Bimbo Sperduto

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Bimbo Sperduto
Bimbo Sperduto
di Lanna Filippo
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Bimbo sperduto
Il camino delle origini
di
Grimaldi Lanna Filippo
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Caivano,febbraio 2008 inizio – maggio 2009 fine
Quella di Antonio non è una storia per deboli di cuore, sfregiato a vita dal padre che lo
reputava un bastardo figlio di un rapporto carnale della moglie con un macellaio, porta
con se molte cose rimanendo muto. Chi soffre per questa menomazione è Filippo che
da piccolo ha sempre ricordato quel fratellastro che giocava con lui incapace di parlare
di spiegarsi di farsi capire, una vera e propria carneficina tra tumori sangue e
ecomafia nella surreale Campania degli anni ottanta.
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Tutti i diritti letterari di quest’opera sono di esclusiva proprietà dell’autore.
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A mia mamma biologica
Parte del mio cuore
Il tuo diavoletto gay
Baci
Filippo
Prefazione
Attenzione: il libro che state per leggere non è per i deboli di cuore, per coloro che si
impressionano facilmente e per quelli fortemente legati alle isterie collettive di stampo
integralista religioso. Il libro in questione è per quelli che si pongono domande ma non
hanno mai avuto risposte, per quelli che credono che ci sia ancora una speranza per
questo piccolo mondo malato, se non vi spaventa ascoltare una verità che vi cambierà
per sempre tutta la vostra vita e il vostro modo di pensare, se siete preparati ad
accoglierla con una mente aperta a tutte le diversità e non avete paura delle
conseguenze, bene allora siete pronti a leggere questo libro. Ricordate sempre di
mettere una chiave inglese sopra il vostro comodino e di menare il chiavistello chiuso
nella serratura o loro verranno a prendervi nel sonno, togliendovi questo libro di mano
e cancellandovi la memoria.
Buona lettura
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Abbiamo tutti le nostre Macchine del tempo!
Quelle che ci riportano indietro chiamate..."Ricordi" e
quelle che ci spingono avanti..."I Sogni".
(Da The time machine)
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CAPITOLO 1
Il volo dell’aquila
Questa è la storia di un bimbo sperduto, un bambino che, nato fuori dal matrimonio,
(ci tengo a bacchettare, quegli etero omofobi, il matrimonio era etero ma esiste anche
il matrimonio gay, rassegnatevi cari miei signori/e/y), si è visto privare del cognome
del padre biologico, padre che non potendo rivelarsi si è sempre negato, con la
speranza di proteggere se stesso e il suo segreto assieme al bimbo che, chiedeva solo
il cognome, l’accettazione, il perdono, sentirsi dire dal padre biologico, sei mio figlio, ti
accetto e sono orgoglioso di te ma il padre aveva dimenticato, non sapeva come ne
perché, ma non riusciva proprio a ricordare quel figlio che non aveva mai riconosciuto
e cancellato dalla memoria.
Asfissiato dai fumi maleodoranti delle ecoballe incendiate per puro gioco di potere,
malato e solo, scrivo nel mio letto questa storia, un po vera, un po fatta da ricordi e
un po inventata, che deriva dal profondo legame di un fratello che non ho mai
conosciuto, mai ho voluto guardare oltre l’esteriorità, però una parte di me sentiva
questa presenza, presenza di cui nessuno me ne ha parlato, tutti avevano
dimenticato, tutti volevano dimenticare, invece io sono qui perché questa storia va
ricordata, va presa come esempio per le generazioni future del mondo, affinché non si
verifichi mai più un fatto del genere. La verità di tutta questa storia che mi grida nella
testa è seriamente compromessa da tutti coloro che mi circondano, zio Filippo dice
che è impossibile, per mia mamma è inaccettabile, per zia Carmela sono tutte fantasie
mie, storie che uno si fa nella testa. Resta solo un collegamento tra quello che dico e
quella che è la realtà dei fatti, mio fratello tra fantasia e realtà, chiamerò Antonio,
Nello, quel fratello, perché non ho mai saputo il suo nome vero, quindi mentirò
almeno sul nome. Lo so che vi sembrerà strano e sebbene io sia uno spirito scientifico,
devo ammettere che ci possa essere questa possibilità, ho sentito parlare di coppie di
gemelli in grado di ritrovarsi, di sapere di avere un fratello, di riuscire a vedere le cose
dell’altro, baggianate direte voi. No, assolutamente vero e documentato. Io vedo con
gli occhi di un pazzo criminale, che ha in mano tutto il potere della camorra mondiale
ed è in grado di far esplodere diverse nazioni col solo cenno di una mano, io assisto
impotente a questo scempio, assisto alle visioni di uno schiavo, perché i mostri sono
altri, solo nei miei sogni e nelle mie riflessioni, i suoi pensieri si manifestano a me,
medium improvvisato o stregone visionario qual si voglia, sento la sua presenza
inconfondibile nella mia stanza, quando di notte viene a trovarmi a casa parlando nei
miei pensieri, regalandomi una rosa, guardandomi in viso per sentire il mio odore,
regalandomi tutti i miei vecchi orologi persi o rubati, una penna viola che mi cadde a
terra alle scuole elementari, penna che non scrive più, che getto quotidianamente nel
cestino e che sempre ritrovo sul mio tavolo il giorno dopo, mi mostra le sue chiavi
magiche che aprono ogni scrigno, ogni lucchetto, ogni porta oppure mi riporta un
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semplice accendino bic pronto e ricaricato, mi guarda in faccia nel sonno per sentire il
mio calore, per annusare la mia aria, sentire il mio odore, i miei pensieri, i miei sogni,
