Commercio, a rischio migliaia di posti
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Commercio, a rischio migliaia di posti
LA SICILIA SABATO 18 GENNAIO 2014 10. i FATTI Commercio, a rischio migliaia di posti In Sicilia traballano grandi gruppi come Sma, Auchan e Metro mentre chiude Brico a Misterbianco L’INTERVISTA Villari (Cgil): «Rilancio dell’economia frenato da risorse ridicole» 49 POSTI BARCOLLANO IL PEGGIORE D’ITALIA RITIRATO L’INTEGRATIVO Uno dei punti vendita storici di Brico, quello di Misterbianco, chiude, lasciando senza lavoro quasi 50 persone. E’ un trend negativo nazionale, visto che il gruppo ha già chiuso altri quattro punti in Italia. I sindacati sono preoccupati per quel che potrebbe accadere al punto di Catania-Ognina e perché la strategia del gruppo non sta consentendo di far scattare gli ammortizzatori sociali per i lavoratori coinvolti dalle chiusure e dallo stato di crisi. Sono quarantanove i lavoratori del gruppo Metro che si trovano in una situazione di precarietà. Già l’azienda ha attivato uno stato di cassa integrazione che, secondo la Filcams-Cgil, presenta «anomalie enormi». Tra l’altro Metro ha cambiato target e sta puntando molto sulla vendita on line. Una svolta che, ovviamente, penalizza fortemente i lavoratori dei punti vendita e fa temere ad ulteriori ridimensionamenti del personale. Il punto vendita Auchan di Misterbianco è stato, secondo le statistiche dell’azienda, quello che l’anno scorso ha fatto registrare i risultati peggiori a livello nazionale. La pesante crisi del gruppo Auchan interessa sia i centri della Sicilia Orientale, cioè Catania, che quelli di Palermo. L’azienda ha chiesto al sindacato di discutere un nuovo accordo e anche se in passato, spesso, si è riusciti a trovare buone intese, l’aria che tira è pesante. A livello nazionale il gruppo Sma ha già provveduto a ritirare l’integrativo e anche a livello regionale siciliano le cose non sembrano andare bene, anzi vanno decisamente male. Anche perché secondo i sindacati il fatto che sia stato fatto l’intervento sul contratto integrativo, è il segno che la Sma vuol dare sulla pesantezza determinata dall’alto costo del lavoro nel nostro Paese. Così si teme che il prossimo passo possa anche essere quello di una richiesta di mobilità. ANDREA LODATO CATANIA. Chiudono i piccoli. E nessuno, quasi, se ne accorge. Ridimensionano i grandi. E sembra non esserci nessuna via d’uscita per evitare gli stati di crisi con tutte le conseguenze del caso. E s’abbassano le saracinesche di decine e decine di negozi nelle gallerie dei grandi centri commerciali, mandando a casa, senza possibilità più di rientrare, centinaia di lavoratori assunti a tempo determinato. E’ il quadro dell’ecatombe che si sta abbattendo sul mondo del commercio in Sicilia, toccando punte spaventose, soprattutto nel fronte Orientale e, in maniera specifica, nella provincia di più ricca di mega centri, quella di Catania. Ma le ricadute drammatiche sono sparse sul territorio e non risparmiano nessuna area, nessuna grande o piccola città, nessuna provincia. Salvo Leonardi, che è da qualche mese il segretario regionale della Filcams Cgil, tiene il conto di questa crisi e dei numeri che vi girano attorno. E che fanno paura. «Ogni giorno ci arriva una nuova comunicazione, ogni giorno qualche gruppo, piccolo, medio o grande, ci fa sapere che vuole discutere uno stato di crisi, la richiesta di cassa integrazione, la necessità di una mobilità. E’ una situazione drammatica, contro cui ci battiamo cercando di trovare le soluzioni meno pesanti e dolorose per i lavoratori, comprendendo le difficoltà delle aziende, ma mettendo al primo posto le ragioni di chi vive di lavoro e dello stipendio che riesce a fine mese a portare a casa. Con sempre maggiore difficoltà». Per capire ci vuole