Scarica PDF - IFI Advisory

Transcript

Scarica PDF - IFI Advisory
POLITICAL
AND
SECURITY
REVIEW
Notizie aggiornate
AMERICHE
al 30 giugno
Dicembre 11114!1Novembre
MESSICO
Sommario
Le elezioni del 5 giugno 2016 hanno visto la
sconfitta del partito di governo (Partido
Revolucionario Institucional - PRI), al cui
interno si stanno allargando i contrasti e le
divisioni tra i vari gruppi. Il Presidente Enrique
Peña Nieto e il Governo devono far fronte
all’aumento della sfiducia popolare nei loro
confronti, a causa soprattutto dei ricorrenti casi
di corruzione.
Alle sfide vecchie (insicurezza) se ne stanno
aggiungendo altre, come lo scontro con gli
insegnanti nel sud del Paese, soprattutto nello
Stato di Oaxaca. Anche se è probabile che la
riforma dell’istruzione venga approvata,
nonostante l’opposizione dei sindacati di
categoria, la durezza delle proteste, con i disagi
alla circolazione e le vittime negli scontri con la
polizia, aggrava la crisi sociale e alimenta
l’insicurezza.
Cresce infatti la preoccupazione per la recrudescenza della criminalità in alcuni stati del Paese, come Guerrero e Baja
California, in cui si è registrato un aumento degli omicidi e dei sequestri di persona, conseguenza soprattutto della lotta
tra le bande per spartirsi il controllo del territorio e dei traffici illeciti.
La frammentazione dei gruppi criminali aumenta l’insicurezza nel Paese
L’incursione, il 17 giugno, di circa 150 individui armati nella proprietà di famiglia del capo del cartello della
Confederazione di Sinaloa, El Chapo Guzmán, ora in carcere e in attesa di estradizione negli USA, evidenzia
l’inasprimento dello scontro fra gruppi criminali per ottenere la supremazia territoriale. L’irruzione è avvenuta
nella città di La Tuna, roccaforte del Chapo, nello stato di Sinaloa. Si sospetta che l’azione sia stata compiuta dal
cartello rivale di Beltran Leyva, comandato da Isidro Meza Flores. L’arresto di importanti boss determina scosse
che spesso stravolgono i precedenti equilibri di potere; frequentemente, questi fenomeni sono accompagnati da
un aumento della violenza criminale, specialmente omicidi, estorsioni e rapimenti. Inoltre, la perdita di leader
carismatici determina nella maggior parte dei casi il frazionamento dei sodalizi criminali in realtà più piccole,
meno sicure e stabili sul territorio, meno collegate ai redditizi traffici di droga e quindi più disposte a compiere
sequestri ed estorsioni per finanziare le proprie attività. È quello che sta avvenendo in stati come Guerrero e
Baja California dove la perdita di potere, in Guerrero, del Cartello di Beltran Leyva, in Baja California, del
Cartello di Tijuana, ha prodotto una nuova ondata di violenza. In entrambi gli stati, il numero dei rapimenti, in
calo negli ultimi due anni, è tornato a crescere nei primi quattro mesi del 2016 e ora nella Baja California si
assiste al rinnovato scontro tra il cartello di Sinaloa e il cartello Jalisco Nueva Generación. La violenza ad
Acapulco, nel Guerrero, ora quarta città al mondo per tasso di omicidi, si spiega con la frantumazione dei vecchi
sistemi criminali, rimpiazzati da entità più instabili come i Guerreros Unidos, il Cartello Indipendente di
Acapulco, i Los Ardillos, i Los Rojos. Secondo il Centro de Estudios Sociales y de Opinión (CESOP), il 58% dei
messicani si sente meno sicuro (indice in forte aumento rispetto a precedenti rilevazioni) e teme soprattutto
furti e rapine). I cittadini attribuiscono la recrudescenza dell’attività criminale, oltre che alle lotte tra i cartelli,
anche alla mancanza di protezione da parte delle Forze dell’ordine e alla disoccupazione. L’aumento della
violenza è nondimeno un aspetto generalizzato: secondo i dati delle autorità, nel mese di maggio sarebbero stati
compiuti 1.746 omicidi, dato record dal settembre 2012. Nel 2015, il tasso di omicidi nel Paese è aumentato,
attestandosi a quota 14 casi per ogni 100.000 abitanti. Nei primi 5 mesi del 2016, l’incremento è stato ancora più
marcato: +19% rispetto allo stesso periodo del 2015. Per quanto sia in corso la diversificazione dell’attività
criminale, si registrano importanti trend nel mercato della droga; l’eroina è di nuovo in crescita mentre si
contrae la vendita di cocaina (valutazione di UNODC, 2016). Sarebbe anche aumentata la superficie coltivata a
papavero d’oppio, soprattutto tra il 2014 e il 2015, in particolare nell’area del Triangolo d’oro, tra Sinaloa,
Durango e Chihuahua.