stando dietro a una maschera che nel buio avvolge tutto. C’è però un'altra oscura
presenza, un anziano, egli perseguita i miei incubi e i miei ricordi, usa la mia mente
cancellando quello che vuole non farmi scoprire, inonda la mia stanza di miasmi
asfissianti, alcool etilico denaturato, bromuro di metile, siero della verità, siero per
dimenticare, dopo avermi interrogato duramente mi ripete andandosene di
“dimenticare”, “nun è vere nient!” ma io ormai conosco lo scimmione rosso così bene
da sapere che è proprio quella la via giusta, pronuncia spesso dogmi, monologhi, frasi
sporche, parole terribili e azioni addirittura che sono come una cerimonia a cui lui non
da a nessuno il tempo di reagire, ormai nelle torture nei tanti anni tutto regola come
un orologio di precisione, la quantità chimica, le parole da dire per terrorizzare
l’ascoltatore, mi sono ripromesso e lo farò di raccontarvi tutto ciò che so, lui porta
tutti i suoi conoscenti intimando loro di inculare la vittima mentre dorme, forse con
l’unico scopo di terrorizzarla, a questi riti è presente, lui, Nello e l’uomo chiamato
cavallo, per l’occasione Giuseppe Grimaldi trova un superdotato a cui intima di
coricarsi con la vittima, la cocaina spesso viene messa sulla punta del glande del
ragazzo superdotato, la vittima si sveglia di giorno nervosa e allucinata, i più grandi
dottori pensano che sia un caso di psicosi mentre è invece un abuso di cocaina. Per
alcuni la tortura è ancora peggiore, febbre e tosse resistente, scorpioni o polvere di
vetro nelle scarpe, pochi di una certa importanza trovano poi medici per farli risorgere
a nuova vita attraverso l’immunoterapia, perché non è la mia morte il suo scopo ma la
sofferenza, la mia quella di tutti, lui il suppliziante, il mio carnefice contoterzista, il
mandante dalle mani sempre pulite e coi guanti è il mio incubo notturno che devasta
la mia mente, incubo ricorrente il mio, il pagliaccio, il clown che mi odia, che non mi
riesce a cambiare, a farmi simile a lui, mi disprezza al punto di aver minacciato di
morte e poi fino ad arrivare a picchiare il mio professore di tesi pur di non farmi
laureare, a fargli siringhe di alcool etilico denaturato, dicendo al prof che avrei dovuto
lavorare nella munnezza con lui e lavorare presso un impresa di pulizie non mi pesa,
quello che proprio non riesco a digerire è farlo con lui come capo, l’uomo che mi ha
torturato trent’ anni e passa, pur di torturare ulteriormente mio fratello, i miei parenti,
le mie famiglie, pur di vedermi finire a lavorare nella spazzatura impotente, con lui
come capo, pur di vedermi infelice e solo, restare a casa coi miei, in un paesino isolato
a trent’anni suonati, per fare in modo che non spiccassi mai il volo, rendere la mia vita
un inferno allontanando da me tutti i miei amici più cari, i posti più belli devastati, il
mare marcire, il sole annebbiarsi, l’acqua degenerarsi, avvelenando il pianeta perché
io stessi a guardare un intero mondo marcire davanti ai miei occhi, senza via di fuga
alcuna, regalando a mio padre Peppino Lanna l’impossibilità di non riuscire mai a
vedere il matrimonio di Alberto, il suo secondogenito, il cui matrimonio è stato sempre
rinviato per indisponibilità, a non vedere mai sua nipotina Vittoria sempre con infezioni
su mani e piedi, questa sarà l’ultima storia che la mia salute degenerata dalla
diossina, dai tumori, dalle cisti ai reni, dal fegato grasso, dalle transaminasi e chissà
da quante altre patologie, mi permetterà di scrivere, quindi vi prometto che non userò
mezzi termini, vi racconterò TUTTO. Questa storia non si cura di fare bella figura, di
dare eufemismi, di usare parole e significati reconditi, la camorra è segreta proprio
perché fatta d riti che nessuno vuole raccontare, nessuno ha il coraggio di rendere
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pubblici tali riti perché ciò vorrebbe dire mettere in discussione se stessi, dare al
mondo, alla città, al paese, un lato di se che si vorrebbe rimanesse privato …
Lo farò io! Non mi importa di vivere nella vergogna o di morire, perché questa qui non
è vita. A costo di rimetterci la mia dignità, l’onore e tutto il resto è ora che qualcuno
racconti questa storia, ormai da troppo tempo dimenticata, tutto ha un prezzo, io vi
vendo la storia integrale della mia vita quindi tenetevi forte, la storia della mia vita
legata in maniera inscindibile a quella di mio fratello e a tutti i personaggi che
troverete in questo mio libro, ve la vendo senza remore, ne cancellazioni, al fine di
raccontare ogni singolo fatto che è accaduto, come un cronista attento e perspicace,
aggiungerò anche i dettagli minimali, perché sono quelli che danno vita e significato a
tutta la storia, questo racconto non si cura di essere compreso, vuole solo raccontarvi
del fratello che non ho mai avuto, il fratello che mi compariva di notte nella stanza,
portandomi solo un fiore, una carezza, un semplice modo di far sentire la sua
presenza, il fratello che poi mi anestetizzava, per proteggere qualcuno più importante
di me, qualcuno che non ho mai riconosciuto, ho sempre dimenticato, Nello andava a
vedere il suo padre biologico per poi mettersi di nuovo in cammino, di notte, da solo,
al freddo di una glaciale esistenza, con la coda fra le gambe sapendo di essere un non
voluto, un disadattato, un disperato. Chiedere solo una carezza è una cosa
fondamentale, studi dicono che per vivere bene sono necessari almeno dieci abbracci
al giorno, abbracci che quel bambino sperduto non ha mai avuto, non ha mai potuto
avere e si può impazzire senza il calore di un abbraccio.
