presS/Tmagazine n.03 anno 2011

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presS/Tmagazine n.03 anno 2011
presS/Tmagazine n.03 anno 2011
http://www.presstletter.com
presS/Tarticolo
BIG_curvilinee declinazioni di Giulia Mura
presS/Tcronache
luciano cupelloni_centro culturale Piazza Elsa Morante di Diego Barbarelli
presS/Tdesign
Chris Kabel_interview di Maria Elena Fauci
presS/Tmostra
IntercisioniS/TNATALE PLATANIA di Giuseppe Frazzetto
presS/Tarticolo
BIG_curvilinee declinazioni di Giulia Mura
Bjarke Ingels è giovane, bello, famoso, danese. Ha trentacinque anni eppure il suo studio di
Copenaghen ha in piedi una grande quantità di progetti, cantieri aperti e concorsi stra-vinti. Si
potrebbe pensare che si tratti dell’ennesima meteora nel panorama architettonico mondiale, un
giovane professionista dall’impressionante talento che per massmediatiche congiunture sia al
momento in cima alle classifiche tra i più richiesti al mondo. Ma dietro a tutto questo, sembrano
celarsi una consistenza e una bravura diverse dal comune. Non lo testimoniano soltanto i numeri,
ma anche la modalità con cui BIG si avvicina ai problemi: un ben radicato approccio green alla
progettazione, un metodo che non sfiora la tematica tanto per, ma la accompagna sicura verso
nuovi scenari creativi, integrandola seriamente alla materia che si plasma sfruttando al meglio le
new technologies. Le sue sono forme sinuose, nate della modellazione tridimensionale, quasi
sempre schiette, aperte, contestualizzate, reali. Per quanto possa osare la progettazione, e
ripetersi in parte per creare effetti spaziali scenografici, le realizzazioni di BIG non puntano ad una
spettacolarità fine a sé stessa, bensì alla creazione di volumi flessuosi e permeabili. Tre sono i
progetti analizzati in parallelo, perché accomunati da alcuni elementi ricorrenti.
Il
primo,
per
il
nuovo
impianto
della
Amagerforbraending, società che nella capitale danese
gestisce il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti per la
produzione di energia. Il progetto per l’enorme
stabilimento ha vinto la competizione internazionale grazie
ad un innovativo approccio al problema, che prevede un
inserimento sul territorio nei dintorni della città a minore
impatto possibile. Il prisma possiede un tetto giardino
calpestabile di 31 mila mq, una terrazza panoramica a 100
metri d’altezza punto focale del landmark circostante, e
facciate verdi formate da moduli componibili. Non più
ciminiere e grigiore dunque, ma nuova gestione anche
estetica del concetto di energia pulita.
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Il secondo, è un cubo gigante, di 57 metri per lato, che
ospiterà il TEK Center, centro polifunzionale voluto dal
Taiwan Land Developement Corporation a Taipei e che, al
suo interno, vedrà ospitati negozi, showroom, hotel e
auditorium. Un cubo, apparentemente regolare, nasconde
al suo interno una geometria complessa. Infinite curve,
avvolgendosi, creano spazialità distorte e gradonate
continue, con scalini convessi, emulano un percorso
infinito alla Escher. Si sale fino a giungere ad una terrazza
panoramica, ricavata dalla sagomatura che un cratere
centrale crea. Spazi pieni e spazi vuoti dunque, occupati e
residuali, ritagliati attraverso lo scavo di flessuosi corridoi
in quota che erodono la semplicità che il volume cubico
vorrebbe imporre ma che BIG non contempla.
Il terzo, infine, è progetto per una libreria pubblica in
Kazakistan, ad Astana, voluta dalla Municipalità su
competizione ad invito diretto. La volumetria è sviluppata,
anche qui, attraverso morfologie complesse derivate
dall’elaborazione del nastro di Moebius. Sezioni circolari
sovrapposte dividono per piani le differenti funzioni.
Supportata da ARUP per la realizzazione ingegneristica, la
costruzione si espande su di un lotto totale di 45 mila mq e
sarà circondata da un grande parco pubblico. Il percorso
spiraliforme continuo disegna le spazialità interne,
segmenti fluidi che si inseguono, interrotti solo dal grande
patio centrale. Simile ad un serpente dalle grandi squame
metalliche ha la funzione di illuminare la pelle dell’edifico.
Placche romboidali consentono un gioco filigranato di luci
ed ombre, elegante e funzionale.
