Bollettino di informazione sull`attualità giurisprudenziale straniera

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Bollettino di informazione sull`attualità giurisprudenziale straniera
BOLLETTINO DI INFORMAZIONE
SULL’ATTUALITÀ GIURISPRUDENZIALE STRANIERA
ottobre 2011
a cura di C. Bontemps di Sturco, C. Guerrero Picó, S. Pasetto, M. T. Rörig
con il coordinamento di Paolo Passaglia
FRANCIA
1. Decisione n. 2011-160 QPC del 9 settembre 2011, Sig. Hovanes A
Processo penale – Procedura c.d. del “regolamento di informazione” – Requisitoria del pubblico
ministero – Mancata comunicazione alle parti prive di difesa tecnica – Asserita violazione del
principio di eguaglianza, del contraddittorio e del diritto di difesa – Questione prioritaria di
costituzionalità – Illegittimità costituzionale.
2. Decisione n. 2011-173 QPC del 30 settembre 2011, Sig. Louis C. ed altri
Filiazione – Giudizio volto al suo riconoscimento – Test genetici – Divieto di raccogliere impronte
genetiche post mortem – Asserita violazione del diritto al rispetto della vita privata e del diritto ad
una vita familiare normale – Asserita violazione del principio di eguaglianza – Questione
prioritaria di costituzionalità – Discrezionalità del legislatore in materia – Rispetto del corpo
umano e dei defunti – Rigetto della questione.
GERMANIA
1. Ordinanza del 19 luglio 2011 (1 BvR 1916/09)
Persone giuridiche – Diritti fondamentali – Titolarità – Norma costituzionale che la limita alle
persone giuridiche nazionali – Integrazione europea – Estensione della tutela alle persone
giuridiche di altri Stati dell’Ue – Asserita violazione dei diritti alla proprietà intellettuale ed al
giudice naturale – Ricorso diretto individuale – Esame nel merito delle doglianze – Rigetto.
SPAGNA
1. STC 136/2011, del 13 settembre
Bilancio dello Stato – Leyes de acompañamiento alle Leyes de Presupuestos Generales del Estado
– Asserita violazione di molteplici principi e diritti costituzionali (principio democratico,
pluralismo politico, diritti delle minoranze, diritto di emendamento, principio di certezza del
diritto) – Ricorso in via principale – Assenza di elementi di atipicità della fonte – Deduzioni –
Rigetto del ricorso – Opinione dissenziente – Opinione concorrente.
2. Approvazione della riforma dell’art. 135 della Costituzione
STATI UNITI
1. Order in Pending Case 11A317, Davis, Anthony Troy v. Humphrey, Warden, del 21
settembre 2011
Pena capitale – Omicidio – Condanna – Riesame – Esclusione di un diritto ad un appello nei
confronti del riesame – Fissazione della data dell’esecuzione – Richiesta di differimento alla Corte
suprema – Rigetto – Esecuzione.
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FRANCIA
a cura di Charlotte Bontemps di Sturco
1. Decisione n. 2011-160 QPC del 9 settembre 2011, Sig. Hovanes A
Processo penale – Procedura c.d. del “regolamento di informazione” –
Requisitoria del pubblico ministero – Mancata comunicazione alle parti
prive di difesa tecnica – Asserita violazione del principio di eguaglianza,
del contraddittorio e del diritto di difesa – Questione prioritaria di
costituzionalità – Illegittimità costituzionale.
Il Conseil constitutionnel è stato adito dalla Corte di cassazione in relazione ad una questione
prioritaria di costituzionalità avente ad oggetto l’articolo 175 del codice di procedura penale, che
disciplina la procedura che conduce al c.d. “regolamento di informazione”, ovvero ad una decisione
del giudice istruttorio che può assumere i seguenti contenuti: non luogo a procedere, dichiarazione
di irresponsabilità penale per infermità mentale, rinvio del caso alle giurisdizioni penali competenti.
In questa procedura, il giudice istruttorio informa le parti circa la sua decisione e comunica il
fascicolo al pubblico ministero. Entro il termine di un mese (tre, se la persona è detenuta), il
pubblico ministero redige la sua requisitoria e le parti formulano per iscritto domande e/o
osservazioni. Entro i successivi dieci giorni sono previste le repliche, al termine delle quali il
giudice istruttorio chiude il “regolamento di informazione”.
La dedotta incostituzionalità era argomentata soprattutto in relazione al secondo periodo del
comma 2 dell’articolo, dove si precisava che le requisitorie del pubblico ministero erano indirizzate
agli avvocati delle parti, mentre non erano notificate alle parti stesse, nel caso in cui avessero scelto
di non avvalersi della difesa tecnica. Si invocava, in particolare, la violazione del diritto ad un
processo equo e dei diritti della difesa.
Il Conseil constitutionnel, limitatamente a questo frammento di disposizione, ha dichiarato la sua
illegittimità costituzionale.
Le norme del codice di procedura penale che riservano diritti ai soli avvocati sono sempre più
limitate, anche in ossequio all’articolo 6, par. 3, CEDU ed alla giurisprudenza della Corte di
Strasburgo, che tutelano il diritto delle persone maggiorenni di scegliere di difendersi in proprio 1.
D’altro canto, la giurisprudenza del Conseil constitutionnel2 sul diritto all’assistenza di un
avvocato non configura questo diritto come assoluto, ma come funzionale ad un’utilità da valutarsi
in concreto, per ogni momento della procedura.
1
Le eccezioni a questo principio sono ormai limitate: la difesa tecnica è obbligatoria, tra l’altro, in Corte d’assise, se
l’imputato è minorenne, se il maggiorenne è soggetto a tutela o curatela: cf. CONSEIL CONSTITUTIONNEL,
Décision n. 2011-160 QPC du 9 septembre 2011, M. Hovanes A. (Communication du réquisitoire définitif aux parties),
in Commentaire aux Cahiers.