l’elenco delle aziende che o sono già in crisi, o ci sono vicine, o hanno fatto sapere che rischiano fortemente. L’elenco? Si farebbe prima a far quello delle aziende non in crisi, perché questo è lungo e dolorosamente interminabile. Salvo Leonardi parte dalle ultimissime. «Chiude il Brico di Misterbianco. Un punto storico, per anni molto interessante e vivace sotto il profilo commerciale e per le ricadute occupazionali. Chiude qui, così come sta facendo con altri tre o quattro punti vendita in Italia. Stiamo parlando del destino incerto per Misterbianco di una cinquantina di dipendenti e, oggi, non sappiamo nemmeno che cosa potrà accadere al punto di Catania a Ognina. Tra l’altro l’azienda non si è mossa di fronte alla crisi cercando strategie che aiutassero i lavoratori attraverso la richiesta degli ammortizzatori sociali, cosa che sa- rebbe stata facilitata da uno stato di crisi globale dell’azienda e non dal procedere di punto in punto». Viaggiando, in sostanza, sotto la soglia dei 50 dipendenti, non si rientra nella possibilità di accedere agli ammortizzatori sociali ed il futuro di chi perde il lavoro è nero. Come rischia di esserlo quello di altri 49 lavoratori a Catania. «Sono quelli del gruppo Metro, 49 posti a rischio, con in corso già una cassa integrazione che a nostro avviso presenta delle anomalie enormi. Tra l’altro aggiungiamo che di fatto quasi all’improvviso, la Metro ha cambiato target ed ha cambiato anche strategie di vendita, poggiandosi molto sull’on Salvo Leonardi. line, con ovvie conseguenze negative per i lavoratori». E’ la crisi diffusa e ormai dilagata della grande distribuzione, dei mega punti vendita, sommersi l’uno dall’altro e l’uno sull’altro. Non vanno bene a Catania e a Palermo storici punti Auchan. L’azienda ha chiesto un accordo di secondo livello che non si è ancora chiuso e anche se in passato ha sempre «Troppe autorizzazioni a mega centri - dice il segretario della Filcams - e oggi è crisi totale» dialogato bene con i sindacati, si sente proprio che l’aria che tira è davvero pesante. «Nell’elenco - aggiunge Leonardi possiamo inserire anche il marchio Sma, che ha ritirato a livello nazionale l’integrativo e ha fatto sapere che anche a livello regionale in Sicilia le cose non vanno per niente bene. Il marchio Sma, tra l’altro, quello consolidato e più di prestigio, è quello che vacilla e con quel segnale sull’integrativo è evidente che si vuol far capire che c’è un problema legato al costo del lavoro». Così quel che teme il sindacato è che la prossima mossa possa essere quella di una richiesta di mobilità. Sma, tra l’altro, lo scorso anno aveva visto aumentare i propri fatturati a Catania, in concomitanza con la crisi di Aligrup, mentre la stessa cosa non era accaduta ad Auchan che vanta, al contrario, un triste primato da queste parti. Dice Leonardi: «L’Auchan di Misterbianco è quello che ha ottenuto l’anno scorso la peggiore performance in tutta Italia». Brutta storia, dunque. Colpa di chi e di che cosa? Colpa di tutte quelle autorizzazioni date per aprire un centro dietro l’altro, senza tenere conto delle reali possibilità di assorbimento del territorio. «La politica - accusa Leonardi - ha detto troppi sì senza capire che tutti questi punti non potevano portare nessun benessere, nessun incremento dell’occupazione. Oggi servirebbe una interlocuzione forte alla Regione, per trovare strumenti che servano ad arrestare questa emorragia. Che rischia di provocare la perdita di migliaia di posti di lavoro. Quanti? Se calcoliamo che parliamo di almeno diecimila occupati e che tutti i gruppi denunciano la crisi, la situazione è altamente drammatica con numeri che parlano da soli». Angelo Villari, lei è segretario della Non si lavora nell’emerso, non si lavoCgil di Catania, uno dei territori più ra quasi