Pensér d`ü giramónd
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Pensér d`ü giramónd
SPETTACOLI L’ECO DI BERGAMO SABATO 25 MARZO 2006 Gli ultimi toccanti versi di Tito Oprandi Musicati dal nipote Michelangelo, sono cantati da Luciano Ravasio nel cd «Penser du giramònd» Penser du giramònd è composte dal nipote di Tiprima di tutto un omaggio to, una guida alpina con la all’ultimo sentire di Tito passione per le note, LuciaOprandi. Il disco raccoglie no ha cantato il tutto, prengli ultimi versi della colon- dendosi il tempo necessana portante del trio popola- rio per le registrazioni, quare Mé, lu e chél’oter, mu- si tutte molto belle. Ravasicati dal nipote Michelan- sio è perfetto nell’interpregelo Oprandi e interpreta- tazione anche perché quel ti da Luciano Ravasio, can- sentire non è affatto lontatastorie e ricercatore (pro- no dal suo lavoro e dalla ricerca che ha prio oggi alle portato avan15,15 è ospite ti in tanti andi Nu Road ni sulla cansu Raidue). zone d’autore «Prima di moin vernacolo. rire, Tito ha Tito Opranlasciato dei di, protagoniversi – spiega sta di mille seRavasio – e, rate con il suo calcolando trio brembache lui era un Tito Oprandi no, a un certo personaggio punto della viche aveva sempre fatto l’istrione, l’a- ta si è ammalato di cancro nimatore di feste popolari, e durante quei giorni terriil senso di quelle parole è bili ha continuato ad approfondo. Le canzoni le ab- puntarsi versi, molto diffebiamo registrate da qual- renti da quelli che abitualche tempo ormai, ma il di- mente inforcava con Mé lu sco è uscito con calma, per e chél’oter. «In base alla stevia del fatto che certi lavori sura dei testi – spiega semnon hanno tutto questo pre Luciano Ravasio – si segue l’ultimo iter esistenziamercato». Le canzoni, naturalmen- le di Tito. L’ultima canzone te sono in bergamasco. Sul del disco, quella che dà il tilibretto le traduzioni aiuta- tolo all’album, corrisponde no. Le musiche sono state proprio all’ultimo scritto». Le cose che meglio caratterizzano l’opera si legano in modo indissolubile alle ultime vicissitudini dell’Oprandi cantante e suonatore folk. A l’ospedal dé San Gioàn Biànc è quasi una cronaca neorealista di quel che avviene quando uno scopre di essere assalito da un «malaccio». Da lì inizia un calvario che Tito racconta con spirito schietto e popolare, come ha sempre fatto, guardando la realtà che gira intorno. Ol prét de l’ospedal è il racconto di un incontro. Il peccatore sdraiato sul letto, il prete in piedi, a fianco. Tito si definisce «cattolico a modo mio» e poi conclude i versi quasi fosse in un sogno: «La carico di sentimento. Un Pasqua è vicina, mi sembra misto di amarezza e rassedi sentire, è ieri che me l’ha gnazione – continua Ravadetto ‘Tienilo a mente’. Ed sio –. La canzone si concluè ancora qui, per fede e per de così: Tu sei la mia donmissione. Non dicano che na, tu sei mia compagna, questo parroco è in pensio- adesso la mia colonna, finine». ta la cuccagna». Qualcosa C’è un’altra canzone che nel disco suona alla Van De colpisce ed è arrivata drit- Sfroos, del resto Michelanta anche al cuore di Rava- gelo Oprandi è di generaziosio. S’intitola ne. Lui conU cor ché me fessa di aver brama. Racletto la poesia conta di Tito, Penser du gisempre più ramònd dopo ammalato, la morte dello che a sera zio, pubblicascruta il volto ta sul bollettidell’amata no parrocmoglie per chiale del suo scovare in paese, San Luciano Ravasio quegli occhi il Pellegrino. Da segno della lì è nata l’idea preoccupazione, quasi a di regalare musica alle pacontrollare la gravità della role dello zio Tito. «Quel suo malattia attraverso l’espres- pensiero mi ha colpito. Mi sione della compagna. C’è ha profondamente comuna straordinaria profon- mosso l’immagine evocata dità in questi versi, una ca- dal suo primo pensiero. pacità di analizzare lo spi- L’ho immaginato nel letto rito umano che va ben al di dell’ospedale mentre penlà del gioco popolare che Ti- sa ai grandi spazi delle noto Oprandi ha condotto per stre Prealpi, dove soleva ananni, suonando in tutta la dare a passeggiare, maganostra provincia e anche al- ri in compagnia della sua trove. «C’è una grande ve- fisarmonica». rità anche in questo testo Ugo Bacci 35