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CASS. PEN. SEZ. V, 02-12-2011, N. 3711 (RV. 252946)
POSSESSO DOCUMENTI FALSI
Fatto - Diritto P.Q.M.
CASS. PEN. SEZ. V, 02-12-2011, N. 3711 (RV.
252946)
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
LA MASSIMA
In tema di falso documentale, ai fini dell'esclusione della
punibilità per inidoneità dell'azione ai sensi dell'art. 49 cod.
pen., occorre che appaia in maniera evidente la falsificazione
dell'atto e non solo la sua modificazione grafica. Di conseguenza
le abrasioni e le scritturazioni sovrappposte a precedenti
annotazioni, non possono considerarsi, di per sé e senz'altro, un
indice di falsità talmente evidente da impedire la stessa
eventualità di un inganno alla pubblica fede, giacché esse
possono essere o apparire una correzione irregolare, ma non
delittuosa, di un errore materiale compiuto durante la
formazione del documento alterato dal suo stesso autore. Spetta,
poi, al giudice di merito stabilire, fornendo congrua motivazione,
se le peculiarità della specifica alterazione siano da ritenere
un'innocua correzione oppure l'espressione di un'illecita
falsificazione grossolanamente compiuta. (In applicazione del
principio di cui in massima la S.C. ha censurato la decisione con
cui il giudice di appello ha confermato la responsabilità
dell'imputato - in ordine al reato di falso in certificazioni o
autorizzazioni amministrative, il quale aveva esibito documenti
(carta di identità e patente di guida) con sovrascritturazione a
penna della data di nascita, modificata da 1966 a 1968, mentre il
passaporto sull'omologo dato presentava l'applicazione di una
striscia di carta con data ritrascritta a macchina - senza indicare
quali concrete modalità di esecuzione dei falsi avessero consentito
di escludere che si trattasse di alterazione grossolana e cioè
agevolmente percepibile da chiunque). (Annulla con rinvio App.
Trieste, 27/05/2010)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUINTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FERRUA Giuliana - Presidente
Dott. MARASCA Gennaro - Consigliere
Dott. OLDI Paolo - Consigliere
Dott. SCALERA Vito - Consigliere
Dott. VESSICHELLI Maria - rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) B.C. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 382/2008 CORTE APPELLO di
TRIESTE, del 27/05/2010;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/12/2011 la
relazione fatta dal Consigliere Dott. MARIA
VESSICHELLI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
MAZZOTTA Gabriele che ha concluso per
l'inammissibilità.
Propone ricorso per cassazione B.C. avverso la sentenza
della Corte di appello di Trieste in data 27 maggio 2010
con la quale è stata modificata, in punto di trattamento
sanzionatorio quella di primo grado, di condanna per il
reato continuato di falso in certificazioni o
autorizzazioni amministrative accertato nel (OMISSIS).
La imputata è stata sorpresa al valico di frontiera con la
Slovenia in possesso di documenti (passaporto, carta di
identità e patente di guida) con la data della sua nascita
alterata. In particolare, mentre la carta di identità e la
patente evidenziavano la sovrascritturazione a penna
dell'atto di nascita (modificato da 1966 a 1968), il
passaporto
presentava,
sull'omologo
dato,
la
applicazione di una striscia di carta con la data
ritrascritta a macchina.
In ragione della esibizione dei detti documenti la
polizia slovena aveva riaccompagnato la B. alla
frontiera italiana che la donna aveva appena varcato. La
prevenuta si è difesa sostenendo di non sapere nulla
delle dette falsificazioni, verosimilmente opera di
sconosciuti che si erano impossessati temporaneamente
dei suoi documenti. Aveva poi optato per il rito
abbreviato.
Deduce:
1) la violazione dell'art. 6 c.p. e il vizio di motivazione.
Non vi sarebbe prova in atti del luogo di commissione
del reato sicchè non può affermarsi che lo stesso sia
stato posto in essere in Italia;
2) la violazione dell'art. 49 c.p., per essere stata esclusa,
con affermazione apodittica, la configurazione della
ipotesi del falso grossolano: nella specie, infatti, la
condotta era stata posta in essere mediante
sovrascritturazione a penna oppure attraverso la
incollatura di una striscia di carta con i dati contraffatti,
evenienze tutte chiaramente percepibili ictu oculi anche
da parte di soggetti non esperti;
3) la violazione del principio dell'"oltre ogni
ragionevole dubbio" essendo stata, dal giudice del
merito, del tutto pretermessa la tesi della imputata,
plausibile nè più nè meno quanto quella accreditata
dalla Corte d'appello.
Il ricorso è fondato.
Manifestamente infondato è, invero, il primo motivo di
ricorso.
La questione, posta per la prima volta in Cassazione, è
prospettata dalla difesa in termini del tutto generici sul
presupposto, cioè, che il giudice del merito non abbia
colto la incertezza circa il luogo di consumazione del
reato: se cioè il falso fosse stato consumato in territorio
italiano oppure no.
