Le api - Istituto di Istruzione Superiore "Aldo Moro"
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Le api - Istituto di Istruzione Superiore "Aldo Moro"
Perché fare una tesina sulle api? La prima risposta che mi viene è perché sono una mia passione, perché sono una parte di me. Da circa un anno sono un apicoltore e ho due arnie di api. È una passione nata quando in un giorno della lontana prima liceo, durante una giornata di autogestione, partecipai ad un’attività di apicoltura, e ripresa nel quarto anno in seguito all’affascinante lettura del quarto libro delle Georgiche di Virgilio. Credo che l’apicoltura sia un’arte, un approccio con una realtà profondamente diversa da quella umana che purtroppo è sempre più caratterizzata dal caos, dalla fretta, dal “tuttoesubito” e dall’individualismo. Quando apro un’arnia e mi ritrovo circondato da centinaia di api in volo- cosa di cui molti avrebbero terrorenon posso fare a meno di pensare che insetti così piccoli abbiano un così grande istinto di collettività,ma allo stesso tempo apprezzo il valore della mia libertà, che invece manca all’ape. Il modo in cui ho scelto di trattare quest’argomento è plasmato sull’impianto stesso della scuola che ho frequentato: da una parte vi è una descrizione dell’ape vista come un’entità biologica, da un’altra il valore simbolico che le api hanno nella nostra cultura,ed infine una trattazione di un’apicoltura, per così dire, pratica e personale. Questi tre aspetti corrispondono allo studio fatto, nel corso dei cinque anni, delle discipline scientifiche ed umanistiche in cui si richiedeva anche una rielaborazione personale delle conoscenze. Ho cercato, per quanto possibile, di non differenziare e staccare di netto i tre blocchi, ma di unire i diversi e numerosi aspetti in una visione unitaria. La difficoltà che ho incontrato è stata soprattutto quella di riuscire a trattare i molteplici aspetti del mio argomento, in modo esauriente ma allo stesso tempo sintetico.. Perciò è stato necessario anche scegliere le parti da inserire e quelle da tralasciare per non rendere il tutto noioso. Per parlare delle api, ho scelto di iniziare in un modo alquanto anomalo. Anziché partire dalle basi e poi proseguire, ho preferito cominciare trattando il fenomeno più particolare e allo stesso tempo più conosciuto di questo straordinario mondo che è l'alveare: la sciamatura. Anche chi non è apicoltore sa per sentito dire o per averlo studiato che cosa sia questo fenomeno. A tutti da piccoli è stata raccontata la storia: le api si creano una nuova regina e siccome due regine in una stessa casa non possono stare, la regina più vecchia va via seguita dalle sue fedeli. Dietro a questa storia così semplice, si cela tutto il fascino e la perfezione del mondo delle api. Lo sciame C'è chi ha voluto vederci un qualcosa che non funziona, un atto di ribellione:<< Perché creare una nuova regina?>>. In realtà non è così: che le api si creino una nuova regina e sciamino significa che l'alveare si riproduce, che da un nucleo di api se ne ottengono due. E se si ha la volontà di riprodurre qualcosa, vuol dire che questo qualcosa è bello e funziona. E non basterebbe creare una nuova regina solo quando quella vecchia è morta, perché così facendo esisterebbe un solo alveare al mondo. Sciamare per le api, infatti, significa diffondersi o per meglio dire riprodurre la propria famiglia. La sciamatura non rappresenta il fallimento del sistema alveare, ma il suo coronamento: ci dice che nel mondo delle api coesistono tradizione e innovazione. La regina vecchia se ne va a creare una nuova casa, la regina nuova 1 cresce nella vecchia casa. Quando siamo di fronte ad un'arnia che sciama, -lo si vede benissimo: c'è una nebbia di api che ronzano agitate e in un istante si assiste a un vomito d'api dall'arnia- assistiamo a un passato che si rinnova nel futuro. La sciamatura mostra inoltre il vincolo di straordinaria unione che c'è tra le api. Quando lo sciame si forma e si appende a un albero formando le caratteristiche "barbe", le api sono un’attaccata all'altra e sono così coordinate fra loro che si comportano come se fossero tutte insieme un unico essere. È da notare poi l'accostamento tra il termine sciamatura e "riproduzione della famiglia". Nel mondo delle api, infatti, la singola ape non è nulla, è solo una delle tante cellule che compongono l'organismo alveare. La sciamatura dunque è il vero atto di riproduzione della specie, che mette in luce la cooperazione sociale e la perfetta organizzazione di questi piccoli insetti: si duplica la regina, si creano due nuclei che si separano... Sembra quasi di descrivere il meccanismo della mitosi delle cellule. Ma, vediamo in dettaglio chi sono. Le api sono insetti dell'ordine Hymenoptera della sezione Aculeata ( le cui femmine e sono dotate di pungiglione ), che fanno parte dei cosiddetti animali sociali, che cioè vivono in colonie