LibertàEdizioni
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LibertàEdizioni Renzo Franzini ATLANTE MARINO POEMA LibertàEdizioni MATERIA arcipelago del ritorno: come reagire di fronte a una patria usurata e usurpata, come reagire al degrado politico e civile? questo si chiede dolfìn al ritorno dopo anni di peripezie, conversando con sibylle, la sorella che lo ospita. si tratta di costruire un pensiero della resistenza nella teoria e nella prassi: di opporre misura alla dismisura. poi offrirla in dono agli uomini. questa la risoluzione. in carattere normale la voce di dolfìn; in corsivo quella di sibylle, in grassetto voci altre quaderno dolfìn ma giunge notizia della morte di dolfìn e il quaderno, con il resoconto delle peripezie è quanto resta. in esso, alle memorie dei luoghi si uniscono momenti di riflessione politica atlante marino una vecchia e non datata lettera di dolfìn giunge a tomàs, suo amico fraterno: questi, dubitando della morte di lui, decide di rintracciarlo. inutilmente è quanto narra tomàs a sibylle alla fine del racconto però, come da esso evocata, appare l'ombra di dolfìn, che non sembra avere consapevolezza piena della propria condizione; sibylle lo asseconderà e dolfìn inviterà al viaggio verso un'isola, una patria possibile. tuttavia prima occorrerà ripercorrere vecchie tracce per un tragitto nuovo che condurrà all'incontro con lo storico, nonché alla visita e all'ascolto di tre figure dell'esclusione e della lucidità (sezione hph). seguirà il movimento verso il mare. qui in grassetto la voce di dolfìn. 6 ARCIPELAGO DEL RITORNO 7 l’opera è una maschera mortuaria della concezione (w.b.) non siamo ancora nel suo aldilà )sic( il poema è una lunga notte nella quale si perde il sapere l’uomo acquista però conoscenza di sé volgendosi indietro ai primi luoghi della sua origine e della sua nascita (macrobio) 8 la linea è visibile nella sua leggerissima fondamentale curvatura là nel suo mai essere raggiungibile iniziano gli stati delle cose la cui indelebile indefinitezza gioca a ritroso con le cacce di noi 9 prologo adotta i rumori di questa notte ultima lo spiovio delle rame e le siepi e il intimo brusio de i nascosti dormienti in una tale vita primigenia gioia e dolore si equivalgono le case celesti si sfaldano nascono dramatiche aporie il limite cela un ripristino dove giace il tempo 10 dolfìn dopo lunga assenza narra a sibylle gli incontri nel ritorno il riflusso del corso maggiore blocca il deflusso dei corsi minori le acque gonfiano i pigri ventri sopra cui mollemente si inarca il riflesso della luna l’età cola sulle carni un siero molle colloso nella oscurità procuriamo di evadere ove l’equilibrio impossibile rimanda a una perpetua onda perpetua e cupa e dura sopra il muro della disperazione posano farfalle tenacemente vive di una epoca già sfiorita ma il tatto loro quasi assenza di tatto una provocazione quanto l’essere eretti una sconcertante obliquità siedi il silenzio agisce cortese fino alla lucida rama della limpidezza l’aria frizzante travaglia le soglie irrompe nel campo de i possibili scioglie lacere deboli filosofie a stento dispiegate il volto dentro alla serena oscurità conviene a smarrimenti bellezza e confusione l’ora del tuo vegliare stai e resta resta resta qui liberati dagli abiti pregni del dolore la maniera del tuo tempo antico appoggiato al balcone delle infanzie i ritorni delle ombre sono nostalgia mi sono a lungo costretto a pensare malattia la nostalgia oggi adesso prima l’ho associata al bisogno di ripristinare al parallelo di un mutamento all’asse attorno cui ruota idealmente il meccanismo di distanziamento da qui tutto il principio di un moto di muta modificazione e cancellazione ricordo dinamico la sua forza prodotta in seno alla ribellione il passato forse non esiste la vita trascina rapinosa al grande varco delle primavere cammini della lentezza ove il ricordo non ha alcun valore o forse lei aveva ragione questo è l’inizio di una fine la alienazione degli alberi le foglie di argento il teorema radente del tempo l’aereo luttuoso indurimento del cielo piccoli spettri ne i piccoli cortili ne i vasi di terracotta guarda la brina si è sciolta nelle regioni inondate dal sole in queste fasi i sepolti sorridono e i sorrisi hanno forma di fiori 11 e accade la intenzione della parola qui nel silenzio si incontra la cosa ti prego sii ardua difficile feroce non permettermi altro che me dimmi il giorno del mese dell’anno dimmi come mi devo regolare chi sono io non so l’assillo di ora i nostri volti dopo il temporale colmi di ansia anche dopo era dunque un sopore esistenziale una noia trascorsa nella estivale asprezza dei giorni senza meta e i viottoli squarci di amplitudini e magie di fosca luce il ritorno pensavi senza circoscriverlo senza neppure sapere cosa fosse e dell’eterno suo fluire tu ignoravi essendo esso ripetuto e mai attuato quanto poco rimane dell’avere vissuto lampi nel sole bianchi di illusione giorni miei giorni ricorsi alla casta intensità di un febbraio ventoso madori profumati di una fuga a marzo dimmi chi eri dimmi chi eri non ero nessuno il vento tra i capelli i tramonti feroci disuguali il taglio delle notti sopra i volti sei sempre stato un bambino avanti dammi la mano sei sempre stato un bambino lugubre inedia di un giorno accudito quanti anni hai quanti ne ho provo a contarli sono caduto sì è colpa mia quanti anni hai sono caduto e tornato sono qui con te narrami allora del tuo vagare il giardino si inombra proprio qui nel mattino possibile del tuo stato incompreso a questa ora già sì inatteso cono d’ombra turbolenza fatiscenza epiche tracce versi occasioni nei giochi insicuri della età qualcosa come un dubbio lì davanti o dietro nei frescori delle lunghe interminabili frequenze degli insetti lavorio usurpazione 12 pace quiete purissimo ozio totale vacanza sulle dighe di terra rifiuto resistenza diserzione in qualche modo latitanza una scopertissima dunque insospettabile non è più il senso sognato dei sogni senza forma dentro a giorni di complessa eternità no no non c’è terra non c’è sito non c’è passo alcuno non c’è posto non c’è terra non c’è più terra non c’è più cielo da tempo da tempo da tempo 13 l’allegoria del tempo si colora dell’ironia dentro cui i corpi deperiscono e la corrente apocrifa caldo languore di una materia inerte forse una illusione lo scorrimento stesso nello smargine alla vaga stazione dell’udito magnitudine ampia incertezza del come piuttosto la pigrizia la vita delle mani sulla vita degli oggetti partire fuga o dovere nelle brumose paci dell’ignoranza altrui tu te ne andavi mancava il punto a cui rivolgere il canto dell’addio lo splendore di un luogo la cava soglia della consuetudine mancano i volti del saluto i corpi della fede le voci del lamento ma il mare profuma d’aria e delle consuetudini del tempo da là un destino giungerà ora riposa nella astrazione fuori dai giochi delle rondini i vini d’ottobre le giovani donne i libri interrogati presto chiusi apprendevi il profumo delle vergini la aprica solitudine del mare si apriva alla vasta indifferenza il mito delle acque non aveva potestà sullo sguardo rivolto al futuro segui dunque se l’hai il tuo destino 14 il viaggio e il mare la calma domina il piccolo accento delle stanze occupate dal regime di guerre locali sistemi quanto puoi come puoi nel raggio mobile della distrazione il disordine consueto un altro ordine com’è fuori coltre bianca sul cielo notte senza stelle isolata sola il vento da est non dà tregua il falustrio alimentato dall’aria si impennava poi tornava giù non lontano dagli alvei paludosi dai corsi prosciugati alberi pietrificati neri puntuti dentro il silenzio il ghiaccio crepava in urli secchi cupi poi una grigia babele di sospiri filavamo sotto cortine di bruma bianca filavamo sì sui rettilinei senza storia nella speranza di un ritorno in ombra il cielo alto si amplificava nella plenitudine di stelle diverse a lato le lepri trepidavano vegliando le oscurità in quale solitudine geografica in quale latitudine animale alla deriva nel macrocosmo perso delle nebbie eravamo addormentati quando ci colse la parca rovina del vento de i quartieri confusi da identiche facciate sorbiti dall’odore di caserma hai conosciuto una ragione di te in una fossa di afrore sotto i volti furti tutto rubato anche tu rubato gli avvenimenti sono rari evocarli inutile saperli vanità ignorarne la forza presunzione il sudore meticcio dell’alba declinò sopra i corpi un pensiero di spossatezze indefinite e il mare non era non era la terra accanto alle rovine il profilo affannato della voce tentava un contatto con le cose il tocco delle dita e dello sguardo per quanto si chiedesse cecità piuttosto sradicare abbandonare sconfessare le leggi disdire disdire tacere fino alle regioni del tuono dopo i sudori anomali del giorno gravò sopra le membra la marcia stirpe di un sole malato scompaiono isole e i continenti il tempo della loro nostalgia in una lanugine muffosa le fronti erano torpide placate pareva così sfilassero generazioni senza genealogie voci senza notizie incredula quiete una aritmia di pensiero ostacolato da plaghe di aridità andavamo avvolti dalla follia de i digiuni i volti avvolti dall’incubo de i buoi le sabbie violate le menti toccate da paura la cava fame delle membra l’intimo malore de i senza nostalgia forse tramutati nel pallido barbaglio della metamorfosi falsa meta la casa usurpata sogni i sogni illusioni le illusioni ma vere e nel generale stordimento uccidevano i buoi mangiandone avidi i visceri 15 e poi la pioggia era mattina era buio un buio imprevisto per l’ora per me nel bacino il mare scuoteva i lumi non capivo se barche o quanto artigliava dentro sé nell’avidare la tempesta in atto era mattina cupa e violastra forse la grande duna arretrava ancora come ieri con il vento lanciato dall’oceano contro le forme della terra divorata era mattina sì era mattina dopo la notte sotto il piovasco enorme e tutto quanto il carico di strade avvolte attorno al corpo e si placò la fame di sapere dopo mi sono perso nel bosco delle fate ho ascoltato i rumori del presente abbi paura abbi la paura nulla è più terrificante del presente e io era andato via dal primo sottobosco lume fatuo un giunco in riva alla corrente una terra inerte come mai verso i docili passi della morte alla vaga luce del nodove 16 c’è un punto interessante nella tua debolezza stelle gemelle ma solo in apparenza chiosa quanto qui si ritrova nel cielo e quanto sprofonda nell’onda delle solitudini miraggi nello spazio de i tuoi occhi bestie mostri il petalo del mare dove emergono rapidi sfuggendo leggieri alla presa della curiosità era l’eco del mare profondo lo stupore del regno dei venti stupore la sua densità nel canto di voli ignoti indici di rotte il mare i sogni del mare pensi al puro suono di una voce quanto manchi se manca quanto dolce in presenza se sia la mattina era un sesso adolescente quasi bruno l’umore del tempo del novembre quando il sole declina (il viaggio va ripetuto condotto alla estremità) quanto caldo sorgeva da i temporali di tutto resta una calma inquieta dove il vento appoggia la stanchezza il ritorno la sua foria i tonnetti guidavano la nostra meraviglia tangendo lo scafo nella corsa felici la bianca ora apriva al cielo le quinte alte di lontane foreste dove anche si dilatavano le coste in una sproporzione sconosciuta tale respirava il cammino ma poi ristabilito il vicino ritornava la antica dimensione e io era perduto in una terra conosciuta essendo i margini sfrondati dalla nettatura e stabilendosi i vapori delle albe dentro alle forme dello spazio loro ascoltavano la mia voce irregolare io era mostro agli occhi divaganti sulle rocce impredicabile tutto imperimetrabile pan tranquillo alla deriva nelle incolpevoli acque poi un riflusso di principio della sera in una ora inconsueta o nel sogno si disperdeva alle pendici della natura della regione di lì detta della fine del mondo (c’è stato un momento in cui si è deciso di tornare indietro a una regione ove l’aria sembrava meno violenta cupa l’azione delle nebbie siamo esseri sfortunati e sghembi sì di una altra epoca di un altro regime) 17 midons du jardin l’opacità del mare il mare opaco la fissità de i suoli ammortizzati la vita oscura delle vegetazioni le serpi sono lente ancora trascinano i sonni da i profondi svestendo le spire de i sogni in uno scarso movimento di apertura come le vecchie lune impronunciabili il rinnovarsi del loro ottundimento potrò per la tua primavera raccogliermi in un soffio di viole le ore vere sono quelle della solitudine la origine oscura senza territori da scalfire con la punta bianca di una direttrice domina il tutto la oscura generazione della notte l’invisibile gorgo la caduta e sogni di corno luoghi già veduti smetti con la speranza traduci la tua ottusità rimani perfetto nella imperfezione rapaci evadevano alti oltre gli ultimi rami de i boschi nel cielo primitivo si perdeva la ragione ombra complessa luce catafratta profilo etereo della dissipazione sapevi de gli animali putrefatti nel torbido delle acque de i grandi pesci prigionieri dell’acquario sapevi de i raccoglitori queste le visioni terra simile a sé indifferente a noi di rocce figlie della tranquillità le brune volpi sparendo misteriose scrutano l’arrivo delle piogge sopra gli agili velli delle daine 18 la meravigliosa ansa scavata nella nube ospita un limpido abisso dove il quarto crescente del pianeta possiede la legge del distanziamento l’essere tutto disorienta nel vacillante impero degli astri l’alea del destino nell’imprevedibile fianco della vita il suo nero mantello di luna cattura il mio sguardo infantile calato nell’incanto del volume spesso della carne i corpi uniti le mani i richiami de i galli precisi vola verso la notte la vedo sospesa in un liquido oscuro una nenia una culla attende distesa sulle sabbie bianche nel corallo bianco del suo annuncio di onda clima dolce dolcissimo senza volto di cielo svegliati dal silenzio del giardino cattura il suo odore dolciastro lo spettro cromatico che scinde la luce aveva un acerbo profumo di limone la pelle di bronzo l’avido occhio che vuole comprendere sorbiva la voce col calco dello sguardo dentro al frescoso rovinoso delle foglie dure foschi sprofondamenti in densità nebulose la resistenza bella del passato qui sali ove sia una quiete di palpebre e quasi non si oda il respiro e placandosi il battito del cuore resti il profumo del vento 19 nel conseguito silenzio dei lontani le presenze sono pure ipostasi qualcosa come un profondo estatico a cui il capo cede la misura delle azioni la voce si tace in una fatiscenza inoperosa a questa ora della stanchezza il moto imperpetuo del giorno si fa ascendente ibridato dalla realtà de i sensi i sensi sfumano nella anonimia i valori si abbassano a quote di rigidità così si intavola il resto nulla è più toccante del tentativo di sfiorare la bellezza il profumo della sua persona sopita nella luce lunare illimite canto delle cose perdute acre parsimonia delle rose cadute la decadenza stessa delle cose vocio di ieri collocato altrove diventeremo pioggia anche noi sulle foglie dell’ultimo autunno e io finirò con lo sparire la linea d’ombra del nostro mattino la nostra protezione il circolo dischiuso de i rumori preferisci i notturni negli invernali alberghi quando le gelide fedi cercano nei fuochi spenti la brace ancora viva di ieri vai contro le cose benché tu sappia quanto le cose siano dure scegli le lente travolgenti ore senza misura ove lo spavento degli stormi il tremitio delle lepri la fame delle volpi temono il destino dei tramonti riprende l’epoca dei grandi cammini al di là del tramonto non una altra aurora però (la terra prese dopo a modulare un movimento di onda sinuoso e ipnotizzante la terra era rara oramai e introvabile e quasi senza terra) le tue labbra pispigliano sulla mia pelle sonorità fini di fisica profondità al di là del tramonto nessuna altra aurora 20 era dunque placata la uniforme materia del tuo racconto si chiama principio di prigionia si può passare ma non tornare indietro (il luogo poi diventava un labirinto loculo senza uno stilo di salvezza o voce accompagnatrice) nel tuo corpo l’oscuro sangue dei porti recita il tempo divenuto le isole stanotte allontanate riparano nel cuore degli esilii e se l’eterno è un ramo solo ma vizzito i boschi colgono l’essenza della crescita 21 l’indovino la fallacia accade nel campo della certezza questa la condizione complessiva nella quale fatica è ritorno allora il ritorno, se si dà un ritorno, coincide con l’epilogo di un descensus inferi coronato da successo perché il ritorno è proprio l’errare alla fine forse forse proprio la fine (polumechano eroe fatti da parte) nella certezza del nostro comporci nell’alea e nelle cronologie assumiamo la profondità come distanza e distacco e il valore come lungo e amaro deserto / dolcemente poi ci siamo noi le scarpe rotte le parole stente i ruoli approssimativi per nostra responsabilità quanto a me posso solo accontentarmi di annusare il profumo di una ombra l’alto spettro di una luce solitaria il rimbalzo successivo alla caduta quel che si intende è una discesa tutta un salto appunto il primo salto dall’alto delle cose moviamo a altri vettori impariamo l’alfabeto delle trappole hai visto lo stelo dell’astro pregno della tinta della notte e fosco nell’abito buio della luna lunghe filettature di liquido nero alimentano il cuore della malattia i segni sono rari sovente indistinguibili largo lo odore de i resti dei dadi gettati cogli il risultato nell’istante variabile del vortichio però non andare oltre gli indirizzi dettati da i morti non oltre la cintura del luogo dove l’eredità convoca le pietre e le raduna in forma di prigione 22 le grandi maree risalgono gli evi salmastri dei fiumi calmando i languori languenti di lune il nord una quiete d’oriente redatta quasi da una grande astrazione là alla confluenza de i corpi con la foce oscura la terra è nomade e il giorno si intride di notte tristo il sonito de gli uccelli biondi rapide su i suoli le ombre de i voli lascio spazio a la tua fluttuazione le ere trascinano alle rive del mare oceàno la carcassa del mare oceàno le sfoglie di un sogno l’inesistenza quasi di un oltraggio vivi del vento e agiti foglie di ieri dove va come sta la stessa strada come un livido astro nello splendore del cielo o cielo ocra nelle pupille di un cieco hai sognato il nome intraducibile forse non sognerai più biondo divieto delle fogliazioni un’aria condizionale accoglie il corpo nell’ora canonica della cerimonia riflessi di un mondo oscuro chiamano all’ufficio dei mattini soglie senza difesa aprono al terrore un territorio di debolezza e insonnia accompagnami nel mondo degli altri giungi con un po’ di ritardo bene così credimi più tardi chiederai come pagare cosa mi dici è un dono e così ssia ia hai sacrificato pronunciato le formule recitato le cifre epoche simili di scomposizione esigono un rantolo di unione questa è una meditazione intorno al valore di una terra se cioè si possa comporre una difesa o nulla valga più portare via portare vvia ia portare incombenza pesante dell’oggi ma secondo una logica del senso tenere fermamente ciò che è morto è quel che esige la forza più grande nostalgia del debito a cui una scrittura si vota siano allora le cifre vocaliche tutte multipli di tre se mai tu voglia soddisfare il dio o la legge poetica 23 nel silenzio frattale dei grafi dita cieche cercavano il suono annusando il livello della differenza cammini radendo l’abisso la variabile ombra pazienta con coloro che ti hanno preceduto adesso sono lepri iineffabili neffabili volgiti al planisfero senza proporzione alla umbratile forma della disperazione il planisfero non ha margine o centro concluso l’illuso cerchio della demolizione in una lingua mi sono addormentato in un’altra mi sono risvegliato explebo numerum reddarque tenebris le leggi del labirinto sono esigue occorre attendere correnti di discesa ove nulla resiste e il vortice del moto raccoglie le voci annullandole 24 dal fondo della mia ignoranza dormo no veglio chiuso nel gesto di tentare le membra de le ombre di corsa hai traversato le terre dei morti il sigillo delle finestre oscurate i mobili tarati nell’inuso forse ancora una rapida visita (un gesto ripetuto) le tracce di un gesto tentato ma altre intocche le vieta il timore maggiore l’avere compreso l’avere veduto così ti dico descriverai le stanze le meteore divagano sopra il mio recesso (la camera il tappeto il leggio la poltrona il cuscino lo zainetto gli articoli determinativi uno spazio il perpetuo accampamento mi va bene chi vuole muoversi dove già c’è movimento fa caldo adesso la scelta di comporre un diario della esistenza l’altra di non comporre nulla fermo al fuggiasco motivo di partire vivo sotto il primitivo cielo quasi un arcaico pensiero se mai sia stato colto l’atto di una concezione ultimo gesto di chi cerchi la vita e lotti per la morte benché vivi per gli altri siamo ombre presenze lontane nella marginalità quasi ribrezzo se mai succeda un tocco eppure