più in nero. Migliaia di famicolpiti dalla crisi del commercio. Che glie senza reddito minimo, come dicevamo prima. Servirebbero interventi cosa sta accadendo? «Accade che, come abbiamo più volte strutturali per fare ripartire questa denunciato nel passato, si sono con- economia. Invece? cesse troppe autorizzazioni a realiz- «Invece continuiamo a chiedere al gozare grandi centri commerciali. Si di- verno nazionale e a quello regionale ceva che avrebbero portato alla crea- questi provvedimenti di svolta, senza zione di nuovi posti di lavoro, a occu- ricevere quelle risposte concrete che pazione duratura e a tempo indeter- aspettiamo. Da anni ripetiamo che si minato. Invece non è accaduto nulla dovrebbe puntare sulla ripartenza di tutto questo. Il moltiplicarsi di que- dell’edilizia, per interventi di riqualisti centri ha prodotto prima la pe- ficazione nei centri storici, negli edisantissima crisi delle attività com- fici pubblici. E che cosa è stato fatto in merciali all’interno dei centri abitati, Sicilia? Una dotazione di investimencon conseguenti perdite di posti di la- ti di qualche milione. Niente, in prativoro. E, secondo, ha prodotto soltan- ca, di fronte a quel che servirebbe, to occupazione a ma anche di fronte a tempo determinato, quel che ci sarebbe». che si è presto smarQuel che ci sarebbe di rita e perduta di cui parla lei sono i fonfronte alla crisi che di strutturali, ovviaha colpito anche mente. questi centri». «Sono i fondi struttuUna crisi che negli rali che abbiamo speultimi tempi è stata so poco e male. Siaresa più grave dal mo già ai fondi 2014Soprattutto crollo dei consumi. 2020 e noi siamo, «Esattamente. Purpurtroppo, ancora l’edilizia troppo la crisi genera troppo in ritardo. Eppotrebbe far altra crisi. E l’aspetto pure in quei capitoli i più drammatico è il fondi per finanziare ripartire i fatto che le famiglie la ripartenza dell’edimercati, ma non possono più fare lizia per quei fini che la spesa perché hansono non soltanto i fondi sono no perduto, in troppi economici, ma sono sempre pochi casi, anche un reddianche legati alla sicuto minimo, quello rezza, all’abbellimenche garantiva in passato una vita di- to e alla sistemazione delle nostre gnitosa. Sotto questo profilo possia- città, ci sono. Ma dal governo regionamo davvero parlare di stati di povertà le e da quello nazionale arrivano indicrescenti e sempre più allarmanti». cazioni tiepide, sfumate, non scelte Ci sono parametri precisi e indica- strutturali, come servirebbe». tori drammatici che ci dicono quanDiventa sempre più difficile, in queto il momento sia difficile. Per esemste condizioni, far rispettare i diritti pio il fatto che sarebbe ridotto ai midei lavoratori, i contratti. In una panimi termini anche il lavoro somrola la legalità. merso. Voi lo state verificando ogni «E’ difficile, ma dobbiamo metterci giorno, nel vostro impegno costan- tutti i mezzi possibili per contrastare te per riportare la legalità nel lavoro qualunque tentazione di accettare e per far emergere quello sotterra- compromessi, lavoro sottobanco, in neo. nero. E non dimentichiamo che in «Effettivamente stiamo verificando questo scenario adesso c’è anche da anche questo. Il sommerso che cala è considerare la manodopera degli imun indicatore oggi del fatto che l’eco- migrati, il fenomeno del caporalato, nomia è completamente paralizza- l’impiego nelle campagne di lavoratota.. Effettivamente il sindacato è co- ri sottopagati e sfruttati. Fenomeni stantemente impegnato nello sforzo che ora più che mai vanno contrastaper riaffermare la legalità, il rispetto ti e combattuti. Perché il lavoro che dei diritti dei lavoratori, delle forme c’è deve essere regolare e dignitoso, contrattuali, previdenziali. Oggi ci tro- quello che non c’è va creato e generaviamo di fronte a questa