Giulia Mura – [email protected]
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presS/Tcronache
luciano cupelloni_centro culturale Piazza Elsa Morante di Diego Barbarelli
soluzioni tecnologiche e inserimento nel verde definiscono il progetto sviluppato su piani
orizzontali
il progetto
Il Centro Culturale “piazza Elsa Morante” è parte significativa della riqualificazione urbana del
quartiere Laurentino 38. Il progetto opera per piani orizzontali: la quota zero tutta pedonale e
sistemata a verde si estende su 14.600 mq oltre a 5.000 mq per parcheggi, ed la seconda quota
appena al di sotto delle chiome dei pini, è costituita dalle coperture piane degli edifici per ulteriori
1.200 mq. Tra questi due piani si snodano gli spazi del Centro Culturale: l’emeroteca (400 mq), la
mediateca (600 mq), il teatro con una sala da 200 posti (900 mq) e l’arena per circa 300 persone
(400 mq). La serie degli edifici realizza poi tre piazze tematiche sulle quali si aprono le attività del
Centro Culturale: la “piazza d’acqua”, il “boschetto” di aceri e la “piazza della multimedialità”,
segnate da grandi tralicci in acciaio - alberi tecnologici come segnali urbani - di supporto agli
impianti fotovoltaici ed alla comunicazione multimediale. La quota zero si “sfrangia” verso la
Riserva Naturale tramite una serie di “bolle verdi”: microspazi nel grande parco distinti da lettere
che scrivono a terra P E M O R A N T E. (luciano cupelloni)
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crediti
committente: Comune di Roma - Dipartimento
Riqualificazione Periferie
responsabili del procedimento: Mirella Di
Giovine, Stanislao Cocchia, Francesco Coccia
progetto e Direzione lavori: Luciano Cupelloni LCA
strutture: Paolo Antonini, Stefano Catasta
bioclimatica: Sergio Bottiglioni, Ricerca &
Progetto
acustica: Francesco Bianchi
impianti meccanici: Carmelo Pagano, Andrea
Garasi, Federico Pacchieri
impianti elettrici e speciali: Francesco Cattaneo
stime: Alessandro Dellepiane
coordinamento della sicurezza: Marco Astolfi,
Anna Pietrantonio
collaboratori: C. Cagiano, G. Cupelloni, M.
Migliaccio, R. Migliari, G. Padula, V.
Pasquariello, G. Piloni, M. Salvatore, R. Socas
Wiese, L. Tomiselli, L. Travaglini, A. Zinetti
costruzione: ICOR 80 Spa con Gentilsider Srl e
Metalmontaggi Srl
iluminazione pubblica: Acea Distribuzione Spa
Sviluppo Impianti – Sogea Srl
impianto fotovoltaico: ARSE Acea Reti e Servizi
Energetici – MEG Impianti Srl
anno di realizzazione: 2008-2010 (progetto
2005-2007)
costi di costruzione: Edifici e parco €
4.700.000,00
fotografie: face2face Studio Abbrescia Santinelli
note biografiche
Luciano Cupelloni (Roma, 1950) ha il suo studio a Roma. E' professore ordinario presso la facoltà
di Architettura La Sapienza a Roma.
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presS/Tdesign
Chris Kabel_interview di Maria Elena Fauci
His design is refined, sometimes even so simple to be
genial for its functionality. It is not a case that the MoMA
has recently acquired his “Mesh Chair” for its permanent
design collection and that the “Bubblicious” is now
available at the “Spazio Rossana Orlandi” in Milan. Chris
Kabel is a young Dutch designer (1975), capable to
change daily objects into very special ones, and above all,
whose renewed use turns out being more intuitive. To give
an idea of his way of thinking: you can glue his Sticky
lamp random on walls and decorate your room in a very
original way if you put together more pieces.
The Shadylace parasol instead is made of different leaves whose shadow recalls a real tree, with a
little bird perched on its top. Besides, the Sugarcube, a bowl composed by little cubes of resin,
reminds us what its content will be: just sugar.
Humour, curiosity and the precision of a surgeon let hem explore the most hidden mechanisms
inside ordinary things to look for new possibilities. And he always manages with his creative and
bizarre results.
M.E.F.: I have read that you collect watches and that
you are even capable to repair them. It is a real
passion you have that makes you analyse the
functioning and investigate to find new potentials
into whatever object. When do think you can make it
different?
mesh chair
C.K.: I do not collect watches actually, although I own
quite a few. The watch you are referring to is actually my
parents’ mantle piece clock. I took it apart when I was
about ten years old (and my parents were not looking) and
put it back together again all wrong but it still worked and
it looked better (in my opinion at least) than before… It’s
still happily ticking away the seconds in my parents’ dining
room… This is an illustration of how I like to work, kind of
re-constructing and re-assembling objects that belong to
our daily life and trying to prove that the things that
surround us have more potential than we think,
aesthetically and or functionally…
M.E.F.: One of your processing methods is to
extrapolate items from their original context and to
transfer them somewhere else, in order to look for
new meanings of them. It is a curious provocation
that brings to new possibilities. How can you
“functional reassembly” them?