invero il diaframma tra loro e noi è sottile siamo talmente vicini strano non ci si possa vedere parlare appunto toccare quale elemento divida quale garza nasconda (padre pensoso ne i sogni sempre avvolto da provvisorietà esistiamo per sopravvivere) ma del presente cosa si può dire manchiamo sempre al presente del presente sola speranza che una parte di noi non controllata lo mantenga in forma di memoria e qualche volta possa farsi viva oscura stagione dei sensi spostarsi dall’essere dell’essere verso il non essere o essere altro giace lungamente il vento del tempo sul pavimento di terra battuta nel florilegio fine delle muffe poi viene la notte quando nessuno può operare 25 evocazione dei morti le mattine cadono addosso alla finitudine di noi alla nostra età antichissima alla invisibile meta quando l’estate accade brutale su i lamenti delle cose ferme la nebbia ci elide dolcemente strappandoci dal modo violentemente lento e senza movimento i tempi non hanno fine diluiscono le membra nei freddi abbracci delle scorrerie scavalcano le soglie senza uscirne mai le alte terre si muovono oscurando il sole tutto è finito tutto il libro perduto de i tuoi sonni giace senza memoria non sottolineato breve immagine della ora dello adesso intruso in una sterilità di corpi in una sterile verginità altre evocazioni saranno concesse a soli salmastri e acidi la poetica della paura pispiglia nekuia nekuia singulto di un enigma la velatura trepida di un barbaro copio le cose ascoltate compitandole in una morfologia inconoscibile anche a me archeologia che tratti l’oggi alla maniera di un oggi assoluto fatto già di rovine archeologia del futuro presumendo quasi un indizio di ciò che sarà sua proiezione all’indietro verso noi specchio di un riflesso tardivo ombre leggerissime semitrasparenti sfiorano le pareti del reame de i sogni i fiori stemprano evocando profondità ove niente è segreto e l’odore si fa liquido brusco risveglio nella marea di luce in sonni senza svelamenti una attenzione spogliata a oggetti disordinatamente arrecati nello spazio tutto di sconfinamento di trattarsi col tu generico dell’indolore quasi altro o totalemente altro di un io anche esso progettualmente indolore se non leggo male (o incolore) guarda tutto è diverso si è pulito il cielo gli astri sono luminosissimi la luna in fase calante come me ma io non ho ritorno modo spurio di conoscere e no dote di limite e a freschi viviamo intanto la calma della grande orsa il gemito dei sonni senza riparo col muschio rugiadoso le terre di nuovo paludose in superficie le parole non mancano ma non sono obbedienti vagano nelle loro mansioni ignare della cortesia dei suoni 26 vivo di queste scritture rimaneggiate stralci collazionati nel senso compassionevole della storia sulla pietra illividita dal tenero muco del lichene certo parlo con gli spiriti cosa dicono non so bollettini robe del genere sembra abbiano dimenticato dimentichino completamente molto è assai complesso lo stesso letto dalle visite ineliminabile lo è molto complesso e inaugurale adesso si tratta di percorrerne le tappe i nodi le commessure lo stesso crimine del letto solo premesse si scompare indossando sempre premesse abbozzi benché si parli con gli spiriti e gli spiriti sollevano le mani dakrua dakrua in tale inquietudine i ripartiti doni sono mescolati siamo allora confusi perduti o ritrovati resti barlume della nostra risonanza dove non è detto qualcosa di simile a una strada finisce con un filo sogno tu come lo sai l’ho saputo in renditi conto stai distruggendo un pensiero sto solo consolidandolo qui (pagina tale) quando la voce si inalbera quando poi si fa la cadenza qualcosa si manifesta una incertezza velata una peluria i cani rovistano tra odori e placche continentali finisce con un filo di colori cangianti a seconda dei tropi e mi domanderai la natura delle orme de i sonni paga lo scotto a veglie e tramonti comunica le formule del rito tenta le labbra col sangue delle vigne più antiche di poi me hai tradotto da una lingua dichiarata morta ma ci coinvolge la pienezza de i fieni rammenta quanto ti definisce è il tuo fato e saltando ti dividi dall’ombra ahhahhahha la risata svolta l’angolo e svanisce 27 l’isola usurpata e la risoluzione sul bordo inferiore del tempo un sito minimo e cupo affollato dalle solitudini l’idea di chi ha dimenticato la propria sofferenza e tenuto per sé la vendetta esci e cammini sotto l’ombrello della tempesta originaria statuari uccelli immobili su i campi a pena appena quasi ti bagni pollicin senza fratelli gioannin senza paura porti ritagli da i secreti registri delle ruberie da i penduli impiastri senza amenti isola penisola usurpata gli uragani incrociano al largo relativo del mare senza spazio siimi testimone nell’atto della mia vendicazione in girum imus nocte et consumimur igni per i canali della grigia serenissima repubblica – 1978 (sic) a cui segue il 1979 (ricerca eseguita) e l’acrilico terrore degli ‘80 domande future trovano risposte nel presente tempus edax sola manent interceptis vestigia muris ruderibus latis tecta sepolta iacent (in questo anno di altri cieli a destra si scancella la dialettica non c’è intelligenza politica cernimus antiquas nullo custode ruinas) rischio certo è tornare il padrone di casa celebra le sue orge coi titoli di borsa adesso in questo anno di altri cieli anno decimoquinto della opera buffa oscuri atolli affondano ne i sogni di possesso e occupazione le vele strappate bandiere incolori le foreste deflorate illimitatamente queste carni grevi e le cose da gli ozi il tremulo oro del tuo mondo ancora di tramonti e ferocia di ferita perpetua come sei senza voce isola terra penisola scavata dalla insistente rapina de i raccoglitori cerca riparo nell’affondamento 28 mendìco mi aggiro tra vecchie architetture fissazioni sopra i siti (eri in una doppia notte in una doppia città una piazza sovrapposta all’altra nel prospettico destino di edifici ) appunto occupazioni piazze in uno stile noto solidificato dalle pratiche di conferimento (il dire non dire la insinuazione uno stile indiretto) (miiiii hèscci) elenchi (degli) il primo come si dice di una serie non revocabile statico nella precarietà diritto all’ozio diritto alla presenza diritto al sacrificio diritto alla sperequazione (cerca il nesso) diritto all’insulto alla volgarità della divulgazione (anche devulvazione) della volgarità – nell’intento (da un brano di autore conosciuto storicizzabile apologeta di sé passabile di costrizione al volgersi del canto) in una tale prospettiva è lecito o risulta tale (ripetizione corrigenda) dati e soggetti e risultati dato altresì il trasferimento esplicito (secondo la relazione si trovava colà quando veniva colpito da un soggetto contundente) le rovine sulle quali altri hanno ri-costruito poi in questo tempo umano si invoca un gesto ahannullatore ripresa elenco ( ) diritto al veto al pensiero alla religione (no questa poi no è un doppione tra l’altro che ci sia il klaerung in aufklaerung in questa peneisoletta della minchia trasforma il lupo in agnello o smaschera l’agnello sotto il lupo scegli tu infelix putat illuvie caelestia pasci) diritto alla esistenza ma quale o come o come mai diritto alla caccia in senso molto ampio diritto alla dipendenza se mai si voglia o si desideri a tal punto (e va bén) diritto alla sopravvivenza condizione essenziale all’apprendimento solo così giungerai alla quiete della sopportazione alla cornice della consolazione fede la fede non ha dote ma doveri cari citoyens in aggiunta del cazzo /permesso/ so bene quanto lo sc-tato sia inutile (comparsa) ma una parvènza di sc-tatiscità serve all’ammore per la patria infondendolo per la inegguaglianza per l’odio verso la divverzità usw concedimi una metà di quanto mi auguro dicevi di essolui protoumano una categoria del ritorno anche formazione discorsiva per la quale vedasi quel che si vuole dicesi di essolui de-umano quasi una deviazione /deiezione/ esigita da una ricreazione dei perimetri in cui filosoficamente percorrere un tale soggetto presentissimo a sé fottitore produttore di feci e di urine egli /l’imperimetrato/ se ne fotte de las palabras date in atto 29 egli /l’imperimetrabile/ caca duro sopra i terreni al fine di aedificcare la propria volitura egli /l’indomabile dongionannin senza paura/ piscia nei giardini tropicali poi costruisce una teoria della errabonda condizione dello smarrimento causidiche complicazioni comprese e torna poi a ruttaare in nome della disperazione nessuna bestia a paragone del volto rifatto la smorfia beffarda su un paese sospeso sopra il vuoto de i vulcani tentennamenti blatera della realtà blatera (blatera dell’ordine costituito nella misura non so di che cazzo blatera compagni amici camerati grida non lasciatemi solo vaccadio la spudorata labia della ipocrisia composti con ordine però e a destra biascica essolui oramai più che parlare mostrando lo smalto dei denti rinnovati (wo bist du meine heimat) prosseneta paraninfo corruttore disciplina poi proclama (seguono applausi e canzonette)) il qual caso autorizza alla disperazione blatera pletora diaspora caccole lappole trappole orrore acrilico torpore visivo muto melodramma e varietà (abbiamo interpretato le difficoltà della evoluzione civile come una difficoltà evolutiva generale - 243 sigmund/sigismondo jude) (più che spostarti scompari) e tu mia piccola escrescenza geografica di personalità peneinsulare ascolta vaste meteore vacillano sotto l’impulso del vento si aprono spazi nella notte profondissima e buia parla to pan nella fase di svolta ma il reticolo si dipana dentro noi il lavoro degli storici parentesi aperta delle religioni chiusa la parentesi procede da racconti in quanto si fonda su racconti o più correttamente su miti così la quota di accettabilità è punto di irrequietezza rispetto a “questo” presente il male della storia altresì è proprio qui nel costringere a una cronologia [(a ciascuno il suo) rifiuto] la fissa della archeologia dipendendo quasi da una specifica incapacità di esistere e se davvero volessimo morire morire ritornare a altro rumore condizione incondizionale (bolk vedere la inibizione cfr etc) la poesia è più filosofica della storia (pag.810) 30 dovremmo fuggire lo sento lo so e neppure difendere quale terra desideri abitare de i settentrioni tu abitante del pensiero l’universo si allarga sopra i nostri luoghi percorsi nella fine rapidità di una fuga riconosci le costellazioni benché velate dalla nube delle confutazioni riconosci la identità di come ti si è definito abitante del pensiero quale di fatto sei e niente altro ma è questo niente altro a condurmi a declinare l’essere dell’altro e il perdersi e il trovarsi come un gioco di fratta assurdità leggo solo libri del destino legati alla mia vita al suo fluire immoto e repentino l’autunno si misura nell’inverno sulle primavere tardive e misteriose sul misterioso stesso meccanismo del qui di noi del tempo qui di noi né so cosa sia tale languente arte del pomeriggio il mese si inoltra nel proprio passato seduce le bianche ombre dei fiori dischiusi difficile darne il portento è indubbio la terra cammina sopra noi ombre fatte di una sola superficie e il tempo non è mai andato avanti arrestato in una manovalanza di cotidiane entità senza spessore fotografie soprammobili falsi documenti di una dote il solitario fogliettino uscito da non si sa dove proteggine allora le figure accrescine fiducia e fedeltà nelle tue discordanze una amarezza esistenziale una negritudine di umore di linea tracciata prima del totale questo ultimo inteso in forma circolare ho paura come mai devo avere paura ho paura solo di me chi si aaa mo (siamo forse la cosa lo si era nell’infanzia numinosa quando il tocco dava vita alla cosa e la cosa muta parlava) quale ritmo tiene l’uomo come mai si vive creando sofferenza la volontà di agire di sapere corrode la bellezza estatica del mondo al di là del principio del sapere c’è il principio del dolore tensione abboccamento fondo surrettizio abracadabra bianco della protezione) 31 dovremmo fuggire lo sento lo so e neppure difendere questo paese è una discarica a cielo aperto (è una regione unica il mio orecchio il mio volto la parola come va respirata l’oscurità complessiva della legge fari cigni controcorrente nel nebuloso mattino verso saint michel la vezère e gli alvei nudi solo giochi di passo sulla tua cronica anonimia la stessa notte la stessa notte limitata e locale proclamava la venuta del re la successione di un regno e altro di poi un mattino di umidità e semplice l’estate brucia il radicale dolore pietra eri e dente sei rimasto forse nella sweet odusia un salto breve nella tua ignoranza nel freddo delle piazze de i mercati col profumo degli oggetti organizzati nella tratta delle cose da mangiare inesplorabile ansa di memoria scaverai nelle zone vuote innominabile violenza del cuore occorre cogliersi alle spalle la ebetudine stessa una metodica della salvezza sarà poi la amorfa istituzione di un altro paese retroattivo oscuro occupato da oscuri burattini fuck shismus pretume di merda e qui si situa la tua mezza profezia il nero pozzo di una storia sbagliata 32 sempre si torna dove mai si è stati regressione e destrutturazione sono le uniche vie di uscita di una partita mondana giunta al vicolo cieco dunque si tratta di pensare in modo militare e in esso modo è compresa la balistica raggiungimento dello obiettivo precisione il fine la causa la causa il fine né causa né fine il lancio è lo indeterminato una arte della follia una disciplina della incertezza come si comprenderà nei paragrafi successivi dedicati alla certezza il nostro è un modo medio di pensare e come tale tende alla conservazione ci si era illusi che la storiografia soprattutto in qualità di metodologia della ricerca potesse offrire etc oggi la tendenza antistorica significa depoliticizzazione qui cade tutto e non si trova nulla ho fatto storia in funzione di queste lotte bruciate le pubbliche scuole e le private bottega solo bottega vedere come non vedere intendere in una sottrazione delle anfibolie o storpiare il tutto strabuzzando gli occhi pedagogia spicciola di derivazione polemica calma non è la conoscenza il grido del rapace giunge regolare dentro agli intervalli le scuole chiuse definitivamente in questa ombra di fuochi il fuoco è l’ombra e l’ombra la tortura 33 glossario territorio: attraversamento nell’ordine del cammino, uno spazio vuoto, anche psicologico: territori della solitudine, da non considerarsi in senso metaforico. qui non ha luogo metafora. campo: politico e concentrazionario, essenzialmente, pertanto economico frontiera: non c’è frontiera, non c’è fronte; la guerra è totale, sovente non visibile, sottoposta a legiferazioni di allerta o specialissime. la frontiera valica se stessa e si smarrisce, finisce col non avere identità se mai se ne necessiti. frontiere dei sonni respirano nelle risacche dei sogni (sic) (nessuna metafora rilevata). cartografia: occupazione ramificazione radicamento squadra e compasso forma mundi formula mundi. invasione: quasi mai negativa, almeno qui; desiderio di essere invasi. isola: di terra ferma di ammottamenti e smottamenti in un regime di deriva immobile. arcipelago: sempre errante. a esso il compito di annunciare il futuro e il passato 34 tutte le cose sono silenziose fuori da i territori occupati il corpo si dilata disciolto dal compito di resistere tutti hanno radici ritorno colore del sughero il vento scorreva sugli addii contro i nudi volti degli ultimi quartieri la città affondava nella neritudine occhi affilati scrutano la innocenza del vuoto e più in là resta il cielo pulito dall’est invariabilità è tormento pena la variabilità siamo soli dentro solo il livido colore del vino unisce il calibro del nostro sentore mentre la frana delle primavere cerca il tempo delle vegetazioni il tramonto degli astri ignora le fatiche de i campi dell’esilio nell’esilio per l’esilio il romore delle lingue e nulla 35 meditazione con le giornate semiscure il tepore fascina in una dimensione di stenta incertezza passa così la voglia di pensare nel cammino dei tetti regolare scrivo ai morti attendo mi rispondano ma il tempo è sempre tagliato così si pone il problema dell’esistere nel ramo della esistenza scorre la cifra di una intelligenza ineludibile tragicamente sceglie nello scorgere la vita un brano di vento sopra le rive bianche il tempo ci elude ci esclude ci trascina tacciamo dunque in tanto poca esperienza e età di minima cedua attenzione nella chiacchiera si perde l’essenziale et c’est ce que nous appellons dieu ci sappiamo illudere ci sappiamo eludere o radicalmente esposti alla mediazione tentiamo di costruire una profondità (non c’è molto lo spazio tecnico del pensiero elabora pochi pochissimi nodi e li avvolge e dipana riducendoli al senso del colore dopo boschi e deserti dopo mura perimetrali di città spopolate inter custodes publica furta volant non esiste degrado è l’aspetto comune delle epoche da cui l’arte della decifrazione quanto fragile sia il tocco su noi per il timore di un dolore assoluto sciolto cioè da ogni consolazione - si solleva così il vento e i corpi inclinano flessuosi a (ecco come emendato il testo costituirà fondale intervenendo però solo più tardi – è tecnica di centone - devo tornare a ritroso nel tempo dell’uragano in questa stanca memoria si assommano dati alla rinfusa confusa materia una collezione principio ritardato della proliferazione i voli delle piche tagliano il campo bianco della nube in una noia di apparenti migrazioni in questa stanca memoria le maculate superfici traducono il canto balbo della luce in ombra (tecnicamente nulla si ritrova ma si trova e forse quanto invero non cercato) a volte nello spaurimento ho l’impressione che non si debba resistere avere quel tanto che basta (disambiguando: un limite appena non molto le parole della montagna) la natura è perpetua sottrazione 36 ( all’improvviso comprendi di comprendere e comprendere è giustificare comprendere è anche tradurre in qualche modo benché la traduzione come detto apra a una zona di oscillazione ove nessuna sostituzione o supplenza si rende garante della somiglianza zona di movimento viva perpetuamente dove a guadagnarci è la densità necessità la mia fine tra passaggi nitidi chiari così è chiara la vita il secondo teorema non avrà poi ragione di essere) 37 conclusione lo scorrimento lentissimo del giorno dentro alla modulazione delle ipnosi tue legittima eredità di un crepuscolo filtrato da i crocili d’aria quando ancora l’aria si solleva gonfiando il cielo poi svanendo via e il glicine reagisce vellicato nudo bevi in ritardo il caffé delle quindici inzuppando i biscotti con la cura della golosità il ritorno non è ancora cominciato il disordine regna tra le cose della stanza promiscua e provvisoria degli antichi soggiorni de i tuoi sogni tu ristai mentre le vespe filano la luce nella solita incertezza in una propensione alla fatica gravata dal procedere degli anni una quota severa in quantità piccolo ancora il controllo de i tuoi frutti e la vergogna pena a presunzione adesso chiedi dove tutto andrà gli atomi indivisi del tuo corpo la forma del pensiero la stessa vanità delle passioni e quanto assume dote di memoria rimani dove sei in frammenti si organizza la fine la notte non è ancora notte la inoperosa notte tra le stelle e la alte stagioni delle nuvole risentono di un tardivo crepuscolo della tua elegia eri convinto di avere proprietà ora il canto è monco approssimativo sentiero interrotto in cantieri bloccati dall’usura di te ora spento il tuo canto ti appartiene un canto senza proprietà immobile attesa senza identità 38 è una grande notte adesso non una notte estrema incondizionale quasi spaventosamente serena è la notte perlucida della salvezza una brezza di luna susurra ai rami un modo tenue e raro l’aria pura lo scarno modo sensuale de i mondi nell’unisono vuoto di tempo lande mute aprono l’infanzia de i sensi al tortuoso membro di oscurità dunque in qualche modo la materia si esprime e noi sorridiamo all’accesso d’ombra non so se te ne sia accorta ma c’è una imprescindibile melancholia anche in questo giugno frutto di erranze immature di nubi di luci schermate da un sereno dolore senza cause è il vento del sud a raccogliere i sensi a disperdere l’intento primitivo e la noia della calura su i bianchi pavimenti l’aria guida petali di rosa penso non ci sia viaggio il viaggio una degenerazione della utopia di noi un sogno di eternità possibile nel movimento senza sosta precede il tempo e lo annulla salto con cui ci si divide dalla propria ombra sempre sottilissima ma incolmabile distanza eravamo così neppure maturi non avevamo età esisteva il ragno di emozioni nel cortile un gomitolo di vergogna nell’inabile smarrimento di racconti da inventare la sofferente distanza si ripristina in diseguali regioni di gioco nella distesa implacata luce delle estati il disturbo delle finestre temperato dal primitivo rigore de i suoli sotto la pelle quasi rude de i piedi distacco latitudine aprica di un angolo dove sosta la linea di ascesa