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Luogo della dichiarazione e organi competenti al ricevimento della dichiarazione
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Ai sensi degli artt. 456 c.c. e di quello in esame, il luogo in cui va fatta la dichiarazione di
accettazione dell’eredità con beneficio d’inventario si determina in base all’ultimo domicilio
del defunto (Cass. 20-3-72, n. 852). Ciò vale
solo se la dichiarazione viene ricevuta dal cancelliere; se invece è ricevuta da un notaio, si
applicano le normali regole sulla competenza
notarile ed è quindi competente qualunque notaio della Repubblica, purché riceva l’atto nel
suo distretto di appartenenza (Boero).
Il notaio, nell’assolvimento dei compiti inerenti all’accettazione beneficiata, opera quale ausiliario del giudice che lo ha nominato, sicché
la sua eventuale designazione da parte dell’erede accettante con beneficio si configura come
semplice indicazione e non come vero e proprio conferimento di incarico professionale
(Cass. 24-7-00, n. 9648).
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L’accettazione beneficiata costituisce ordinariamente una facoltà per il chiamato: a quest’ultimo è lasciata, a sua discrezione, la scelta se
accettare puramente e semplicemente ovvero
con beneficio di inventario.
Il chiamato all’eredità che abbia accettato con
beneficio d’inventario assume la qualità di erede: in tale qualità, gli compete ogni potere in
ordine al compimento degli atti afferenti sia
all’ordinaria, sia alla straordinaria amministrazione. Appare evidente come quest’attività
debba essere condotta in modo da tenere distinti i beni appartenenti all’asse ereditario da quelli
di compendio del patrimonio personale dell’erede. L’amministrazione del patrimonio ereditario è anzitutto finalizzata alla liquidazione delle
passività ereditarie e al soddisfacimento dei
legati. Solo in esito a tale fase l’erede può giovarsi, disponendone come meglio gli aggradi,
delle residue attività ereditarie (Minussi).
Il chiamato non può, una volta che l’abbia
accettata, rinunciare all’eredità, ma può rinunciare al limite di responsabilità intra vires hereditatis, come espressamente previsto
dall’ultima parte dell’art. 490 c.c., senza che si
richieda la medesima forma prevista per l’accettazione beneficiata (Cass. 23-6-92, n. 7695).
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Effetti dell’accettazione
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Sezione II - Articoli estratti dal Codice Civile
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Soggetti legittimati
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Dell’accettazione con beneficio d’inventario, in
quanto diretta a evitare che il patrimonio del de cuius
si confonda con quello del chiamato alla successione ereditaria e che questi debba rispondere dei debiti ultra vires hereditatis, possono avvalersi esclusivamente gli eredi, e cioè i soggetti che subirebbero le conseguenza economicamente svantaggiose in caso di accettazione pura e semplice.
La legittimazione ad accettare con beneficio di
inventario deve pertanto ritenersi negata ai successori a titolo particolare, compreso il coniuge
superstite che subentri in una quota d’usufrutto,
quale legatario ex lege, ai sensi e per gli effetti
delle disposizioni vigenti prima della riforma del
diritto di famiglia (Cass. 29-5-78, n. 2689).
L’accettazione beneficiata si rende necessaria
per gli incapaci (artt. 471 e 472 c.c.) e per le
persone giuridiche (art. 473 c.c.).
Dichiarazione resa a un organo incompetente
Secondo un indirizzo giurisprudenziale, la dichiarazione di accettazione con il beneficio
d’inventario ricevuta da un organo incompetente (nella specie, dal pretore anziché dal
cancelliere) è invalida solo per la parte concernente il beneficio, restandone ferma la validità come atto di accettazione pura e semplice
dell’eredità (Cass. 27-7-88, n. 4780).
Pubblicità
L’inserzione della dichiarazione nel registro
delle successioni, e la trascrizione della stessa, hanno lo scopo di rendere edotti i creditori
(pubblicità-notizia: Capozzi) e non hanno valore di elementi costitutivi (Ferri). In particolare, la mancanza della trascrizione non rende inefficace l’accettazione beneficiata (Capozzi), né comporta decadenza dal beneficio (Cass. 20-5-54, n. 1620), ma impedisce
solo all’erede di procedere al pagamento dei
creditori e dei legatari, che è possibile, ex art.
495 c.c., solo dopo un mese dalla trascrizione
(Capozzi).
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L’inventario non è richiesto ai fini del perfezionamento dell’accettazione beneficiata, per cui
la dichiarazione di voler accettare con beneficio è di per sé sufficiente a evitare la prescrizione. Se però la redazione dell’inventario
non segue nei termini di legge (art. 487), fermi
restando gli effetti dell’acquisto della qualità
ereditaria, la limitazione della responsabilità non
si produce e l’erede è considerato puro e semplice (Cass. 4-6-46, n. 718).
Si ritiene sufficiente che l’inventario contenga
la descrizione delle attività ereditarie (Cass.
3-10-59, n. 2664).
legittimazione non viene meno per il caso di
successiva rinuncia all’eredità, tenuto conto che
questa non è ammessa da parte di chi abbia già
accettato, ancorché con l’indicato beneficio
(Cass. 9-7-80, n. 4373).