con un'organizzazione più o meno specializzata. Sono insetti così importanti perché sono degli impollinatori: garantiscono la riproduzione e la variabilità genetica delle piante. Si stima che senza la loro presenza diminuirebbero di oltre un terzo l'anno i raccolti di ortaggi utili all'uomo, e addirittura, per citare una famosa frase attribuita ad Albert Einstein, al mondo rimarrebbero al massimo quattro anni di vita. Le api sono dunque un tassello fondamentale che se venisse a mancare farebbe crollare a effetto domino l'intero sistema biologico. E difatti le api sono sempre state tenute in grande considerazione della civiltà umana. I loro prodotti, la loro laboriosità e l’organizzazione sociale hanno avuto un notevole impatto nella storia e nella cultura. Il miele prima della scoperta della canna da zucchero, in conseguenza alla colonizzazione dell'America, era per gli uomini antichi l'unica sostanza dolcificante ed il suo utilizzo spaziava dalla cucina ai banchetti greci, alla medicina e infatti è utilizzato ancora oggi in molte cure per la sua funzione antibatterica e come integratore alimentare. Sempre per rimanere in campo medico anche un altro prodotto dell'alveare viene utilizzato per le sue proprietà antibiotiche, antinfiammatorie e antiossidanti. La propoli dal greco pro polis (davanti alla città) è usata dalle api come materiale di costruzione isolante e protettivo sia per coprire le fessure dell'arnia che per mummificare i cadaveri degli animali entrati dentro l’alveare che non possono essere espulsi e sia per rivestire le celle di deposizione. Riguardo alla sua generazione però non si hanno ancora certezze; la teoria più accreditata lo vede come prodotto di origine nettamente vegetale che viene raccolto ed elaborato dalle api insieme al polline. Altro importante prodotto delle api è la cera, secreta dalle ghiandole situate nella parte centrale dell'addome dell'insetto e usata per costruzione dei favi. Essa è stata utilizzata dagli egizi per ricoprire le navi, dai romani per proteggere dipinti murali e nel medioevo era l'unico materiale con cui produrre le candele per le chiese. Oggi è usata soprattutto nella cosmesi e come lucidante nonché come rivestimento di formaggi per la stagionatura. 2 Le api hanno inoltre fornito all'uomo nel corso della storia dei veri e propri esempi di laboriosità e unione. Quali altri animali, infatti, dedicano la loro intera esistenza al lavoro per una causa sociale? Filosofi, pensatori e letterati di ogni tempo hanno preso spunto da questo meraviglioso mondo per proporlo agli uomini. La nostra cultura occidentale è piena di frasi citazioni e descrizioni di api e alveari: si va da Virgilio che propone l'alveare come modello politico per l'età augustea al paese delle Api Industriose di Pinocchio, da Tolstoj che in una bellissima pagina di Guerra e pace descrive Mosca abbandonata dallo zar come un'arnia priva della regina. Si può così dire che le api non sono soltanto un elemento fondamentale del mondo biologico ma anche del nostro orizzonte culturale occidentale. Esse sono state venerate da tutte le culture di tutti i tempi: gli Egizi riconoscevano le loro origini nelle lacrime del dio del sole, nel Medioevo si trovano raffigurate in molti stemmi nobiliari... Le api dunque a livello ideologico sono importanti: sono la prova concreta di come attraverso la laboriosità, la cooperazione, il sacrificio di sé si può giungere a produrre il miele, una sostanza dolcissima e importantissima,di come attraverso il lavoro si arriva al risultato. Ma tra le varie specie di api che popolano il mondo soltanto la Apis mellifera è conosciuta ed addomesticata dall'uomo in Europa. Le altre specie diffuse in America, Asia e Africa non hanno riscosso un particolare interesse per l'allevamento a causa della loro indole aggressiva e perché altri prodotti erano usati come dolcificanti al posto del miele che dunque ricopriva un'importanza secondaria. Per questa ragione la cultura dell'ape è tipicamente occidentale, anche se occorre tener presente che con il colonialismo e l'imperialismo si sono perse purtroppo varie testimonianze di come altri popoli considerassero le api. L'Apis mellifera è l'unica a poter produrre ingenti quantità di miele al quale deve il nome. È da notare che il termine “mellifera” significa “che produce miele", infatti il miele non viene raccolto sui fiori e trasportato in alveare, ma viene prodotto dalle api sulla base di sostanze zuccherine che raccolgono in natura. Queste sostanze sono il nettare, che é un composto zuccherino prodotto dalle piante per attirare gli insetti, e la melata, che è un derivato della linfa degli alberi prodotto da insetti parassiti quali le Metcalfe. La melata viene raccolta nei periodi in cui non ci Mectalfa sono fioriture consistenti(per esempio agosto) da piante attaccate da Metcalfe, in particolare abete e quercia. Il nettare invece è raccolto