Resa dei conti nel PRI dopo la sconfitta elettorale
Le consultazioni del 5 giugno hanno rappresentato il peggior risultato elettorale nella storia del Partido
Revolucionario Institucional (PRI), quasi sempre al governo nella storia politica messicana. La sconfitta nelle
votazioni legislative, statali e municipali ha provocato l’inevitabile resa dei conti all’interno del partito del
Presidente Enrique Peña Nieto, sia a livello locale sia sul piano nazionale. Pesa soprattutto la débâcle
nell’elezione dei governatori in 12 stati: il PRI, che ne deteneva nove, ha vinto solo in 5, uscendo battuto anche
in storiche roccaforti del partito, come Tamaulipas e Veracruz, oltre che nel Durango, nel Quintana Roo e in
Chihuahua. Tra le principali cause che hanno portato al rovescio elettorale, favorendo la significativa
affermazione del Partido Acción Nacional (PAN), di destra, vi è la corruzione imperante su tutto il territorio
nazionale; un fenomeno che, agli occhi dell’opinione pubblica, non solo non ha incontrato l’opposizione forte
del governo e del Partito al potere, ma che, anzi, ha trovato, proprio nella burocrazia locale del PRI, uno dei
principali agenti propagatori. Proprio nel Chihuahua è in corso una serie di manifestazioni, con duri scontri con
le forze dell’ordine, sia a causa delle accuse di corruzione nei confronti del governatore uscente (del PRI), sia
per la penuria di carburante a seguito dello stop delle forniture da parte di una controllata di PEMEX, interdetta
per corruzione ed evasione. Il PRI ha tuttavia reagito alla sconfitta in tempi ragionevolmente rapidi: il 20 giugno
si è dimesso il presidente del partito, Manlio Fabio Beltrones, che molto si era speso proprio nelle elezioni per
il rinnovo dei governatori degli stati. Inoltre, il Presidente Enrique Peña Nieto ha deciso di accelerare l’iter
parlamentare del nuovo Sistema Nazionale Anti-corruzione (SNA), un progetto ambizioso che deve tuttavia
superare l’ostruzionismo di ampi settori del Parlamento. La corruzione rappresenta anche un costo molto alto
per l’economia messicana, stimato in circa 48 miliardi di dollari USA, intorno al 9% dell’intero Prodotto Interno
Lordo.
Situazione sempre più tesa tra polizia e insegnanti
L’arresto, il 12 giugno, per ordine della Procura Generale del Messico, di Rubén Núñez, principale leader
dell’ala militante (Sección 22) del
sindacato degli insegnanti dello
stato di Oaxaca (Coordinadora
Nacional de Trabajadores de la
Educación
–
CNTE),
ha
riacutizzato gli scontri tra le forze
dell’ordine e gli esponenti più
radicali del CNTE sulle strade
dello stato di Oaxaca, tra Salina
Cruz
e
Nochixtlan
(sulla
Carretera
Oaxaca-Puebla),
interessando anche l’autostrada
che collega il Chiapas all’Oaxaca
stesso e fino alle direttrici che
collegano il Messico meridionale
al resto del Paese. Lo sciopero
degli insegnanti, ostili alla
riforma
dell’istruzione
che
prevede
anche
esami
regolari
Scontri tra polizia e manifestanti del CNTE, nello stato di Oaxaca. Fonte:
sulle loro capacità professionali,
telesurtv.net
3
ha portato a blocchi stradali e scontri violenti tra polizia e CNTE, che il 19 giugno hanno causato la morte di sei
persone. Sia il CNTE sia i partiti di opposizione hanno espresso forte preoccupazione per la deriva della
situazione. Il governo ha intenzione di mantenere la linea dura nei confronti degli insegnanti, anche perché
l’ostilità alla riforma dell’istruzione non riscuote molto sostegno a livello nazionale. Quello che preoccupa
maggiormente è il divario, che in determinate situazioni sembra acutizzarsi, tra centro-nord del Paese,
sviluppato, e sud rurale e arretrato. Proprio negli stati meridionali di Oaxaca, Guerrero e Chiapas il CNTE ha
le sue roccaforti più importanti.