2
Così, ad es. mentre ha ritenuto che essa sia necessaria durante l’interrogatorio del fermo (cf. decisione n. 201114/22 QPC del 30 luglio 2010, M. Daniel W ed altri, oggetto di segnalazione a suo tempo), essa non lo è durante il
trasferimento davanti al Procuratore in seguito al fermo (cf. decisione n. 2011-125 QPC del 6 maggio 2011, M.
Abderrahmane L., anch’essa segnalata).
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Con precipuo riferimento alla disposizione oggetto del giudizio, la limitazione del diritto di
accesso ai soli avvocati era storicamente giustificata dalle esigenze di protezione del segreto
istruttorio, al fine di evitare rischi di inquinamento delle prove o pressioni di vario tipo.
Riferendosi agli articoli 6 (principio di eguaglianza) e 16 (fondamento del diritto di difesa e del
principio del contraddittorio) della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, il
Conseil ha rilevato che, “se il legislatore può prevedere regole di procedura diverse a seconda dei
fatti, delle situazioni e delle persone alle quali si applicano, ciò è possibile a condizione che queste
differenze non derivino da distinzioni ingiustificate e che siano assicurate eguali garanzie, in
particolare al riguardo del principio del contraddittorio e del rispetto dei diritti della difesa”
(Considérant 4).
Partendo dal presupposto che il codice di procedura penale riconosce il diritto degli imputati e
delle parti civili, nel corso dell’istruzione, ad essere assistiti da un avvocato, il Conseil ha comunque
affermato che il rispetto dei principi del contraddittorio e della tutela dei diritti della difesa
impedisce che il giudice istruttorio possa pronunciarsi senza che le richieste formulate dal pubblico
ministero siano portate a conoscenza di tutte le parti (Considérant 5).
Ha quindi dichiarato l’incostituzionalità delle parole “avvocati delle”, che avevano l’effetto di
limitare la notificazione delle requisitorie ai soli difensori.
Il Conseil ha anche precisato che tale dichiarazione si applicava dalla data della decisione, e
quindi a tutte le requisitorie successive, ma anche a quelle anteriori, purché non coperte dal
giudicato.
2. Decisione n. 2011-173 QPC del 30 settembre 2011, Sig. Louis C. ed altri
Filiazione – Giudizio volto al suo riconoscimento – Test genetici – Divieto
di raccogliere impronte genetiche post mortem – Asserita violazione del
diritto al rispetto della vita privata e del diritto ad una vita familiare
normale – Asserita violazione del principio di eguaglianza – Questione
prioritaria di costituzionalità – Discrezionalità del legislatore in materia –
Rispetto del corpo umano e dei defunti – Rigetto della questione.
La questione prioritaria di costituzionalità sollevata dalla Corte di cassazione era relativa
all’articolo 16-11 del codice civile, che elenca i casi nei quali si ricorre ai test genetici per
l’identificazione di una persona. Il quinto comma dell’articolo precisa che, in materia civile, ciò
possa avvenire solo in seguito ad una decisione del giudice adito al fine di accertare o contestare un
legame di filiazione. Si prevede altresì che il consenso dell’interessato debba essere raccolto
preliminarmente ed espressamente e che, salvo consenso esplicito della persona, nessuna
identificazione possa essere realizzata post mortem. Questa disposizione è stata introdotta con la
legge n. 2004-800 del 6 agosto 2004, relativa alla bioetica, in reazione al “caso Yves Montand”3.
I ricorrenti nel giudizio a quo contestavano il divieto di prelievo post mortem, nelle procedure
civili relative al riconoscimento della paternità, come lesivo del rispetto della vita privata, del diritto
a condurre una vita familiare normale e del principio di eguaglianza.
3
Ex vivo, l’attore si era sempre rifiutato di sottomettersi al prelievo di impronte genetiche. Questo rifiuto, insieme
con altre considerazioni, avevano indotto il giudice di primo grado a riconoscere la sua paternità. In appello, dopo la sua
morte, gli aventi diritto avevano autorizzato il prelievo post mortem; il giudice aveva quindi autorizzato la riesumazione
del corpo, a seguito della quale si era accertata l’assenza di paternità biologica.
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La giurisprudenza della Corte EDU tende ad avallare un’interpretazione lata dell’articolo 8 della
Convenzione, che garantisce il diritto al rispetto della vita privata. In quest’ottica, ha condannato in
diverse occasioni – e di recente anche in relazione alla normativa francese – il divieto di prelievo
post mortem in procedure civili per il riconoscimento del legame di filiazione4.
Nonostante questo, il Conseil constitutionnel ha rigettato la questione, confermando così la sua
giurisprudenza relativa al diritto al rispetto della vita privata ed al diritto di condurre una vita
familiare normale, che, per un verso, limita la portata di queste due diritti e che, dall’altra, prevede
un controllo non eccessivamente approfondito qualora siano in gioco questioni relative alla bioetica
ed alla famiglia. In sostanza, su queste tematiche, il Conseil rifiuta di sostituirsi al legislatore.
Questo principio è stato applicato alla disciplina che protegge il corpo umano dopo la morte.
Né il Conseil ha ritenuto violato il principio di eguaglianza, asseritamente leso dal fatto che il
legame di paternità si prova principalmente con la genetica mentre quello materno con la prova del
parto, donde una disparità di trattamento tra chi persegua il riconoscimento della paternità e chi
persegua il riconoscimento della maternità. Onde respingere tale argomentazione, il Conseil ha
posto in evidenza la diversità delle due situazioni, idonea a giustificare la differenza di trattamento
.