dai vari fiori però a causa della forma del fiore e della lunghezza della proboscide, le api possono raccogliere il nettare solo in alcune piante. Piante quali la robinia, il castagno, il tiglio, il rododendro sono importanti fonti di nettare per cui è possibile a partire da queste ricavare i mieli monofloreali, composti cioè da un unico tipo di nettare. Altre piante invece, ad esempio diffusissimi gerani che decorano i nostri balconi, non forniscono nettare a sufficienza. Il nettare e la melata raccolti dalle api vengono accumulati nella borsa melaria e una volta nell'alveare vengono rigurgitati dalle api nel favo dove altre li digeriscono scindendo gli zuccheri complessi in zuccheri semplici con particolari enzimi , e li disidratano mediante la ventilazione prodotta dal battito d'ali. 3 Un’ape dopo aver raccolto nettare segnala la fonte alle sue compagne in modo che vi si possano recare. Tra le api infatti è presente una forma molto evoluta di linguaggio. Quando comunemente si pensa al linguaggio, si pensa a parole, lingua, grammatica, sintassi … ma esistono in realtà altre forme di comunicazione: la pittura, la musica, in generale l’arte. E le api per comunicare fra loro usano principalmente una forma d’arte: la danza. Questo modo di comunicare delle api fu scoperto da Von Frisch, che nel 1973 ricevette il premio Nobel per la biologia. Scoprì che le api comunicano attraverso la danza la posizione di piante da cui prendere il nettare, e arrivò a tracciare un codice per decifrare questi messaggi. I suoi studi cominciarono da un esperimento: pose su un contenitore a poche decine di metri dall’alveare una sostanza ad alta concentrazione zuccherina e marcò l’ape che per prima vi si posò sopra; dopo pochi minuti notò che arrivavano molte altre api a raccogliere lo zucchero e che mancava l’ape marcata. Nacque così l’idea che essa doveva essere nell’alveare a “dire” alle altre api dove andare. Studiò le api attraverso un’arnia di vetro e scoprì due tipi di danze: la danza circolare e la danza dell’addome. La danza circolare è effettuata quando la distanza della fonte di cibo è inferiore agli 83 m e consiste in una serie di cerchi tracciati dall’ape alternativamente a destra e a sinistra. Se invece la distanza del cibo è superiore a 83 m, è eseguita la danza dell’addome; in questo caso l’ape compie un breve percorso in linea retta, agitando vigorosamente l’addome, poi un semicerchio, nuovamente un percorso rettilineo e un semicerchio dall’altra parte per poi ricominciare il tutto da capo. Il ritmo dà indicazioni riguardo sia alla qualità della fonte sia alla distanza in modo preciso. Per esempio se il cibo è a 300 m, l’ape farà trenta giri di danza completi al minuto, se è a 600 m, ne farà solo ventidue; inoltre, se la fonte è abbondante, danzerà in modo più vigoroso, se non lo è, smetterà quasi subito. La danza inoltre comunica anche la direzione da seguire: se bisogna andare nella direzione del sole, l’ape compie una danza dal basso verso l’alto lungo il favo; se invece bisogna andare nella direzione opposta al sole, l’ape danza dall’alto verso il basso; tutte le altre direzioni sono indicate da angoli equivalenti rispetto alla verticale. Inoltre l’ape è dotata di una sorta di orologio interno che le permette di variare la direzione della danza al variare di posizione del sole. La natura del tipo di nettare è poi indicato dall’odore. La danza delle api risulta essere dunque una vera performance che coinvolge tutti i sensi. L’olfatto ha infatti una ruolo importantissimo nell’alveare: oltre a permettere di riconoscere i fiori, consente il riconoscimento del proprio simile; le api utilizzano infatti i ferormoni per riconoscersi, tant’è che il fumo è utilizzato dall’apicoltore per impedire alle api di cogliere il ferormone che indica pericolo. Come si è visto, la produzione del miele necessita dell'intervento di più api e dunque di un'elaborata organizzazione. L'alveare è una società molto organizzata ed efficiente e a livello superficiale si può dire che sia formata da tre caste : ape regina, operaia e fuco. 4 L'ape regina è l'unico essere femminile fertile dell’alveare. Essa si distingue dalle api operaie per le dimensioni maggiori dell'addome. Il suo compito all'interno dell'alveare è deporre uova e dunque riprodursi. Nasce da celle di dimensioni maggiori rispetto alle altre e viene continuamente nutrita con pappa reale, un prodotto secreto delle ghiandole ipofaringee delle api giovani che permette loro di svilupparsi sessualmente. La giovane regina appena uscita dalla cella emette un canto per segnalare la sua presenza facendo vibrare l'aria nell'addome, dopodiché uccide le altre api regine larve usando il suo pungiglione. Raggiunge la maturità sessuale il 20º giorno, quando esce per la sua unica volta per farsi fecondare da circa 15-20 fuchi. Gli spermatozoi vengono deposti nella borsa curatrice dell'ape regina e