N° 42 del 19/11/2011
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0828.720114 - unicosettimanale.it - [email protected] Editore: Calore s.r.l. Sede Legale: Via S. Giovanni, 86 - Villa Littorio - Laurino (Sa); Sede Redazionale: Via della Repubblica, 177 - CapaccioPoste Italiane - Spedizione in a.p. - 45% - art. 2 comma 20/b legge 662/96 - Dir. Com. Business Salerno - Abb. annuale 25,00€ € 1,00 Anno XIII n°42 del 19 Novembre 2011 S O T T O L A T E R R A C ’ È . . . PRIMO RAPPORTO INDIPENDENTE SULLO STATO DEL PATRIMONIO ARCHEOLOGICO DEL CILENTO E DEL SELE “La sventura e le rose di Pesto vincono ugualmente l’oblio e la caduta dei secoli” PAESTUM Aurelio Di Matteo 2 Lucio Capo 4 Francesco Ambrosio 5 Oreste Mottola 6 AGROPOLI Filippo Romanelli 8 ALTAVILLA ALBANELLA LAURINO Oreste Mottola 11 Katia Lettieri 3 Capa ccio elez ioni Palu : mbo c’è Fabio Cinnadaio 13 ROCCADASPIDEFranca Pazzanese14 ROSCIGNO CARICATURA DI PAOLA PAOLINO Riccardo Bacchelli Vito Roberto 17 BATTIPAGLIA Valerio Calabrese 20 PONTECAGNANOTiziana Troisi 22 articoli a pagina 7 e 9 BATTIPAGLIA EBOLI di Ernesto Giacomino di Francesco Faenza Getta e vinci Le mille bolle... grigio choc Da bambino, come parecchi, servivo messa. E per assicurarsi un massiccio intervento di chierichetti in ogni funzione, il frate che gestiva la sagrestia s’era inventato un sistema di tutto rispetto: la gara delle presenze. Cosicché tu ti mettevi lì, da gennaio a Natale, e officiavi al fianco dei preti qualunque celebrazione solcasse quel sagrato, che fosse roba ordinaria o straordinaria, benedizioni o processioni, matrimoni o funerali. Eboli- Periodo nero, nerissimo. Commercio in ginocchio. E il megastore Le Bolle, da poco aperto, centra davvero poco. Molte colpe sono del comune di Eboli. Senza Ici, con poca Tarsu in cassa, con tanti sprechi da eliminare (vedi relazione ispettore ministero delle finanze) l’amministrazione Melchionda non è riuscita ad asfaltare nemmeno via Cupe, la strada che porta al centro commerciale. CONTINUA A PAGINA 20 CONTINUA A PAGINA 18 2 N° 42 19 Novembre 2011 BORSA DEL TURISMO ARCHEOLOGICO. L’agenda dell’edizione 2011 Paestum: un grido di dolore in attesa della city culturale È quello che Paestum lancia a tutti gli ospiti della Borsa del Turismo Archeologico, in particolare ai politici e agli amministratori a tutti i livelli e di tutti gli Enti! Un Museo che tiene nascosti nei sotterranei reperti dall’inestimabile valore e che vede sempre più decrescere i suoi visitatori, già pochi in assoluto, nonostante che per la quasi totalità l’ingresso sia gratuito; un’area archeologica nella maggior parte coperta da erbacce e lasciata al degrado dell’incuria; una cinta muraria avvolta dal buio, assalita da rovi e sepolta da una folta vegetazione da far concorrenza a quella secolare che incontrarono i Borbone quando la squarciarono con una strada a lunga percorrenza, che con ironica decisione è stata in seguito denominata Magna Grecia; una teoria di orrendi punti vendita di altrettanto orrendi souvenir e alle spalle campi di mais e bufale che impediscono ogni tentativo di riportare alla luce l’antica città di Poseidonia; lo stato di abbandono in cui versa l’area circostante le mura, le superfetazioni di costruzioni brutte e degradate, l’utilizzo improprio del suolo con costosi e vuoti parcheggi, l’esposizione a ogni tipo di vandalismo, l’oltraggio degli inutili raduni e spettacoli musicali estivi che niente hanno a vedere con i Siti Unesco, sicuramente non sono un buon sostegno alla conservazione del riconoscimento di Patrimonio dell’Umanità come non lo sono per attrarre visitatori, dare identità a una destina- PAESTUM, MUSEO NAZIONALE zione turistica e promuovere sviluppo. Questo è ciò che decenni di insana e inetta amministrazione, di Enti locali e di Enti statali, hanno consegnato alla visione di turisti sempre più radi. Fra le tante presenze oltraggiose, forse la meno invasiva è proprio quella delle bufale, che possono almeno ricordare l’antica offerta propiziatrice del loro latte alla dea Luna! È da ingenui prospettare un’utopia per sottrarre Paestum all’abbandono e all’incuria e ridare al territorio un futuro di sviluppo economico promovendo finalmente un turismo durevole? È da ingenui cominciare a dare una positiva risposta all’indignato centenario Gillo Dorfles o al sogno del prof. Emanuele Greco? Sono esattamente 182 anni da quando Francesco I mise alla vista dei viaggiatori i tre Templi sventrando l’antica città e spezzando in due quel piccolo gioiello di anfiteatro. I visitatori del Museo archeologico decrescono sempre più, fino a raggiungere l’esiguo numero di diciannove il giorno nonostante “custo- disca” (è il caso di dirlo!) reperti unici al mondo. A fronte di circa 300 lastre dipinte soltanto 25 sono esposte al godimento dei visitatori, senza contare le stupende tombe, una delle quali, forse la più bella, ritrovata lo scorso anno grazie all’azione della Guardia di Finanza e giacente nei sotterranei! Qual è in genere la risposta? Secondo un’indagine dell’ISTAT del 2007, è vero che solamente il 29% degli italiani visita un museo e che la spesa per consumi culturali colloca l’Italia al quint’ultimo posto nell’Unione Europea; ma sono altrettanto veri lo stato di arretratezza con cui sono gestiti i Musei e il difficile o inesistente dialogo tra museo e territorio. In molti casi, infatti, non si è instaurata, e Capaccio ne è un esempio, una produttiva e virtuosa relazione tra Museo e Comunità residente, in modo da promuovere l’identità territoriale e caratterizzare una diffusa e condivisa identificazione di accoglienza e partecipazione degli abitanti con un contesto culturale (City culturale) nel quale sono custoditi beni e testimonianze di grande valore. Meno che mai si è istaurato un rapporto tra Museo e tessuto produttivo locale che potesse prospettare, com’è avvenuto negli Stati Uniti e in altri Paesi, dei modelli alternativi di gestione o di compartecipazione con apporti di risorse finanziarie rivolte a rivitalizzarne la funzione. Per Paestum è necessaria la definizione di un diverso modello di partecipazione, attraverso un rapporto allargato tra Museo, area archeologica, pubblico e territorio. Si è sempre pensato che la comunicazione culturale legata al Museo andasse rivolta a un pubblico “esterno”, dimenticandosi che per farlo “vivere” prioritario è il coinvolgimento degli abitanti il territorio affinché diventi il luogo del dialogo continuo, dell’interazione, della costruzione condivisa di un progetto di allargamento della conoscenza e d’inclusione sociale. Non si tratta di “comunicare” i tre Templi, ma di “costruire” una City Culturale per offrire un’esperienza intellettuale integrata e vissuta. È una “costruzione” che deve avvenire prioritariamente nel costume e nella condivisione della Comunità locale. Aggiungerei, della Comunità allargata all’intera Kora pestana: Giungano, Trentinara, Roccadaspide, ecc., con il loro apporto di idee, di risorse e di testimonianze. È utopia di un ingenuo sognatore? Di certo lo sarà, se nessuno comincerà mai a porvi mano! Togliere le CONTINUA A PAGINA 4 N° 42 19 Novembre 2011 IL FIUME CALORE. Da Piaggine ad Albanella 63 Km di storia e avventure... Termna la sua corsa nella piana di Altavilla, ingrossando il Sele, le cui acque lente e paciose, vanno a miscelarsi, alla foce, nel mare dei miti e della storia, là dove approdò Giasone e scontò nel culto ad Era gli incubi della persecuzione/vendetta di Medea. Più su, nel pianoro vallivo di Controne e Castelcivita, accoglie le acque svenate dal cuore delle grotte con il carico di storia, leggende e miti dei primordi ingigantiti nell’immaginario collettivo. Nell’ansa di Mainardi, che nella bella stagione dimentica frane e smottamenti ed è festa di colorati pic-nic all’ombra amica di pioppi a carezza di brezza, rimanda l’eco antica di “signori” potenti nei castelli, Ettore Fieramosca in quel di Aquara, i Filomarino a Roccadaspide, e di pratiche de vozionali esaltate in processioni affollate per San Lucido protettore,da un alto, e Santa Sinforosa con consorte e figli al seguito, dall’altro. Al Ponte Sette Luci è abbraccio a riso di trina d’argento con il Fasanella ed il Sammaro a conquista sospirata di vallata, dopo i percorsi tenebrosi nel ventre degli Alburni ed il succes- sivo erompere a gloria di luce ed, infine, il tortuoso zigzagare tra uliveti e vigne. Nelle gole di Magliano e di Felitto è traslucida ferita dirupante nel verde della macchia, che brucia al sole essenze mediterranee, è tana sicura a ricovero di lontre, è musica/scroscio di cascata all’incanto dell’Oasi di Remolino, è fragore a dilavare rocce secolari alle radici del castello sull’abisso. A Ponto Rotto è litania per la processione di trote a libertà di nuoto nel letto ciottoloso, è sinfonia scrosciante nella gola a rievocare furori di ascetismo della Vergine Anacoreta di Laurino a pregustare felicità/estasi nei digiuni di Pruno a nuda roccia. E’ riso spumeggiante sotto il ponte, che è memoria di storia su a Piaggine con Santo Simeone sullo sfondo a gloria di sole alla facciata di chiesa antica a veglia di contrada. E’ rigagnolo murmure al Cervati a caracollo di petti di colline, a cantilena dolce nei fossati in gara/controcanto ai campanacci delle mandrie alla pastura brada. E’ il Calore, il fiume sacro alla Valle omonima, di cui ragccoglie storie alle radici dei paesi e le racconta ad ALBANELLA. Fanciulla offerente, ecco la tomba dimenticata La Fancivlla Offerente: Ecco, questo è il nome della tomba di epoca lucana del IV secolo a.c. rinvenuta nel lontano 05 aprile del 1932 in località San Nicola di Albanella. La tomba raffigura, da sinistra verso destra sul lato lungo, una fanciulla offerente. Nella mano destra ha uno skyphos cioè una coppa a forma di tazza, con due piccole anse orizzontali, impostate appena sotto l'orlo. Nella mano sinistra ha una brocca. La fancivlla offerente è raffigurata con capelli rosso rame raccolti in una cuffia nera da cui sfuggono abbondanti ciocche. I lineamenti del viso sono andati perduti da un colpo di piccone che ha infranto il lastrone proprio in quel punto, staccando e disperdendo lo stucco e i tratti dipinti. Continuando verso destra si scorge una coppia di lottatori presi nell’atto del combattimento. Si intravede anche un suonatore di un doppio flauto, che era uno degli strumenti a fiato più diffusi dell’antica Grecia. Lo strumento è di stampo maschile quindi la tomba potrebbe ricordare qualche atleta, qualche uomo. Invece, sul rispettivo lato lungo si può notare un guerriero rivestito di corazza di panno o cuoio Via Magna Graecia 281, 84040 Capaccio Scalo tel 0828 724949 fax 0828 720775 LA POESIA Nella sera che annotta nella valle la lontra a fuoriuscita dalla tana Perlustra cauta anse del Calore. Vi si specchia la luna dal Cervati a gara di chiarore a prima neve. Aquara ride a grappoli di luci. lucciole d’oro in volo sui coltivi: ulivi e vigne a scivolo di fiume. San Lucido protegge e benedice Federico furente alla vendetta della congiura/orgoglio di baroni. E Fieramosca, a gloria di eroismo, qui resse feudo a guida illuminata. E con la brezza alita la storia ondeggiante corso verso il mare. Chi pensa che sia un patrimonio solo della Valle sbaglia di grosso, perchè nella storia e con la storia del fiume rivivono le gesta dei padri antichi ossificati nel dio guerriero dell’Antese a Costa Palomba e nell’arredo sepolcrale del lucumone Enotrio di Monte Pruno.Ed i ricordi del vissuto storico di un territrorio più vasto si snodano per le antiche vie del sale e del grano con Velini e Pestani ad animare commerci fin lassù alla Sella del Corsicato per scivolare in comodo pendio verso il Vallo di Diano, risalire ancora verso Atena e, attraverso Grumentum, approdare alle coste ioniche di Sibari e Metaponto Oh, il percorso straordinario di sorprese della via antica a collegamento tra i 3 due mari, il Tirreno e lo Ionio e che fu teatro della grande storia, di guerra e pace, di conflitti e tregue armate, di traffici sereni e razzie violente! E’ una storia da riscoprire ed esaltare anche per arricchire e diversificare la qualità dell’offerta turistica immettendo sui mercati un patrimonio straordinario, che dal mare penetra e si espande verso l’interno. Anche per questo, ma non solo, le comunità della Valle del Calore non sono indifferenti al futuro politico amministrativo del comune di Capaccio/Paestum, così come uscirà dalle elezioni della prossima primavera. Se il turismo, soprattutto cuturale ed ambientale, è un segmento importante per l’economia del territorio, i futuri amministratori dell’antica Poseidonia debbono assolutamente colmare la lacuna da ANALFABETISMO DI RITORNO sul piano storico culturale sulle risorse delle zone interne, mettendo in rete un processo di osmosi e di interscambio tra costa, collina e montagna. Mi auguro fortemente che ne siano consapevoli e si attrezzino di conseguenza. Ma su questo tornerò a breve, anche perchè sono fermamente convinto che è in discissione il futuro dell’intero territorio. Giuseppe Liuccio [email protected] bianco. Una delle due lastre laterali rappresenta una scena di sacrificio poiché si può ben vedere una testa di vitello appoggiata con un braccio che si leva quasi a sacrificare. Sull’altra lastra è possibile notare due piccoli vasi probabilmente vasi lustrali, propiziatori in cui venivano offerti profumi, incensi per accompagnare il defunto nell’aldilà. La scoperta fu occasionale da parte di contadini intenti a impiantare un vigneto. Notando un vuoto sotto la zappa iniziarono a scavare freneticamente perché si immaginava fosse un tesoro e rovinarono, così, gran parte della tomba. Poco tempo dopo fu avvertita la soprintendenza di Napoli e gli archeologi raccolsero ciò che rimase della tomba poiché molto di essa andò perduto. La tomba fu trasportata al Museo archeologico nazionale di Napoli e fu restaurata secondo i canoni del tempo quindi col cemento e risulta molto pesante e difficilmente trasportabile. Oggi, invece, è conservata nel deposito del museo. Si spera che la tomba riesca, negli anni, ad approdare sul territorio albanellese per poter dar lustro ai cittadini di una così importante scoperta. Katia Lettieri 4 N° 42 19 Novembre 2011 Archeologia UN ANNO DALL’ALLUVIONE. Struttura ancora chiusa Il Museo di Hera Argiva marcisce sulle sponde del Sele La Dea Madre non ha più la sua casa, invasa dall’esondazione del Sele del 2010. Un’alluvione che produsse enormi danni agli agricoltori, allagò le terre basse di Gromola, inondò la Masseria Prucuiali e decretò la morte del Museo Narrante di Foce Sele. Da più di un anno la struttura museale è chiusa, nonostante i cortei di protesta organizzati a Roma dai sindaci della Piana, con alla testa gli amministratori provinciali, ha chiedere prebende a Gasparri presente e gongolante a Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, prodigo di promesse come se piovesse , ma mai mantenute. Noi martiri dell’inefficiente burocrazia statale siamo rimasti orfani del Museo di Hera, che negli ultimi tempi aveva dato un cattivo servigio ai 9000 e passa visitatori, rimasti delusi dall’impiantistica museale fatta, di suoni gracchianti, immagini sfuocate e riproduzioni di plaSEGUE DA PAGINA 2 macchine dall’area archeologica e dal circuito del Mugello che circonda le mura; eliminare