di un muro una remora attuata domeniche di eternità tra polveri dormienti e sonni di altri tu tu sempre sveglio ascoltatore muto hai conosciuto lo stato delle attese immobili fino allo annullamento e trasferito più tardi nelle stazioni di notte dei tuoi spostamenti o meglio spaesamenti d’abitudini nel fumo delle sigarette nel caldo meridionale di un appuntamento poi ci sono i morti spiagge bianche dove ci si addormenta nel romore de gli uragani quando se ne vanno 39 lascio a questo giorno tutta la sua stanchezza la complessa inadempienza mi chiedeva dove il mare finisse dove principiasse il cielo e diceva il cielo si riversa nel mare e noi siamo nuvole era forse un pensiero della fine e c’era nelle visioni la necessità di aprire il vaso delle azioni tenute segrete nel giorno di oggi nella sua felice completa discrasia di destino condizione delle generazioni mai come le foglie noi noi come noi semplicemente recita la tua parola tra le dita viaggio senza ritorno pace senza quiete calma è la materia del caos eterna la poesia degli stretti 40 QUADERNO DOLFIN (LUOGHI E MEMORIE) 41 sotto quale forma ti ritroverai in quale spazio giungerai di nuovo dalle tue lontananze o forse dalla mia nell'appianante differenza del ritorno 42 anitre e germani accanto a gabbiani nella foce separata da un istmo resistente a cui vani salivano i mari il colle si oscura contro la tersa lamina dell'est si oscurano le superfici ancora modulate rimarranno rumori le sagome grandi le piccole lune dei sentieri illuminati in questa fase il bianco diventa colore pronto a servirsi del timbro del crepuscolo i pini conquistano il canto del loro sperare nel vagare folli follemente salsi e senza voce detto del tempo del tempo la sua sacca di vita senza umana intenzione tanta anonimia di paesaggio denuda la presenza la dispone a un totale di sé accade in questo mese cancellato dalle carte topografiche degli eserciti dalle sincopate narrazioni dalle voci tediose degli inviati e il mese si cova dormendosi in veglia la meraviglia delle stagioni alte si protende ai balconi di albe crepuscolari in filacciosi mutismi e gli isolati resistenti uccelli sui cavi traversano la piatta successione tra l'attuale e il mai (sopporta il dolore delle viti spogliate il pianto vigesimo dei coltivi come i cani sopporta il linguaggio delle tenebre chiama le tue pallide dita a recitare l'influsso dei sepolcri vuoti sulle vene prosciugate di altri cieli) la sepoltura dell'inverno si è compiuta nel brutale brillio della luce ora la luce si è spenta io vago per la perplessità di cantieri vuoti col sugo di una donna nelle labbra i vuoti ancora delle case in costruzione bocche cieche vani ciechi corridoi parlami della anarchia del mondo delle stelle nel buio entrare nei corpi poi uscirne non capire come ciò sia accaduto più tardi la scena di uno stupro buttato giù nel peso della vita ora tutto può accadere nella onda di estrema leggerezza perché non spero oramai di ritornare il mare lo spazio gli oleandri morti androni appassiti nelle stazioni chiuse stagioni sospese gli archi alti dei portici alati e le vele fiammeggianti di epoche ignote la fine della era della età de i tempi 43 nord non sto adesso a contare le pagine della infelicità il momento dell'aria si scopre verso gli interni maternali verso la passione per la vita comunque in questo tempo difficile di diserzione e resistenza di sottrazione e spopolamento la trepidante notte si concentra in temporali relativamente lontani manca solo il tuono e nella protezione dello scuro la terra se ne va rifiuta ogni progetto e agitazione ogni anche forma di ricostruzione poiché in questo tempo di difficile ponderazione giunge la ipotesi seria di una materia dotata di morale i rami flessuosi cavalcano nel bruno soffio della brezza bruna il bruno silenzio della notte bianca troppo brevi stagioni hanno lasciato uno spazio vuoto (ore undici col corpo e la fronte a nord i traghettatori la spoglia di un grande gabbiano nel mancamento della spiaggia nuda i sogni vengono incontro bianchi scialli di sabbie i sogni vengono incontro le forme straniere del luogo di loro de i tempi sfuggenti continuo recitativo muto continuo alveolare delle voci i ritrovi si colmano del sapore acido delle bevute e contro la terra rivestita di cemento il dilavante compito della pioggia non giunge agli angoli dove sé distilla l'anima degli uomini nel rancido di urina gli esseri umani sono semplici punti di entrata e di uscita in cui alberga lo strepito discreto del male e (forse) la sua risoluzione là la pulsazione profonda schiaccia il cielo contro il punto di precipitazione della terra esso si trova nel prossimo orizzonte del mare poco dopo la linea di passaggio dei grandi vascelli traghettatori dopo i punti di penetrazione verso i fondali degli uccelli marini ora in questa desolazione di sosta il canto si fa memoria la palpitazione irregolare la irregolare epifanica stazione del sole impone sonni ai risvegli se volsi a nord è perché sono stato baciato dalla coda dello scorpione perché il volume greve delle bilance si è spezzato perché l'arco del sagittario ha mete già raggiunte e non esiste l'irraggiungibile domani io era tra vele e il soffio tra tempesta e naufragio tra le oscure murate e i vortici sfiorati da gli albatri 44 la alta poesia me prese all'ingresso delle grandi pianure e mi colse la sua ragione costringendomi a un altro antico silenzio quando io abbandonando l'automobile scesi verso la riva scogliosa tormentato felicemente tormentato dal grande silenzio di quel settentrione di quel punto dove una folla muta regolare e però festosa occupava l'estremo limite continentale e creava un insieme cromaticamente essenziale un nero e bianco in movimento mai convulso fino al dove delle sinuose orme di arrivo del fiotto allora abbracciato dal soffio occidentale anche io nello estremo prolungarsi delle sabbie verso il pettine continuo del fiotto compresi la natura della mia natura propriamente marina e settentrionale e stetti immobile in una posa effimera e ero nella mia terra o meglio ritornavo così io proprietà di una terra dalla quale troppo a lungo ero stato separato e i carghi incrociavano delicatamente lontani ma non molto lontani ne i profili velati e trasportavano la mia esistenza assieme alle merci verso paradisi perduti dentro alla mia speranza il passo di uscita dall'abitacolo incerto il passo per lo sfinimento della lunga proiezione verso il nord ebbe dunque a premio un accoglimento continuo del posarsi lungo della onda senza alcuno rumore sopra la vita degli scogli quando carezzati i corpi dalle notti bianche si sostava sulle sabbie accanto a le dune accanto a la purezza delle erbe del vento accanto a le meraviglie di un ritrovamento a la esistenza stessa ricongiunta ma poi ho incontrato i luoghi della ferocia la casa de i condottieri la mai quietata follia degli scismi così dunque di nuovo superato amputato privato de le periodiche mutazioni de le fossili sezioni di uno scudo di basalto a cui attraccano le grandi acque io così di nuovo separato defraudato della residenza in un impero decaduto in un impero incapace di memoria il pensiero teso verso le passioni delle latitudini estreme roccia sbriciolata polvere condotta verso dove le ignorate pianure accolgono fertili antichità di grandi venti 45 io così disperso ora condotto di poi al riposo modulato delle dune agli spettri felici delle sabbie corsare allora e occupando così cancellando in una scelta cavità la distorsione della umana visione in una tattile felice vastità dell'essere effimero del trapassare effimero e tuttavia perdurante nel grande momento e unico là dove il mare incontra sé e chiama il cielo nella concorde disarmonia del rovescio tutto ebbi di fronte la morbosa fatiscenza di un territorio redatto a tavolino puro impuro subbuglio di gesta sbagliate dove sì e no una lingua tiene me come foglia tardiva al tardivo concepimento di un ramo e già le lepri abbandonano le siepi e scavano tane per lavorare dentro a i corpi lascivi delle fughe forse davvero si è uno stesso solo lontanamente un tempo divisi 46 descrizione occidentale città bianca città nera così si definisce un campo araldico così si divide uno spazio ove l'azione pare geometrizzata dal libro della storia in quello della memoria e dell'intuizione del prima dopo i cavalli di frisia dopo il timbro e la pornografia dietro al claustrale romore di terre e dopo il meridiano al suo finire città bianca città nera turisti insegne dormono esposte alla stanca ipocondria dei lapidi sbilenche bassorilievi cantico di nomi materie suscitate dalle dita nella fetida grana agostana il panorama propende al miraggio gli ori allora infinibili dei tetti prendono a pulsare in un brillio discerpto e i tetti aggettano un reticolo obliquo allucinante e questo è quanto sa lo spazio la resistenza al moto irretito di un falso movimento certi vuoti sono vuoti totali inarrivabili alla meditazione taciturna dell'aurora adescamento dell'imperfezione propensione per punti ove gli oggetti definiscono l'esistere in una delle forme dello accatastamento città bianca città nera il ponte la piazza la cripta il manicomio (nella grande onda dell'oriente le mandrie bivaccavano / fumanti in zone disastrate slarghi di terre impresse dai crolli / oggetti paralizzati dal tocco del perduto verbo della fede / marce forzate durarono / una infinità di sogni indecifrabili ore di veglie comatose / o sonni falcidiati ma poi superate le regioni / della larghezza si vide il volto risentito di una dolce / sparizione o il culto di una costa o un aspettare / il rapimento estatico del mare / non il sangue dell'erba o il suo trasporto) quanto ai cimiteri senza battere ciglio possiedono la fissità quiescente d'un totale pagato 47 con calma tornerò alle sue lente lettere barche nell'estuario inclinato del fiume e la città trasuda il proprio fiato di devoluzione calda torpida fantasia troncata dal ponte limata dal colore di oceàno il riscoperto amaro cortisone a medicare un morbo indefinito quando è marea grandi gabbiani laicamente virano nel suo gorgo lontano e trasparente incede la bonaccia sulle cose divise dal tardo pomeriggio nebuloso 48 perpetuo nei punti marginali e largo / un respiro d'onde in arco più in là / il romore trapassa verso il grado sonoro del silenzio sordo / profondamento mormorio coma di vento ma lontano e cupo / e profano più in là ma non al suo di / fuori giungono ampi bordi / estremi spume grevi oleose là / comincia il ristagno nell'esordio dell'esito / ultimo di patti contratti accordi stipulati conto solenne risguardo di / una mescolanza monca detrito unica putrescente / immarcescente livida viva favorevole allo scambio di reperiti meccanismi congegni ereditati / dal fiotto e la insistenza sua perenne fetida di tutti / gli occidenti altre onde talvolta leggerette rapide / corrono ad altri destini / dura qui la cultura / pietosa dello scarto compendio umìle di una alchimia senza sfondi fioca una spiaggia traspare in rilievo perlaceo / appena al di sopra del crespo livellarsi delle acque / neroglauche sgranulamento e altro un iridare del primo sunto / di sapore senza odore (in un tardi relativo gli escrementi / richiamano al forse quotidiano alla energetica privazione da un / rabesco adolescente sul muro poroso di uno stabilimento / ventagli della notte si attardano su liquidi specchi di campi / irrorati di pioggia sottrarsi al palpamento della mano / adulare un tema di rosa / o una patria perduta lo scarico di merci e le valigie /ordure raccolte frontiere senza storni a decifrare grossi corpi di pesci gittati / sulla riva trasalgono lentissimi contro il / profilo del cielo e convulsamente / sì ma lentissimi soggiacciono al gravame dell'aria confusa / da un accento cupo di rovine altri pesci delirano / o spirano tra gli algacei impasti qualche / sasso li coglie scagliato / da mani infantili proiettando il viluppo / del colore in un incendio effimero di sofferenza / fredda bambini costruiti dai fanghi di un'era / esplosa sottoterra nella sonnacchiosa ubriacatura / di uno sperma sterile sono tutti morti prima del giorno sono morti i giorni e il vento è morto finito / il sorriso dei teatri la calma cornice dei colli loro parto di pietre cotidiano ancora restano i colori sulle cose svoleranno poi / impalpabili nella intoccata periferia dello sguardo / i fuochi hanno compiuto il proprio inganno / ora la brace crepola tra ceneri nere / ora i brividi di nuovo evadono al circostante spazio / adescando delle membra la fervida parte di reazione / la resa spettacolare d'artificio decade allo / squallore di una recita varia tuttavia incapace d'allestire un argine/ alle meschinità pose imbelli minime crudeltà segnature d'incagli / croci di fogge diverse falsi crediti arbusti di idiomi stento senza fine / con riluttanza i sensi scandagliano luoghi minori / (quando poi gli orrori si fanno aderenti alle passioni il tempo si accovaccia nel palmo della mano e chiede) 49 pietre d'allora pietre d'adesso (adesso è un'alba scura di sfilacciati convogli di vapori e / nubi il resto opposizione tetra alla profondità / di prima alta tersa tentata da nude presenze / essenziali verifica di un piano tacitare / e l'alba tuttavia rinasce nel tessere i gorgheggi del risveglio // le cose costruite sconfinano la notte / oltre gli atti di concentramento / architettonico recuperando un clima di purerezze future e / primitive finalmente disumane le tese superfici / si rilasciano abbandonando lunghi strascichi di fumi carnosi / sulle recalcitranti terre bonificate / sensuali / chiaroscuri di queta solitudine o si impregnano di tumide / timide capriole di bruma // serbatoi aggruppati proteggono l'ansia dello scorrere diurno del diurno / tacitarsi dei canti delle geometrie della sinuosa loquela / degli incroci dell'intervallo cauto dei semafori / talora rompe il velo delle calme patenti un moto rettilineo / di partenza il sidereo comporsi dei lampioni l'annunzio / delle loro catastrofi quando il tocco feroce dell'aurora li / ammutisce e li costringe a un folle lividarsi in cecità / passi disturbano la coatta veglia / ricompone il mattino un drastico atto di differimento) nel momento della rarefazione delle tenebre notturni rapaci / sfiorano bianchi i passaggi virando larghi nei ridotti e le cose si prevedono / pure senza colore immote nell'attesa del dopo / nei chiusi luoghi piccoli mobili occupano angoli malcerti ampiamente / dialogano strani silenzi nessuna spiegazione dovuta / al basso schematico indagarsi dei frammenti di provvisorio tempo / consumato quotidiane relazioni intorno all'omogeneo indistribuito // forse questa la paura non resistere all'annullamento / non essere neppure relitti rovine insabbiate tra cielo lontano e / terre eterizzate // dalla altra parte stanno gli scontrosi aspetti degli animali / freschi corpi sopraggiunti al dopo e qui inconciliati inconciliabili / assoluti e vivi 50 puppen puppen puppen liriche torri solleticano i cieli coi biondi / fumi dagli insediamenti colore della madreperla notturna purezza nei bagni d'argento / della luna e le aree di sosta ove scuote la brezza i / rimasti fogli di una deportazione puppen puppen puppen nei sessi vostri accennati dagli stampi scorrono / dita di un'infanzia prolungata / e dalla rosea plastica il profumo promana / parvenze opache di sudore ora bambole il vostro tempo di / eterne società devoluto agli orchi divoratori / ora agili mosse di una vita nuova replicato istinto / nei simulacri fecondi di ripetizioni ora ora e per sempre / una docile satura perpetuità puppen puppen puppen occhi palpebre labbra vagine / mani mirabilmente delle infante / speculando aprono i recessi dei corpi semplici vostri evocandone / siti ove torni la vita a sconfessare collassi di un'età / smagrita e nell'enfasi mezza dello squartamento / bambole gole bocche le vostre false intimorite / resistono un risvolto di agudeza seria / o il gusto cieco del lillà / basta un cumulo / di merci trasferite in aldilà mai del tutto nettati ideali architetture ove sé escluda / un feticcio di natura bambole mai incanutite / bambole sistemate in una mostra imaginifica sopra mensole dove il pigolio volgare di uno stupro / è negli occhi vostri stuporosi un canto eroico di scelta corruzione / ed era la coltura nelle vasche ermetiche negli alambicchi / sterilizzati e sterili un giacimento di estraneità possibili votate / alla debilitazione di una vertenza esautorata oramai e di / pazzia il suo senno facondo // ora pare di sentire la pioggia domani sarà un piccolo viaggio / nella notte della vita o in un giorno di totale rivelarsi delle cose VELATE LE IMAGINI VIRGINALI LE PARETI SI RITRASSERO 51 solo per un momento mi sono affacciato a una alba tetra pulita / tormentosa pesante sui tetti con la impietosa ruvida rugiada / secreta dai pori dell'aria solo per un momento mi sono affacciato al freddo del suo corpo mentre pieno di angoscia era il senso della morte e della sua scomparsa il volume composto del suo compianto sterile la certezza della negazione bombardieri continuano da ore verso est e ci si va abituando al rumore dei voli qui non ci sono più mosse qui neppure la scelta ultima della ultima disperazione e della ultima soluzione costituisce un risultato privato di valore non c'è né / buona morte né morte non c'è atto gesto ripulsa segnatura calcolo bersaglio né ignoto il termine dell'universo si è condotto in un punto dove sdoganare le polveri del suo strofinamento è cosa semplice come ricomporre la paura dalla quale ci si sentiva liberati ma solo in un appiglio intermedio / ove a tratti comparivano avvisaglie di un possibile rientro / ora il freddo del fuori penetra le sudate stanze dell'appartamento spugnosità effettiva dei corpi ritenuti rigidi o catafratti e / refrattari un senso perpetuo di INVASIONE // ricompare la monotonia dello stupore / raffermo e tuttavia si scivola verso il fermo assoluto (rimangono anche gli ultimi tentativi di recuperare la cosa nominata AMORE il senza volto lo illuminato solo nel vigilare tramortito di una notte sfumata nel pulsare di una ala leggera no greve di muscoli e tornita e inadatta al volo sempre però tentante una ala sola non due come si crede ma nello spreciso tremolio della lanterna / nella continua intermittenza dell'indugio nulla veramente risulta evidente se non la comunanza della curiosità o dell'odio) ( si sono articolate enciclopedie dei sensi punti di sutura dove una locale chirurgia ha asportato grumi di grasso fastidioso si sono definite per vie plurime le facoltà di un mondo interiore né le sue mappe sono conosciute né si sa bene dove esse si consumino come stato o governo come proliferazione si è costruito il bisogno della storia / offrendo ai sogni facoltà di un segreto svelabile / costruzione di un mondo dopo il crollo / provo sempre pietà quando abbandono per qualche giorno le / stanze le prime righe di sole alla parete / o quando le farfalle recitano prigioniere di un vetro / movimenti creduti una danza 52 al crepuscolo assistito dalle antiche donne golfo d'ombra discreta e trasparente sorgono lunghe abluzioni preparativi ai sonni tacitato il corpo si rilascia prima la cura dei fiori stinti vasi d'argilla sgocciolio irregolare e nei quaderni annotata la dote / del ritrovamento perno ove ruota per poco la vita lo stile / diverso ritmo calmo d'una piena incurante del tempo del / disgelo sapiente del proprio scioglimento nelle vasche inutilmente si decantano ori fangosi di parti cresciute oltre misura altro il vocabolario illusione incanto e incantamento e tenebra scelta di un lessico ridisegnato sugli assenti ora gli oggetti hanno preso il sopravvento /e dall'alto del loro provenire preme un bianco risuonare di costanza irraggiungibile mutevole altero attraente nell'ora della sua formazione il dispositivo dei ritrovamenti si allarga al tempo in una teca di trasparenze dure risuonano senza nostalgia regioni di sguardo incontrastato incapace di approdare e si esaurisce tutto in una vuota cartilagine di vento umbre di ombre immobili presenti stagnanti passati indeclinabili dove del dubbio dove sia il dopo dove scandisca la propria ricerca nel sentiero scancellato nella rena spremuta nessuna prolusione oracolare (entrato dunque nella distanza semprigna / nella località sempre prossima e irraggiungibile sto / senza una guida sordo a osservare / il silenzioso rovinare degli esseri / rimane la cecità degli altri a produrre l'illusione della profezia / i mesi non finiscono mai gli anni finiscono i nomi / fantocci conculcati nelle terre brune / inchieste conducono giudizi sempre affrettati o / superati dal vaglio effimero di impietà infantili / la codardia de i vecchi pareggia la ipocrita baldanza / de i giovani tutto ruota nell'esito di barbarie ragionate / dunque una residenza scomoda tra due pareti / olocausto inerme di meditazioni a cercare un fraseggio / di sperperi dove rivoli indichino vuoti permessi di uscita / invalidazioni o altro patenti di arrangiamento al canicolare / risvolto di uno stato / tace il sonno della crescita lo echeggiare dei rumori / dei semplici rincalzi di