Energia da biomasse. Il ruolo crescente della digestione anaerobica

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Energia da biomasse. Il ruolo crescente della digestione anaerobica
Workshop “Risparmio & Recupero energetico nella
depurazione delle acque di scarico – IRSA 29/30
novembre 2012
Energia da biomasse. Il ruolo
crescente della digestione
anaerobica
Mario Beccari & Enrico Rolle
Università di Roma “La Sapienza”
Scelta fra i processi di valorizzazione energetica delle
biomasse
I processi di valorizzazione energetica della biomassa appartengono a tre categorie
fondamentali :
• processi termochimici (combustione, gassificazione, pirolisi)
• processi biochimici (fermentazione anaerobica)
• processi chimici e fisici (estrazione, transesterificazione)
In genere, è meglio sottoporre a processi termochimici biomasse con un contenuto
iniziale di umidità non superiore al 30 % (per evitare un consumo energetico
eccessivo connesso con l’esigenza di un pretrattamento essiccativo) e con rapporto
C/N superiore a 30
Al contrario, i processi biochimici sono preferibili quando il contenuto iniziale di
umidità nella biomassa è superiore al 30 % e il rapporto C/N è inferiore a 30
Definizioni
Per biogas si intende un gas ricco in metano (50-70 %) che
viene prodotto tramite digestione anaerobica (dark anaerobic
fermentation) di biomasse da parte di colture microbiche
Il biometano è ottenuto dal biogas tramite una raffinazione che
rimuove il CO2 così da ottenere un gas con percentuali di
metano (95-98 %) comparabili con quelle del gas naturale
Il termine gas naturale bio-sintetico (Bio-synthetic natural gas,
Bio-SNG) indica il combustibile ottenuto, tramite la reazione
catalitica CO + 3 H2 → CH4 + H2O, dal gas di sintesi
derivante da processi termochimici di gassificazione di
biomasse lignocellulosiche.
Impiego del biogas
In passato gli impianti di digestione anaerobica realizzati in Italia
avevano l’obiettivo primario di minimizzare i costi di
depurazione/smaltimento di fanghi e rifiuti. Attualmente la
normativa italiana incoraggia la produzione di biogas (Decreto
del Ministero dello Sviluppo Economico 6 luglio 2012, recante le
modalità di incentivazione della produzione di energia elettrica
da impianti alimentati da fonti rinnovabili diverse da quella
solare fotovoltaica)
Anche alla luce degli incentivi sopra ricordati, trova sempre
maggiore interesse l’impiego del biogas in impianti di
cogenerazione (produzione di energia elettrica e termica)
Disponibilità potenziale di biomassa (Mt/anno) per la
filiera biogas in Italia
Colture energetiche dedicate
coltivazione set-aside (0,8 Mha)
12,0
coltivazioni marginali collinari (3,8 Mha) 24,0
Scarti di lavorazioni agricole
10,5
Sottoprodotti agroindustriali
Sottoprodotti di origine animale
Sottoprodotti zootecnici
Fanghi di depurazione
Frazione organica di rifiuti solidi urbani
25,0
1,0
130,0
3,5
10,0
Effetto della composizione della matrice organica sulla
resa e sulla cinetica della produzione di biogas
• Matrici ricche in lipidi (sottoprodotti di origine animale, grassi e
oli nei sottoprodotti agroindustriali) sono caratterizzate da elevate
rese e da cinetiche lente (attenzione alla inibizione dei
metanigeni)
• Matrici ricche in carboidrati (colture dedicate energetiche, scarti
delle lavorazioni agricole, frazione organica dei rifiuti solidi
urbani) e/o in proteine (sottoprodotti zootecnici, sottoprodotti di
origine animale) sono caratterizzate da velocità di conversione più
elevate rispetto ai lipidi, ma da minori rese in biogas (attenzione
all’accumulo di acidi grassi volatili nel caso dei carboidrati e alla
eccessiva concentrazione di ammoniaca nel caso delle proteine)
Rese° espresse in Nm3 di biogas prodotto per t di sostanza
organica biodegradabile secca (Solidi Volatili, SV) alimentata nei
digestori
•
•
•
•
•
•
•
colture dedicate energetiche (mais, sorgo zuccherino, ecc.)
550 - 750
scarti di lavorazioni agricole (paglia, barbabietole esauste, ecc.) 350 - 400
sottoprodotti agroindustriali (siero, reflui di birrerie, ecc.)