4
V., in particolare, Corte EDU, 13 luglio 2006, Jaggi c. Suisse, n. 58757/00, che ha condannato la Svizzera per il
fatto di porre un divieto simile a quello del codice civile francese, facendo prevalere il diritto di conoscere l’identità dei
genitori come interesse vitale della persona (che deriva dall’articolo 8 della Convenzione) su quello di riposare in pace.
La Corte ha adottato una soluzione diversa per il prelievo genetico post mortem su uno dei nonni nella sentenza
Corte EDU, 5 maggio 2009, Menèndez Garzia c. Spagna, n. 21046/07.
Infine, la Corte ha invece condannato la Francia nella sentenza 16 giugno 2011, Pascaud c. Francia, n. 19535/08, in
una situazione in cui era limitata l’azione per il riconoscimento della paternità (in quanto un riconoscimento già
esisteva) e nella quale il consenso al prelievo genetico era reso delicato dal fatto che la persona aveva avuto un
incidente ed era quindi stata sottoposta a curatela.
Per maggiori dettagli, v. CONSEIL CONSTITUTIONNEL, Décision n. 2011-173 QPC du 30 septembre 2011, M.
Louis C. et autres (Conditions de réalisation des expertises génétiques sur une personne décédée à des fins d’actions en
matière de filiation), in Commentaire aux Cahiers, p. 7 ss.
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GERMANIA
a cura di Maria Theresia Rörig
1. Ordinanza del 19 luglio 2011 (1 BvR 1916/09)
Persone giuridiche – Diritti fondamentali – Titolarità – Norma
costituzionale che la limita alle persone giuridiche nazionali – Integrazione
europea – Estensione della tutela alle persone giuridiche di altri Stati
dell’Ue – Asserita violazione dei diritti alla proprietà intellettuale ed al
giudice naturale – Ricorso diretto individuale – Esame nel merito delle
doglianze – Rigetto.
Il Tribunale costituzionale ha respinto un ricorso diretto di una persona giuridica con sede in
Italia che si sentiva lesa nel suo diritto alla proprietà (intellettuale) e nel suo diritto al giudice
naturale, in quanto il BGH (la Corte suprema federale tedesca) non aveva accolto un suo ricorso
contro una società tedesca, omettendo, tra l’altro, un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia sul
merito del giudizio5.
La ricorrente era una società italiana che produce e commercializza mobili “Le Corbusier” e che
è titolare dei rispettivi diritti di sfruttamento della licenza. Dopo aver notato che una società tedesca
arredava una sala di esposizione in Germania con mobili “Le Corbusier” contraffatti – pur senza
avere intenzione di commercializzarli – ha istaurato un’azione legale contro tale società chiedendo
che fosse impedita l’esposizione dei mobili contraffatti. Mentre il tribunale e la corte d’appello
accoglievano la domanda dell’odierna ricorrente, il BGH respingeva l’azione, sostenendo che la
mera esposizione dei mobili non violasse né il diritto di distribuzione né il diritto di sfruttamento
delle opere protette della società italiana.
La decisione del BGH si era basata, in particolare, su una sentenza della Corte di giustizia la
quale aveva stabilito, a seguito di un rinvio pregiudiziale da parte del BGH in un procedimento
parallelo, che per “distribuzione” delle opere di un autore di cui all’art. 4 della direttiva CE 2001/29
sui diritti d’autore si debba intendere esclusivamente il trasferimento della proprietà delle opere
tutelate. Il BGH ha, dunque, ritenuto che la mera esposizione al pubblico (donde l’utilizzazione)
delle opere non possa ledere i diritti d’autore, anche perché la citata normativa europea sui diritti
d’autore prevede una tutela massima per i diritti d’autore che non può essere oggetto di ulteriore
estensione da parte degli Stati membri.
La ricorrente ha quindi adito il Bundesverfassungsgericht, sostenendo di essere stata lesa, oltre
che nel suo diritto di proprietà, anche nel suo diritto al giudice naturale, poiché il BGH non avrebbe
provveduto ad operare un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia per chiarire se la mera cessione
d’uso delle opere rientri o meno nel campo di applicazione della direttiva europea e se tale direttiva
preveda effettivamente una tutela non ulteriormente ampliabile dei diritti azionati.
Il Tribunale costituzionale ha respinto il ricorso ritenendolo infondato. Pur riconoscendo, in
astratto, la legittimazione della ricorrente a far valere la lesione dei diritti invocati, il Tribunale ha
nel merito escluso che una lesione fosse effettivamente sussistente.
5
Si segnala che il Bundesverfassungsgericht ha predisposto un comunicato stampa in relazione all’ordinanza de qua
in lingua inglese, disponibile on line alla pagina http://www.bverfg.de/pressemitteilungen/bvg11-056en.html.
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Si è, infatti, evidenziato che una persona giuridica che – come la ricorrente – ha la propria sede
in un altro paese europeo può avvalersi dei diritti fondamentali di cui alla Legge fondamentale.
Ai sensi dell’art. 19, comma 3, LF, “i diritti fondamentali valgono anche per le persone
giuridiche nazionali, nella misura in cui, per loro natura, siano ad esse applicabili”. Interpretando
questo disposto, il Tribunale ha chiarito che la tutela prevista in capo alle persone giuridiche
nazionali di cui all’art. 19, comma 3, LF deve estendersi anche alle persone giuridiche europee, in
corrispondenza agli obblighi pattizi assunti con i Trattati europei, che si esprimono soprattutto nel
riconoscimento delle libertà fondamentali ivi contemplate e nel divieto generale di discriminazione
per motivi legati alla nazionalità. Gli stessi obblighi assunti esigono dagli Stati membri e dai loro
organi ed autorità di equiparare le persone giuridiche di un altro Stato membro dell’Ue a quelle
nazionali, anche in ordine alla tutela giudiziaria. Le disposizioni del diritto dell’Ue non obliterano il
disposto dell’art. 19, comma 3, LF, ma producono semplicemente l’estensione della tutela ad altri
soggetti del mercato interno dell’Ue. L’equiparazione presuppone che vi sia un legame sufficiente
tra la persona giuridica ed il territorio nazionale, circostanza, quest’ultima, da riscontrarsi nel caso
in cui – appunto – una persona giuridica straniera operi in Germania e sia parte (attiva o passiva) di
un giudizio pendente in questo Paese.