grazie ad un pH basico 8,5 vengono conservati per vari anni. Se una regina non è stata fecondata viene definita fucaiola in quanto depone uova non fecondate da cui per partenogenesi nascono i fuchi. L'ovopositore della regina è situato nel suo pungiglione ed è in grado di deporre più di 1500 uova per giorno. Sembra che le api siano in grado di determinare il sesso della progenie costruendo celle per api operaie e celle per fuchi. Una teoria prevede che la regina decida se deporre un uovo fecondato o meno in base un segnale chimico che le operaie rilasciano nelle celle. Un’altra sostiene che la deposizione avvenga in base alle dimensioni delle celle stesse, infatti quelle dei fuchi sono più grandi e sono distinguibili ad occhio nudo. Il fuco come intuibile è il maschio dell'ape e nasce unicamente per partenogenesi da uova non fecondate. È un organismo aploide e il suo ruolo essenziale è legato alla fecondazione dell’ape regina,in seguito alla quale muore. In un normale alveare ne sono presenti un centinaio che servono in caso di eventuale morte della regina. La sua vita è di circa 50 giorni e non è in grado di raccogliere nettare in quanto privo di una proboscide. Per questo motivo alla fine di agosto i fuchi vengono letteralmente buttati fuori dall'arnia. La figura del fuco è passata nell'immaginario collettivo come quella di un individuo ozioso, nullafacente, buono solo per il sesso. Ma, in realtà, alcune recenti ricerche hanno dimostrato che i fuchi collaborano all'interno dell’arnia scaldando la covata e ventilando il miele. L'ape operaia infine rappresenta la maggior parte della popolazione dell'alveare. Nasce da uova fecondate e possiede organi di riproduzione che non si sono potuti sviluppare e sono dunque atrofizzati. Un'ape operaia ha una vita di circa 40 giorni, tranne quelle nate in autunno, che devono sopravvivere a tutto l'inverno in caso di morte della regina e possono deporre uova non fecondate. Nei primi tre giorni di vita le larve di operaia sono nutrite con la pappa reale, in seguito con una miscela di acqua, miele e polline. Nel corso della vita svolgono diverse mansioni sia fuori che dentro l'alveare a seconda della loro età. I lavori svolti dall'ape operaia sono organizzati in una gerarchia molto precisa. Nelle Georgiche di Virgilio questa organizzazione è molto ben descritta: Solae communes natos, consortia tecta urbis habent magnisque agitant sub legibus aevum, et patriam solae et certos novere penates, venturaeque hiemis memores aestate laborem experiuntur et in medium quaesita reponunt. Namque aliae victu invigilant et foedere pacto exercentur agris; pars intra saepta domorum 5 Narcissi lacrimam et lentum de cortice gluten prima favis ponunt fundamina, deinde tenaces suspendunt ceras: aliae spem gentis adultos educunt fetus, aliae purissima mella stipant et liquido distendunt nectare cellas. Sunt quibus ad portas cecidit custodia sorti, inque vicem speculantur aquas et nubila caeli aut onera accipiunt venientum aut agmine facto ignavum fucos pecus a praesepibus arcent. Grandaevis oppida curae et munire favos et daedala fingere tecta. At fessae multa referunt se nocte minores, crura thymo plenae; pascuntur et arbuta passim et glaucas salices casiamque crocumque rubentem et pinguem tiliam et ferrugineos hyacinthos. Virgilio nel descrivere i ruoli delle api commise tuttavia alcuni errori dovuti probabilmente all'impianto stesso dell'opera, che prevede una proiezione dell’alveare nel mondo augusteo. Infatti Virgilio descrive, attraverso il mondo delle api, la società umana che vorrebbe e ciò gli fa commettere alcuni piccoli errori zootecnici. I compiti delle api sono effettivamente quelli di nutrice, spazzina, dama di compagnia, architetto, guardiana, esploratrice e bottinatrice. L’errore compiuto consiste nella collocazione dei vari lavori in base all'età. Oggi sappiamo che appena nasce l'ape operaia si occupa della pulizia delle celle e del riscaldamento della covata. Dal terzo al quinto giorno alimenta le larve adulte e tra il sesto e l'undicesimo alimenta le larve giovani e la regina essendo in questo periodo in grado di produrre pappa reale. Tra il dodicesimo e il diciassettesimo giorno si occupa della costruzione del nido e della ventilazione del miele; dopo il diciottesimo giorno diventa guardiana e si posa dunque al di fuori dell'arnia per difenderla da eventuali predatori. La sua carriera all'esterno dall'alveare inizia dopo il ventiduesimo giorno prima come esploratrice e poi come bottinatrice vera e propria. Si noterà che in questa società così perfetta manca un qualcosa, che secondo Freud è indispensabile. Cosa manca nell’alveare? Manca la vita sessuale: le operaie sono sterili, la regina viene fecondata una sola volta in tutta la sua vita. Per questa ragione le api sono considerare anche gli animali puri per eccellenza. Quest’uso simbolico dell’ape è tipico della letteratura