LA CONCORRENZA La concorrenza è una bella cosa quando

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LA CONCORRENZA La concorrenza è una bella cosa quando
LA CONCORRENZA
La concorrenza è una bella cosa quando riguarda l'attività degli altri; un po' meno,
quando ci tocca direttamente, e tutti abbiamo potuto constatare - con dolore e sofferenza negli ultimi anni non solo una riduzione del lavoro giudiziale, ma anche di quello
stragiudiziale: per il primo, le cause sono facilmente rilevabili nella risaputa lentezza delle
procedure, e nella frequente completa inconcludenza (almeno per i creditori chirografari)
delle esecuzioni.
Ma anche qui è entrata la <<concorrenza>> sotto specie delle <<società di recupero
crediti>>, che trattengono una percentuale in caso di esito favorevole. E' il patto di quotalite a noi precluso.
Sappiamo, comunque, che per agire in sede giudiziale gli avvocati hanno l'esclusiva.
Diverso è il problema dello <<stragiudiziale>>: e qui entra in gioco una concorrenza non
già <<sleale>>, ma forse illegittima; ai professionisti di altri Ordini, o ai semplici
<<consulenti>> senza ulteriori specificazioni, si sono aggiunte società create più o meno
<<ad hoc>> e le c.d. società di <<revisione>>.
Il problema è: possiamo noi avvocati invocare una esclusività, della consulenza
stragiudiziale continuativa?
Espongo qui gli argomenti a favore della tesi dell'esclusiva, attingendo anche all'articolo
di Donella, apparso sul numero di marzo 2001 della Previdenza Forense.
1) Ex art. 33 Carta Costituzionale può ben dirsi che la necessità dell'esame di Stato per
l'abilitazione all'esercizio professionale è posta non già nell'interesse degli iscritti, ma della
collettività, per garantire ai cittadini, tutti potenziali clienti, un minimo di capacità e
preparazione specifica da parte del professionista, nonché un controllo (quale dovrebbero
svolgere gli Ordini) sulla <<moralità degli stessi>>. Pare logico che tale controllo statale e
degli Ordini debba riguardare sia l'attività giudiziale che quella stragiudiziale (più gravi
possono essere le conseguenze pratiche, per un cliente, di un contratto mal fatto, rispetto
a quelle di una difesa giudiziale zoppicante).
2) Legge 9 febbraio 1982, n. 31 art. 2: prevede che i colleghi comunitari sono ammessi
all'esercizio dell'attività professionale dell'avvocato di sede giudiziale e stragiudiziale, solo
se si passa attraverso alle iscrizioni negli elenchi previsti in detta norma. Il punto che qui ci
interessa è ribadito dall'art. 10 della direttiva 98/5/CEE, che prevede come solo l'avvocato
stabilito ha diritto di esercitare l'attività professionale stragiudiziale senza le limitazioni di
cui all'art. 8, cioè senza la necessità di operare di intesa con un avvocato italiano. Ciò
comunque è possibile solo all'Avocat, all'Avogado, al Rechtsanwalt, ecc., di un paese
comunitario. Non ad altri.
3) Argomento <<analogici>> a sostegno dell'esclusività anche in materia stragiudiziale:
a) Da un punto di vista ontologico, si può forse vedere una differenza fra l'attività in
difesa di un cliente svolta in un processo, e quella che lo precede?
b) Le tariffe forensi prevedono specificatamente alcune attività stragiudiziali, che dunque
possono ritenersi tipiche dell'avvocatura.
c) Vi è un pubblico interesse a che l'interpretazione e l'applicazione della legge avvenga
in modo corretto, da parte di persone esperte, e che soprattutto tale attività svolgano
abitualmente, così da essere in grado di avvalersi dell'esperienza, anche posteriore,
relativa a casi analoghi.
d) L'iscrizione all'Albo dei mediatori è ritenuta (l. n. 3 febbraio 1989, n. 39) essenziale
per una attività che ha caratteristiche per lo più spiccatamente commerciali; dovrebbe
invece essere consentita a chiunque la consulenza contrattuale, che riguarda una materia
squisitamente tecnica?
e) L'Avvocato, è noto, è tenuto al rispetto di norme deontologiche di comportamento, la
più parte delle quali (si pensi a quelle che riguardano i rapporti con i clienti, i conflitti di
interesse, il segreto professionale, l'obbligo di operare sempre con probità e correttezza),
sono poste non già a tutela di un interesse corporativo, ma del pubblico.
Chi controlla i <<non iscritti>> agli Albi?
Questi gli argomenti a favore della tesi dell'esclusiva. Contro, stanno alcune pronunce
della Cassazione, che affermano la liceità di attività legali stragiudiziali, senza distinguere
tra prestazioni singole o continuative.
***
Donella, fra gli argomenti a favore dell'esclusiva, richiama anche l'art. 2 della l. 23
novembre 1939, n. 1815 che vietava la costituzione, l'esercizio, la direzione sotto qualsiasi
forma - che non fosse quella dell'associazione professionale - di società, istituti, uffici
eccetera, aventi lo scopo di dare, anche gratuitamente, a soci o a terzi consulenza in
materia legale.
L'argomento era buono, salvo che tale norma è stata abrogata dall'art. 24 l. 7 agosto
1997, n. 266, che - come noto - ha dato al Governo le direttive - poi attuate con d.lgs. 2
febbraio 2001 - per le società di professionisti.
Resta da chiedersi se l'abrogazione del citato art. 2 l. del 1939, debba (come
formalmente appare) ritenersi incondizionata e totale, oppure se possa sostenersi che
l'abrogazione riguarda solo la liceità di società di avvocati (art. 16 d.lgs. 2 febbraio 2001),
in riferimento alle quali - e ad esse sole - è consentita l'attività di <<rappresentanza,
assistenza e difesa in giudizio>>. Nulla è detto per la difesa stragiudiziale che, se si deve
intendere abrogato l'art. 2 del 1939, apparirebbe oggi consentita a qualunque società!
Danovi (<<La libertà di stabilimento>> p. 13) giunge alla conclusione che il d.lgs. 2
febbraio 2001 tratta solo della difesa giudiziale, perché (art. 5 della direttiva europea già
richiamata) <<l'attività di consulenza rientra specificatamente nell'ambito dell'attività
forense>>: ma in esclusiva o no? (aggiunta dello scrivente).
Questo problema è stato discusso dal Consiglio dell'Ordine di Milano, che ha deliberato
di segnalare alle Procure tutti i casi, di cui venga a conoscenza, di consulenza giudiziale o
stragiudiziale continuativa da parte di un non iscritto.
Sarò grato ai Colleghi se vorranno segnalarci i casi, di cui fossero eventualmente
a conoscenza.
Milano, 26 settembre 2001
ENRICO BIAGI
avvocato in Milano
consigliere dell'Ordine degli Avvocati di Milano