leggi la scheda del film - Lo Spettacolo del Veneto

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leggi la scheda del film - Lo Spettacolo del Veneto
Federazione
[email protected]
Italiana
Cinema
d’Essai
Interpreti: Adam Driver,
Andrew Garfield, Liam
Neeson,
Ciarán Hinds, Issey
Ogata,
Tadanobu Asano,
Shinya Tsukamoto, Ryô
Kase
Sceneggiatura: Jay
Cocks
Fotografia: Rodrigo
Prieto
Musiche: Howard Shore
Montaggio: Thelma
Schoonmaker
Scenografia: Dante
Ferretti, Francesca Lo
Schiavo
distribuzione: 01
Distribution
Nazionalità: Usa, 2016
Durata: 161 min.
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wwww.spettacoloveneto.it
Associazione
Generale
Italiana
dello Spettacolo
di Martin Scorsese
PRESENTAZIONE E CRITICA
1633. Due giovani gesuiti, Padre Rodrigues e Padre Garupe, rifiutano
di credere alla notizia che il loro maestro spirituale, Padre Ferreira, partito per
il Giappone con la missione di convertirne gli abitanti al cristianesimo, abbia
commesso apostasia, ovvero abbia rinnegato la propria fede abbandonandola
in modo definitivo. I due decidono dunque di partire per l'Estremo Oriente, pur
sapendo che in Giappone i cristiani sono ferocemente perseguitati e chiunque
possieda anche solo un simbolo della fede di importazione viene sottoposto
alle più crudeli torture. Una volta arrivati troveranno come improbabile guida il
contadino Kichijiro, un ubriacone che ha ripetutamente tradito i cristiani, pur
avendo abbracciato il loro credo. Martin Scorsese ha impiegato quasi
trent'anni per portare sul grande schermo il romanzo "Silenzio" dello scrittore
giapponese di religione cristiana Shusaku Endo, basato in parte sulla storia di
personaggi realmente esistiti come Padre Christovao Ferreira e il gesuita
italiano Giuseppe Chiara, su cui Endo ha modellato il personaggio di Padre
Rodrigues. La lentezza nel concretizzarsi del progetto è derivata non solo
dalle innumerevoli difficoltà produttive e defezioni del cast (che un tempo
comprendeva Daniel Day-Lewis e Benicio del Toro) ma soprattutto dal fatto
che, come ha dichiarato lui stesso, il regista non era pronto a cimentarsi in
modo così diretto con il tema che gli sta più a cuore: il rapporto dell'uomo con
la fede. Un tema che aveva già affrontato esplicitamente in almeno due film, L'ultima tentazione di Cristo e
Kundun, ma che a ben guardare sottende tutta la sua opera.
(www.mymovies.it)
(…) Scorsese lavora al meglio coi suoi collaboratori. Dante Ferretti fa un vero e proprio miracolo nel
costruire il villaggio dove è ambientato in gran parte il film, e Rodrigo Prieto avvolge le sue inquadrature nella
nebbia e regala alcuni fotogrammi che tolgono il respiro. Le sonorità atmosferiche, ventose e inquiete di
Kathryn e Kim Allen Kluge fanno poi un lavoro di aderenza al sonoro impeccabile. In SILENCE c’è insomma
l’approccio di un regista della vecchia guardia che vuole fare cinema spettacolare come non se ne fa più, e
si vede anche dalla produzione. Tutto è maestoso in SILENCE, e tutto è molto serio, questioni religiose
ovviamente incluse. Chiedendosi innanzitutto cosa significhi dedicare la propria vita alla religione e alla sua
propagazione, il film indaga di conseguenza anche sul peso politico dell’essere missionari. Padre Rodrigues,
interpretato da Garfield, viene costantemente messo alla prova, e ‘fisicamente’ si trasforma in un vero e
proprio Cristo che sta vivendo la sua Passione. Arrivato in Giappone per ritrovare il mentore che tanto ha
fatto per propagare la religione cattolica, Rodrigues si ritrova a essere lui stesso l’ultima speranza per una
parte di popolazione che non vuole cedere al compromesso, sia esso calpestare un’icona sacra o
pronunciare una bestemmia. Il prezzo da pagare per Rodrigues è quello di assistere a violenze e torture su
innocenti. “Il prezzo della tua gloria è la loro sofferenza”, gli dice a un certo punto Inoue, l’Inquisitore che
terrorizza il villaggio. Ma il percorso di Rodrigues è un atto di fede in tutto e per tutto. Però Scorsese non
parla solo di grandi dilemmi religiosi, perché mette chiaramente in scena anche uno scontro fra culture e
tradizioni fondate su secoli di Storia diversa. E anche nell'impossibilità di scendere a compromessi da
entrambi le parti sta il cuore di tenebra di SILENCE (…).
