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RASSEGNA STAMPA
9 aprile 2016
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Last Musik: note di sopravvivenza
Al Center for Jewish History la musica dell'Olocausto
diventa eterna
Uno spettacolo di musica e parola per raccontare le storie personali del progetto Last Musik che
recupera le partiture musicali ritrovate nei campi di concentramento. La voce è quella di Ute Lemper,
accompagnata dal pianoforte di Francesco Lotoro e dal clarinetto di David Krakauer
di Renata Bovara - 9 aprile 2016
La storia di un violino e dei personaggi che hanno fatto parte del suo percorso, iniziato in Francia
nell’800 e ritrovato, secoli dopo, tra i cimeli di un negozio d’antichità torinese. È una delle vicende
personali che compongono il progetto Last Musik, l’organizzazione non profit che dal 2015, si occupa
di salvare le partiture musicali ritrovate nei campi di concentramento alla fine della guerra.
Durante il viaggio, una fermata: Birkenau, uno dei tre campi principali di Auschwitz, dove i fratelli Enzo
e Eva Maria Levy vennero deportati con la loro famiglia dopo essere stati arrestati a Tradate, Varese, il
12 novembre 1943.
Prima di uccidersi gettandosi sul filo spinato, nel giugno 1944, la giovane violinista Eva Maria lascia un
ultimo messaggio al fratello e lo affida al suo violino. Scritti su un pezzo di carta, poi incollato alla
parete interna dello strumento, la frase “Der Musik Macht Frei” (la musica rende liberi,
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grammaticalmente sbagliata), i numeri da prigioniero di Enzo, accompagnati da alcune note musicali e
il disegno simbolico di un filo spinato.
Dopo la liberazione dalla prigionia, nel 1945, il violino torna a Torino sotto il braccio di Enzo per poi
venire trovato, decadi dopo, dal collezionista Carlo Alberto Carutti. Rimasto colpito dalla stella di David
in madreperla intarsiata sul dorso dello strumento, a Carutti tocca il destino di scoprire ed divulgare il
segreto di Eva Maria.
Insieme al pianista compositore e musicologo Francesco Lotoro, per cui i canti e le musiche nati
durante la Shoah sono diventati una missione, il violino è tornato a
suonare sul palco del Center for Jewish History in New York la sera
del 6 Aprile. A interpretare alcuni dei pezzi ritrovati da Lotoro (17.000
spartiti, dei quali 5.000 sono già stati trascritti e registrati) la voce
armoniosa e nel contempo determinata di Ute Lemper.
Cori, marce, tanghi, ninnananne, musiche da cabaret e inni religiosi.
Vere e proprie orchestre scortavano i prigionieri ai lavori forzati al ritmo
di una marcia, rallegravano i pochi momenti quieti, seguivano i
condannati alla loro morte.
Lemper, sinuosa cantante, attrice e cabarettista di origine tedesca, ha
sposato il progetto e inaugurato il tourSongs for Eternity, apertosi
proprio a New York. Ad accompagnare la performance di base
teatrale, dove la musica e i filmati di alcuni dei sopravvissuti, arrivano
a completare o a introdurre le storie personali di alcuni dei
protagonisti, ci sono il pianoforte dello stesso Lotoro, il violino di Daniel Hoffman (uno tra i più grandi
esperti di musica yiddish), la fisarmonica dell’argentino Victor Villena e il rinomato clarinetto quasi
fiabesco, di David Krakauer.
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Lemper passa dal racconto quasi sussurrato alla rivendicazione, spiegando, recitando e a volte pure
flirtando con il pubblico che gremiva la sala, lasciando così emergere l’altra voce della vittima, quella
chiusa dentro la disperazione e lo sconcerto. Quell’espressione legata alla forza e alla dignità che
riesce a far dimenticare per un attimo, l’odio e la crudeltà perpetrati dall’essere umano più fragile, che
ha bisogno di ferire, torturare e uccidere per sentirsi forte e importante.
“Questa canzone è stata scritta dalla poetessa Ilse Weber. Durante la sua prigionia, diventò infermiera
per prendersi cura dei bambini malati”, spiega Lemper. Di notte, Weber trasformava i suoi versi in
ninnananne che faceva cantare a squarciagola ai bambini destinati alle camera a gas, fino a farli
rimanere senza fiato e svenire, per far loro soffrire la paura il meno possibile.
Lo spettacolo va avanti e cambia musica. Lemper, artista straordinariamente versatile, intona un tango
insieme ai musicisti: la musica aiuta a liberarsi dal peso di un dolore infinito che non può trovare
attenuanti, se non nel profondo dell’essere umano a cui è stato dato, innato, il diritto alla vita.
Dall’abisso riemerge il bisogno di dover resistere e la morte viene scalzata dalla speranza di
continuare a vivere e magari di riuscire a tornare a casa, di incontrare nuovamente la persona amata,
sperando che questa ci stia ancora aspettando.
Joel Levy, il presidente e CEO del Center for Jewish History, si associa (grazie all’intervento di
Raffaello Siniscalco) al progetto di Francesco Lotoro e appoggia la campagna Adopt a Musical Score,
per aiutare l’importante eredità, lasciata da chi ha vissuto quei momenti, a non dissolversi al buio della
dimenticanza. Il concerto è stato curato e prodotto da Viviana Kasam e Marilena Citelly Francese. Lo
spettacolo sarà replicato il 18 e 19 aprile nella sinagoga di Mantova.