400 - 800
sottoprodotti di origine animale (grassi, sangue, ecc.)
550 – 1000
sottoprodotti zootecnici (suini, bovini, avicoli)
200 - 500
fanghi di depurazione °°
250 - 350
frazione organica dei rifiuti solidi urbani
400 - 600
° durante la digestione anaerobica si ottiene in genere una riduzione di
almeno il 40 – 50 % dei SV
°° rese più elevate sono ottenibili tramite pretrattamento della matrice che
provoca la solubilizzazione della sostanza organica tramite processi di lisi
meccanica o termica (135 – 180 °C, 30 - 60 minuti, incrementi di produzione
di biogas fino al 40 % e riduzioni dei solidi volatili del 30-50 %)
Ottimizzazione del processo di digestione anaerobica
Sebbene al centro di molti studi ormai da alcuni decenni, la
digestione anaerobica mostra ancora un notevole potenziale di
sviluppo, non soltanto in termini di scelte tecnologiche, ma anche
come ottimizzazione di processo. Infatti i microrganismi
anaerobici presentano basse velocità di crescita e di formazione
dei metaboliti. Pertanto, occorre mantenere dentro ai digestori
condizioni di reazione ottimali per produzione di biogas
A tale riguardo, particolare interesse rivestono il processo di codigestione di più matrici organiche di diversa natura ed origine, i
processi termofili e la separazione dello stadio di idrolisiacidogenesi dallo stadio di metanogenesi (processi a due stadi)
Processo di co-digestione anaerobica
Il processo di co-digestione consente di compensare le
fluttuazioni stagionali, evitando che i digestori siano
sopracaricati o sottoalimentati. E’ così possibile assicurare al
processo una maggiore stabilità e costanza di prestazione.
Inoltre, la co-digestione consente di :
• mantenere il rapporto carbonio/azoto del substrato alimentato
nei digestori nell’intervallo ottimale (20/1 – 30/1)
• regolare i valori di pH e di contenuto di umidità
• aumentare il potere tampone
• diluire i componenti tossici eventualmente presenti in una
delle matrici e ottenere un più ampio spettro di specie
microbiche che presiedono al processo biologico
Processi termofili
I processi termofili operano a 45-65 °C e consentono, rispetto ai
processi mesofili (25–40 °C), velocità di degradazione più elevate
e, di conseguenza, minori tempi di permanenza dentro ai reattori;
consentono, inoltre, di migliorare il controllo dei microrganismi
patogeni e la disidratabilità del digestato
Processi a due stadi (idrolisi/acidogenesi separata da metanogenesi)
I processi a due stadi consentono una ottimizzazione separata nei
due digestori, rendendo così possibile massimizzare le velocità di
crescita delle due differenti popolazioni batteriche (per es., la
metanogenesi richiede condizioni di pH differenti dallo stadio
precedente). Inoltre il processo presenta una minore
“vulnerabilità” in quanto gli acidogeni resistono assai meglio dei
metanigeni alle variazioni di pH e alla presenza di inibitori
Tipologie di digestori anaerobici
I digestori anaerobici vengono classificati in :
• a singolo stadio (monostadio) o a doppio stadio a
seconda che la fase di idrolisi-acidogenesi sia combinata
con la fase di metanogenesi o sia mantenuta separata
• a funzionamento batch o continuo a seconda delle
modalità di alimentazione
• a completa miscelazione (CSTR, Continuous Stirred
Tank Reactor) o con flusso a pistone (PF, Plug Flow) a
seconda delle condizioni fluidodinamiche
• in mesofilia o in termofilia a seconda dei campi di
temperature a cui operano
• wet
e dry a seconda dell’umidità nel digestore
(rispettivamente > 90 % e < 80 %).
