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spazioarte
filippo berta / mariella bettineschi / diego caglioni / silva cavalli felci /
giovanni de francesco / salvatore falci / rudina hoxhaj /
mario oleari / caterina rossato
inaugurazione giovedì 2 luglio 2009 - ore 18.00
dal 2 luglio al 19 settembre 2009
Giovedì 2 luglio alle 18.00 viamoronisedici/spazioarte inaugura la mostra collettiva che completa la prima stagione
espositiva 2008/2009.
Questa mostra vede insieme, fino alla fine di settembre, gli artisti che hanno già esposto nella galleria.
Filippo Berta, Mariella Bettineschi, Diego Caglioni, Silva Cavalli Felci, Giovanni De Francesco, Salvatore Falci, Rudina
Hoxhaj, Mario Oleari e Caterina Rossato propongono opere recenti e alcune inedite.
/ via moroni 16a / 24122 bergamo / italia / tel. +39 3472415297 / fax. +39 035 4592486 /
[email protected] / www.viamoronisedici.it
dal 2 luglio al 19 settembre 2009 - orari d’apertura da martedì a sabato, ore 16.00-19.30
Filippo Berta
Territori (2009), video 2’26’’.
La performance riflette sul concetto di confine analizzando il fenomeno d’invasione dello spazio altrui con uno spostamento concettuale: dal macro (invasioni coloniali) al micro (rapporto intimo e psicologico con il proprio spazio e quello
degli altri).
Il luogo scelto per l’esecuzione della performance è il cortile interno della tenuta, sede della Fondazione (Fondazione
Banna per l’arte, Torino). Le persone hanno tracciato nella ghiaia il confine di un proprio territorio con il piede, un gesto
che nell’infanzia serviva per definire un campo da gioco.
Tracciare con altri un proprio territorio nello spazio è inteso come la definizione di se stessi nelle relazioni sociali. Il gesto
può esser paragonato al ripassare continuamente con una penna la propria firma, al punto tale da stracciare il foglio. Più
si scava con il piede nella ghiaia e maggiore è la definizione del proprio confine. La ghiaia bianca e il sottosuolo scuro,
sono il “nero su bianco” che determina visivamente il proprio io. Le dimensioni e la forma del singolo spazio, diventano
la metafora visiva della singola personalità.
Definire se stessi diventa una lotta, perché la performance mostra quanto spazio altrui il singolo individuo vuole invadere e occupare per poter soddisfare la propria esigenza. Questo consiste nello spostamento dal macro al micro del
fenomeno di colonizzazione.
La polvere che si alzava dai piedi e il rumore dato dallo scavare nella ghiaia, hanno completato
l’immagine di una dura lotta.
Mariella Bettineschi
¿que estas esperando? (2008), quattordici tondi di plexiglas, diametro 35 cm.
“…lavorare sul frammento, su porzioni di realtà, di pittura, per conoscerne il più intimo segreto suggerisce un campo
dove è possibile conciliare gli opposti: periferia/centralità, accumulazione/rarefazione, particolare/universale…fino a
rendere inusitato ciò che è familiare e familiare ciò che è inusitato.
L’istallazione di Mariella Bettineschi dal significativo titolo ¿que estas esperando? si compone di quattordici tondi di
vetro che pendono nello spazio dello Scalone d’Onore dell’Università Cattolica di Milano.
Le immagini, ottenute con mezzo fotografico o attraverso manipolazioni digitali, dispiegano lungo la parete aspetti drammatici della storia recente come la rielaborazione del lutto dopo la catastrofe delle Twin Towers o la distruzione di un
cimitero dello Sri LanKa causata dallo tsunami del 2004, ma anche immagini di cura e gesti di tenerezza, sguardi che
richiamano la bellezza come il volto tratto dall’opera del pittore fiammingo Memling e ancora sfere perfette che alludono
all’ideale.
Tranne nel caso delle sfere, gli altri tondi presentano una parte incompleta, rimasta trasparente, quasi a significare ciò
che deve ancora accadere, il divenire di un cammino a cui ciascuno è
chiamato…”
Cecilia De Carli
Diego Caglioni
Elementi (2007), still video, stampa fotografica su alluminio cm16x72.
Elementi è un video la cui astrazione fa pensare che sia un’elaborazione computerizzata.
Al contrario tutto ciò che si vede e si sente è preso dalla realtà: la parte centrale deriva da una ripresa fatta a degli striscioni colorati di un paese in festa, in una giornata molto ventosa; le parti in bianco e nero invece sono i cavi ferroviari
filmati da un treno in corsa. Da questi filmati ho estrapolato la parte minima, la parte più elementare degli stessi. Allo
stesso modo ho lavorato con l’audio, i rumori degli striscioni festivi sono stati accentuati nelle frequenze alte; i rumori
del treno nelle frequenze basse (diffuse nell’installazione con un amplificatore da 50W).
L’installazione è un flusso di elementi del reale che, ricombinati, producono nuova energia.
Silva Cavalli Felci
Piccolo Sesamo rosso (2009), Realizzato a controllo numerico, Verniciatura a spruzzo, Diametro cm 30.
Piccolo Sesamo rosso, essenziale forma in aggetto, allude all’aprirsi, allo svelarsi, al portare alla luce ciò che è nascosto, all’andare oltre e, al tempo stesso, alla percezione e alla consapevolezza del limite.
Fra i temi che mi hanno attratto e che ho indagato nel corso degli anni, il tema della “soglia” si riscontra con una certa
frequenza nel mio percorso ed è presente sin dal 19911. Esso ha dato origine a diverse variazioni che si sono avvalse,
in successione, di materie e tecniche diverse: dalle concrezioni di terre-colore alle carte, al legno e, più recentemente,
all’uso di tecniche informatiche.