C.K.: I wonder about the meaning and the materiality of
the object. Normally we perceive these things to be rather
fixed. I try to pull them apart and bring them together
again in ways that shed new light on them.
seam chair
M.E.F.: In November 2009 you won the Dutch
Material Awards with the “Seam Chair” during the
Dutch Design Week. The feeling you have of it is of
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Dutch Design Week. The feeling you have of it is of
an instable shape of fabric from where you could fall
to the ground. Instead, when you sit on it, it is a
very comfortable chair. It is a quite interesting
experiment with a very light result and above all it is
sustainable. Why did you use just polypropylene?
seam bench
C.K.: Polypropylene is 100% recyclable. So at the end of
its life my chair can become a shampoo bottle or another
chair (preferably). When it burns it does not release
toxins. It is the most chemically inert of all plastics. The PP
fabric that I use is specially engineered so that it imitates
the glass fibre reinforced plastics (GRP). They have been
used, since the fifties, for chairs, boats, you name it.
These GRP’s are very toxic and the glass inside makes
them impossible to recycle. So it seemed a smart material
to use. Then making a bag out of the chair that is filled
with sand to mould it, and afterwards, it is emptied out
again in a way not to use moulds at all: The chair is the
mould itself…
M.E.F.: Very simple concepts such as “Shady lace”
and “The lace maps” of Bruges and Amsterdam
reveal logical intuitions. On the other hand I see
that in “Flame” there is a totally different approach.
What was your meaning when you designed it?
C.K.: It actually meant to prevent sailors from dying. In
Holland there is a saying about lighting your cigarette on a
wax candle. If you do this, a sailor will die. Having a gas
candle prevents this.
Bubblicious lamp
lacemap bruges
M.E.F.: Many Dutch young designers strive to
Limited Edition collections. Some of them justify this
tendency for the high costs they have, other ones
“provoke without shout” transforming daily objects
into aesthetic experiences. Is it a subtle new way or
these “Imaginative contents” turn out being market
abilities?
C.K.: I am not so interested in this discussion about
strategies. I try to make objects for people and sometimes
this takes a while and asks for a few steps in between. It
is just like the first models for the Seam chair. Those ones
purely became what you might call ‘limited editions’
because of the fact that they are produced to learn about
material and process. My final goal with the Seam project
is to make a strong chair that people can enjoy and
identify themselves with, in a less environmentally
destructive way. So the first models you have seen are not
(at all) what I finally aim for. They are parts of a greater
process.
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presS/Tmostra
IntercisioniS/TNATALE PLATANIA di Giuseppe Frazzetto
IntercisioniS/TNATALE PLATANIA
27 maggio al 10 giugno 2011
CASA DELL’ARCHITETTURA_ACQUARIO ROMANO
piazza Manfredo Fanti 47 –
ROMA
L’ipotesi
di
una
visione
statica,
intesa
come
approssimazione alla ‘visione perfetta’, si è legata alle
categorizzazioni che ci risultano familiari. Anzi: ovvie.
Categorizzazioni che implicano una geometria di solidi e di
figure piane, che si incrociano effettivamente o nella
virtualità dello sguardo, di superfici e di piramidi che
prevedono pochi punti di vista. Anzi: un solo punto di
vista.
Tuttavia le due ovvietà appena ricordate, nel loro legarsi
allo spazio (qui: S) e al tempo (qui: T) sono da decenni in
questione. Questa è un’ulteriore ovvietà. La storia delle
arti e delle architetture del ‘900 potrebbe essere riscritta
come una storia del ‘punto di vista’. Un solo riferimento
basterà, per intendersi: nel punto essenziale del
celeberrimo saggio sulla ‘riproducibilità’, Benjamin
esemplificò la nuova esperienza del mondo industriale
ricordando
il
carattere
‘aptico’
della
percezione
architettonica.
Per gli artisti, oggi quel nodo problematico si interseca con
la questione del digitale. L’esperienza del mondo non è più
legata solo a S e T, ma ad un’inarrestabile proliferazione di
S e T. Lo intuisce da tempo Natale Platania, i cui ‘ambienti
emotivi’ trascorrono dalla scultura solida, pesante, dalla
massa inequivocabile, all’etereo (in quanto visto e
praticato apticamente sola mente) nulla/pieno di spazi e
tempi alla ricerca di una soggettività nuovamente
all’altezza dei tempi.
Quella soggettività mobile non sarà dunque legata soltanto
alla stabilità in T e S d’una geometria solida che si
scompone e ricompone in piani. Progetti, oggetti e forme
di Platania si muovono verso una resa complessa delle
‘molte vite’ nelle quali si divide e si moltiplica la nostra
esperienza formalizzata e/o quotidiana.
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presS/Tmagazine
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