Con precipuo riferimento al caso di specie, il Tribunale ha tuttavia ritenuto che la ricorrente non
fosse stata lesa nei suoi diritti fondamentali. Il BGH aveva sostenuto l’incontestabilità, dal punto di
vista costituzionale, dell’interpretazione della sopraindicata direttiva europea sui diritti d’autore
fornita dalla Corte di giustizia, la quale ha, a suo avviso, escluso che il mero uso di opere
contraffatte possa rientrare nell’ambito della tutela del diritto d’autore. La Corte di giustizia non ha,
infatti, menzionato la sussistenza di alcun margine di manovra circa l’attuazione della direttiva,
evidenziando che eventuali estensioni della nozione di “distribuzione” fossero di competenza del
legislatore dell’Ue. Alla luce di tale riscostruzione, il BGH era legittimato – secondo il
Bundesverfassungsgericht – a ritenere che la sentenza della Corte di giustizia non gli avesse lasciato
alcun margine di manovra per adottare un’interpretazione adeguatrice della norma tedesca sui diritti
d’autore, che, secondo l’opinione fino ad allora unanime, faceva invece rientrare nella nozione di
“distribuzione” ogni concessione d’uso (ergo anche il mero possesso).
Ad avviso del Tribunale di Karlsruhe, i giudici civili di merito devono quindi tenere conto del
diritto fondamentale alla proprietà di cui alla Legge fondamentale nell’interpretare le norme sul
diritto d’autore solo nella misura in cui il diritto dell’Ue conceda loro un margine di interpretazione,
che nel caso di specie non è stato concesso. La valutazione dei giudici di merito secondo cui una
certa fattispecie è disciplinata dal diritto dell’Unione senza che sia dato alcun margine per una
diversa interpretazione della disciplina è oggetto di esame da parte del Bundesverfassungsgericht
che – a tal proposito – non si limita peraltro ad un mero controllo sull’arbitrarietà della decisione
adottata dal giudice di merito. Resta ovviamente salva la possibilità per i giudici di procedere ad un
rinvio pregiudiziale.
Altrimenti detto, nell’ordinanza in rassegna, il Tribunale costituzionale federale ha quindi
chiarito se ed in quale misura i giudici di merito debbano scrutinare il diritto tedesco, come
risultante dall’armonizzazione, totale o parziale, operata alla luce degli obblighi comunitari, in
riferimento (i) alla Legge fondamentale e/o (ii) al diritto dell’Ue. Il Bundesverfassungsgericht si è
in ogni caso riservato il potere di scrutinare l’interpretazione di tali giudici di merito alla luce delle
disposizioni della Legge fondamentale. Inoltre, si è evidenziato come, in mancanza di un margine di
manovra relativa all’interpretazione per gli Stati membri, i giudici debbano, se del caso, anche
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esaminare la compatibilità del diritto dell’Ue applicabile con i diritti fondamentali dell’Unione
europea, e, se necessario, provvedere ad un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia.
Nel merito, secondo il Tribunale costituzionale, la ricorrente non è stata lesa nel suo diritto al
giudice naturale (art. 101, comma 1, per. 2 LF6) per il fatto che il BGH ha omesso il rinvio
pregiudiziale alla Corte di giustizia. Dalla decisione del BGH è emerso chiaramente il
convincimento dello stesso giudice in ordine, da un lato, alla compatibilità del diritto nazionale con
la disposizione della direttiva europea e, dall’altro, alla definitività dell’interpretazione data dalla
Corte di giustizia alla nozione della “distribuzione”. Poiché il controllo del
Bundesverfassungsgericht in merito all’esperimento o meno del rinvio pregiudiziale è – come noto
– limitato alla verifica di errori ed irregolarità palesi della decisione assunta dal giudice di merito,
nella specie non si è ritenuto di poter riscontrare alcuna irregolarità di questo tipo.
6
Art. 101, comma 1, per. 2 LF: Nessuno può essere sottratto al giudice assegnatogli dalla legge.
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SPAGNA
a cura di Carmen Guerrero Picó
1. STC 136/2011, del 13 settembre
Bilancio dello Stato – Leyes de acompañamiento alle Leyes de Presupuestos
Generales del Estado – Asserita violazione di molteplici principi e diritti
costituzionali (principio democratico, pluralismo politico, diritti delle
minoranze, diritto di emendamento, principio di certezza del diritto) –
Ricorso in via principale – Assenza di elementi di atipicità della fonte –
Deduzioni – Rigetto del ricorso – Opinione dissenziente – Opinione
concorrente.
Il plenum del Tribunale costituzionale ha respinto il ricorso in via principale presentato da
ottantanove deputati del gruppo parlamentare socialista nei confronti della legge n. 50/1998, del 30
dicembre, su Medidas Fiscales, Administrativas y del Orden Social. I ricorrenti ritenevano la legge
contraria agli artt. 1, comma 1, 9, comma 3, 23, comma 2, 66 e 88 Cost., nonché agli artt. 40, 43,
46, 91, 93, 94 e 109 del Regolamento della Camera dei deputati ed agli artt. 49, 104, 106 e 133 del
Regolamento del Senato.
