Fondi - estetica della citta

Transcript

Fondi - estetica della citta
FONDI
N.Poussin, La distruzione di Amiclae, e F.J.Navez, Vendemmia a Fondi
testimoniano la fortuna della città nella storia della pittura
Alle città europee dopo il XII secolo il tracciato stradale di una precedente e
antica città romana incomincia ad andare stretto perché la sua simmetria – due
strade a croce per delimitare quattro quartieri con al centro il foro e i suoi templi –
perché i temi cittadini man mano emergenti sono troppi e non possono venire
concentrati soltanto in una sola piazza ma devono venire disposti in sequenze
tendenzialmente lineari non facilmente riconducibili a un quadrato.
La città romana di Timgad
1
Sicché anche a Fondi il tracciato della via Appia, fatta deviare al tempo dei
romani da Appio Claudio proprio per sovrapporsi alla strada centrale della città di
allora, diventerà nel corso del nostro millennio il filo della sequenza di maggior
rilievo, cui ricondurre i temi collettivi e le piazze e le strade tematizzate, negando
così l’equivalenza implicita nel quadrato.
Subito singolare appare, di questa sequenza cittadina, che il castello ne faccia
integralmente parte e che la strada maestra passi sotto una porta quasi scavata nel
suo corpo edilizio.
Il castello e la porta con il palazzo
Il fatto è che questi castelli turriti evocano feroci battaglie, arieti e catapulte, olio
bollente giù dalle caditoie, combattimenti di eroici catafratti estranei alla vita
cittadina e dunque poco compatibili con il pacifico paesaggio di una città e
dunque da tenere lontani: ma nulla di questa immagine corrisponde al vero. E’ che
già nella prima metà del Trecento, quando venne costruito quello di Fondi, la
forma di un castello non evocava una macchina da guerra ma sembrava più che
altro la meglio consona al rango della stirpe aristocratica titolare del dominio, con
le varie sale di rappresentanza e le stanze per l’amministrazione, mentre poi il
signore abitava in un confortevole palazzo lì accanto che, seppure cospicuo,
condivideva l’aspetto esteriore e lo stile architettonico degli altri palazzi delle
famiglie più facoltose della città con le quali la sua corte intratteneva normali
rapporti.
A Fondi il castello turrito ha fatto per secoli la sua figura anche se poi, all’atto
pratico quando nel 1534 i cittadini vi ripararono per sfuggire a una scorreria del
corsaro maghrebino Barbarossa (cui qualche spregiudicata amministrazione
comunale ha dedicato in seguito una strada) che aveva assalito la città per rapire
Giulia Gonzaga riuscì a resistere soltanto per undici ore.
A Barbarossa questa spedizione era stata suggerita da un folto gruppo di cortigiani
turchi, vivacemente preoccupati per la crescente influenza di Roxelane su
Solimano: a quella donna di carattere e di fascino formidabili, capace di mosse
crudeli e rischiose, avevano immaginato di contrapporle una principessa di otto
anni più giovane – Giulia aveva allora ventun’anni - la cui fama faceva sperare
capace di esserle una valida antagonista.
2
Giulia Gonzaga, ritratta da Sebastiano del Piombo, e Roxelane
Questa Giulia Gonzaga Colonna, celebrata per la bellezza l’intelligenza e la
verginità, era poi la zia e curò l’educazione di quel Vespasiano Gonzaga che
ridisegnò Sabbioneta dove, per ricordarla, pose all’accesso della piazza
monumentale con la galleria degli antenati appunto una colonna.
La piazza monumentale di Sabbioneta con la colonna
Di fatto dunque il complesso signorile comprendeva sia il castello con accanto e
distinto un torrione - nello stile francese del donjon diffuso nel Trecento dagli
angioini nel loro regno napoletano - sia il palazzo vero e proprio con il suo
giardino, distrutto di recente per aprire via Giulia Gonzaga.
3
Viste del castello di Fondi con la via Appia verso Napoli
Ma, mentre a Ferrara o a Mantova o a Lisbona o a Bruxelles il palazzo signorile è
affacciato su una piazza cittadina e il castello è ai suoi margini quello di Fondi fa
parte integrante della città, come sa tra i cittadini e il signore feudale non
esistessero veri conflitti.
E’ che, contrariamente a quanto comunemente pensiamo, i Comuni dell’Italia
meridionale - che hanno incominciato a venire riconosciuti verso il X secolo - non
erano meno vitali di quelli della Padania o del Reno, sicché, quando nel XII
secolo i normanni vi hanno introdotto l’ordinamento feudale, i consoli del
Comune mercantile erano abbastanza consolidati nella loro tradizione di governo
civico e di amministrazione della giustizia da convivere senza scontri sia con i
titolari della contea (per la verità impegnati per conto loro negli interminabili
conflitti propri della sfera aristocratica e soprattutto, ai confini dei rispettivi
territori, tra il regno di Napoli e il dominio pontificio) sia con una solida colonia
ebraica il cui ghetto, nella piazza della sinagoga, è stato ora restaurato.