Tutto cominciò una sera del millenovecentosettantuno, donna Ninetta Grimaldi dopo
essere stata a lungo sedotta dal signor Giuseppe Lanna, decide di avere quel famoso
rapporto sessuale con lui, lui è un bell’uomo di venticinque anni, nel pieno della
giovinezza e con un sedere a mandolino che farebbe impazzire uomini e donne, lei è
una bellissima donna, dai capelli rossi sciolti, che vive però la sua vita di stenti, con i
suoi quattro figli, due dei quali con i capelli neri e due con i capelli biondi avrebbe
forse immaginato di poter vivere la sua vita con una donna ma quei tempi
discriminano sia una donna che due donne insieme, la religione è tutto per lei ma ha
anche una mente molto aperta questo l’aiuta a trovarsi qualche lavoretto. Quella sera
di dicembre la necessità fa l’uomo ladro e anche la donna, che acconsente in cambio
di un pò di carne per i suoi figli ad una sveltina con Giuseppe, unico particolare,
Giuseppe è un uomo sposato, non ci sarebbero problemi se non ci trovassimo nel
millenovecentosettantuno in una nazione di nome Italia, ma dato che come dice la
storia ci troviamo in quell’anno e in quella nazione, purtroppo in giro non si vedono
tanti preservativi e alla richiesta di donna Ninetta di fermarsi, Giuseppe risponde con
un “tra un minutooooooo …”, peccato però che il minuto nel piacere di Ninetta e
Giuseppe che poi chiameremo Peppino non sembra passare mai, e tanti piccoli
spermini fuoriescono dal pene di Peppino finendo nella vagina di Ninetta, compiendo il
loro lavoro con celerità. Passano pochi giorni e Donna Ninetta la notte non riesce a
dormire, si sveglia di continuo, si domanda, ma sarà mai il colera…? “No, niente
colera, ma un bel bambino”, lei si domanda allora, “Uh maronn e Campiglione, non
potevi mandarmi duie numeri al lotto? Cu quattro criature da sfamare, sola e
incompresa nun me putevi fa a grazia?” La madonna risponde, “No mi spiace, per te
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solo bonus-bimbi, sono stata fregata anche io antico tempo, tu pensa, io volevo solo
un mobiletto in legno da Giuseppe il falegname e mi son trovata con una pancia da
star male, guarda un pò come è bastardo il mondo. Comunque no, Ninetta ho
controllato già, niente grazie, ne auguri e ne ringraziamenti, per te solo altri figli,
tanti, prendere o lasciare”. Donna Ninetta molto devota alla madonna di Campiglione
ma sapendo che era meglio consultare un secondo parere, come quando si va dal
medico e non si guarisce, va da San Pietro, da Santa Barbara, all’Annunziata e dai
cappuccini ma i santi appena la trovano in stato interessante, la licenziano in quattro e
quattr’otto dicendole di pregare, pregare tanto. Lei fedele incallita non riesce a dire di
no a questa proposta, ricordiamo che nel lontano settant’uno l’aborto in Italia era
parzialmente illegale, nel senso che si faceva ma nessuno lo diceva e quando lo facevi
dovevi avere i soldi per farlo perché sennò stavi fresca e la signora Nina stava proprio
ventilata quel periodo. Alcune che non potevano permettersi un medico facevano la
cura del prezzemolo ma Napoli è piena di figli del prezzemolo, altre più coraggiose si
infilavano un fuso in pancia tentando di uccidere il feto già grande, ma finivano spesso
per morire assieme ad esso nel tentativo di sfilarselo, una volta morto, tra febbre e
dolori. Nel chiedere a Peppino che cosa fare, lui non sa rispondere e lei si affida come
sempre alle preghiere della madonna, ma la madonna ha da fare quel giorno era
passata dal solachianiello a farsi aggiustare i tacchi a spillo per la serata con le
amiche, allora chiede al prete ma il prete le dice che i figli so piezz e core anche lui va
a farsi sistemare le scarpe per la festa da dolce & banana, ma quello che donna
Ninetta non riceve da nessuno è proprio una risposta. La pancia comincia a crescere,
di certo non è Malaria! Dice lei, rincuorandosi mentre la mattina vomita quel poco che
gli era rimasto nello stomaco, come l’ultimo boccone dei pinguini maschi nel polo sud,
dopo la schiusa del loro grande uovo, aspettando ognuno il ritorno del proprio partner
dalla marcia del cibo, ricordiamo a tutti gli omofobi che anche tra i pinguini esistono i