Grava sugli eredi l’onere di provare di aver accettato l’eredità con il beneficio d’inventario al
fine di limitare la loro responsabilità (Cass. 196-81, n. 4022), mentre spetta ai creditori provare la decadenza dal beneficio o la ricorrenza
di un’accettazione pura e semplice dell’eredità
(Cass. 2-3-87, n. 2198).
L’accettazione beneficiata, determinando la limitazione della responsabilità dell’erede, va
dedotta mediante eccezione in senso proprio,
nel giudizio cognitorio, al creditore del de cuius
che faccia valere illimitatamente la propria pretesa creditoria (Cass. 9-3-87, n. 2442). Con riguardo a debiti di lavoro, azionati con il procedimento disciplinato dal rito del lavoro, tale
eccezione non può essere invocata per la prima
volta in grado d’appello dall’erede che sia rimasto contumace in primo grado (artt. 416 e
437 c.p.c.) (Cass. 9-7-80, n. 4373).
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Inventario
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Parte Prima - Successioni
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Onere della prova e regime delle eccezioni
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Il chiamato all’eredità, il quale abbia accettato
con beneficio d’inventario, assume la qualità di
erede a tutti gli effetti e pertanto, salva l’opponibilità del limite di responsabilità, è legittimato passivamente alla domanda di adempimento proposta dal creditore del de cuius. Detta
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CASISTICA
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• Colui che accetta l’eredità con beneficio d’inventario è erede a tutti gli effetti, con l’unica
particolarità che, ai sensi degli artt. 484 e 490,
comma 2° n. 2, c.c., tiene distinto il proprio patrimonio da quello del defunto. (Cass. 20-12-01, n.
16046).
• In tema di imposta sulle successioni, all’inventario redatto ai sensi degli artt. 484 c.c., 769
ss. c.p.c. non può essere attribuita efficacia probatoria circa l’inesistenza di beni e diritti non
compresi nella dichiarazione di successione, ma,
al più, valore meramente indiziario di tale inesistenza, non potendosi escludere che taluni beni
non siano stati inventariati perché non rinvenuti
dal pubblico ufficiale procedente (Cass. 11-9-01,
n. 11605).
• L’erede che ha accettato l’eredità con beneficio d’inventario può essere convenuto in
giudizio dai creditori del de cuius, i quali possono ottenerne la condanna al pagamento del
debito ereditario per l’intero, salva la limitazione
della responsabilità dell’erede entro il valore dei
beni ereditari, qualora egli la abbia fatta valere,
proponendo la relativa eccezione (Cass. 14-303, n. 3791).
• In tema di successioni mortis causa, l’art. 484
c.c., nel prevedere che l’accettazione con beneficio d’inventario si fa con dichiarazione, preceduta o seguita dalla redazione dell’inventario,
delinea una fattispecie a formazione progressiva di cui sono elementi costitutivi entrambi gli adempimenti ivi previsti; infatti, sia
la prevista indifferenza della loro successione
cronologica, sia la comune configurazione in termini di adempimenti necessari, sia la mancata
di una distinta disciplina dei loro effetti, fanno
apparire ingiustificata l’attribuzione all’uno dell’autonoma idoneità a dare luogo al beneficio,
salvo il successivo suo venir meno, in caso di
difetto dell’altro. Ne consegue che, se da un lato
la dichiarazione di accettazione con beneficio d’inventario ha una propria immediata
efficacia, determinando il definitivo acquisto
della qualità di erede da parte del chiamato,
che subentra perciò in universum ius defuncti,
compresi i debiti del de cuius, d’altro canto essa
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l’accettante è considerato erede puro e semplice (artt. 485, 487, 488 c.c.) non perché abbia
perduto ex post il beneficio, ma per non averlo
mai conseguito (Cass. 9-8-05, n. 16739).
485 Chiamato all’eredità che è nel possesso di beni.
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non incide sulla limitazione della responsabilità intra vires, che è condizionata (anche)
alla preesistenza o alla tempestiva sopravvenienza dell’inventario, in mancanza del quale
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Sezione II - Articoli estratti dal Codice Civile
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Il chiamato all’eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di beni ereditari, deve fare
l’inventario entro tre mesi dal giorno dell’apertura della successione o della notizia della
devoluta eredità [456]. Se entro questo termine lo ha cominciato ma non è stato in grado di
completarlo, può ottenere dal tribunale (1) del luogo in cui si è aperta la successione una
proroga che, salvo gravi circostanze, non deve eccedere i tre mesi [c.p.c. 774, 749].
Trascorso tale termine senza che l’inventario sia stato compiuto, il chiamato all’eredità è considerato erede puro e semplice [476].
Compiuto l’inventario, il chiamato che non abbia ancora fatto la dichiarazione a
norma dell’articolo 484 ha un termine di quaranta giorni da quello del compimento
dell’inventario medesimo, per deliberare se accetta [470 ss.] o rinunzia [519 ss.] all’eredità. Trascorso questo termine senza che abbia deliberato, è considerato erede puro e
semplice [459, 476, 480, 487, 488].