erbacce, rovi e vegetazione spontanea all’esterno e all’interno delle mura; restituire alla sua interezza e dimensione la struttura della Città antica con il ripristino della “penetrazione” umana dalle quattro Porte, ridandole l’antico e originario assetto urbanistico; decongestionare il Museo con un’esposizione dedicata (Museo della pittura) con tutte le lastre dipinte e un allestimento di spazi per MUSEO NARRANTE DI HERA ARGIVA stica spente. Dal 2001 il Museo Narrante aveva assolto, malamente, nei periodi in cui ha funzionato, ad un minimo di funzione didattica, se pur inficiata dall’assenza di traduzioni in inglese, tedesco, francese, spagnolo, russo e cinese. Le buone intenzioni di valorizzare il sito del Santuario di Hera Argiva, scoperto da Paola Zancani Montuoro e Umberto Zanotti Bianco negli anni trenta, aveva prodotto un esito apprezzabile, ma come si sa di buone intenzioni sono lastricate le strade degli inferi. Oggi le cinque sale, che ne raccontano il paesaggio, l’archeologica, l’architettura, la scultura, la tessitura e la scala elicoidale inondata di statuette votive e di odi alla Dea, sono un presidio solitario alla simbologia dell’impossibile. Le istalla- rappresentazioni teatrali, concerti, conferenze e mostre di richiamo nazionale e internazionale nell’adiacente ex fabbrica Cirio opportunamente restaurata e liberata dall’oltraggio dei rovi e dei parcheggi abusivi o tristemente cementificati; ripristinare ed evidenziare le sedimentazioni della necropoli e del Santuario di Santa Venere finalizzandole a un percorso religioso pagano-cristiano che includa Basilica Paleocristiana, Tempio di Hera Argiva e il derivato Santuario della Madonna del Granato; vincolare l’ex Tabacchificio del vicino Borgo di Cafasso finalizzandolo a Sede museale, culturale, di grandi eventi e di strutture di diversificata accoglienza compatibile; ripristinare con un percorso ecologico l’antica via fluviale che univa la Città antica con la collina attraverso il fiume Le Trabe. Certo tutto ciò è ambizioso, ma dopo decenni di incuria e sonnolenza anche un piccolo intervento può apparire utopia; ma altra scelta non c’è se si vuole salvaguardare un Patrimonio dell’Umanità e dare un futuro al territorio. Aurelio Di Matteo zioni parlanti rimarranno mute chissà per quanto, i 60 mila euro stanziati per il ripristino della struttura non sono sufficienti, secondo gli esperti della soprintendenza, perché oltre a rifare gli impianti, bisogna rifare tutti gli allestimenti andati distrutti e le opere d’arredo. Mentre noi sudditi inermi, siamo a disquisire della carenza di risorse per far rivivere il Tempio di Hera, gli scienziati, sabato 19 novembre nell’ambito della XIV Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico presenteranno il “Progetto di valorizzazione integrata e di fruizione innovativa del settore orientale dell’antica Città di Paestum” a cura di Arcus s.p.a e della Fondazione Paestum, per un importo di 2 milioni di euro. Paroloni che narrano dell’ennesimo spreco di soldi pubblici per realizzare il “Museo Virtuale della Poliorcetica” nelle torri 27 e 28 sfrattate in malo modo. “Noi, quelli del fare. Voi solo chiacchiere e distintivo, a trastullarvi con i nostri soldi” Lucio Capo Capaccio LA LETTERA. L’archeologo che ha fondato l’hotel Esplanade “Paestum, io spaventato dall’uso dei fondi” Esimio Direttore, leggo sul giornale, da Lei così egregiamente diretto, di un arrivo e di un ritorno contemporanei anche se differenti nella loro specificità; in arrivo, per la città antica di Paestum, 2 milioni di Euro, grosso modo 4 miliardi delle vecchie lire, e di un ritorno di un eminente archeologo, il Dott. Emanuele Greco. Sarò sincero, esimio Direttore, sono, per me, due eventi che destano una certa preoccupazione alla luce di quello che, pure innamoratissimo di Paestum, ho dovuto costatare nella cronologia temporale degli ultimi 45 anni che mi vedono diventato quasi cittadino di questa stupenda città. Le dico perché: I 2 milioni di Euro mi fanno pensare purtroppo con grande rammarico alle decine di miliardi che negli anni trascorsi arrivavano da varie parti nazionali e internazionali, compresi i fondi F.I.O. e che puntualmente hanno sortito effetti deplorevoli e vergognosi; l’altro riguarda il ritorno di questo eccellente studioso di archeologia classica al quale faccio tanto di capello come “Homo Sapiens”, molto meno come “Homo Faber”. E qui si ripropone, Direttore, la “Vexata Quaestio” che continua ad essere irrisolta e cioè la gran differenza che passa fra l’”Homo Faber” e l’”Homo Sapiens”; fintanto che continueranno ad arrivare valanghe di soldi e fintanto che non ci saranno imprenditori validi che sappiano dare concretezza fruibile al passo con i tempi, sia ben chiaro in totale collaborazione con l’”Homo Sapiens” di turno, ebbene anche questa volta assisteremo alla vanificazione di tali somme disperse in rivoli e rivoletti che non avranno, come sempre, alcun risultato pratico ai fini del rilancio storico, antropico, architettonico della città greco - lucana - romana di Paestum. Sono stato un modestissimo studioso di archeologia, proveniente da una famiglia della vecchia borghesia mercantile; innamoratomi di Paestum fin dai miei studi liceali, decisi appena mi fosse stato possibile farlo economicamente, di investire su questa realtà storico, archeologica, ambientale, al fine di promuovere un turismo altrettanto storico, archeologico, ambientale; agli entusiasmi iniziali confortati, all’epoca, dai risultati positivi subentrarono le prime delusioni quando, volendo mantenermi al passo con i tempi e quindi ampliare la struttura che avevo creato, in termini ricettivi più ampi, tale decisione mi fu rifiutata dalla sovraintendenza in prima linea e da tanti altri organi di vigilanza preposti, più che alla tutela dell’ambiente alla tutela dei loro privilegi consolidati; decisi allora di buttare la spugna alla fine degli anni ’80, non disposto ad accettare, per la sopravvivenza della struttura, quella che io, all’epoca, oggi non più, chiamavo la deriva banchettistica; ebbene, Direttore, ho il coraggio di dire che senza quella soluzione avveniristica e salvifica si sarebbe verificata la fine di ogni iniziativa turistico – alberghiera, con i tempi che marciavano e marciano a passo accelerato e con i tour operator che richiedono solo strutture con centinaia di camere munite di ogni confort. Potrei continuare, Direttore, evocando per esempio il tentativo fatto da me con il Senatore Gaetano Fasolino all’epoca della permanenza in loco del Dott. Ing. Di Cunzo al quale inutilmente chiedemmo il rendiconto di una montagna di miliardi dell’epoca, sprecati e buttati al vento senza che la montagna partorisse neanche un topolino. Vorrei chiarire e chiudo, che il mio sfogo non mette in dubbio l’onestà e la capacità intellettuale di tutti gli archeologi che si sono succeduti negli ultimi 40 anni, quello che invece ho il coraggio di mettere in dubbio è la loro capacità di trasformare in N° 421 19 Novembre 2011 5 concretezza fruibile a livello economico, occupazionale, civico l’enorme giacimento culturale che pone davanti a noi i 1300 anni di storia là davanti a noi in piena vista. RingraziandoLa per la Sua paziente attenzione, La saluto cordialmente. Mi consenta in ultimo una provocazione che ritengo non lontana da una possibile attuazione pratica; visto e considerato che i due terzi dei tesori archeologici di Paestum giacciono inerti ed infruttiferi negli scantinati del museo, propongo, dopo averne stabilita la proprietà originaria in eterno, di distribuirli nei musei di tutto il mondo in comodato non gratuito che avrebbe un duplice effetto: quello di un continuo afflusso di denaro fresco e quello di far conoscere al mondo intero il sito storico, cioè Paestum, da cui tali tesori provengono con un aumento sicuro e significativo di presenze turistiche. La ringrazio Francesco Ambrosio PS: il modestissimo Homo Sapiens che a metà degli anni ‘60 credette in un sogno purtroppo mai realizzato in pieno, regalando alla città di Paestum quel gioiellino che ancora oggi, sia pure per altre virtù, primeggia nella galassia turistico alberghiera di tale città, sto parlando, mi sia consentito questo piccolo codicillo del Best Western Hotel Esplanade 6 N° 42 19 Novembre 2011 Capaccio LA ROSA DI PAESTUM. L’operazione verità condotta da Fernando La Greca Ipotesi di ricerca ed esperimenti, riusciti, di coltivazione “Finalmente la rosa di Paestum ritroverà la sua storica e naturale dimora nella zona archeologica di Paestum e questo grazie ad un progetto condiviso tra il Parco Nazionale del Cilento e la Sovrintendenza Archeologica”. E’ quanto rende noto che l’avvocato Rosario Catarozzi, presidente del “Centro Studi Socio Economici Paestum 2000”, un’associazione vicina al centrodestra locale. Ma qual è la verità su queste rose? E’ possibile che a ogni inizio di edizione della Borsa del Turismo Archeologico se ne annunci la rinascita, che poi non avviene? E che fine ha fatto il roseto già piantato e costato oltre 256mila euro? Le rose di Paestum germogliavano da rovi appositamente innestati. “Ipotesi ardita e fascinosa” chiosa Giovanni Guardia, direttore responsabile degli “Annali storici di Principato Citra” la prestigiosa rivista di storia che per prima (nel fascicolo del Tomo 2/2010, anno VIII n.2002) ha reso note le conclusioni alle quali è giunto Fernando La Greca, certosino studioso di storia ro- FERNANDO LA GRECA E LA ROSA mana in forza all’università di Salerno. Un’ipotesi che potrebbe continuare ad appartenere alla speculazione intellettuale se Filomena De Felice, esperta d’innesti, che opera nel tempo libero nel suo bel giardino in collina ad Agropoli, a pochi chilometri da Paestum, dove non mancano le siepi di rovi, non avesse avviato degli esperimenti per verificarne la fondatezza dell’ipotesi formulata da La Greca. Il risultato? Una rosa centifoglia, non molto profumata, ma di un colore rosa intenso, ma molto grande. E’ questa la rosa di Paestum? Certo è che c’è il riscontro di fatto a un’ipotesi ancora intellettuale e la risposta all’interrogativo sulla quasi improvvisa sparizione di una varietà di fiore sulla quale l’antica Paestum fondò la sua sussistenza economica. Quella “rosa bifera”, detta così perché fioriva due volte nell’anno, era un ibrido che – se non curato manualmente dal coltivatore – era destinato a ritornare rapidamente allo stato naturale di partenza. Che possa essere andata effettivamente così lo racconta anche “L’affresco con rose” che troviamo a Pompei, nella Casa del bracciale d’oro. Qui la pianta di Il progetto delle luminarie criticato da chi è rimasto al buio Percorsi di luce accende le polemiche Il 4 novembre l’amministrazione comunale ha inaugurato la seconda edizione di “Percorsi di luce”. Le zone di Capaccio Scalo, Capaccio Capoluogo e la zona archeologica di Paestum sono state decorate con luminarie natalizie sul modello salernitano, con stelle, pianeti e alberi luminosi a far da coreografia alle strade capaccesi. Ogni parrocchia ha avuto una stella cometa da piazzare sul frontone della chiesa e inoltre cinque scritte di auguri luminose lunghe quattro metri sono state collocate nei punti strategici dello snodo viario comunale. Questo progetto sociale e promozionale tuttavia ha subito suscitato alcune critiche dalle zone “rimaste al buio”. Perché le altre contrade non hanno ricevuto anch’esse un’illuminazione adeguata? Perché preferire alcune zone e dimenticare altre? Queste opposizioni al progetto hanno visto subito la replica dell’amministrazione comunale che sul sito del comune ha precisato: “Ancora una volta, come un disco rotto, per il secondo anno consecutivo – dichiara il portavoce dell’Amministrazione Marino, consigliere Carmine Caramante siamo costretti a leggere note e comunicati polemici relativi alle luminarie natalizie, in particolare alla loro ubicazione. A chi tenta di creare uno scontro politico anche sulle luci di Natale, non sarebbe dovuta neppure una rispo- sta, tant’è ridicola la questione mossa. Tuttavia, come fatto già lo scorso anno, ribadiamo un concetto che ci appare fin troppo semplice. Il progetto “Percorsi di Luce” è stato realizzato sul tanto decantato modello di Salerno città, ovvero luminarie artistiche poste nelle strade e nelle zone di maggiore flusso. Già dall’anno scorso, prima con le luminarie e poi con altre iniziative in primavera ed estate, l’Amministrazione Marino sta puntando finalmente a valorizzare il centro commerciale naturale di Capaccio Scalo, da tempo, innegabilmente, punto nevralgico della socialità comunale, quotidianamente frequentato anche CONTINUA A PAGINA 7 rosa è sostenuta da una canna, più o meno come i contadini fanno oggi con le coltivazioni di fagioli o di pomodori. La pianta di rovo, abituata ad andare per conto suo, doveva essere necessariamente ordinata così, anche per rendere più facile la raccolta. Di particolare interesse il metodo seguito da La Greca. Il ricercatore ha ripassato tutte le fonti disponibili fino ad avere “l’illuminazione” a partire da un brano di uno scrittore tardo latino: Ennodio: “L’attività operosa dei pestani fece sì che i cespugli spinosi (dumeta) generassero rose, le quali mediante il lavoro germogliano dagli spini come stelle dalla terra”. Ennodio è un personaggio particolare, è vescovo di Pavia al tempo di Teodorico, scrittore di grande erudizione e amante della letteratura pagana. La sua intuizione è stata quella rileggere alla lettera lo scritto di Ennodio sulle rose di Paestum, e non più metaforicamente, e traducendo in modo più preciso dumeta con “cespugli di rovi”. I Pestani non innestavano semplicemente le rose tra di loro, “operazione tutto sommato – scrive La Greca – banale, ma sui rovi, o, se si vuole, su arbusti spinosi della stessa famiglia (rosacee)”. Continua La Greca: “Il colore è di un rosa intenso, e manca il profumo; ancora non siamo in grado di stabilire se sia bifera, per quanto a ottobre abbia messo fuori una nuova gemma con foglioline. Molto dipende anche dal genere di rosa usato come innesto, e bisognerebbe fare numerose prove con rose diverse. Tuttavia pensiamo di essere sulla buona strada, avendo dimostrato che l’innesto della rosa sul rovo è possibile, e valido anche rispetto alle antiche esigenze commerciali, trovando la sua convenienza nella produzione di una rosa di notevole grandezza, bella a vedersi e ricca di petali. Non sarà ancora la rosa Pestana antica, ma almeno pensiamo di aver ritrovato l’antico modo di lavorare Pestano, il particolare labor o industria che diede a questa rosa una fama imperitura”. Fin qui la testimonianza di Fernando La Greca. Sulla questione della “sparizione” di questa rosa così particolare si sono misurati fior di storici e letterati (da Corrado Alvaro a Eugenio Montale) e a noi piace ricordare il grande romanziere Riccardo Bacchelli (sì, quello del “Mulino del Po”) che il 7 ottobre 1927, su “La Stampa” pubblicava il suo elzeviro intitolato “Rose di Pesto” : “Lungo tutta la costa amalfitana ed oltre, in molte regioni del Mezzogiorno, si dicono le rose di Pesto per dir la cosa più olezzante e più colorita. Si vuol che i naviganti le sentano odorare fin in mare, e che siano tanto rosse da parer nere. Eppure, a Pesto, celebrata per le sue rose da Virgilio e da Ovidio e dagli altri poeti latini, rose né