gay e certi covano delle grosse pietre in mezzo alle gambe, scambiandosele col
proprio partner durante il gioco della seduzione, quindi anche essere gay è naturale e
non influisce sulla prosecuzione della specie, fossero anche tutti gay, la vita andrebbe
avanti lo stesso, i delfini tursiopi, praticano tra di loro spessissimo il sesso orale,
introducendo il becco nella cavità sfinteriale del partner a prescindere dal sesso
biologico del partner, nelle giraffe la percentuale di coppie gay è al cinquanta per
cento, le scimmie bonobo, molto vicine a noi nel ramo evolutivo, praticano
normalmente sesso anale, tantissimi animali che praticano il sesso gay non vengono
isolati e anche il maschio alfa, quello che decide tutto nel branco, non disdegna di fare
da passivo con un giovane scelto tra la propria specie, anche alcune anatre risultano
essere omosessuali e bisessuali, sembrerebbe che quando nella coppia di anatre è
presente un individuo bisex, la presenza di tre individui faciliterebbe la protezione e il
controllo dei pulcini. Inutile stare a parlare dei tanti tipi di sessualità che vi sono nel
microcosmo, il maschio del cavalluccio cresce le uova nella propria sacca dove la
femmina le deposita, alcuni pesci nascono maschi per poi divenire col tempo delle
femmine o viceversa, piccoli individui aploidi non necessitano quasi mai del sesso e
sono omo-gametici, scriverò un altro libro …
Ninetta passa e spassa davanti a quella macelleria orgogliosa della propria pancia,
sperando che un giorno Giuseppe la noti, ma niente da fare, Giuseppe è duro di cuore
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e alla domanda frequente delle amiche, di chi è il figlio, lei risponde che è della
madonna, che ha voluto così ma mantiene il segreto, quel segreto inviolabile che c’è
tra lei e Peppino.
Profilattico
Nel tardo Jurassico, l’unico mezzo per contrastare le infezioni del sesso era … non farlo
proprio, poi nel paleolitico si cominciò a capire che forse era il caso di farlo ma senza
schizzare dentro, si chiamava coito interrotto, questo però non rendeva immuni da
epatite e HIV. Negli anni settanta si faceva sesso senza pensare al domani, il sesso
era peccaminoso ma tutti lo volevano fare e lo facevano in gran segreto in ogni angolo
buio della strada, spesso perfino sulle scale, dietro ai portoni, davanti alle chiese,
ovunque ci fosse un po di privacy, la donna eccitata dalle parole del maschio, alzava la
coscia e si faceva il volo dell’aquila, le donne vergini che ci tenevano molto, facevano
sesso di culo, quelle che avevano il buco stretto o le emorroidi e volevano restare
vergini, diventavano esperte succhiatrici, sesso tra uomini e donne e tra due uomini
non faceva molta differenza, bastava abbassare il pantalone o alzare la gonna ed era
la stessa cosa, una dark-room a cielo aperto, a Napoli città, tempo prima, il re era
esasperato dal fatto che tutte le luci che illuminavano le strade, la notte venivano
rotte, un frate allora chiese udienza perché disse che conosceva un modo per risolvere
finalmente il problema, disse al re di mettere su ogni luce una icona di un santo,
perché nessuno per timore reverenziale in tutta Napoli si sarebbe permesso di colpire
con una pietra una luce, se ci fosse stato dietro di essa un santo. La cosa funzionò, il
frate divenne ricco a botta di donazioni, tante altre furono offerte ai santi, in provincia
forse non si garantì quella luminosità, la notte era notte buia e nella notte buia, le
cose che si vedono passano inosservate ma della provincia nessuno se ne era mai
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preoccupato, le tasse arrivavano a Napoli, si sistemavano un po le strade e lo stato
finiva li il proprio compito, che i cittadini fossero vivi o morti a nessuno interessava e
chi poteva non trovando lavoro in provincia se ne andava a lavorare a Napoli, famosa
è l’etimologia della parola cafone, che in napoletano vuol dire “con la fune”, si trattava
degli abitanti di Marano che raggiungevano la città di giorno e dovendo tornare di
notte a casa, per non perdersi, legavano a un palo della strada principale, una fune.