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(1) L’originaria parola «pretore» e è sostituita dalla parola «tribunale», ex art. 144, d.lgs. 19-21998, n. 51 (Giudice unico di primo grado) a decorrere dal 2-6-1999, ex art. 247 d.lgs. cit.
Fondamento dell’istituto
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La norma contempla una fattispecie complessa di accettazione ex lege dell’eredità di cui
sono elementi costitutivi: l’apertura della successione, la delazione ereditaria, il possesso
dei beni ereditari e la mancata tempestiva redazione dell’inventario (Cass. 30-10-91, n.
11634; Cass. 30-7-84, n. 4520; Cass. 13-5-76, n. 1692). Il chiamato diviene erede puro e semplice ope legis, prescindendo dalla sua volontà.
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La norma prevede per il chiamato possessore
di beni ereditari due ipotesi di acquisto dell’eredità senza accettazione: a) mancata redazione
dell’inventario nel termine; b) mancata dichiarazione di accettazione con beneficio di
inventario entro 40 giorni dal compimento
dell’atto.
Si tratta di ipotesi in cui il legislatore prescinde
completamente, ai fini dell’acquisto dell’eredità,
non solo da un’effettiva volontà del chiamato, ma
anche da una sua volontà presunta deducibile da
un suo comportamento concludente (Cass. 19-398, n. 2911; Cass. 7-10-67, n. 2324 parla di accettazione presunta Cass. 4-5-83, n. 3043).
La ragione di tale disciplina — in particolare,
della prescrizione dell’inventario e, in mancanza, dell’acquisto della qualità di erede
puro e semplice, con conseguente responsabi-
lità illimitata per i debiti ereditari — deve individuarsi nell’esigenza di evitare che il chiamato che si trova in possesso dei beni ereditari
possa avvantaggiarsi di tale situazione di fatto
appropriandosi, senza alcuna possibilità di controllo e verifica, di beni ereditari in pregiudizio
delle ragioni dei creditori dell’eredità e dei legatari e in genere dei soggetti che hanno interesse alla consistenza dell’asse ereditario (es.
eventuali chiamati ulteriori).
Rinuncia all’eredità
L’onere di redigere l’inventario entro tre mesi
condiziona non solo la facoltà del chiamato di
accettare l’eredità con il beneficio di cui all’art.
484 c.c., ma anche quella di rinunciare all’eredità, ai sensi dell’art. 519 c.c., con effetto liberatorio nei confronti dei creditori del de cuius,
poiché il chiamato, allo scadere del termine sta-
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Irrilevanza del venir meno del possesso
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Nel riferirsi al chiamato che si trovi nel possesso dei beni ereditari, la norma dà rilevanza
alla sussistenza ma non alla durata del possesso, con la conseguenza che nessun effetto
negativo può derivare dalla circostanza che,
dopo aver posseduto anche per un solo giorno i
beni ereditari, il chiamato perda tale possesso,
rimanendo sempre a carico del predetto il compimento, in tre mesi, dell’inventario (o la rinunzia all’eredità) e così, in caso di inottemperanza, l’attribuzione della qualità di erede puro e
semplice (Cass. 24-2-84, n. 1317).
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bilito per l’inventario, deve essere considerato
erede puro e semplice (Cass. 29-3-03, n. 4845;
Cass. 22-6-95, 7076).
La rinunzia non perde effetto, e non si verifica l’acquisto di diritto dell’eredità, per il fatto
puro e semplice che il rinunziante, dopo di
essa, sia rimasto nel possesso a qualsiasi titolo dei beni, senza procedere all’inventario,
salvo che, in determinati casi, l’ulteriore permanenza nel possesso possa essere interpretata
come accettazione tacita dell’eredità e come
conseguente revoca della fatta rinunzia, nei limiti in cui il diritto di accettazione non è prescritto, e se l’eredità non è stata ancora acquistata da altri chiamati (Cass. 21-4-58, n. 1319).
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Parte Prima - Successioni
Prova del possesso
Caratteri e configurabilità del possesso
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Colui che deduce l’avvenuta accettazione dell’eredità come presupposto della domanda
azionata, facendo valere un credito contro un
chiamato all’eredità del debitore, quale erede ope
legis, ha l’onere di provare, in applicazione
del generale principio di cui all’art. 2697 c.c.,
la verificazione di tutti gli elementi di quella
fattispecie, e in particolare del possesso dei beni
ereditari da parte del chiamato, senza che al riguardo sia possibile invocare alcuna presunzione di sorta (Cass. 30-10-91, n. 11634; Cass. 307-84, n. 4520; Cass. 13-5-76, n. 1692).
L’attestazione del curatore dell’eredità giacente, alla quale si deve attribuire pubblica fede, è
sufficiente a integrare la prova del possesso dei
beni ereditati da parte del chiamato all’eredità
(Cass. 8-11-94, n. 9240).
Accertata la situazione di possesso, incombe al
chiamato, ove voglia sottrarsi alle conseguenze
previste dall’articolo in commento, l’onere di
provare che, per un qualsiasi eccezionale evento,
vi sia stata la materiale impossibilità di esercitare il possesso dei beni riguardo ai quali si configuri l’anzidetta situazione (Cass. 22-6-95, n. 7076).