Le leyes de Medidas Fiscales, Administrativas y del Orden Social 7 sono più note come “leyes de
acompañamiento”, in quanto si approvano annualmente in concomitanza con il bilancio dello Stato
(Ley de Presupuestos Generales del Estado), ed hanno un contenuto molto eterogeneo. L’origine di
questo strumento legislativo è direttamente collegata alla giurisprudenza del Tribunale
costituzionale, che, di fronte agli eccessi verificatesi nell’ambito delle leyes presupuestarias, che
modificavano leggi che non riguardavano la finanza pubblica, stabilì che le leggi di bilancio
dovevano limitarsi all’approvazione delle entrate e delle spese nonché alle decisioni di politica
economica del Governo.
Le leyes de acompañamiento, a differenza delle leggi di bilancio, non hanno un riconoscimento
costituzionale esplicito; sono dunque leggi ordinarie prive di qualunque carattere di atipicità. La
loro introduzione ha suscitato discussioni in dottrina circa la loro costituzionalità, in quanto sembra
che siano state concepite appositamente per eludere i limiti stabiliti ex art. 134, comma 7, Cost. al
contenuto delle leyes de presupuestos. Successivamente, si è posto il problema della violazione del
principio di certezza del diritto, per la quantità di leggi che vanno a novellare e per l’eterogeneità
dei loro contenuti. Tutte queste argomentazioni sono rintracciabili anche nel ricorso di
incostituzionalità che è stato giudicato dal plenum del Tribunale costituzionale.
a) Sulla illegittimità della tipologia normativa “leyes de acompañamiento”
La prima doglianza dei ricorrenti ha riguardato la possibilità che la Costituzione permetta
l’esistenza di una legge che, nel modificare normative incidenti sull’intero ordinamento (in
7
Sulle quali v. V. MARROCCO, “L’ambito proibito e la problematica della ammissione delle leyes de
acompañamiento nel procedimento di bilancio spagnolo”, in Annuario 2006, Università di Pisa,
http://joomla.ddp.unipi.it/documenti/pisarum_joe/appendici/giusti/RM_Marrocco.pdf.
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concreto, si sono novellate settantasei leggi, sette decreti legislativi e sei decreti-legge), viola il
principio democratico (art. 1 Cost.) ed il principio di certezza del diritto (art. 9, comma 3, Cost.).
Il plenum ha rilevato che “la denuncia dei ricorrenti in merito all’utilizzo di questo tipo di leggi
[era] un giudizio dall’evidente valore politico, ma che, dal punto di vista giuridico-costituzionale,
non fa[ceva] diventare la norma di per sé contraria alla Costituzione” (FJ 3). Il Tribunale
costituzionale ha riconosciuto che l’impiego di leggi di questo tipo, caratterizzate da una grande
eterogeneità e approvate con procedimento di urgenza, avrebbe potuto interessare in qualche modo
l’esercizio effettivo del diritto alla partecipazione politica dei poteri costituiti, ma che ciò non era
avvenuto nel caso di specie.
Inoltre, il dogma dell’auspicabile omogeneità di un testo legislativo non è stato ritenuto un
ostacolo insuperabile che impedisca l’emanazione di leggi multisettoriali8: non esiste, infatti, in
Costituzione alcun divieto posto all’esistenza di leggi complesse, multisettoriali o di contenuto
eterogeneo. Evidentemente, “non c’è dubbio che circoscrivere il dibattito politico di un progetto di
legge ad una materia specifica sarebbe una tecnica più corretta, che incoraggerebbe la maggior
specializzazione e, presumibilmente, una migliore purezza tecnica del risultato […].
[…] [E], pur accettando che una legge come quella impugnata po[tesse] essere espressione di
una deficiente tecnica legislativa, da ciò non si inferi[va] necessariamente una violazione della
Costituzione, soprattutto perché il giudizio di costituzionalità che spetta a[l] Tribunale
[costituzionale] «non è [un giudizio] sulla tecnica legislativa» […], né sulla «perfezione tecnica
delle leggi» [...], perché il nostro controllo non ha «nulla a che vedere con la loro purezza tecnica»”
(FJ 3).
b) Sulla alterazione del sistema delle fonti del diritto
I ricorrenti imputavano alla ley de acompañamiento l’alterazione del sistema delle fonti del
diritto perché la relazione di questa con altre leggi non si basa né sul principio di gerarchia né sul
principio di competenza. In proposito, il Tribunale costituzionale ha ritenuto opportuno chiarire il
suo rapporto con la Ley de Presupuestos Generales del Estado e con le leggi ordinarie che ha
novellato.
“La Costituzione e le norme che integrano il c.d. blocco della costituzionalità stabiliscono una
riserva materiale concernente la Ley de presupuestos (la previsione di entrate e le autorizzazioni
della spesa pubblica in un anno), riserva che, sebbene non escluda che altre norme in tema di
bilancio possano alterare l’ammontare e la destinazione della spesa pubblica che la legge autorizza,
vieta una modifica della suddetta legge che non consegua a circostanze eccezionali […]. Di
conseguenza, la legge ordinaria che […] abbia come oggetto il contenuto che l’art. 134, comma 2,
Cost. riserva alla Ley de Presupuestos incorrerà in vizio di incostituzionalità, ma non per il fatto di
contraddire una legge dello stesso rango, bensì per il fatto di invadere una materia che le è
costituzionalmente vietata” (FJ 4). Ciò posto, il plenum ha comunque dichiarato che le norme
concretamente impugnate non riguardavano il contenuto proprio delle leyes de presupuestos, donde
la loro mancata censura.
Per quanto riguarda, invece, i rapporti tra la ley de acompañamiento e le leggi ordinarie che essa
modifica, “non trattandosi di materie che la Costituzione riserva a leggi specifiche […], essi si
8
Solo nel caso dell’iniziativa legislativa popolare una delle cause di inammissibilità dell’iniziativa è che il testo
proposto riguardi materie diverse, che non abbiano omogeneità tra di loro (art. 5, comma 2, lettera c, della legge
orgánica n. 3/1984, del 26 marzo, di disciplina dell’iniziativa popolare).