Le donne dopo aver dato il culo più di una volta allo stesso uomo o se lo sposavano o
se lo scopavano godendo in fica e in tutto questo nessuno pensava a malattie, ad
analisi o altro, si pensava solo alla vergogna di essere ragazze madri, a fare
complimenti a chi era padre di tanti figli sparsi nel mondo e si diventava stupidamente
fonte di inoculo per ogni genere di malattia, i virus e i batteri danzavano e brindavano
allegramente festeggiando giorno e notte, lavarsi subito, prima e dopo, era cosa
impossibile e poi bimbi deformi venivano uccisi nella culla, morivano poco dopo o non
crescevano per mancanza di medicinali, per fortuna col tempo le cose cambiarono,
l’uso del profilattico aumentò un pò in città, ma in provincia solo una persona su dieci
lo usava, troppo poco, eppure già negli anni ottanta si parlava di questa nuova
malattia, dell’aids, le poche informazioni si reperivano da coloro che erano stati in
città o da qualcuno che leggeva il giornale, sebbene non si sapessero i sintomi,
qualcuno cominciava a preoccuparsi e ad usare il preservativo almeno nei rapporti
sessuali occasionali, all’epoca venivano considerati soggetti a rischio, drogati, puttane
e gay e quindi venivano emarginati, dichiararsi gay era considerato sbagliato,
significava mettere lo “scuorno in faccia”, cioè la vergogna a tutta la famiglia e la
famiglia intimava il suicidio al gay che si dichiarava tale, “mettiti una busta in testa e
muori”, “accirete” ucciditi, “hai rovinato tutta la famiglia” “silenzio e nun o dicere a
nisciun” sta zitto e non parlarne con nessuno, il resto della popolazione si considerava
e veniva considerata sana, soprattutto se avevi una fidanzata vera o che manteneva il
gioco, queste sono storie di un tempo, quindi ometterò di volta in volta che l’uso del
profilattico è fondamentale. Nel duemilaotto l’aids non è stata ancora sconfitta, la
battaglia contro le malattie veneree non è ancora vinta, nei rapporti sessuali non
esistono soggetti a rischio, oggi siamo tutti a rischio, è quindi ridicolo parlare di
persone sane a priori e persone malate a priori, si possono distinguere solo persone
intelligenti e persone stupide, le persone intelligenti usano il preservativo in tutti i
rapporti occasionali anche quelli di bocca, minette, pompini, cunnilingus, esistono
proprio per questo anche quelli alla fragola, alla banana, al mirtillo e al lampone e si
possono acquistare in tutti i sexy shop, gli intelligenti fanno inoltre analisi regolari e
partecipano a feste gay e gay pride, infatti quando parli di una manifestazione a dei
gay, non si presenta nessuno, ma appena sussurri la parola “party”ossia festa, milioni
di persone arrivano dal nulla, quindi abbiamo detto che le persone intelligenti, fanno
buon uso di tutti i mezzi a loro disposizione e il controllo per Hiv, è gratis in tutta
Italia, quindi usatelo, le persone stupide invece non usano il profilattico mai, non
seguono regole semplici di igiene mai e non fanno controlli regolari mai, essere una
persona stupida fa male alla salute tua e degli altri, essere una persona intelligente
significa tenere bene in considerazione i rischi del sesso, essere altruista, tenere alla
persona che si ama, controllandosi regolarmente usando sempre il profilattico e …
soprattutto andando a feste gay! Non fidatevi delle persone che vi dicono io sono sano
perciò lo faccio senza, perché non fate altro che fare il gioco del patogeno, la malattia
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proprio questo vuole, il confine tra l’esterno e l’interno del proprio corpo è la pelle, ma
in alcuni punti non vi è pelle ma mucosa, ve ne accorgete mettendo un po di profumo
sulla pelle e sulla cappella o il clitoride a seconda, la cappella a contatto col profumo
brucia, se c’è contatto di mucosa con mucosa, un virus passa da un individuo all’altro
per semplice contatto, per l’epatite, basta una singola goccia di virus in una vasca per
potersi infettare, perché le mucose sono le nostre vie aeree più deboli, se un attore
porno è infetto da HIV e quell’attore schizza per sbaglio il suo sperma nell’occhio di
una attrice porno, lei sarà di sicuro infettata da HIV. Comunque la vogliate mettere,
oggi il preservativo è l’unico mezzo utile per combattere gran parte delle malattie
veneree più pericolose, assumersi la responsabilità di fare l’amore senza preservativo
è dannoso per te e per tutte le altre persone, senza condom puoi andare in tutta la
tua vita massimo proprio con cento persone, ammalandoti due volte di sifilide e poi di
aids, usando il profilattico invece puoi andare con tutte le persone che vuoi, tutte le
volte che vuoi. Nel caso tu prendessi le piattole senza preservativo hai il sessanta
percento di possibilità di aver preso anche un’altra malattia venerea, col condom
invece no quindi usa il condom! Con il condom c’è solo una certa probabilità di
prendere i papillomi, tumori dell’utero, anche detti condilomi acuminati, che se
scoperti in tempo vanno bruciati o congelati per via azoto da un chirurgo, un
andrologo, un ginecologo, un dermatologo, finche non spariscono, con il condom si
possono comunque prendere le piattole, sono d’accordo ma sono facilmente guaribili e
sei protetto quasi da tutte le altre.
La leccata di culo o di figa detta anche minetta, può essere effettuata stendendo il
preservativo a mo di domo pack e con la lingua che penetra nel foro, in questo modo
anche i/le più schizzinosi e meno avvezzi/e a questo tipo di pratiche, potranno far
godere il partner così, fidatevi di me che sta cosa a tutti piace molto, soprattutto
spruzzando acqua calda o acqua fredda sulla parte otterrete dei risultati molto
soddisfacenti, anche con dei palati piuttosto sopraffini, leccare il culo è bello e
piacevole per l’altra persona ma c’è un certo pericolo di prendere l’epatite, oggi ci si
vaccina solo per un tipo di epatite, quindi non lasciate che il rischio, il pericolo sia il
vostro mestiere, datevi invece al sesso sicuro posando una fascia di profilattico sul
fiorellino profumato e smettetela di pensare che facendo sesso con uno solo senza, sia
più bello e fatelo invece col preservativo con chi vi pare, quante volte volete e senza
farvi poi dopo troppe menate e seghe mentali, sto parlando a voi donne! Ma anche a
voi uomini, ai gay e alle care amiche lesbiche, mettete il domo pack invece di fare
tanto le schizzinose, uomini, donne o qualunque altra cosa voi crediate di essere.