Ma di tale incertezza la difesa non illustra il benchè
minimo dettaglio, così incorrendo nella violazione
dell'art. 581 c.p.p. che richiede la precisazione delle
circostanze di fatto e di diritto sulle quali la doglianza
di fonda.
Invero risulta riportato nello stesso ricorso che la
imputata fu colta con i documenti alterati subito dopo
AVV. GIULIANO VALER – 15 NOVEMBRE 2014 – REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA 1
CASS. PEN. SEZ. V, 02-12-2011, N. 3711 (RV. 252946)
avere varcato la frontiera italiana ed essere entrata nella
zona doganale della Slovenia.
Trattandosi di cittadina italiana, con residenza in Italia,
non traspare in maniera evidente l'elemento che
avrebbe dovuto indurre i giudici a nutrire perplessità
sul luogo di consumazione dei reati in contestazione,
consistenti nella falsificazione di documenti esibiti,
appunto, per il passaggio dal territorio italiano a quello
sloveno.
Il secondo motivo appare invece fondato.
Ha osservato la giurisprudenza di questa Corte in tema
di falso documentale che, ai fini dell'esclusione della
punibilità per inidoneità dell'azione ai sensi dell'art. 49
c.p., occorre che appaia in maniera evidente la
falsificazione dell'atto e non solo la sua modificazione
grafica. Di conseguenza, le abrasioni e le scritturazioni
sovrapposte a precedenti annotazioni, pur se eseguite a
fini illeciti immediatamente riconoscibili, non possono
considerarsi, di per sè e senz'altro, un indice di falsità
talmente evidente da impedire la stessa eventualità di
un inganno alla pubblica fede, giacchè esse possono
essere o apparire una correzione irregolare, ma non
delittuosa, di un errore materiale compiuto durante la
formazione del documento alterato dal suo stesso
autore.
Spetta, poi, al giudice di merito stabilire se le peculiarità
della specifica alterazione la facciano ritenere
un'innocua correzione oppure l'espressione di
un'illecita falsificazione grossolanamente compiuta
(Sez. 5, Sentenza n. 10259 del 07/10/1992 Ud. (dep.
27/10/1992) Rv. 192299; massime precedenti conformi:
Rv. 172735 Rv.
183036 Rv. 190706.) Ebbene, non sembra che il giudice
dell'appello abbia fatto corretta applicazione di tale
principio, essendosi limitato ad osservare che la falsità,
per essere grossolana, avrebbe dovuto balzare evidente
agli occhi di una persona di comune diligenza, così non
essendo nel caso di specie; il giudice di primo grado,
d'altra parte, aveva a sua volta affermato che
quantomeno la Polizia italiana era stata tratta in
inganno.
Ora, a prescindere da tale ultima osservazione,
nemmeno ripresa nella sentenza impugnata e
comunque priva di tenuta sul piano logico, non
risultando effettuato con certezza il controllo dei
documenti da parte della Polizia italiana, v'è comunque
da considerare che non appare in alcun modo indicato
dalla Corte territoriale - cui pure la questione era stata
espressamente posta- quali concrete modalità di
esecuzione dei tre falsi abbiano consentito ai giudici di
escludere che si trattasse di operazioni di alterazione
"grossolana" ossia agevolmente percepibile da
chiunque.
Deve
infatti
considerarsi
che
la
sovrascritturazione a penna su un documento
identificativo, genericamente compilato con caratteri a
stampa, per quanto non necessariamente capace di
integrare la ipotesi evocata dalla difesa, sollecita
comunque una motivazione congrua, proprio in
ragione della modalità esecutiva che richiede una
particolare cura per non essere percepita ictu oculi. A
maggior ragione la osservazione vale per la
applicazione di una striscia di carta con caratteri
dattiloscritti.
Su tale questione il giudice del rinvio è tenuto a fornire
apposita e congrua motivazione.
Inammissibile invece è il terzo motivo di ricorso.
La parte ha lamentato la violazione del principio
secondo cui la condanna può essere emessa soltanto
"oltre ogni ragionevole dubbio", in base al rilievo che il
giudice avrebbe omesso di dare atto che si
fronteggiavano due opposte e plausibili ricostruzioni
del fatto:
quella della imputata - che aveva declinato ogni
responsabilità- e quella della accusa.
Senonchè, non può farsi a meno di osservare che il
giudizio sulla plausibilità o meno della versione
difensiva è di puro fatto e spetta al giudice del merito la
cui opzione, se congruamente motivata, è insindacabile
da parte della cassazione.
E nella specie, il giudice del merito ha negato qualsiasi
credibilità alla versione della imputata con un
argomentare del tutto razionale che si sottrae, dunque,
a censure da parte del giudice della legittimità.
Contestando tale conclusione, del resto, la difesa non ha
fatto che sollecitare la Cassazione a sostituire il proprio
giudizio sulla versione della imputata a quello già
compiutamente effettuato, nella sede propria, da parte
del giudice del merito.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di
appello di Trieste, altra Sezione, per nuovo esame.
AVV. GIULIANO VALER – 15 NOVEMBRE 2014 – REATI CONTRO LA FEDE PUBBLICA 2