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Il possesso dei beni ereditari non deve necessariamente riferirsi all’intera eredità, essendo sufficiente il possesso di un solo bene con
la consapevolezza della sua provenienza
(Cass. 14-5-94, n. 4707; Cass. 5-6-79, n. 3175).
Il possesso, in materia, non si sostanzia in un
astratto possesso del diritto sui beni (Cass. 5-477, n. 1301), né deve manifestarsi in un’attività
corrispondente all’esercizio della proprietà dei
beni ereditari, ma si esaurisce in una mera relazione materiale tra i beni e il chiamato all’eredità, e cioè in una situazione di fatto che consente l’esercizio di concreti poteri sui beni, sia
pure per il tramite di terzi detentori, con la consapevolezza dell’appartenenza dei beni al compendio ereditario (Cass. 14-5-94, n. 4707; Cass.
25-7-80, n. 4835; Cass. 5-4-77, n. 1301). Pertanto, la previsione legale si estende a ogni
specie di possesso – quale che ne sia il titolo
giustificativo – e include anche la detenzione
a titolo di custodia o di affidamento temporaneo (Cass. 25-7-80, n. 4835).
La ricorrenza di un’accettazione ex art. 485 va
riscontrata anche nel caso di compossesso del
patrimonio ereditario indiviso, pure se non
esercitato materialmente su tutti i singoli beni
che lo compongono (dovendosi ritenere che ciascun erede possegga anche in rappresentanza
degli altri), e può essere evinta anche indirettamente dal comportamento e dalle ammissioni
degli altri coeredi aventi un interesse ad essa
contrario (Cass. 4-5-83, n. 3043).
Proroga del termine per l’inventario
La proroga del termine per il compimento dell’inventario, prevista dall’art. 485 comma 1° e richiamata nell’art. 487, può essere concessa una sola
volta, onde è perentorio il termine fissato con il
provvedimento di proroga (Cass. 9-7-75, n. 2674;
Cass. 8-5-79, n. 2617; Cass. 24-4-63, n. 1082).
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Posizione del donatario
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La disposizione dell’art. 485 c.c non riguarda
il donatario, chiamato per legge, che abbia ricevuto beni dal de cuius quando questi era in
vita. In tal caso, infatti, vi è un titolo — la donazione — che giustifica il trasferimento del bene,
il quale pertanto non entra a far parte dell’asse
ereditario, salvo che sia vittoriosamente esperita
l’azione di riduzione o, nelle ipotesi di collazione, il donatario scelga di conferire il bene stesso
in natura. Può pertanto parlarsi di possesso dei
beni ereditari, da parte del legittimario, soltanto
in quanto il medesimo non possa vantare alcun
titolo di trasferimento sui beni stessi il legittimario perciò non può essere considerato erede, ex
art. 485 c.c., solo perché in possesso di beni già
di proprietà del de cuius, da questi donatigli quando era in vita (Cass. 14-10-70, n. 2014).
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Il creditore che, agendo contro l’erede il quale
abbia accettato con beneficio d’inventario, intenda farne valere la responsabilità ultra vires per il mancato compimento dell’inventario
nei termini previsti dagli artt. 485 e 487, ha
l’onere di provare la dedotta omissione o il
ritardo, trattandosi di una causa di decadenza
dal beneficio (Cass. 1-4-95, n. 3842) e non di
una condizione per l’acquisto del relativo diritto (Cass. 10-11-93, n. 1084). Contra Cass. 157-03, n. 11030 per la quale il creditore non ha
alcun onere di fornire tale prova, mentre incombe all’erede in accettazione beneficiata provare
in positivo la circostanza de qua, rappresentando la tempestiva formazione dell’inventario un
elemento costitutivo del relativo beneficio.
— una volta che l’inventario sia stato eseguito,
sia pure nel mancato rispetto del termine di cui
all’art. 485, ma in costanza della minore età del
chiamato — debba reiterare, per conservare la
posizione di erede beneficiario, un inventario
già compiuto, entro l’anno dal raggiungimento
della maggiore età).
Secondo una pronuncia, l’art. 489 — il quale
prevede la decadenza dal beneficio d’inventario
solo al compimento di un anno dalla maggiore
età — comporta che, entro tale termine, il minore non acquista la qualità di un erede puro e semplice ma resta nella veste di chiamato all’eredità, qualora il suo legale rappresentante, dopo aver
accettato con beneficio, non abbia provveduto
alla redazione dell’inventario nel tempo prescritto dall’art. 485 (Cass. 11-7-88, n. 4561). La tesi
prevalente afferma invece che l’incapace che si
trova nel possesso di beni ereditari, se il suo
legale rappresentante accetta con beneficio di
inventario ma non compie l’inventario nei termini dell’art. 485, è considerato erede beneficiato, mentre decade ed è considerato erede
puro e semplice solo se lascia decorrere l’anno dalla cessazione dell’incapacità senza fare
l’inventario (Iannuzzi; Cass. 27-2-95, n. 2276).
Egli resta nella posizione di semplice chiamato
solo se il legale rappresentante non ha nemmeno accettato l’eredità o la ha accettata puramente e semplicemente (Iannuzzi).