La piazza della Sinagoga e il cortile del ghetto
Significativo di questi buoni rapporti è poi la nuova chiesa di Santa Maria:
nell’alto medioevo le chiese erano quasi tutte situate i margini delle città perché
le reliquie dei martiri erano associate all’uso romano di seppellire i morti fuori
delle mura, sicché anche la cattedrale di Fondi è al limite dell’abitato, proprio
accanto al castello. Ma quando nel tardo Quattrocento, dopo Pienza e
4
Cortemaggiore, la chiesa principale viene disposta a dominare la piazza
principale, il conte fonda la nuova cospicua chiesa di Santa Maria proprio di
fronte al palazzo municipale - negli anni Trenta del Novecento poi spostato sul
suo fianco e oggi nel convento di San Francesco.
A quel tempo prendono corpo anche a Fondi i nuovi principi estetici delle città
europee – da Lubecca a Palermo – e la strada maestra diventa l’anima di una
sequenza nei secoli sempre più ricca, come la vediamo oggi: verso Roma, appena
fuori le mura, marcata dalla chiesa di San Bartolomeo come l’ouverture di
un’opera lirica, poi dalla porta (demolita nell’Ottocento), dalla strada principale
con un’altra piccola chiesa, dalla piazza principale con il muncipio e Santa Maria,
da un breve tratto di strada monumentale, dalla piazza del duomo, dalla piazza del
castello e, subito fuori, dal prato della fiera e più lontano dal convento di San
Francesco con il suo immenso orto che contrappunta il convento di San Domenico
all’interno delle mura, a sua volta in capo a una strada trionfale marcata sulla
piazza principale dal campanile della chiesa.
La piazza principale con la strada principale prima e dopo la demolizione
della porta romana, quando sullo sfondo compare la chiesa di San
Bartolomeo
La strada monumentale
5
Piazza del duomo e una veduta settecentesca con in primo piano l’orto di San
Francesco e a sinistra il giardino del palazzo comitale
Questa sequenza verrà progressivamente sottolineata fino ai giorni nostri.
Verso Roma, di fronte alla chiesa di San Bartolomeo e di fianco ai resti delle
mura medievali, verrà allargata una breve strada con i palazzi della borghesia
ottocentesca e, di seguito, la via Appia diventerà strada principale di secondo
rango.
La strada davanti a San Bartolomeo
Anche verso Napoli la via Appia diventerà una strada principale folta di mercati e
di cortei, ma ad arricchire in modo decisivo la sequenza sarà in un primo tempo la
passeggiata trionfale tracciata negli anni Trenta accanto al castello e alle mura,
diritta verso la nuova scuola, e in un secondo momento quella – anch’essa
trionfale e arredata come un salotto – verso il convento di San Francesco, un
vistoso contrappunto alla chiesa di San Bartolomeo dalla parte opposta della
sequenza, questa oggi quasi un museo archeologico, quella una stravagante
enoteca minimalista.
6
Corso Italia e la prima passeggiata nell’anteguerra
La nuova passeggiata verso San Francesco e verso il mastio
Un suggerimento vigoroso ripreso nei decenni successivi, con il giardino pubblico
accanto alla chiesa di San Francesco – contrappuntato da un boulevard – e oggi,
ancora in costruzione.
Il progetto di sistemazione del giardino pubblico e del nuovo municipio nella
sequenza cittadina
7
Pianta tematizzata
Questa corposa tradizione formale, questa solida civitas di così vecchia data, è poi
sottolineata dall’architettura delle case antiche, i cui portali mostrano, con la loro
diffusa e talvolta superba decorazione, specchiata in una pavimentazione stradale
fatta di grandi masselli di pietra chiara (e di lava nella strada principale), una
popolazione fiera della propria appartenenza civica.
Portali tra i più ricchi della città
La ricostruzione dopo i rilevanti bombardamenti dell’ultima guerra ha dato
l’occasione per rendere il volto della città più “moderno” aggiungendo alle case
vecchie – a quei tempi le case antiche sembravano soltanto vecchie – nuovi
balconcini sporgenti, sicché ora che l’intera Fondi di un tempo, ancora racchiusa
dalle mura, è diventata un centro storico, un nuovo tema dell’orgoglio collettivo
confrontato con quelli di tutte le altre città europee, restaurati con cura e resi
pedonali come ogni cosa sacra, questi balconi novecenteschi sembrano una
8
clamorosa incongruenza e di fatto lo deturpano intaccando la memoria di pietra
dei suoi cittadini.
I balconi del centro storico
A questo ritratto – la cui prima versione è stata pubblicata nel volume Piccole città, borghi e villaggi edito dal
Touring Club Italiano nel 2007 – ha collaborato Ludovico Milesi.
9