rosai non se ne vedono, neppur la minima apparenza. Fioriscono peraltro nella memoria e nella parlata del popolo, e veramente non son morte. La sventura e le rose di Pesto vincono ugualmente l’oblio e la caduta dei secoli”. Dall’oblio ha trovato la via per farle tornare, rileggendo gli antichi scrittori, Fernando La Greca LA SCHEDA. Le rose di Paestum erano famose nell’antichità per qualità e profumo. Virgilio, Properzio, Ovidio, Marziale e altri parlavano di rosai coltivati a Paestum.Le caratteristiche tipiche delle rose pestane sono il colore rosso, il profumo ed il fiorire due volte all’anno. Nell’antichità, a partire dal I secolo A.C., a Paestum c’erano ampie distese di colture di rose su terreni fertili che venivano coltivate da persone esperte. Il commercio delle rose era basato probabilmente su rapide navi di trasporto che assicuravano la freschezza di tali fiori. Roma era una delle città che più acquistava rose di Paestum. Le rose erano utilizzate anche per produrre profumi. Oreste Mottola Capaccio N° 42 19 Novembre 2011 7 DIBATTITO AL MERIDIANA. Il pessimismo di Pietro Desimone. Il pensiero di Luciano Farro La “Città del mare” di Paolo Paolino tra entusiami e disincanto Entrare nell’hotel Meridiana di sera è come fare un bagno di luce che ti prende e ti confonde. Il merito è di chi, Pina Barlotti e Pino Greco, che hanno voluto imprimere un carattere forte ma lineare in fase di ristrutturazione alla struttura. La hall, il bar e lo spazio di relax interni a disposizione degli ospiti, ben completano gli spazi esterni, anch’essi rifatti, in un unico ambiente che mette gli ospiti a proprio agio. Il convegno per dibattere sulla “Città del mare”, ultima opera letteraria di Paolo Paolino, è stata anche l’occasione per un confronto sullo stato del turismo a Paestum. Pino Greco, moderatore e padrone di casa, ha gestito bene i tempi del dibattito a cui hanno preso parte, oltre a Paolino, Pietro Desimone, Angelo Valletta, Peppino Pagano, Gerardo Rega, Luciano Farro e Sergio Vecchio. “Una partecipazione responsabile presuppone una conoscenza consapevole del proprio territorio – ha detto in apertura Greco – e nel nostro caso sarebbe importante non considerare Capaccio Paestum una merce di scambio per altri inconfessabili baratti”. Paolino ribadisce visto che “il turismo è il pilastro dell’economia del nostro territorio, visto che anche l’agricoltura è quasi intera- mente asservita al settore ristorativo, banchettistico e dell’accoglienza in generale, è da questo settore che bisogna ripartire.” Ecco il perché una “città del mare” che già esiste deve essere omogeneizzata per andare oltre allo spontaneismo creativo e messo in atto, a proprio rischio, dagli imprenditori. Desimone, il pessimista, secondo lui “Paestum ha perso una grossa opportunità perché non siamo stati in grado di capire e investire energie sul patrimonio unico che ci e’ stato dato. Anzi dobbiamo fare mea culpa per averlo in parte demolito. Le colpe sono di tutti! Di chi ha fatto e di chi ha subito. Manca la città e le infrastrutture per il turismo: centro commerciale naturale, un’isola pedonale... Fermiamo il treno e ragioniamo su un piano economico urbanistico e procediamo con decisione. Solo così, forse, fra dieci anni potremo porci in linea con i bisogni del turista”. Anche Farro insiste sul fatto che bisogna “omogeneizzare il territorio senza frazionare più di quanto madre natura e l’opera dell’uomo non abbiano già fatto. Coniugare la città del mare, quella storica e quella archeologica in una sola entità, è imperativo”. Pagano, che con la sua struttura è un SEGUE DA PAGINA 6 dai residenti delle altre contrade di Capaccio Paestum, desiderosi anch’essi di vederlo addobbato a festa per il Santo Natale. Si è poi opportunamente deciso di estendere il percorso anche in Via Vittorio Emanuele, a Capaccio Capoluogo e alla zona archeologica di Paestum, altri luoghi storici e simbolici del nostro territorio. Non ci risulta che, in passato, sia stato fatto di meglio, e crediamo sia proprio questo che qualcuno non riesce a digerire. Inoltre, proprio per testimoniare il segno del Natale in tutte le zone del territorio, nel progetto è stato previsto di donare a ogni parrocchia di Capaccio Paestum una stella cometa di 4 metri, da porre vicino a ogni chiesa. Come avvenuto per l’anno scorso, speriamo la polemica possa chiudersi. Capiamo bene che ogni pretesto è buono per qualcuno ai fini della propria propaganda elettorale in vista delle elezioni comunali 2012. Ma, per cortesia, lasciamo stare il Natale”. Appunto, lasciamo stare il Natale e concentriamoci su tutto l’anno. Un’illuminazione adeguata avrebbe sicuramente fatto piacere, forse non ci saremmo sentiti dimenticati, vero, ma per quanto tempo? Sicuramente fino all’8 gennaio poi il buio sarebbe ritornato. La contrada Laura, dove abito, probabilmente come ogni anno si autofinanzierà per installare un po’ di atmosfera natalizia, e questo è amaro sicuramente. punto avanzato del nuovo modo di fare turismo integrato. È il solo modo per andare oltre il frammento. Il turismo che c,è viene dallo spontaneismo di una classe imprenditoriale che ha rischiato e ha prodotto la ricchezza che oggi è sotto gli occhi di tutti. Sono certo che siamo nella condizione di poter ripartire ponderando bene i passi.” Pagano ha poi spezzato una lancia in favore del grazie ad un turismo legato alla banchettistica che “da sempre è stato bistrattato, ma che è grazie alle risorse che ha drenato verso il territorio che oggi siamo qui a parlarne”. Poi, Pagano sottolinea la necessità di “chiamare al capezzale di Paestum il meglio del mar- keting internazionale per dimensionare nel modo giusto le nostre imprese per andare a cogliere le nuove tendenze in ogni tipologia di turismo. Infine – continua Pagano – bisogna dotare il territorio di Infrastrutture necessarie come un polo fieristico congressuale, un porto canale e un forte innesto dei prodotti tipici ne tessuto turistico, ristorativo e commerciale locale”. Per Rega, presidente di Paestumin, il turismo “deve dare e mozioni oltre ai servizi di qualità. Rilanciare il turismo vuol dire proprio andare incontro alle nuove tendenze. Questo, condito con tutto quello che già abbiamo in essere, può provocare la scintilla di un nuovo giorno per il nostro territorio”. Val- Tuttavia non è il Natale che deve farci sentire dimenticati, né delle luminarie che non ci sono. Manca una piazza, marciapiedi, illuminazioni vere, appelliamoci a questo, forse le luminarie è meglio non averle, senza luce il degrado e i problemi restano al buio e non sono visibili, meglio non decorare una zona fantasma, penso sarebbe ancora più inquietante. Non tocchiamo il Natale, dura poco e una lucina illuminerebbe pochi giorni, poi bisogna essere tutti più buoni si sa, allora aspettiamo che passi e poi inizieremo a protestare. Il periodo natalizio dura solo due settimane, abbiamo un anno intero per essere cattivi. Pasquale Quaglia letta, consigliere comunale, ha introdotto un elemento antropologico sostenendo che “il mare non bagna Peastum nonostante i 13 Km di costa. Essa è separata del territorio dall’insormontabile “muro” della pineta. Riprendiamoci il mare che i nostri antenati conoscevano bene e non disconoscevano il suo valore commerciale. Poi, bisogna recuperare il patrimonio immobiliare privato delle seconde case che sono rinnegate dagli eredi che le costruirono. La parola passa a Sergio Vecchio, artista pestano che lancia un grido d’allarme: “salviamo il lavatoio di Paestum e diamo un segnale ai turisti che non sono più Ungaretti, Alfonso Gatto, Ghoete ... Ma su ogni comodino degli hotel il viaggiatore dovrebbe trovare uno scritto di grandi scrittori che parlano di Paestum”. Infine Vecchio rivolge un altro appello: “Riportiamo a Paestum i reperti archeologici che sono sparsi in giro per la regione per dare nuova vita a Capaccio capoluogo.” La velocità, le concretezza e la fretta di fare di Pino Greco. La storia di Paolino. Il pessimismo di Desimone, le rivendicazioni di Valletta. Lo sguardo al futuro di Pagano. La voglia di aggregare di Rega, Il disincanto di Farro. Le “grida” di Sergio Vecchio. In questo territorio ci sono molte “isole”. Si dovrebbe tentare di raccordare il tutto per farne un arcipelago... Magari cominciando con un servizio di trasporto urbano. Bartolo Scandizzo A 8 N° 42 19 Novembre 2011 Agropoli ARCHEOLOGIA. Finalmente valorizzate le scoperte di Piero Cantalupo Franco Alfieri realizza il museo a palazzo Cirota Il Cilento si colora delle bandiere del mondo e arriva a questo appuntamento con una piccola perla in più: il Palazzo Civico delle Arti di Agropoli inaugurato lo scorso 10 aprile presso Palazzo Cirota. Antichissima la storia della perla del Cilento e ora raccontata in questo museo che vanta tra i reperti conservati varie anfore da trasporto datate tra il VII e il IV sec. a.C., ancore in pietra e in piombo di età greca e romana, un sarcofago decorato con 9 Esiste una grossa confusione, non solo a livello nazionale ma anche internazionale. Si parla di partiti politici che sembrano spartiti musicali che cambiano quando si volta pagina. In Italia, ancora una volta, si gira la pagina. Ma questa volta la pagina o è in bianco (forse per un errore di stampa), forse voluto o non voluto, o per la mala fede di certi partecipanti al gioco degli zero. Insomma ti fanno perdere la fede politica. Anche tu, come molti altri, ritieni che la squadra del tuo cuore non sempre sia la migliore, non sempre agisce correttamente per il benessere del popolo, non sempre agisce in maniera a dir poco onesta. “Striscia la notizia” non basta a mascherare tutte le magagne nostrane. Quando dico nostrane alludo al sud ed al nord della beneamata penisola italiana. La percentuale degli amministratori non proprio corretti, secondo alcuni, agisce più per il bene proprio, poi per il scene dionisiache proveniente dalla necropoli di S. Marco, un’iscrizione del cavaliere M. Tullio Cicerone del III sec. d.C. E qui il è d’obbligo un pensiero al compianto ed indimenticato prof. Piero Cantalupo, fondatore del Gruppo Archeologico agropolese. Il momento cronologico meglio rappresentato ad Agropoli è il IV secolo a.C. con i rinvenimenti funerari lucani delle contrade Torre S. Marco, Colle S. Marco, Cupa, Madonna del Carmine, Marrota e lungo la Valle di Muoio. Dieci tombe lucane si connotano come tipicamente maschili per la presenza di cinturoni di bronzo e di lame di pugnali di ferro, la tomba n.6 conserva anche i frammenti di una corazza. Tre tombe invece sono femminili e caratterizzate dalla presenza di monili e fibule d’argento. Alla più recente storia di Agropoli è dedicata un’intera sala dove sono esposti i materiali della necropoli tardo antica in località S. Marco che ha restituito, oltre al A PARER MIO citato sarcofago dionisiaco riutilizzato, l’epigrafe cristiana che rappresenta uno straordinario e antico documento del culto praticato nelle nostre terre. Il museo, oltre alla sala conferenze, è stato realizzato con fondi attinti esclusivamente al bilancio ordinario del Comune di Agropoli in un periodo difficile per la cultura italiana sottoposta a enormi e indiscriminati tagli da parte dell’ormai ex governo Berlusconi. Per l’anno prossimo è prevista un’integrazione dell’alle- stimento: si pensa ad una sala dedicata al castello angioino aragonese della nostra città. Palazzo Cirota, finalmente riportato ai suoi splendori e inserito nel percorso Arte Card, dà lustro ad Agropoli e si pone come anello di congiunzione tra Paestum e Velia, tra le meraviglie dei templi e la patria di Zenone e Parmenide. E dire che fino ad un anno fa i reperti erano conservati ammucchiati nelle cassette per i pomodori… di CATELLO NASTRO dente della Repubblica, unico faro in tanta nebbia, rappresenta la nostra speranza di uomini qualunque per la rinascita della nazione inserita in un contesto europeo e mondiale. I cavoli nostri sono diventati anche dell’Europa, ma anche quelli della Grecia sono diventati dell’Europa e quindi anche nostri. Parlare di cifre veramente non posso, perché coi numeri vado poco d’accordo. Ma parlare di riconversione morale dell’individuo facente parte di una comunità è stato sempre il mio chiodo fisso. Se ci sta un uomo che va a lavorare in bicicletta è quasi normale, ma se ci sta un uomo che va al cinema col Mercedes sorge il sospetto. E se si indaga a fondo quello che va a lavorare in bici, guadagna diecimila euro l’anno, quello che viaggia in Mercedes superaccessoriato in orario di lavoro per gli altri e non lavoro per lui non fa nemmeno la dichiarazione dei redditi. Altro che equa ripartizione del reddito pubblico… Il bene del singolo non è il bene comune singolo ed infine per la collettività. Certamente non bisogna generalizzare. Ma se non tieni un santo in paradiso è quasi sicuro che vai a finire all’inferno. E l’inferno è quello dove si è costretti a vivere con quattrocento euro al mese e si sprofonda quando da queste quattrocento euro bisogna togliere le spese per pagare il fitto di casa. Magari una monocamera, anche al piano terreno. Qua ci sta gente che viaggia in Maserati e gente che non ha nemmeno i soldi per l’autobus cittadino. Siamo tornati alla barbarie? Forse! Un certo lusso sfrenato da parte di potenti ha portato ad una iniqua ripartizione del reddito pubblico. Cioè ci sta chi mangia quattro volte al giorno e chi una sola volta. Magari andando a fare la spesa gratis alla Caritas del paese. Sono gente digni- tosa, forse sfortunati, forse che non hanno saputo soppesare bene le loro potenzialità morali e fisiche. Certo che affianco a costoro ci sta una caterva di fannulloni innocenti, che hanno fatto un corso di fotomodella, di attore o attrice, di calciatore, di laureati acculturati medio bassi, di professionisti impreparati, spesso sfornati da libere scuole che sono diventate dei veri e propri supermercato di titoli. I diplomifici, insomma. Gli enti locali, che pure hanno colpa intrinseca nel loro operato sociale, non si sono dimostrati all’altezza nel gestire i poteri a loro concessi da una struttura pubblica fortemente politicizzata che spesso chiude un occhio, spesso tutti e due. Stipendi da diecimila euro e stipendi inferiori ai mille euro per coloro che devono fare il lavoro di coloro super remunerati solo perché stanno ai vertici. Il Sud è un appendice del Nord… Sono stato in vacanza “sponsorizzata” in Puglia ed ho notato un ordine ed un progresso eccezionale. La stessa città di Salerno costituisce, a mio avviso, un esempio per la rinascita del sud. E molti paesi dell’interno del Cilento, collinari e lontani dal mare, si sono avviati su una produttività a chilometri zero che sfrutta il mercato locale ma anche la richiesta turistica. Abbiamo nel Cilento dei sindaci che ci sanno fare ed altri che…Perché questa disparità? Forse mancano i controlli? Forse sono fortunati? Ma non facciamo ridere… Qui è solo questione di gestione della cosa pubblica che si integra con quella privata formando il benessere della comunità. E i partiti??? Ma chi ci crede più. Il Presi- Filippo Romanelli N° 42 19 Novembre 2011 9 CAPACCIO. IL PUNTO. Fari accesi su Italo Voza, Gennaro De Caro e Antonio Fasolino Fasolino sempre più verso l’ufficializzazione della candidatura a sindaco Fallita l’operazione di far cadere anzitempo il sindaco Marino, non c’è stato più un consigliere comunale delle zone costiere, gli è mancato il coraggio o qualcosa che gli somiglia, di sicuro c’è che Antonio Fasolino (nella foto) è il candidato più accreditato del centrodestra alle prossime elezioni comunali e che ci sarà, magari a capo di una lista, a capo di anche il maresciallo luogotenente Franco Palumbo, da Giungano. A destra, insomma, ci sarà un bel po’ di affollamento. La sinistra capaccese, quella più ai maccaruni re zita, è condannata a riaggregarsi intorno a Pasquale Marino, mentre il dottore Gennaro De Caro è inten- zionato a seguire un percorso che rifugga completamente dalle gabbie ideologiche del passato. Su De Caro converge il voto di un “destro” come Luigione Barlotti e delle migliori, e più miti, espressioni di della “ MARMI PIETRE E MATERIALI RICOMPOSTI NELLE NUOVE ESPRESSIONI DELL’ARCHITETTURA MODERNA” S.S 18 Km 91,150 > 84047 Capaccio Paestum (Sa) tel +39 0828 723617 > fax +39 0828 723618 www.marmisacco.it > [email protected] sinistra capaccese free. Un segno concreto è la trattativa per dare a Gerardo Rega, nuovo capo degli albergatori, della vicesindacatura. La candidatura più forte è sempre quella di Italo Voza, vero centro di gravità permanente delle contingenze politiche. Tutta giocata sulle libere opinioni è la corsa di Nunzio Daniele, la guida turistica. Come sta succedendo per il governo nazionale anche a Capaccio è una corsa ad opzionare i tecnici di levatura almeno municipale. Si comincia da Mario Mello ed Emanuele Greco, ma “bussate” hanno ricevuto anche Bartolo Scandizzo, Pietro De Rosa e Cristina Di Geronimo. 