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Prova del mancato compimento dell’inventario nei termini
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Sezione II - Articoli estratti dal Codice Civile
Incapaci
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La disposizione in esame non è applicabile
nell’ipotesi di eredità devolute a minori (o ad
altri incapaci), poiché nei confronti di tali soggetti la decadenza dal beneficio d’inventario
non può avvenire, a norma dell’art. 489, se non
al compimento di un anno dalla cessazione
dell’incapacità (Cass. 24-7-00, n. 9648; Cass.
28-8-93, n. 9142, la quale ha escluso che questi
Persone giuridiche
L’art. 485 c.c. si ritiene da alcuni inapplicabile
alle persone giuridiche (Ferri). Tuttavia, la Cassazione ha affermato che le persone giuridiche, pur potendo accettare l’eredità soltanto
con il beneficio d’inventario, non sono esonerate dall’onere di redigerlo nel termine di
cui agli artt. 485 e 487 c.c., in quanto verrebbe
altrimenti meno ogni tutela di coloro nel cui
interesse è prevista l’osservanza del termine e
delle altre modalità da osservarsi dal chiamato
per conservare il beneficio dell’inventario (in
tal senso Cass. 8-5-79, n. 2617, la quale ha però
precisato che dalla mancata redazione dell’inventario nel termine deriva per la persona giuridica non l’acquisto dalla qualità di erede puro
e semplice, ma l’incapacità a succedere nell’eredità ad essa devoluta).
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a seguito della recente modifica dell’art. 473
c.c. cui si rinvia.
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Quanto appena osservato vale anche per le associazioni, fondazioni o enti non riconosciuti
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Parte Prima - Successioni
CASISTICA
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• Il termine previsto per la redazione dell’inventario dall’art. 485 c.c., è termine ordinatorio alla cui mancata osservanza non è collegato alcun effetto preclusivo. Tuttavia, ai sensi
dell’art. 154 c.p.c., i termini ordinatori possono essere prorogati dal giudice che li ha
emessi soltanto a condizione che non siano
ancora scaduti e che la proroga non superi
la durata del termine originario, mentre una
eventuale ulteriore proroga è subordinata a che
ricorrano motivi particolarmente gravi adeguatamente evidenziati nel provvedimento con il
quale venga concessa Cass. 14-10-98, n. 10174).
• In tema di accettazione dell’eredità, ai fini dell’applicabilità dell’art. 485 c.c., che prevede l’ipotesi della c.d. accettazione presunta per effetto
della mancata effettuazione dell’inventario entro
tre mesi dall’apertura della successione da parte di chi sia in possesso dei beni ereditari, l’onere della prova di tale possesso incombe su colui
che lo abbia dedotto (Cass. 29-3-06, n. 7226 conf.
Cass. 22-3-1999, n. 2663).
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• In tema di successione ereditaria di minore,
l’art. 489 c.c., il quale prevede la decadenza
dal beneficio d’inventario solo al compimento
di un anno dalla maggiore età, comporta che,
entro tale termine, il minore stesso non acquista la qualità di un erede puro e semplice ma
resta nella veste di chiamato all’eredità, qualora il suo legale rappresentante, dopo aver accettato con beneficio, non abbia provveduto
alla redazione dell’inventario nel tempo prescritto dall’art. 485 c.c. Pertanto, ove la successione riguardi la partecipazione a una
società di persone, deve escludersi che il
fallimento della società, dichiarato in pendenza del suddetto termine, possa implicare il fallimento del minore in qualità di socio, senza che rilevi il verificarsi dell’indicata
decadenza in epoca posteriore, né il compimento, da parte del legale rappresentante, di
atti di gestione della impresa durante la procedura di accettazione dell’eredità (Cass. 117-88, n. 4561).
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486 Poteri.
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Durante i termini stabiliti dall’articolo precedente per fare l’inventario e per deliberare, il chiamato, oltre che esercitare i poteri indicati nell’articolo 460, può stare in
giudizio come convenuto per rappresentare l’eredità.
Se non compare, l’autorità giudiziaria nomina un curatore all’eredità affinché la
rappresenti in giudizio [529; c.p.c. 78, 780].
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La legittimazione passiva in rappresentanza dell’eredità è prevista esclusivamente per il
chiamato che sia in possesso dei beni ereditari. Nell’ipotesi del chiamato non possessore,
la rappresentanza spetta al curatore dell’eredità, nominato su istanza degli interessati a norma
dell’art. 528 (Cass. 7-3-77, n. 920; contra Cass. 5-6-71, n. 1673). Il chiamato possessore ha il
potere di stare in giudizio ma non l’obbligo (Capozzi, Ferri; contra Natoli).
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Chiamato incapace
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La norma trova applicazione anche nell’ipotesi
in cui il chiamato all’eredità sia un incapace, in
quanto pure il minore, l’interdetto o l’inabilitato, mediante le persone che li rappresentano
o li assistono, possono stare in giudizio come
longa manus dell’eredità, nella veste di convenuti, qualora siano nel possesso dei beni ereditari. Nel caso in cui il chiamato, quantunque regolarmente citato, non compaia, l’autorità giudiziaria provvede alla nomina di un curatore
speciale, affinché l’eredità sia presente in giudizio (Cass. 10-11-79, n. 5799).
