima un po’ melodrammatica, secondo Van Sant). Il film giustappone con molta efficacia l’idea di prossimità degli omosessuali (di tutti gli esclusi, che vogliono essere visibili per ciò che sono), e quella dei benpensanti (qui cristiani) che odiano chi è diverso da loro. Lo fa non con la voce di Milk, bensì con quella di una giovane donna, in una scena quasi marginale di pubblico, che domanda al senatore come possa conciliare la discriminazione civile con l’amore per gli altri. Nel ruolo del coro del teatro greco, questa donna porta la domanda di noi spettatori dentro il film, che non dà risposte, ma fa parlare i fatti, così penosamente simili a quelli della presidenza Bush. GIUSTALBERTA ZANUSO Ad una prima visione ero rimasta un po’ perplessa: mi aspettavo che l’argomento fosse trattato da un altro punto di vista (più psicologico). Alla seconda visione non mi resta che motivare il mio ottimo. Sceneggiatura: buona perché, pur non sottraendosi agli ineluttabili e reali eccessi del mondo gay, ne delinea piuttosto gli aspetti umani. Qui la politica, sgradevole come sempre, risulta tutto sommato utile e imprescindibile in una democrazia. Scenografia: fastidiosa quel tanto che è necessario per descrivere le manifestazioni di protesta. Recitazione: da premio, Penn riesce a sublimare il suo personaggio fino a farlo apparire come predestinato al sacrificio, non cade mai nella farsa, ti tocca l’anima senza mai strafare. Grande! RENATA POMPAS È un Gus Van Sant che - come Harvey - ha “tolto i tacchi a spillo” e si presenta in veste tradizionale per allargare il discorso al grande pubblico. Niente sperimentazione, taglio cronologico e narrativo, impostazione da documentario neo-realista. Tuttavia la misura del racconto, l’intimità del protagonista, il profilo psicologico dei personaggi, il difficile contesto sociale, così discriminatorio e razzista (agghiaccianti le prime immagini in bianco e nero) non tanto lontano nel tempo come potrebbe parere ne fanno un film degno di encomio. L’ho trovato un film appassionato e sincero, onesto e partecipato, con un bravissimo Sean Penn che pur ammirandolo da anni mi ha sorpreso. Infine penso che un altro merito sia quello che (a me, per esempio) ha fatto capire molte cose sugli omosessuali a cui non avevo pensato prima. come purtroppo spesso capita, ma si attesti invece nella corretta coesistenza di mondi diversi nel reciproco rispetto. DELIA ZANGELMI Che dire? Interpretazione stupenda, argomento terribilmente attuale, disgraziatamente anche nel ns. BEL PAESE dove si sopportano e supportano ben più gravi difetti di carattere e di costume che danneggiano veramente la società. Questa società che lentamente ma inesorabilmente come un cancro malefico mi toglie tutte le illusioni e i sogni della mia gioventù. Il primo gay della mia vita è stato Oscar Wilde che io trovavo terribilmente colto, libero e affascinante, coraggioso più della maggior parte di amici etero che avevo. Per non parlare dei ns. Leonardo e Michelangelo. Nella mia fantasiosa e ingenua giovinezza pensavo che questi tipi fossero toccati dallo Spirito Santo e avessero un qualche cosa in più dei comuni mortali. Più intelligenti, se non geniali, generosi per principio e non in nome di una religione o di un Dio, sempre maltrattati e vittime di qualche etero che magari invidioso, come risulta anche da questa storia, li perseguitava, ritenendosi nel giusto. Io nella mia banalità normale quotidiana, alcune volte li ho invidiati, anche se per me, figlia della 2a guerra mondiale le conquiste sono state sudate, ma certamente le lotte, le tensioni, le emozioni, i successi, i sentimenti di tanta difficile realizzazione come in questa categoria di cittadini del mondo, non me le sogno neppure A parità di successo, le loro emozioni e i loro meriti sono da me invidiati. CARLA CASALINI Un buon film dedicato a un diverso che