14.05.2007 NASR HAMID ABU ZAYD ISLAM E MODERNITÀ

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14.05.2007 NASR HAMID ABU ZAYD ISLAM E MODERNITÀ
14.05.2007
NASR HAMID ABU ZAYD
ISLAM E MODERNITÀ1
Ringrazio tutti per essere venuti e ringrazio per avermi invitato in questa splendida città che
ho avuto l’onore di visitare stamattina.
Nell’intervento di questa sera tenterò di fornire alcune linee guide su che cosa è l’Islam.
Nella prima parte cercherò di tratteggiare l’Islam delle origini, del VII sec. d.C., e quale
fosse la situazione dell’ambiente in cui l’Islam si cala.
Nella seconda parte – che sarà la parte centrale del mio discorso fornirò la mia visione
dell’Islam: da Mussulmano, ma anche e soprattutto da intellettuale e da studioso. Quindi non
soltanto come credente, ma anche e soprattutto come studioso.
Nella terza parte dell’intervento cercherò di delineare un profilo dell’Islam attuale, delle
prospettive e degli sviluppi che sono stati portati dalle origini fino ad oggi e mi soffermerò su quelle
che a mio avviso sono le prospettive per il futuro.
Nella conclusione cercherò di vedere quali sono le prospettive dell’Islam nella modernità.
Mi soffermerò pertanto sul futuro di questo Islam che, partito dalle origini che si sono viste, è
chiamato a svilupparsi anche nel futuro dell’Europa.
I
In questa prima parte del discorso cercherò di illustrare la situazione della arabica – avete
più o meno tutta un’idea della sua collocazione geografica – nel VII sec.
Si trattava di una Penisola contesa dai due grandi imperi dell’epoca, l’impero romano ad
occidente e l’impero persiano ad oriente. I due imperi si combattevano per il controllo della
Penisola arabica.
La stessa situazione interna della Penisola arabica non era uniforme. Dal punto di vista
puramente geografico la Mecca – non so se avete idea di dove sia la Mecca, ma è situata nella parte
centro-occidentale della Penisola arabica – era un centro di scambio carovaniero molto forte anche
per le merci che arrivavano dall’estremo oriente. L’Islam si inserirà in questa situazione, tentando
un’unificazione anche dal punto di vista religioso. Infatti non si trattava di una terra priva di
religione, priva di fede: nel sud c’era un centro cristiano, nella zona chiamata del Majar; la zona
centrale, proprio intorno alla Mecca, era invece sede di una comunità ebraica molto numerosa e
forte. Tutto il resto era un insieme di forme di politeismo e di religione naturale. Venivano cioè
adorati idoli, pietre, alberi. La situazione era pertanto complessa e si combinava, dal punto di vista
sociale, con un’organizzazione di tipo tribale, nomade. Tutto questo insieme di fattori, religiosi e
tribali, faceva dunque sì che ci fossero pericoli e fattori d’instabilità anche interni alla Penisola,
oltre a quelli esterni causati dai due imperi che si combattevano.
1
Testo non rivisto dall’Autore, tratto dalla trascrizione da nastro della traduzione dal vivo, molto più sintetica.
A questo punto, dal punto di vista storico e sociale, emergeva come la necessità di una
forma d’ideologia, di una forma di filosofia, che stesse alla base della creazione di una nuova
comunità, che potesse preservare gli abitanti della Penisola araba dai pericoli interni e dai pericoli
esterni. È ciò che di fatto, in quel momento e in quelle condizioni, è stato l’Islam.
II
La parola “Islam” di norma viene intesa semplicemente come sottomissione alla volontà di
Dio, ma questa definizione non è del tutto accettabile. Si tratta di una realtà ben più complessa, che
va ricercata nel Corano.
Andando a leggere il Libro Sacro si vede che si può riassumere l’Islam in tre punti. Il
Mussulmano per essere tale deve seguire tre punti fondamentali, che sono:
Credere in Dio, uno ed unico.
Credere nell’aldilà, quindi credere che in qualche modo le tue azioni in questa vita saranno
ricompensate o punite in una vita seguente.
Comportarsi bene, tenere un comportamento retto.
Questo però può essere valido sia per gli Ebrei sia per i Cristiani, come per tante altre
religioni, non soltanto per l’Islam. Questo è anche il punto centrale del messaggio e della missione
di Mohammed. Il profeta Mohammed non voleva – come del resto Gesù Cristo – creare una nuova
religione: voleva semplicemente riportare gli uomini al messaggio di Dio, all’autentico messaggio
di Dio, che per la tradizione mussulmana passa attraverso tutti i profeti da Abramo a Mosè, a Gesù
fino a Mohammed.
