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LE RICAMATRICI
Sito: http://www.pyramidefilms.com/brodeuses/synopsis.html
Anno: 2004
Data di uscita: 27/5/2005
Durata: 87
Origine: FRANCIA
Genere: DRAMMATICO
Produzione: ALAIN BENGUIGUI E BERTRAND VAN EFFENTERRE PER SOMBRERO PRODUCTIONS, MALLIA
FILMS, RHONE-ALPES CINEMA
Distribuzione: BIM (2005)
Regia: ELEONORE FAUCHER
Attori:
LOLA NAYMARK
CLAIRE
ARIANE ASCARIDE
SIG.RA MELIKIAN
MARIE FELIX
JACKIE BERROYER
THOMAS LAROPPE
Sceneggiatura: ELEONORE FAUCHER - GAELLE MACE'
Fotografia: PIERRE COTTEREAU
Musiche: MICHAEL GALASSO
Montaggio: JOELE VAN EFFENTERRE
Scenografia: PHILIPPE VAN HERWIJNEN
Costumi: PASCALINE SUTY
Trama:
Claire ha 17 anni ed è una ragazza timida e scontrosa. Quando scopre di essere rimasta incinta cerca riparo nella bottega della
signora Melikian, ricamatrice di abiti di alta moda. Giorno dopo giorno, ricamo dopo ricamo, tra le due donne si s'instaura un
rapporto intenso in cui la ragazza apprende ad essere madre.
Critica:
Esistono ancora film fatti da donne e per donne? Certo, anche se i primi che dovrebbero vederli sono gli uomini. Come Le
ricamatrici, debutto premiato a Cannes 2004 di Eléonore Faucher, sicura ma non presuntuosa. Diciassettenne incinta dalla
splendida chioma rosso preraffaellita (la bellissima Lola Naymark) si rifugia nella campagna francese in compagnia
dell'arcigna Madame Melikian (la bravissima Ariane Ascaride), in lutto per la morte del figlio. Due creature opposte, unite dal
richiamo del ricamo, arte paziente fatta di piccoli gesti fondamentali. La giovane apprendista non vuole il figlio in arrivo. La
maestra matura, ricamatrice per l'alta moda, piange un figlio andato via. Le parole non abbattono le barriere, gli sguardi fugaci
sì. Madame Melikian si accorge del pancione nascosto della giovane che ricambia spiandole le belle calze, simbolo di una
femminilità ancora non sepolta. Così, inquadratura dopo inquadratura, sguardo dopo sguardo, la Faucher ricama una pellicola
di rilassante naturalezza. Un’occasione da non perdere, per un uomo, di spiare delle donne molto brave. A recitare, dirigere un
film e ricamare il bello dal doloroso tessuto della vita. (Francesco Alò, Il Messaggero - 05/06/2005)
Claire (Lola Naymark) ha 17 anni e una capigliatura riccia e rossa capace di infiammare lo schermo. Era dai tempi di Un
angelo alla mia tavola di Jane Campion che non si vedevano dei capelli così meravigliosamente accesi. Quando scopre di
essere al quinto mese di gravidanza, la ragazza decide di partorire in gran segreto. Neanche i suoi genitori lo devono sapere.
Abbandonato il lavoro di cassiera in un supermercato, la ragazza si rifugia dalla signora Melikian (Ariane Ascaride, musa e
icona del cinema di Robert Guédiguian), una ricamatrice che lavora per l’alta moda e rielabora il lutto per la recente
scomparsa del figlio. Giorno dopo giorno, punto dopo punto, la pancia di Claire cresce di pari passo alla fiducia in se stessa e
all’affetto per quella madre adottata alla quale regalerà una nuova voglia di vivere e di dipingersi le labbra di rosso. Alla sua
opera prima, vincitrice del Gran Premio della Semaine de la Critique di Cannes, Eléonore Faucher orchestra una piccola, ma
intonata sinfonia di gesti, sguardi e colori che intrecciano la trama del film e lo ricamano, proprio come le due protagoniste
impreziosiscono tessuti disegnati da grandi
artisti. (Alessandra De Luca, Ciak - 08/06/2005)
Il cinema francese ha due paesaggi principali in cui incorporare le proprie storie: la provincia profonda e Parigi. Naturalmente,
oltre a questi due sfondi ce ne sono altri, ma meno di quanto si possa credere. L’orizzonte impone, scandisce, seziona il ritmo,
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la qualità, la porosità degli eventi e di quello che può accadere/non accadere ai personaggi. La prevedibilità è a portata di set e