difende i diritti dei diversi contro ingiustizie e pregiudizi. Più “diverso” o più difensore di sacrosanti diritti? Difensore più per vocazione politica o per rivendicazione del suo essere privato? Difficile dirlo. Il fatto è che, quando la diversità consiste nell’essere gay, in molti, soprattutto della mia generazione nata e formata in tempi in cui di questa cosa “non si parlava”, le sue manifestazioni suscitano sempre un certo disagio. Il film è condotto con qualche eccessiva lentezza. Il suo punto d’eccellenza è l’interpretazione di Sean Penn, che rende il personaggio con sottigliezze espressive davvero straordinarie. BUONO LETIZIA SERENA RAGONA - Film-documentario fatto bene, con un ottimo interprete, ma senza sentimenti. CRISTINA BRUNI ZAULI Indubbia eccezionale interpretazione del grande Sean Penn. Ottima ricostruzione storica e fotografica della questione omosessuale americana. È giusto sapere e conoscere particolari storici della sofferta conquista dei propri diritti da parte delle cosiddette minoranze. Aiuta anche chi la pensa diversamente se non a capire, se non altro a tollerare i tanto di moda Gay Pride. Tutto a patto che la questione omosessuale non significhi radicalizzazione ed ostentazione dei conflitti in versione volutamente scandalistica TERESA DEIANA Meno male che il regista non cede alla tentazione di fare di Milk un’icona santificata. Lo descrive oltre che con i suoi pregi anche con la furbizia del politico che non esita a capeggiare interessate campagne scatologiche... A parte qualche lentezza iniziale, il film scorre con buon ritmo ed è interessante, oltre che per l’argomento, soprattutto per la superlativa interpretazione di Penn che dona perfetta credibilità al personaggio. Lo split-screen mi è sembrato avulso dal resto del film che ha sequenze visive del tutto tradizionali. Efficaci i brani da La Tosca: pare che l’opera sia molto amata dai gay dato che anche in passati film, la colonna sonora rieccheggiava lo stesso genere di musica. Nonostante questo sia un buon lavoro, utile e forse necessario, non mi sono tuttavia sentita coinvolta. Non essendo evidentemente al passo coi tempi, sono rimasta molto distante dalle varie passionali vicende del protagonista, mentre ho apprezzato l’eccezionale determinazione che dimostra nella lotta per il diritto della sua minoranza ad una vita non mimetizzata, ma vissuta alla luce del sole. PIERANGELA CHIESA Il film inizia con un presagio di morte, il nastro che-testamento che Harvey incide sapendo di essere minacciato, ma poi si snoda con serenità, quasi con distacco nonostante narri la vita difficile, drammatica, punteggiata di lutti personali e di esaltanti vittorie pubbliche di questo uomo, che ha il merito di chiedere il diritto al rispetto e all’eguaglianza non solo per i gay, Milk 187 ma per tutte le minoranze, per i “diversi”, per i non allineati al dilagante perbenismo falso cattolico. Straordinaria, commovente la scena della morte con il gioco ottico dei manifesti di Tosca visti in trasparenza. Superba, eccellente l’interpretazione di Sean Penn, ben cadenzata la regia, sebbene indulga forse un po’ troppo, in alcuni momenti, sull’intimità della vita privata di Milk. INSUFFICIENTE A. RADICE Desolante! BIANCA MORETTI Noioso, superficiale, mal fatto (non importa l’argomento). Milk DISCUSSI INSIEME 188 FILM mente, il regista sceglie la via del dramma a freddo, mentre delega l’ implicita essenza melodrammatica alle note di Tosca, opera molto amata dall’attivista. Quanto a Penn (ma ai Globes gli è stato preferito Rourke), si cala nel personaggio con l’intensità dolente degli adepti del “metodo” Actor’s Studio, tirando fuori la parte femminile che è in lui, come in ciascun uomo. Lo contrasta bene Josh Brolin, che abbiamo appena visto nella pelle di George W. Bush. Roberto Nepoti, La Repubblica, 23 gennaio 2009 Un ritratto insolito