(www.cineblog.it)
C’è questa insostenibile ambiguità della fede che attraversa SILENCE dall’inizio alla fine. Dopotutto
il film parte come una detection: due gesuiti dovranno recarsi in Giappone per scoprire se davvero il loro
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di Martin Scorsese
padre spirituale ha abiurato per salvarsi la pelle (i nipponici del Seicento consideravano la buona Novella
assai pericolosa). In realtà l’oggetto di questa ricerca sarà la natura stessa del loro credere, dunque di Dio.
Scorsese coglie del romanzo di Endo, basato peraltro sulla storica realtà dei lapsi (i preti apostati,
letteralmente gli scivolati, quelli che non ce l’hanno fatta a sopportare le persecuzioni e hanno abiurato la
loro fede), il nocciolo dei dilemmi che da sempre lo coinvolgono. Fino a che punto, torna a chiedersi il
regista, è lecito seguire Dio se così facendo rechiamo sofferenza agli uomini? Vale di più la misericordia – in
fondo il comandamento supremo che Gesù trasmette ai suoi discepoli, Ama il prossimo tuo come te stesso –
o la fedeltà alla Parola, che pure invita ad evangelizzare il mondo perché è Verità? La questione non è solo
teologica perché tocca qualsiasi ideologia e credo. La soluzione optata da Scorsese è problematica: per
amore dell’uomo sì, si può e anzi si deve rinnegare la propria fede. Meglio, occultarla. Rinunciare così anche
alla pratica della condivisione e dell’indottrinamento, in definitiva all’eucarestia e al proselitismo. La fede
deve restare come confinata in una dimensione privata, meglio ancora se intima, interiore. Il finale azzarda
questo. Non che Scorsese neghi l’altra via, quella dei martiri, il cui sangue come ci ricorda è il seme della
Chiesa. Ma si tratta anche in questo caso di una scelta individuale. Non a caso qui tutto il destino della
Chiesa in Giappone si riduce alla sorte di due preti, che però prenderanno strade diverse. Scorsese sposta
in ogni caso la religione per far posto alla persona. Con tutte le contraddizioni e le questioni aperte del caso.
(…) SILENCE non è un film immediato. Va meditato. Visivamente è molto bello e molte scene hanno
notevole qualità pittorica e potenza allegorica. D’altra parte i contributi tecnici di Rodrigo Prieto, di Dante
Ferretti e di Francesca Lo Schiavo non si discutono. Nulla da ridire nemmeno sul talento di Andrew Garfield
e di Adam Driver o sulla maestria di Liam Neeson, ma mai come stavolta il peso dell’attore deve fare i conti
con una messa in scena dall’ingegneria implacabile. Scorsese rimesta nelle sue conoscenze del cinema
nipponico – Kobayashi, Mizoguchi, Ozu e Kurosawa – facendone non tanto un’indicazione geografica (siamo
in Giappone dopotutto) ma la chiave di volta formale e ideale di tutta l’operazione: il mondo vince sempre,
però non c’è singolarità che, pure se ingabbiata, venga assimilata del tutto. Qualcosa di unico, vitale, resta
sempre. Questo vale persino nel grande cinema mainstream, che Scorsese continua a frequentare senza
mutarsi, infilandovi semmai una volta di più il virus dell’autorialità, incubando pezzi di pensiero, di poetica
personale. Vivendo la contraddizione, facendone alimento creativo, antidoto a una coerenza marginale.
Rischiando, tra la fedeltà a Dio e quella verso gli uomini, ancora la seconda. Scegliendo comunque di
rimanere fedele a se stesso.
(www.cinematografo.it)
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