10 N° 42 19 Novembre 2011 Altavilla Il reportage. Due secoli di scoperte in attesa di valorizzazione Sul perché non ci sono più ritrovamenti archeologici Dall’ascia neolitica di Cerrocupo alle necropoli del Foddaro e nella Macchia. E poi gli scavi di San Lorenzo. Negli anni Settanta e Ottanta, anche sotto la spinta di studiosi locali come Peppino Galardi e Carlo Sassi, questo paese stupiva per la quantità e qualità di ciò che veniva alla luce arando i terreni. Ora non è più così. Tutto si è fermato. Solo colpa di trattori più potenti e di aratri giganteschi? Terra ricca anche di risorse archeologiche ancora nascoste quella altavillese. Ci muoviamo con i piedi nella storia: “Ubicumque pedem indicibus in aliquod historiae vestigium ponimus”; lo disse già Cicerone per l’Italia ma l’affermazione è tanto più vera per un territorio, che è davvero un campo aperto per l’archeologia. Sì, occorre fare attenzione a dove si mettono i piedi, siamo già nell’agro dell’hinterland di Paestum. Gli occhi devono stare aperti e ci dev’essere voglia di cose nuove. Già oltre un secolo fa i fratelli Ferrara scrissero: “Abbondano nel tenimento altavillese avanzi antichi di ogni maniera ed è specialmente straordinario il numero dei sepolcri. Discorrendo cò più vecchi c’è da restare meravigliati della quantità di tombe venute continuamente alla luce e contenenti armi, monete medaglie, vasi e altri oggetti dei quali essi han sentito parlare, o che han visto coi propri occhi. Non v’è contrada dove non ne siano stati rinvenuti”. Era il 1898 e si è continuato a lungo. Archeologi illustri del passato hanno già scavato. Viola alla fine dell’Ottocento al Feo con tombe lucane molto simile al celeberrimo Tuffatore di Paestum; Marzullo negli anni Trenta a Scalareta scopre vestigia etrusche; Peduto a San Lorenzo negli anni più recenti ci racconta del nostro passato bizantino. Alzi la mano chi è in grado di dire dove oggi sono esposte al pubblico le tombe decorate di LOCALITÀ SAN LORENZO, SCAVI ARCHEOLOGICI Carillia o il dipinto di Assteas (pittore del V sec. ) trovato a Scalareta e anche quel “capitello di marmo ben lavorato”, trovato a San Lorenzo, descritto da un cronista dell’ epoca e che una “vox populi” dell’epoca dice che sia stato subito rubato. Per quanto riguarda i materiali archeologici trovati a San Lorenzo per gran parte stanno presso il Centro di Archeologia Medioevale dell’Università di Salerno. Certamente a disposizione degli studiosi ma negati alla fruizione di un pubblico più vasto. Migliore fortuna non hanno i reperti (pochi) che sono conservati presso il Museo Nazionale di Paestum. Non tutto è negativo. Alzi poi la mano chi sapeva che un reperto scavato a San Lorenzo di Altavilla Silentina ha fatto il giro dei principali musei del mondo, facendo bella mostra di sé. Si tratta di un’anfora a cannelures decorata a bande rosso brune e che serviva per contenere l’olio sacro. E’stata esposta infatti nella mostra internazionale dedicata ai Normanni. La notizia ci è stata fornita diretta mente dal prof. Paolo Peduto, docente di Archeologia Medioevale presso l’Università di Salerno. Lo studioso ci mette a conoscenza di aver fatto dei rilievi sul terreno che restituirebbero ad Altavilla Silentina quello che la memoria storica della gente si è sempre attribuita, il “Portus Alburnus”. Esso è proprio alla località che ha già un nome rivelatore: Portello. Si trova lungo il Calore quasi alla fine di Cerrocupo. Il posto è tra i più conosciuti perché qui c’ è il Mulino dei Cennamo. Il termine dialettale è Portiello. Parte alta di Cerrocupo, di fronte alla Pietramarotta, contrada di Postiglione. Per Peduto si può cominciare a mettere la parola fine sulla disputa che ha diviso storici e geografi per secoli. Ha cominciato Probo Grammatico, che commentando il passo scritto da Virgilio nelle Georgiche sull’Alburno, dice che oltre il monte, vi è un porto con lo stesso nome. E via via poi tanti altri. Di questi, però, c’era chi lo faceva sorgere vicino a Paestum e chi alla confluenza tra Sele e Calore. Ma nessuna vestigia o traccia è restata. Ed è anche per questo che quando si scopre che a Portiello, oltre al toponimo, ci sono molte strutture portuali medioevali intatte, murature e attracchi, si deve prendere in considerazione l’ipotesi che il “portus” era proprio qui. Perché in una zona cosi nascosta? Due sono le risposte possibili. Motivi pratici? Perché vi si esercitava anche la pirateria, allora attività lecita, e ci voleva un posto sicuro per nascondersi. Religiosi, perché l’Alburno era considerato, già dai tempi di Tertuliano una divinità, ai piedi della quale era conveniente mettersi. Procurarsi il cibo era facile perché nel fiume c’era una ricca fauna ittica. Ancora nell’ultimo dopoguerra spigole e orate ne risalivano il corso in corteo con anguille e capitoni e le trote rosate erano davvero tante. Con la lontra faceva da spazzino e becchino del fiume ed eliminava i pesci vecchi e malati. Appena dall’altra riva correva la romana strada del sale attraversava tutta per far arrivare al Vallo di Diano il prezioso condimento. Quello stesso percorso servi più tardi ai briganti e alle loro donne (molte le altavillesi!) per le loro scorribande. “Portiello” terra di un qualche interesse strategico lo era per forza: di fronte ci sono gli Albumi e a pochi chilometri la vecchia strada consolare che portava a Potenza e in Calabria, il bosco di Persano e su tutto dominava quel fiume da sempre teatro di vicende di caccia e d’amore, come di tragici annegamenti e ameni passatempi. E’ qui a Cerrocupo che il corso capriccioso del Calore si placa. Diventa tranquillo e ordinato. CONTINUA A PAGINA 11 Alburni DIVAGAZIONI “Io, fesso...” Scrivo di un problema di pubblica utilità nel quale è coinvolta una media azienda. Lo faccio su un giornale di vecchio prestigio e blasone. Il giorno dopo arriva la telefonata di ringraziamento, e non è mai scontato che dalle nostre parti accada, e una richiesta che mi spiazza: “Quanto dobbiamo dare?”. “Poco, ma mi pagherà l’editore”, rispondo. Io ho la fortuna di scrivere per editori seri che rifuggono dalla logica del juke box (li ricordate? Mettevi 50 lire e suonava la canzone preferita,100 e i brani erano tre…) ma ho anche un’atavica incapacità di attribuire un valore venale a ciò che faccio. In poche parole sono, dice qualcuno, un fesso. L’ultimo episodio capitatomi mi fa anche capire i livelli di degrado raggiunti da un certo modo di fare informazione anche dalle nostre parti. I livelli di guardia sono stati superati da tempo. E mi vergogno dall’essermi dovuto iscrivere a un ordine professionale dove stiamo tutti assieme nella stessa lista. Appena me ne daranno la possibilità chiederò, da fesso contento di esserlo, di essere cancellato! ormo SEGUE DA PAGINA 10 Oggi al posto del vecchio mulino ad acqua c’è un’apparecchiatura industrialmente asettica. La trasformazione è stata gestita dalla famiglia Cennamo, mugnai da oltre 120 anni. Sono stati Raffaele e Goffredo Cennamo a mettere una bacheca per ricordare la storia di famiglia. Storia di momenti felici e di grandi tragedie individuali e collettive come la tassa sul macinato e il razionamento. . . dopo l’ultima guerra. Molto belle sono le pubblicità dei fabbricanti di mulini del secolo scorso. Oltre due secoli un’altra famiglia di mugnai, i Marzio, fallirono perché dissanguati per le spese sostenute per incanalare il fiume. Per questo ALTAVILLA. Appello al prefetto del sindaco Marra “Preoccupato per la tenuta del suolo” FIUME CALORE FERMATO DAGLI ALBERI - NEL RIQUADRO IL SINDACO DI ALTAVILLA L’approssimarsi della stagione invernale ed in particolare il periodo delle piogge, provoca grande preoccupazione nello scrivente per la situazione in cui versa il territorio comunale. E’ da premettere che alcune zone di detto territorio già sono state più volte interessate, nelle scorse stagioni, da fenomeni alluvionali e franosi. Lo stato attuale di manutenzione e di conservazione del territorio è molto carente, infatti da tempo gli enti competenti, non provvedono alla messa in sicurezza ed alla pulizia degli alvei fluviali, delle sponde del fiume Calore e delle aste torrentizie, nonché dei fossi di scolo e dei valloni. Si segnala lo stato di scarsissima manutenzione che viene fatto ai canali di irrigazione, che attraversano lungamente il territorio comunale, così come si segnala lo stato di abbandono di molte cunette stradali, pertinenze di strade provinciali. Appare evidente, al cospetto del quadro sopra descritto, che le preoccupazioni dello scrivente sono più che fondate e pertanto chiede agli Enti in indirizzo, ognuno per le proprie competenze, di intervenire per attuare i do- gli subentrò , proveniente dalla vicina Postiglione. Il porto, un mulino. La storia continua. Se è impossibile chiedere campagne di scavo sistematiche c’è da tanto da studiare su quanto è stato già riportato alla luce. O che quello che giace, praticamente abbandonato nei depositi dei musei di Paestum, Salerno e Napoli, sia esposto in un piccolo museo locale che funga da ulteriore attrattore turistico. Su quest’obiettivo, così minimo, hanno fallito (o peggio, non ci hanno mai provato) le classi dirigenti municipali degli ultimi tre decenni. Chi viene qui per acquistare della buona mozzarella è probabile che qualche ora la possa dedicare anche ai nostri reperti. Per arrivare a questo risultato non c’è bisogno solo di locali adatti e investimenti. C’è anche un gap di conoscenza da colmare. Sugli insediamenti altavillesi d’epoca romana, solo per fare un esempio, si conosce poco o niente. E’ come se ci sentissimo talmente orgogliosi di una mitica fondazione d’epoca altomedievale del nostro paese da recidere tutti quei legami che ci riportano al nostro status di terra che è stata, più di altre caratterizzata dall’incontro e dallo scontro di civiltà diverse, e quindi anche greca, romana ed etrusca per poi contaminarsi con bizantini longobardi, arabi e normanni e quant’altri sono seguiti. Oreste Mottola vuti interventi di messa in sicurezza, al fine di prevenire e scongiurare eventi calamitosi che potrebbero arrecare danni a persone e a cose. Il Comune di Altavilla Silentina, pur nelle difficoltà economiche in cui è costretto a vivere, causa i sempre maggiori tagli ai trasferimenti e i vincoli imposti dal patto di stabilità, ha già eseguito interventi di rimozione di grossi tronchi di albero dall’alveo del fiume Calore in località Borgo Carillia e interventi di pulizia dei canali, restando sempre disponibile a coadiuvare gli enti competenti, nella individuazione ed esecuzione degli interventi necessari. Si auspica che gli Enti in indirizzo verifichino con assiduità anche l’attività dei propri dipendenti, preposti ordinariamente a tale compito, evitando che si dedichino al dolce far niente o a consumare caffè nei bar. Si fa appello al Signor Prefetto, quale autorità di coordinamento delle pubbliche amministrazioni presenti sul territorio e al suo spirito istituzionale, affinché intervenga presso gli enti competenti, per assicurare questa Comunità sulla tempestività nell’esecuzione degli interventi necessari, in modo che si abbia a scongiurare ogni ipotesi di tragedia annunciata. Antonio Marra Sindaco di Altavilla Silentina N° 42 19 Novembre 2011 11 12 N° 42 19 Novembre 2011 Cilento Rubrica a cura di «www.astetrasparenti.it» Via Vernieri, 51 84125 Salerno - Tel. 089-222970 Fax 089-255425 E-mail:[email protected] TRIBUNALE DI SALERNO UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI SI RENDE NOTO che nella procedura esecutiva N° 738/95 R.E., promossa da F.G. Finanziaria Generale e pros. da Banco di Napoli, il G.E. ha fissato il pubblico incanto per il 15.12.2011, h.10, al prezzo base ridotto di E.6.599,88. Per partecipare occorre depositare in Cancelleria entro le ore 12.30 del giorno precedente la vendita, domanda in bollo e cauzione:10%. Offerte in aumento:E.300,00. Maggiori informazioni e modalità di partecipazione in Cancelleria o consultando il sito www.astetrasparenti.it . DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI LOTTO UNICO:Locale deposito in Roccadaspide via G. Giuliani, p.terra, di mq.26 circa. In NCEU fg.52, p.lla 786/4. TRIBUNALE DI SALERNO UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI SI RENDE NOTO che nella procedura esecutiva N° 25/09 R.E., promossa da Italfondiario, il G.E. ha fissato l’udienza del 12.01.2012, h.9, per l’esame delle offerte di acquisto ai sensi dell’art. 572 c.p.c., ovvero per la gara fra gli offerenti ai sensi dell’art. 573 c.p.c. (nel caso di più offerte per lo stesso lotto), e l’udienza del 26.01.2012 ore 10, per la vendita con incanto nel caso in cui la vendita senza incanto non abbia esito positivo, al prezzo base di E.47.000,00, come da CTU in atti, offerte in aumento non inferiori ad E.2.200,00 nel caso di incanto. Per partecipare occorre depositare in Cancelleria entro le ore 12.30 del giorno precedente la vendita, le offerte di acquisto e le domande di partecipazione all’incanto unitamente alla cauzione pari al 10% del prezzo offerto (senza incanto) o del prezzo base d’asta (incanto). Maggiori informazioni e modalità di partecipazione in Cancelleria o consultando il sito www.astetrasparenti.it, dove sono pubblicate anche l’ordinanza e la CTU. DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI LOTTO UNICO: Piena proprietà di abitazione in Salerno, via Cappelle Superiori, 58, composta da un vano e accessori al piano 1° e due vani e accessori al piano 2° con corrispondente sottotetto, compresa la scala esterna con loggiato e porticato ed antistante corte, in NCEU al fg.1, p.lla 56/1. fissato il pubblico incanto per il 12.01.2012, h.10, al prezzo base ridotto E.16.270,00. Per partecipare