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Piesse: Sfogliando s’impara - QT n. 6, 25 marzo 2006
L’anguria amara
L’oscenità ha a che vedere solo col sesso? E compito dei giornali è montare le provocazioni dei sessuofobi?
di Carlo “Tòs” Dogheria
I fatti: il cinema Rosmini, di proprietà della parrocchia di San Marco a Rovereto, è dato in gestione all’Associazione Amici del
Teatro Rosmini, che a sua volta la concede ogni anno agli organizzatori del Cineforum. Orbene, dopo la proiezione del film "Il
gusto dell’anguria", del regista taiwanese Tsai Ming Liang, qualcuno ha protestato in modo virulento, facendo comparire sui
giornali titoli quali "Anguria e sesso al cinema parrocchiale" (Trentino) e "’Un film porno mostrato all’oratorio’" (abbiamo
messo le doppie virgolette, perché L’Adige stesso virgoletta l’affermazione, non sua ma dell’accusatore).
Il quale accusatore principale, e forse unico, è il prof. Vittorio Bertolini, docente al liceo Rosmini, che il film non l’ha visto, ma
che, forse spaventato dal manifesto, è andato a smanettare su Internet, trovando conferma alle sue più allarmate previsioni:
si tratta infatti di "una torbida storia di sesso". Comunque – prosegue – "non mi scandalizzo per la proiezione di un film con
esplicite scene di sesso (cosa che comunque ritengo sempre una forma diseducativa di squallido esibizionismo
mercimonioso – gli attori vengono pagati, cioè si prostituiscono per prestarsi a certe scene – anche quando,
paradossalmente… il fine è quello di criticare tale mercimonio), ma mi scandalizzo e mi indigno per il fatto che tali
proiezioni trovino spazio ed ospitalità presso ambienti di una parrocchia".
Quanto successo è "una gravissima forma di contraddizione con i valori che la Chiesa afferma di sostenere ma di cui assai
spesso… si libera con forme nicodemiche che sanno di calcoli che hanno forse più a che fare con Mammona e con il
Leviatano che con Dio".
Ad esempio – aggiungiamo noi – vuoi vedere che la Curia affitta i suoi appartamenti senza indagare se gli aspiranti inquilini
siano sposati civilmente, concubini, gay, o altrimenti in peccato mortale?
La colpa è anzitutto, del decano di Rovereto, mons. Valentino Felicetti, il quale "non ha esercitato quel doveroso controllo
onde evitare alla comunità parrocchiale – di cui, da questo momento non mi ritengo più parte – un’offesa ai propri
sentimenti etici fondati sul cristianesimo".
Scontata la reazione degli organizzatori del Cineforum: è un film di qualità, premiato al festival di Berlino. Dello stesso segno
il giudizio dei gestori del teatro: "Si tratta di un film interessante, molto serio. Ci sono momenti assai crudi, ma che
acquistano senso dentro il contesto della narrazione"
Il più imbarazzato appare mons. Felicetti, decano di Rovereto, che rilascia una dichiarazione piuttosto confusa: "E’ sfuggito il
controllo e mi spiacerebbe se fosse una cosa inopportuna".
Il prof. Bertolini, a sua volta, ribatte, citando la "valutazione pastorale" della Cei, secondo la quale "il film è da valutare come
inaccettabile e del tutto malsano".
Anche noi siamo andati a smanettare su Internet, spulciando una decina di recensioni, tutte sostanzialmente positive: "Un
film senza pudori e senza provocazioni gratuite… [che] afferma le sue verità con l’abilità di chi sa far trasparire, dietro un
ghigno sardonico, il gusto amaro della vita". "Scruta il nero mortifero che accerchia l’oggetto uomo con il beffardo vigore
espressivo di quella che Pasolini aveva chiamato disperata vitalità". "Venato da un pessimistico vuoto esistenziale e dalla
mancanza di comunicazione". "Un film affascinante, a volte disturbante nella crudezza dei corpi ignudi ed avvinghiati nella
loro pesante materialità". "Opera assolutamente geniale, un gran ritorno del cineasta, che … ci porta una ventata di
freschezza e di intelligente provocazione, che lasciano però l’amaro in bocca".
Meno omogenei i commenti dei navigatori: accanto a molti apprezzamenti, anche delle stroncature, mai motivate, però dal
preteso carattere pornografico dell’opera: "Per 3/4 del film ho sbadigliato, devo ammetterlo". "Un film pretenzioso, noioso,
inutile".
Accertati i particolari della vicenda, vediamo, per punti, la morale che se ne può trarre.
1. C’è ancora troppa gente per la quale l’oscenità ha a che vedere esclusivamente col sesso: chi anziché prostituire i corpi
prostituisce i sentimenti, i valori, la dignità, la persona nel suo complesso (vedi almeno 1/3 dei programmi televisivi) non
suscita scandalo.
2. Questa mentalità è in declino, ma i suoi corifei fanno ancora dei danni e spaventano la Chiesa, che a volte vorrebbe essere
un po’ più accomodante.
3. I giornali non fanno un buon lavoro strillando queste notizie. Come scrive un lettore dell’Adige che il film l’ha visto, "la
cosa andava lasciata morire al massimo nella pagina delle lettere. Altrimenti si ottiene il risultato di creare il caso: la
provocazione ha sortito il suo effetto, la commissione parrocchiale che gestisce il cinema starà sul chi vive, l’associazione
cinematografica si sentirà meno libera, o comunque tenuta sotto osservazione… Una singola persona disinformata avrebbe
in questo modo arrecato danni alla libertà di fruizione culturale di tutto un territorio".