italiana. Pascoli, per esempio, si identifica nell’ape tardiva che sussurra trovando già prese le celle. Si identifica in un essere che ha rinunciato alla propria vita sessuale per un ideale, per la famiglia. E ciò che rende angosciosa e triste la condizione di Pascoli non è il suo essere ape, ma il suo essere tardivo: l’ape rinuncia al sesso ma ha l’alveare, l’ape tardiva rinuncia al sesso e arriva tardi per entrare nell’alveare. La condizione dell’ape è di purezza. Un’ape è pura perché non guarda al suo simile come ad un essere che serve per soddisfare le proprie pulsioni; quindi l’ape usa gli altri come fine e non come mezzo. E in ciò sta la purezza. Per questo motivo Saba, sempre per fare un esempio inerente alla letteratura italiana, paragona sua moglie incinta ad un’ape. Ed ecco anche perché nella tradizione cristiano-medievale l’ape è l’unico animale ad entrare in Paradiso. 6 Ma cosa si nasconde dietro questa purezza? L’evoluzione e la sopravvivenza. Infatti il modo di vivere la vita sessuale nel mondo animale è determinato da una scelta evolutiva che ha per scopo la sopravvivenza dell’animale stesso. Esempi? Prendiamo il caso della comune lepre selvatica. Ha una vita sessuale promiscua: non è né poligama, né monogama. Questo perché? Perché la lepre è un animale-preda che deve cioè più che altro fuggire, e la presenza di un compagno fisso sarebbe d’intralcio nella fuga. Anche le api per continuare l’esistenza della specie hanno dovuto subire un mutamento del comportamento sessuale. Un’ape da sola non è in grado di sopravvivere, e dunque è necessaria la creazione di una società. Però, perché questa società funzioni in modo perfetto, l’evoluzione ha fatto sì che solo un essere fosse deputato alla riproduzione in modo tale che non vi fossero rapporti tra le singole api, cosa che avrebbe indebolito la collettività. Ecco dunque che inizia a venir fuori un altro aspetto dell’alveare: la distruzione totale dell’identità del singolo a cui è impedita ogni forma di realizzazione di sé, anche a livello sessuale, che non sia conforme alla ragion di stato. Il mondo delle api è a tutti gli effetti un vero e proprio regime totalitario che priva della libertà. Alla domanda; “Vorresti essere un’ape?”, nessuno risponderebbe di sì. La condizione dell’ape è veramente triste: nasce rivestendo un determinato gradino della scala sociale e di lì non si può muovere. Si potrebbe obbiettare dicendo che un’ape può scappare come e quando vuole dall’alveare. Diamo pure per buona quest’affermazione, e ammettiamo che l’ape scappi. Ma a questo punto come sarebbe la sua vita? Un errare solitario per un mondo pieno di pericoli, un caos. Si può allora dire che l’ape sia libera? Un essere che sia obbligato a scegliere o una vita di totale sottomissione e negazione di sé, o il caos e la morte, può dirsi libero? Una scimmia che sceglie, volontariamente, di rimanere in gabbia perché la sua alternativa sarebbe quella di gettarsi in un precipizio, può dirsi libera? Dover scegliere il minore dei due mali non è libertà. L’ape non è un essere libero. Vive effettivamente una condizione da “mondo nuovo”: nasce programmata per svolgere determinati compiti, per essere un Alfa, un Beta, un Gamma, un Delta e non può fare altro. Un’ape operaia non può fare la regina, né la regina può fare il fuco. Vive quella filosofia , che Carlo Levi in epoca fascista, definiva “idealismo da università popolare”: la realizzazione di sé attraverso lo stato che degenera nella negazione dell’individualità. Questo tipo di impostazione è sicuramente funzionale, l’alveare funziona come un orologio svizzero, ma è bello viverci? È meglio vivere prigionieri di una società perfetta o liberi in una società che ogni tanto perde qualche colpo? C’è poi chi ha voluto invece vedere nell’alveare un esempio di socialismo naturale. Tant’è che alcuni film hollywoodiani del periodo della guerra fredda, come per esempio “Bees, lo sciame che uccide” sono stati interpretati come una proiezione della paura del comunismo sulla paura per api. La trama di questi film infatti si basava sulla conquista dell’America da parte di api organizzate come una società socialista. A dir la verità, però, queste interpretazioni sembrano alquanto forzate e ci sono in effetti dei caratteri che allontanano molto 7 l'alveare dal modello socialista proposto da Karl Marx. Innanzitutto la singola ape vive in una condizione di proletariato. Come l'operaio deve produrre un plus lavoro lavorando più ore di quante gli siano necessarie per mantenersi, così l'ape per poter vivere nell'alveare deve raccogliere più miele di quanto le sia necessario per nutrirsi. L'ape poi fa questo sacrificio di sé in nome dell'ideale di patria, e questo richiama molto la critica che Marx fa alla religione, oppio dei popoli, che incita gli uomini a rimanere schiavi. Tenendo presenti questi punti crolla la visione marxista dell'alveare. Ma a