Stampa, TV e Internet - Biblioteca Provinciale di Foggia La Magna

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Stampa, TV e Internet - Biblioteca Provinciale di Foggia La Magna
Paolo Murialdi
Stampa, TV e Internet
di Paolo Murialdi
Nel campo della comunicazione e dei mezzi d’informazione, il secolo XX ha
visto susseguirsi diverse rivoluzioni determinate da straordinarie novità tecnologiche. I nuovi media nati all’inizio del Novecento e poi alla metà del secolo, hanno
condizionato e poi demolito il dominio incontrastato dell’era Gutenberg, iniziata a
metà del ‘400. Poi è arrivata la televisione: subito dopo la seconda guerra mondiale
negli Stati Uniti, negli anni ‘50 in Italia. Come tutti sappiamo, perchè, bene o male
l’abbiamo sotto gli occhi, la televisione si è rivelata un mezzo eccezionale di informazione, di intrattenimento e di formazione di mentalità in tendenze. E ha una
portata globale, cioè può essere vista in diretta in ogni parte del mondo. Alcuni
eventi, come lo sbarco dell’uomo sulla luna, l’assassinio di Kennedy, le Olimpiadi,
i campionati del mondo di calcio hanno mostrato quando grande può essere la televisione. Nello stesso tempo sappiamo che la TV, quella via cavo, può essere molto
piccola, nel senso che può essere circoscritta a comunità anche piccole.
In pochi decenni, dunque, l’informazione legata all’invenzione di Gutenberg,
cioè quella stampata, ritrova oralità con la radio e il carattere visivo con la televisione. Visibilità che l’uomo preistorico aveva usato nelle caverne per comunicare insieme a quella orale.
L’ultima rivoluzione è quella che ha prodotto con il computer, i satelliti e il
sistema digitale i nuovi media. Di qui Internet.
Oggi, nell’ultimo anno del XX secolo, siamo arrivati a prodigi impensabili.
Ed è questa situazione di fine secolo che affronto nella mia relazione.
Alla fine del XX secolo il mondo dell’informazione, arricchito anche in Italia
dalle straordinarie novità dell’era digitale, presenta successi di pubblico, ottimi risultati finanziari alternati a situazioni di crisi e serie incognite di fronte alla potenza
dell’ultimo arrivato: internet. Una potenza che si sta dispiegando nel nostro Paese
proprio nell’anno 2000. Le incognite immediate riguardano il futuro della stampa e
l’evoluzione del giornalismo.
Nel 1999 in base a rilevazioni e a stime attendibili, lo stato dei media
tardizionali è questo:
1 - I telegiornali della sera del duopolio televisivo hanno avuto in media 22
milioni e 659 mila spettatori. In testa il TG1 seguito dal TG5;
2 - Le 107 testate quotidiane hanno venduto una media di 5 milioni 936 mila 595
copie, con un lieve incremento (più 0,81% ) rispetto al 1998. Siamo sempre al terzultimo
posto in Europa perchè si vendono 102 copie di quotidiani ogni mille abitanti.
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3 - La diffusione dei settimanali è calata del 2,5% mentre è salita quella dei
mensili del 2,7%.
4 - Rilevante l’aumento degli investimenti pubblicitari, che ha superato i 14
mila miliardi. La parte del leone l’ha fatta la televisione (55,3%) rispetto alla stampa
(35,6%)
5 - In ascesa sono anche gli introiti pubblicitari della radio (+16,1%)
Nel campo della comunicazione elettronica, il 1999 ha visto l’aumento del
possesso di personal computer (in Italia il 27% delle famiglie) e di collegamenti
Internet: si calcola che i naviganti delle reti siano stati più di 5 milioni. Cifre inferiori alle medie europee ma in crescita esponenziale.
Per la stampa quotidiana l’aspetto più preoccupante è il distacco dei giovani.
Da un’indagine del 1999 risulta che soltanto il 19% degli uomini e delle donne fra i
16 e i 24 anni legge un quotidiano e che la lettura dura al massimo 10 minuti. Aumenta, inoltre, la disparità tra le regioni del nord e quelle del sud. Contro la scarsità
della diffusione, cronica nel nostro paese, gli editori e i giornalisti ricorrono più o
meno alle stesse ricette degli anni ’90. Nei quotidiani più forti si ha il gigantismo,
con i supplementi in rotocalco, con gli inserti specializzati (prevale l’economia) e
quelli promozionali gratuiti. Al sensazionalismo, alla visibilità con la titolazione
grande e l’impiego del colore è stata aggiunta anche una ricerca di spigliatezza quotidiana, non soltanto con la vignetta satirica, ma anche con brevi interventi destinati
a vivacizzare i giornali. Ne sono protagonisti, in genere, giornalisti della generazione uscita dalla contestazione giovanile e ai movimenti extraparlamentari.