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basano sulla stretta applicazione del criterio di successione delle leggi nel tempo (lex posterior
derogat priori) […]. Il contenuto eterogeneo della legge n. 50/1998, del 30 dicembre, non
modifica[va] la sua natura di legge ordinaria, né altera[va] i suoi rapporti con le altre norme che
integrano l’ordinamento giuridico, per cui [doveva] escludersi che [essa avesse] alterato il sistema
di fonti del diritto stabilito dalla nostra Costituzione” (FJ 4).
c) Sulla violazione del principio democratico, del pluralismo politico, della separazione dei
poteri e dei diritti delle minoranze (artt. 1, comma 1, e 66 Cost.)
Il procedimento legislativo ordinario permette la partecipazione delle minoranze nel rispetto del
principio democratico, ma, secondo i ricorrenti, avendo agito il gruppo maggioritario come
Governo in sede parlamentare, sarebbero stati violati il principio democratico, il pluralismo politico,
la separazione dei poteri ed i diritti delle minoranze.
Il plenum ha respinto queste denunce generiche: “il principio democratico sancito dalla nostra
Costituzione (art. 1, comma 1) impone che la formazione della volontà delle Cortes Generales sia
articolata attraverso un procedimento i cui tratti strutturali sono prescritti dallo stesso Testo
costituzionale. Tuttavia, è indubbio che il sistema stabilito porta inevitabilmente ad una tensione
caratteristica che deriva dalla doppia condizione dei gruppi parlamentari come strumenti al servizio
dell’esercizio democratico, volti, da un lato, ad approvare i disegni di legge presentati alle Camere
e, dall’altro, a nominare il Presidente del Governo, cioè dell’organo che articola le sue proposte
attraverso quegli stessi disegni di legge. Ma questa tensione, o connessione funzionale […] non
snatura il procedimento legislativo e, quindi, non trasforma in incostituzionale il sistema, né le
facoltà costituzionali che lo integrano; difatti l’applicazione di principio maggioritario, ovvero il
conseguimento di una determinata maggioranza come formula per l’integrazione delle volontà
concorrenti, è lo strumento per cui ha optato la nostra Costituzione per canalizzare la volontà dei
cittadini” (FJ 5).
d) Sulla violazione del diritto di emendamento (art. 90, comma 2, Cost.)
I ricorrenti mettevano in questione la prassi di operare modifiche o innovazioni nell’ordinamento
giuridico in materie che non presentavano una connessione con il testo del progetto di legge,
mediante l’introduzione di emendamenti nella Camera alta da parte del gruppo parlamentare di
maggioranza. Così facendo, si sarebbe limitato illegittimamente il diritto delle minoranze e si
sarebbe limitata la funzione legislativa della Camera dei deputati (FJ 6).
In relazione all’esercizio del diritto di emendamento come forma di incidenza sull’iniziativa
legislativa, il Tribunale costituzionale ha dichiarato che gli emendamenti all’articolato devono avere
una “connessione minima di omogeneità con il testo emendato”, poiché l’utilizzo indebito del
diritto di emendamento non violerebbe solo il diritto dell’autore dell’iniziativa (art. 87 Cost.), ma
potrebbe anche costituire una limitazione illegittima all’esercizio dei diritti e delle facoltà che
integrano lo statuto costituzionalmente rilevante dei rappresentanti politici. Tuttavia, i ricorrenti non
avevano identificato le norme che potevano essere affette da questo vizio e non spettava al
Tribunale costituzionale individuarle (FJ 8).
Il rigetto della questione è stato esteso anche a quella relativa alla denunciata violazione delle
norme dei regolamenti parlamentari (FJ 10).
e) Sulla violazione del principio di certezza del diritto (art. 9, comma 3, Cost.)
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Ad avviso dei ricorrenti, la ley de acompañamiento aveva un contenuto non definito né un
oggetto predeterminato e, inoltre, la pubblicazione formale in Gazzetta ufficiale non implicava che
le norme in essa contenute fossero certe né conosciute; si trattava di una legge di difficile
accessibilità e nella quale era difficile stabilire quali norme interessavano l’insieme dei cittadini,
alcuni gruppi o singoli cittadini.
Il plenum ha respinto anche tali doglianze: “in primo luogo, perché [era]no stati adempiuti i
requisiti di pubblicità esigibili, visto che la legge impugnata […] [era] stata pubblicata nel
«Bollettino Ufficiale dello Stato» [...], e, quindi, non [era] possibile dedurre che la suddetta
pubblicazione non [fosse] sufficiente a garantire la conoscenza formale delle disposizioni che la
norma pubblicata incorpora[va]. In secondo luogo, [...] [la] mancanza di una maggiore precisione
non costitui[va] una base sufficiente per la dichiarazione di incostituzionalità di una norma
legislativa che, come si ripetuto più volte, gode [in quanto tale] di una «presunzione di
costituzionalità» che «non può venir meno senza un’adeguata motivazione » [...].
Dal resto, [...] la legge [aveva] un oggetto che, benché eterogeneo, [era] stato precisamente
delimitato al momento della presentazione del progetto [di legge] alla Camera dei deputati, e tutti i
suoi eventuali destinatari (operatori giuridici e cittadini) ne erano a conoscenza grazie alla
pubblicazione [del progetto] nel Diario Ufficiale delle Cortes Generales, e del testo definitivo nel
Boletín Oficial del Estado“ (FJ 9).