questo punto, data la visione negativa del sistema alveare, perché l’uomo è da sempre stato affascinato dalle api? Innanzitutto perché le api, e questo è indipendente dal fatto che siano libere o meno, offrono un esempio di laboriosità e collaborazione. In secondo luogo perché all’uomo fanno apprezzare il valore della libertà attraverso la sua negazione. Ecco perché le api sono importanti nella nostra cultura e perché l’uomo si dedica all’apicoltura. L’ uomo infatti è apicoltore da 4000 anni.. Ma che cos'è l'apicoltura? E da quando si può dire che l'uomo sia passato da cacciatore di miele ad apicoltore? L'apicoltura è letteralmente la coltura,l'allevamento delle api ma è un allevamento del tutto diverso da quello di altri animali. Per capire questo concetto è forse utile un esempio. L'allenatore di una squadra di calcio è quel personaggio che si mette in gioco in prima persona coi giocatori, che li allena, li sprona e dà consigli pratici :" Passa la palla!... In panchina!.. Tu, mettiti vicino alla porta!.. Forza dai che vinciamo"; lo sponsor della squadra, o meglio il padrone , è invece quello che mette a disposizione tutto ai giocatori: magliette,pantaloncini, doccia calda, scarpe.... Ha un suo guadagno dalla vittoria della squadra, ma non ha quasi neanche idea di cosa sia una palla, e certamente non insegna a giocare. Un normale allevatore di animali è l'allenatore dei suoi animali, l'apicoltore invece è lo sponsor della squadra delle api. Un normale allevatore si prende cura in modo diretto dei suoi animali nutrendoli, pulendoli ecc... L'apicoltore si deve limitare a creare condizioni che siano favorevoli alle api. Tenendo presente questo concetto, che caratterizza appieno l'apicoltura, possiamo iniziare a seguirne l'evoluzione nel corso della storia. I primi apicoltori, di cui abbiamo testimonianze, furono gli antichi Egizi. Allevavano api in arnie che spostavano a seconda della fioritura ed oltre al miele sfruttavano anche la cera per la mummificazione. Altri grandi apicoltori della storia antica furono gli Ittiti, di cui abbiamo a riguardo le prime testimonianze scritte, e ovviamente i Greci. Ma in cosa consisteva l'apicoltura in termini concreti e pratici? Come prima cosa nell'introdurre le api in un nido artificiale. Nell'antichità questo poteva essere o un tronco cavo di un albero, o una struttura in vimini. Per Bugno villico dirla con le parole di Virgilio Ipsa autem, seu corticibus tibi suta cavatis, seu lento fuerint alvaria vimine texta, angustos habeant aditus: nam frigore mella cogit hiems, eademque calor liquefacta remittit. E queste arnie, dette "bugni villici", restarono in voga fino a pochi decenni di anni fa nelle campagne. Questo tipo di arnie aveva però un enorme difetto: per poter prelevare il miele era necessario 8 sopprimere la colonia di api. Nel 1500 si era pensato che fosse più "igienico" far scappare le api con del fumo e quindi prelevare il miele, si pensò dunque di dotare le arnie di uno sportellino di fuga; tuttavia la pratica di sopprimere le api è stata utilizzata fino a pochi decenni fa dagli apicoltori più tradizionalisti. Il 1858 rappresentò l'anno di nascita della moderna apicoltura. In quell'anno il reverendo Langstroth di Philadelphia inventò l'arnia razionale dotata di favi mobili e di un sistema modulare di melari. Questa nuova concezione dell'arnia ha rivoluzionato il mondo dell'apicoltura poiché ha permesso un più facile prelievo del miele e controllo della colonia. Per capire come è costituita è utile pensare ad una casa: c'è il piano terra in cui si vive, il solaio dove si accumulano le cose in eccesso e il tetto. L'arnia razionale ha lo stesso impianto. Partendo dal basso si trova il nido, una scatola aperta in alto di legno di spigolo 50 cm , con una lamiera bucata per pavimento in modo da consentire sia l'ingresso dell'aria sia l'espulsione dei rifiuti. In questa scatola vengono inseriti gradualmente fino a 10 (in alcune arnie 12) favi mobili, che sono dei telaini di legno in cui le api costruiscono con la cera. Dal 1865 i telaini vengono dotati di fogli cerei, cioè di una struttura, un foglio appunto, di cera che serve come base su cui le api possano continuare la costruzione. Il nido è la parte abitativa dell'arnia: è questa la zona in cui le api vivono e depongono la covata e immagazzinano le scorte di miele per l'inverno. La seconda parte che compone l'arnia è il melario. Anche questa è una scatola di legno priva di basi in cui vengono inseriti favi mobili, ma è di altezza ridotta rispetto al nido. In essa è immagazzinato il miele in eccesso che viene prelevato dall'apicoltore. L'ultima parte dell'arnia è il tetto, o meglio detto, coprifavo . È un coperchio in legno con al centro un foro che consente eventualmente di nutrire le api durante l'inverno. Sopra al coprifavo è posto un tettuccio di lamiera che protegge dall'acqua. Il compito dell'apicoltore, come già