situazione, to con investimenti e sviluppo procome dicevamo, che è esemplarmen- duttivo». A. LOD. te paradossale». “ “ CHIUDE MISTERBIANCO LO SCANDALO ALL’ELISEO. «Preoccupazione» per le condizioni della (ex?) Premiére dame di Francia mentre filtrano nuove rivelazioni Hollande fa visita a Valérie in ospedale Ma «lei sta sempre peggio» e Closer “insiste”: «Il presidente e la Gayet amanti da due anni» PARIGI. Preoccupazione dei parenti più stretti di Valérie Trierweiler per le condizioni della (ex?) Première dame di Francia, ricoverata, ormai da una settimana, nell’ospedale parigino della Pitié Salpétrière, dopo le rivelazioni sulla love story segreta tra Francois Hollande e l’attrice Julie Gayet, pubblicate venerdì scorso da “Closer”. Anche ieri il settimanale è tornato a far tremare l’Eliseo, con la notizia secondo cui i due amanti della “Rue du Cirque”, starebbero segretamente insieme, tra rotture e successive riconciliazioni, da due anni. Con tanto di presentazioni ufficiali ai genitori di lei nel castello di famiglia. Come se non bastasse, arriva anche l’indiscrezione del rigorosissimo “Le Nouvel Observateur”, secondo cui il presidente avrebbe pensato, già sabato scorso mentre Valérie si trovava in un letto d’ospedale di farle firmare un comunicato per annunciare la separazione. È «la soluzione meno peggiore», avrebbe cogitato Hollande, prima di capire che forse non era il caso, viste le gravi condizioni di Valérie, in isolamento terapeutico alla Pitié Salpétrière. E la cui salute, ancora oggi, a una settimana dallo scoppio di questo assurdo vaudeville, continua a suscitare «preoccupazione», anche tra tra i suoi familiari. «Questo pomeriggio, per la prima volta dal ricovero - ha scritto il sito internet di Paris-Match, il giornale per cui la Trierweiler lavora da tanti anni - il figlio minore, di 16 anni, non è potuto andare a trovare la madre». E «contrariamente ai giorni precedenti Valérie non risponde al telefono», continua Paris-Match. Giovedì sera - mentre sul web stava per uscire il nuovo “siluro” di Closer sui due anni di love story - Hollande è andato per la prima volta da Valérie in ospedale. «Era ora! », hanno esclamato alcuni, mentre ormai da giorni fioccavano le accuse di uomo freddo e senza cuore. In realtà, pare che in un primo tempo, fossero stati gli stessi medici a impedire al presidente di incon- FRANCOIS HOLLANDE IN MEZZO A VALÉRIE TRIERWEILER (SINISTRA) E JULIE GAYET trare Valérie, anche per evitarle ulteriori emozioni. Intanto, dall’altra parte del “triangolo”, non si fermano le rivelazioni sulla “Deuxième dame”, Julie Gayet. Che secondo la ricostruzione dei media avrebbe anche presentato Hollande ai propri genitori. Ladepeche. fr parla di una riservatissima visita, lo scorso 3 agosto, nel castello di famiglia dell’attrice a Berrac. Un edificio del XVII secolo, acquistato nel 2005 e poi rimesso a posto dal padre di Julie, il chirurgo Brice Gayet e dalla moglie antiquaria. Vedendo l’auto blu presidenziale risalire il viale principale del castello pare che la gente del luogo sia rimasta di stucco. Secondo un sondaggio realizzato dall’Ifop per Atlantico. fr, dopo le rivelazioni di Closer e la conferenza stampa di martedì scorso, Hollande sconta un drastico crollo della sua immagine personale. Nello studio, solo il 13% dei francesi dice di riconoscerlo come un presidente dal carattere «autorevole». Mentre il 71% ritiene che la sincerità non sia il suo forte. «Francois è anaffettivo», ha invece tuonato Valérie Trierweiler. Una dichiarazione che oggi suona di grande attualità. Ma che in realtà fu pronunciata dalla compagna di Hollande, già nel 2012, durante la campagna presidenziale secondo la sua biografa Cécile Amar, il cui libro “Jusqùici tout va mal” (Fin qui va tutto male) è tornato di grande attualità. PAOLO LEVI