Questo fatto che all’inizio dell’epoca islamica i Mussulmani venissero chiamati, identificati
soltanto come “i credenti”, nel senso di coloro che seguivano Mohammed, e non gli appartenenti ad
una nuova religione, è degno di nota. Mohammed con la sua rivelazione non stava portando nulla di
nuovo, stava semplicemente rinnovando ed è l’ultimo dei profeti; per cui tutta la catena dei profeti
della tradizione biblica viene compresa dalla tradizione mussulmana e Mohammed è l’ultimo di tali
profeti.
Seguendo questa linea di pensiero, Abramo era un Mussulmano, e anche Mosè e anche Gesù
e anche tutti i profeti che in qualche modo rispettavano e credevano in questi tre punti.
Secondo questa definizione dell’Islam, ci sono alcuni valori guida dell’Islam, che vengono
tutti studiati e approfonditi nel Corano.
La prima è l’uguaglianza: se i Mussulmani seguono questi tre punti – credere in un solo Dio,
credere nell’aldilà e comportarsi bene – ne consegue che gli uomini sono tutti uguali, se seguono
tali punti. La differenza è fra credenti e non credenti; però anche verso i non credenti c’è sempre un
sentimento di apertura: una grande apertura, in quanto candidati ad essere credenti, in quanto cioè
hanno la possibilità di diventare credenti. Con questo sistema si supera la differenza tribale che
c’era nel VII sec., di cui abbiamo parlato prima. Ma attenzione: l’essere Mussulmani è questa
comunità, non è contro le comunità tribali. Serve, in positivo, ad un superamento: serve ad entrare a
far parte tutti di una comunità dei credenti. Poi c’è quella dei non credenti, ma non c’è chiusura: non
bisogna tagliare i ponti, chiudere i rapporti con i non credenti, si deve invece avere un
atteggiamento positivo d’apertura verso di loro, in quanto candidati ad essere credenti.
Altro valore fondamentale è la libertà individuale. Il Corano è contrario a chi segue
ciecamente la tradizione, a chi segue ciecamente quello che hanno detto gli antenati, i genitori, i
superiori. Mohammed non voleva creare una nuova religione, ma in pratica ha creato una nuova
religione e lui era contro i suoi genitori, contro i suoi predecessori. È quest’ultimo aspetto che va
rimarcato.
Sulla figura del profeta si incentra pure il terzo punto, il terzo valore, che è quello della
giustizia. Mohammed era orfano. Ha perso il padre e poi la madre quando era molto giovane; è stato
affidato al nonno, morto sei anni dopo, quindi è stato cresciuto dallo zio, che aveva tanti altri
bambini. Nella comunità della Mecca Mohammed ha sofferto, anche perché era una comunità che
presentava un gap sociale molto ampio fra ricchi e poveri; e la pietà, la considerazione che nel
Corano si manifesta verso gli orfani è un segnale del valore della giustizia che pervade tutto il
cosmo, tutto l’universo. Il valore che guida l’universo è la giustizia, in quanto Dio è giusto. Tutta la
storia, la catena dei profeti che hanno portato fino a Mohammed – di cui abbiamo parlato prima – è
giocata e incentrata sul rapporto tra l’oppresso e oppressore. E si precisa che il Corano è contro
l’oppressore e, sempre, dalla parte dell’oppresso.
Ultimo – ma non ultimo, ultimo solo in ordine d’elenco – è la ricchezza delle differenze,
cioè Dio ci ha creato differenti in colore, razza, lingua, nazione perché vede nella differenza una
ricchezza: se fossimo tutti identici, l’umanità avrebbe perso molto del valore che le è proprio,
quindi Dio ci ha creati differenti, in quanto più ricchi.
Ci tengo a precisare che non sto tentando di convincervi della bellezza e dell’uguaglianza
dei principi dell’Islam…; adesso c’è il resto della storia: c’è l’altra faccia della medaglia.
Infatti, il profeta Mohammed non ha ricevuto un fax con il Corano o un email con allegato
il Corano; o addirittura un libro lanciato dal cielo. Si è trattato invece di una rivelazione che è durata
22-23 anni e, durante questo periodo, prima dell’emigrazione a Medina, alla Mecca Mohammed ha
sofferto persecuzioni molto forti, perché si trattava di un messaggio scomodo per gli oligarchi
locali.
Aveva dovuto addirittura lasciare la città e aveva dovuto mandare suoi messaggeri e
collaboratori in Abissinia, per verificare la possibilità di un accordo con il re dell’Abissinia, che era
cristiano: si crea una situazione molto particolare, quasi paradossale, per cui un Mussulmano va a
chiedere soccorso a un re cristiano contro la situazione locale della propria città. A questo punto, nel
622, ha dovuto lasciare la Mecca e trasferirsi nella città vicina, adesso chiamata Medina.