Nei telegiornali delle reti nazionali si nota una maggiore evidenza data alle
notizie di cronaca nera e a quelle sportive rispetto alle informazioni politiche. Nella
stampa quotidiana locale si cerca di realizzare un’abbondanza di notizie anche minime, che è un’operazione impossibile per le piccole televisioni a causa dei costi.
Comunque lo stile del giornalismo italiano dei media tradizionali resta in
prevalenza quello impressionistico rispetto a quello fattuale, tipico del giornalismo
di stampo anglosassone. Ma continua a mancare o a difettare la cultura professionale del controllo e dell’indagine. È cambiato anche il rapporto tra il giornalismo e la
politica. Resta un rapporto più stretto e diretto che nei paesi di vecchia tradizione
democratica ma non è più quello esercitato in presenza dei grandi partiti, ora scomparsi. In una fase caratterizzata da instabilità politica e dallo scontro di coalizioni
non sempre coese e persino conflittuali, questo rapporto si è, in un certo senso,
individualizzato o spezzettato in clan. E l’informazione politica – ma non solo questa – è più influenzabile da parte dei poteri politici ed economici.
Vanno bene i conti delle maggiori imprese. Complessivamente nel 1998 gli
utili dei quotidiani hanno superato i 260 miliardi, ma nonostante i risultati brillanti
riguardino poche imprese, non si può affermare che la stampa sia in crisi nelle proporzioni quasi generali come accadde negli anni ’70.
Nel 1999 il primato è rimasto al “Corriere della Sera”, con una vendita media
di 685.635 copie, seguito da “la Repubblica” ( 611.663) , “Gazzetta dello Sport”
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(432.992), “Il Sole 24 ore” (391.067) e la Stampa (390.184). Queste cinque testate
assommano da sole la metà della diffusione globale giornaliera dei quotidiani. Le
cifre di ciascuna testata possono anche ondeggiare nelle vendite a seconda dell’accoglienza riservata alle periodiche offerte promozionali oppure a causa degli accoppiamenti con piccoli giornali locali. Da tempo sono queste le cinque testate più
importanti, entrate nella comunicazione elettronica: il caso più rilevante alla fine
del secolo è quello del gruppo “Espresso” che edita, oltre al newsmagazine con lo
stesso nome una catena di dodici quotidiani locali, gestisce tre emittenti radiofoniche
e un portale di accesso in rete che si chiama Kataweb.
Non sono da meno, economicamente, il gruppo Rcs con il “Corriere della
Sera”, “Gazzetta dello Sport”, ventiquattro periodici, i libri e, dal giugno 2000, un
settore multimedialità che coordina Rcs Web e, infine, la Mondadori, priva di quotidiani ma ricca di periodici e con il primato della produzione libraria. Appartiene a
Silvio Berlusconi e, perciò, è affiliata alle tre reti televisive Mediaset.
Finanziariamente va bene anche il gruppo “Riffeser”. Comprende “il resto del
Carlino”, “La Nazione” e “Il Giorno”. Le crisi finanziarie più gravi le subiscono
“l’Unità” e “il Tempo”. Entrambi hanno una diffusione che non supera le 50 mila
copie. Rischiano, quindi, la chiusura. Il crollo del “L’Unità” colpisce in modo particolare non soltanto se si pensa alle diffusioni da primato ottenute molti anni fa con la
vendita militante; basta ricordare che le copie erano più del doppio del periodo recente, cioè nel periodo in cui la coalizione dell’Ulivo, guidata da Prodi e da Veltroni,
conquistò la maggioranza parlamentare. Le cause sono i dissensi che le scelte dei
dirigenti postcomunisti hanno compiuto al governo, dissensi che si erano già manifestati con la scissione di Rifondazione Comunista che ha un proprio quotidiano. Ma
pesano, inoltre, le nostalgie del forte partito comunista dei tempi di Togliatti.
I piccoli giornali di opinione e di partito, come “il Foglio” e “il Manifesto”,
per citare i due più noti e in posizioni contrapposte, navigano finanziariamente in
cattive acque e si sostengono con sovvenzioni pubbliche. Esse sono contrarie alle
direttive dell’Unione Europea e, quindi, prima o poi dovranno cessare o cambiare
strada. Alcune appaiono molto discutibili anche per i sostenitori della necessità di
un forte pluralismo di voci giornalistiche.
