Piazza di Corte La piazza di Corte di Ariccia, progettata dal Bernini

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Piazza di Corte La piazza di Corte di Ariccia, progettata dal Bernini
©Palazzo Chigi |Comune di Ariccia
Piazza di Corte
La piazza di Corte di Ariccia, progettata dal Bernini su commissione di papa Alessandro VII (16551667), costituisce uno dei più eccezionali ed unitari complessi architettonici del Barocco Romano.
La piazza fu realizzata tra il 1661 e il 1672, demolendo vari fabbricati minori preesistenti, mettendo in
piano l’area con la costruzione dei cantinoni, edificando la Collegiata dell’Assunta, i due casini
laterali, l’esedra e le due fontane, completando la facciata del Palazzo Chigi.
Le due eleganti costruzioni laterali all’Assunta (1662-1664), adibite a Casino del Governatore con
annesse prigioni e Casino del Ministro di Casa Chigi, sono caratterizzate da un porticato di pilastri
tuscanici binati a tre campate, con trabeazione ionico-attica, balaustra in peperino sovrastante. I
casini sono una variante barocca ai porticati michelangioleschi del Campidoglio ed era previsto un
coronamento con statue sul modello del Colonnato di San Pietro.
Assieme alle palazzine laterali all’Assunta venne portato a compimento l’Esedra, costituita da una
quinta decorata da paraste binate tuscaniche, con trabeazione ionico-attica: una sorta di scenografia
teatrale che avvolge la chiesa. Il cornicione non si mantiene parallelo a quello delle testate (i casini) di
cui è prosecuzione, ma scende seguendo l’ambulacro; così anche l’interasse delle paraste si restringe
mano a mano che ci si allontana dalla piazza. Questo “inganno” prospettico, è percepibile soltanto
attraverso un accurato rilievo o guardando l’esedra dal piano nobile del palazzo, ove la logica della
fuga comune delle parallele cade, per il cambiamento del punto di osservazione. Insomma, come per
la Scala Regia, il Bernini ha adottato un procedimento della scenografia teatrale per ingigantire il
corpo centrale rappresentato dalla chiesa e nel contempo suggerire una maggiore profondità
prospettica degli emicicli.
Le due Fontane a tazza, costituite da vasca circolare, stelo e tazza sovrastante, sono state realizzate
nel 1665 dallo scalpellino Ambrogio Appiani su disegno del Bernini e commissione di Alessandro VII.
Le fontane, definite “lastre”, presentano sopra la tazza scolpiti i monti Chigi, come appare
nell’incisione del Falda della piazza, un disegno di Tessin e i conti: “Per haver fatto li monti a una di
dette fontane...Per una guida di mattoni a una di dette dove si sono messe le lastre, quale è stata
guasta”. Il Lucidi ricordava che “avendo il Papa Alessandro VII fatto edificare in detta piazza due fonti,
è rimasta la cura di uno al barone, e dell’altro alla communità” (p.298).
Osservando le due fontane simmetriche si può oggi notare la differenza nella fattura e stato di
conservazione, essendo stata restaurata quella di sinistra a cura di Sigismondo Chigi attorno al 1771
con un rifacimento in marmo della tazza di coronamento. Quella di sinistra porta un fiore nello
stelo, riferimento alla Comunità, la seconda (la tazza è in travertino) la stella dei Chigi. Mentre la
vasca basamentale è in peperino, la stele con la tazza sovrastante sono in travertino, tanto da far
ritenere che la bicromia forse originariamente uniformata con uno scialbo color travertino. Una si
chiama Fontana del Popolo, l’altra Fontana del Principe. Sono state restaurate nel 1998 e ancora nel
1999 dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici del Lazio su direzione dell’arch. Marina Natoli.
La progettazione del complesso segue una rigorosa maglia ortogonale su cui sono impostate le
architetture, secondo calibrate assialità ed allineamenti. Le fontane sono collocate nell’intersezione
tra gli assi degli emicicli e le congiungenti il portale di Palazzo Chigi con i casini laterali alla chiesa.
La piazza di Corte, che versava in grave stato di abbandono, adibita anche a parcheggio, è stata
radicalmente restaurata e restituita alla sua dignità architettonica nel 1986-87, sui progetto dell’arch.
Sandro Benedetti e dell’arch. Francesco Petrucci.
(Bibliografia: R. Lefevre, 1981; F. Petrucci, in Ariccia, 1998; id., in Ariccia, 2000; M. Natoli, in Ariccia,
2000; M. Villani, 2002)
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