cadenza o rimbalzo / dona senso un portato indefinito dei luoghi / oppressi dalle nevi di domani / la solitaria cosa indecifrata ora appartiene mancando 53 ma consola la esistenza inudita certo di terre della magia solo una intuizione ma aveva il sapore della notte prima la sua vasta luce velata per troppo fulgore della tenebra / mosse lesive della eternità breve del mondo / de i vivi o dello inconcepibile nulla / solo morte guarirà dalla vita carezzando le antiche vesti / dei libri o il sentore di un approdo ora tanto vicino da / indurre concreti dubbi sull'arte del contatto / letture labili si fanno un susurrato flebile cammino / nell'antro verecondo della discrezione // e in differenti tempi albergano le nostre attese / i piani paralleli defalcati scompongono le simmetrie / in debordanti traffici di differenze forse le foreste non sono fuori forse il loro margine / sconfina nel periplo di regioni animate da una / concordia dissonante senso di rilasciamento e sbando / esse le foreste arretrando avvolgono / e dei boschi il profilo costruisce variabile / un oltrelimine ove perdere sé finalemente 54 memoria del tempo dei disordini prologo per lei) qualcosa vive se suona e risuona una antica corrente o il loto sussultorio di un vulcano di ombre e forse a mezzo passo scoprirai quanto debole sia la memoria quanto larga vanifichi il progetto infantile di un attimo ancora presa da uno spasmo di lentezza a stormi cangianti i gabbiani folti risalivano i terreni del crepuscolo e si crepava il ghiaccio sotto i tuoi passi infantili le dita intrecciate il residuo dilagare del mese tuo di nascita gli arbusti contro gli abiti un resto d'animale polveroso e tumefatto i cani smaniosi nel freddo del ritorno si fa candido poi il tessuto del cielo intrasparente e prossimo trasvolano i corvi alla altra riva ove tengono dimora i loro corpi scuri lo scricciolo non fugge all'ardore dello sguardo indagatore il tuo padre perduto quando ancora sapevi della aspra difesa di una terra profumata e scoscesa un tratteggio di odore e la brama delle palme per il vento e tutto accaduto troppo presto troppo presto evocato troppo presto concretato l'azzurro e la sabbiosa luna e i fiori gialli bagnati di rugiada momentanee flessioni giunte ai balconi della solitudine nutrite di un latte conservato in recipienti di strano nonricordo la fascia tra i capelli le mani sulle foglie il profumo viluppante dalla rua di sotto rituali separati sciolti da attenzioni circoscritte ai germogli ai ferrosi arbusti cocciuti alle brevi potature senza nostalgie tuoi breviari compitati di calligrafie appuntite conoscenza di un mondo tuo distrutto rapido corso dalla corruzione tuttavia tu intatta lo coltivi altri avrebbe riparato nel compianto hai preferito una silloge muta 55 hai regolato a una meta la deriva eternandoti in tanta estraneità come allora ripassi sulle labbra il polpastrello nel pigolio languente delle agavi la carta da memorie sminuzzata messa via la pietra liscia sulla quale sedevi il peso dell'infanzia tortuoso tra le pieghe e un aroma di madre tra i vestiti dove sfioriscono le spume silenziose 56 lettera dall’esilio) dormirei oggi nella tua indocile vita requieta amerei della sera la linea di sconfinamento tra il chiaro e la tenebra lontania marginale casi nel fogliame forse non è così difficile morire del vento se desideroso giace il corpo nella polla capovolta del suo seno torna intanto la sottile pioggia il solletico erosivo nel fossato è così bello l'autunno qui dove ti scrivo regione precaria provvisoria e così docile il cielo benché freddo le modificazioni sociali e politiche mi hanno superato (diviene tra l'altro quasi pericolosamente prevedibile questa civiltà un disordine di guerre maggiori il dato di una detronizzazione un lato sospensivo dei voli e dell'aria l'arrivo mai completo altre occupazioni riti di sangue intenzioni falsamente quete) c'è un punto in cui l'età è stanca e ridicolo per chi la possiede o la subisce provare a seguirla il respiro non si confà abituato a una altra atmosfera più o meno pesante ci si parcheggia in aree le si spera poco affollate e si rimane nel disincanto ma sorge una perplessità perché ti ho amato e perché tra noi nonostante scaramucce prevedibili quindi naturali non c'è mai dico mai stato altro tu sì hai subìto me come io ho subìto me stesso non so se saprò sistemare la mia anima nella quiete di un sereno sapere un tempo mi dicevo l'amore ma l'amore non è sufficiente e non so cosa accada sento l'alito in caduta delle foglie lo ascolto si diventa selettivi verso l'alto o verso il basso la sordità spesso un pretesto con cui mascherare o nascondere la stanchezza dell'attenzione il rifiuto di una discussione ignoro cosa mi abbia indotto a scriverti se nostalgia legittima o il bisogno sorto improvviso di respirare con te come stai cosa fai siedi anche tu nel centro del giorno alla piccola ombra di un platano ascolto chiacchiere sul clima il bollettino delle temperature oggi fa meno freddo altri discutono pacatamente di nuove case tirate su alla svelta in una nicchia geometrica di cemento pensiamo a noi stessi come presenze fisiche solo quando si subisce una malattia allora solo diventiamo concreti e ci accorgiamo di avere voluto assimilare la nostra esistenza a quella degli altri tu sai quanto sia parco nel vestire un po' tirchio in tutto l'essere 57 me lo hai segnalato non evito più di osservare il mio volto allo specchio però la mattina esitante rimango davanti alla macchia chiara senza decidermi non esente da decisioni la vecchiaia può essere però più riflessiva domanderai come possa parlare di vecchiaia alla mia età non il tempo piuttosto le cose mi inducono ad essa non mi sembra di avere agito poi il computo delle azioni sulle dita i nei sulla pelle le sensazioni di prevedibilità di stanchezza anche piacevole o di volontà di ritirarmi a osservare sei sempre stato così hai preferito osservare immagino replichi tu prepariamoci alle future non lontane notti invernali quando il battito d'ala e le febbri improvvise sono il segno pesante del passato le voci in fondo non disturbano gli scherzi dei giovani sempre fortunatamente fuori misura l'equilibrio è noioso lo dico perché probabilmente non sono mai riuscito a comporre un'immagine di me esente da incertezza o da instabilità la sensazione di mancare del corpo di avere sciupato porzioni di essere di averlo allevato in maniera friabile deperibile deperita mai ho compiuto gesti radicali neppure l'ultimo creduto tale penso alla predisposizione mia al gioco come hai detto ad amare situazioni più degli esseri amare la disciplina amata perché meno ferisce e richiede un impegno relativo in fondo in fatto di rapporti con le cose scrittura il cui rilievo si percepisce se la luce incide l'altra facciata bianca del foglio come sfumature leggere di sonno (probabilmente ci si innamora lentamente e per stazioni d'ozio sotto il peso della età e inconcludente il primo dato supplisce sottopelle il secondo si infetta di culture sarà a valere un altro impiastro corolla di future letture attendo in silenzio tue notizie rami di gelso sui fossi le api nere il gusto delle more il biancospino tardo in fretta svanirà nel dolceamaro aroma delle nevi) 58 sequenza) cosa resta della notte e la mattina quale buio ti conduca la falce calante della luna il breve viale di tuie col cancello l'impero piccolo dei sepolcri vuoti quale gesto resta se resta il tuo potere scaramantico su me difficile sapere se fosse desiderio o un complesso più ampio nell'averti accanto avvolta irraggiungibile lontana dove devo pensarti adesso domanda non a margine quando bene è sostare solitari nella infanzia felice di un segreto il tuo tutto ridotto a una valigia elegia l'asfalto nero nell'a lato il metallo scipito ai tuoi estremi siamo così pesantemente leggeri pesantemente così gravidi di notti talvolta annunciato da un sordo vibrato visita l'errore di un piccione follemente imprigionato dalla stanza irrequieto esso collabora alla ricognizione degli oggetti tutti rimasti nelle pose occupative canestri di plastica raccoglitori recipienti vari il ricarico di profumo si stempra nell'abito nocivo di una sigaretta esiti ancora esiti e esiterai nella prigione attuata posto di fortuna sito corte della alienazione da un ufficio mondano di lezione intorno alla cocciuta materia di rifiutate attività trovata la fuga il piccione se ne va nella canicola la nostalgia a pretesto nasconde un punto cavilloso di inadeguatezza anche al riposo e a circostanze effimere di sistemazioni sentore d'autunno nel magico protervo agosto immoderato dal suo muschio selvaggio sortiscono le coltri sui campi maturati [quanto alla forma per troppo aspirata inseguita sfocia in naturali propensioni agli squilibri si rilascia sempre influssa da un respiro voluttuoso ( città città città saputa cercata forse nella magia inutile di un latifondo incredulo di proprietà) nell'involucro aperto le cose regnano la dominante offre senso al complesso questo il chiarimento sulla forma attinta dal voluminoso disperante includersi di voci nello spazio inabile del vano di un uscio sull'abisso] 59 il cortile si riduce al ripetuto intrudimento della condizione quasi postuma del silenzio qualcuno se n'è andato in sordina complicando l'assetto del passo in un felpato movimento immisurato griglie raccolte storpiano la strana rimanenza del pomeriggio e un torpore diffuso nelle asimmetrie (fammi ritrovare la casa fammi ritrovare gli usati strani silenzi tra noi discreti no ma conosciuti i loro toni fradici di anni levigati nei soliti illimpidi pertugi tra i muri fammi ritrovare la piccola prigione di preghiere offerte a pagine sempre visitate l'alone della mano sulla sovraccoperta chiara segna l'atto ripetuto dell'omaggio) (nell'anno millenovecento e ottanta il mese dell'agosto ulceroso e torrido alle ore dieci e venticinque del mattino del giorno suo secondo tutto si è fermato per un attimo nel vibrato mostruoso della esplosione giunse e non giunse notizia incredula a sé e il barbaglio agostano sembrò un insulto al lutto rinnovato la sera cenammo ci ubriacammo fumammo la giovane spagnola si addormentò sul proprio volto greve sopra il tavolo come morta all'improvviso a noi dei morti uno rimase senza nome) ora la cosa ancora benché laicamente scancellata un poco da stranite turbolenze di risacca giace ANCORA nella modalità di una voragine e della lapide nella sala di attesa dove un giorno IO FUI FERMATO alla maniera di un ricercato poi blandamente rilasciato col pretesto di un errore vorrei tornare nella stanza alla finestra sul cortile interno al setacciante rumore di carrucola all'udito concentrato sopra i gesti dello stenditore al pervicace sole di una tarda estate vorrei e voglio tornare e tornare io voglio dove ho perduto il sonno e la sua riva) l'orologio fermo concorre a soverchiare il crudo fraseggio originario di macerie e il resto LA NASCITA DI UN DOPO 60 la nascita DEL dopo e L'ALTRO RESTO (riportammo dentro tutto quanto riponemmo stoviglie e suppellettili più tardi vomitai dimenticando l'evento nel malessere del corpo (quegli altri li hanno suicidati - un buon modo per allertare la pubblica opinione se mai esista opinione se mai sia pubblica e sappia opinionare ora si parla di delirio storico (storia o non storia) MA non credo al minimale chicchiericcio pattume inscenato per vent'anni sull'esperimento verbali archiviazioni custodie cautelari carcere preventivo libertà vigilate leggi speciali non luogo a procedere trasferimenti d'ufficio stralci soffiate insabbiamenti riordina pure la serie se vuoi non credo modifichi il totale di un oggi diversamente ruvido di ieri e stranamente lucido e lordato poiché le nostre strade si dividono senza divergere e io perdo la mia trascinandola nei fossi (lasciami dunque tornare al raro balcone dove lo stenditore sta alla obiettiva afa lasciami tornare un poco ritornare ai dove di un giorno al futuro ) m'insonno con l'ombra il pomeriggio scialbo rannicchiato in una lingua ora ferita lacerata abbandonata nella sua comba incerta provo tento una zona di ricostruzione invero di cosa non so la mia etica fragile il fragile disegno di un comune destino in questa terra noi non esistiamo noi non abbiamo identità (alle ore dieci e venticinque il tempo il tempo si è fermato il tempo in assoluto si è fermato io ti cuoricino t.v.b. troia testa di cazzo mafioso ebreo di merda negro schifoso chatta con me non global rappista graffiti a memoria di niente) 61 (il rinnovarsi del caldo l'esplosione molto cauta degli esseri la flocculazione delle membra loro in casi simili tutto va rimosso benché concesso nella forma dell'omaggio imprecazioni agli obblighi di spiegazioni il mondo come appare induce a sospendere ogni fiducia nella possibilità diciamo pure nel libero arbitrio e l'ananche nervosa nevrotica patologicamente torbida sublima l'aspetto mediocremente basso del potere - più o meno diffuso impossibile una arte della guerra inattivabile una arte del comportamento inattuabile una arte della arte dove domina ananche domina sovrana l'attenuazione di ogni sfumatura il cieco caso perso nel purpureo rilasciamento degli dei) torno dunque al tuo naturale intuito politico perché adesso non piove da un po' e io sono sfinito dalle false altrui nostalgie dai falsi moti di rinnovamento si vorrebbe a ragione così un orologio funzionante di nuovo (città città città assediata annichilita arida di scorrimenti e svincoli) un orologio rispondente alle esigenze di una stazione ove il traffico amalgamato dei destini può e può talora talora può ma raramente una due tre volte in un secolo subire la alterazione secca di un desciramento ma se si contano i giorni se si favorisce il lato esperienziale delle percentuali è è irrisorio fermare mantenere ostinarsi a mantenere fermo l'orologio sulle ore dieci e venticinque di un giorno impopolare retrivo di agosto quando le erbe impallidiscono e la mia malinconia si nutre dei deserti 62 il tuo agosto autunnale spirava ricorsivo alle pendici del monte velato svelato svuotato di materia dalla alchimia pervicace delle piogge scure la penombra si affondava tra limiti indecisi delle geografie nel sogno del leone e del fogliame quella estate non so dire come accadde ci sfinimmo di notti non dormite mai se non su cumuli di tempo arrugginito ci abbigliammo di vento in una sera sotto un manto tardivo di paesaggio i principii del freddo non ci videro assieme separati da un amore ma aveva il sapore di una guerra brunita sensuale i capelli pettinati come il corpo nella poca notturna intensità delle candele ora tu ascendi alla tua alta casa ridotta a una virtù tumultuosa ancora il tocco mai saziato cerca te nel vuoto dell'adesso inalterato di sotto domestiche faccende di fuori una afa moderata tento a lato in tua assenza di riviverti forse l'ultimo estremo coraggio di un ripristino di tempo già concluso domandavo se il potere tra noi sia riflesso o lo specchio di un potere più ampio se sapremmo noi essere migliori o viviamo condizioni inalienabili una carezza non greve di profumo invade le tue labbra quando dici la nostra fratellanza riscontri nelle stanze del poco necessario e un pallore adolescente invoca dall'alto il basso relativo delle ombre vacue il loro non ritorno vorrei poterti offrire una altra versione della favola più umana e possibile questa ove il cantore credendosi vivo confonde sé nel domandare ancora quando tutte le domande sono vane 63 chiusa) una caduta rapida un rapido decadimento della notte pura impura ostentata e occlusa esposto alla finita finitima natura a contraffazioni e suoni fatui di metalli leggieri su superfici di suadente afasia tardi mi apro alla chiostra dell'arsura incidersi pauroso degli esseri negli esseri indosso gli stivali di mio padre sua semplice nuda eredità cerco nei sentieri non segnati una nicchia inquieta alla mia età la mia stirpe di senza dimora redatta forse su cartigli stuprati una anonima stirpe dall'ovest devo dunque affrettarmi dunque devo rallentare controllare la certezza dei passi fermentando prudente nella svolta né so dove io debba risalire per chiamare in silenzio chi è partito il suo volto mutato e inconoscibile la nuova lingua e il suo campo alieno l'uragano di ieri ha prostrato una siepe abbattuto due pioppi e un albicocco fatto volare lontano le sedie qui dove volteggiano oggi le rondini ieri la aria si tagliava nei cavi e violenta a sé si contraeva dove la calura oggi beve il corso delle acque trasporto la mia ricognizione nelle forme di imperfette utopie cercando paesi mai stati lo specchio frantumato sul ciglio della strada rimanda frantumata la mia imagine sprofondano i cammini tra campi tracimanti allora è una stazione di invasione protezione un rudimento di cose come sono oltre la quercia sale il verde pioppo e qualcuno canuto risiede in una fase di ombrosa eternità io non ho casa le mani devastate il verso derisore di una pica eccitati i cani si zittiscono nello sbrecciato spietrato anfiteatro un timbro alato confuso di libellule tu schierata nel raccoglimento davanti alle lapidi stinte serie di nomi di date di fotografie a cui ti aggrappi ostinata nel cuore nei momenti prosciolti dal presente quando tieni e trattieni le cose scrivendo col dito sulla pelle il coraggio dei folli se provano l'ala di farfalle tramortite contro il vento nodoso degli autunni 64 tu sei oramai uscito dalla comunità per statuto soprattutto non per età oramai l'ambito del silenzio si reggimenta sul tono di una conversazione privata definita inesorabile attività di comprensione i cui esiti mancano come pare ovvio di evidenza e certezza non hai comunità tu la rifiuti non rinnegandone possibili vantaggi dunque ti ritiri ti ritrai ti non concedi neppure a una richiesta cortesemente posta non sai più nulla più nulla vuoi di quei dettati un tempo già sicuri nei giorni di estrema limpidezza immaginavi la provenienza dai molto lontani di una campana dai molto lontani (ascolta ascolta) da tempo da tempo non udivo la terra sospirare e il suo silenzio mi rendeva dubitoso (fossimo davvero lasciati esposti agli eventi al caso de i rapporti dimmi lavano ancora i panni con la cenere negli enormi bacili di legno non sono vecchio né so se morte farebbe paura se avessi un luogo dove sentirmi vivo / non so se gli anni si equivalgano se gioie e disgrazie possiedano note atemporali tutto quanto accade non si apprende poiché accade e dopo se ne va) 65 l'isola isole isole perdutamente approdate al porto del disincanto (come avresti desiderato reggerne le sorti quali canoni di convivenza avresti dettato alla pelle tesa dei volti loro tra le corti e gli anfratti quali misure di avvicinamento se mai si possa aspirare a convenzioni di sopravvivenza l'equità dei giorni sta nei rancori antichi nelle remore sui moduli della sfiducia e tu chiedi altro doni di corrispondenza i cani nelle notti afone riposano sui marmi degli ingressi nessuno rimprovera a te la speranza redipinta nel deserto attorno la infinita speranza degli sfondi mentali da una era troppo forse evidente e placati dalla calura gli uccelli delirano in tono modesto mentre si apre la quinta della evocazione (non sai se la salvezza appartenga alle mete fissate nel breviario delle intenzioni seguito con rigore quotidiano la poni nel paniere dei tuoi passi tra gli echi storditi di parole sprecate hai ora superato il superato la acedia mascherata da disperazione il tedio fornito di pretesti e te conduci senza altre obiezioni all'esito disciplinato dagli assunti )) 66 non volevo lasciarmi andare alla dolcezza di un cucchiaio battente sopra un piatto inconcludente o intruso nella notte deficitaria il suo fiato più in là sopra i campi pesàntissimamente ( gli echi ma dove si sono spenti accadono pochi barlumi di ironia di sotto una facciata sfregiata dal tarlo felice del clima vaiolate vicole sezionate in silenzio in ombra e sole una voce di donna indistinta indistinguibile modulata severa rammenta precauzioni discipline minime del sé poi non seguite e nelle mani rimane l'odore del pane invecchiato tenace duro perdura fino alla discesa oltre il vano basso aperto alla cantina l'abito smesso sulla cassa è straccio non ancora ma verrà strofinato sulla polvere spessa sugli opachi legni oltre ha subìto spostamento il languido lamento di femmine in calore i veli sono stati raccolti depositati ne i cassetti ermeticamente deflorati dallo scopo del tacitamento poi si appiccheranno i fuochi e dalle ceneri si saprà la cultura dell'aria si assiste a una aurora ignorata già stata alle pendici caduche di un già vecchio cielo) come posso scostare dalle mie fantasie riemergenti le curve della strada verso l'isola il suo stellato fumoso nella piazza intocca dalle ruspe di ristrutturazioni è il riuso come sovente mi induco a fascinare il mio umore ora felice de i volti allineati nelle teche dietro a le spalle degli argini il fiume da se stesso si trascina poi si imbalba dentro a vortici sinuosi l'isola si avvolge nel corpo dei terreni addossati al suo dorso come cuccioli protesi nelle fami (forse ancora ho da capire come si possa arrivare poi aderire