occorre depositare in Cancelleria entro le ore 12.30 del giorno precedente la vendita, domanda in bollo e cauzione:10%. Offerte in aumento:E.1.000,00. Maggiori informazioni e modalità di partecipazione in Cancelleria o consultando il sito www.astetrasparenti.it . TRIBUNALE DI SALERNO DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI Terreno in Eboli loc.Cozzolino, di mq.2.827 circa, in NCT fg.9, p.lla 319. SI RENDE NOTO che nella procedura esecutiva N° TRIBUNALE DI SALERNO 388/07 R.E., promossa da BNL, il G.E. UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI ha fissato l’udienza del 12.01.2012 ore 10, per la vendita con incanto, al prezzo SI RENDE NOTO base ridotto di E.74.850,00 lotto 1, che nella procedura esecutiva N° E.11.250,00 lotto 2, offerte in aumento 636/96 R.E., promossa da BCC di non inferiori ad E.3.500,00 lotto 1, Giffoni Valle Piana ora BCC di E.700,00 lotto 2. Per partecipare Battipaglia, il G.E. ha fissato l’udienza occorre depositare in Cancelleria entro del 12.01.2012 ore 10, per la vendita le ore 12.30 del giorno precedente la con incanto, al prezzo base ridotto di vendita, le domande di partecipazione E.21.650,14, offerte in aumento non all’incanto unitamente alla cauzione inferiori ad E.500,00. Per partecipare pari al 10% del prezzo base d’asta. occorre depositare in Cancelleria entro Maggiori informazioni e modalità di le ore 12.30 del giorno precedente la partecipazione in Cancelleria o vendita, le domande di partecipazione consultando il sito www.astetrasparenti.it, all’incanto unitamente alla cauzione d o v e s o n o p u b b l i c a t e a n c h e pari al 10% del prezzo base d’asta. l’ordinanza e la CTU. Maggiori informazioni e modalità di DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI LOTTO 1: Piena proprietà di appartamento in Sicignano degli Alburni via Pastini snc, p.1°, sc.A, di quattro vani e accessori, oltre a terrazzi, per mq.121,89. In NCEU fg.28, p.lla 1560/43. Risulta occupato dal debitore e dal suo nucleo familiare. LOTTO 2: Piena proprietà di locale garage in Sicignano degli Alburni via Pastini snc, p.seminterrato, di mq.28. In NCEU fg.28, p.lla 1560/44. Risulta occupato dal debitore e dal suo nucleo familiare. TRIBUNALE DI SALERNO UFFICIO ESECUZIONI IMMOBILIARI SI RENDE NOTO che nella procedura esecutiva N° 452/96 R.E., promossa da Banco di Napoli ora SanPaolo IMI, il G.E. ha partecipazione in Cancelleria o consultando il sito www.astetrasparenti.it, dove sono pubblicate anche l’ordinanza e la CTU. DESCRIZIONE DEGLI IMMOBILI Immobile facente parte del fabbricato ubicato in Battipaglia fraz.S.Lucia via Chiusa del Bosco, di mq.204,69. Esso è costituito da un intero ed unico sottotetto senza divisioni interne, ancora allo stato grezzo, anche se in catasto risultano due unità immobiliari censite come segue: fg.14, p.lla 263/22 e p.lla 263/23. Cilento N° 42 19 Novembre 2011 13 PIAGGINE. Nuova associazione nel nome di Alfonso Tesauro Dai mercatini alla squadra di calcio Nata nell’ottobre del 2010 e costituita con atto notarile, regolarmente registrata all’ Agenzia dell’ entrate di Salerno, con codice fiscale: 93021560656, la nuova associazione: “ Comuni Monte Cervati – Alfonso Tesauro, con sede a Piaggine, in via Tempa. Scopo della stessa: Riunire tutti i paesi situati nel circondario del Monte Cervati (vetta tra le più alte della Regione Campania), affinché possano insieme promuovere la cultura, i servizi, l’ambiente e soprattutto il lavoro autonomo e collettivo del territorio e del suo sviluppo. Inoltre, si propone di ricer- care una stretta collaborazione con tutti gli Enti territoriali: Parco Nazionale del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni, Comuni, Unione dei Comuni, Provincia, creando all’ interno del territorio: mercatini, commercializzazioni di prodotti, punti vendita e lavorazione di prodotti tipici, attraverso l’utilizzo di terreni, resi incolti dal processo di industrializzazione e in stato ormai, di perenne abbandono. Incentivare collegamenti logistici, anche attraverso mezzi pubblici tra paesi quali: Piaggine-Valle dell’AngeloLaurino-Campora-Rofrano- Sanza-Buonabitacolo-Sassano-Monte San GiacomoPiaggine. A tal proposito, l’ associazione ha tenuto già un incontro con l’ assessore ai lavori pubblici della Provincia di Salerno, Marcello Feola. L’ incontro tenutosi a Campora nel mese di agosto, con l’ assessore(tra l’altro assente), ha fatto sapere che si impegnerà, con le dovute proporzioni alla richiesta pervenuta dai soci. Intanto, l’associazione la scorsa domenica, a Buonabitacolo, ha riunito i suoi associati per discutere dei seguenti temi: presentazione bilancio - costituzione comitato per la raccolta fondi destinati al santuario della Madonna della Neve sul Monte Cervati – aperture di più punti vendita, uno tra Piaggine e Laurino e l’altro a Rofrano – realizzazione del servizio pubblico tra i paesi citati – organizzazione di una squadra di calcio maschile. Per tutti coloro che vorranno associarsi basta chiamare il numero del presidente, dott. Francesco Petraglia al 347 5748548 oppure per chi vorrà donare qualcosa basta farlo attraverso le coordinate bancarie: Iban IT 87 F 08784 36400 020000017743 – IT87 F087 8436 4000 2000 FRANCESCO PETRAGLIA 0017 743, oppure a parte, per il santuario della Madonna della Neve sul Monte Cervati, basta fare un versamento sul numero del libretto intestato all’ associazione che è il seguente: 20000017743. ARCHEOLOGIA. Laurino e l’ossidiana arrivata da lontano “Sindaco Gregorio, quando farà aprire l’antiquarium?” A Laurino c’è il museo, reperti di grande rilevanza, ma non c’è il verso di aprire al pubblico. Le testimonianze di reperti archeologici a Laurino negli anni sono stati sempre ben evidenziati non solo dalla sua storia vissuta, ma anche da studi fatti in questi anni da numerosi studiosi di archeologia. Ce lo racconta l’ex ormai custode del museo di Laurino e della sovrintendenza, oltre che promotore di questa iniziativa: Antonio Fucentese. Dove sono stati ritrovati reperti archeologici? Sono ben custoditi? Sono alcune delle curiosità che gli porgiamo. Antonio Fucentese, sempre con animo pacato ci risponde e ci fa una trattazione cronostorica della vicenda. Possiamo dire che le più antiche testimonianze ar- cheologiche dell’ Alta Valle del Calore risalgono, allo stato attuale al neolitico finale( fine IV inizi III millennio a.c). Questi reperti fanno parte della cultura eoliana di Diana e tra gli elementi che accompagnano tale cultura c’è l’ossidiana( un vetro vulcanico di particolare pregio che si ritrova allo stato migliore in alcune isole del Mediterraneo come Lipari, Pantelleria, Melos, Palmarola) e zone centro europee. Si ritrova qualche pezzo di ossidiana in località Chiusa della Mammolessa a Stio, che deriverebbe da Lipari e trasportata dal fiume Calore. Molti pezzi però sono andati perduti. Per quanto riguarda invece, il periodo successivo “enolitico”(dalla metà circa III agli inizi del II millennio a.c.), caratteriz- zato dal periodo Gaudo(di origine orientale), ci sarebbero alcuni frammenti di vasi con decorazione embricata provenienti dalla località Ponte Trenico in Campora. Per cui sembra che di questo periodo si avrebbero più testimonianze. Infatti, vasi di terracotta(attualmente in frammenti) fatti in punteggio, ad incisione ed execisone, punti di feccia, macine, lame e resti di pasti vegetali ed animali. Ma molti reperti sarebbero stati manomessi. Gli ultimi scavi fatti a Laurino risalirebbero intorno al 1979-1980 diretti dall’archeologo Amodio Mazzocchella ed il sovrintendente Werner Yohannovski (attualmente defunto e già direttore dell’ archeologia subacquea). Dalle parole dell’ex custode, il IL PONTE ROMANO A LAURINO signor Antonio, i reperti sarebbero tutti rinchiusi nell’attuale convento a Sant’ Antonio, già sarebbero allestite apposite celle con vetrate, pronte ad essere utilizzate dal Comune per il richiamo dei visitatori. Per cui, la precedente ammini- strazione si è sforzata di reperire i fondi per allestite un museo comunale e passata la palla, in mano al nuovo sindaco Romano Gregorio, si procede all’ allestimento. Chissà quando? Pagina a cura di Fabio Cinnadaio di DOMENICO MARINO e GIUSEPPE TROTTA Trentinara (SA) Via Roma 181 bivio info 330 502757 329 6329525 PRODOTTI PER Bar, Ristoranti, Pizzerie, Osterie, Pub, Wine Bar, Birrerie, Rummerie, Alberghi e Discoteche INFO&CONTATTI tel 0828 730510 / fax 0828 72805 S.S 18, Km 89,700 Capaccio [email protected] www.planetbeverage.it 14 N° 42 19 Novembre 2011 Roccadaspide L’ARCHEOLOGIA. I reperti di Fonte a Tempalta I greci della Valle del Calore Nell’ambito della Borsa mediterranea del Turismo archeologico di Paestum, grande importanza potrebbero ricoprire i ritrovamenti, nel comune di Roccadaspide, dei resti di una necropoli a Tempalta e di un santuario a Fonte, negli anni’60. Potrebbero, perché tali reperti archeologici dapprima esposti nel museo nazionale di Paestum, sembra che ora giacciano nei magazzini della struttura. Secondo il sindaco di Roccadaspide, Girolamo Auricchio, «Si trovano nel deposito del museo archeologico, sono catalogati e penso che vengono esposti a rotazione con gli altri oggetti». «Furono prima esposti, poi messi giù nei magazzini per far posto ai reperti di altre località. Chiesi informazioni a riguardo, ma nessuno seppe dirmi niente», replica l’avv. Nicola Di Dario, noto storico di Roccadaspide. Dal museo alla cronista «Non so o venite a vedere di persona o chiamate domani, l’archeologo non c’è ». Eppure i reperti di Tempalta e di Fonte non sono di poco conto. «Negli anni’60, fu rinvenuta, a Tempalta, una grossa pietra squadrata e rettangolare che fungeva da copertura ad una tomba antica. Così la Soprintendenza ai Beni Culturali ne dispose l’immediata esplorazione e il recupero del corredo funerario in essa contenuto. Ulteriori scavi compiuti nei dintorni rinvennero delle tombe a camera. I ricercatori, inoltre, trovarono una necropoli composta di circa 50 sepolture a fossa, delle quali le prime 15 risalivano al VII secolo a.C., mentre le altre risulta- Giuseppe Vairo, per le persone del paese meglio conosciuto come “zi Pepp’ ru dopo-lavoro” ha un temperamento forte e deciso (ancora tutt’oggi) la sua vita è stata scandita tra la fami- IL CASTELLO GIULIANI DI ROCCADASPIDE rono databili a periodi successivi, fino al IV secolo a.C. La tomba n. 15, una delle più antiche, conteneva, tra l’altro, numerosi elementi di ambra, un bacino di bronzo ad orlo perlinato, spiedini di ferro, una piccola anfora ed uno scodellone carenato di buona fattura. Nello stesso periodo fu iniziata un’altra ricerca poco lontano dalla necropoli, non ancora completata, che ha rivelato tracce di un abitato del V sec. a.C. e di un’altra area sacra (simile a quella di Fonte) indicativa della presenza greca sul territorio», scrisse Di Dario nel 2002. I materiali provenienti dalla necropoli, inoltre, documentano la presenza di indigeni, in tali luoghi, prima della fondazione della città greca di Poseidonia. Il santuario di Fonte, di cui però non furono ritrovate le strutture, fu opera dei Greci e dedicato alla dea Hera Argiva. Molte statuine femminili di terracotta riproducevano le sue sembianze accanto a frammenti di vasellame vario, monete, armi antiche e in ferro. Faceva pure bella mostra di sé un prezioso e bellissimo cratere attribuito al ceramografo greco Assteas, decorato con scene riprese dal giudizio di Paride. Ed il santuario di Fonte segna i confini della “kora”, ossia di un territorio circostante la polis, ormai sotto il controllo dei Greci, che stabiliscono con i precedenti abitanti rapporti di contatto e scambio, all’insegna del sacro. «Si è trattato di un processo che viene chiamato osmosi- afferma il rocchese Mario Serra, esperto di archeologia- grazie al quale, tra culture diverse avvengono degli scambi. Ed ho potuto ammirarne alcuni esempi, tramite vari oggetti, rinvenuti a Roccadaspide, esposti proprio al museo archeologico di Paestum tre o quattro anni fa». Ma, come accennato, nessuno sa dire con certezza, nemmeno all’interno del museo, se tali reperti vi siano esposti tuttora. La cronista ci andò, qualche anno fa, ma l’addetto non seppe dirle dove fossero i materiali in questione. Il vero problema, difatti, è l’assenza di informazione. Francesca Pazzanese glia, il lavoro e gli amici. Secondogenito e sposato con Angela Nigro, meglio conosciuta coma “Angelina”(defunta circa dieci anni fa), oltre ad un altro fratello e due sorelle e padre di due figli Francesco Vairo( ex preside e attualmente in pensione) e Carmelina( ex commerciante e anch’ella in pensione), vive la sua vita tra il militare, svolto nei pressi di Napoli, durante la guerra, gli amici ed il suo lavoro. Coltivatore prima e operaio edile poi, ha fatto enormi sacrifici per i suoi figli e per la sua famiglia, riuscendo a far studiare almeno uno dei due figli. Franco Vairo, preside e ormai pensionato, racconta di un padre severo che controllava spesso i propri figli e mentre parla e ricorda (sembra quasi che l’emozioni lo investono, infatti a stendo riesce a trattenere le lacrime). Tantissimi auguri a zio Giuseppe. Fabio Cinnadaio Sport - Capaccio N° 42 19 Novembre 2011 15 BASKET. L’ A.S.D. Polisportiva Capaccio - Paestum, si presenta al pubblico Rinnovamento societario e codice etico per tutti Sabato 12 novembre, presso il ristorante “Le Delizie del Palato”, in località Tempa San Paolo, è ufficialmente iniziata la nuova stagione dell’A.S.D. Polisportiva Basket Capaccio Paestum con la presentazione del nuovo organigramma dirigenziale, delle squadre partecipanti ai campionati e delle aziende che sponsorizzano le attività. Dopo il benvenuto e le introduzioni di rito, il presidente Donato D’Angelo, visibilmente entusiasta ed emozionato per la sua elezione ad unanimità, prende la parola per spiegare quelli che sono gli intenti che la società intende portare avanti, e per presentare il nuovo assetto dirigenziale, composto, tra le tante figure di punta dell’entourage, dal vice presidente Franco Marino e dal dirigente responsabile Domenico Voso. Richiedendo la collaborazione di tutti, nelle sue prime battute ufficiali, il presidente ha espresso la sua profonda volontà di promuovere, nell'esercizio delle sue funzioni, uno standard elevato di professionalità nello svolgimento delle prestazioni sportive e di vietare ogni comportamento in contrasto con i valori che intende garantire. Presente all’incontro anche la presidente uscente, la dott.ssa Michela Lodato, in un simbolico passaggio di consegne tra chi ha reso grande la pallacanestro a Capaccio e chi ne prende l’eredità per cercare di garantirne, in assoluta continuità, un futuro ancora più glorioso. Occasioni come questa ci danno la possibilità di comprendere quanto sia importante e radicata nel territorio capaccese l’attività cestistica. Nata tra non poche difficoltà infrastrutturali nel 1997 ad opera dell’attuale responsabile tecnico delle attività agonistiche, nonché uno dei migliori giocatori usciti dal vivaio agropolese e allenatore Gerardo Marino, della moglie Franca Gnarra, di Domenico Voso e Antonio Russo, vanta ora più di 250 L’ALLENATORE GERARDO MARINO E IL PRESIDENTE DONATO D’ANGELO GLI ALLENATORI DELLA POLISPORITVA CAPACCIO atleti iscritti. Una realtà molto seguita, soprattutto dai giovani, che può ambire