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Millenovecentosettantadue
La pancia di lei ormai non passa più e allora Ninetta si decide, trova il coraggio, va da
lui e gli chiede gli alimenti, buscandosi solo un secco no. Ninetta sa che con tutta la
fame che ha addosso potrebbe morire e spera che questo accada, ma ci sono i figli
che la trattengono, deve trovare un modo per tirare avanti e lo trova facendo servizi
di casa in casa, una donna fragile come lei, non riesce a lavorare per più di tre ore al
giorno, però ha una grande forza d’animo, non si abbatte e va avanti. Il bimbo nasce,
siamo ancora nel lontano millenovecentosettantadue, il piccolo è bello, con un pelo
rossiccio che sembra una carota, molto raro per un bimbo al sud Italia, ma questa
caratteristica pare essersi adattata anche qui da noi, tramite Ruggiero il normanno,
che arrivato ad Afragola, fondò li il suo impero. La ragazza porta in giro il suo bel
bimbetto e tutti vedendolo rosso come un capriolo non sospettano mai che il figlio
possa essere di Peppino, moro come un turco. Il bimbo ha preso tutto dalla madre o
meglio così si dice, ha preso i pregi dalla madre e il “difetto” dal papà, a vederlo nudo
tutte le donne sorridono e gli uomini rispondono con un secco ooohhooooo, il pisellino
di quel bambino ancora piccolo è degno di un re e questo rende orgogliosa la madre
che ne va fiera e lo chiama Antonio, non proprio come Peppino il padre, sarebbe bello
chiamarlo Alberto Lanna ma il posto era già prenotato dal mio secondo fratello, per
ora si chiama invece solo col cognome della madre, Antonio Grimaldi, Grimaldi come
quel terribile cognome di un sicario dai capelli rossi che per copertura lavorava ai ferri
vecchi, un vero Lanna non sarebbe mai stato capace di crearsi un intero impero in
pochi anni, mio nonno ci mise una vita per ottenere il permesso di mettere una sola
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pietra per costruire una chiesa, i Lanna sono uomini forti ma testardi di certo lo studio
non fa per loro, Nello è assolutamente un Lanna nel corpo anche se sulla carta niente
lo attestava, si sa come va la burocrazia in Italia, le carte servono solo a fare la
raccolta differenziata, in passato era anche peggio le bruciavano per scaldarsi.
Scandalizzati? Io non mi scandalizzo, per quarant’anni si è bruciata anche la plastica
in Campania, come se niente fosse Grimaldi andava nelle discariche e dotato di alcool
insegnava ai netturbini a bruciare tutto ciò che si poteva, lo scopo era aumentare fino
all’inverosimile il tempo di chiusura della discarica abusiva e non per poi così giocare
sui proventi per gli affitti dei terreni che non ci furono mai stati. Trent’anni di
liberazioni nell’aria di sostanze tossiche nocive mai monitorate e ancora in parte da
documentare, denunciare, bonificare, risanare. Ora però è tempo di poppata, cosa che
richiede tanti sforzi e poco tempo disponibile per il lavoro, la madre disperata, fa il
solito giro, va dal padre biologico, va dal prete, va dalle suore, “mmmmh le suore
gestiscono un orfanotrofio proprio bello”, pensa,” se lo lascio li magari per qualche ora
al giorno e poi me lo vengo a riprendere quando ho finito, riesco a recuperare un po di
pane per sfamare gli altri”, così lei bussò dlin dlon, si andò a nascondere e le suore se
lo tennero. Un bambino di un anno e mezzo chiuso per sempre in un orfanotrofio, con
delle suore insane di mente che lo deviarono ulteriormente, raccontandogli ogni giorno
la balla che era figlio di dio, era come Gesù, che lui e cristo erano parenti, bla bla e
tutto il resto, insomma danni cerebrali da pedoclastia assoluta e delirante. Tutti i
danni della pedoclastia si riversano in quel bimbo di soli tre anni, lui, nato per
l’estremo sacrificio, è amato solo e se sacrifica se stesso, un pensiero indegno di ogni
essere umano che però ha ampio spazio nella dottrina di fede della chiesa cattolica,
sacrificare se stessi per essere amati e Antonio aveva sacrificato molto di se stesso,
solo una volta la madre da quell’orfanotrofio, lo liberò, “mamma, chi è mio padre?”
disse Antonio, sua madre rispose, “eh che ti devo dire … è quello lo vedi? sta nel
palazzo di fronte”, di fronte c’era il macellaio, Espedito era il nome della macelleria,
ora come allora era il centro storico del paese di Nonsochì, senza parchi, ne altro dove
i bambini potessero giocare, in macelleria c’era una squadra di pallone, Renato,
Gabriele, Peppino, Salvio, Umberto, Donato … ecc il bimbo se li guardò tutti, li dalla
finestra della sua casa, guardandosi allo specchio poi dopo quei piccoli attimi con la
mamma minorenne, tornò in orfanotrofio, lontano dalla madre che non poteva curarsi
di lui.