Il dialogo aveva incominciato ad essere impossibile con i non credenti, non credenti che
erano Meccani, arabi come lui e, quindi, suoi concittadini. Il dialogo si è fatto impossibile ed anche
nel Corano, nelle rivelazioni che si riferiscono a questo periodo, iniziano ad apparire alcuni termini
molto più forti. Fino a questo momento c’è sempre stato un linguaggio soft nei confronti dei non
credenti: mai c’erano dichiarazioni aperte d’ostilità. Ora invece, viste le mutate condizioni sociali,
hanno iniziato ad apparire nel Corano espressioni molto forti e parole dure.
A Medina c’erano diverse comunità ebraiche e i rapporti con loro non sono andati come ci si
sarebbe potuti aspettare, come erano forse nei programmi del profeta prima del suo trasferimento.
Ecco che allora hanno iniziato ad esserci nel Corano espressioni sempre più dure e d’ostilità, un
linguaggio aggressivo, di guerra, contro le stesse famiglie stesse di coloro che avevano fatto
l’immigrazione, le famiglie stesse di questi neo mussulmani, le tribù. Era una situazione molto
difficile, diciamo, dal punto di vista personale ed umano, perché non era facile entrare in conflitto
con i membri di quella che fino a poco tempo prima era stata la tua tribù e quindi nel Corano si
legge un linguaggio terribile: “Uccidili quando li vedi; uccidili appena li incontri, uccidili”.
Questa è la conseguenza della situazione sociale. È la conseguenza della rivelazione adattata
a quella situazione sociale, che differenzia la nascita dell’Islam - il primo Islam – rispetto, per
esempio, alla nascita del Cristianesimo, che era sorto nel contesto di un sistema – nella fattispecie il
sistema imperiale, dell’Impero Romano - dove era possibile dire: “Date a Cesare quello che è di
Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Il fatto è che non c’era nessun Cesare, a quell’epoca, in Arabia.
Ecco perché il Corano fornisce – nella rivelazione di questo periodo – ciò che invece era proprio
necessario: una legge, una regolamentazione sociale forte, che non poteva prevedere
un’uguaglianza assoluta, come era quella a livello di credenza.
Tale legge, che oggi i Mussulmani chiamano Sharî‘a, non prevedeva tale uguaglianza, per
esempio, per quanto riguarda le pene corporali. Quindi la lapidazione, la decapitazione, le frustate,
tutte queste pene, le pene che adesso vengono identificate come pene mussulmane non sono state
introdotte dai Mussulmani, ma cerano già anche prima, con il sistema tribale, con quella che viene
chiamata l’Arabia pre-islamica. Non sono quindi introduzioni mussulmane, innovative; ma è anche
questa una faccia dell’Islam adesso, cioè dopo quel momento. Ma si deve tenere conto del fatto che
è stata presa da una tradizione precedente: erano già presenti in Arabia prima dell’avvento del
profeta.
Dopo la morte del profeta tutta la Penisola araba era sotto il controllo mussulmano. Quasi
tutti gli arabi della Penisola erano Mussulmani, era giunto per l’Islam il momento di guardare verso
l’esterno, di guardare fuori dalla Penisola araba e quindi hanno immediatamente iniziato la via della
conquista, alla costruzione di un impero. Ma a questo punto il sistema tribale che, sotto il controllo
del Profeta, si era come assopito, rientra dalla porta di servizio. Infatti, Mohammed era stato
messaggero, inviato di Dio e anche capo politico. Non si poteva rimpiazzare l’inviato di Dio, il
messaggero, ma si pone subito il problema di come sostituire, di come far succedere qualcuno al
capo politico, al leader politico.
Questo si risolve con una serie di guerre civili fra le diverse fazioni che in quel momento
creeranno la divisione, la biforcazione fra i Sunniti e gli Sciiti, ma non entriamo nel merito di questa
situazione, di questa particolare divisione.
Con la creazione e il progredire dell’impero mussulmano, si rende necessario adeguare le
leggi, il precedente codice delle leggi, anche a culture, situazioni sociali e politiche differenti da
quella esclusivamente araba e mussulmana. A questo punto era anche necessario inserirle nel
Corano. Man mano che le conquiste proseguivano i Mussulmani sono stati sempre aperti ad
imparare molto dai regimi, dai sistemi, dalle organizzazioni istituzionali dei popoli conquistati; però
poi questo andava legalizzato, andava inserito nel contesto mussulmano, secondo una visione
religiosa. Quindi andava anche inserita nel Corano.