a raggiungere risultati di eccellenza. Un fiore all’occhiello è la prestigiosa, recente affiliazione con la Virtus Siena, una delle società più blasonate in Italia, fortemente voluta da Enrico Di Lascio, responsabile delle società associate. Nel corso dell’incontro vengono presentati anche i due nuovi main sponsor societari: Euroimpianti s.r.l. e Brenca Costruzioni, ai quali viene riservato un ringraziamento particolare perché si sono fatti carico della fornitura dell’abbigliamento ufficiale e del trasporto per le trasferte esterne. In una serata tinta di rosso e nero (i colori delle nuove divise) il momento più coinvolgente si è avuto con la presentazione delle squadre partecipanti ai diversi campionati e dei loro rispettivi allenatori: Gerardo Marino per la serie c femminile, Antonio Scorzelli per l’under 13 femmi- - PAESTUM nile e under 13 maschile, Giuseppe Di Spirito per l’under 19 e under 17 maschili. Con loro anche Bruno Bambacaro, uno degli istruttori del settore mini-basket, ma che, all’occorrenza, presta, con grande impegno, la sua opera per preparazioni individuali. Un nome italiano per un ragazzo brasiliano che ha contribuito, con la sua solarità, a dare una grande carica di energia a tutto lo staff. Nel momento della presen- tazione ad ogni ragazzo viene consegnata una copia del Codice Etico della società, vanto e cardine dell’opera di rinnovamento che l’organico intende intraprendere. Ispirato al Codice Etico del CONI e fortemente voluto dal neo presidente, esso rappresenta un importante punto di partenza per compiere un percorso virtuoso dove, chiunque lo rappresenti, esprima sempre, comunque e ovunque, certi valori imprescindibili per la nostra società. Come bene espresso da Patrizia Del Puente, docente universitaria nonché elemento di forza della serie c, il codice etico di cui si è dotata la Polisportiva è, a tutti gli effetti, un impegno sottoscritto da coloro che, con passione, vogliono far parte di questo mondo. E afferma ciò rivolgendosi anche ai tanti genitori presenti in sala, i quali, per primi, sono chiamati a farsi portavoce dei valori di lealtà, probità, correttezza e diligenza in esso contenuti. L’importanza della scelta di munirsi di un Codice Etico viene ulteriormente sottolineata con gli interventi del vice sindaco Lorenzo Tarallo e dell’assessore alle politiche sportive Carmine Caramante. Capaccio è un territorio con una grande fame di sport, ed ogni iniziativa atta a valorizzare le potenzialità di questa prolifica realtà sono accolte con entusiasmo. Insomma, una serata all’insegna dei nobili valori dello sport e una bella vetrina dedicata alle giovani, e meno giovani, promesse della disciplina. In modo significativo è stato reso omaggio alla nostra importante tradizione cestistica che mira, con professionalità e dedizione, a consolidarsi e a rinnovarsi se necessario. Barbara Saponara GUARDA IL VIDEO DELLA PRESENTAZIONE SU WWW.CILENTOWORLD.COM 16 N° 42 19 Novembre 2011 Diano Calore-Diano Uomini… attenti ai farmaci per il colesterolo! Pruno, rovi ed erbacce hanno il sopravvento MONTE PRUNO: PUNTO DI PARTENZA E DI ARRIVO suna segnaletica e nessuna indicazione (il CAI in queste zone non è ancora passato). Il sentiero per raggiungere gli scavi è molto ampio, però, necessita di manutenzione immediata ed in molti tratti è invaso da erba alta, da spine e da sterpaglie. Eppure questo antico sentiero (nominato “trazzera degli stranieri”), ben documentato storicamente, che presenta per alcuni segmenti tracce dell'antico basolato meriterebbe d'essere integralmente recuperato ed ammirato piuttosto che essere abbandonato. Giunto sul pianoro (879 m s.l.m.), però, mi sono reso conto subito che non solo il sentiero, ma anche la famosa area archeologica di “Monte Pruno” è completamente abbandonata. Sterpaglie, spine e rovi regnano dappertutto. Di tombe e tracce archeologiche se ne riescono ad intravedere poche. Con molta difficoltà (seguendo le tracce lasciate dal passaggio di qualche cinghiale) riesco a salire sul cucuzzolo del pianoro per poter ammirare l'incantevole paesaggio e capisco immediatamente perché “Monte Pruno” in passato veniva chiamato il “balcone degli Alburni”. Mi sento abbattuto ed indi- 17 IN FARMACIA ROSCIGNO. Indicazioni illegibili, vi si arriva quasi a tentoni L'area archeologica di “Monte Pruno”, la cui fama è dovuta alle ricerche archeologiche ed agli scavi ufficiali realizzati intorno agli anni '30 che portarono alla luce una tomba di valore inestimabile (per quantità e qualità degli oggetti trovati) poi ribattezzata “principesca”, rappresenta il più grande insediamento enotrio e lucano degli Alburni. Gli scavi degli anni '60 e '80, le successive pubblicazioni divulgative e scientifiche, i ritrovamenti delle sue famose ambre ed il riconoscimento dell'insediamento enotrio di “Monte Pruno” come antico centro di transito commerciale tra la “Pianura Pestana” ed il Vallo di Diano hanno fatto aumentare la celebrità dell'area archeologica presso gli studiosi ed hanno attirato moltissimi turisti nel corso degli anni. Il 12 novembre, approfittando della bella giornata, ho deciso di percorrere la strada ed il sentiero che portano all'area archeologica di “Monte Pruno” in pieno Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni. Il percorso per raggiungere gli scavi archeologici doveva essere agevole (conoscevo la zona), ma subito mi sono accorto che le cose stavano in maniera diversa. Dopo aver superato l'ultima casa del centro urbano di Roscigno ho percorso gli 800 metri che mi separavano dai cartelli informativi che guidano il turista verso il parco archeologico ed ho trovato le prime amare sorprese. I cartelli erano completamente cancellati e da sostituire poiché non avevano più informazioni leggibili. Gli unici cartelli utilizzabili contenevano delle piccole frecce bianche disegnate. Da questo momento in poi il percorso abbraccia l'antico sentiero fino al pianoro ed il turista viene abbandonato a se stesso perché non troverà più nessun cartello informativo, nes- N° 42 19 Novembre 2011 gnato nel verificare che i risultati di tanti scavi archeologici non siano visibili, che le tracce storiche delle enormi mura siano coperte dalla vegetazione autoctona e che uno dei potenziali attrattori turistici ed archeologici del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni sia ridotto in queste condizioni. Eppure basterebbe abbandonare l'idea dei finanziamenti a pioggia e mettere le istituzioni (Parco, Regione, Provincia di Salerno, Comunità Montana Alburni, Soprintendenza Archeologica di Salerno e Comune di Roscigno) intorno ad un tavolo per cercare di dare una soluzione duratura ai problemi degli scavi, dell'ordinaria manutenzione e della pulizia dell'area archeologica al fine di risolvere definitivamente la questione e poter mostrare con orgoglio ai tanti turisti e studiosi che visitano “Monte Pruno” un'area archeologica del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni degna di questo nome. Vito Roberto Le statine sono farmaci ormai famosi che inibiscono la sintesi del colesterolo. Dall’analisi dei dati di farmacovigilanza del 2010 sono emersi 4 casi di ginecomastia in pazienti di età compresa tra 51 e 68 anni, in trattamento con rosuvastatina. In tutti i casi la reazione avversa si è manifestata con un tempo di latenza tra 2 e 5 mesi dall’inizio della terapia e scomparsa alla sospensione del farmaco. La ginecomastia è una condizione caratterizzata dallo sviluppo delle mammelle nell’uomo. Nel processo di sviluppo ghiandolare è spesso coinvolto uno squilibrio tra estrogeni e androgeni circolanti. Sebbene la causa potrebbe essere varia, 1/5 dei casi riportati dipende dall’uso dei farmaci, anche quelli più comuni quali alcuni antipertensivi, antistamnici, antipsicotici e farmaci che agiscono sui livelli di ormoni sessuali. La ginecomastia è un effetto collaterale già presente nelle schede tecniche dell’atorvastatina e della lovastatina, anche se raro. Nei casi descritti l’insorgenza di ginecomastia in corso di terapia con statine sembra essere dovuto all’inibizione della produzione ormonale, causata a sua volta dall’inibizione della sintesi del colesterolo, che determinerebbero un aumentato rapporto estradiolo/testosterone. Qualora si presenti ginecomastia durante il trattamento con statine, in particolare con rosuvastatina, è opportuno valutare con il proprio medico la possibilità di sospendere la somministrazione del farmaco, effettuare esami di laboratorio (androgeni liberi) in modo da escludere un precedente ipogonadismo smascherato dalle statine. Alberto Di Muria 18 N° 42 19 Novembre 2011 Eboli Commercio e lavori pubblici. L’elenco delle doglianze Le Bolle non riparte lo sviluppo ma il disagio sì DALLA PRIMA Il biglietto da visita per i clienti del centro Le Bolle? Terribile. Lunghe file e voragini sul manto stradale. Chiamarlo manto, è già troppo. Si cammina con l’effetto passeggiata sulla Luna, ammesso che l’uomo ci sia mai arrivato. E’ l’emozione de Le Bolle. Voragini in strada, prima di incontrare le Bolle al centro commerciale. Il peggio deve ancora venire. Dalla periferia al centro, la situazione è disastrosa. Il cantiere per i parcheggi sotterranei è diventata la tagliola per i commercianti di via Nobile. Ha cancellato via Adinolfi, ha gettato nel terrore i genitori della scuola Vincenzo Giudice (dubbi sulla staticità) e i residenti di via IV novembre (stessi dubbi statici). Ha aperto una voragine di sei metri. Ci dovevano nascere i parcheggi sotterranei. C’è solo cemento interrato, con acciaio, fili e una pozza d’acqua marroncina. Un pugno nello stomaco, per chi ci passa. Uno schifo autentico, per chi ci vive. Il fallimento garantito, per i negozianti di via Nobile. Cinque negozi sono già chiusi. Altri sono sulla buona strada. Per fallire. Molti esercenti hanno messo in vendita le loro attività. La Confesercenti non parla. Non protesta. Mute sono anche le altre associazioni di categoria. La situazione è sconfortante. Ma nessuno alza la voce. Gli operai senza stipendi (a Potenza) hanno abbandonato il cantiere occupato a Eboli. Avevano occupato il cantiere sbagliato. Se non ti pagano a Potenza, non puoi fare “ammuina” a Eboli. Sgomberate, tutti via. Il cantiere è ancora lì. Una voragine da brividi. Per l’immagine dell’amministrazione Melchionda, un disastro autentico. “Stiamo procedendo alla surroga della ditta, non è un’operazione semplice” spiega il sindaco. I problemi sono altri. Sono le dichiarazioni degli assessori. Melchionda si ritrova accanto assessori chiacchieroni. Che danno numeri e fanno promesse. Spesso irrealizzabili. Ad ascoltare gli assessori melchiondini, il cantiere di via Adinolfi, oggi 19 novembre, doveva essere in fase di ulti- mazione. Altro dramma. I vandali e le telecamere che non funzionano. Ad ascoltare gli assessori chiacchieroni di Melchionda, le telecamere comunali aumentano di numero, ma non si accendono mai. Chi si illumina di notte, senza alcun freno delle forze dell’ordine, è una banda di vandali, padrona della città. Impunita gang. Libera di sfasciare macchine, dal giugno scorso. Libera band di danneggiare insegne e tende dei negozi. Libera gang di bruciare libri e bancarelle. Libera e impunita. Mentre il conteggio delle telecamera continua. Sono 18, no 21, forse 24, la settimana prossima arriviamo a 28. Tanto non ce ne è una che funzioni. Anche quelle delle società private hanno fatto flop. E che flop. Negli ultimi atti vandalici, i “giovinastri” eboltani avevano le ore contate. La denuncia era certa. Questione di ore. Sono passati i giorni, le settimane e i mesi. Le telecamere private hanno ripreso i vandali. Ma le immagini sono così sgranate, che se i dementi giovani ebolitani avessero fatto le linguacce alla telecamera, nemmeno li avrebbero catturati. Commercianti in ginocchio. Politici sulla luna. La sensazione è proprio questa. I negozianti chiedono risposte e chiarimenti. Gli assessori f a n n o confusione. Promettendo cose impossibili. Cambi di marcia, nulli. Rivoluzioni a 360 gradi. Si, buonanotte. I parcheggi interrati in via Adinolfi sono un’idea di Carmelo Conte. Lanciata negli anni Settanta. La riqualificazione di via Adinolfi, la piazza nuova sopra i parcheggi, il parco giochi ricostruito…era un SOLIDARIETA. La maglia di Rino Gattuso Per i bambini affetti da tumore Un’asta di beneficenza con la maglia autografata e con la dedica del campione del mondo del Milan, Rino Gattuso. I proventi della manifestazione andranno alla onlus “Roberto Cuomo”, associazione ebolitana che assiste le famiglie con bambini affetti da malattie tumorali. L’iniziativa è stata promossa dal presidente della Giovane Italia di Sicignano degli Alburni, Carmen Di Rosa, amico di vecchia data del centrocampista dei rossoneri Gennaro Gattuso. Il calciatore rossonero ha regalato una maglia a Di Rosa, con tanto di dedica e autografo. Un segnale importante per i volontari impegnati accanto ai bambini malati di cancro. Un gesto di grande solidarietà che ha dato il via alla gara di solidarietà. Da al- cuni giorni, infatti, è partita l’asta di beneficenza per ottenere la maglia rossonera, firmata, appunto, dal campione del mondo, Rino Gattuso. L’asta promossa dalla Giovane Italia di Sicignano degli Alburni ha inteso riconoscere l’impegno sociale e civile dell’associazione onlus Roberto Cuomo a cui verrà devoluto il denaro raccolto alla fine della gara di solidarietà. Lo sport e il volontariato restano un connubio vincente. La passione e l’impegno sociale di un gruppo di tifosi iscritti al club Milan “Paolo Maldini” di Eboli presieduto da Francesco Villani ha fatto da trampolino di lancio. Con la propria passione sportiva, i tifosi si sono già impegnati a raccogliere fondi all’interno del club rossonero. L’offerente più generoso otterrà la maglia dell’idolo della propria squadra del cuore. Gli interessati possono fare la propria offerta in denaro inviando un e-mail a: [email protected] t oppure inviare una lettera in busta chiusa con l’offerta, direttamente alla sede del- l’associazione Roberto Cuomo ubicata in via M. Vignola, 12 84025 Eboli o chiamare il presidente della Giovane Italia, Carmen Di Rosa al 334/3917445 progetto bomboniera. Se non fosse che la ditta ha tirato i remi in barca. Quando l’opera non è nemmeno realizzata a metà. L’amministrazione Melchionda è rimasto a mollo, nella voragine di sei metri. I dubbi raddoppiano. Anzi triplicano. Sempre grazie agli assessori chiacchieroni. Se in via Adinolfi il cantiere è bloccato, se in via Nobile i negozianti falliscono, se per il commercio ebolitano si profila il Natale più grigio e fallimentare, in molti si chiedono come andrà la bonifica dell’area Pezzullo. Vista l’enormità dell’investimento, vista la grandezza della bonifica, visto quello che sta succedendo in via Adinolfi, i residenti di via Cicalese iniziano a pensarla diversamente. “Lasciate le cose come stanno” è il loro appello. Meglio tenersi lo schifo attuale che andare incontro a un risultato imprevedibile. Dall’esito drammatico e disastroso. Se i lavori pubblici (con soldi privati) a Eboli si traducono nel disastro di via Adinolfi, meglio tenersi la fabbrica abbandonata di Pezzullo. Grazie sindaco. Grazie assessori. Amici come prima, ma per carità non vi fate vedere con ruspe e lamiere. Aprire un cantiere a Eboli è diventata un’emozione