il cammino dell`oca………
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il cammino dell`oca………
IL CAMMINO DELL’OCA……… Sandro Albano Zara è sempre stato un grande “curioso” di tutto, dalla storia alle tradizioni popolari, dalle leggende ai giochi del passato, e al tempo stesso anche un grande vulcano di idee e di iniziative. Una sua vera passione, forse perché gli ricordava l’infanzia, era il gioco dell’oca e questo lo portò ad una lunga ed approfondita ricerca sulle origini e sulle motivazioni del gioco stesso. Così leggendo testi su testi e vedendo le vecchie e bellissime tavole che di volta in volta si adattavano all’ambiente, al momento storico, al Paese, pensò di poterne creare una, magari un po’ ironica, ma tutta dedicata a Mirano. Manifestò questo suo proposito all’amico pittore Carlo Preti il quale sposò subito la sua idea e prendendo spunto dall’ovale della piazza disegnò 63 caselle raffiguranti luoghi caratteristici, punti d’incontro, aspetti e momenti della storia e della tradizione miranese. Era l’anno 1982 quando Sandro Zara pubblicò l’opera di Carlo Preti il ZOGO DE L’OCA DE MIRAN. Nella ricerca del materiale per costruire il gioco, riscoprì il vecchio detto: CHI NO MAGNA L’OCA A SAN MARTIN NOL FA EL BECO DE UN QUATRIN. Breve indagine e si scopre che era consuetudine, a Mirano, festeggiare la chiusura dell’anno agrario, l’11 novembre, giorno di San Martino, mangiando l’oca. Tradizione, tra l’altro, ancora viva tra le vecchie famiglie del centro storico. (La tradizione dice: San Martino, oca, castagne e vino, e il rito vuole l’oca sulla tavola sia perché in quel periodo essa è invitante e succulenta, è il momento in cui la sua carne si è fatta così grassa e morbida da sciogliersi in bocca, sia perché a MIRANO i proprietari terrieri che allora erano quasi tutti ebrei, non potevano mangiare maiale) (Certo è però, che sin dal 1700 , era consuetudine anche in Francia festeggiare il giorno di S. Martino mangiando l’oca, tanto grande era la loro devozione per il vescovo di Tours. Narra la leggenda che furono proprio gli schiamazzi di un gruppo di oche a svelare ai messi papali il nascondiglio di Martino, timoroso e insicuro di voler accettare la nomina a vescovo di Tours). Ma perché non ripristinare e ufficializzare questa tradizione? Detto fatto, nasce la COMPAGNIA DE L’OCA con lo scopo di divulgare e far rivivere la FESTA DI SAN MARTINO mangiando l’oca. Da allora l’11 novembre con una cena ad invito la COMPAGNIA organizza la grande CENA DELL’OCA la quale ha tutta una sua ritualità, un tema ben definito e un menù tutto a base d’oca. In breve tempo questa “voglia di oca” coinvolge l’intero paese e siccome tutti non possono partecipare alla cena ufficiale, la domanda viene rivolta ad altri ristoranti che fanno a gara nel proporre il proprio pranzo d’oca. Molti altri si organizzano a gruppi nelle case e nasce, di conseguenza, la ricerca di tovaglie, canovacci, grembiuli, segnaposto e ogni altro oggetto che porti l’immagine o riproduca l’oca. Perfino il tradizionale dolce di pasta frolla il San Martino si trasforma da cavallo in un’oca dolce e friabile. Siamo arrivati al punto che alcune persone a cui non piaceva l’oca come cibo, hanno inventato la festa dell’OCA “SCAMPADA”, naturalmente sempre il giorno di S. Martino e con tutto il “parecio da festa dell’oca”. Così Mirano, in poco tempo, diviene il PAESE DELL’OCA. Nel 1998, in questo contesto, si inserisce Roberto Gallorini che divenuto Presidente della Pro Loco Mirano crea e realizza il grande ZOGO DE L’OCA IN PIAZZA, riportando il gioco di Carlo Preti su 63 grandi tavole (di 2 metri per 2), alte 80 cm., le quali, disposte attorno all’ovale della piazza formano una grande passerella colorata di circa 130 metri. L'ambientazione è quella del giorno di festa per eccellenza del paese: La Fiera. Il periodo storico non poteva che essere il Primo Novecento, quando la fiera rappresentava il momento più importante dell'anno, perché ci si poteva divertire ed acquistare molte cose semplici ma necessarie alla vita di tutti i giorni e per fare questo l'oca era un'ottima merce di scambio. Così nasce la "FIERA