Il 23 aprile si celebra la “Giornata Mondiale del Libro”, sempre più

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Il 23 aprile si celebra la “Giornata Mondiale del Libro”, sempre più
Il 23 aprile si celebra la “Giornata Mondiale
del Libro”, sempre più diffusa la librofobia
Giovedì 23 aprile, come ogni anno dal 1996, si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale
UNESCO del Libro e del Diritto d’Autore., sottolineando come il libro sia sempre stato un potente
strumento di diffusione e d conservazione della cultura. La data rappresenta un omaggio a tre grandi
autori morti proprio in quel giorno: William Shakespeare, Miguel de Cervantes e il peruviano Inca
Garcilaso de la Vega. Lo afferma in una nota Guido Leone già Ispettore tecnico USR Calabria.
La giornata è anche l’occasione per celebrare solennemente i molteplici ruoli del libro nella vita della
società umana e per proporre una riflessione seria sulle politiche culturali, dove centrale resta
l’educazione alla lettura e l’importanza delle biblioteche. Per tradizione l’Italia è un paese dove si
legge poco e finiamo in fondo alla classifica. I dati infatti non sono incoraggianti. Tra gli stati europei
il nostro è quello con la più bassa diffusione di libri, il 42,2% contro il 44,3% della Francia, il 49,8%
dei tedeschi o addirittura il 71,8% della Svezia. Il principale ostacolo all’allargamento del mercato
dei libri e dei quotidiani deriva dalle scadenti competenze alfabetiche degli italiani, ovvero di quell’
insieme di strumenti che consentono capacità autonome di lettura, comprensione e interpretazione
di un testo. Il libro, dunque, oggetto silenzioso, insostituibile strumento di cultura, in Italia muore di
freddo. Nel 2014 in Italia si sono persi 820 mila lettori, dato rilevato dall’ISTAT.
E quasi il 60% non legge neanche un libro nell’arco di un anno. In Calabria raggiunge la percentuale
del 67,1. In questa classifica di librofobia peggio di noi calabresi la Sicilia, la Puglia, la Basilicata e
la Campania. Appena il 41,% degli italiani legge almeno un libro l’anno; la flessione è continua
giacché il dato nel 2013 era del 43%. Il dato calabrese è del 70,1%, la quintultima regione. Le più
virtuose sono le donne: le lettrici nel 2014 sono state il 48% contro il 34,5%degli uomini. I lettori
giovani si sono mostrati più assidui: il 53,5% dei ragazzi tra gli 11 e i 14 anni ha letto almeno un libro
all’anno. E poi il nord legge più del Sud. Se si vuole fotografare la lettura nel lungo periodo, tra il
2010 e il 2014 si sono persi qualcosa come 2,6 milioni di lettori (il 10%). Parallelamente cresce del
32,2% la lettura di ebook: almeno 7 milioni di italiani hanno letto un e-book nell’anno passato. Con
il 41,1% dei lettori l’Italia si colloca al di sotto della percentuale europea. La propensione alla lettura
è fortemente condizionata dall’ambiente familiare: leggono libri il 66,9% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni
con entrambi i genitori lettori, contro il 32,7% di quelli con genitori che non leggono libri. Quasi una
famiglia su dieci (il 9,8%, pari a circa 2,5 milioni di famiglie) dichiara di non avere alcun libro in casa.
Le famiglie maggiormente sprovviste di libri sono quelle della Basilicata, della Sicilia e della Puglia.
E’ necessario, dunque, allargare il mercato e i consumi culturali se vogliamo che il libro sopravviva
e cresca nelle biblioteche, nelle librerie e nelle case degli italiani. L’obiettivo è capire come si impara
a leggere e come il nostro sistema scolastico, soprattutto nelle fasi iniziali, riesca a produrre lettori.
La scuola è, perciò, chiamata in prima persona a costruire un rapporto tra il giovane allievo ed il libro
come momento positivo e di crescita spirituale e culturale. Si è rilevato in questo senso che lo
strumento principale senz’altro capace di dare una base a qualunque attività di promozione della
lettura è lo sviluppo di un moderno e efficiente sistema di biblioteche. Molti passi in avanti sono stati
compiuti, ma la situazione rimane nel complesso deficitaria. Esiste un “Sud delle biblioteche”. Più si
scende, più la situazione peggiora. Basti pensare che il 51,4% delle biblioteche è al nord, il 20,6%
al centro e il 28% al Sud, e oltre la metà delle istituzioni del Mezzogiorno, dice l’Istat, ha un patrimonio
librario inferiore ai 5mila volumi.
Insomma, anche se molto c’è da fare, soprattutto per colmare il divario tra Nord e Sud, a colpire è
l’indifferenza delle istituzioni e, tenendo conto di quanto sarebbe importante un collegamento stabile
fra scuole e biblioteche, non si può non rilevare come sintomatico il fatto che nel reclamatizzato
documento ” la buona scuola” non si parli di lettura e si taccia su quelle eterne cenerentole che sono
le biblioteche scolastiche, mai decollate in gran parte del Paese o lasciate in abbandono di risorse
e di adeguate professionalità. Non c’ è dubbio che va sollecitata una nuova stagione della lettura e
del libro nel momento della massima espansione della comunicazione televisiva e multimediale. Il
problema è che in Italia ai vari livelli amministrativi ancora non esiste una politica culturale, né vi
siamo orientati. La buona salute del libro invece è fondamentale per la crescita culturale del Paese,
non può essere una seconda scelta.
Conoscenza, competenza, curiosità si nutrono anche e molto di lettura. Ed è bene si cominci da
piccoli, perfino quando ancora non si sa leggere, ad avvicinarsi alla lettura. In tal senso è essenziale
il ruolo dei genitori e della scuola. In molti paesi la narrativa è obbligatoria, invece noi la stiamo
perdendo. Servono pratiche didattiche legate al libro: visite frequenti nelle biblioteche e nelle librerie,
il recupero della biblioteca di classe collocata dentro al piano dell’offerta formativa d’istituto, non
chiusa dentro i confini della scuola. La biblioteca, sia essa d’istituto o pubblica, non è un museo. E’
un organismo che vive solo aprendosi al territorio sul quale si trova, creando i lettori, piuttosto che
limitandosi ad aspettarli. E, poi, mi chiedo se ci rendiamo conto di quale impoverimento sia per la
nostra città la chiusura di quelle poche librerie indipendenti che faticano ma ce la fanno e si battono
per la sopravvivenza. E magari fossero uccise dagli e-book. Le librerie chiudono perché la gente ha
meno soldi, meno tempo, meno abitudine alla lettura. Sicchè è fondamentale fare qualcosa per le
librerie: nell’interesse di tutti: di chi scrive i libri; di chi li vende; di chi li legge. E serve ancora quel
plusvalore intellettuale di chi sta al bancone di una libreria? Certo che sì. L’augurio è che la categoria
non sia in estinzione. Certo di librai come Enzo, che sono intellettuali che vendono, formano i lettori
ma sanno anche scrivere libri ve ne è sempre più bisogno. Allo stesso modo la nostra città, il nostro
Paese hanno bisogno di riforme che diano sostegno, non solo a parole, alla promozione della lettura
nelle scuole e nelle biblioteche, dove spesso si respira aria di stantio.