poi scolpire del sito l'impresa sulla carne e dormirò sonnecchierò nel mio nido di ulva pietrisco e schienale tra fiori piatti bicchieri conchiglie e coccinelle) 67 con insistenza quasi feroce il paese pioverà fino a domani i lupi sono fuggiti cercando tane sicure dentro a boschi un po' meno maniacamente minacciati e gli animali altri hanno intonato il balbettio asfissiato delle vittime ne i punti degli effimeri sacrifici il sangue è condotto via da una acqua connivente con lo stupro incolpevole però della natura intrinseca di cosa sottesa alla caduta i terreni risvegliati si smembrano zolle madri schiave madri slave madri bambine di là dagli ocelli aperti alla regione la regione indifferente verrà modificata dalle partizioni nelle direttrici e il suo protendersi offrirà la qualità dubitosa della aria travi sostengono tetti rinnovati da mastri senza identità o un nome solo nel segreto del cemento (dimmi quale quale paese vorresti costruire quali ombre vorresti abilitare a destino delle mosse designate da un programma generato nell'esilio richiesto e adesso ritornato hai liberato le sale da i fantasmi orrendi del debito non tuo ma del tuo sesso un sentore quasi di camelia o di mano callosa di nere venature le lunule affondate nella pelle resistente l'improprio candore de i busti sempre occlusi nelle maglie grezze la propensione all'adipe nei fianchi a sostegno dei freddi e degli umori a rinforzo di fatiche accumulate le costruzioni se debole il crepuscolo recita gli incendi manifestano carnosità color dell'onice e si attutiscono nel gravido luogo della sera e della notte e del domani ancora dormi dormi piccolino succhia il seno colore della luna forse i ritratti nelle tappezzerie del buio forse i ritratti e le fotografie si muovono forse la vista del fuori attutita dai terrosi pavimenti forse le genealogie ove incrociano le tempre dei caratteri tovaglie maculate a metà ributtate sopra i tavoli il piatto nettato e le stoviglie a omaggio stanno garanti di ritorni mai provati cosa siano i susurri se profondi i sonni premono sulle membra dei respiri ora piove ora pioverà ora pioveva e dalle gronde formicolava il grado discendente delle acque i cani innervositi trascinano se stessi sotto gli archi il profumo del fuoco addormenta gli oggetti nel giorno secondo nel giorno dell'inizio (il mese come sai comincia il dieci) fosco con qualche riga di sole come paglia 68 tra le sbiavide polveri d'estate o un impossibile refolo la scambi per un prezioso serico metallo e la rapisca breve nel suo giro (occorre approfittare di simili momenti per accudire gli orti dopo le potature per ammansire bestie risvegliate le cove i nuovi nati i territori conquistati i metalli lucidati poggiati agli schienali le volontà aggressive fermate dentro i pugni le urla di terrore soffocate solo gli anni felici non recitano gli infelici riscontrano incagli minimi di una depressione il disturbo di un troppo di fanghiglia o malattie degli alberi inattese allora chiedono consolazione a i canti e i canti inscenano l'origine dei pianti 69 le ombre bianche le bianche apparizioni delle mure le loro bianche concrete apparenze le merlature oltre i canneti e il fosso ove specchia parzialmente il proprio volto la piazza sopra all'acqua a recinzione foschie confuse le vie di congiunzione ogni atto un pretesto per cercare l'originario quando il dove mai si è dato di vecchie vite un ritrovo e resistenti al rude insulto di una civiltà sapevo il punto focale della oscurità ventagli di chiarore contro essa la condotta al varco seducente ma l'oltre conosciuto memoria de i ritorni coinvolto dalla sosta e refrattario era lì sufficiente nella remora nel fresco sentore a testimone di una terra materna e le sue tracce guardavo presente verso il punto imprescindibile e vago del passato non so cosa fosse però so cosa fu mentre fermi davanti ai bar fermenti stavano di vita attuale contro il taglio delle cose nel profilo delle notti e tutto il nostro lenire il dolore e l'inverno era e l'ombra sull'acciottolato i cani muti esasperati e muti guardavo me stesso e la mia ombra strane razze monumentali e vacillanti la torre conosciuta la pianta stellare contro gli astri né più confidavo in cortesie di allora piuttosto la attiva fascinosa malia dei canneti sbilenche attrezzature i ripostigli ciechi i dissodati piani di coltivazione il sedile di marmo scarezzato anche gridi senza armonia come allora allora come è da sempre di sotto un lume senza intelligenza più tardi gli spioventi calmano il senso intriso di stanchezza e le tue notti non tue 70 il tuo cimento solo con te un po' stordito e alto placherai conseguenze negazioni ritiri obbligazioni doni di un tempo isole affioranti carezzate dalle lingue oleose de i fiumi sensuali e gli erti torrioni indifendibili madreterra intutelabile se mai dalle colture di malte e mota dai bruni coppi degli autunni tardi languente concava e generosa sempre alle mandrie intenerite dell'inverno suave (così passeggiando fuori dalle vuote stanze fiorite di decadimenti e gli stemmi spettrali il primo gemito degli ippocastani il tono a prova solenne di quanto sarà senza il peso discorsivo della vita riflessa sui solchi verniciati dalle liquide materie del ristagno) pare un cielo nuovo dove le cose non si sognano più né si desiderano ma sono 71 nell'influsso dei limbi di nuovo ove muovono incrociando le masse varianti di foschie pigramente si allargavano le spiagge membra semplici e nude e le dolci parole nella accoglienza indecifrabile dell'acqua il tramontante incolore lascia il principio dei tepori nel fulvo schema delle boscaglie invitando il pensieroso al primo oscuramento della sera e quanto alberga nel vano dei cordogli tutto sparendo nello scaturire 72 il gorgo (come di piogge parlano le foglie e dell'arrivo come si aprano ai lontani siti i viottoli nebbiosi sassosi tra le case e gli ossi tra le ghiaie salvatiche domestiche nature la effettiva ora ora radente irradiante completa occupata opacità della aria lande tropicali appezzamenti magri e case magre fischi degli uccelli ammorbiditi dalle casse risonanti de i pioppeti inarcandosi le terre olteconducono alla tinta letargica loro) fogli sparsi da una rima di luna le suscettibili rocce miscelano sé alle brevi contrade qui nel regno di una oscura volontà il cielo si è abbassato ulteriormente e vive di mediana opacità i resti sono qui avanzi di quasi cibo o bolo risputato per uno schifo improvviso alla idea la sola di resistere a oltranza senza motivo adeguato ora toccherà cercare di dirimere questioni totali questioni sfuggite come tra due pareti sbieche la prospettiva in sguincio inquadri il corpo della antica costruzione erano dalla altra parte gli aggettivi inutili a prosperare una delimitazione dell'innalzamento de i terreni a quote sovrastanti di foreste soffuse del delirio calmo delle animose nere foglie e de i mondi di là ne i fanghi fino alla discesa ove rivoli induriti sorbivano la peculiare anestesia delle erbe e allora il tremito controllato di un abbandono e l'orina umana e le placche oscure di cose rimaste lì o la pressione adunca della nuvolazione subentrano gesti di prostrazione rispondono ascese stuporose nervature vegetali nel principio della diffusione ecco quanto era del pellegrinaggio alla stazione di gorgo la casa colore rosso sangue il rigore della via dall'est all'ovest e nel crocicchio la piazzetta di cemento tale la visita a creature sopite già nei tumuli freschi ancora della obesa permanenza dell'autunno 73 SIAMO ADESSO alle falde di una primavera al suo igienico tono devastatore il pellegrinaggio non aveva santuario o sito o albero a cui votare una corona di recite in un tono adescato dal rigoglio del sudore dentro al corpo le nere scarpe segnate dalla semplice alonatura di fango e la graniglia e gli orti in riva a i cigli e l'acquaforte dei muri delle corti (recenti inasprimenti burocratici hanno reso illegittime protezioni eccessive testa pelata testa pelata poi recitava all'impiedi la posa rattenuta ed ingrugnata in un sospiro emetico) o nella piazza colma di miraggi il monastero risorge dalle isole fisse della stazione improsperosa là il regime è dettato dai soffi caldi dei morti la regione appartiene alla giurisdizione loro e è del domani approdano colà invisibili i tentacoli di una antica creatura curiosa e separatrice esplorando i contesi luoghi nella ignoranza totale dei rialti e le murate e i posti posti a guardia di dogane poi riaffiora la antica paura dell'affondamento nelle scure particole di un vuoto vorticoso e silente e male funzionanti procedure tutelano indirizzi spezzati (per me quella era la terra dei morti e cominciava senza designarsi o annuncio un senso di quiete di grande dominanza sulle cose tutte in movimento e ferme e quando penetravo nei suoi corpi comprendevo quanto non le appartenessi ed essi fossero invisibili a me e lontani gentilmente lontani e rimossi i cani guaiolavano al fulvo sospetto dell'aria gli assiti accoglievano una fatica senza calcolo 74 là non accade non accadde nulla nulla accadrà e nelle fasi di grande respiro lo spessore vellicante dell'onda giunge fino al punto pattuito delle querce un alito alto madido freddo trascina i nativi nel suo fondo gravoso spostamento alto quieto là dove i fuggiaschi pareva avessero trovato riparo si scioglieva il tumido rancore dei boschi in un rito letargico di assopimento in sé) 75 (si accorse della fine dei fiumi di un deflorato destino di arcipelaghi quando comprese l'impossibile arrivo varcò se stesso smarrendosi a sé in un medesimo di folle degli abissi) 76 ATLANTE MARINO 77 è chiaro, neanche l'ignoranza significa felicità... ma un poema è un dono! vladimìr holan) non ha sede forse quanto non si sa e si risiede dove tutto è noto 78 prologo come il vento sereno delle nostre vite febbraio tocca i punti sensibili della indolenza imagini tornano la loro ricorrenza lieve greve nel breve stanco salmodiare della voce (ti racconterei il giorno se solo avessi vissuto nel pianterreno liquido del muschio viscido di corti state a osservare l'impiastro ruvido del buio e declina il suo piano nella sera dell'alba nella confusa obiezione a reiterare un ostacolo fermo senza volere o altro rivola morbido sulle proprie carni ancora un destino di domani e paiono le cose delicate una passione alla fuga coltivare 79 tomàs legge a sibylle la non datata lettera dai solstizi inviatagli da dolfìn il profumo della pioggia entra nel disusato ambiente sospeso nella condizione della visita l'uscio chiuso il copriletto segnato dalle pieghe altri oggetti distanziati da una dilazione breve del tatto o da un già avvenuto contatto rimane fuori il sabbioso contrasto del fogliame nella clessidra del clima il ciarpame di corpi dissidenti e fiacchi sono molto stanco e l'insieme tutto è così teneramente imbevuto del silenzio consuntivo del silenzio e i pioppetti altalenano nel cuore della piccola regione limitata alla strada al viale alle siepi di recinzione forse il nome delle cose in fase di tanta limpidazione non è necessario si riscontra esclusivamente il bisogno di osservarne volumi toni distribuzione di sfondi leggimi ti prego nelle anomalie nel poco fiato nella stupidità e leggimi in una ambizione mietuta dopo finte generalità prodotte esigite esumate sciocchezze credimi il copertone con lo sgranulamento della schianza di fanga e ghiaie ha accompagnato il trasferimento alla calma selvatica delle acque molto vicine allo smalto sicuro delle vegetazioni alla stanziale allucinante residenza delle abitazioni abbandonate lungo stradelli levigati e inusi il gioco delle ore impone un'opera di riorientamento la calma coinvolge l'abitacolo rigenerandolo del soffocante articolo di un ozio senza scopo nel ruminio delle cicale dentro alla oscillazione elicoidale dei riflessi scrivo dai luoghi dei presunti non c'è terra dei morti non c'è terra dei vivi tutti siamo presunti in un esistere dentro a questo limite poco alla volta forse riuscirò a comporre il testo della mia visione per offrirla al tuo senso alla mia suscettibile allusione a qualcosa capace di urtare lo scetticismo col quale mi proteggo 80 la pianura è leggera e le vegetazioni provano a compattarne a arginarne la propensione al falso mare alla fertile sottigliezza degli strati ma qui essa prende consistenza e dimensione e fuori è uno sguardo d'ottobre a sondare nei cuori le vetrate mentre l'aria se ne porta i suoni pigra le terre ruotano attorno al monastero abbandonato stanziato in un centro della conca e perno di una rotazione più ampia e immacolata il mondo qui si chiude e trova fine ma non si sa tollerare il finito questa la penuria vera dell'immoderato essere affacciati sempre sull'illimite tale pensiero mi raggiunge mi sopraggiunge e mi seduce con la lucida prospettiva del segnato sulla carne e non si muore mai nel più assoluto neppure degli oblii così parla la terra dei presunti in uno sguardo largo verso i fermi monti 81 tomàs narra sibylle il movimento alla ricerca della terra dei presunti qualcosa di denso di oscuro e fuggevole forse resiste nella sua scomparsa il tono smarginato di una burla una grande messinscena la cerimonia il lutto il resto a cui tornavo discreta si avvolge la sua storia leggera al mio polpaccio medusa volubile e fredda rimane una zona di apprensione di indistinta agitazione ancora la voce egli era qualcosa di oscuro fuggevole e denso un volo nero nell'osceno fogliame trapasso indistinto frusciare di enigma non del suo come bensì del suo se talvolta il sospetto di un non luogo a procedere un difetto nel poco di miserie senza nome quasi avesse cercato cesura tanto vuoto rasenta l'irrisorio il rischio di una falsa intrusione nell'arte perfida della rievocazione e se ancora egli fosse tra terre conosciute e lasciate e l'altra trovata e già invecchiata qualcosa di impreciso di non corrispondente di non convincente si parlò del sudario d'acqua della discesa assieme alla corrente di un viaggio senza nostalgia tu stesso vai tentando un personaggio sarebbe più opportuno negarlo alla presenza (tutto è già stato sulle erbe stanche sui terreni persi nelle ombreggiature quasi una mano avesse posato casuali distanze componendo sbilenchi pigri intervalli eccessivi nel non memorare e volessi condurmi a una ragione dove il corpo sappia finalmente invecchiare tollerando il passaggio nella vita qualcosa di opaco volubile taglia la densità grumosa delle ore una regione tesa nei respiri domando quanto valga quanto da una cronaca non condivisa se mai rimanga priva di materia poi taccia nel mai fattosi silenzio) 82 la messe dei ricordi non organizzati si mescola alle distorsioni ai vuoti ove si tenta per cenni uno riempimento per cenni lo scotoma scarno di un tragitto tra la mano e la cosa tra l'occhio e il dettaglio l'archivio e il maniacale sforzo di ricostruzione sempre si è prima sempre si è (piccole biografie parallele strascichi piccoli di vergogna su piccoli non sempre detti fallimenti (abbiamo parlato però è stato d'altro frasi posate tra noi tra i bicchieri e cibi ripescati dalle magre dispense della stagione calda ipotesi notturnamente coltivata dal voluttuoso serpentare del fumo domani un sogno l'ora un sogno sradicato dai profilanti poteri dell'alba le sanguinanti erbe gli alberi stregati la mezza luce di sotto a regalare intimità parziale in una connivenza di saluto) degna è solo la scomparsa detto nella latrina tra scritte alte offerte di misura appuntamento e data l'odore intenso pesante seducente dei depositi umani a cui violentemente si risponde col silenzio delicato dopo un passivo di occhi presto chiusi nel sapore di un lascito di vento fuori dalla latrina le barbare resistenze degli oggetti creavano mappe plausibili di vite corte corse il sudore sulle braccia una sfiancante esautorata vanità sempre in ritardo benché minimamente come l'ombra in una ora prolungata e mai trascorsa del mattino resiste la pressione del sonno sopra il membro la turgida pressione del membro contro il letto approntato alla imberbe ebbrezza dell'appuntamento così ci si mette in cammino uscendo dai chiostri di una storia scegliendo profilassi di prammatica la ulcerazione del qui sul documento offerto alle frontiere 83 (conservi il freddo nelle dita non protette l'angustia di un abbraccio il tatto ipocrita di un palmo stretto male la abitudine non lenta a la trascuratezza cose tutte di un altro periodo fissazioni sulle coltri di un giaciglio sospetto ove qualcuno è rimasto a poltrire altre agonie fino al diffondersi di una aliena sensazione germogliata poi vizzita roselline impigrite in un velluto quasi ora non so questo modo in questa causa come recitare la preghiera dei perduti del mio perduto durante del mio istante catturabile qui nella voce spenta sempre più sempre più senza dono ma giorni giunsero a gruppi sottesi a spurie eternità essi erano il soffio di alisei minori confuse identità di fratellanza accadevano insieme epifanie rari eventi dilungati e larghi cosa recasse la loro custodia se i volti de i trasferiti o un altro gioco di cerche saputo la fertile penuria era l'indizio di un indirizzo non voluto però così precisa esumazione degli oggetti e già l'ombra dei cumuli loro imprudenti esposti a tutto inattivi facoltosi dispendiosi risolveva sé prodiga nei cenni tumultuosa in un provento incurante e vagabondo filamenti di cordoglio sbiadivano incanutivano rilasciavano e si perdevano tappa dopo tappa tra procedure di riconoscimento pratiche di corrispondenza delibere di analisi sui corpi il tumefatto oggetto inanimato di sopra a i tavoli delle nomenclature (ora il passo è meno sentito claudicante no ma renitente condotto tra fenomeni parziali tra neutre legazioni di comandi qualcosa di oscuro fuggevole denso voluttuoso e cruento un feticcio calpestato secondo i canoni della macellazione 84 si perde allora la sostanza dell'intento il nucleo stesso del resoconto e nulla più si sa del proprio scopo una altra pelle una altra ora un altro futile spasimo di carne forse l'inchiesta un'esazione tu stesso una sezione del debito contratto e mai riscosso il tono indifferente udito a lato dimmi chi sei se ancora sei fuggito se la mia vita dimentica di me s'è fatta vuota pareva seduzione di una morte all'improvviso risultata falsa per un sospetto mendico intervenuto in un ritorno al tumulo di lui la fragile primizia del nodo di equinozio contro il disperso sfondo delle valli grandi (lascia perdere tale redazione l’ora è parziale ferita dalla convocazione della notte dentro a un planetario di fortuna sfidando mai mai confidando e amando il triplice sospiro della vita nessuna età cancella o alleggerisce l'impianto dell'addio quando pure sia parziale un volto ritrovabile non più però quotidiano non ci sono flautate infanzie non ci sono maturità sottili le piccole foglie del pruno selvatico passivamente migrano nella morsa nervosa dell'aria indolente se caracolla calda nell'afa nutricando un istante di distratta armonia presto sparita sveltamente tutto è stato bruciato il volatile ambio delle ceneri ricaduto tra le rimanenze non esistono testi postumi 85 sibylle canto della accoglienza un singulto ha sfiorato le finestre notturne stonate note di violini di carne un animale protendersi nell'ombra con la salute precaria degli schiavi quando perduta la nostalgia comune amano la fatica della indifferenza le passioni spente del tempo altro sono appese ai paralumi l'oscurità non è oscura e dipende dal relativo tutto il suo locale assetto del mancante tormentoso adesso la suadenza delle voci di ieri si incanta e siede su avari divani di stagioni questo è quanto si inoltra a modulare il tramonto del mondo di ieri verso il mondo sconosciuto dell'oggi 86 apparizione di dolfìn che colloquia con sibylle invitandola al viaggio assieme a tomàs quale amaro seducente però odore della nostalgia mi ha ricondotto quale invito nodoso ha risospinto alle pallide glebe delle terre basse senza aperture o cielo quartieri incantati storditi malati di inquieta tenerezza case di carne occhi di case madidi cespugli membra di giardini e stenti nelle sedi degli autunni solenni comprendo la tua pena appartieni a un tramezzo a una doppia natura sei tornato alle fratte anzitempo visitate reimpari ignorandoli gesti di impazienza percepisci lati sensitivi del cammino a ritroso il profumo delle luci ferroso negli odori minerali dei binari mi sono specchiato nelle cieche superfici di / gesti di violenza / parole di / violenza / frasi di / divieto proposte ipocrite di / patteggiamento mi sono specchiato nella / umiliazione nella prevaricazione nella / sconfitta nell'attaccamento a un luogo sconosciuto nelle scorrerie nel dolore mi sono specchiato nel fuggevole trasferimento nel tempo ne i momenti imprendibili nella forza in seno al punto dello sfinimento tutto un errore e un errare tutto le credute / aperture delle strade i / creduti marginali cammini e le visioni dentro ai nidi dei / crepuscoli nelle fedi smaglianti delle bianche / notti / errore dell'errare / inseguire la forma mutevole i punti di / scardinamento le ferite / petrose de i sentieri sotto / i calchi antichi della / mia / breve era creduta qualcosa ora il polso batte più lento il sangue scorre più lento sono rispetto al prima dentro a una cecità non so cosa sia accaduto cosa abbia agito né so come si trovino le membra in tale iperbole minore di insensibilità completamente completamente esposto a ripetute offese sparso sparso disperso perso il senso di unità senza arpeggi del tempo dentro già alla mia nostalgia 87 così vicina al tragitto delle onde deboli sui ventri indifferenti delle sabbie lo spessore macilento del sole la casa caduta le stanze vuotate dal tarlo della fine di tutto dove il tutto è irrisorio potenziale conducimi fra le foreste nane oltre le tende della tua prigionia tu per le placate sabbie e i puri arbusti e i grovigli del raro sottobosco alle soglie incerte di una età rassegnata rammentavi nel volgerti la fine del canto indicibile il vuoto valore dei nomi le voci dicevi non sanno recitarli applicarli all'arbitrio delle cose occorre un'isola sfuggente itinerante inancorata una sistematica dell'espatrio se si è nell'umano protendersi nell'altro inconcepibile sempre puntellare dunque le proprie sopportazioni costruire un confine non spurio di chiodi piantati di cunei con cui si fanno le uccisioni degli alberi alla fine poiché cadono distrutti alla fine e quasi per un sempre a bordo della fine a bordo 88 interludio alla fine non era una fine e la luna accompagnava un provvisorio pianeta al suo accanto nell'acqueo ristagno di cielo riflesso prima dall'invisibile mare inarrivabile il cerchio d'orizzonte sapeva il rosato amaranto del tramonto più avanti poi cupo sanguigno tetro quasi nero le rocce hanno il colore delle ossa ritrovate e le vegetazioni basse hanno appreso quanto il vento scorticando addolcisca reclinandoli i profili qualcosa d'orientale sopravviene nella disproporzione delle notti prime una forma di conchiglia semiaperta e chiara l'ogiva discreta di finestre l'odore del caravanserraglio e delle donne l'odore della paglia i vipistrelli addormentati e oltre ove gravido di sangue il regno dei passaggi avida il tempo e il tempo scade a banderuola pazza così la stagione continua a camminare il corso irrorato dai camion della nettezza urbana e nel mercato l'aria scherza serpando tra i curiosi non saranno i giorni a tutelare il ridacchiare matutino dei corvi né sarà la brevità degli anni a riverire il senso mutilato della storia (dunque il corpo consiglia un piccolo quotidiano ozio un disarmante proseguire nelle vie libere e fatte di un candore di sole quando lo spento entusiasmo si trasforma nell'elegia acuta della compressione ed evocato solo un pudore invita a sostare nella dolce reticenza di una nube le strade insonnate dall'ora amano tali solitudini i passi passi sulla ghiaia friabile e i rovi selvatico il rosmarino e i pini abbacinante il mare s'infoltiva d'onde brune nervose di spume gabbiani grandi incuranti interrogavano le sabbie scure e la terra prima sontuosa sedeva placata in una maestà irregolare il collinare suo profilo proteggeva profonda una calma la quieta vita dei quadri senza imagini 89 i tuoi senza distinzione di voci / viaggio / quartieri dei martiri dovrai munirti di un documento compilato da mani sicure affinché non compaia casuale la morte dunque sia già epitaffio la vita e lascia perdere il calcolo degli astri riordina i fili dello smarrimento tanto rapidamente mutato nell'intento hai tracimato quasi nell'ascolto del dissidio brutale tra le sere e i sensi tra le sere e le notti le lacerazioni tra gli esseri e gli esseri e le cose e le cose e gli esseri voragini le crepe degli intonaci altro sarà al tramonto del tuo assoluto saluto del tuo addio senza dolore mescolato all'impossibile remoto dello spazio si è parlato di viaggio ma sapeva l'insensato di una meta e sapeva piuttosto l'arido colore delle calme piatte il sonno svanirà nell'orda dei sospiri la fronte poserà nel fresco turbamento di una età conclusa la fatica di entrare nei traffici densi il commercio consueto dei corpi totali e giochi inusuali la frizione di cose cavernose guance posate contro sessi molli desideri il colore purissimo dei bianchi occhi dei lupi il lucore fumoso dello stordimento il bulbo grasso di uno strano paese di ponti e travature e tralicci addormentati quanto ai cani scortano distanti la distesa rovina del progresso echi di passi contro assiti vecchi fruscio di braci fuochi sulle soglie così privatamente poste in riva ai fossi i battelli sono tutti affondati gli impianti rivieraschi e i porti nati dismisuratamente fuori la santità è finita poiché domanda una quota di abominio e l'abominio qui è impraticabile mancando pratica del tempo e dello spazio si vive in una inerzia di sostanza in una assoluta inerzia di esistenza 90 la maceria grande lo sguardo semplice sul semplice transennamento / di cemento dove si / accumula il nerume / degli scarichi e le appesantite trappole degli / aracnidi e crisalidi secche e / in basso giallochiari cespuglietti fracidi (qui non abbiamo nulla ponti distrutti strade distrutte uomini distrutti e cose cose come / uomini uomini come / pietre quartieri soggiacenti agli embarghi e ancora prostituzioni resesi necessarie e / silenzi tra le poche rarissime voci vie senza cigli allineate male a casamenti agli indistinti fuori sotto / i campi ridotti a procedure rapide di buio il buio l'infantile / buio sotto ancora le costellazioni / appena nascenti dal dispiegamento del dispositivo / dei fari le gru spossessano i territori delle già spossessate / superfici gravandole dei carchi abnormi di / vaste unità di / costruzioni / operazioni di occupazione spianamento radicamento attinta l'acqua da bacili di latta donne lavano le grandi labbra penetrando con le dita nelle cavità talune si denudano ridendo qualcuna sputa nei diverbi sotto nuova luna altro si disbriga in una fretta burocratica il conto dei guadagni delle notti spettacoli già visti pregressi reiterati poi piove sopra le ridotte mensole sporgenti da rancidi muri tagliati dai protocolli del periodo l'eterno tempo metodico e lo storno / ci si abitua a i glabri volti stranieri a gli scuri volti stranieri all'incrociarsi diatonico delle favelle / e tu fatata isola dei vivi hai preso a sprofondare nelle brume livide della predazione (in dieci giorni la barba cresce inesorabilmente rossiccia e bianca misura dello stesso evolversi del corpo i capelli cadono eccessivamente esposti alla ventura degli elementi / cielo solo di fumo passi rari dei deambulatori neppure a sfiorare le presenza altrui (dominavo dall'alto la vastissima desolazione affioranti abbondanti sabbie torte in scialli e sentieri aduggianti inerti dopo nelle malte nelle fanghe mote fino a dove cadevano le ripe (i crolli dei muri hanno offerto alle vele dell'est nuove rotte alle nuove tribù nelle cerche di cerche disperate nei distretti centrali cresce la lacerazione dunque le speranze timide di paci durature frangono astratte onde su i litorali della antica durezza) pesante la notte si appoggia alle grucce dei lampioni curvandone le schiene indolenti fino alle aiuole circolari dentro il terriccio e le schegge di cemento molto ricorre e nulla pare nuovo nei deserti spianati dalle ruspe travature ponteggi cumulati inerti camminamenti passerelle esseri inebetiti nel cratere oltre il punto di raccolta dei piccoli ritratti in foto allineati sorde operatività 91 il turistico protendersi degli obbiettivi non corrode l'eternante silenzio l'emaciato oramai annoso silenziamento divorato dai corpi delle cose tutte e sprigionato in una inchiesta muta alle pareti tutte ai franati ricoveri e alle terebranti gallerie verso i contorni degli altri quartieri l'allargamento spasmodico dello spazio convoca solo onde travolgenti d'aria masse sul perduto trionfo della distruzione [dovremo forse davvero liberarci dal tempo del tempo liberarci dai grovigli dei sentori tu eri e io dopo di te probabilmente siamo nella fuga delle cose verso il ventoso indefinito il nulla ma risospinti a riva cerchiamo qualcosa come i nomi de i piccoli sassi uno a uno per ciascuno diverso e poi nel tentativo di archiviarli presto dimenticati e messi via o tutto già terminato siamo sempre in un crepuscolo e sarà più tardi il calore della brace rigogliosa a sfiorare il dubbio del dove ci si trovi [ti hanno iniettato il bacillo del tempo da allora hai avuto paura del tempo del tempo della sua malattia della paura errabonda nei musei devastati depredati e di una unica notte artatamente colma dei gesti delle folle hai ceduto da allora alle voci dell'altro domani ma cauto e cautamente mai del tutto convinto dai martìri e dalle oscene canzoni] eppure siamo passati passati sopra i sussultanti camminamenti di metallo sopra i tralicci distesi sopra i fianchi sulle ulteriori voragini io fui laggiù sovra le volte gregge e le risultanti di alti crolli e delle cerimonie di ripulitura io fui e fui come tutti passati (passati) paratie bigiotterie di un umano operare (tali clinami e le statiche industriose del clima riconducono alla stanza la perversa magia di una descrizione pieghette nei foglietti iscurimenti sopra le pareti / rasentavi un tempo i bordi oltre cui sopiva l'avidità del buio e avevano le scale proposizioni strette e luminosamente tenebrose cariche del lievito di un gioco da dove poi sorgeva il mondo in eccedenza / eppure là crescevano i contatti / frequenti / tra i corpi / creavano diffidenze poiché nel glabro delle dita è il mostruoso la rapace vorace voluttà cavi di acciaio petali di plastica / i visitatori si sparpagliano in un formicolio bianco nero e bianco talemente si scompone un omaggio narrativo [non farà più freddo i cavalli dei geli hanno imparato un difficile ambio ci abitueremo alla penuria e alla abbondanza la intensità del pericolo una ansia diffusa il terrore ramificato implodono nelle comuni faccende nelle gestazioni delle vite prospetticamente non potrete abbandonare la città sotto un improvvido cupore del sud / il sole splende sulle alture smagliante 92 affatto ma dolorosamente sicuro del volgersi in questa tarda rottura dei patti nell'abuso esistenziale delle cose perpetuamente smosse rievocate perpetuamente e aduse / il sole splende opaco sopra le alture di qua l'illusione della attesa di là già la sera e il profumo copioso del pane dei poveri [ora ha luogo l'inimmaginabile e ha luogo il trasferibile della consumazione è della vita di allora il tacitamento quasi solenne della bellezza le torri emanano corpose nubi dirette verso l'orizzonte piatto visto come è dalle ali di un aereo tutto si è compiuto e non si va più soli sotto la notte sopra il sentiero senza traccia e sbordato (in forma di saggio sic si deve guardare a quella terra come a uno dei rari luoghi di definita felicità rapidamente cancellata dall'odio sempre attivo rispetto alla felicità l'azzittimento violento di cabestanh è stato l'annientamento della felicità forse soggiacente forse sovrastante essa rimane però nel profilo perloso della lunga montagna la sua linea indagata dal recente maestro quale illusione ancora coltivare la questione risiede nel proprio tramonto ma agire si fa necessario 93 traversammo forse forse subimmo l'immutabile silenzio di rovine furti dentro all'autobus bottiglie prestate a altre labbra indirizzi di stanchezze false documenti dove male nascondevano sé le identità turisti di occasione viaggiatori casuali posti di blocco tasche svuotate dei previsti danari alla occorrenza chiamasi disbrigo burocratico chiamasi anche taglieggiamento ricatto borseggio altro qualcuno rimane accanto a fari violentemente proiettati contro i corpi le braccia sollevate ventri denudati volti denudati membra intirizzite dal ricorrente alito di sedicenti inchieste traversammo forse forse subimmo il peso irreversibile delle rovine gli squarci di cielo tra foreste sopra dove volavano in gruppo le cicogne l'oscurità svelata una mattina in fila a coglier acqua alla fontana e dopo ancora in via senza memoria il prima appena stato senza futuro i dopo già arretrati dentro alla ascella sudata di una notte successiva lo spiazzo picchiettato e una nuda maestà svelata tra le cosce la magrezza contro il muro nudo sopra il gradino di seduta liscio il volto della giovane sfatato a dismisura di là da i monti dopo i grandi bivi giunse acutissimo il senso delle coste e già persa si era ogni possibile materia di pensiero e corpo quando la corsa condusse a un ristoro di tiepide sorgive dai fondali a te (complemento di termine o dativo) io (soggetto nominativo) diedi è un predicato verbale (a tre argomenti come pare) estratta dal pacchetto (azione precedente nel tempo ma subordinata e complemento di estrazione estradizione la stessa scelta per necessità) una abusiva sigaretta (complemento diretto più attributo accusativo) l'ultima è predicazione della sigaretta storpiata dallo storpio risiedere nella gruccia della fortuna nel rischio intutelato di altre ruberie tu stesso (te medesimo) coinvolto in una azione dubbia vagando e sorridendo eri sfumato dentro alla mescita dentro a altre grida il quale (relativo improprio senza appiglio sostituente sì e no di nessuno) si disse spiaciuto di non potere (di che cosa) di non potere condurre l'autobus un po' più in là (complemento di luogo vietato la concessiva vietata dai visti invalidati ma non validi al fine di quel passo giocoforza si entrava nell'attrattivo tronco della disperazione nel susurrato perduto vocativo (invocativo) nelle condizionali sfumature eppure eri tu già nei quartieri già giunto e quella sarebbe stata la fine (predicata) dell'atlante (specificazione) cosa per cosa per cosa una cosa o nulla 94 il fiume sotto i piedi l'acqua poderosa del confine di qua i vivi di là di là i morti o forse viceversa (o forse udisti la presenza del padre richiamato dalle troppe lontananze dove aveva giovane amato l'amaro modo delle prigionie correzioni postume (le si definisca descrizioni) affastella differenze in un unico piatto omaggio alla sofferenza là dove fiori erano germogliati a lato delle fosse ove (locativo) deponevano (indicatore di azione) corpi (passività senza qualifica) per sempre (temporalità indefinita) [oggi è lunedì ma è come fosse venerdì e venerdì è un sabato anticipato dopo si festeggerà il punto mediano della settimana il punto mediano della tua nuova età] mentre le spose vagano per cortili chiusi in compagnia di cani bianchi e muti con la saggezza agostana addosso al piede rimanevi coricato in cerca di energia e sai l'inverno dei torpori la malta dolce delle statuine hai monetizzato la povertà costruendo cornici di paglia (per chi per chi dimmelo per chi per la avidità necessaria siamo tutti così instancabilmente avidi di tutto) paralumi nappe passamaneria bottiglie bottoni di falsa madreperla generi di prima necessità farina latte sigarette veleno in polvere acqua spugne saponi pasta varia pane tecnologie funzionanti ancora chitarrine carte da gioco abiti smessi non tanto però un completo per la sopravvivenza temperini accendino torcia e lanterna pazienza aggressività una lingua franca capace negli inganni e protettrice questo (dimostrativo indessicale deittico forse scivolante) questo (diventa impervio poco a poco nella ripetizione) questo (e poi la smetti di tentarmi ancora) questo (pronunciato in un sospiro di opacità) cosa vuoi di un tutto o di una parte sola solo una parte neppure la migliore (ora non posso a meno che del sangue tu te ne infischi come dei partiti e tu disciolto dal manto fetido del viola dei lampioni sei ricomparso in mezzo a altre vite (nidifica vergogna nella ipocrisia latenza pure di un taciuto desiderio e in altri chiaro e senza indugio attuato si fa quel che si può per sopravvivere si accumula ricchezza all'improvviso solo se annusi quanto per altri è schifo ) vendere armi a quattro mani camminare stabilendo i prezzi col dolore dei polpacci nei sentieri l'impervia durezza degli accordi (guardami le spalle io guarderò le tue) nessuna meraviglia convenienza conveniente a ambedue e paga paga poi riscuoti senza il tremore della compassione 95 chi acquista e non ha soldi ha già acquistato ora chiedine parte del suo fiato intanto ripristina esercizi di memoria l'insieme del margine - il guadagno tiene la vita ai suoli vincolata e viva [ma già è vita morta questa qui nelle secche parabole dei conti fatti a mente ho voltato le spalle alla bellezza senza un vero lo ammetto dolore ho acquistato licenza di vendere corpi (brutalizzati dovuti farciti tatuati cercati denudati) ci si abitua a guardare in faccia negli occhi le cose con gli occhi vuoti implorano solo perché incapaci di non essere vittime io primo acquistato poi venduto non esiste l'inferno messinscena il paradiso transitiamo sopra i territori dai territori alla metafisica non rinuncio più a nulla in questo modo e credimi umano assolutamente totalemente umano (anni senza pervertimento anni leggeri di sconsideratezza chi siamo ci stiamo dunque realmente costruendo solo adesso in questo modo così creduto inappartenente al corpo dove siamo l'elevato piacere della conta brucia tutte le residue ricevute prestampate da una etica in nero del mestiere il danaro è sempre pulito (fissare il costo di ogni singola parte del corpo il quale è tutto vendibile e venale e spendibile e ritoccabile accomodabile migliorabile) sui quadranti digitali i minuti si sottraggono ai minuti le ore alle ore immotamente un pianto di neonato inaridisce il mattino avevi assistito al corso crescente della luna dietro il fogliame semitrasparente quasi irretita per effetto di false vicinanze dietro falò i seminudi danzavano percussioni e sudari tu hai coitato alla maniera animale guardando fisso a lato forse la tua fine il mondo e l'anima di fango la confusione estrema degli esordi prende allora a montare il principio della corruzione per influsso degli agenti atmosferici 96 dunque indugio nel mio indugio di occhi aggrovigliati ancora a investigare un punto di sutura con l'insieme oltre il debole limite protettore dell'epidermide oltre il fragile apparire dei pori le foreste sono / state abbattute affinché più puro fosse il controllo della regione penetrata come / me dai secchi oggetti / escavatori divaricatori investigatori prima un buco dopo l'altro buco / purezza più pura della purezza purezza più pura del puro del puro terrore dell'orrore puro nella pura desolazione recata accanto dal casuale approvvigionamento del crepuscolo sciolgo sulle labbra il veleno ancora a dismisura balsamo di un sonno indefinito acquistato nei mercati segreti della rassegnazione nel punto fisso dell'universo immobile [oziose ore dei branchi in sosta oziose ore delle tessiture ore oziose di atti di raccolta uggiolano i cani cacciati via di forza] nell'alba della nostra provenienza era l'innesto di un riso di stupore presto poi si giacque nell'involucro di pietra dove i rettili nutrono il cuore rotolio di fossili nel lamellare sfaldamento quanto del pulviscolo generato divenga creatura se il parziale corrisponda a una triade se gli eventi sorridano nel tempo dei quartieri (in epoche di epilessia sociale i rifiuti vengono raccolti a comporre opere di grande effimera stabilità) capitati in ambienti simili accovacciati prima o poi ve ne andrete colti dalla indifferenza altri commentari alle tappe saranno participi di procedure analitiche proprie delle discipline - tempi modalità pausazioni ove l'attività sia fattiva pressoché febbrile a dispetto delle apparenze gli animali vagano nella regolarità della cerca (dove tu vai essi vanno timorosi se non prima sei passato) stai nella albale immobilità della nube blu sotto lo zenit del sud il rigore è nella meditazione 97 territori dello smarrimento / il gorgo / lo storico ((dimmi se siamo memoria di qualcuno)) il supporto della notte è ancora nell'imperdonabile blu muschioso del sud campanili lontani guglie di sabbia oltre i profili dei luoghi vallonati tutto ruota attorno in un raggio centrifugo lentissimo è così stanca la vita in quelle sedi così stanca colma di vuotezza come potrai dunque andartene dove i campi hanno perso lo smalto e pacati amano crepuscolari cromature degli autunni di poi e la precipitazione delle cose leggerette in una scempia rovina di caduta non sai come comporre elenchi dove stipati gli oggetti riposano in stanze senza sole in collezioni di strane analogie come potrai rievocare la estranea serenità di collezioni disparate negli alberghi protetti dalle griglie accumuli vietati alla tua logica esule al tuo esule coma di reazione barattoli pannelli cornici e scatolette le prospicenti erbe contro sfondi azzurri / rassegne in materiali di declino / quote di sorveglianze indecifrabili / foglie abnormi imputridite sotto i cellophanes / la convulsione snervante del vento l'odore rancido dolciastro de i rifiuti stati lì / la melma verde attorno alla bottiglia / la stessa proiezione delle acque in un sito di violenza l'effetto seducente delle rive sirene et coetera (sic) (sei inadatto a tali descrizioni un timido oggetto di penuria senza frasi di esordio effetto senza conseguenza - dunque ora sai di non avere casa o lucido perimetro per le tue vuote azioni / narrami se