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COLLEZIONISMO Una collezione tematica trasversale di fotocamere costruite nel materiale plastico nato ai primi del Novecento di Pierpaolo Ghisetti e cosiddette collezioni tematiche trasversali sono una forma di collezionismo ‘maturo’, ovvero raccolte di oggetti con caratteristiche simili ma non della stessa marca, anzi legate tra loro da una particolarità che li accomuna ‘malgrado’ marche e provenienze diverse. Una collezione molto bella e particolare è rappresentata da una raccolta di macchine fotografiche tutte in bachelite, indipendentemente da marchi ed epoche precise. Fu Leo Baekeland (1863-1944) ad inventare e brevettare questo prodotto intorno al primo decennio del 1900. Nato a Gand in Belgio, e successivamente trasferitosi a New York, Baekeland scoprì questo straordinario materiale combinando fra loro alcuni prodotti sintetici, quali il fenolo e la formaldeide, ottenendo una materia plastica dal colore molto scuro che chiamò bachelite (bakelite) dal suo cognome. La bachelite fu una vera rivoluzione in tema di nuovi materiali, poiché rappresentava un prodotto innovativo, indistruttibile e soprattutto resistente al calore oltre ad essere capace di fungere da isolante elettrico. Proprio queste proprietà videro subito il suo impiego nei settori dell’industria e delle comunicazioni e in bachelite si produssero radio, telefoni, ventilatori, thermos, macchine da scrivere, elettrodomestici, rasoi e, naturalmente, macchine fotografiche La bachelite venne usata in larga scala fino alla prima metà del 1900 per poi venire superata da nuove materie plastiche. Tuttavia proprio tra i primi anni del secolo scorso e i gli anni Cinquanta si posizionano tutta una serie di apparecchi fotografici, perlopiù di fascia economica, costruiti in questo bellissimo materiale, leggero ed affascinante. Inoltre, grazie proprio alla bachelite e alle sue proprietà L 70 GENNAIO 2010 FOTOGRAFIA REFLEX 1 Bachelite plastiche, iniziò ad affermarsi il concetto di design industriale a basso costo, con una serie di applicazioni di linee curve innovative, che superavano la concettualità puramente funzionale delle precedenti generazioni di macchine fotografiche, applicando leggerezza e originalità ad un oggetto che era rimasto puramente tecnico sin dalla sua nascita. Proprio grazie all’enorme tipologia di prodotti in bachelite si andò affermando per la prima volta il concetto che il design, precedentemente considerato un fenomeno puramente elitario, potesse essere alla portata di molti, con risvolti sociali e di mercato rivoluzionari. Le macchine fabbricate in bachelite sono numerosissime e coprono periodi e nazioni diverse, tanto che una collezione di tal genere difficilmente potrà mai esaurirsi. Vediamone pertanto qualcuna. La società statunitense Kodak [foto 1, 2 e 3] non poteva certo ignorare questo nuovo rivoluzionario materiale che si adattava alla perfezione per la fabbricazione in serie di macchine fotografiche tecnicamente semplici e popolari nel prezzo. Le Baby Brownie erano macchine molto popolari nella metà degli anni Trenta ed utilizzavano la pellicola in rullo 127, valorizzate tuttavia dal disegno di Walter Toague, che disegnerà macchine per la società di Rochester per trent’anni. La semplice biottica Starlet camera, che scimmiotta una Rollei in miniatura, risale alla fine degli anni Cinquanta, ed utilizza lo stesso tipo di film. Si può affermare che nel caso della prolifica casa americana queste semplicissime, economiche e pertanto popolarissime fotocamere rappresentavano solo un veicolo di traino per la vendita delle pellicole, che rimanevano al vero centro del business della casa gialla. La tedesca Agfa [foto 4] di Monaco di Baviera, che in un certo senso ha imitato la produzione commerciale Kodak, con una serie di macchine semplici ed economiche, per favorire la diffusione e il consumo delle proprie pellicole, ha messo in cantiere una serie notevole di semplici box camera (talmente economiche da essere vendute ad 1 marco l’una) alcune delle quali costruite in Trolit, un composto simile alla bachelite: questo elegante 2 7 3 box, disegnato con curve arrotondate e profilature, tipiche della produzione in bachelite, fu prodotto nella seconda metà degli anni Trenta ed utilizzava pellicola 120. La Rajar inglese [foto 5, a sinistra], una delle prime case ad utilizzare il nuovo materiale, nel 1929 aveva optato per una fotocamera con pellicola in rullo con la classica configurazione folding, ma grazie alla bachelite aveva ottenuto una fotocamera più leggera, solo 460 grammi, ed economica di quelle fabbricate in metallo ed alluminio. L’otturatore era una semplice ghigliottina con pose T e B. Altra marca inglese era la Coronet [foto 5, a destra] che nel 1953 produsse una fotocamera stereo in bachelite di soli 350g per la 5 pellicola 127, con formato del fotogramma di 4,5x5cm: questa semplice fotocamera stereo, con semplice mirino ottico, possedeva un solo tempo di otturazione, corrispondente ad 1/60 di secondo con un diaframma f/11, che agevolava la profondità di campo. La stereografia stava allora vivendo un periodo di grande popolarità, grazie all’americana Viewmaster, produttrice dei famosi visori, che cercava di rendere popolare in questo modo la fotografia stereo. In Francia si produceva, tra l’altro, la Photax [foto 6], macchina di appena 380g, elegantemente strutturata e disegnata, proprio grazie alle possibilità della bachelite, per pellicola 120, che presentava un originale ottica rientrante con elicoide, per maggiore compattezza, ed un otturatore con ben due tempi di scatto, ma un semplice mirino ottico. Anche la Zeiss Ikon [foto 7], all’interno della sua enorme e variegata produzione, ha immesso sul mercato una macchina in bachelite, dal colore vagamente marrone, al posto del solito nero, denominata Simplex: facendo onore al suo nome questa fotocamera, classica folding per fotogrammi 6x9cm e pesante 540g, possedeva un semplice otturatore Derval a tre tempi e un economico obiettivo Nettar 10,5cm f/6,3, il tutto completato da un semplicissimo mirino ottico. Tuttavia la costruzione in bachelite aveva permesso l’arrotondamento degli spigoli della cassa, con una linea, tutto sommato, più leggera della classica Ikonta. In realtà una collezione tematica sulle 4 6 macchine in bachelite potrebbe durare tutta la vita, tanti sono i modelli e le marche che hanno costruito apparecchi in questo materiale, che è molto ricercato non solo dagli appassionati di fotografia ma di antiquariato in genere. I prezzi sono ancora accessibili, anche se spesso la vera sfida consiste nel trovare pezzi nuovi, perché, come detto sopra, questa tipologia di apparecchi risulta essere trasversale non solo nella raccolta ma anche nella tipologia dei collezionisti. l FOTOGRAFIA REFLEX GENNAIO 2010 71