detto precedentemente, non è quello di accudire direttamente le api ma di porle in condizioni tali da permette loro di produrre quanto più possibile. Per far questo l'apicoltore moderno deve procedere con visite periodiche alle proprie arnie per controllarne lo stato. Queste visite vanno fatte in giornate di sole o comunque con temperature superiori ai 10° C ed occorre essere muniti di adeguate protezioni per evitare di essere punti. Gli strumenti necessari sono: una tuta scafandro da apicoltore, con la tipica maschera a rete, guanti di pelle, l'affumicatore, ovvero un dispositivo, che serve per emettere fumo,composto da un cilindro metallico dentro al quale si inserisce il combustibile( cartone, juta, paglia, legno secco...), da un soffietto per immettere aria e da un beccuccio da cui fuoriesce il fumo. Il fumo difatti serve per "calmare le api" coprendo i loro ferormoni e spingendole dentro all'alveare. Occorre poi evitare l'uso di profumi o deodoranti molto forti in quanto potrebbero interferire coi ferormoni, ed è necessario essere molto calmi e non avere paura. Così 9 come altri animali le api riconoscono i nostri stati d'animo, perciò avvertono la paura,l'ansia e rispondono a queste con aggressività rendendo così il tutto più pericoloso. Tornando però ad un'apicoltura più pratica, in cosa consiste la visita di controllo? Innanzitutto bisogna verificare che ci siano polline, miele e covata. In una famiglia in salute ci devono essere almeno 5 ( a fine inverno 3) favi contenenti nella parte centrale covata, nella parte superiore miele ed alcune celle di polline. Le celle di covata si contraddistinguono perché sono chiuse da un opercolo "marroncino" a differenza di quelle di miele che sono chiuse da cera. In base a quanti telaini di covata ci sono l'apicoltore decide se aumentare lo spazio a disposizione o aspettare. Nell'arnia è infatti possibile limitare le api con una barriera di legno che prende il nome di diaframma. Quando il nido è occupato completamente si può procedere alla posa del melario. Per evitare la presenza di covata nel melario si inserisce sopra il nido una griglia di ferro detta "escludi-regina"che impedisce alla sola ape regina di passare a causa delle sue dimensioni L'introduzione del melario comporta un ulteriore controllo, poiché bisogna sapere quando sostituirlo con uno vuoto. Il prelievo del vecchio melario si deve fare solo quando tutto il miele è opercolato. Prima di tutto per toglierlo non ci devono essere api all'interno; per far questo si inserisce al posto dell'escludi-regina un “apiscampo”. Esso è un asse di legno che nella parte superiore presenta vari fori mentre in quella inferiore uno soltanto; si comporta così da filtro per un determinato lasso di tempo in quanto permette alle api di scendere dal melario ma non di salire, svuotando così il melario dalle api. In questo modo l'apicoltore può prelevarlo e metterne uno vuoto, necessario perché altrimenti le api non avrebbero più posto dove mettere il miele! Da questo momento inizia la raccolta del miele. Una volta portato il melario nel "locale smielatura" si estraggono tutti i telaini. Per prima cosa si deve togliere con un coltello, o una forchetta, l'opercolo di cera. Dopodiché si mettono nello smielatore. È un macchinario, manuale o elettrico, che sfrutta la forza centrifuga per raccogliere il miele. Prima però di poter essere messo in barattolo deve ancora seguire due processi di purificazione. Viene come prima cosa filtrato da impurità ceree, e dopo di che lasciato a riposare per circa venti giorni in un decantatore, in modo che si liberi da bolle d'aria e simili. Il miele che verrà prodotto prenderà il nome e le proprietà dal nettare da cui ha avuto origine. In caso di fioriture consistenti e di grandi monocolture è possibile ricavare un miele monofloreale. Esempi sono il miele d'acacia, il miele di castagno, il miele di rododendro, di lavanda. A volte però il nettare raccolto proviene da fiori diversi e si parla dunque di miele millefiori. Ogni tipo di miele ovviamente ha le sue peculiarità. Il miele d'acacia ha un colore molto chiaro, quasi trasparente, e un sapore molto dolce. Il miele di castagno al contrario ha un sapore molto più amaro e un colore molto scuro. La medicina attribuisce ai vari mieli diverse proprietà curative: il millefiori disintossica il fegato, il rododendro agisce sui centri nervosi, il tiglio ha proprietà di calmante... Trattando di apicoltura ogni giorno purtroppo non si può fare a meno di parlare delle difficoltà che si incontrano. Non si può non trattare delle varie malattie e dei vari parassiti che colpiscono gli alveari. Un primo pericolo è l'acaro Varroa destructor, un parassita esterno che si 10 riproduce solo all'interno delle colonie: l'acaro femmina depone le sue uova nelle celle di covata, i neonati parassiti così si attaccano già da subito alla larva dell'ape succhiandone l'emolinfa( il