Trattamento wet con digestore continuo monostadio
CSTR
Se un substrato si presenta fortemente diluito (come accade per i reflui
zootecnici o per i fanghi di risulta di un impianto di depurazione), la
soluzione impiantistica generalmente adottata è quella di un digestore ad
alimentazione continua, monostadio, CSTR, del tipo wet
Questa configurazione può essere adottata anche per substrati con contenuti
di acqua tali da non consentire di ottenere nel digestore umidità maggiori del
90 %; in tali casi la frazione liquida ottenuta dalla sezione di disidratazione
del digestato viene in parte ricircolata e in parte allontanata dall’impianto per
evitare un aumento progressivo della concentrazione di inquinanti (particelle
fini, azoto ammoniacale, metalli pesanti) nella corrente liquida ricircolata,
con implicazioni negative sul processo di digestione
Schema di trattamento wet con digestore continuo
monostadio CSTR
Vantaggi e svantaggi della digestione anaerobica wet
Nei digestori del tipo wet l’aggiunta di acqua ha una forte
incidenza sui costi in quanto risultano molto più impegnativi la
disidratazione del digestato e il trattamento della frazione
liquida non ricircolata
Peraltro la condizione di mescolamento completo, assicurata dai
digestori del tipo wet, presenta i vantaggi seguenti :
• impedisce la sedimentazione dei fanghi
• favorisce il contatto fra microrganismi e substrato
• evita la presenza di zone morte
• omogeneizza la temperatura
• rende più agevole il rilascio del biogas.
Trattamento di digestione anaerobica dry
Per contenuti di umidità < 80 % (come accade per la frazione organica dei
rifiuti solidi urbani) si possono adottare anche i digestori del tipo dry, in
genere ad alimentazione continua, monostadio o a doppio stadio, plug flow
Rispetto ai digestori wet quelli del tipo dry presentano i seguenti svantaggi :
• devono dotarsi di sistemi più resistenti e costosi (pompe a vite, nastri
trasportatori) per la miscelazione e movimentazione della matrice organica
• la condizione di flusso parzialmente o totalmente a pistone rende difficile la
miscelazione fra la matrice organica fresca e i microrganismi fermentanti; tale
problema può essere attenuato ricircolando in testa al reattore una parte del
digestato, ricco in biomassa attiva
I digestori del tipo dry presentano i seguenti vantaggi :
• subiscono pretrattamenti molto più semplici
• richiedono una disidratazione meno impegnativa
• possono operare a carichi organici maggiori (con conseguenti minori
volumetrie di reazione e più bassi consumi energetici)
Parametri operativi caratteristici dei digestori
monostadio
Digestione wet
Digestione dry
7 – 15 (tipico 10)
25 - 40
2 – 4 (fino a 6)
8 - 10
12 – 18 (fino a 30)
25 - 30
0,4 – 0,5
0,2 – 0,3
CH4 nel biogas (%)
50 - 70
50 - 60
Rimozione SV (%)
50 – 60 (fino a 75)
50 - 70
ST (%)
CV (kgSV m-3reattore d-1)
HRT (d)
Bs (m3biogas kg-1SV alim.)
Legenda : TS, solidi totali; CV, carico organico specifico; HRT, tempo di residenza
idraulico; BS, produzione di biogas per unità di massa di solidi volatili alimentati;
SV, solidi volatili
Gestione della frazione solida del digestato
Per la disidratazione del residuo della digestione anaerobica (digestato)
si usano centrifughe per gli impianti del tipo wet e presse a vite per gli
impianti del tipo dry. Le centrifughe consentono di ottenere una frazione
solida con un contenuto di solidi secchi (SS) del 25-35 % e una frazione
liquida con il 3-8 % di SS. Le presse a vite consentono di ottenere una
frazione solida con un contenuto di solidi secchi (SS) del 40-55 % e una
frazione liquida con il 10-20 % di SS
La frazione solida ottenuta dalla disidratazione del digestato può essere
impiegata come combustibile dopo essiccamento o, essendo ricca in
azoto e fosforo, può essere utilizzata in agricoltura, spesso sotto forma di
compost ottenuto tramite un ulteriore trattamento biologico di
stabilizzazione in ambiente aerobico (1-3 settimane), finalizzato al
completamento della degradazione della materia organica più
difficilmente degradabile e alla igienizzazione del materiale
Gestione della frazione liquida del digestato
La parte di frazione liquida che non viene ricircolata contiene elevate
concentrazioni di azoto ammoniacale. L’utilizzo agronomico tramite