La riduzione dei costi di produzione determinata dallo sviluppo tecnologico, ha consentito la pubblicazione di piccoli quotidiani locali a diffusione limitata
in mercati circoscritti. Un esempio sono i “Corrierini” che escono in Toscana e in
Umbria. È anche per questo che le testate giornalistiche nel 1999 sono più di cento.
Le vere novità degli ultimi anni vengono dalla comunicazione elettronica e dalla
svolta digitale: internet, il giornale on line e fra non molto la televisione interattiva. Il
primo tratto di questo processo - in corso e in forte crescita nell’anno 2000 - è stato la
riproduzione dei giornali sullo schermo dei computers. Cominciò nel 1982 un quotidiano del Texas. Nel nostro Paese l’avvio risale all’inizio del decennio Novanta: tre testate on
line nel 1994, una dozzina nel 1996 e 62 nel 1999. Fin dall’inizio si sono visti i vantaggi
rappresentati da Internet rispetto al tradizionale foglio stampato: tempestività, possibilità
di aggiornamenti continui, coinvolgimento e partecipazione del lettore, multimedialità.
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Dalla riproduzione pura e semplice delle pagine dei quotidiani si è passati – nelle
maggiori imprese - ad una elaborazione di fusione di servizi giornalistici e di informazione di servizio, accoppiando a queste iniziative l’offerta di spazi pubblicitari. Sono
nate vere redazioni on line, dal “Sole 24 Ore” a “La Repubblica”, da “La Stampa” a
“Corriere”, dall’”Espresso” a “Panorama”, per citare i più noti e i più impegnati.
Le pagine che questi giornalisti creano e curano sono composti di notizie, di
titoli, di immagini e di rubriche e hanno un uso molto maneggevole del colore. I
forum di argomento politico e sociale, nei quali il protagonista è persona di riconosciuta importanza o notorietà registrano migliaia di contatti. Lo si è constatato nella campagna dell’aprile 2000 per le elezioni regionali e di fronte alle clamorose vicende delle telecomunicazioni e di Internet che sono gli “alfieri” della nuova economia. Il linguaggio del web, asciutto e pratico, esclude i cosiddetti “teatrini” e il
chiacchiericcio del mondo politico italiano.
Queste prime prove su vasta scala dimostrano che gli editori non possono
rimanere legati soltanto alla carta e all’etere. E pongono anche problemi non
procrastinabili agli organismi della categoria giornalistica: sia al sindacato perché il
contratto di lavoro, già invecchiato da tempo, è da rifare in buona parte, sia all’Ordine professionale perché la sua essenza corporativa è sempre più avvertibile. Internet
non è un medium che si sovrappone ai media nati precedentemente, come è accaduto sino ad ora nella storia dei mezzi di comunicazione. La rete delle reti, il web, è
una tecnologia di comunicazione completamente nuova. Questa caratteristica, la
potenzialità, che si misura in tempo reale, le straordinarie possibilità informative e
di comunicazione interpersonale o di gruppi, la facilità di accesso e l’attrazione che
esercita tra i giovani sono all’origine del grande quesito di questi anni: il quotidiano
stampato sopravviverà?
C’è chi ritiene che nel giro di pochi anni la mappa dei media tradizionali dei
paesi sviluppati sarà sconvolta e subirà cambiamenti inimmaginabili fino a poco
tempo fa. Quello che è certo, fin da oggi è che ai giornalismi particolari che i media
dell’etere e la scomposizione dei prodotti di carta stampata hanno creato, se ne sta
aggiungendo uno nuovo che si sviluppa in un contesto e con strumenti diversi. Con
conseguenze sul linguaggio, sul processo e sui criteri di “notiziabilità” e sulla scelta
degli argomenti. E sul ruolo stesso del giornalista. Inoltre, l’interattività che
contraddistingue l’informazione su Internet e la “nuova economia” che permette a
chiunque di pubblicare on line quello che vuole perché l’accesso è facile e i costi
sono molto bassi, allargano la competizione a tutto campo. Non soltanto alle testate giornalistiche ma anche a tutti quei siti d’informazione che praticano
un’intermediazione di natura giornalistica. Un sito web può facilmente assumere la
forma di un giornale elettronico senza che gli operatori siano obbligati a possedere
la tessera dell’Ordine. Amazon e Drudge Report sono due casi americani esemplari. Il primo è un grande centro commerciale elettronico che, oltre a vendere libri, li
recensisce e pubblica le recensioni dei lettori-utenti. Il secondo sito, fondato da
Matt Drude, è specializzato nelle inchieste e ha ottenuto una grande notorietà perché ha svelato lo scandalo Lewinsky che ha coinvolto il presidente Clinton.
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