sangue degli insetti). La presenza di quest'acaro indebolisce molto le api della colonia sia perché ne impedisce lo sviluppo sia perché trasmette malattie virali. Purtroppo la sua diffusione copre l'intero globo ad eccezione dell'Australia. Fu individuato in Italia nel 1981 e da quel momento ha incominciato a diffondersi in maniera esponenziale tanto che oggi non è possibile trovare un alveare in cui non sia presente. Per questo motivo ogni anno è necessario fare un trattamento per limitare la sua presenza. I trattamenti più diffusi sono di origine naturale : si spruzzano acido lattico, acido ossalico o si lascia sublimare dentro l'arnia una soluzione di timolo. Ma ormai gli acari hanno sviluppato una resistenza a questi prodotti,per cui si ricorre sempre di più a prodotti nocivi. Per tener sotto controllo questo parassita l'arnia è stata dotata di un apposito fondo anti-varroa: un foglio di lamiera che si inserisce come un cassetto sul fondo, sul quale si depositano gli acari caduti o morti. Ad ogni visita è perciò bene controllarlo per capire lo stato di infestazione. Un'altra malattia pericolosa in apicoltura è la peste americana. È una malattia causata dal bacillo Paenibocillus larvae, che distruggendo la covata, distrugge l'alveare. La sua presenza si riconosce poiché le celle di covata si inumidiscono, si infossano, hanno un color castano-bruno ed emanano un odore acre. Un metodo usato per avere la certezza di tale peste consiste nell’infilare un bastoncino in una cella e vedere se vi rimane un residuo di fibra color cappuccino. Una possibile cura per questa malattia è un trattamento a base di antibiotici. Ciò presenta però un problema fondamentale: un loro uso scorretto genera resistenza nei batteri oltre ad inquinare il miele. Per tal motivo nell'Unione Europea sono vietati gli antibiotici in apicoltura. Dunque l'unico mezzo per evitare la diffusione della malattia è di bruciare arnia e api infette. Un ulteriore pericolo sono i cosiddetti parenti dell’ape: calabroni e vespe. Questi, benché siano attratti da sostanze zuccherine, sono insetti carnivori, che si nutrono anche di api. Recentemente è arrivata in Italia la Vespa velutina, insetto per l’uomo pericoloso come una qualunque altra vespa, che è un abilissimo predatore di api e la cui presenza mina la sopravvivenza delle api europee. Altro pericolo fondamentale: i pesticidi. Sicuramente, e sembra ovvio, un uso eccessivo di pesticidi provoca danni a insetti quali le api che trascorrono la loro vita sulle piante. È però da sfatare in parte il mito che la colpa sia dei grandi coltivatori. Questo perché? Innanzitutto i trattamenti durante la fioritura delle piante sono proibiti dalla legge, così come sono proibiti quei prodotti, come il DDT, che hanno un’azione letale per la maggior parte degli organismi. È vero da una parte che anche i pesticidi usati, benché controllati, portano danni all’apicoltura, così come la coltura intensiva , ma è anche vero che tutto questo è necessario alla nostra alimentazione. Chi effettivamente danneggia le api, senza alcun valido motivo, sono gli “agricoltori-fai-da-te”. Sono il nonno vicino di casa che si occupa dell’orto, il papà con la mania del prato verde, sono tutte quelle persone che, assolutamente da incompetenti, bombardano la natura con un uso non controllato di pesticidi, provocando danni, sia avvelenando la fioritura, sia eliminando, coi diserbanti, tutti quei fiori di campo che sono importantissimi per le api. A volte 11 anziché intraprendere inutili battaglie con quella che è ormai diventata l’industria agricola, sarebbe meglio pensare ai grandi danni che ognuno fa nel suo piccolo. Nonostante tutti questi pericoli, essere apicoltori oggi non è né difficile, né tantomeno impossibile. Si sente parlare oggi di morie e crisi di api, ma in realtà oggi l’apicoltura è un’attività che sta ritornando in voga. Prova ne è che in un paese come Barbania, di quasi 1500 persone, ci siano circa una decina di apicoltori amatoriali. Sembra dunque che ci siamo nuovamente resi conto dell’importanza dell’apicoltura che dagli anni sessanta era decaduta; essa infatti è un modo per salvaguardare la biodiversità del territorio ed è un approccio ad un mondo da cui si ha tanto da imparare. Nicola Abbagnano -La Filosofia, volume 3A - ed Paravia Rivista Vita in Campagna, Supplemento: Guida illustrata all’apicoltura familiare ottobre 2009 Bruce Geller - Bees: lo sciame che uccide (The Savage Bees) - 1976 Bibliografia e filmografia Virgilio - Le Georgiche- ed Garzanti Tinbergen Niko - Il comportamento sociale degli animali, capitolo secondo - ed Einaudi Frings Hubert e Mable - La comunicazione animale- ed Boringheri Claire Preston - Le api- ed ORME Pascoli Giovanni - Il Gelsomino Notturno, Canti di Castelvecchio – ed Mondadori Saba Umberto - A mia moglie, Il Canzoniere - ed Einaudi Huxley Aldous - Il Mondo Nuovo – ed LaFeltrinelli 12