1…nelle “ Soglie” ferrigne, petrose, bronzee e aurate, qualcosa di magico, di propiziatorio sul cammino della nostra
esistenza sotterranea emerge con prepotenza allo scoperto. E in quanto allusive, simboliche, queste fenditure, queste
spaccature di sostanze contengono una molteplicità di significati reconditi…(Marco Lorandi, Catalogo mostra S. Agostino, Bergamo, 1995)
Giovanni De Francesco
Senza Titolo (1:00:51) 2008, stampa fotografica, dimensioni 40x60 cm.
Il tempo è un senso interno, un contenitore di eventi, il cui trascorrere subisce una variazione a seconda del contenuto,
definito secondo un’estetica platonica ”immagine mobile dell’eternità”.
Il tempo è imprescindibile dal moto, e il moto presuppone uno spostamento. In un’azione esiste quindi la variabile tempo
che ne misura la durata e la variabile fisica che determina la metamorfosi, in potenza, di una situazione precedente.
Nessun intervallo di tempo lascia invariato lo stato precedente delle cose, anche quando il risultato visivo finale appare
identico. I sensi interni determinano un’azione dell’anima invisibile esternamente che per legge transitiva contiene, per
moto e tempo, un trascorso.
1: 00:51 descrive l’immagine in cui un giovane è a contatto con un esterno in cui nulla accade. Lo scorrere dell’immagine
svela una seconda presenza. La documentazione di questo incontro inscrive lo stato inerziale del trascorrere del tempo
e a riempire la scena di invisibili variazioni è l’indagine reciproca, un racconto muto che si risolve nell’elaborazione di un
ritratto interiore, chiuso, patologico.
Paola Gallio
Salvatore Falci
Silent communications (1998), Still video, stampa fotografica 23x41cm.
“Le Silent communications sono state concepite e realizzate da Salvatore Falci sul finire del 1998, durante il suo soggiorno in Australia come borsista presso lo IASKA.
[…] gli abitanti della cittadina (australiana) di Kellerberrin, teatro dell’azione, si suddividono in due comunità, quella di
origine anglosassone e quella aborigena, che condividono lo stesso sfondo urbano, separandosi rigorosamente nelle
pratiche e nei rituali sociali.
Le Silent communications nascono direttamente da questa osservazione partecipante dell’artista, [...] traducendo in
opera il suo desiderio di infrangere la barriera che separa le due comunità, aprendo dei canali di comunicazione.
Per aggirare i problemi linguistici connessi alla comunicazione verbale (il loro linguaggio ha con l’inglese solo una lontana somiglianza) Falci ha allestito un setting imperniato su quella non verbale: a coppie d’individui appartenenti alle
due diverse comunità è stato richiesto di sedere l’uno di fronte all’altro e di guardarsi ininterrottamente negli occhi per
un tempo di tre minuti. La videoistallazione riproduce visivamente questo setting, evidenziando le comunicazioni non
verbali che intercorrono tra le coppie di volta in volta riprese”.
Domenico Nardone
Rudina Hoxhaj
Thinking Wide (2008), still video, stampa fotografica su alluminio cm 14x25.
Il video è una lunga inquadratura fissa (dal buio di un interrno) di una finestra da cui si vede, solo un cielo azzurro, che di
tanto in tanto viene attraversato obliquamente da qualche aereo, presumibilmente decollato da un vicino aeroporto. La
visione crea una singolare sospenzione spazio-temporale, stimolata da una tensione contemplativa interrotta solo per
un attimo da quei rapidi eventi visivi e sonori (il rumore dei motori dei jet). Il lavoro sembra invitare a una meditazione
sul destino e il senso dell’esistenza umana.
Testo da Catalogo Video.it 2009, Artegiovane, a cura di Francesco Poli, Francesco Bernardelli, Mario Gorni, Paola Nicita e Cristina Perrella.
Mario Oleari
Senza titolo (2007),
Stampa fotografica su alluminio, dimensione cm 15x21.
Per gioco, ma anche per necessità il cane Jaix diventa il segno di Mario Oleari. Questo segno è l’impronta che, attraverso graffiti o stickers, viene impressa sui pannelli stradali di Londra così come alle fermate d’autobus di altre città.
Secondo una sorta di trattamento omeopatico della banalità, il cane Jaix, leitmotiv, mascotte e ispirazione ossessiva, si
trasforma in un logo, afasico linguaggio, anonima reclame:
L’icona ironica Jaix, non solo è specchio della quotidiana banalità, ma contemporaneamente intima e sottile denuncia
sociale.
L’uso di animali nell’arte, ricorda artisti come Damien Hirst e Maurizio Cattelan, ma, diversamente da loro, la ricerca
artistica di Mario Oleari si ispira alla cultura underground e con interventi “parassitari” e quasi anonimi “spalma” la sua
dentità personale sul tessuto urbano. L’artista e il cane Jaix: un supporto reciproco, un terreno comune, una forma di
scambio, un’alleanza capace di fare nascere “la terza mente”, secondo la definizione di William S. Burroughs:
“Due menti eccezionali che si fondono per crearne una terza totalmente distinta e inimitabile”.
Caterina rossato
Lame (2009), Matita, penna roll, pennarello indelebile su tela cm 80x100.
(Lame (2009), è un disegno composto da lunghissime serie di oggetti ripetuti in tutte le loro possibili varianti o schemi di
grandi dimensioni che analizzano, attraverso una fitta rete di collegamenti, ogni aspetto dello scibile: un continuo esercizio di conoscenza e frantumazione del reale, un desiderio urgente di catalogazione e controllo, un metodo necessario
per fare chiarezza e per liberare la mente.
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