Fonti utilizzate: Rio Dòce, Reuters, CESOP, Observatorio Virtual, ABC News, MAECI, InsightCrime, Animal Politico,
UNODC
4
VENEZUELA
Sommario
Mentre il governo Maduro deve sostenere la
pressione
politica
dell’opposizione,
rappresentata soprattutto dalla Mesa de
Unidad Democratica (MUD), il quadro
complessivo della sicurezza appare sempre più
critico, complicato dalla crisi alimentare, che
causa continuamente proteste e saccheggi,
soprattutto nei centri urbani, e dall’aumento
della criminalità, specialmente nella parte
occidentale del Paese, al confine con la
Colombia.
In questa regione, negli ultimi anni, si è
consolidata una estesa rete di contrabbando,
mentre la frammentazione dei cartelli
colombiani ha portato alla nascita di nuovi
gruppi, come le bande criminali (BACRIM)
che collaborano con elementi corrotti delle
forze dell’ordine venezuelane per il trasporto
di narcotici nel Paese.
Le prospettive economiche e finanziarie, nel caso Maduro dovesse restare in carica, sono del tutto negative.
Deterioramento generale del quadro della sicurezza
L’insicurezza in Venezuela ha raggiunto un livello talmente alto da divenire un’emergenza regionale,
coinvolgendo l’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) e il governo statunitense. Tuttavia, la maggioranza
dei membri dell’OAS ha deciso, il 23 giugno, di non adottare sanzioni contro il Venezuela, come sarebbe stato
previsto dall’Inter American Democratic Charter. Si è trattato di una piccola vittoria per Nicolas Maduro.
L’amministrazione Obama, d’altro canto, pur fortemente critica delle politiche dell’attuale governo di Caracas
(e di quello precedente), aveva deciso di compiere un gesto di distensione, inviando a Caracas, il 21 giugno, il
Sottosegretario di Stato per gli Affari Politici, Thomas Shannon. Lo scopo primario è quello di normalizzare le
relazioni bilaterali, anche se non è nascosto l’obiettivo di apprendere da fonti dirette il reale stato della sicurezza
del Paese sudamericano. Esso, di fatto, appare drammatico: di pari passo con lo scontro tra Partido Socialista
Unido de Venezuela (PSUV), al Governo, e MUD, che controlla il parlamento unicamerale (Asemblea Nacional), si
intensificano in tutto il Paese proteste, manifestazioni e saccheggi nei principali supermercati e mercati. La crisi
alimentare e quella energetica, solo parzialmente risolta per l’attenuazione della siccità, hanno spinto molte
persone a scendere nelle strade e a provare, anche con la violenza, a procurarsi generi alimentari di prima
necessità. Nella città di Cumaná, stato di Sucre, sono morte da inizio giugno 4 persone e 400 sono state arrestate;
oltre 20 esercizi commerciali sono stati danneggiati. Il 21 giugno, un uomo è entrato sparando nella sede della
Banco Central de Venezuela, a Caracas, un altro segno tangibile della tensione crescente. Nel contempo, nell’ovest
del Paese, al confine con la Colombia, aumentano gli episodi di criminalità collegati soprattutto al narcotraffico
e al contrabbando di merci, anche prodotti alimentari, venduti poi in Venezuela a prezzi molto superiori. Lungo
la fascia di confine tra Colombia e Venezuela operano sia le Bandas Criminales (BACRIM)) colombiane, come il
Clan Usuga, sia elementi deviati della polizia colombiana e della Guardia Nazionale Bolivariana del Venezuela,
che spesso compiono estorsioni anche ai danni di contrabbandieri che vogliono utilizzare i passaggi illegali di
frontiera, concentrati soprattutto nel dipartimento colombiano di Norte de Santander. A rendere ulteriormente
5
precaria la posizione del regime di Maduro è la perdita evidente di consensi anche nel quartiere “23 Enero” di
Caracas, dove un tempo si concentravano i colectivos, milizie armate al sostegno del movimento chàvista. Essi
sono ora invece fortemente ostili al governo, a causa delle ristrettezze della maggioranza della popolazione.