spandimento nei campi è consentito per digestati ottenuti da sottoprodotti
zootecnici, ma richiede l’ottemperanza alla Direttiva Nitrati 91/676/EEC
che fissa a 170 e a 340 kg per ettaro e per anno l’apporto massimo di
azoto nelle zone vulnerabili e nelle zone non vulnerabili, rispettivamente
Nel caso in cui non fosse possibile lo spandimento nei campi, prima dello
scarico in acque superficiali si rende necessario un trattamento depurativo
ad hoc che può risultare oneroso soprattutto per la parte riguardante la
rimozione dell’azoto. A tal riguardo si può fare ricorso a un processo di
stripping che consente il recupero di una soluzione di solfato (o nitrato)
ammonico commercializzabile come fertilizzante. Si possono utilizzare
altresì processi innovativi di rimozione biologica dell’ azoto, per es. il
processo ANAMMOX basato sulla formazione di azoto molecolare
operata da batteri autotrofi in ambiente anaerobico tramite la reazione fra
azoto ammoniacale e azoto nitroso (ottenuto ossidando a nitrito la metà
dell'azoto ammoniacale presente)
Impianti di cogenerazione
La maggior parte degli impianti che producono elettricità da biogas hanno
potenze elettriche che variano da 50-100 kW (valore minimo per rendere
redditizio l’investimento) a circa 1 MW, con rendimenti di generazione
elettrica che variano fra 20 e 40 % (mediamente intorno al 30-35 %)
La tecnologia dominante per la generazione di energia elettrica da biogas è
quella del motore alternativo a combustione interna a ciclo Otto
E’ necessario rimuovere i composti corrosivi (H2S e composti organici
alogenati) o erosivi dal biogas. Prima della combustione si raffredda il biogas
fino a 5 °C, provocando la rimozione pressochè completa del vapor d’acqua; i
componenti acidi e altre specie potenzialmente pericolose passano in soluzione
nel condensato; se necessario, si eseguono anche lavaggi alcalini e passaggi
attraverso letti di materiale adsorbente
Recupero del calore negli impianti cogenerativi
L’olio lubrificante e l’acqua di raffreddamento dei motori a combustione
interna rendono disponibile una energia termica che si trova a una
temperatura di 80-90 °C e che rappresenta circa il 25 % dell’energia
liberata dal combustibile
I gas di scarico escono dal motore a temperature comprese fra 400 e 500
°C e dal loro raffreddamento è possibile recuperare fino a circa il 30 %
dell’energia del biogas. Tuttavia, nel caso del biogas, la presenza di
composti acidi sconsiglia talvolta di raffreddare i gas di scarico al di sotto
di 170-180 °C per evitare la formazione di condense acide; in tal caso il
calore recuperabile scende intorno al 20 %
L’impiego di turbine a gas accoppiate con turbine a vapore (cicli
combinati) al posto dei motori a combustione interna diventa competitivo
soltanto per taglie nettamente superiori (almeno 8-10 MW elettrici) e
richiede una depurazione del gas molto più accurata; l’esperienza
dell’utilizza del biogas in tali impianti è ancora limitata per cui l’impiego
delle turbine a gas è da considerarsi ancora in fase sperimentale
Dati di produzione del biogas
Secondo i dati di EurObserv’ER 2010, nel 2009 la
produzione di biogas nei paesi dell’Unione Europea è stata
pari a 8,346 Mtep (1 Mtep = 106 t equivalenti di petrolio),
di cui il 36 % è derivato dal recupero di biogas da
discariche di rifiuti
La produzione di biogas in Italia nel 2009 è stata pari a
0,443 Mtep, di cui l’81 % è derivato dal recupero da
discariche di rifiuti
La produzione di energia elettrica da biogas in Italia nel
2009 è stata di 1.740 GWh (di cui 366 GWh da impianti di
cogenerazione), cioè lo 0,6 % del consumo totale di
energia elettrica (299.915 kWh)
Censimento degli impianti di produzione del biogas in
Italia
Un recente censimento degli impianti di produzione di biogas in Italia,
eseguito nel 2010 dal Centro Ricerche Produzioni Animali, ha individuato
319 impianti di biogas di cui 14 trattano la frazione organica dei rifiuti solidi
urbani (a volte in co-digestione con fanghi di depurazione), 30 sono
alimentati con acque reflue di stabilimenti agroindustriali (distillerie,
produzioni di succhi di frutta, birrerie, ecc.) e ben 273 operano su matrici di
origine agro-zootecnica (sottoprodotti zootecnici, colture energetiche, scarti
di lavorazione agricola)
Il numero degli impianti di produzione di biogas è aumentato del 77 %