Le norme della legge n. 50/1998 sono state, in via di principio, ritenute chiare, prive cioè di
difficoltà di comprensione e d’interpretazione tali da indurre in errore o in confusione gli eventuali
destinatari. E, anche se così fosse stato, spettava ai ricorrenti individuare specificamente le
disposizioni ed esplicitare le ragioni per cui ritenevano che il dubbio sollevato tra i loro potenziali
destinatari fosse insuperabile.
g) Sulla natura analoga alle Leyes de Presupuestos Generales del Estado
Ad avviso dei ricorrenti, doveva ritenersi che la ley de acompañamiento avesse una natura
analoga a quella delle Leyes de Presupuestos Generales del Estado, per cui doveva essere soggetta
ai medesimi limiti materiali. Di conseguenza, dato che esiste un impedimento costituzionale
affinché la ley de acompañamiento possa disciplinare materie non direttamente connesse
all’esecuzione del bilancio o alla politica economica del Governo (art. 134, comma 2, Cost.), o
perché possano modificarsi i tributi senza che lo preveda una previa legge (art. 134, comma 7,
Cost.), dovevano ritenersi incostituzionali tutte le norme che avevano modificato tributi senza una
previa abilitazione legale (ventisei norme), o che avevano autorizzato misure senza una
connessione, diretta (centoquattro norme) o indiretta (trentatre norme) al bilancio cui
“accompagna[va]” o alla politica economica del Governo.
Il Tribunale costituzionale ha ribadito molto chiaramente che la legge n. 50/1998, “non è la Ley
de Presupuestos cui fa riferimento l’art. 134 Cost., e [quindi] non è possibile applicargli alcuno dei
limiti o divieti, di per sé eccezionali, che la Costituzione ha previsto per lo strumento
presupuestario, motivo che sarebbe [stato] di per sé sufficiente per respingere la denuncia di
incostituzionalità [...].
Le limitazioni materiali e temporali cui il Costituente ha sottoposto lo strumento presupuestario
si riferiscono solo a quest’ultimo e non si possono estendere ad altre disposizioni generali che, non
essendo frutto dell’attività presupuestaria delle Cortes (art. 134 Cost.), sono il risultato
dell’esercizio generico della loro attività legislativa (art. 66, comma 2, Cost.). [...] La legge
impugnata forma[va] parte della potestà legislativa ordinaria, ragione per cui, non le si [poteva]
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trasporre la dottrina sulle norme che hanno un trattamento speciale, come le Leyes de Presupuestos
(art. 134 Cost.), le leggi orgánicas (art. 81 Cost.) o la legge sul Fondo di compensazione
interterritoriale (art. 74, comma 2, Cost.)” (FJ 11).
La sentenza reca l’opinione dissenziente del giudice costituzionale Manuel Aragón Reyes
(secondo cui la prassi legislativa delle leyes de acompañamiento è non solo criticabile, ma anche
illegittima) e l’opinione concorrente del giudice costituzionale Luis Ignacio Ortega Álvarez
(secondo cui la sentenza doveva omettere i riferimenti alla “deficiente tecnica legislativa” usata dal
legislatore).
2. Approvazione della riforma dell’art. 135 della Costituzione
Il 27 settembre è stata sanzionata dal Re Juan Carlos I la riforma dell’art. 135 Cost.9 che, come
era stato anticipato nel Bollettino di informazione sull’attualità giurisprudenziale straniera di
agosto-settembre 2011, ha incluso nel testo costituzionale il principio generale del pareggio di
bilancio.
Non essendo stato raggiunto il numero di parlamentari necessario per richiedere una
consultazione popolare, non si è fatto luogo a referendum per la ratifica.
La riforma ha suscitato numerose critiche, soprattutto perché è stata concordata con urgenza tra il
Governo socialista ed il Partito popolare, i quali hanno omesso il tentativo di coagulare un consenso
politico più ampio, che aveva invece contraddistinto l’approvazione della Costituzione nel 1978.
9
Lo stesso giorno il testo della riforma è stato pubblicato nel Boletín Oficial del Estado: cfr.
http://www.boe.es/boe/dias/2011/09/27/pdfs/BOE-A-2011-15210.pdf.
Si possono consultare alcuni articoli sulla riforma nella Rassegna stampa estera del 15-30 settembre 2011.
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STATI UNITI
a cura di Sarah Pasetto
1. Order in Pending Case 11A317, Davis, Anthony Troy v. Humphrey, Warden,
del 21 settembre 2011
Pena capitale – Omicidio – Condanna – Riesame – Esclusione di un diritto
ad un appello nei confronti del riesame – Fissazione della data
dell’esecuzione – Richiesta di differimento alla Corte suprema – Rigetto –
Esecuzione.
La Corte suprema ha respinto la richiesta di rinvio dell’esecuzione della pena capitale nei
confronti di Troy Davis, il quale è stato giustiziato dallo Stato della Georgia il 21 settembre 2011,
ponendo così fine ad una controversia ventennale durante la quale Davis ha sempre ribadito la
propria innocenza. Il caso ha sollevato accese polemiche in tutto il mondo, provocando anche
l’intervento di numerosi personaggi pubblici a favore dell’annullamento della pena, in particolare a
causa dell’asserita invalidità, appurata solo successivamente al primo processo di prima istanza,
delle prove della sua colpevolezza10.
La Corte ha respinto la richiesta di rinvio con un order di poche righe, rifiutando dunque di
cogliere l’occasione per chiarire due questioni rilevanti: in primo luogo, esprimersi per la prima
volta sull’interrogativo se l’esecuzione di un individuo innocente sia o meno incostituzionale; in
secondo luogo, stabilire l’onere della prova che i giudici delle giurisdizioni inferiori devono
applicare nelle revisioni volte ad accertare l’effettiva innocenza di un imputato condannato a morte.
Tali questioni rimangono, dunque, aperte11.
Nel 1991, Troy Davis, un uomo di razza nera, era stato dichiarato colpevole dell’omicidio
dell’agente della sicurezza Mark MacPhail e condannato a morte nello Stato della Georgia. L’uomo
ha sempre ribadito la propria innocenza. Nel corso degli anni, la data della sua esecuzione era stata
fissata ben tre volte, salvo poi essere posticipata all’ultimo momento. Inoltre, in anni recenti, sette
dei nove testimoni oculari presenti sulla scena dell’omicidio avevano ritrattato la propria
deposizione, giungendo addirittura ad indicare un altro uomo come responsabile dell’omicidio.