quanto straordinario, dominato da un Sean Penn oltre ogni elogio. L’impagabile spaccato di un’epoca, rievocata dal punto di vista eccentrico e rivelatore di una minoranza. Una testimonianza commovente e insieme fuori dagli schemi che vale anche come monito per la difesa di tutte le minoranze e dei loro diritti. Oggi come ieri. Otto nominations non sono troppe: il “Milk” di Gus Van Sant è tutte queste cose insieme. Ma non pensate a un facile “biopic” d’autore, o a un santino della controcultura. Per raccontare la parabola di Harvey Milk, il leggendario attivista gay e poi consigliere comunale di San Francisco che negli anni ‘70 segnò una svolta storica nella lotta per i diritti degli omosessuali fino a quando fu ucciso da un collega nel novembre 1978, Gus Van Sant sceglie una strada meno spericolata di quella di “Elephant”, “Last Days” o “Paranoid Park”, ma evita con cura le lusinghe più spettacolari del genere. E non rinuncia alla libertà di tono che rende il suo cinema sempre così caldo e personale. Ecco dunque Milk, gay ancora “invisibile” nella New York del 1970, trasferirsi col neocompagno Scott (James Franco) nella più aperta e tollerante San Francisco. Eccoli aprire un negozio di macchine fotografiche nel sobborgo popolare di Castro, tradizionalmente abitato da morigerati cattolici irlandesi, gettando le basi di quello che diventerà uno dei quartieri gay più famosi d’America. Ecco, mentre si scontrano con l’intolleranza quotidiana dei vicini e con arresti e pestaggi continui, prendere forma una carriera politica e un destino che Gus Van Sant dettaglia a piccoli tocchi, usando la geniale e sempre imprevedibile illuminazione del fido Harris Savides, ma anche salti di tono e digressioni che mantengono il film in sapiente equilibrio fra politico e quotidiano, vita pubblica e vissuto individuale. È una strada rischiosa, ma è quella che consente al film di evitare le trappole della celebrazione, malgrado qualche lentezza nella parte centrale. Milk combatte e vince molte battaglie ma ci mette un po’ a essere eletto, e Van Sant racconta anche questo. Sullo schermo non c’è solo la lunga e difficile lotta contro la temibile Proposition 6 (avversata perfino da Reagan), che mira a “ripulire” le scuole dagli insegnanti gay. Ci sono anche le retrovie, gli intrighi, le astuzie, il piccolo cabotaggio. E gli alti e bassi della vita privata di Milk, il suo staff, le amicizie, gli amori, le esaltazioni e le depressioni. Fino a quella morte assurda, una scena che vale da sola il film. Perché nessuno come il regista di “Elephant” sa filmare il momento così “americano” in cui la normalità trapassa in follia, la rabbia in delitto. E di colpo, come ci ricorda il nastro-testamento inciso da Milk quando iniziò a temere di venir ucciso, per milioni di persone diventa impossibile dire “noi”. Fabio Ferzetti, Il Messaggero, 23 gennaio 2009 I commenti del pubblico DA PREMIO ANNAMARIA DE’ CENZO Un bellissimo film, che emoziona e coinvolge soprattutto con il discorso registrato da Milk, con quelle sue parole che fanno appello ai diritti, all’eguaglianza, alla speranza. Un bellissimo film che fa presa attraverso le immagini corali di una discriminazione violenta, attraverso le marce degli omosessuali in difesa dei propri diritti. Resta negli occhi l’immagine struggente di una realtà drammaticamente riflessa in quel fischietto, inquadrato e posto in primo piano come simbolo di solidarietà, di reciproco aiuto. Il regista attenua volutamente le sue potenzialità stilistiche, ricorrendo più volte a un taglio documentaristico, per consegnare con chiarezza agli spettatori un messaggio di denuncia che è insieme un omaggio a chi si è battuto per l’affermazione dei diritti di una minoranza. OTTIMO CATERINA PARMIGIANI Sean Penn interpreta magnificamente un gay, ex agente delle assicurazioni, che sceglie di dedicarsi alla poliMilk 185