Sono stati creati blocchi agli incroci stradali, con barricate fatte anche di pneumatici usati ai quali è stato dato
successivamente fuoco. Le proteste sono frequenti anche nella zona di Miraflores, dove si trova il palazzo
presidenziale.
Una crisi economica e finanziaria quasi irreversibile
Il governo Maduro tenta di uscire
dalle difficoltà create dal calo del
prezzo del greggio e dalla
diminuzione della produzione da
parte di Pétroleos de Venezuela
(PDVSA), provando a sfruttare le
risorse minerarie del Paese,
soprattutto oro, lungo quella che a
fine febbraio era stata ribattezzata
Zona de Desarollo Estratégico
Nacional - Arco Minero del Orinoco.
Alcuni accordi commerciali sono
stati implementati, come quello per
rivitalizzare lo sfruttamento delle
miniere di Las Brisas, nello stato di
Bolivar, da parte della compagnia
Gold Reserve che si dovrebbe anche
occupare del macro progetto delle
miniere oro/rame di Las Cristinas,
Penuria alimentare e inflazione fuori controllo in Venezuela. Fonte:
sempre nel Bolivar. Per valorizzare
Sumarium.com
in pieno le risorse minerarie,
tuttavia, manca un piano strategico che si preoccupi sia della realizzazione delle infrastrutture necessarie sia
dell’afflusso di capitali stranieri. Per quanto riguarda il primo punto, si sta provando a coordinare la compagnia
mineraria nazionale, Minerven, e la Corporación Minera Venezolana (CMV), congiuntamente all’Instituto Nacional
de Geologia y Mineria (INGEOMIN), all’interno di un nuovo ministero che si occupi esclusivamente di
investimenti e sfruttamento delle miniere, ma il difficile contesto politico potrebbe vanificare il progetto. Il tasto
più dolente rimane quello dei finanziamenti esteri; nonostante il rilevante sostegno della Cina, che ha fornito
126 miliardi di dollari solo per il periodo 2001-2014, il rischio economico rappresentato da Caracas risulta un
deterrente molto forte per altri investitori, soprattutto privati. Secondo una proiezione del Fondo Monetario
Internazionale (FMI), l’inflazione, alla fine del 2016, dovrebbe attestarsi intorno al 720%. Se Maduro e il
chàvismo durassero sino alla fine del mandato del Presidente, nel 2019, le stime risulterebbero ancora più
negative: sempre secondo il FMI, l’inflazione potrebbe addirittura salire oltre il 3.000% nel giro di due anni e
mezzo, complice le disastrose scelte finanziarie di Caracas, compreso il doppio sistema di cambio che ha portato
a uno sviluppo senza precedenti nel mercato nero. Per quanto riguarda la produzione, l’FMI valuta una
possibile contrazione del Prodotto Interno Lordo (PIL) dell’8% per il 2016 e del 4,5% nel 2017, mentre la Banca
Mondiale stima una contrazione del 10,4% per il 2016 e del 3,4%per il 2017.
Prosegue l’iter per il referendum anti-Maduro
Lo scontro tra opposizione e Governo riguarda sia la strategia per fare uscire il paese dalla crisi economica sia
le iniziative della MUD per accelerare la fine del regime chàvista. Le due correnti principali della coalizione,
quella moderata di Henrique Capriles Randoski e quella radicale di Leopoldo López, sono finalmente unite nel
sostenere il referendum per revocare il mandato presidenziale di Maduro, che scade nel 2019. Dopo aver
6
raccolto quasi 2 milioni di firme, primo passo nella procedura referendaria (ne servivano solo 197.000),
l’opposizione, in base a una procedura stabilita dalla Costituzione e svolta sotto il controllo del Consejo Nacional
Electoral (CNE – formato solo da esponenti scelti dal Presidente), ha ottenuto la validazione della maggior parte
delle firme tramite il controllo delle impronte digitali in check-points creati dal governo e disseminati sul
territorio. Affinché si possa tenere il referendum vero e proprio, è necessaria una seconda petizione, firmata
questa volta da 4 milioni di elettori (circa il 20% della popolazione). Per la revoca del mandato di Maduro è
necessario che essa sia approvata, al referendum, da un numero di votanti uguale o superiore a quello di coloro
che lo hanno eletto alla presidenza nel 2013 (7.587.579). Sono possibili, tuttavia, varie iniziative del Governo
per rallentare la procedura referendaria (Maduro si era già dimostrato scettico che essa potesse concludersi
prima della fine del 2016), sfruttando il controllo sia del CNE sia del Tribunal Supremo de Justicia (TSJ). La volontà
di rallentare l’iter non è casuale; infatti, secondo la costituzione, se il referendum si tenesse dopo il 10 gennaio
2017, anche in caso di accoglimento della richiesta di revoca del mandato di Maduro, non si procederebbe a
nuove elezioni ma alla sostituzione di Maduro con il suo vice, Aristobulo Isturiz, fino al 2019.