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La nomina di un curatore all’eredità, affinché
la rappresenti in giudizio, non si ricollega a un
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Nomina del curatore
obbligo dell’autorità giudiziaria, ma presuppone una valutazione positiva circa la necessità di
avere la presenza in causa del curatore, in relazione all’oggetto della contesa. Pertanto l’omissione di quella nomina, non essendo attinente
alla regolarità del contraddittorio, non può essere censurata per la prima volta in appello, a
ciò ostando il disposto di cui all’art. 345 c.p.c.
(Cass. 7-3-77, n. 920).
Il curatore di cui alla presente norma ha un
compito limitato al giudizio in corso e perciò si distingue dal curatore di cui all’art.
528 (Ferri).
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Il minore chiamato all’eredità e in possesso dei beni
ereditari, il quale stia in giudizio ai sensi della norma in esame, si trova in una posizione di mera gestione processuale, che non preclude al suo rappresentante legale la possibilità di accettare l’eredità
con il beneficio d’inventario, né a se medesimo di
avvalersi dello stesso beneficio entro il termine di
cui all’art. 489 (Cass. 10-11-79, n. 5799).
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Sezione II - Articoli estratti dal Codice Civile
CASISTICA
se
• Il chiamato dell’eredità che non sia nel possesso dei beni ereditari non può stare in giudizio in rappresentanza dell’eredità (ipotesi
prevista dall’art. 486 c.c. soltanto per il chiamato
in possesso dei beni ereditari) e pertanto nei
suoi confronti non è possibile né proseguire
il giudizio instaurato nei confronti del defunto, né agire ex novo; se tuttavia si sia agito contro il chiamato non possessore e costui si sia
costituito eccependo la propria carenza di legittimazione, il giudice deve disporne l’estromissione dal giudizio, senza che la semplice costituzione intesa al solo fine di far valere il difetto di
legittimazione possa configurarsi come accettazione tacita dell’eredità, trattandosi di atto pienamente compatibile con la volontà di non accettare l’eredità (Cass. 3-8-00, n. 10197).
ht
©
Es
• Il chiamato all’eredità che non è nel possesso dei beni ereditari non è legittimato
attivamente e passivamente nelle azioni relative a crediti del defunto, poiché tali azioni, presupponendo un attivo interessamento
tendente a incrementare il patrimonio ereditario, comportano, di regola, l’accettazione tacita dell’eredità. Ne consegue che se il chiamato si costituisce in giudizio ed eccepisce la propria carenza di legittimazione passiva il giudice deve disporne l’estromissione dal giudizio,
che deve essere proseguito contro l’erede o il
chiamato che sia in possesso dei beni ereditari, ovvero, se nessuno si costituisce o accetta il contraddittorio, nei confronti di un curatore speciale nominato a norma dell’art. 528 c.c.
(Cass. 13-8-80, n. 4929).
ig
487 Chiamato all’eredità che non è nel possesso di beni.
C
op
yr
Il chiamato all’eredità, che non è nel possesso di beni ereditari, può fare la dichiarazione di accettare col beneficio d’inventario fino a che il diritto di accettare non è prescritto [480].
Quando ha fatto la dichiarazione, deve compiere l’inventario nel termine di tre mesi
dalla dichiarazione, salva la proroga accordata dall’autorità giudiziaria a norma dell’articolo 485; in mancanza, è considerato erede puro e semplice [476, 2964].
Quando ha fatto l’inventario non preceduto da dichiarazione d’accettazione, questa
deve essere fatta nei quaranta giorni successivi al compimento dell’inventario; in mancanza, il chiamato perde il diritto di accettare l’eredità.
.
487
Comma 2°: legittimazione a far valere la
decadenza
Persone giuridiche e incapaci
L’ultimo comma, che commina la decadenza dal
diritto di accettare l’eredità, trova applicazione
anche nei riguardi delle persone giuridiche
(Cass. 4-11-55, n. 3599).
Discussa per altro verso è l’applicabilità, alle
persone giuridiche, della disposizione di cui al
comma 2°. Contra Grosso e Burdese. In senso
favorevole Cass. 8-5-79, n. 2617 e 20-2-88, n.
1781, per le quali le persone giuridiche, pur
potendo accettare l’eredità solo con il beneficio d’inventario, non sono esonerate dal redigerlo nel termine di cui agli artt. 485 e 487.
Quanto osservato vale anche per le associazioni, fondazioni o enti riconosciuti stante la recente modifica dell’art. 473 c.c.
Peraltro, limitatamente alle successioni apertesi
sotto la vigenza dell’abrogato art. 17 c.c., ove
manchi l’autorizzazione governativa, l’accettazione compiuta dalla persona giuridica istituita
erede resta del tutto priva di inefficacia. Con la
conseguenza che, in mancanza di un’accettazione antecedente all’inventario, non può verificarsi a norma dell’art. 487 secondo comma c.c. la
decadenza dell’ente dal beneficio d’inventario né
una conseguente accettazione pura e semplice,
che alle persone giuridiche è preclusa, ma si verifica piuttosto un’incapacità a succedere nella
devoluta eredità (Cass. 20-2-88, n. 1781).