L’assenza di una nuova valutazione del caso di Davis avrebbe dunque comportato una violazione
del IV Emendamento della Costituzione12. Tuttavia, l’iter dei ricorsi a livello statale era stato
esaurito; così, nell’agosto 2009, i difensori di Davis hanno chiesto alla Corte suprema federale di
10
Ad alimentare le polemiche è intervenuta anche la stessa casa produttrice della sostanza chimica utilizzata per
giustiziare Davis, il pentobarbital, che ha contestato che la sostanza sia stata elaborata allo scopo di procedere alle
esecuzioni, donde non era stata sviluppata a tal scopo ed esisteva la rilevante possibilità che essa avrebbe comportato
una morte atroce.
11
L’Order emesso dalla Corte suprema e citato nel titolo della presente segnalazione è assai scarno; per i documenti
relativi al caso ed ulteriori informazioni v. la seguente pagina Internet: http://www.scotusblog.com/?s=troy+davis.
12
“Il diritto dei cittadini a godere della sicurezza per quanto riguarda la loro persona, la loro casa, le loro carte e le
loro cose, contro perquisizioni e sequestri ingiustificati, non potrà essere violato; e nessun mandato giudiziario potrà
essere emesso, se non in base a fondate supposizioni, appoggiate da un giuramento o da una dichiarazione sull’onore e
con descrizione specifica del luogo da perquisire, e delle persone da arrestare o delle cose da sequestrare”.
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emanare un ordine diretto di habeas corpus (original habeas writ) per porre fine alla detenzione di
Davis, asseritamente contraria al divieto sulle pene inusitate e crudeli sancito dall’VIII
Emendamento alla Costituzione13. In risposta alla richiesta, nel giugno 2010, la Corte ha ordinato al
giudice della District Court per lo Stato della Georgia di riesaminare il caso ed “ascoltare
testimonianze ed accertare le questioni di fatto circa la possibilità che informazioni non disponibili
al momento del processo originario potessero indicare l’innocenza” di Davis. Nell’agosto 2010, il
giudice della District Court ha stabilito che Davis “non era innocente”, confermando così la pena di
morte. In ordine al diritto ad agire in appello, il giudice ha constatato l’eccezionalità del proprio
mandato di riesame, sottolineando, per un verso, che l’ultima volta che la Corte suprema aveva
disposto in tal senso risalisse a ben cinquant’anni prima e, per l’altro, che non esistevano precedenti
giurisprudenziali o provvedimenti normativi che indicassero la procedura da seguire in questi casi.
Tuttavia, poiché la Corte suprema gli aveva ordinato direttamente di procedere al riesame, il giudice
ha operato alla stregua di un “magistrato” della Corte suprema: si riteneva, dunque, che l’eventuale
appello dovesse essere rivolto direttamente alla massima Corte degli Stati Uniti.
Gli avvocati difensori di Davis si sono rivolti alla corte federale d’appello per lo Stato della
Georgia (la Corte dell’Eleventh Circuit) ed alla Corte suprema federale al fine di annullare la
decisione della District Court ed ottenere dalla corte di secondo grado il permesso di procedere in
appello; essi hanno anche richiesto alla District Court stessa il permesso di rivolgersi in appello alla
Corte dell’Eleventh Circuit. Tra l’ottobre ed il novembre del 2010, sia la District Court che la Corte
dell’Eleventh Circuit hanno respinto la richiesta in base all’Anti-Terrorism and Effective Death
Penalty Act del 1996, il quale ha posto dei limiti alla possibilità di chiedere un ordine di habeas
corpus e, in particolare, ha proibito che si faccia un uso ripetuto del rimedio. Permettere alla Corte
dell’Eleventh Circuit di ascoltare il ricorso sarebbe stato quindi contrario alle disposizioni ed
all’intenzione del legislatore statunitense.
Nel gennaio 2011, la difesa si è rivolta alla Corte suprema federale con una richiesta assai
articolata. In sostanza, si sono impugnati la conferma della dichiarazione di colpevolezza emessa
nei confronti di Davis ed il rifiuto opposto dalla Corte dell’Eleventh Circuit di conoscere
dell’appello; in alternativa, si è richiesto alla stessa Corte suprema di accogliere il ricorso di Davis e
di annullare direttamente la sentenza emessa dalla District Court della Georgia. Nel marzo 2011, la
Corte suprema ha emesso una breve ordinanza nella quale ha respinto le tesi della difesa, senza
peraltro addurre motivazioni né rendere pubblici gli eventuali dissensi14.
L’esecuzione è stata così fissata per il 21 settembre 2011. In quella data, i legali di Davis hanno
tentato di rinviare nuovamente l’esecuzione, tentativo cui si sono strenuamente opposti lo Stato
della Georgia e la famiglia della vittima, in base al motivo che il condannato aveva avuto tempo
utile per opporsi alla data dell’esecuzione ma non lo aveva fatto. La Corte suprema, dopo un rinvio
di quattro ore per deliberare, ha negato il rinvio dell’esecuzione e Davis è stato giustiziato alle ore
23 della sera stessa.
13
“Non si dovranno esigere cauzioni esorbitanti, né imporre ammende eccessive, né infliggere pene crudeli e
inusitate”.
14
Può essere interessante notare che nella decisione del 2009 che ha condotto al riesame della District Court, due
dei Justices attualmente in carica (ovvero i Justices Breyer e Ginsburg) avevano rimarcato l’eccezionalità del caso di
Davis, esprimendosi in favore del riesame e suggerendo la possibile innocenza del detenuto.
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