di macchina da presa, quando non scatta un’intuizione, un’ossessione, una grammatica non ordinaria della fantasia. La
lentezza, lo sguardo da falso documentario, la trama spiegazzata, un’interpretazione da attrici prese nella banlieu o nel bistrò,
messe davanti a recitazioni più stilizzate generano facilmente più fastidio che stile. L’irruente e combattuta diciassettenne
Claire (Neymark) si allontana da casa, lavora come cassiera in un supermercato, rimane incinta, si finge malata e trova, alla
fine, quiete, conforto, amicizia e calore umano intorno al tavolo di fantasiosi e fastosi ricami in casa della signora Melikian
(Ascaride) che ha perduto da poco un figlio, Il film titilla metafore e malesseri universali e abbraccia la noia. (Enrico Magrelli,
Film TV - 01/06/2005)
Una ragazza di 17 anni, sola, incinta di cinque mesi e mezzo, decisa a far nascere suo figlio, trova impiego da una signora che
ha appena perduto il figlio ragazzo e che fa la ricamatrice anche per l'alta moda. Nel lavoro quotidiano, nella conoscenza
reciproca che s'approfondisce, l'attesa dell'una e la privazione dell'altra si fondono fino a diventare un rapporto solidale,
famigliare, quasi un legame madre-figlia. Delicato e ben fatto, «Le ricamatrici» è il primo lungometraggio della regista
francese Eléonore Faucher, ed ha oltre se stesso almeno tre pregi. Uno è l'attenzione psicologica alle due donne, parallela a
una attenzione al lavoro di ricamo che evoca certi film di Alain Cavalier. Per la ragazza, i ricami dell'alta moda sono il
simbolo della bellezza, dell'arte, della preziosità; rappresentano anche la possibilità di esprimersi e di lavorare isolati, in
silenzio o con la musica, lontani dall'affanno, dalla folla. Per gli spettatori, è interessante vedere cosa sia, come sia oggi il
ricamo artigianale, una via di mezzo tra il bassorilievo e il prodotto industriale: non più un perenne e sapiente agucchiare, ma
l'uso di macchine, telai, punteruoli. Altro pregio, la sensibilità e gradualità con cui viene visto l'evolversi del carattere delle
due donne, giovane e non più giovane: all'inizio lo smarrimento, l'atonia del dolore, poi il superamento della sofferenza o della
paura trasmesso per piccoli segni eloquenti, la prima volta che la madre orbata torna a mettere il rossetto o a canterellare tra
sè, la prima volta che la ragazza-madre torna ad andare a una festa, a fare l'amore. Terzo pregio, la buonissima scelta delle
attrici: Ariane Ascaride è l'interprete prediletta e la moglie del regista marsigliese Robert Guédiguian, un elemento così
caratteristico del suo cinema che raramente (e scioccamente) viene usata da altri autori; Lola Naymark é una bellezza liberty
dai gran capelli rossi molto attraente e semplice. Il paesaggio non cittadino che circonda i due personaggi, quieto e rurale
all'aspetto ma popolato di gente che litiga o che viene ferita o resa diffidente e sospettosa dalla sfiducia verso gli altri, fa
capire con molta naturalezza perché, tra lavorare al supermercato e ricamare, la protagonista scelga il ricamo. Lietta
Tornabuoni - La Stampa (28/5/2005)
Ago, filo e pazienza per un gioco d' affetti Lavorando ai ferri un maglione, la regista Eléonor Faucher ha progettato un film
molto personale sul trapasso dei sentimenti e delle responsabilità metaforizzato nell'atto paziente e femminile del cucire,
ricamare, abbellire. Si racconta d'una forte intesa che si instaura giorno dopo giorno con una sotterranea poesia che supera la
ruvida realtà: da un lato la 17enne Claire che scopre di essere incinta, dall'altra una donna che ricama con lei per l'alta moda e
l'aiuta, l'assiste, diventa una madre. I giochi degli affetti in andata e ritorno sono bislacchi, alla fine spunta anche un ragazzo.