Dopo la morte del Profeta, diversi decenni dopo, il Corano è stato organizzato, assemblato.
Si parla proprio di “organizzazione interna del Corano”. Infatti il profeta non aveva lasciato nulla di
scritto: c’erano solo tradizioni orali; durante le rivelazioni c’era qualche Mussulmano che prendeva
appunti su fogli di palma, su materiale di fortuna, ma non c’era un libro ben codificato. È stato
assemblato successivamente, riarrangiato; è stato inserito qualcosa, tolto qualcos’altro – sappiamo
tutti come funziona – in base alla situazione politica e a quelle che erano le necessità dell’epoca. Il
fatto è però che il Corano è stato messo insieme in un volume dove i diversi capitoli, che sarebbero
le diverse rivelazioni, sono stati messi in sequenza all’interno del libro completamenti isolati dal
contesto sociale, economico, temporale politico in cui erano stati rivelati. Questo ha fatto si che le
sure – i capitoli del Corano – venissero organizzati dal più lungo al più corto, indipendentemente da
quando fossero stati effettivamente rivelati. L’unica distinzione è che si dice se un capitolo è
meccano, cioè rivelato prima della Mecca, o medinense, cioè dopo l’immigrazione a Medina.
Soltanto questo.
Questo tipo di sistemazione interna del Corano non è molto conosciuto in Occidente, non è
molto noto in Occidente, perché adesso si tende a identificare l’Islam con Bin Laden con Al Qaida,
senza pensare a questa divisione, che invece è molto importante.
Una differenza, tanto per fare un paragone con il Cristianesimo, è che il Cristianesimo è nato
all’interno di un Impero, come si è accennato; invece l’Islam ha creato esso stesso un Impero.
Quindi la religione e la politica, in ambito mussulmano, sono strettamente connesse ed è molto
difficile individuare, creare, sistemare una divisione attenta fra il sacro e il profano, mentre nel
Cristianesimo questo è molto più semplice, se mi si passa l’uso di un eufemismo.
Sulla formazione dell’Impero islamico si potrebbe fare una serie di conferenze: su come si è
presa la Spagna, sulle crociate, sul colonialismo, ma non è questo il punto né l’argomento del nostro
incontro.
III
Mi soffermo ora, da un punto di vista religioso, sul progetto a cui sto lavorando con altri
pensatori mussulmani di varie zone del mondo islamico, circa la possibilità di riportare i valori
originali autentici mussulmani di cui abbiamo parlato prima – giustizia, libertà individuale, utilizzo
della ragione, ricchezza delle differenze – in attività, di riportarli nel mondo contemporaneo.
Questo permetterebbe al mondo mussulmano, a tutto il mondo mussulmano, di riconoscere i
valori, per esempio, dei diritti umani, che sono i valori della modernità, che sono valori conquistati
nella modernità. Il rispetto per l’altro, ad esempio. Ciò porterebbe l’Islam alla riconciliazione con la
modernità e con l’Occidente.
Sono nato nel 1943, in un villaggio dell’Egitto. Nell’Egitto degli anni ’50, quando ero un
bambino, tali valori erano una realtà. Non si tratta pertanto di ripescare, di riportare in vita qualcosa
che è morto e sepolto, ma qualcosa che io stesso ho vissuto e sperimentato personalmente. Ciò che
già era nel mio villaggio, può essere anche adesso. Il mio progetto, ciò a cui sto lavorando con
passione, è proprio il riportare questi valori in vigore, in attività nel mondo contemporaneo.
L’ostacolo principale a questa possibilità è la politica.
Noi, in Egitto, viviamo con la classe politica più stupida e corrotta mai vista, che guarda alle
prossime elezioni e non guarda all’interesse della nazione che sta amministrando, dei cittadini.
Noi siamo esseri umani e dobbiamo incentrarci, concentrarci su questo fatto di essere
uomini, per dimostrare di essere autentiche creature del Divino, creature della Divinità in qualunque
Dio noi crediamo. Ma dobbiamo stare attenti perché c’è un mostro dentro di noi che porta alla
distruzione, può portarci alla rovina. Dobbiamo stare attenti e dobbiamo avere a che fare con questo
mostro.
Ho passato 40 anni della mia vita come insegnante, facendo conferenze, lezioni in tutto il
mondo, ma so che la lezione e la conferenza sono la minima parte. La cosa più importante è il
dibattito, la discussione perché quello che porta avanti e fa crescere le idee è proprio il dibattito e il
confronto. Sono molto contento di essere qui, soprattutto per quello che sarà la prossima fase della
serata, appunto il dibattito con voi.