puoi del sonno delle cose il cuore catturato dalla strada il cuore stanco il battito sciancato la pulsazione debole dei muscoli / quanto poi accade dopo la svolta netta è un vattene gridato dal verso atroce delle bestie chiuse) 98 l'alto valore del mattino alimentava il tono delle facciate sfiorandole di un denso leggero sperdimento un colore delle arance mature e nei giardini nuovamente illusi sotto il cianotico torpore della nube i fioretti aprivano alle rugiade seni proni e ricettivi e illesi sostava dentro il corpo un resto monca forma perplessa qualcosa di simile a un riferimento disancorato perso nelle ardue pose di una definizione l'alto valore il perimetro ampio l'ampio campione del giorno si è poi scosso di dosso l'intensione spremuta sopra le cose tutte e sopra il lago nero della notte il nero imporsi delle nere voci (mi duole un piede ho un'unghia nera sono scalzo silenzioso sono stanco delle mie aporie mi adagio allungandomi sul letto lascio vagare la cosa di me) la nebbia recava con sé imagini d'acque marine fiotti bassi moti ripetuti senza scansione solo modulati da un velluto di sfondo in madreperla ma pigra passiva scorreva sciogliendo delegando ogni dolore del prima in transeunti ineffabili felicità lo sbandieramento indolente delle foglie trasferite nell'apparente danno delle brume prese forma di un basso farfuglìo le alte regioni di prima furono il luogo di quell'io poi nella fase di inerte annullamento il farfuglìo compose una parola non so se fosse il varco e la sua fine confusa libertà da altre volizioni (tutto qui ripeteva la guida barca verrà nell'ora impensata vigilatene le fasi dei suoi guadi maligno eppure il sonno ci rapì) [forse benché miti realemente essi fanno paura poiché miti non temono nulla e se lo sguardo conducono intorno la serena espressione del volto fa male conoscono il semplice declino l'arte della sottrazione rigorosa l'esaltazione ruvida del prima il claudicante non recente stato] quasi tatto d'animale poi fuggito accennò i corpi per la riva nuova si comprese di avere dormito - la guida sorrideva l'ineffabile smorfia lungo il viso largo 99 [come le foglie al tempo degli autunni trascinate dal vento dell'addio movevamo in truppa vorticando sulla brughiera solitaria e stenta né alba né tramonto non plaga meridiana quanto il tempo gravasse su di noi lo sapeva la fatica sulle fronti sopra il limite grande delle acque aperte un'ala carogna sventolava tra gli ostinati becchi degli uccelli colore di lavagna già là le intravedute malte tra i boschi e il tenace sottobosco trascinava l'amore per le sabbie quasi sbocciasse in un giardino educato il senso primitivo del fiore il suo spontaneamente articolarsi in uno stile il resto una sequenza mitemente cresceva dominante il silenzio avvolgeva l'acuto della cosa contro cosa metallo contro legno l'ululio feroce dei guardiani leggieri sulle foglie de i recinti taniche barattoli specchi ciechi di acque incorniciate l'azzurro candore dei gabbiani proteso sopra gli ozi galleggianti più in là certo non molto il vortice discreto nello scroscio invisibile tonico sereno travolgente lo sguardo ai gridi di civette e agli orti al fiato rovinoso di mobìlii ammonticchiati quasi si fosse nel tempo del futuro l'antico rosso dei sarmenti gli infantili verdi giubilanti le palificazioni aggrovigliate e nere il folto pelo della distanza viola domando ancora se si improntasse il passo sopra l'orma adesso scancellata di qualcuno già prima intervenuto a interrogare il romore delle cose dentro alla araldica arcaica dell'informe tornarono le antiche paure contro il vento ambiguo della accoglienza pura e il corpo posai nella sua culla stanco implorando almeno un poco d'ozio 100 meduse di nebbia allungavano filamenti della intensa vita loro nel gesto indicatore sciabordio forse riflusso pianto vasto lamento di prime adorazioni al pascolo notturno delle pleiadi là nel caos il calmo caos dell'essere non essere traspariva il grande gorgo appena dallo opaco respiro dei vapori inerme splendido fumoso nel dramma irrisorio dei vortici quello era il fiotto il largo movimento dei clinami un incedere molle in intervallo e danza e suasiva / l'essudazione spariva a contatto di tanto velamento e il corpo / gravitava nelle orbite della pacificazione ascendendo all'iniziale / profondità di una foresta rada e folta un femminile adescamento / di voce trasvolante nelle sinuose foglie il vanto di un / ammanco saliva dall'apice felice di un nulla offerto / quanto tempo è trascorso quanto tempo (forse sarà la tua nuova stazione dove senza preghiere si è aperto il sentiero di una attesa devota di una visita nel cuore dei tuoi antichi sedimenti non c'è memoria e nemmeno ritorno qui si placa il tormento degli stormi e del riflesso si annulla il fermento ora sei nel paese della sera allungato nei fedeli ripostigli le cose arrugginite dimenticate e chiete dimenticate formalmente e fuori d'uso) non so io non so è così strano e qui in un alone terso colmo di foschia 101 (:) qui si risolve il tragitto più antico dei bracci nodosi dei corsi e prosciugato i luoghi recano toponomastiche strane all'oggi ai più cosa un gorgo dove schivi si allungano i campi dove ristagni la sacca o la fossa sprofondi e cosa sia l'isola cercata si perde negli occhi di chi non ha sguardo ora questa terra la dicono buona solo per le discariche non dà niente dicono io so nessuna terra desolata è desolata quanto vive invisibile e nascosto cerca raramente spazi folgorati voi avete ancora illusioni ancora tessete le voci quando il mondo di nuovo ha compiuto sbandando un altro salto sul piede caprino (ad esempio il monastero si comportò alla maniera di una potenza locale fu una potenza locale reggimentando bonificando sfruttando pregando si potrebbe e non tanto idealmente parlare del compimento concreto di un pensiero trascendente il male dell'uomo nell'uomo per l'uomo non esiste situazione non estranea all'oggi differente solo nella quantità il metallo dei giorni riposa sopra le mensole accanto ai documenti il corpo del monastero riposa nelle brivide nebbie iernali nelle esuli cicale delle estati la chiamano terra dei morti variazione di terra dei presunti 102 (:) mi addormento sul mio corpo mentre cammino tra i resti di un evo liberato dai confini conflittuali delle date la casa dei condottieri le torri delle polveri l'amigdala casuale nel petroso crinale trasferendo alla filolologia degli istinti il cieco tatto della storia (:) nessuna epoca è decadente non c'è decadenza ma tensione sola una tensione ora attiva ora passiva ora isolata in una violenza cieca smisurata e si fa per un frammento di era una pace discorde un timbro maculato di pericolo suono dolcissimo delle vite altrui si è così dispersi senza appiglio procurati a false certezze angosciati nella fede impotenti nelle disgrazie insensibilmente felici nell'odio e nella ferocia così nel si si sciolgono le sempre deboli barriere degli io nominali sulle arenarie appoggiate ai recinti è il magnete scomposto dell'impersonale dopo la pioggia dopo il timido temporale un sole sudaticcio si solleva nelle bianche mòlte dei vapori gravi confabulii piuttosto e quanto è vano e molto è vano e ampio e lancinante se si crede a un conto delle eredità quale terra cercate neppure nel non luogo si vive poi forse però forse esistiamo per conservare 103 hph la tenda la torre il muro (non siete fatti né per la luce né per la tenebra e il pensiero non vi appartiene esso può solo penetrare in voi si continui a considerare il pensiero come quanto di più estraneo lontano esista per l'uomo per il quale quando ne sia invaso diviene sofferenza atroce al punto da indurre a fuggire verso una strategia del vivere puro il pensiero è un oggetto scomodo ospitato dolorosamente dal corpo e senza neppure sapere come accada il pensiero fa aumentare il dolore acuisce abnormemente le passioni fino a farle sprofondare e dilania e dilacera e annulla e tutto travolge il turbine della memoria che dimentica essere dentro al pensiero è essere dentro alla consumazione totale dell'essere siete costantemente e costantemente siete dentro la verità la quale è e è nella cosa nella quale la cecità la vostra cecità si appoggia con l'ingiustizia involontaria del balbettio e della chiacchiera e nulla se non a latere un perpetuo deviante commento la verità è alla portata di tutti - di tutti - è proprio alla portata di tutti ma tutti non la colgono poiché essa risveglia e il risveglio è nel giorno luminosissimo abbagliante accecante nella più completa solitudine non volere o piuttosto non potere capire non potere entrare in contatto con le cose essere sempre sciolti dalle cose sciolte nel loro silenzio blasfemo dal blasfemo intruglio del loro situarsi di fronte a lato e contro non potere avere pietà non poterla avere non sapendone nulla si potrebbe aggiungere le parole sono estranee alla pari del pensiero esse non appartengono all'uomo il quale però può impossessarsene esse per questo sono malvagie nella disponibilità a non sottrarsi a lasciarsi dunque catturare ma non addomesticare l'uomo le cattura ma rarissimamente le può addomesticare e allora le usa a vanvera (tutti eventi fluttuanti quasi invisibili e piuttosto impercettibili ma sfiorabili e sottilmente alieni) [la vera allegoria comporta uno sviluppo di lucore senza ombre un conduttore margine verso l'a lato oltre il muro dove si gettano i rifiuti l'alito umido di un sacchetto di plastica il terrore di una disciplina bluastra finitudine di schermi funzionanti stanzette sopra i miseri neri mucchi di neve gelata 104 (l'opera benché non finita proprio perché non finita è già l'opera possiede immediata consistenza nella forma che è il destino stesso l'opera non finita è il destino dispiegato nella composizione dell'opera (noi siamo o non siamo potrebbe essere indifferente la carica di un magnete il blocco di una pulsazione benché minima benché mitica o magica) tracimato nell'ascolto della indeducibile morte personale il cielo semina nel gesto stormi di presagi la seminvisibile luna solleva le terre] la storia non è il tempo e nemmeno l'evoluzione esse sono una successione il tempo è uno stato (a.tarkovskij pagina 55) il tempo si potrebbe ribadire è la sensibilità allo scarto tra l'organismo / che invecchia / e la mente / stupita spesso dalla fisica dell'invecchiamento / il tempo è l'altra faccia dell'ignoto cioè lo spazio ovvero l'illusione del possesso l'illusione della stabilità l'illusione infine dello sguardo la disposizione degli oggetti è la misura di una illusorietà dissoluta e di una certezza decadente decrepita alle quali si tenta di porre rimedio attraverso una desensibilizzazione falsamente matematica ad essa il compito di privare di dolore la sistematica fragilità dello sguardo la sua cronica debolezza (nel porre una serie di limiti la comunità costruisce la tradizione sulla quale gli appartenenti alla comunità possono riconoscere se stessi ovvero la propria vita come avente un senso dentro a una comune memoria garantita dal gruppo) nel prolungamento estremo delle ombre la natura si è fatta silenziosa 105 figurine accanto alla cucina dell'inverno un bavaglio sporco del vecchio latte dell'oggi (nei sogni la madre è più giovane di quanto mai tu l'abbia conosciuta giovane coi boccoli neri ignara del tempo della vita e la tua debolezza si evidenzia nel bisogno di altrui garanzie) il bacile raccoglie residui fecali anche una mosca fa compagnia i fioretti si aprono al fracido untuoso della aurora bigio diafano un sole semitrasparente statica meditativo trascorso dalle nubi foglie altovaganti i corvi incrociano duri nelle sfere l'assentarsi domenicale degli uomini storpia la solitudine dei luoghi i quali esercitati restano a contare residenze delle cose scartate inutili ora tracce di una operazione in fretta messa via cuccioli umani inferociti abbaicchiano alle apparenze inermi delle voci sfoggiano atteggiamenti adulterati adulterando i tempi delle crescite (in forma di saggio - tecnicamente un tale ribaltamento degli istinti significa priorità della morte sulla vita tecnologicamente e politicamente annullamento delle individualità) il freddo restituisce corpo al corpo nei sonni travagliosi dopo lunghe veglie ritornano presenze dei tuoi passati ovunque ombre di ombre i volti muti di un inconsapevolmente tutelato vecchi ancora giovani i morti ancora vivi e il divenire un dubbio nei sonni travagliosi del prealba subentra il nodo della ripetizione forse della eternità con gli occhi spalancati ritrovi difficili equilibri del matutino insorgere dell'essere dell'ora [in questi mesi al solito sei un poco più stanco risenti dei cambiamenti stagionali delle lucide carni degli inverni essi hanno creduto di annullarti inevitabilmente ti hanno approvvigionato gli uomini temono spesso chi non è da temere e li ama sonnecchiosamente astenendosi da ogni violenza] nei giorni di sole le spaziature tessono nelle ombre nane il tragitto del pianeta più su la città bianca e quella nera il fiume stanco adesso e la mia riva nuda [solo una guerra pare potrebbe aiutare a sollevare questioni di dignità e ignoranza doloroso è un tale auspicio estremo fiducia nella estrema distruzione] digita sui sillabari piccoli sgorbi da infantili invenzioni nei tempi delle scuole e dei cortili dei giochi separati dalle reti e nelle smemorate proporzioni e i gridi [ti ho detto di una possibilità sotterranea o semplicemente ridotta all'essenziale una scuola di eletti per necessità dove non sia meraviglia la viva allegoria della tua opera il respiro vivo nel cuore dilatato di un accordo] 106 [come mai dobbiamo andare verso il peggio io obiettavo la mia gratitudine forse paradossale per l'epoca nuda per questa era senza tempo o spessore e piatta dove le icone si spostano libere sopra i neutri schermi della visibilità nulla pare accada faticosamente e non esiste distinzione tra la morte e la vita mi ha detto (riascoltavo la voce di auden) mi ha detto il nemico è dentro noi dovremmo rivolgere le armi contro noi se davvero fossimo corretti ma ancora un barlume di cecità avvolge la mente allora si continua a cercare un obiettivo un bersaglio possibile un recensito pericolo una fede affinché il nemico sia manifesto nella drammatica prefazione di un corpo da ciò l'idea di guerra preventiva o un suicidio progettato come strage] piccola mia ora rammento il tuo pianto quando seduta al tavolo della cena tra piatti e i residui di pane e come tu amassi raccogliere col pane l'aceto e l'olio del condimento della madre piangevi e lamentavi quanto a mia volta io opponessi alla speranza tua la malvagità di un mondo questo senza nulla protestavi salvare allora nel tentativo di consolarti provavo a descriverti il lavoro svolto nel pensiero e nell'atto come adesso nella tenda qui misuro il mondo in modo più evidente il mio il tuo o di nessuno alla ricerca di un barlume di salvezza occorre una dose sconfinata di sincerità ma tu sei una lucertolina smarrita nei terreni degli umani e gli umani hanno stranamente paura della tua paura scambiano le tue fughe disorientate per volontà di invasione nei loro territori cercano di catturarti non sanno usare la mano pietosa di chi indica induce o raccoglie e tu rischi di soccombere alla loro cieca profana violenza non cattiva ma ottusa vorrei adesso poterti asciugare le lacrime col polpastrello di una gioia improvvisa ma la distanza e il resto costringono a una lettera spero prima o poi a te recapitata come sono i tuoi capelli quanto ha agito il tempo su di te e io chi ero per provocarti il pianto sono entrato nella tua vita fuori da ogni previsione e vincolo mi hai accolto senza opposizione dunque dovrei chiederti scusa oppure chiudere i conti esponendo quanto agisco negli impalpabili modi della tua impalpabile curiosità la natura impermeabile della tenda assorbe la permeabile natura del terreno oggi è smagliante oggi è una limpidezza finalmente invernale la temperatura si è abbassata si è entrati dopo il taglio delle bufere in una fase diversa vorrei rilasciarmi per un poco non essere nulla di quanto sono stato difficile tracimare da sé in un bacino dove decantarsi e liberarsi dalle scorie di una non voluta ma fatale confusione (benché si sia lavorato per la chiarezza e per la comprensione) sospendere la tensione della bilancia fletta 107 tra bene e male individuare piuttosto la nuda epoca nella quale si vive poco alla volta la tenda impone una distesa serenità la quale sovrasta momenti frequenti di scoramento qui mi è indifferente l'assenza fuori dei luoghi dove condursi liberamente qui nella tenda anzi ho individuato dove passeggiare dove studiare dove riposare il dentro è diventato uno spazio prezioso esperienza e disciplina della essenzialità [ diceva non esco oramai da quanto non so parlo col muro quale distorsione nel volere insistere sulla ferita aperta da un raggio apertosi un varco nella folta volta del viale della infanzia ora la meta conduce ad altri cuori ora il mio pianto di allora si sospende ] non mi occupo di felicità cerco di viverla in fasi nelle quali mi visita la luce somma di una cobla o la radice atemporale dell'enigma che siamo perdersi nella chiacchiera è vanità vanità indurre significato a una non compresa parola negarsi alla questione e questo è il mio lascito alla tua paura non ricetta o placebo (altri lavorano in silenzio nel sacro silenzio delle stanze vuote di ammennicoli solo in parte occupate dall'ordine bianco della strumentazione brusiante il clicchettio dei pulsanti si è attutito l'esecuzione si assimila sempre più a uno scivolamento fluidissimo affinché per contrasto ogni altro rumore apra alla presenza straniera non gradita non è una impressione la paura è aumentata la dose complessiva di paura nel e del gruppo diminuito dunque il senso di protezione e sicurezza la comunità è alterata si sente quasi senza soluzione di continuità dentro al rischio paradossalmente la prigione mi salva così localizzato e precisato e annullato quanto alle mie parole esse non hanno altro senso rispetto al loro disporsi nel mio essere senza tramite alcuno sono ciò che dico altro non aggiungo) 108 la nebbia cola tra le leguminose tetraggini degli uomini nei bruni terricci sanguigni tra viti oltraggiate quando le stuporose follie dei settentrioni annegano in quinte di cobalto oltre il finto finito degli slarghi la nebbia cola nei colli nudi delle donne ferme scivolando nei seni in un sudore ansioso fino ai ventri immoti e serenissimi in un tremore stranamente afoso sotto il tetto panciuto della tenda la luna conduce il pensiero al mai visto taishan e cabestanh giunge alla memoria col soffio melancolico del capoverso primo la cupezza è un modo del disincanto un modo di approccio con una certa mano muschiosa al mondo ora è il freddo a illividire le membra come mai avresti creduto nei tuoi anni di forza quando il primo passo aveva non il sapore caduco dei cachi del tardo novembre [ti prego se puoi se ti sarà permesso fammi avere i libri che già sai non sono un erudito i libri giocano il ruolo di predei preparano la strada e intanto attendo quando i picchi di sole scancellano istantanei le ombre delle cose nelle piccole tavole dei cosiddetti maestri primitivi i santi escono volando dalle bifore molto dei commenti appartiene all'errore] 109 gli antichi vulcani sopivano i profili dentro alle emanazioni dai crateri spenti per linee flessuose designavano la morbida tonalità di un molto largo riposo giungendo alle presenze ancora un po' stordite degli esseri nell'umida stazione ai piazzali maculati agli odori intensificati dal rigurgito di fine della pioggia nel portare alle labbra la sintetica sostanza dei bicchieri la burrosa materia del croissant gli esseri ritrovavano un momento di origine forse anche la sua stessa inconvulsa generazione e io seduto sul lucido legno della vasca grande per le piante e i fiori era nel centro di rifocillamento essere tra esseri stordito essere tra esseri a guardare suole di scarpe volti arruffati pose e gambe mosse dalla usura cenni di amore opprimende andature aspirata dallo spazio architettonico marcatamente aperto l'aria fredda penetrava le veicolazioni dei corridoi urtava giacche a vento / cappotti / velluti / loden / lane / tute / cotoni / guance / unghie / polpacci / capelli dovrai risolutamente dopo la sacra defecazione del risveglio - così ascoltavo chi era con me tra innumeri favelle smozzicate masticciate - lacerare una parte del luogo circostante entrare nel complessivo disordine ci sarà una guerra troppi i segnali ci sarà tra loro tra loro e gli altri io mi chiamo fuori io non ho colpe se non la disdicevole capacità di prevedere quanto già possiede una evidenza netta sempre difficili le ripartenze dopo gli ovili ove si è trascinata la stimmata di una indefinita proiezione - controllo dei soldi documento di lavoro carta di credito rivolta a maschere di cortesia quando si chieda un lunghissimo caffé per una altrettanto lunga dipartita si deve per necessità accettare una stasi dove la umanità compare complessivamente buona e intanto buttare lo sguardo al seducente esoterismo dei vulcani spenti trarre