Circa l’applicabilità della norma (in particolare
del comma 3°) agli incapaci, v. sub art. 489.
Es
©
ht
ig
yr
Apposizione di sigilli
op
Il comma 2° dell’articolo in esame è applicabile anche se il chiamato all’eredità abbia
chiesto ed ottenuto l’apposizione dei sigilli,
sebbene questi non possano essere rimossi e l’inventario non possa essere iniziato se non dopo
tre giorni dall’apposizione (salva diversa disposizione del pretore ex art. 762 c.p.c.), ciò sia in
base al tenore letterale della disposizione, sia
A
p.
S.
i
Il mancato compimento delle operazioni d’inventario entro il termine prescritto dall’art. 487, comma 2° determina la decadenza dal diritto di acquistare la qualità di erede beneficiario, a nulla
rilevando che le cause del ritardo siano da
imputare a mancati adempimenti dei pubblici uffici destinatari della domanda d’inventario (C. Conti, Sez. Riun. 30-3-81, n. 271).
se
Il precetto di cui al comma 2° deve intendersi
non già nel senso che il beneficio della responsabilità intra vires non è stato acquisito dall’erede, ma nel senso che questi ne è decaduto
a titolo di sanzione, per avere omesso di compiere una formalità imposta dalla legge a tutela
dei legatari e dei creditori dell’eredità. Pertanto,
anche in tale ipotesi, la legittimazione a far valere la decadenza dell’erede dal beneficio dell’inventario, disposta dall’art. 505 ultimo comma, è
limitata ai soli creditori del defunto e ai legatari, verificandosi anche in tal caso una decadenza
dal beneficio (Cass. 22-1-77, n. 329).
Il chiamato all’eredità — il quale dichiari di accettarla con beneficio d’inventario senza portare però a compimento l’inventario nei termini
di legge — decade da uno status che ha solo
dichiarato di voler conseguire senza riuscirvi e
deve essere considerato erede puro e semplice.
Pertanto egli non può esperire l’azione di riduzione nei confronti di persone non chiamate
come coeredi (Cass. 28-3-81, n. 1787).
Irrilevanza degli altrui inadempimenti
br
Il chiamato all’eredità, il quale non sia nel
possesso dei beni ereditari, qualora abbia iniziato le operazioni d’inventario non precedute dall’accettazione, può accettare l’eredità
in modo puro e semplice durante lo svolgimento di tali operazioni, con la conseguenza
che in tale ipotesi non può trovare applicazione
l’ultimo comma della disposizione in esame che
prevede la perdita del diritto di accettare l’eredità (Cass. 23-2-85, n. 1628).
perché il chiamato all’eredità ha la facoltà, e
non l’onere, di rendere la dichiarazione di accettazione beneficiata contemporaneamente alla
richiesta di apposizione dei sigilli, ben potendo
farla contemporaneamente o dopo la rimozione dei sigilli stessi (Cass. 28-3-81, n. 1787).
li
Accettazione durante le operazioni di inventario
C
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Parte Prima - Successioni
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79
489
p.
A
Sezione II - Articoli estratti dal Codice Civile
CASISTICA
varie ipotesi previste dal codice civile agli artt.
485, 487 e 489, al termine entro il quale secondo la legge civile deve essere completato l’inventario (Cass. 13-5-83, n. 3307).
S.
• Il termine di presentazione relativo alla dichiarazione per l’imposta di successione, decorrente da quello stabilito per la formazione dell’inventario, deve intendersi riferito, secondo le
i
488 Dichiarazione in caso di termine fissato dall’autorità giudiziaria.
li
br
Il chiamato all’eredità, che non è nel possesso di beni ereditari, qualora gli sia stato
assegnato un termine a norma dell’articolo 481, deve entro detto termine, compiere
anche l’inventario; se fa la dichiarazione e non l’inventario, è considerato erede puro e
semplice [2964].
L’autorità giudiziaria può accordare una dilazione [c.p.c. 749].
se
La norma trova il suo fondamento nell’esigenza di certezza dei rapporti giuridici. Essa si
integra con l’art. 481 e ne completa la disciplina.
Actio interrogatoria
489 Incapaci.
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Es
Il chiamato che non è nel possesso di beni ereditari può, entro il termine decennale di prescrizione, dichiarare che intende accettare con beneficio di inventario a norma dell’art. 487 e, una
volta fatta tale dichiarazione, ha un ulteriore
termine di tre mesi, prorogabile di altri tre, per
formare l’inventario.
Qualora, a seguito di actio interrogatoria, gli
venga assegnato un termine per l’accettazio-
ne, egli deve provvedere entro tale termine anche all’inventario, altrimenti è considerato erede puro e semplice. Peraltro, dalla lettera della
norma, si ricava implicitamente che il chiamato
non in possesso di beni ereditari perde, ex art. 481
c.c., il diritto di accettare tanto nel caso in cui
ometta la dichiarazione e l’inventario, quanto nel
caso in cui rediga l’inventario ma ometta la dichiarazione: infatti il legislatore richiede che nel
termine fissato dal giudice siano compiuti entrambi
gli adempimenti (Cicu, Ferri, Giannattasio).
yr
ig
I minori [2], gli interdetti [414] e gli inabilitati [415] non si intendono decaduti dal
beneficio d’inventario [471, 472], se non al compimento di un anno dalla maggiore età
o dal cessare dello stato d’interdizione o d’inabilitazione [431], qualora entro tale termine non si siano conformati alle norme della presente sezione [2964].
op
La norma è diretta a rafforzare la tutela degli incapaci. Infatti, per costoro, non solo è resa
inoperante un’accettazione che non sia quella beneficiata (artt. 471-472), ma è anche esclusa,
fino al decorso di un anno dalla cessazione dell’incapacità, la decadenza dal beneficio.