DE L'OCA", la ricostruzione storica di una Fiera di inizio '900, dove sotto le tipiche bancarelle in legno dai grandi teli bianchi, gentili signore, in costumi d'epoca, vendono prodotti gastronomici a base d'oca od oggetti raffiguranti o riportanti l'immagine dell'oca , mentre attori, comparse e figuranti animano le vie del centro storico. Oltrepassando i portali di via Barche e via XX Settembre, che come un sipario si aprono sulla scena teatrale, si entra in un paese di cento anni fa, che sta vivendo la sua Fiera, gremita di bancarelle e dei prodotti più strani. Così come allora, quando nelle fiere, per richiamare più gente dai paesi vicini, venivano invitati i saltimbanco, gli zingari con i loro animali ammaestrati, i "fenomeni " (la donna cannone, l'uomo a due teste, l'uomo più forte del mondo), i baracconi con il cinematografo o i primi spettacoli circensi, anche oggi alla Fiera de l'Oca tra le bancarelle troviamo i cantastorie, i saltimbanco, le orchestrine e il circo. Il visitatore non è un distaccato spettatore, ma diventa esso stesso protagonista muovendosi fianco a fianco con attori veri che impersonano personaggi tipici della Fiera posti lì appositamente per dar vita a situazioni teatrali: - i carabinieri che controllano personaggi sospetti o verificano i prezzi di vino e cibo che non superino quelli previsti dal Decreto Municipale affisso alle bacheche; - lo strillone che propone il gazzettino (riproduzione di un originale del 1902) decantandone gli articoli; - le maestrine che accompagnano le scolaresche a vedere le bancarelle e illustrano loro le cose particolari; - le servette che si rincorrono tra le bancarelle per vedere i tessuti o i cappellini commentando tra loro ad alta voce; - lo studio fotografico dove le famiglie possono farsi le foto in costume d’epoca. Ecc. - il barbiere che in strada svolge il suo lavoro e “ciacola” con i presenti; - el caregheta che sul selciato impaglia le sedie; il lustrascarpe, la venditrice di uova, la fioraia, la chiromante, ecc. E come in una vecchia fiera che si rispetti, al centro della piazza c’è l’evento di richiamo: Il Zogo de l’Oca in Piazza. Inoltre, quasi ogni anno la manifestazione viene arricchita da novità o avvenimenti collaterali. Così dopo aver presentato le Tavole dei giochi dell’oca provenienti da tutta Europa, nella grande Mostra organizzata nel 2001, e dalla quale nacque il Libro-Catalogo “Il Gioco dell’Oca nei Tempi”, che ancor oggi viene richiesto da collezionisti di tutto il Mondo, nel 2007, fu allestita la Mostra “Sogni di Seta – la moda della Belle Epoque”. Nelle eleganti sale della Barchessa di Villa Morosini, a Mirano, furono esposti preziosi abiti da sera, ricamati di jais e perline, che si alternavano ad elaborati vestiti da giorno. Déshabillé ornati da cascate di pizzi e nastri di raso svelavano dettagli di vita privata mentre busti stringati e steccati, ingentiliti da preziosi merletti, ci riportavano ad una moda ed ad una vita da tempo scomparse. Nel 2008, per tenere viva la curiosità e l’interesse nei confronti della storia e delle tradizioni, è stato pubblicato il libro MIRANO E L’OCA. Immagini e Storia della Fiera de l’Oca e di Mirano. Nel 2009, invece, è stata la volta di : IL TABARRO ..in Mostra. La Storia di un indumento che ha attraversato i secoli accompagnando la gente veneta nel trascorrere della loro vita. Non una semplice esposizione di capi antichi, ma un vero e proprio cammino nella storia e nella realizzazione di questo capo. Nel 2010 la storia di Mirano è rivissuta in un’altra grande manifestazione collaterale: “Saluti da Mirano”. Una Mostra con un’ importante collezione di cartoline di Mirano dei primi anni del ‘900. Nel 2011 La Mostra : “ XE CASCA EL PARON DE CASA - Caduta e Ricostruzione del Campanile di San Marco”. Nel 2012, Nella ricorrenza dei dieci anni dalla sua scomparsa, nelle sale di Villa Morosini – XXV Aprile – è stata allestita una retrospettiva delle opere di Carlo Preti, l’autore del Zogo de l’Oca de Miran. Nel 2014, nella Barchessa di Villa Morosini – XXV Aprile è stata allestita la Mostra: “Il Gioco dell’Oca - da Venezia… nel Mondo”. GLOSSARIO