rispetto al 2007 (273 versus 154)
Nel 18 % degli impianti censiti la potenza elettrica era minore di 100 kW, nel
22 % degli impianti era compresa fra 110 e 500 kW, nel 37 % degli impianti
era compresa fra 500 e 1000 kW e nei restanti casi il biogas era utilizzato in
caldaia o il dato non era disponibile
Produzione di biogas da colture energetiche come
strategia per la decontaminazione di terreni inquinati
A case in point : risolvere il problema dell’inquinamento diffuso
nei terreni agricoli posti lungo il corso del fiume Sacco (sito
contaminato di interesse nazionale) che ha determinato il divieto
di coltivazioni di colture edibili
E’ stato proposto di creare nell’area un distretto agricolo
energetico affidandosi a colture suscettibili di valorizzazione
energetica tramite produzione di biogas ottenuto per digestione
anaerobica
Tali colture hanno anche lo scopo di rimuovere progressivamente
la contaminazione dei terreni per poi restituirli, una volta risanati,
alle utilizzazioni in essere prima dell’emergenza
Produzione di biogas da colture energetiche - Premessa
Si prende in esame la possibilità di eseguire un doppio raccolto
annuale secondo gli schemi):
• sorgo zuccherino o da fibra in seconda semina dopo segale o
triticale – ciclo tardivo (semina del sorgo a fine maggio, inizio
giugno, per sfruttare in pieno la potenzialità produttiva della segale
o del triticale)
• mais in seconda semina dopo segale o triticale - ciclo mediotardivo (semina metà/fine maggio)
Per caratterizzare le rese di produzione in biogas sono stati scelti i
valori medi degli intervalli riscontrati nelle indagini in campo 20062009 effettuate dal Gruppo KWS SAAT AG
Caratteristiche di colture energetiche e rese di
produzione di biogas
Riferimento
(segale e triticale)
% di sostanza
secca alla raccolta
m3 di biogas /t di
sostanza secca
% di metano
Analisi KWS 2006 2009
18-40
450 - 660
52 - 67
Riferimento
(mais)
% di sostanza
secca alla raccolta
m3 di biogas /t di
sostanza secca
% di metano
Analisi KWS 2006
- 2009
23-40
490 - 700
52 - 67
Riferimento
(sorgo)
% di sostanza
secca alla raccolta
m3 di biogas /t di
sostanza secca
% di metano
Analisi KWS 2006
- 2009
20-35
420 - 600
50 - 65
Calcolo della estensione di terreno da impegnare per la
produzione di biogas da colture energetiche – Dati a
base di progetto
Si vuole calcolare la estensione di terreno da impegnare per alimentare un
impianto di produzione di energia da biogas con una potenza elettrica
installata di 1 MWe (28∙1012 J anno-1)
Si pongono a base di progetto le seguenti assunzioni :
• la produttività agricola della segale ibrida è pari a 30 t di prodotto
fresco per ettaro e per anno
• la produttività agricola del sorgo è pari a 80 t di prodotto fresco per
ettaro e per anno
• la produttività agricola del mais è pari a 60 t di prodotto fresco per
ettaro e per anno
• il rendimento di generazione elettrica (riferito al potere calorifico
inferiore del metano) è pari al 35 %
Estensioni di terreno da impegnare per la produzione di
1 MW
Nel caso di un terreno sottoposto a doppio raccolto (segale ibrida/triticale e
sorgo) la produzione di energia elettrica è pari a 11,67∙1010 J ha-1 anno-1.
Pertanto, un impianto di produzione di energia da biogas con una potenza
elettrica installata da 1 MWe richiede la disponibilità di 28∙1012 J anno-1
/11,67 ∙1010 J ha-1 anno-1 = 240 ettari
Nel caso di un terreno sottoposto a doppio raccolto (segale ibrida/triticale e
mais) la produzione di energia elettrica è pari a 11,97∙1010 J ha-1 anno-1.
Pertanto, un impianto di produzione di energia da biogas con una potenza
elettrica installata da 1 MWe richiede la disponibilità di 28∙1012 J anno-1
/11,97 ∙1010 J ∙ha-1 anno-1 = 234 ettari
Problemi connessi con la gestione del digestato
Fonti autorevoli (Boehnel e Lube, 2000) hanno manifestato dubbi sulla
sicurezza biologica della pratica dell’impiego dei digestati in
agricoltura a causa della presenza di Clostridi (anche patogeni, come
nel caso del Clostridium botulinum)
Nell’Allegato II del Decreto Legislativo n.75 del 2010, che fissa le
caratteristiche per l’ammendante compostato verde e l’ammendante
compostato misto, i parametri biologici indicati sono la determinazione
della Salmonella, dell’Escherichia coli, dell’indice di germinazione.