lunare…dal fallimento sicuro. Francesco Faenza Eboli N° 42 19 Novembre 2011 19 Dal riconoscimento al recupero. Il ruolo della scuola e della famiglia 19 e 26 novembre, lezioni sulla dislessia Steve Jobs, Henry Ford, Albert Einstein, Bill Gates, Leonardo Da Vinci, Walt Disney: ognuno di loro ha lasciato il proprio segno nella storia. Con creatività intuizione e lungimiranza. Ma c’è un particolare che li unisce tutti, la dislessia. Si tratta di un disturbo che si manifesta con una difficoltà nell’imparare a leggere, in particolare nella correttezza e rapidità di lettura, ma non è una malattia. E’ una combinazione di talenti e inefficienze, capacità e difficoltà. I malati dislessici hanno una base neurobiologica. Si può parlare di deficit funzionali ossia relativi al funzionamento dei processi di coordinamento. Con la legge numero 170 del 2010 sui disturbi specifici dell’apprendimento, si riconoscono la dislessia, la disgrafia, la disortografia, la discalculia come difficoltà di apprendimento. Si garantisce il diritto all’istruzione dell’alunno attraverso i necessari supporti. La legge obbliga la formazione del corpo docente affinchè possa cogliere i segnali del disturbo e favorire il successo scolastico del bambino dislessico. Il 19 e il 26 novembre prossimi, presso la sala convegni del complesso monumentale Sant’Antonio di Eboli, si terrà un corso di aggiornamento su “La Dislessia: dal riconoscimento al recupero didattico”. Patrocinata, tra gli altri, dall’Associazione Italiana Dislessia (Aid), l’iniziativa è organizzata dall’associazione di formazione professionale “Sophis” presieduta da Marco Botta. Rivolta in particolar modo ai dirigenti scolastici e ai docenti, il target di riferimento comprende anche logopedisti, fisioterapisti, medici chirurghi e neuropsicomotricisti. Agli operatori sanitari saranno riconosciuti 12 crediti Ecm. Sull’inquadramento dei disturbi specifici dell’apprendimento interverrà il dottor Michele Conte, neuropsichiatra infantile. L’aspetto legato alle metodologie didattiche nei malati dislessici saranno trattati dalla dottoressa Thea Grazia Quaranta, presidente del- l’Aid, e dalla dottoressa Serafina Gaito, esperta in Dsa. Un’analisi dell’impatto sociale della dislessia sarà illustrata dalla dottoressa Anna Linda Palladino, psicologa clinica. Sulla visione nei disturbi dell’apprendimento parlerà infine il dottore Nicola Di Lorenzo, specialista in Oftalmologia e Optometria. Il bambino dislessico corre il rischio di essere rifiutato e isolato dalla società. A sostenerlo è la dottoressa Anna Linda Palladino, psicologa clinica: «Il bambino dislessico non è da ghettizzare, non è malato. Questi bambini hanno un’intuizione molto superiore rispetto agli altri coetanei. Non hanno deficit intellettivi, come può Vivere in campagna? E’ un incubo Eboli- Vivere in campagna? E’ diventato un incubo. A Eboli c’è un furto al giorno. I ladri entrano a tutte le ore. Di sera, quando gli inquilini escono. Di notte, quando i proprietari dormono. Di giorno, quando le case sono sguarnite. Senza paura. Senza timore. “E’ proprio questo che ci sconvolge. La loro spudoratezza” afferma Mimmo Ruggiero, ingegnere ebolitano. In contrada Cerro, giorni fa, è accaduto l’imprevedibile. I ladri sono entrati in casa Ruggiero, alle cinque di mattina. Messi in fuga dalle urla della signora, i ladri sono fuggiti via con oro, gioielli e denaro da poco arruffati. Alle sei di mattina sono arrivati i carabinieri. Hanno raccolto la denuncia dei Ruggiero e sono andati via. Il paradosso? Un’ora dopo, alle sette di mattina, i ladri sono andati a rubare nella casa di fronte ai Ruggiero: “sono entrati in camera di mia cugina. Le hanno trafugato gli oggetti personali nel comodino. Alle sette di mattina”. E’ sconvolto, l’ingegnere Ruggiero. E con lui tutta la famiglia. Alle sette di mattina c’erano trenta braccianti nell’azienda agricola del padre. Alle sette di mattina suona la sveglia della gente che va a lavorare. Alle sette di mattina è un rischio enorme entrare nella casa della gente per rubare. E invece, i ladri ebolitani sono malviventi senza scrupoli. Entrano in camera da letto, mentre la gente dorme. Arraffano di tutto, sfidando la paura e la possibilità che i derubati possano svegliarsi. E’ capitato all’ingegnere Ruggiero, alla cugina, all’avvocato Vito Chiagano: “un’esperienza indimenticabile. Sono rimasto immobile nel letto. Il ladro era di fronte a me- racconta Vito Chiagano- aveva un oggetto in mano. Poteva essere una pistola. La loro spudoratezza mi ha indignato più del furto”. E’ doloroso, subire un furto in casa. E’ indignante, quando ti portano via oggetti personali. Ma è esasperante, quando tu stai dormendo e senti rumori nella stanza dove riposi. E ti accorgi che c’è un estraneo. Forse armato. Un ladro, forse balordo, pronto a tutto per un braccialetto d’oro o qualche banconota in euro. I racconti dei derubati sono tutti simili. Notti drammatiche e beffarde. L’unico che si è salvato finora è Gianfranco Masci. Il presidente dimissionario della Multiservizi è stato graziato dall’allarme. In questo mese di furti in casa, gli allarmi non hanno quasi mai suonato. Messi fuori uso dai ladri. Quelli che sono andati da Masci erano un po’ pischelli. Ladri senza grande esperienza. Sono fuggiti via, dopo aver rotto la porta di ingresso, sfondata prima di mettere fuori uso l’allarme. Nelle altre ville, invece, è successo di tutto. Francesco Rizzo, consigliere comunale dell’Italia dei Valori, ha subito tre furti di sera. Non appena lui e i familiari lasciavano la villa, i ladri facevano man bassa di tutto. Computer, televisori, oggetti in oro. In località Epitaffio hanno raccolto le firme, per avere più telecamere comunali. Quelle già installate non funzionano. Quelle da installare sembrano un progetto futuristico, a Eboli. Le telecamere contro i ladri e contro i vandali non hanno mai funzionato. Il comune non ha mai pagato la ditta fornitrice. E i ladri sono andati a nozze. L’assessore alla sicurezza dice che con le telecamere non si combatte il fenomeno dei furti in villa. Forse ha ragione. O forse no. In provincia di Napoli, i killer del veterinario 27enne sono stati presi proprio grazie alle telecamere comunali. L’indagine è partita da lì. Le forze dell’ordine hanno costruito l’inchiesta visionando quelle immagini. A Eboli, purtroppo, nemmeno i video delle telecamere private si vedono. E’ tutto sgranato. E’ tutto sfumato. Ladri o vandali che siano, il grande fratello non va. Si è fermato a Battipaglia. Qui da noi, malviventi e delinquenti fanno quello che gli pare. Anche se vengono ripresi, nessuno li incastra. Vivere in campagna è da psicosi. Insieme alle telecamere comunali, spente perché morose, hanno fallito la missione i cani da guardia. Sarà che i cani ebolitani sono docili e dormiglioni. Ce ne fosse stato uno che si fosse messo ad abbaiare. Viziati e coccolati, i cani da guardia ebolitani hanno fatto una mega figuraccia. Sarà che si attardano la notte su facebook, sarà che mangiano pesante, sarà che sono i migliori amici dell’uomo, senza distinzione con i ladri (cani moderni e progressisti) ma non c’è un animale che abbia adempiuto al suo dovere. Un po’ di rumore, niente. Nemmeno un guaito. Silenziosi, questi cani, quasi complici dei ladri entrati nelle case dei loro padroni. Speriamo solo che l’assessore di turno, adesso, non ci propini un corso di formazione per i cani da guardia. Saremmo alla frutta. Dopo aver già raschiato il fondo del barile. credere la famiglia quando conosce la diagnosi, semplicemente hanno una diversa modalità di approccio all’apprendimento. Spesso la famiglia diventa il primo scoglio per il figlio dislessico, attivando meccanismi di rifiuto del problema, chiudendosi a riccio, per paura, vergogna senso di impotenza”. Questo modo di reagire può creare seri danni al bambino, con forti ripercussioni sulla sua sfera emotiva e sociale: “Per questo la diagnosi deve essere precoce -continua la dottoressa Palladino. L’alunno dislessico può colpevolizzarsi per tutta la vita determinando un calo dell’autostima, disagio psicologico, senso di impotenza, frustrazione fino ad arrivare alla depressione. La collaborazione scuola-famiglia è importantissima. La famiglia deve essere stimolata, deve realizzare atteggiamenti propositivi nell’affrontare e risolvere il problema senza scatenare nessun tipo di pessimismo. La scuola e il corpo docente vanno educati all’accoglienza del bambino dislessico e alla sua integrazione nel contesto classe. L’insegnante ha il compito di motivare l’alunno dislessico, spiegando sia a lui che ai suoi compagni in cosa consiste il suo problema”. Garantire una formazione adeguata e promuovere lo sviluppo delle potenzialità degli studenti dislessici è il dovere degli insegnanti che “vanno formati per riconoscere i segnali dei disturbi dell’apprendimento. Questo però non li abilita a fare diagnosi ma a indicare il caso sospetto ad un’equipe di professionisti. Qui un ruolo chiave è svolto dallo psicologo che oltre a porre la diagnosi sulla dislessia deve supportare l’insegnante all’approccio con l’alunno dislessico e con la famiglia e seguirla nell’interazione con il figlio dislessico. Purtroppo però, l’istituzione scolastica si pone ancora con un atteggiamento di chiusura verso la presenza degli psicologi negli istituti». Pagina a cura di Francesco Faenza 20 N° 42 19 Novembre 2011 Battipaglia-Pontecagnano Tra politica assente e cementificatori d’assalto Dai Casoni Doria al Castelluccio, la storia sotto i piedi Battipaglia, in fin dei conti, un modello potrebbe pure rappresentarlo. Potrebbe assurgere infatti ad esempio di come non deve essere fatta la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale, storico ed archeologico di una città. Quelle poche, ma comunque importanti, testimonianze storiche che si incontrano sul territorio cittadino sono infatti oggetto da decenni di un’incuria e abbandono difficile da registrare altrove. A volte, anzi, Tel 0828.720114 Fax 0828.720859 e-mail: [email protected] url: www.unicosettimanale.it Direttore Responsabile Bartolo Scandizzo Condirettore Oreste Mottola Grafica ed Impaginazione si cerca di abbattere e far spazio alla nuova filosofia imperante dell’espansione per l’espansione, finanche dove la stanca e farraginosa azione delle Soprintendenze tenta di fare il proprio dovere. E’ accaduto con una delle più interessanti dimore storiche della piana del Sele, nonché complesso architettonico dal notevole valore storico-artistico: i Casoni Doria. Grande caseggiato rurale, costituito da due edifici contigui ed inscindibili per la comprensione del suo valore storico-artistico, edificato intorno al 1750 dalla famiglia Doria d’Angri nella loro vasta tenuta di caccia e considerato una delle più importanti testimonianze di architettura rurale del Sud Italia, i Casoni rischiano oggi l’abbattimento. Perché? Per far spazio ad una rotatoria, la cui utilità si basa sulle nuove costruzioni (200 appartamenti) sorte a ridosso, per non dire addosso, ai Casoni. Dopo un primo parere favorevole, la Soprintendenza su invito del Fai, ha riveduto la sua posizione apponendo sull’edificio un vincolo storico-architettonico. Ma, e qua arriva il bello, il Comune di Battipaglia ha deciso di ricorrere al Tar contro il vincolo. Sarà il giudice amministrativo regionale a dirimere la vicenda, ma resta il dato politico di una classe dirigente insensibile al tessuto storico-paesaggistico e alla cultura. Se tutto andrà bene si attenderà il cedimento strutturale di quello che per la politica locale non è altro che “quattro pietre vecchie”. Ma se, come cantava De Andrè, dal letame nascono i fiori, dalle pietre vecchie possono nascere soldi, lavoro ed economia. Quello che ad esempio si potrebbe tirar fuori dal Castelluccio, maniero che sovrasta Battipaglia, simbolo da sempre della città. E come si sa i simboli sono tali sia nel bene che nel male. Lo stato di abbandono in cui versa, tanto da essere ormai pericolante, è lo specchio del tenore di una classe politica che da decenni ha voltato le spalle alla sua storia. Esempi vividi, come i casali settecenteschi che arricchiscono la Piana, per lo più cadenti (si salvano i pochi restaurati da privati), su cui invece potrebbe innestarsi un serio circuito turistico, fatto di storia, prodotti tipici e relax. Insomma, se queste “quattro pietre vecchie” vengono vissute come un peso per la religione del cemento e un ostacolo per la classe politica, la ragione va individuata nella mediocrità della stessa. Ma se dal letame i fiori nascono spontaneamente, lo stesso non vale per le pietre, da cui per far venire fuori i denari, bisogna essere minimamente bravi. Minimamente. Valerio Calabrese LO SCRITTORE Stampa STIEM Via delle Industrie 5 Fisciano Iscritto nel Registro della Stampa periodica del Tribunale di Vallo della Lucania al n.119 Responsabile Trattamento Dati Bartolo Scandizzo Abbonamento annuale 25,00 Euro Abbonamento a I Piccoli € 10,00 Unico + I Piccoli € 30,00 Conto corrente postale num. 53071494 intestato a Calore s.r.l. Tiratura: 5000 copie Gli arretrati € 2,00 + le spese di spedizione Il N° 42 di Unico è stato inviato in tipografia il 16 novembre 2011, ed è stato avviato alla spedizione agli abbonati il 18 novembre 2011 alle ore 9,30 presso il CPO di Salerno Getta e vinci DALLA PRIMA La domenica, per dire, ci si alzava all’alba per farci a tappeto tutte le messe, a partire da quella delle sei e mezza. Una carneficina d’ossucce e scapole alate, tuniche enormi e facce pallide, che non si tirava dietro alcun particolare rispetto per l’istituzione Chiesa, ma solo il desiderio di primeggiare. Il che, messo in pratica, tradotto in beni materiali, significava che a fine anno, andandoti bene, ti toccavano una coppa di latta e razioni super di gomme e caramelle. E poi, a scalare, medaglie, torroni, portachiavi. Soddisfazioni, insomma. Cioè, il caro, vecchio sistema delle incentivazioni. Non fallisce mai, quello. Almeno, non qui a Battipaglia. Ti trasforma un bimbo pestifero in un religioso modello, una sciatta in una maniaca del pulito, un utente menefreghista in cittadino modello. Questo fatto dei conferimenti della differenziata dritti in Alba Ecologia, voglio dire. Ti danno una tessera magnetica, tu raccogli e porti, e ri-raccogli e ri-porti, e c’è un punteggio prestabilito per ogni stock di alluminio, o vetro, o carta e cartone, che ti viene progressivamente accreditato su quella card: tale che, alla fine della promozione, capiti in una graduatoria in cui ai primi cinque tocca in regalo un Ipad. L’idea è buona, mica no, che ti vai a contestare. E’ il pensare all’applicazione, che mi confonde. Io già mi rivedo i bei tempi in cui da bambini si faceva incetta di stagnola per le strade, poi la si portava a certi negozianti prestabiliti (fiorai, in linea di massima) e loro ti davano tipo cinquanta lire al chilo (un chilo di stagnola equivaleva grosso modo a una settimana di ravanamenti per buste d’immondizia e bidoni vari). E poi, quatti e tranquilli, loro, si rivendevano il tutto ai robivecchi per cifre più o meno decuplicate. Qui la vedo uguale, o poco dissimile. Figuriamoci per quell’Ipad quanto saremo tartassati da chiunque, d’ora in poi. Quelle bussate di domenica mattina alle sette: ‘ngiorno signo’, che ci avete, alluminio da buttare, date a me che faccio