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Donna Ninetta
La vita di donna Ninetta è tutto quello che si può dire tranne che una favola, lei,
donna con quattro figli, poco innamorata del marito che le morì pochi anni addietro
durante una sparatoria nata perché un suo pretendente decise che lei doveva essere
soltanto sua, si industriava come poteva nel raccogliere quel briciolo di pane per
sfamare i suoi figli, c’era un uomo lei ricorda, un certo Giuseppe, un suo cugino, che le
faceva una spietata corte pochi anni prima di sposare suo marito, lei non sapeva che il
responsabile e mandante della sparatoria nella quale venne ucciso suo marito era
proprio quell’uomo, “è un tipo onesto”, diceva fra lei, “non troppo belloccio e un pò
troppo avanti con l’età ma cattolico, benpensante e abbastanza ricco”, uomo che al
momento per lei era proprio quello che ci voleva, lei ancora giovane, magra e bella, si
fece avanti, per vedere come suo cugino avesse reagito, in periodi di carestia non era
proprio il caso di fare tanto le schizzinose e se avrebbe abboccato all’amo parte dei
suoi problemi si sarebbero risolti o almeno era quello che pensava e Giuseppe
Grimaldi, persona di spirito e di alti valori, decise così di impalmare subito la giovane
cugina, il matrimonio è uno dei più grandi, dei più eccezionali, un pranzo sfarzoso e lei
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portò con se i quattro bambini e quel piccolo e povero orfano, Antonio, che finalmente
uscì da quelle quattro mura, Giuseppe non era un tipo avvezzo alle carezze e
all’affetto e tratta quei bambini come se fossero vecchi stracci, mai un bacio, mai una
carezza, mai un gesto d’affetto a quei bambini che lui egoisticamente non riteneva
suoi, egli di mestiere si occupava della depurazione dei fanghi, dei liquami e delle
sostanze tossiche, che dovevano in realtà seguire un processo costosissimo ma che lui
semplificava molto buttandoli qua e la nelle sue terre, nelle campagne Campane tra
Giugliano e Nola, le aziende pagavano profumatamente per disfarsene e nessuno si
preoccupava di andare a vedere dove fossero disperse era inoltre affiliato ad uno dei
più grandi clan camorristici di tutta la Campania, lui era la spalla destra del capo dei
capi, era il sicario, il killer, tutti lo volevano per la sua bravura nel lavorare, nel
dimenticare l’accaduto e nel ripulire tutto prima di andarsene senza lasciare traccia,
lui considerava tutti e cinque figli suoi, almeno perché il loro padre era ormai morto o
così diceva sua moglie Ninetta.
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Incontri ravvicinati del terzo tipo
Quando si dice come è piccolo il mondo … siamo in un allevamento di maiali a Orta di
Atella!
Fu li che ebbi il mio primo contatto ravvicinato del terzo tipo con Antonio Grimaldi,
mio fratellastro, suo padre Giuseppe aveva un pantalone marrone e una giacca a
doppio petto, un fazzoletto annodato al collo a fiori, piedi grandi e ricci capelli rossi,
Antonio aveva circa sette anni, io un due anni e mezzo, il padre stava prendendo
contatti per “detossificare” i fanghi di depurazione e i liquami di quell’allevamento di
maiali, lo chiamavano l’imprenditore, il manager, Peppino era andato invece lì per
acquistare dei maiali, io mi accorsi di questo ragazzo dai capelli rossi, che giocava con
il pantalone del padre girandoci attorno e senza allontanarsi, era bello, mi piaceva, ho
sempre avuto un debole per quelli con i capelli rossi, gli sorrisi, lui guardò mio padre,
Peppino e vide in me qualcosa di suo, qualcosa che aveva perso, qualcosa di cui lui
stesso era fatto, la sua stessa materia, vide in mio padre uno di quei ragazzi della
macelleria, anzi vide che quello che stava guardando era il più somigliante al
proprietario stesso della macelleria, mio nonno, la macelleria si chiamava, Espedito,
mio nonno si chiamava Espedito, tutti i figli prendevano il nome del nonno o un
soprannome e a noi ci chiamavano Espedito, capì che nel suo cuore non batteva
sangue Grimaldi ma sangue Lanna, era un Lanna, uno della famiglia, sperso e
ritrovato, non ci mise molto a capire, mio padre era suo padre, lui era mio fratello, gli
sfuggì la parola “quello è mio papà, quello è mio papà, papà, papà”, il padre guardò
verso di noi, poi il suo viso cambiò, si iscurì, si digrignò, come il volto di un lupo
cattivo, lui, un killer professionista, sapeva già bene allora come essere minaccioso,
prese il bimbo come si prende una busta da terra, lo afferrò, lo buttò nella macchina
nel seggiolino di dietro, dal quale non si poteva uscire e con un pugno alzato, imprecò
a mio padre qualcosa che io non capii, vidi il ragazzo stremato, che batteva i pugni sul
vetro, gridando “papà, papà” venne inascoltato, la scena sembrava così
raccapricciante, ma così circense che pensai di aver partecipato a uno spettacolo con
due clown, uno piccolo dai capelli rosso chiaro e uno grande dai capelli rosso intenso,
ma c’era un solo particolare, il ragazzo sembrava tristissimo, forse lo era così tanto
che mi spinsi oltre e nella lingua di un bimbo di due anni e mezzo domandai a papà
chi fossero quegli uomini, “nessuno” rispose papà, “si sono confusi a papà, sono due
che hanno sbagliato persona, hai avuto paura?”, feci cenno di si con la testa,
“dimenticati di loro”, l’auto passò su una zona isolata di Marcianise, Giuseppe Grimaldi
prese il bambino come un pacchetto di fazzolettini, lo poggiò a terra il prima possibile
e non visto da nessuno, lo picchiò come se fosse stato di gomma, “lo intorzò come
una molegnana”( lo gonfiò di botte fino a renderlo una melenzana), lo ripose così
nell’auto e arrivato a casa, fece lo stesso con Ninetta ma questa volta senza
controllare il livello della forza, Ninetta rimase stordita a terra, Antonio, guardando
sua madre e quello che lui gli aveva combinato gli disse: “tu non sei mio padre!”.