Manca l’indicazione dei Clostridi. Esiste pertanto una carenza
normativa (peraltro, anche a livello europeo), cioè manca una norma
specifica che consenta di disciplinare in termini quantitativi il rischio da
Clostridi
Una soluzione radicale della problematica sanitaria legata alla pratica
dell’impiego in agricoltura di digestati o di compost da essi derivati è
quella di emissione zero sia della frazione solida che di quella liquida
uscenti dal disidratatore del digestato
Emissione zero del digestato
La frazione liquida è sottoposta a una evaporazione a doppio stadio
(evaporatore a multipli effetti seguito da evaporatore a
termocompressione) che utilizza l’energia termica a bassa temperatura
recuperata dall’impianto di cogenerazione. Il residuo semi-solido che
esce dal secondo stadio (circa il 4 % della frazione liquida di partenza)
può unirsi alla frazione solida uscente dal disidratatore. Il vapore
proveniente dai due stadi di evaporazione viene condensato e poi
sottoposto a un doppio stadio di osmosi inversa (reiezione totale anche
superiore al 99,9 %). Il permeato finale uscente dall’impianto di osmosi
inversa è di elevata qualità (anche sotto il profilo sanitario) e trova
impiego all’interno dell’impianto. Possono esistere numerose varianti allo
schema proposto (ultrafiltrazione e/o nanofiltrazione immediatamente a
monte dell’osmosi inversa, stripping dell’ammoniaca, ecc.)
La frazione solida è sottoposta a essiccamento (utilizzando l’energia
termica ad alta temperatura recuperata dall’impianto di cogenerazione) e
poi a combustione o a gassificazione, secondo uno schema che già trova
impiego per il trattamento dei fanghi di risulta degli impianti di
depurazione delle acque
Conclusioni
•
•
•
Nei paesi dell’Unione Europea la produzione annuale di biogas
corrisponde ormai a una diecina di Mtep. In Italia il numero di impianti
di produzione del biogas censiti nel 2010 è aumentato quasi dell’80 %
rispetto al 2007 e copre circa lo 0,6 % del consumo totale di energia
elettrica
La crescita degli impianti di produzione di biogas in Italia è stata
particolarmente rilevante nel settore agro-zootecnico dove, per effetto
della crisi economica e anche degli incentivi promossi dalla recente
normativa, si è andata accentuando la ricerca di forme diversificate di
reddito
Sebbene al centro di molti studi ormai da alcuni decenni, la digestione
anaerobica mostra ancora un notevole potenziale di sviluppo, non
soltanto in termini di scelte tecnologiche, ma anche come
ottimizzazione di processo (processi termofili, processi a due stadi)
Conclusioni
• Particolare interesse riveste il processo di co-digestione di più
matrici organiche di diversa natura ed origine (colture energetiche
dedicate, scarti di lavorazioni agricole, sottoprodotti agroindustriali,
sottoprodotti di origine animale, sottoprodotti zootecnici, fanghi di
depurazione, frazione organica dei rifiuti solidi urbani)
• Per quanto riguarda i fanghi di depurazione, è necessario un
pretrattamento della matrice (generalmente di tipo termico) così da
provocare la solubilizzazione della materia organica attraverso
processi di lisi
• L’impiego di colture energetiche dedicate, impiegate da sole o
insieme ad altre matrici, riveste un crescente interesse quando la loro
coltivazione avviene in terreni marginali o messi a riposo. A tale
riguardo, si è stimato che da circa 240-250 ettari, sottoposti a doppio
raccolto (prima segale/triticale poi sorgo o mais), si produce biomassa
sufficiente ad alimentare una centrale a biogas della potenza elettrica
installata di 1 MWe
Conclusioni
• L’utilizzazione agricola del digestato, pur completando in modo
virtuoso la valorizzazione della matrice, richiede grande attenzione per gli
aspetti ambientali e sanitari. A tale riguardo, per il trattamento del
digestato sono allo studio schemi di processo che hanno come obiettivo
l’emissione zero sia della frazione solida che di quella liquida uscenti
dall’unità di disidratazione del digestato