Fonti utilizzate: El Nacional, Stratfor, Laht, Latinnews, IMF, Ecoanalitica, Human Rights Watch
7
Principali eventi degli altri Paesi della regione
HONDURAS
Primi successi della
Commissione per riformare
la Polizia.
Evento: il 16 giugno, a Washington, in un evento
organizzato dal Woodrow Wilson Center, alcuni
membri della Commissione Speciale per la riforma
della Polizia Nazionale dell’Honduras hanno
presentato le prime valutazioni sui risultati del
programma, introdotto con misure legislative dal
Presidente Juan Orlando Hernández e approvato a
larga maggioranza dal Congresso Nazionale lo
scorso aprile.
Analisi: secondo le dichiarazioni, sarebbero già
stati valutati 272 agenti (su un organico di 14.000),
sotto il profilo delle capacità, della trasparenza del
loro operato, della loro reputazione. Circa il 40% di
essi non avrebbe superato l’esame e sarebbe stato
costretto a lasciare la Polizia. La Commissione
sembra operare bene, soprattutto perché agisce in
maniera del tutto indipendente dai Verici della
Polizia Nazionale, con un ampio mandato.
L’obiettivo è quello di arruolare e addestrare 22.000
agenti nei prossimi 6 anni, portando i ranghi
complessivi della polizia a 26.000 uomini, compresi
quelli già in servizio che supereranno la
valutazione. La strategia è resa complicata dai costi
economici connessi alla riforma. Il progetto
comporterebbe una spesa di circa 359 milioni di
dollari, superiore a quanto stanziato per la
sicurezza nel budget del 2016.
COSTA RICA
Aumenta l’immigrazione
dall’Africa
Evento: secondo i dati raccolti dalla Dirección
General de Migración y Extranjería, circa 20.000
persone provenienti soprattutto dalle coste africane
sarebbero in rotta verso l’America Centrale e in
particolare il Costa Rica. Questa stima è superiore
di due volte a quella resa nota solo un mese fa (9.000
persone) dal Ministro degli Esteri Manuel González
in un’audizione davanti l’Organizzazione degli
Stati Americani (OAS).
Analisi: i migranti provengono soprattutto da
Congo, Costa d’Avorio, Guinea e Senegal, sia
direttamente sia attraverso Spagna e Portogallo. Il
loro obiettivo è quello di arrivare in America
Meridionale o Centrale per poi provare a chiedere
asilo in Messico o negli Stati Uniti, dopo un lungo
viaggio verso Nord. L’America Centrale
rappresenta un punto di passaggio obbligato e i
Paesi della regione non sembrano in grado di
affrontare l’emergenza. Nel novembre 2015, il
Nicaragua aveva chiuso la sua frontiera con il Costa
Rica, per impedire il transito di esuli cubani diretti
verso gli USA. Il Costa Rica di rimando aveva
adottato la medesima strategia con Panama e
Panama con la Colombia. La preoccupazione
principale, oltre quella di carattere umanitario, è
rappresentata dal rischio di infiltrazioni di elementi
radicali all’interno dei gruppi di migranti. I Paesi
dell’America Centrale, da soli, non sono in grado di
monitorare tale fenomeno.
COLOMBIA
Sviluppi nel processo di pace
con le FARC
Evento: la firma del cessate-il-fuoco tra Governo e
Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia (FARC),
il 23 giugno, rappresenta il primo concreto passo
per arrivare a un accordo di pace definitivo, che
potrebbe essere siglato entro il 20 luglio 2016.