FIERA DE L’OCA: è la ricostruzione storica di una fiera del ‘900 con bancarelle in legno,attori e figuranti in costume d’epoca che animano le vie del centro storico;all’interno della fiera c’è “l’Ocaria”: il mercatino dell’oca dove vengono vendute specialità gastronomiche e oggetti(piatti, grembiuli, cartoline, magliette,ecc) tutto relativo all’oca. Tutto il centro storico viene riportato fedelmente ai primi del ‘900. Così sono state ricreate le bandiere, gli stendardi, le bacheche comunali, tabelloni pubblicitari e ogni altra insegna pubblica. Anche i manifesti pubblicitari sono quelli del tempo come pure il quotidiano distribuito quel giorno. ZOGO DE L’OCA IN PIAZZA: è il gioco dell’ oca vivente e prende spunto dal Zogo de l’Oca de Miran, (classico gioco da tavolo formato da 63 caselle disegnato dal pittore Carlo Preti, ogni casella riporta luoghi caratteristici,opere d’arte, punti d’incontro ecc. di Mirano). Il Zogo de l’Oca in Piazza è formato da 63 caselle di mt 2 x 2, che poste attorno all’ovale della piazza, formano una passerella lunga 130 metri e alta 80 cm.. Al gioco partecipano sei squadre (Mirano e le sue cinque frazioni).Vince la squadra che arriva per prima alla casella 63. Ogni squadra è composta da dieci elementi, tra cui: un capitano che lancia i dadi, un alfiere che sposta la pedina e otto giocatori che intervengono quando le caselle lo richiedono. Il gioco segue le regole tradizionali, unica eccezione la regola che prevede che nella stessa casella non possono mai sostare due pedine; qualora succedesse le due squadre si dovranno affrontare in un gioco che condannerà la perdente a tornare alla casella di provenienza. . In questo modo si provoca lo scontro tra due squadre, durante il quale il pubblico può incitare, tifare e divertirsi, tanto più, che le prove non sono “normali” ma ricche di varianti in modo da contribuire a renderle più difficili ed esilaranti. La squadra più abile ma anche dotata di un fortunato lanciatore dei dadi, si conquisterà il meritato premio “l’ OCA” dell’anno ed una vincita in denaro che, a sua discrezione, dovrà devolvere ad un’associazione o ente. Il pubblico può assistere al gioco ed incoraggiare la propria squadra dalle tribune poste attorno alla piazza. SAPORI e TRADIZIONI: 11 Novembre San Martino: “CHI NO MAGNA OCA A SAN MARTIN NO FA EL BECO DE UN QUATRIN” (chi non mangia oca a San Martino non fa quattrini) Questo proverbio viene preso molto seriamente nelle famiglie e nei ristoranti i quali, in questa giornata, propongono menu esclusivamente a base d’oca. Mirano, 14-15 novembre 2015 FIERA DE L’OCA e 17a Edizione del ZOGO DE L’OCA IN PIAZZA Duemilaquindici anno dell’Expo, nel Veneziano c’è una cittadina che si mette in vetrina con l’oca. E guarda caso il pennuto è l’alfiere ideale sotto ogni punto di vista per questa ricorrenza, con una fiera da decine di migliaia di visitatori, hotel e ristoranti da tutto esaurito, occasioni di svago e riscoperta di antiche tradizioni locali, comprese quelle legate alla buona tavola e al cibo, tema portante dell’esposizione universale. Oca da guardare, oca da mangiare, oca per divertire: per Mirano, 27 mila abitanti in provincia di Venezia, un’esclusiva “coda” di Expo a novembre, nel weekend di San Martino, quando la cittadina cambia volto per due giorni: il centro storico si trasforma in una piazza della Belle Époque, lasciando il campo a una fiera paesana di inizio Novecento. A farla da padrona sono gli stendardi con lo stemma sabaudo, i banchi in legno del mercato, le bacheche con gli avvisi comunali, i manifesti con le prime réclame. Anche i moderni cartelli stradali vengono coperti con la riproduzione fedele delle insegne d’epoca. L’appuntamento con il salto indietro nel tempo quest’anno è il 14 e 15 novembre, durante il quale nulla sarà lasciato al caso: ci sarà lo strillone con il giornale, l’imbonitore con i suoi intrugli, le servette nel giorno di riposo, l’artigiano che impaglia le sedie, i baracconi con il fucile a elastici, i barattoli da abbattere a pallate e altri giochi di una volta. Protagonista il pennuto più famoso di queste zone, in linea con il detto