io. Altro che gruppi d’acquisto e consorzi di vendita, insomma. Qua siamo all’avanguardia, sai quanto ci metteremo a inventare le cooperative della monnezza. Carovane di gente che s’ingegnerà per l’inimmaginabile, pur di arrivare a destinazione col cofano pieno: sventrerà divani e rapinerà sfasciacarrozze, comprerà giornali per buttarli, mangerà solo piatti precotti per tirarsi in casa quintalate di vassoi in stagnola. Poi, fa niente se, a conti fatti, quell’Ipad ci sarà costato il triplo (“siate affamati, siate folli”… comincia ad avere un senso). E questa era una considerazione. L’altra era sul fatto che questo premio, in un futuro più o meno prossimo, non consisterà più in un bene materiale ma in uno sconto sulla Tarsu. E no, dico, non fatelo. Non avrà lo stesso effetto, statene certi; è un po’ come se al discount, anziché mettere punti sulla card per avere in omaggio il bricco da latte in pietra pomice, ci dessero in omaggio la busta di plastica. Perché a noi - bom xibom xibom bombom… - non ci piace vincere facile. Vogliamo vincere gratis. Ernesto Giacomino Pontecagnano N° 42 19 Novembre 2011 Il Museo e il Parco Eco-archeologico testimonianze di un passato dimenticato Lo stato dell’archeologia con un museo senza sito Parafrasando il titolo della biennale di Venezia ospitata dalla cittadina picentina proprio in questi mesi, facciamo il punto sullo stato dell’arte dell’archeologia a Pontecagnano Faiano. La cittadina ha origini storiche lontanissime che affondano addirittura in epoca pre-romana, sotto il dominio etrusco, è infatti il sito più a Sud di questa dominazione e vanta una frequentazione che risale all'età del rame (3500 2300 a.C.) da parte delle popolazioni della cultura del Gaudo tipiche della Campania di quell'età preistorica. Tra il IX e l'VIII secolo a.C. emergono i classici tratti della Civiltà villanoviana tipici dell'Etruria del tempo che sfociano nel successivo periodo Etrusco. Nel IV secolo a.C. il centro viene a contatto diretto con alcune popolazioni limitrofe (Sanniti e Lucani) e le tracce archeologiche restituiscono le influenze che le nuove culture hanno esercitato nella società urbana. Grazie a Plinio il Vecchio e Strabone siamo a conoscenza del fatto che i romani edificarono sul sito della città etrusco-campana, nel 268 a.C., Picentia per accogliere una parte della tribù italica dei Picentini deportata dalle Marche. La colonia insorgerà due volte contro Roma, al tempo di Annibale schierandosi dalla parte di quest'ultimo, fatto che porterà i romani a fondare una nuova colonia Salerno per controllare il territorio, e durante la Guerra Sociale quando viene distrutta (89 d.C.). L'autonomia amministrativa perduta e la dispersione degli abitanti, renderanno il sito poco frequentato, sopravvisse fino a poco oltre la caduta dell'Impero Roman. Ma cosa resta di tutto questo passato? Al periodo Etrusco risalgono le iscrizioni oggi conservate al Museo Archeologico di Pontecagnano insieme a numerosi altri reperti: gli scavi archeologici realizzati negli anni Settanta hanno documentato l'esistenza di due santuari, una porzione del centro e due necropoli che complessivamente hanno restituito circa 9000 sepolture databili in una cronologia che va dal 3500 a.C. fino all'alto medioevo. Inaugurato nel 2007 in una sede appositamente progettata, il Museo Archeologico Nazionale intitolato agli “Etruschi di Frontiera” ne raccoglie i reperti: “Il percorso di visita segue un ordinamento espositivo che, snodandosi in senso cronologico, con sezioni dedicate all’illustrazione delle diverse epoche, dal periodo Eneolitico all’Età Romana, tenta di offrire al visitatore momenti di approfondimento sulla città e sul suo sviluppo urbano, sulle necropoli, sui santuari, sulle produzioni artigianali. Centrale, nel percorso espositivo, la sezione dedicata alle aristocrazie del periodo Orientalizzante (fine VIII fine VII sec. a.C.), alle quali sono riferibili alcune seCONTINUA A PAGINA 22 Sede 84020 ROSCIGNO (SA) tel 0828963131- fax 0828963247 Sede Amm.va e Filiale: 84037 SANT’ARSENIO (SA) - tel 0975 398611 - fax 0975 398630 Filiali: 84065 PIAGGINE (SA) - tel 0974 942700 - fax 0975 942238 84069 TEGGIANO (SA) - tel 0975 510610 - fax 0975 510608 84036 S. CONSILINA (SA) - tel 0975 521282 - fax 0975 21949 84057 LAURINO (SA) - tel 0974 941252 - fax 0974 941544 84070 ROFRANO (SA) - tel 0974952511 - fax 0974 952433 85052 MARSICO NUOVO (PZ) - tel 0975 344244 - fax 0975 342431 21 22 N° 42 19 Novembre 2011 Sele CONTINUA DA PAGINA 21 Dagli etruschi più meridionali d’Italia... polture che, per la composizione e la qualità del corredo funerario, sono state definite ‘principesche’”. Questa è la descrizione che troviamo sul sito internet della a Soprintendenza Archeologica di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, il Museo infatti non ha un proprio sito, attraverso il quale sponsorizzare le proprie attività, farsi conoscere ed entrare in rete con le altre strutture museali del territorio nazionale. Questo importante gap ha fatto sì che sin da subito le visite siano state sporadiche e discontinue con picchi solo in occasione di eventi organizzati dall’amministrazione comunale come “Gioiello etrusco” un concorso per orafi ispirato ai monili dell’epoca villanoviana. Nessun progetto di marketing turistico serio e pensato è riuscito sin ad oggi ad assicurare un flusso continuo di visitatori (seppure il biglietto d’ingresso sia solo di 2 euro) e a valorizzare l’importante patrimonio storico-artistico che per la sua datazione è di notevole pregio e rarità. Sotto l’attuale cittadina, ricoperta di cemento a causa dell’urbanizzazione selvaggia, vi sono i resti di un’intera città che solo in alcuni punti restano visibili dagli scavi. Uno di questi è Il Parco ecoarcheologico una grande oasi verde situata immediatamente alle spalle di quello che è oggi l'abitato moderno, tra la strada statale 18 e l'autostrada Salerno - Reggio Calabria. Esso si estende su una superficie di 22 ettari in cui l'area archeologica si trova all'interno di una vasta area verde quasi interamente libera da sovrapposizioni moderne e comprende i resti di un antico abitato etrusco-campano, sviluppatosi dal IX fino al IV secolo a.C., su cui fu successivamente fondata la città romana. All'interno del parco, sono presenti circa 300 metri quadrati di scavo, che comprendono un intero isolato dell'antico centro, il corso principale, largo circa 9 metri (decumano) che attraversava la città nella sua larghezza e una delle strade minori disposte nel senso della lunghezza (cardines). A Sud e a Est l'abitato antico era circondato da vasti sepolcreti che hanno restituito più di 7500 tombe con i loro corredi funebri, oggi conservati nel Museo. Nel settore occidentale del sito sono stati individuati anche due santuari ubicati agli opposti margini meridionali e settentrionali della città antica. La loro localizzazione periferica rispetto al centro abitato è tipica degli insediamenti etruschi dove costituivano un luogo d'incontro e scambio tra popoli diversi. Quello meridionale è dedicato ad Apollo come dimostrato dal rinvenimento, tra i resti di materiale votivo, di un vaso di bucchero per vino con la scritta Apollo in greco ed anche di un coccio con il nome "Mant", Apollo in etrusco. Inoltre, attendono di essere riportare alla luce lungo la fascia costiera il porto antico e alcune ville romane. L'affidamento della gestione del Parco archeologico di Pontecagnano da parte della Soprintendenza Archeologica per le province di Salerno, Avellino e Benevento è il risultato di un'opera di promozione che ha visto negli anni passati il Circolo Legambiente "Occhi verdi" impegnato in numerose iniziative miranti a valorizzare il patrimonio storico, archeologico e naturale del territorio: l'incontro "Gli Etruschi a Pontecagnano" (con la partecipazione della missione di studio dell'Università' di Copenaghen) nell'agosto del 1990; un campo di volontariato internazionale nel 1991; la pubblicazione del volume "Parco archeologico di Pontecagnano. Recupero di un ambiente urbano" nel 1993; il recupero di aree limitrofe del Parco eco-archeologico nelle giornate di "Puliamo il Mondo" 95-96-97; ed in fine il ciclo di conferenze organizzate nel 1997 "Il passato ritorna. Dagli Etruschi a Picentia : i secoli di Pontecagnano antica". Dal 2000 sono i volontari di Legambiente a garantirne l’apertura e la pulizia senza ricevere aiuti economici, che consentano di avere almeno un custode, da parte delle istituzioni. Lo stato dell’archeologia a Pontecagnano è quindi più o meno lasciato al caso, al volontariato e all’improvvisazione: seppure il materiale ci sia, seppure il valore storico sia indiscutibile, i due siti non riescono a rappresentare quell’occasione di rilancio di Pontecagnano, che con le sue ricchezze, dalla fascia costiera alle zone collinari, potrebbe divenire un’ottima meta turistica che metta insieme svago e cultura, storia e bellezze naturali. Partire dalla valorizzazione dell’esistente è l’unico modo per il nostro territorio di emergere dalla crisi economica, costruire dove si è sempre costruito, continuare a coprire di cemento la nostra terra con altre strutture alberghiere o centri benessere non serve, citando le parole dello scrittore e paesologo Franco Arminio: “Oggi è necessario solo togliere non continuare a mettere”, perché è attraverso la bonifica dei luoghi naturali e la riscoperta del passato che è possibile ritrovare l’identità della città e attrarre visitatori in modo continuo e significativo. Gli esempi sono molti ed è il momento di considerarli punti di riferimento per crescere. Tiziana Troisi Gastronomia N° 42 19 Novembre 2011 23 Viaggi e Assaggi A Capaccio Scalo apre “Chez Amis”, una vera enoteca “Chez Amis”, dal francese “a casa di amici”, è una nuova e vera enoteca che ha da poco aperto i battenti a Capaccio Scalo. Dico “vera”, perché spesso si abusa di questo nome. Attualmente, basta avere del vino sugli scaffali e troviamo ben visibile l’insegna enoteca. In realtà questa parola indica un particolare tipo di negozio per la vendita di vino. È principalmente diretta a dare ai consumatori appassionati, del vino e della sua cultura, la possibilità di degustare vini ed eventualmente acquistarli. Oggi l'enoteca è sempre più orientata ad essere una "biblioteca del vino", vale a dire un luogo nel quale trovare informazioni sul bere di qualità, piuttosto che essere un punto di distribuzione e vendita di grandi quantitativi di LA RICETTA Po l l o a l l a cacciatora NELLA FOTO: RAFFAELE DANIELE E SILVIA RICCO vino. In questi negozi, in genere, si trovano altri prodotti alimentari locali ed essi sono attrezzati per servire piccoli spuntini da accompagnare con i vini. Ecco, “Chez Amis” vuol essere proprio questo, un posto per appassionati alla ricerca delle emozioni che può trasmettere il nettare di Bacco. Infatti, a gestire il posto troviamo Silvia Ricco, una lunga esperienza in albergo e da poco sommelier L’Herajon è il miglior Fiano del Cilento Il risultato che è scaturito dalla degustazione di fiano cilentano, rigorosamente alla cieca, (cioè i degustatori non erano a conoscenza dei vini che assaggiavano) ha confermato una delle mie teorie che predico da tempo, cioè che la gente beve le “etichette” e non il vino. Il vino è un prodotto naturale e cambia in base alle annate, alla qualità dell’uva, ai metodi di vinificazione e all’onestà del viticoltore. Da qualche anno, al ristorante o in enoteca, si scelgono i vini in base a mirate operazioni di marketing e noi, puntualmente, abbocchiamo acquistando prodotti di scarsa qualità. Questo è dovuto in quanto il 95% della popolazione, sul mondo del vino, ne sa poco più di niente. Vi invito a degustare, con amici, più vini della stessa tipologia, giudi- cando secondo le vostre conoscenze e vi renderete conto che non sempre i prodotti dell’azienda più famosa e blasonata risultano quelli più graditi. Pochi giorni fa, l’Amira Paestum, l’associazione che riunisce i più bravi maîtres della provincia di Salerno, ha messo a confronto 12 Fiano cilentani dell’annata 2010. La classifica ha dato un risultato sorprendente, ad essere il fiano più apprezzato è stato uno di quelli che costano di meno: l’Herajon Fiano Doc dei Vini del Cavaliere che in enoteca si trova a poco più di 7 euro. A seguire in ordine si sono classificati: Trentenare (San Salvatore), Enfasi (Botti), Kratos (Maffini), Roccaventa (Polito), Donna Clara, San Matteo (Rotolo), Sangiovanni, Cumalè (Casebianche) e Donnaluna (De Conciliis). Il Phasis delle Tenute del Fasanella non è stato giudicato in quanto aveva degli evidenti difetti. Qualcuno che mi conosce, leggendo i risultati, potrebbe storcere il naso in quanto sa dei rapporti che tengo con l’azienda dei Vini del Cavaliere. Ebbene, in questa degustazione sono stato solo auditore e spettatore e di seguito, per pignoleria e serietà, vi elenco i soci Amira che hanno giudicato i vini: Adduono Roberto (Palazzo Sasso, Ravello), Aiello Giuseppe (Ristorante Oasi, Paestum), Calabrese Maurizio, Falanga Natale (Hotel Cerere, Paestum), Grippo Francesco (Hotel Le Palme, Paestum), Longobardi Roberto (Ristorante Il Papavero, Eboli), Napoleone Franco (Ristorante Oasi, Paestum) e Taurone Bruno (Savoy Beach Hotel, Paestum). Dibbì Ais (Associazione Italiana Sommelier) per la voglia di divulgare e far conoscere questo mondo divino. Tutta questa passione le è stata trasmessa dal marito, Raffaele Daniele, affermato e rinomato maître d’hotel, nonché sommelier professionista. I due, con l’apertura di “Chez Amis”, hanno coronato un sogno che da tempo avevano nel cassetto. Da loro si può degustare un vino e accompagnarlo con uno stuzzichino abbinato e contemporaneamente vi descrivono il prodotto in modo dettagliato: la provenienza, il vitigno, la storia e le qualità organolettiche dello stesso. In più, se sapete cosa vi aspetta a pranzo, Silvia e Raffaele vi possono suggerire il vino, spiegandovi anche il motivo dell’abbinamento. In questa enoteca troviamo veramente grande professionalità e senso dell’accoglienza, in fondo siamo a … “casa di amici”. Chi li conosce sa che sono bravi e sicuramente avranno il successo che si meritano. Per intanto noi gli auguriamo un grande e sentito “in bocca al lupo”. questa ricetta è tipica della Toscana, ma è conosciuta in tutta Italia. È molto gradita per la sua prelibatezza ed il suo ricco sapore. Si tratta di una ricetta povera, genuina e semplice che ci è stata tramandata nel tempo. Ingredienti per 4 persone: 1 pollo intero da 1,2 kg, 2 dl vino rosso, 1 spicchio d’aglio, 1 cipolla, 2 carote, 600 g di pomodori pelati, prezzemolo, rosmarino, sedano, olio evo e pepe. Procedimento: tagliate il pollo a pezzi. Mettete un po’ d’olio in padella e lasciate rosolare i pezzii di pollo fino alla doratura. Insaporite aggiungendo un trito di cipolla, sedano, aglio, carote. Salate, pepate e mettete del rosmarino. Lasciate cuocere qualche minuto, sfumate con il vino rosso e aggiungete anche i pomodori pelati. Fate cuocere, coprendo la padella, per mezz’ora, aggiungendo del brodo se necessario. A cottura ultimata servite ben caldo con una ricca spolverata di prezzemolo tritato. Vino consigliato: Piedirosso 2010, Pompeiano Igt, Sannino Enoteca Chez Amis di Ricco Silvia, Via Magna Grecia 88, 84047 Capaccio Scalo (SA). Tel. 0828.723319 Diodato Buonora