informazioni da occhi verdi e gentili di colei che oltre il banco di mescita virtuosamente offre la salute di un ristoro breve e matutino lo sguardo nel tuo sguardo un abito strano di pacificazione forse la ragione di un amore senza luogo una provenza ancora sconfinata in apparenza qui forse per effetto del territorio avvolto da una leonardesca tonalità di foschia si conosce il lato pietoso di una umanità inerme 110 debolissima disposta a comprensioni impossibili altrimenti (dopo il ritorno tutto sarà quasi scomparso ma tu non vuoi perdite consimili nulla di adulterato nella franca rassegnazione di espressioni concordi né il si chiede programmi per le ore venture per le successive mete la benefica neutralità dell'area confortevole e colma di accoglienza coi piazzali battuti dall'eco delle foreste azzurrite l'irregolarità nella quale ti ascolti produrre qualcosa di simile a una relazione l'incapacità stessa di ordinarti in una retorica del volgersi e piuttosto in una continuità spezzata conducono meditazioni intorno alla qualità del canto [cara amica in fatto di intensità anche di comprensione vorrei soffermarmi un momento sulla natura della allegoria ovvero nello specifico sulla natura stessa della vita della mia vita dentro a questa tenda nella quale la tenda e io promossi a oggetto da un si cosiddetto impersonale potremmo nella cornice di distanza superare l'umano dato e fissare il divenire in essere in forma proprio di una allegoria mi pare opportuno riferirti tale considerazione al fine di obiettare almeno un poco alle forzose erudite letture proposte da scuole del sospetto e del segreto e a te a te sola dichiarare un pensiero la retorica segue le figure le figure appartengono alla vita in tale prospettiva la poesia diventa oltre un certo limite non penetrabile se non dalla sensibilità con affetto da un provenzale in esilio] [p.s. cara amica la poesia è perseguibile in qualche modo nello specifico ignorandone l'esistenza] prolungantisi in dolcissima marea i vulcani conoscono la maturazione stessa della terra quanto alla unicità dell'individuo di ogni individuo non si comprende nulla del destino della sapienza della umanità la vita nei paesi là appare molto meno abusiva diciamo pure vivibile per via dei colloquiali bar dove gente scommette sui cavalli vivibilità vale a dire accettabilità del corso della esistenza dunque anche della sua conclusione è un'impressione da passaggio rapido oppure nulla nulla nei tuoi silenzi nei miei intervalli l'estate scorsa hai pensato a tuo padre all'emblema della anziana sofferenza e adesso per lettera dichiari difficile ammetterne l'assenza consiglio di trovare una terra come anch'io sto tentando col poco di risorse 111 ma bastevoli certo se si accettano lavori occasionali e ci si ferma se qualcuno chiede manovalanze umìli come altrove scrissi non credendo quasi a simili realtà il tardo autunno - quest'anno il caldo si rifugia nella carne piena di un magnifico novembre - e l'inverno istesso favoriscono il mio pensiero mi covo nella oscurità ti abbraccio e se a presto non so [quanto tempo occorre per acquartierarsi quanto per distribuire nel piccolo spazio unità di vita ridotta al minimo cambi di biancheria calzini abiti propriamente detti solo l'essenziale poichè alla fine non ci si vergogna dell'odore accumulato il tutto allo scopo di rendere - cerimonia di speranza - più rapido il demenagemento le piche puntute modulano versi conosciuti scambiati per grida di scherno piedi e braccia nude un mozzicone di matita trasforma il presente in una allegoria più ampia del gruppo tecnicamente in epos i germogli vivono la piena esperienza dell'incontro con l'esterno dopo avere fuggito la intima ragione del sottosuolo io vivo nella lacerazione della fratellanza e in quanto alla intensità non dialogo con nessuno perseguendo con umiltà un distretto privato scambiato forse per superbia sapidi strumenti di tortura interconnessi principiano dalla gabbia tirata su a perimetro alla tenda rivedo nella memoria il percorso di un tempo lungo il sentiero maestro di sinistra dal quale il mio senso complessivo andava contemplando il vasto nord e l'aria mi seguiva bisbigliando mutevole però in quel punto ferma 112 le cose sono personae le parole sono personae alla ricerca delle quali la perenne infanzia procede infino alla consunzione del corpo certo mi cogli in un momento di rara e feconda ribadisco intensità di riflesso le cose i ritorni alle madri mi paiono allinearsi con estrema chiarezza e ogni atto ma non tutti gli atti si manifesta come persona non chiedo conciliazione non posso né sconto alla mia pena donna mia mia domina e damma in tale fase io sono felice sì 113 l'acqua cola tra le rugose perfezioni del muro così la camera le scarpe amate poste accanto allo scrittoio la borsa appesa al bracciolo le grucce appese al cavo della lampada il quadro non appeso poggiato alla parete le superfici si offrono allo sguardo oppure là dove si inoltrano ai sonni poveri della povertà come un sentore di rimprovero una amarezza torturante il disegno di una mano probabilmente un profilo già noto e la mappa di un luogo il cui nome neppure risulta nel margine della speranza oltre la finestra il sole ha curvato e lambisce ora l'angolo del cortile interno lo smalto del mattino è un temperato ottundimento quasi farinoso ove si impasta la trascinante primizia di un avventizio potere di rovina le cose altre due manubri per le braccia il piano di lavoro non so se condotto a conclusione nello spazio visionario di più tempi libri foulard bottiglie di plastica rovinate sopra il pavimento il feroce nord là l'indefinita legge della volontà (ho pensato coloro i quali tendono e tentano di progettare la esistenza in moduli capaci di promettere felicità sono coloro i quali vivono la tensione stremante della catastrofe) dissolvenza di oggetti lacerati dopo il muro la strada un campo dove l'acqua piovana ha formato uno specchio ora ghiacciato e poi pattume e poi le fabbriche tale si organizza l'urbanesimo di questa regione ma dopo sotto la coltre della sera almeno si scompare 114 neutrale terra degli uomini sempre proiettata a inattuali futuri futuri di deriva cose accumulate su / divani sventrati canapé senza corpi distesi teli arazzi nudi spoglie di oggetti lampade / così come sei giaci su un fianco e invecchi senza un domani ottuso un sonno di ubriaco sul sedile di un bar troppo paziente / il calco di gesso di una mano l'alonatura sopra una camicia la costituzione barcollante di una utopia realizzata a tavolino / ascoltami esistono l'inferno e il purgatorio nei quartieri stabili di un inverno ancora reattivo sulle pelli non aduse dei bambini (essi sono i sopravvissuti) e non rabbrividire le cose vanno affievolendosi è il centro dei disadattati dimmi se puoi se vira il mondo e dove / foglietti fuori corso stampigliati sopraffatti per gioco con vecchi timbri violacei pupazzetti raccolti in un tempo lontanissimo di fiere astucci di cartone (titoli di saghe pellicole marezzate da una pioggia ostinata per le strade sofferenti di una regione aspirata quasi un aroma di larghe mutazioni la flessibile ondata di una spaccatura l'alito fetido dell'odio le ragioni del male (la sua non fortuita variazione e intelligenza) / a quanto assomma il debito forse un fallimento in grande stile hai giaciuto ma cercavi una eterna fratellanza una cosa impossibile o forse attuata nei sentori di un anno mai scaduto poi c'è stata una guerra (sai pensavo in fondo la volevano la speravano per via di un comune sacrificio un rito necessario veramente non so quali gli intimi motivi l'ingenua natura geometrica dei forti l'altrettanto colpevole bassezza dei deboli forse una resistenza a oltranza il mio risiedere a lato e pensare mia cara procedo nell'elenco / di maggio l'ostico riversarsi delle di nuovo piogge il tocco delle ore cinque l'attesa di un sole i cani dentro a i recinti le cataste di legna protette da lamiere ancora le gocce perpetue di uno zampillio nascosto (era di nuovo il giardino a visitare la tua ombra le sue ombre e i piccoli merli nel nido quando le inattese gelate sorprendono le gemme ingravidate) sei scostante negli elenchi / chiodi bulloni recipienti di metallo barattoli manuali di istruzioni per l'uso un altro per gli abusi trattato delle giustificazioni cavi cavetti un set per gli antichi mestieri delle fate / ora peraltro vai sottraendoti alle tue stesse responsabilità / armi ad assetto variabile almeno agli occhi industriosi di una fantasia non si sa quanto veramente infantile fiori di plastica e i cosiddetti valori bollati un frammento archeologico (ora il nostro passato datato orientato interpretato per poi per poi le nuove invasioni giunsero 115 dalle regioni occidentali seguendo il corso delle migrazioni) ti distrai / pentole scalfite bocciardate stampe con volti rivolti all'insù io colleziono sacchetti dove si mantiene un profumo di ostinazione / lo sai il lato cattivo dei passivi è nel subire senza alterarsi mai fino a consunzione perdonami per quanto vai ascoltando le labbra le tue labbra io saprei come sanare la loro amarezza ma giunge il tempo del loro destino e gli occhi vagano persi nella luce ho detto e insisto fratellanza o la bocca di un sesso femminile osservata senza alcuno desiderio eredità di altre guerre adesso il senso del tempo ha subito davvero la scossa presentita le gambe toccano il muretto dove siedi la pispigliante materia del cemento il nativo saluto del mare dentro la conchiglia in bella mostra sopra il mobiletto aggiungici pure / vestitini e trucchi matite spuntate piumette e gioiellini senza alcun valore le dispiegate cerimonie molto assai private del come ci si spoglia del come ci si guarda e accosta al corpo nudi nella intimità quanto le stanze recitano di un nostro segreto volumi colmi di false biografie / gravemente in questo anno le mutevoli condizioni della tenda hanno segnato la mia psiche e ho sognato e ho perso traccia e filo ho perso la vergogna risiede in un obliquo stupore se quanto cercavi non desta meraviglia è l'obbiettivo semplice dei desideri sapersi attraccati a fuggenti futuri / una mascherina di cartapesta un bambolotto di plastica un modello in scala uno a venti una scatola (vuota) di sigari una ciocca di capelli trattenuti da un nastro blu sbiadito un libro di ricette un giradischi (se funzionante la cosa non è chiara) una busta con indirizzo ignoto (quello di cui hanno bisogno se lo vanno a prendere dicevi) un abat-jour finalmente passamaneria tappetini stuoini cornici di metallo leggero aggiungi bottoncini scampoli di stoffa / sprofondi in un cercato disagio davanti allo specchio ossidato e sfiori con un dito la guancia dove indugia una nuova segnatura è così semplice il silenzio dell'alba il crepuscolo prima il canto isolato di un uccello dentro alla tua veglia 116 voragini di verde gonfiate dalle ventilazioni calde divorano la caduta fosca del cielo l'effetto narcotizzante del più tardi conduce il clima a normalizzanti arretramenti vapori franti stagnano esasperatamente il complesso si dilata e si imbeve dei suoli secchi resti in un sito di conveniente isolamento e sonnecchi nel sopore del vino uscito dalla comunità hai scelto di offrirti nella sconosciuta completezza ai tempi del verso a cui pure credevi di avere prestato umiltà l'umiltà sconfina però latamente nell'annullamento e questo è il minimo esigito in adesione e ascolto piuttosto le penombre gli angusti passi i cespugliosi ruderi tra il topo e l'affanno col fiele della vecchiaia l'età si inasprisce di domande vuote di parole vuote di gesti annullati da pareri sghembi di una cieca e sorda moltitudine piove senza pioggia in questa fase incline alla cattura gli animali intorpiditi dall'istinto fuggono in un ritardo di riflessi e emergendo svelto un pesce picchia l'acqua delle superfici piuttosto l'accoglienza dei doni semplici un ramo inciso da segni incomprensibili lo sguardo al luogo cintato dalla mura un effetto momentaneo da una alonatura questo soltanto soltanto questo ma credimi in una fase di estrema penuria di complessa disarmonia e complessiva non ho altri doni io non ho doni o voti voti pensavo piuttosto augurii di fughe o l'allargamento quasi patetico delle valli a una quota disumana o sovraumana così violentemente siamo assediati da noi stessi dal nostro veleggiante vanire nelle azioni dovremmo prolungare le nostre sedute davanti al vino dovremmo prolungare le notti le nostre tutte notti in una dilatazione dei bicchieri verso le albe dei merli non andare a dormire se no il corpo intruglierà l'adesso in una specie di dispaccio rovinoso e non si tratta soltanto di questo piuttosto nella tardissima sera ascolto il profumo del fuoco nel camino dovrei provarmi nelle insenature dove arrivano morbide le acque morbide e sottili sottili strati delle acque di fiumi quasi in secca sottili strati di fiumi a riposare nelle dolci condanne delle insenature ma siediti accomodati pure lungo è il risveglio in una zona meglio definita 117 dall'avere imparato quanto tutto sia vano quanto la tua vocazione forse anche la mia diverga dallo spirito dei tempi le voci diventano sguaiate si allude a una alterazione vagamente alcolica vagamente devastante vagamente illusiva e si levano i canti dei morti tra i saliceti selvatici e le more rinate nei silenzi troppi mondi si accavallano rimango in un angolo di luce dentro allo specchio distorto di un cucchiaio certo spesso mi sono sentito espropriato anche del canto di una donna anziana sotto l'egida storpiata del mattino unguenti alle narici per non sentire l'odore piuttosto l'odore acuto il fetore dei vivi nel ticchettio fortunoso del tempo parlami ancora della condizione di stamane mancavi delle corrispondenze quando mancava a te stesso il te stesso voglio dire l'io innumerevole del giorno ora tu confuso il mondo ricompare a tratti dalle soglie delle cantine e nelle sue memorie rammenta di noi in una zona di false collisioni possiamo solo interpretare il pietoso suo silenzio e così sia (concedimi l'essenza della vita il sudore della mano la mano sopra alla corteccia la tristezza che a volte succede contro la cute inesperta della giovinezza) 118 atlante marino poi magicamente il monte apparve non molto no ma visibile avvolto da una caligine cilestrina arretrava sotto il peso assoluto del nord come tutto lo sprofondamento sollevando la caligine verso il terso celeste ove parevano impazzire le farfalle tale si chiude l'arsura delle estati e i caldi inverni incrociano 119 nelle larghe marine dei settentrioni si sciolgono i voti della resistenza trovando al largo riposi vasti anche noi apparteniamo alle scie la poesia dei cieli era un libero quieto immemoriale sommesse acque coltivavano un sapore d'amnesia nell'influsso del sole svagato cedevole al moto della nube tutto quanto il sapere dolce amaro riporto chieto simbolo di mondi tramontati si era sciolta nel viaggio la crosta degli autunni il peso immane di gioia e solitudine ma la terra non era degli uomini e dove bene nascondevano gli alberi trabordavano immobili in cascate oltre i crinali soffici le nubi zone di spazi vaghe incomparabilmente in danza fasi di connivenza candide di soporosi ansimi e del piacere dello sregolare al limitare un biancheggiare ossaceo il proteiforme imporsi di uno scoglio il resto l'oceano là aveva eterocliti strani connotati minimi per qualche aspetto idiosincratico dell'odio fraterno per le rive e sé elevava verticale assoluto componendo un disegno di spirali chiare vaporose ipnotizzanti i mille volti del suo desiderio inducevano la prua ammansita da speranza assopendo la chiglia in una leggerezza sconfinata ai lati e ovunque si agitava calmissima la vita di esseri invisibili sfioramento palpamento appena fremiti di umori caldi il profumo piuttosto la sua assenza il corpo altomarino nei porti residuali le prime metamorfosi il bruno prosperare del corallo poi una apertura di azzurro segno di avere attraversato l'arcano di uno spazio non finito 120 conducevano bassi e larghi i grandi cieli al bisogno di guardare nel silenzio raramente e le oasi di sole là si avevano visioni illusioni forse o forse fantasie all'estremo mai limite del canto una folata gagliarda ha poi investito i capelli il prospettico sonno dell'esistersi [non ho incontrato ipostasi non ho udito le voci possiedo solo di un verso neppure a cuore tenuto la acustica fonda della sua bellezza il sole sillaba la analogia dell'ombra dettandola a scogli a li arenili si è fermata la corrente dei possibili tramuta il doloroso nel senso della gioia affondano gli umani continenti le grigie geometrie gli artigli dei passaggi coartati le pressioni dei corpi imprigionati affondano i tempi incatenati gli onerosi rumori di vite consumate (dimmi allora delle alte finestre spalancate del volto sporto fuori dal portone il profumo del limo tra le dita lo spettro della luce tra le stoffe o il pertugio dove si è spiato nessuna commozione dell'incontro nessuna nostalgia dai tuoi passati derivi adesso dentro al flocculio cogli la pace nell'oblio del resto) non ha sede forse quanto non si sa e si risiede dove tutto è noto] 121 calmo sopra noi svanisce il mare scivoliamo la sua profondità galleggia nel placido mistero di bonaccia il pensiero dell'essere à suivre 122 POSTFAZIONE si torna sempre dove mai si era stati, questa la consegna cui sottende arcipelago del ritorno: ritorno è tema alle radici, il nostos, per intenderci, o lo smarrimento, poiché l’isola/penisola ritrovata è usurpata e usurata quasi non più riconoscibile, e il viaggio non concede esperienze se non di volute, cercate separazioni. rimane la piccola stanza delle domande e del ricordo, se mai possa esserci ricordo, piuttosto poesia, come forma polemica e naturale di resistenza, e provocazione in una condizione, la attuale archeologicamente storica, di continuo, perpetuo degrado. ma anche l’ideologia si deve necessariamente aggiungere e questo deriva, direi, dall’incontro col libro di Enzo Melandri La linea e il circolo che fa da sfondo al testo, unitamente a una serie di citazioni esplicitate solo dal carattere grafico. naturalmente colui che è tornato non è Odisseo, benché molto abbia viaggiato, come il Quaderno riporta, ma molto della Odissea sta nello sfondo, benché non risulti strettamente necessario leggerla. non indifferente è il terzo piano di riferimento costituito dal De reditu di Rutilio Namaziano, le citazioni in latino provengono proprio da tale testo di “risalita” della penisola, tra l’orizzonte della passata grandezza di Roma e la constatazione di un presente di relitti. il testo è certamente nel mio destino e mi ha offerto un indirizzo. oggi non possiamo guardare al passato di Roma, bensì all’oggi dell’oggi, per tentare una risposta, un gesto di non si sa quanto possibile reazione. l’atlante apre però alla resistenza attraverso il preciso riferimento a tre poeti: Ezra Pound, Friedrich Hoelderlin e Vladimir Holan. è’ la poesia stessa da intendersi appunto come forma di resistenza, in quanto pensiero originariamente legato alla misura, dunque all’etica. tra gli autori più prossimi, vorrei porre Poe di Gordon Pym, l'Auden de Gli oratori e Rimbaud per la scelta radicale operata. tra i luoghi deputati: il nord assoluto, la zona balcanica, la Provenza, l'Europa centro-orientale, la ex Pianura padana, nonché la ancora eccentrica regione di San Benedetto del Po di Lirone. si vuole aggiungere che il testo in quanto poetico, trova nella pagina un supporto soltanto: esso è destinato necessariamente alla voce. metricamente si è di fronte a versetti, come in SaintJohn Perse (o in Lautréamont la strofa): stringhe più o meno ampie, cadenzate, gruppi di frasi che possiedono coloritura propria, ma che non possono non tenere conto dell'insieme. certo la coloritura va cercata. tenderei a abolire la distinzione tra metrica accentuativa e metrica quantitativa: perché sempre gli accenti, perché non lavorare sul prolungamento, sul riverbero, sulla vibrazione della voce (Carmelo Bene insegna) che è suono, pertanto sfruttabile come tale? 123 al lettore agire in libertà e in sensibilità: quest'ultima guida alla abolizione della differenza tra consonanti e vocali, sia chiaro, e alla revisione del valore della rima: la rima non è necessariamente una identità di suono. ovvero la è ma in maniera tale da esigere anche la non identità e si tratta di assaporare i valori tutti delle stringhe: è il blocco, il versetto a valere come ordine ritmico, non il verso che talora può essere volutamente mantenuto aspro o non risolto, o reso obeso da una distribuzione sovraccarica di rime. si noterà anche la decisione di limitare l'uso degli apostrofi. cambi, rotture, diversioni che amo, forzano all'attenzione e soprattutto al ripristino del respiro. un'ultima cosa: che il poetico derivi anche da una somma d'altro, lo si coglie nelle traduzioni: il poetico resiste, nonostante vengano meno i collanti metrici, e questo è, più che una constatazione, un dato su cui riflettere. 124 INDICE 6 Materia 7 Arcipelago del ritorno 41 Quaderno dolfìn 77 Atlante marino 123 Postfazione Seconda Edizione Marzo 2012