Quelle furono le sue ultime parole, Giuseppe al momento non rispose, uscì, andò a
bere fino a notte fonda, dopo di che, come era solito ordinargli il capo dei capi, per
punire ma non uccidere, preparò una siringa di anestetico blando, alcool etilico
denaturato, anestetico che una volta ubriaco insufflò nelle vene di suo figlio Antonio,
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lui era completamente ubriaco, pensò che per quell’offesa, per quell’onta e quella
parola “tu non sei mio padre!”, che una punizione di questo tipo non era sufficiente,
non sarebbe bastata, prese un coltello, uno dei più affilati, quello nero con la “cocciola
di morte” (il teschio), aprì la bocca del bambino e mentre dormiva un sonno
catalessico, gli tagliò un pezzo di lingua, poi nella notte più scura, la gettò ai cani
randagi che venivano sciolti di notte, da padroni che li tenevano segregati in catene
tutto il giorno, si sarebbe potuto riaggiustare tutto se non ci fossero state catene
maledette, cani psicotici, padroni incapaci, se quel pezzo di lingua fosse stato
conservato e sua madre avesse trovato un ospedale vicino oggi si sarebbe tutto risolto
in un attimo ma qui siamo ai confini della realtà, nei confini estremi del mondo
civilizzato, a Caivano, non ci sono ospedali, se ci fossero, la gente temerebbe di
buscarsi un'altra malattia oltre a quella che ha già e comunque non sarebbe stato
possibile per quel bambino andare in ospedale e spiegare che suo padre gli aveva
tagliato la lingua. Era suo padre e comunque non lo avrebbero creduto, senza
considerare che un bambino di sette anni non ci sapeva arrivare all’ospedale, il
telefono amico e i centri aiuto a quel tempo non esistevano. Antonio si svegliò, sua
madre si riprese in parte, l’aveva intorzata come una zampogna, Antonio ha tutte le
ferite che gli bruciano, non sente freddo, non sente dolore, sente solo la sua lingua
indolenzita, il sapore amaro del suo sangue, quello dolce non lo sentirà mai più, lui
come me, parlava un perfetto italiano, cosa rara dalle nostre parti, stava per dire “che
cosa mi è successo? Cosa mi è capitato?” escono invece dei mugugni parzialmente
comprensibili come nel film Nell, come chi è colto da paralisi o da chi nasce da genitori
muti, “muuumuuumuumuuuu muu muu aaauuummuuu” corre da sua madre, ripete
quei mugugni spaventato, aveva paura che la sua lingua si fosse addormentata,
sputava sangue, pensava che quel sangue potesse venire dallo stomaco che gli
bruciava ma non sapeva perché, tutto il suo corpo bruciava, la madre lo abbracciò per
consolarlo, dicendo “che cosa mi ha fatto, che cosa mi ha fatto, chillu curnut e merd
che cosa ti ha fatto, l’agg accirere!” Chi è più mostro? Quello che trasforma la gente in
mostri o quello che ci è diventato? Il primo ne può creare uno, dieci, cento, mille, un
intero esercito di mostri, per conquistare il mondo, incendiare tutto e lasciare al
secondo, quello che lo è diventato, un mondo morto senza nessuna speranza di
chiedere aiuto, il vero mostro è il padre non il figlio. Il padre intanto, uscito alla buon
ora, camminando per il paese proferisce centinaia di migliaia di bestemmie su ogni
singolo abitante, bestemmie che non si erano mai sentite tutte insieme in una sola
volta e cominciò a comprendere le voci dei circoli, si, quelle nenie, quelle novene che
pronunciavano i massoni per spiegare dei fatti al passante che lo riguardavano, ma
sempre usando un linguaggio in codice, non comprensibile, fino al momento in cui il
passante non lo avrebbe scoperto da solo, in quella occasione loro dicevano “Ninetta,
la cugina, ha cinque figli orfani di padre, noooo, ne tiene solo quattro!”, ora di quelle
voci gli era tutto chiaro, Ninetta aveva quattro figli orfani perché il quinto non era
orfano, era di un padre vivo e vegeto, lui ora sentendosi soggetto a tutte le voci e le
dicerie di alcune associazioni prima, di tutte poi, fatti raccontati che dai circoli
passavano poi come un veleno, in tutte le famiglie di Caivano, in tutte le case, in tutti
i palazzi e sentendo il peso di una vergogna del genere, lui che era un camorrista, fece
ricadere il suo odio su quel figlio, lui disprezzava così tanto Antonio che si prodigò
affinché quel figlio senza cognome e senza padre, un cognome e un padre lo avesse,
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