Analisi: l’impegno delle FARC a porre fine alla
lotta armata potrebbe rendere la Colombia più
sicura ma di certo non limiterebbe, nel breve
periodo, la violenza legata alla criminalità e al
narcotraffico. Inoltre l’economia colombiana,
penalizzata dal calo dei prezzi del greggio, non
riuscirebbe a sfruttare appieno i benefici
dell’accordo con le FARC, anche se la debolezza
della valuta locale, il miglioramento del clima
politico e sociale interno e strategie businessfriendly potrebbero attrarre rilevanti investimenti
dall’estero. Nondimeno, il governo colombiano
9
deve affrontare una situazione di fragilità intrinseca
sotto il profilo della sicurezza perché la
proliferazione di gruppi criminali, le BACRIM
(Bandas Criminales), e l’estensione dei loro affari
criminali in tutto il Sud America, dal vicino
Venezuela al Brasile e all’Argentina, testimonia il
rafforzamento del potere di gruppi come il Clan
Usuga, uno dei principali sodalizi criminali
colombiani, composto anche di ex paramilitari.
PERU’
Kuczynski vince le elezioni
ma lo attende un duro
compito
Evento: Pedro Pablo Kuczynski (del movimento
Peruanos Por el Kambio - PPK) è il nuovo Presidente
del Perù, dopo la vittoria di misura, al secondo
turno, sulla figlia dell’ex Presidente Alberto
Fujimori, Keiko: il 50,12% dei voti contro il 49,88%.
L’entrata in carica dell’economista Kuczynski (28
luglio) dovrebbe essere accompagnata dalla
presentazione di un pacchetto di misure per
incrementare gli investimenti esteri, ridurre il
carico fiscale e migliorare la sicurezza pubblica.
Rimane tuttavia il problema della mancanza di una
maggioranza parlamentare, perché il partito della
Fujimori, Fuerza Popolar (FP), ha ottenuto 70 seggi
su 130.
Analisi: i problemi del Perù sono tuttavia
complessi, a partire dalla questione sicurezza, sulla
quale incidono la presenza di residue frange di
Sendero Luminoso, movimento radicale maoista da
decenni radicato nelle regioni del centro-sud del
Paese, e la recrudescenza della criminalità nel nord
e sulla costa, oltre che nei principali centri urbani, a
partire dal porto più importante, Callao. Le regioni
amazzoniche al confine con il Brasile e la Colombia
sono inoltre sempre più utilizzate da gruppi di
narcotrafficanti per la produzione e il trasporto di
stupefacenti.
BRASILE
Cresce la preoccupazione per
la sicurezza in vista delle
Olimpiadi
Evento: il 17 giugno, il governo dello stato di Rio
de Janeiro ha proclamato lo stato emergenza
finanziaria, richiedendo fondi federali, anche per
garantire i servizi pubblici, dai trasporti alla
sicurezza, durante le imminenti Olimpiadi, che si
terranno dal 5 al 21 agosto 2016.
Analisi: l’emergenza finanziaria testimonia non
solo la difficoltà delle istituzioni federali, alle prese
con gli scandali politici e il processo
d’impeachment in corso nei confronti della ex
Presidente Dilma Rousseff (sospesa dall’incarico
per 180 giorni), ma anche la fragile tenuta degli stati
brasiliani. La concomitanza delle Olimpiadi di Rio
preoccupa non poco, considerando la scarsità di
fondi a disposizione e il peggioramento del
contesto sociale (dimostrazioni e proteste in tutto il
Paese, anche senza preavviso, mentre non si
possono escludere azioni violente anche durante i
Giochi). A risentirne, a Rio de Janeiro, potrebbe
essere proprio il quadro complessivo della
sicurezza che, nonostante il previsto impiego di
circa 85.000 tra agenti e militari, deve far fronte
anche a carenze strutturali e alla scarsa
collaborazione tra le agenzie preposte, nonostante
la creazione di un centro di coordinamento. A
testimoniare il livello attuale di penetrazione dei
sodalizi
criminali,
un
commando
di
narcotrafficanti, il 20 giugno, ha fatto irruzione
nell’ospedale Souza Aguiar, per liberare un
detenuto in cura, Nicolas Labre Pereira de Jesus,
che gestisce il traffico di droga nella favela di Santo
Amaro ed è il fratello di uno dei leader di Comando
Vermelho, uno dei gruppi criminali principali del
Brasile. L’ospedale fa parte della rete sanitaria
raccomandata per i turisti stranieri che affluiranno
a Rio durante le Olimpiadi.
10