Profili interpretativi
C
La norma comporta che i termini di 3 mesi e
di 40 giorni, previsti dagli art. 485 e 487 per
ottenere e conservare il beneficio di inventario,
sono prorogati di un anno dalla cessazione
dell’incapacità, al fine di consentire all’incapace di rimediare all’inosservanza dei termini da parte del suo rappresentante.
Il legislatore intende preservare l’incapace da ogni
pregiudizio che gli possa derivare dall’inosservanza, da parte del suo rappresentante legale o da egli
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489
Accettazione beneficiata non seguita da
tempestivo inventario
CASISTICA
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• Il minore, il quale raggiunga la maggiore età
nel corso del giudizio e prosegua il giudizio stesso oltre il termine di un anno dalla maggiore età
senza provvedere alle formalità di legge per la
accettazione dell’eredità col beneficio di inventario, accetta tacitamente l’eredità senza il
suddetto beneficio (Cass. 29-3-79, n. 1808).
• L’eredità devoluta ai minori può essere accettata soltanto con il beneficio dell’inventario, mentre ogni altra forma di accettazione espressa o
tacita, è nulla e improduttiva di effetti non conferendo al minore la qualità di erede. Pertanto,
mancando l’accettazione dell’eredità con il
beneficio dell’inventario, il minore rimane
nella posizione di chiamato all’eredità e, nel
termine di prescrizione di cui all’art. 480 c.c.,
il suo rappresentante legale potrà accettarla
con il beneficio d’inventario, mentre lo stesso minore, divenuto maggiorenne, potrà accettare senza il detto beneficio ovvero rinunciare (Cass. 27-2-86, n. 1267).
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A
p.
S.
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Inapplicabilità alla rinuncia
L’art. 489 non attribuisce al minore, il cui legale rappresentante non abbia rinunciato a suo
nome all’eredità, il diritto di rinunciarvi al compimento della maggiore età, ma soltanto la facoltà di redigere l’inventario nel termine di un
anno dal compimento della maggiore età, in
guisa da garantire la sua responsabilità intra
vires hereditatis (Cass. 19-7-93, n. 8034).
Es
Qualora il genitore, esercente la potestà sul
figlio minore chiamato all’eredità, faccia
op
l’accettazione prescritta dall’art. 471, ma
non compia l’inventario — necessario solo
per poter usufruire della limitazione della responsabilità — e questo non sia redatto neppure dal minore entro un anno dal raggiungimento della maggiore età, l’eredità resta
acquisita da quest’ultimo, che va però considerato erede puro e semplice (Cass. 27-295, n. 2276; contra Cass. 11-7-88, n. 4561,
secondo cui, in tal caso, l’incapace resta nella veste di chiamato; v. anche sub art. 485
Incapaci).
se
stesso (con l’assistenza del curatore se è soltanto
parzialmente incapace, cioè emancipato o inabilitato), di una qualsiasi delle norme di cui agli artt.
484 ss. Per tali ragioni è stata sostenuta l’applicabilità della proroga anche per il comma 3° dell’art. 487, anche se questo prevede come sanzione la perdita del diritto di accettare e non la decadenza dal beneficio, cui si riferisce testualmente
l’articolo in oggetto (Iannuzzi, contra De Rosa).
Poiché l’art. 489 fa riferimento agli artt. 484-494
(ossia alle norme della sezione di cui fa parte), si
ritiene che esso non deroghi ad altre disposizioni: in particolare non comporta per gli incapaci
l’esclusione dalla perdita del diritto di accettare
per il decorso del termine fissato dall’autorità giudiziaria ex art. 481 o per prescrizione ex art. 480
(Iannuzzi, Capozzi; Cass. 27-2-86 n. 1267).
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Parte Prima - Successioni
• L’art. 471 c.c., disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con il beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell’incapace
possa accettare l’eredità in modo diverso da
quello prescritto dall’art. 484 c.c., che consiste
in una dichiarazione espressa di volontà volta a
fare acquistare all’incapace la qualità di erede
con limitazione della responsabilità ai debiti e ai
pesi intra vires hereditatis . Ne consegue che l’accettazione tacita, fatta con il compimento di
uno degli atti previsti dall’art. 476 c.c. (nella
specie, trattavasi di una divisione amichevole dei
beni ereditari), non rientra nel potere del rappresentante legale e perciò non produce alcun effetto giuridico nei confronti dell’incapace, che resta nella posizione di chiamato
all’eredità fino a quando egli stesso o il suo
rappresentante eserciti il diritto di accettare
o di rinunziare all’eredità entro il termine della prescrizione (Cass. 27-2-95, n. 2276).