popolare “Chi no magna l’oca a San Martin no fa el beco de un quatrin”, ovvero chi non mangia l’oca a San Martino non fa il becco di un quattrino. Mirano da riscoprire: la storia. È sempre stata usanza, dalle parti di Mirano, festeggiare la chiusura dell’anno agrario, l’11 novembre, mangiando l’oca. Questo perché in quel periodo dell’anno la carne del pennuto è così grassa e tenera da sciogliersi in bocca, ma soprattutto all’epoca i proprietari terrieri di Mirano erano in gran parte ebrei e non potevano mangiare maiale. Roberto Gallorini, patron della Pro Loco e Sandro Zara, custode di tradizioni, decisero di ripristinare e ufficializzare queste antiche usanze: un modo per far innamorare i miranesi delle proprie radici. Un’altra grande intuizione fu quella di chiedere al pittore Carlo Preti, di ideare e creare “El Zogo de l’oca de Miran”, edizione riveduta e corretta del celebre gioco da tavola. Preti si prodigò ridisegnando il percorso a spirale del gioco, illustrando le 63 caselle con aneddoti, proverbi, luoghi e fatti della storia della città. Per i futuri organizzatori del Zogo de l’Oca fu un’ispirazione formidabile. Nel 1998 Gallorini decise di creare quella che oggi è la manifestazione più seguita in paese, capace di attirare visitatori da tutta Italia e dall’estero. Prese il disegno di Preti e lo sovrappose alla piazza di Mirano, che guarda caso ha forma ovale. Calzava a pennello. La piazza del paese diventava così un grande gioco di società. Si realizzarono 63 grandi caselle di due metri per due, dadi e pedine giganti e soprattutto si inventarono improbabili prove di abilità che a molti ricordano i popolari “Giochi senza frontiera” di qualche anno fa. Mirano per divertire: il Zogo. A sfidarsi sono, da allora, ogni anno, le squadre del capoluogo e delle cinque frazioni di Mirano: così il Zogo è diventato anche una sorta di palio tra contrade, dove si misura la sana rivalità tra i campanili del comune. A darsi battaglia gli arancioni di Scaltenigo, i blu di Vetrego, i gialli di Campocroce, i rossi di Ballò, i verdi di Zianigo e gli azzurri di Mirano capoluogo. Tra i campanili miranesi è sfida vera: le squadre si preparano con largo anticipo, provano i giochi, preparano costumi e tecniche per arrivare per primi alla caselle 63. Anche se poi, alla fine, a farla da padrona è quasi sempre la fortuna. Come in un qualsiasi gioco di dadi. Il pubblico lo sa, incita, lancia sfottò, si lascia rapire dalla sana rivalità del gioco. Chi vince ha solo l’obbligo di devolvere il premio in denaro a una realtà associativa o benefica del proprio paese ed è ciò che riporta la sfida alla dimensione di gioco. Mirano da vivere: la Fiera. Attorno al Zogo, per due giorni, la Mirano è quella di un secolo fa. Qualcosa di più di una semplice ricostruzione: in città le tradizioni rivivono davvero, in piazza, per tutti e senza nemmeno scomodare fatti storici salienti. Quelli si trovano già nei libri. Passeggiando il sabato pomeriggio per le vie del centro sembra di essere tornati indietro di cent’anni da quanta cura è stata riservata ai particolari e soprattutto alle circostanze. Perché non bastano gli allestimenti, servono anche le situazioni: i baracconi, il vecchio luna park, i mercanti, tutti in costumi d’epoca fedelmente riprodotti dagli originali. Sempre in cerca di novità, la Pro Loco, qualche anno fa, hanno deciso di esportare la Fiera de l’Oca fuori città. Il viaggio non poteva che portare in Francia, patria dell’oca e del foie gras, che guarda caso, dal 1700, celebra il pennuto proprio nel weekend di San Martino. La leggenda infatti narra che furono schiamazzi d’oca a svelare ai messi papali il nascondiglio di Martino, intimorito dalla possibilità di essere nominato vescovo di Tours. La Pro Loco è andata a Sarlat, capitale del Périgord Noir, dove alle oche hanno dedicato perfino un monumento bronzeo in centro. Qui ha parlato con associazioni, produttori e autorità locali, le ha invitate a Mirano e così i francesi sono entrati a far parte integrante della Fiera dell’Oca di Mirano, assieme alle loro tradizioni, ai loro costumi tipici e alle loro specialità culinarie.