Un film intimo e intimista, forte di una sua onirica verità con un bel messaggio di tolleranza recitato con precisione
millimetrica da Lola Naymark e da Ariana Ascaride. Maurizio Porro - Corriere della Sera (28/5/2005)
La diciassettenne Claire, triste lavoro di cassiera in un supermercato, non ama la realtà in cui le è toccato vivere. Così
"ricama", ovvero si racconta delle storie. S'inventa di avere un cancro e nasconde i suoi bellissimi capelli rossi sotto un
turbante d'aspetto arcaico. Sceglie di restare muta. La ragazza è incinta, e questa volta non si tratta di una fantasia. Forse
vorrebbe abortire, forse no. E' totalmente smarrita quando il film le fa incontrare la signora Melikian (Ariane Ascaride,
l'attrice-feticcio di Guédiguian), ricamatrice d'alto rango che lavora per le grandi case di moda e maschera dietro uno strato di
pudore le ferite della propria vita. Tra le due donne comincia a intessersi una relazione di complicità sottintese: una specie di
specchio emotivo che le trasforma, gradualmente, in madre e figlia. Se, all'inizio, Le ricamatrici sembra battere la bandiera del
naturalismo, l'arrivo di Claire dalla signora presso la quale vuole lavorare cambia il tono della rappresentazione. Al debutto
nel lungometraggio, Eléonore Faucher applica le regole di madame Melikian realizzando un film artigianale, preciso nei
dettagli, disalienato come il lavoro delle due protagoniste. Fotografate da Pierre Cottereau, le immagini emanano
un'impressione tattile; i colori assumono un'importanza fondamentale; le luci sono sempre giuste. Consapevole di poter
lacerare il delicato tessuto del film, la cineasta non spinge mai troppo sulla regia e adotta un montaggio sommesso. Roberto
Nepoti - la Repubblica (27/5/2005)
L’esordio di Eleonore Faucher comincia con la voce off di Claire che, in rotta con i propri genitori, confessa la propria
gravidanza vergognosa alla sua migliore amica, andata via per proseguire gli studi. La regista ci fa presto capire che Claire
non ha nessun altro con cui comunicare. Da parte sua, la Signora Melikian si è chiusa in se stessa illudendosi di rimanere così
in contatto con suo figlio, prematuramente scomparso. L’incontro di queste due solitudini, asserragliate dietro la loro durezza,
avviene faticosamente attraverso silenzi, sguardi e gesti. Le mani concentrate sul proprio lavoro si avvicinano fino a sfiorarsi.
E c’è tutto un mondo che si apre davanti ad esse, loro malgrado.
La ricchezza psicologica del soggetto de “Le ricamatrici” viene velata con pudore dalla lavorazione artigianale dei ricami
delle due protagoniste. Il procedimento non è però un espediente estetizzante fine a se stesso. Il ricamo è la loro passione, e in
quanto tale aiuta loro a vivere. Nel tramandare quest’arte alla diciassettenne Claire (la brava Lola Naymark, già apprezzata in
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“Monsieur Ibrahim e i fiori del Corano”), l’esperta Signora Melikian (la musa di Robert Guédiguian, Ariane Ascaride) può
andarsene in punta di piedi per raggiungere il figlio. Tuttavia, quando Claire aiuta la donna suicida, finisce inconsciamente per
assumere la sua parte materna ed accettare il nascituro.
L’opera di Eleonore Faucher, autrice di due corti (una commedia musicale influenzata dal compaesano Jacques Demy e un
dramma sul tema della sessualità), riesce ad imporre la propria musicalità (si alternano le musiche splendide di Michael
Galasso, l’autore di “In the mood for love”, e quelle del gruppo rock Louise Attaque), la propria poesia. Attenta ai particolari,
ispirata nel suggerire il mondo onirico della ragazza ma anche nel filmare le donne al lavoro, la regista riesce a coinvolgere
con un tocco di sensibilità che si suol dire femminile.
Eppure la lunga parte centrale del film, dilatata e sommessa, richiede partecipazione allo spettatore. Improntata sulla sottile,
reciproca ed inconfessata volontà di accettarsi l’un l’altra, ad opera di due donne in rottura con la propria esistenza per ragioni
apparentemente antitetiche (una nuova vita, una vita improvvisamente interrotta), quest’altalena di sentimenti viene proposta
con rarissimi dialoghi, in ambientazioni particolarmente buie, in un’atmosfera rarefatta e cupa. Lo sguardo della regista non
giudica la scelta di Claire di abbandonare il proprio bambino. Cerca semplicemente di osservarla per capirla, di condividere il
suo dolore. Ma la pancia cresce e l’evidenza della vita si impone inesorabilmente.
Nel rivelare la decisione finale di Claire non si toglie niente al film. Quel che conta è il percorso per arrivare a tale scelta, il
sottile evolvere dei sentimenti delle due donne, due ritratti di rara bellezza. Il film, vincitore della Settimana della Critica al
festival di Cannes 2004, è stato selezionato in una ventina di festival di tutto il mondo: fra i premi ricevuti, Il Gran Premio
della manifestazione fiorentina France-Cinema (ricorda tra l’altro “Ci sarà la neve a Natale?” di Sandrine Veysset, un’altra
opera scoperta dallo stesso festival). Ma fortunatamente, “Le ricamatrici” ha avuto anche un buon esito nelle sale francesi: più
di 200.000 spettatori. (www.fice.it)
Note:
-CANNES FILM FESTIVAL 2004
Won Critics Week Grand Prize: Éléonore Faucher
Won SACD Screenwriting Award: Éléonore Faucher, Gaëlle Macé
-CÉSAR AWARDS, FRANCE 2005
Nominated César Best First Work: Éléonore Faucher
Nominated Best Supporting Actress: Ariane Ascaride
Nominated Most Promising Actress: Lola Naymark
-EUROPEAN FILM AWARDS 2004
Nominated European Discovery of the Year: Éléonore Faucher
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